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Castel del Piano (S. Leonardo) - Cave di Marmi

 

(Castel del Piano)

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    CASTEL DEL PIANO (Castrum Plani) in Val d'Orcia. Terra formata da un vecchio castello e da un moderno borgo pianeggiante, il meglio fabbricato tra quelli del Monte Amiata, capoluogo di Comunità e di potesteria nel Vicariato Regio di Arcidosso con pieve nella Diocesi di Montalcino, già di Chiusi, Compartimento di Grosseto.
    Risiede nel lato occidentale del pianoro, sopra il quale trovasi sollevata la gran massa di peperino (
    trachite) che costituisce intorno a un cerchio di circa 30 miglia l'immensa cupola del Monte Amiata.
    La sua posizione geografica è fra il grado 29° 12' di longitudine e 42° 54' di latitudine, 15 miglia a ostro di Montalcino, 24 a grecale di Grosseto, e 36 a settentrione-maestro da Siena.
    Il pontefice Pio II, che passò qualche stagione nei contorni del Monte Amiata, lasciò di Castel del Piano la seguente descrizione: "Terra che per la bellezza del luogo, per la comodità della situazione, e per l'amenità del paese può senza dubbio dirsi la prima fra tutte le altre del Monte Amiata. Irrigata da limpide fonti, che ne lambiscono le mura, in mezzo una fertile pianura contornata da ben coltivate campagne, da alberi fruttiferi di tutte le stagioni, e da sempre verdi prati." (Pii II,
    Commentar.)
    Tutto questo si diceva nel secolo XV quando Castel del Piano si limitava all'antico castelletto, che è la parte più tetra e la peggio fabbricata del paese; e innanzi che si edificassero nel borgo, a ostro del vecchio castello, molte buone e bene architettate abitazioni con magnifiche chiese.
    Dalla posizione topografica di questa Terra in luogo pianeggiante, sembra che traesse il nome di
    Piano, quantunque il suo piano esista a 1140 braccia sopra il livello del Mediterraneo. La Terra è distinta in borgo e in castello. Il borgo di forma
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    bislunga, trovasi in sito quasi affatto piano. Esso consiste in una sola strada selciata, larga e quasi diritta, fiancheggiata da abitazioni assai proprie, d'appresso e sotto alle quali scorre per doccia copiosa sorgente di acqua potabile.
    Il castello, che è la parte più antica, giace all'estremità settentrionale del borgo sull'orlo di un dirupo che
    Fondo del Lupo si appella. È una congerie mal propria di casolari contornati da un meschino recinto di mura. Lo attraversano quattro anguste strade fra loro parallele, oltre i piccoli traghetti.
    Fu uno dei tanti castelletti posseduto dagli Aldobrandeschi di Maremma, toccato alla linea dei conti di S. Fiora, merc è il concordato delle divise fatte, nel 1214, con l'altro ramo dei conti di Sovana, e poi fra i discendenti rinnovato nel 1272. Castel del Piano venne da quei dinasti alienato nel 1331 alla Repubblica di Siena per fiorini 8000. (ARCH. DIPL. SEN.
    Kaleffo dell'Assunta.)
    Della quale conquista fu conseguenza un'impresa militare eseguita dal capitano di guerra Guido Riccio, potestà di Siena, che andò a oste nel 1331 contro gli Aldobrandeschi del Montamiata, quando assediò il forte castello di Arcidosso, posseduto in quel tempo da Arrigo, Guido e Stefano dei conti di S. Fiora. (DEI,
    Cronac. senes.)
    Nello stesso anno Vanni di Pucci castellano e castaldo per il Comune di Siena in Castel del Piano, ricevè da quei terrazzani il giuramento di sottomessione perpetua alla Repubblica Senese, alla quale subentrò nei diritti di dominio Cosimo I dei Medici dopo la resa di Montalcino, dove terminò nel 1557 l'esistenza politica di quella Repubblica.
    Castel del Piano governavasi nel civile coi propri statuti confermati nel 1571. Fra i capitoli vi era questo: di dovere ogni 10 anni fare l'estimo degli stabili, ossia di rinnovare il libro della
    Lira per la corte e distretto di Castel
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    del Piano.
    Uno dei più antichi estimi di questa Terra, esistente nelle Riformazioni di Siena, fu fatto nell'anno 1457.
    Fra gli edifizi pubblici Castel del Piano conta il Pretorio, la loggia del mercato, la casa della Comunità, due fonti e due grandi e ornate chiese, una detta delle
    Grazie; l'altra dell'Opera o della Madonna nuova.
    Quest'ultima, che può dirsi il più vasto tempio che esista nei contorni del Monte Amiata, tutta di pietra serena lavorata, e fu innalzata e compita nel secolo XVII.
    Nella chiesa dell'Opera,
    detta della Madonna nuova, fu trasportata nel 1787 la prepositura de'SS. Niccolò e Lucia.
    È ricca di stucchi e di marmi, fra i quali abbondano i peperini del luogo e i belli alabastri bianchi e variegati che somministra il vicino paese di Castelnuovo dell'Abbate.
    Una grandiosa torre di bel disegno tutta di pietra lavorata è stata di recente innalzata per uso di campanile quasi a contatto della chiesa più moderna.
    Due parrocchie esistono in Castel del Piano, quella test è nominata, e la pieve arcipretura di S. Leonardo. Fu annessa a quest'ultima l'antica chiesa battesimale, la quale sotto il titolo di S. Giovanni Battista trovasi fuori del paese, dalla parte settentrionale in luogo detto
    Pieve vecchia; da dove furono traslocati col sacro fonte i diritti della chiesa matrice, con l'onere di celebrare nella pieve vecchia la festa del titolare.
    La stessa pieve continuò per più secoli a dipendere dalla diocesi di Chiusi, mentre la parrocchia di S. Niccolò era stata data al vescovo di Montalcino. Tale promiscuità di due diocesi dentro lo stesso paese fu tolta sul declinare del secolo XVIII.
    Vi sono varie altre chiese, parte delle quali dentro la Terra e parte nella campagna, cioè: quella dello Spedale della Misericordia; la compagnia di S. Giovanni decollato, dov'è un quadro dipinto da
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    Francesco Vanni; la chiesa di S. Biagio, già dei monaci Amiatini, quella di S. Flora di Noceto, che fu dei camaldolensi del Vivo, e l'oratorio di S. Giuseppe, oltre di che sul confine fra Arcidosso e Castel del Piano avvi un convento di Cappuccini. Castel del Piano fu patria di Giuseppe e di Antonio fratelli Nasini, fervidi pittori della scuola senese nel secolo XVII. Di costà pure sortì i natali il valoroso capitano Tommaso Cerboni, generale dell'Austria, morto nel 1629 alla battaglia di Canneto presso Mantova.
    Castel del Piano con i subborghi ha una popolazione di 2359 abitanti.
    Comunità di Castel del Piano. – Il territorio di questa Comunità abbraccia una gran porzione della parte occidentale del Monte Amiata, a partire dalla sua più elevata cima sino all'alveo del fiume Ente. Esso occupa una superficie di 22061 quadrati agrari, 618 dei quali sono presi da corsi di acque e da strade.
    Vi si trova una popolazione indigena di 4587 abitanti a ragione di 172 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Confina con cinque Comunità. A libeccio e a ostro con quella di Arcidosso, a partire dalla confluenza nel torrente
    Zancona del fosso Magliese, il qual fosso per breve cammino rimonta innanzi che per termini artificiali s'innoltri sul fianco meridionale del poggio detto alla Macchia, di quelli di monte Bendico e di Monte Giovi. Al di là dei quali trova il fiume Ente, corre lungo la sua destra ripa nella direzione da settentrione a ostro sino ai borri di S. Polo e di Corniola, dove, lasciato l’Ente, volta la fronte a mezzogiorno attraversando la strada provinciale alla clausura dei Cappuccini, per salire la montagna lungo il fosso Chioca
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    . Al Pianello della Montagnuola sopra il prato della Contessa incontra la Comunità di Santa Fiora, con la quale per piccolo spazio dal lato di ostro-scirocco confina lungo il crine del Monte Amiata sino al Corno di Bellaria. Ivi sottentra la Comunità dell'Abbadia S. Salvadore, con la quale giunge nel più alto fastigio della montagna al Masso di Maremma. Costà piegando a levante riscende il monte per il fosso Putrido, lungo il quale incontra la Comunità di Castiglion d'Orcia; e passando di conserva con essa per la via Tregginaia e per il poggio di Castagnuolo entra nel torrente Vivo, che attraversa dopo averlo percorso per un quarto di miglio, dirigendosi nel borro di Confine e di là nel torrente Ansidonia, mediante il quale di fronte a settentrione scende nel fiumicello Ente. A questa confluenza cessano i confini con la Comunità di Castiglion d'Orcia, e subentra il territorio comunitativo di Cinigiano, prima mediante l'alveo del fiume medesimo sino al confluente Zancona, e poi rimontando quest'ultimo sino a che ritrova allo sbocco del fosso Mogliese la Comunità di Arcidosso.
    Sono compresi nel descritto perimetro non solo il capoluogo, che è situato presso al confine meridionale, ma ancora i castelli di Seggiano e di Monte Giovi, noto quest'ultimo per aver dato i natali al famoso capitano Buoso Attendoli da Cutignola.
    La contrada abbonda di acque perenni; fra le quali a grecale il
    Vivo e a settentrione l'Ansedonia, a ponente la fiumana dell'Ente, a libeccio il Zancona, a ostro il Chioca ne rasentano i confini: mentre dentro il torrente di Castel del Piano nascono e precipitosi discendono dalla
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    Montagna i torrenti Vetra, l'Ormina, il Bugnano, la Verna e il fosso de'Cani; i quali dopo essersi riuniti al Vivo vanno a gettarsi nell'Ente.
    La fisica struttura del terreno spettante alla Comunità in questione non è sempre uniforme; poichè le scogliere di peperino che cuoprono la parte superiore al pianoro del Montamiata, si trovano da questo lato fiancheggiate e quasi racchiuse fra due bande formate di rocce stratiformi, e specialmente di calcarea appenninica e di arenaria-macigno.
    Già fu notato all'articolo ARCIDOSSO, che gli strati di macigno (
    grés antico) alternanti talvolta con la calcarea alberese, con lo schisto argilloso e con la silice cornea, apparivano nel fondo della valle solcata dall'Ente, fra la Terra di Arcidosso e quella di Castel del Piano.
    È sulla spianata de'Cappuccini, (quando incomincia il territorio di quest'ultima Comunità) dove si perdono le rocce stratiformi coperte o interrotte dalle masse trachitiche emerse di sotto al terreno Appenninico. Le quali masse volcaniche continuano a incontrarsi in tutta la linea longitudinale del territorio in questione, a partire dai Cappuccini per la sommità della montagna sino al Masso di Maremma, e di là ritornando nel pianoro per il torrente
    Bugna, o Bugnano, quasi miglia 2 a settentrione-grecale di Castel del Piano. Sotto questa specie di triangolo isoscele, e al di là degli accennati confini sparisce il terreno volcanico, e tornano a vedersi la calcarea compatta e l'arenaria, le quali rocce costituiscono la massa principale della vallecola dell'Ente.
    Scendendo per la
    Costa da Castel del Piano nel fiume Ente, l'arenaria calcareo-micacea cambia la sua tinta naturalmente grigia in color giallo-rossastro, mediante una dose di ossido di ferro che vi si unisce; ed è costà, dove si scava quella terra bolare di
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    color bruno-epatico sottostante alla gialla; l'una e l'altra adoprate nella pittura per eccellente terra d'ombra.
    Non molto lungi dalla cava di terra d'
    ombra nascondesi fra i massi erratici di peperino una roccia feldspatica fatiscente (Kaolino) nota fra noi col nome di Agarico, o di Farina fossile.
    Questo minerale infusibile e leggerissimo, che s'incontra in vari luoghi della montagna, e precipuamente sul confine della gran massa trachitica, fu analizzato dal ch. Giovanni Fabbroni, il quale pubblicò nel tempo stesso un metodo ingegnoso per ridurre quella farina fossile in mattoni galleggianti.
    Le sostanze predominanti di una tal roccia feldspatica sono, la silice e la magnesia con poca argilla. Essa serve anche per dare un bel pulimento ai metalli; al quale oggetto si spedisce fuori via sotto il nome di
    Latte di Luna, quantunque affatto diversa nei suoi elementi dal Latte di Luna di commercio, che è un carbonato di calce impiegato allo stesso uso.
    Dallo sfacelo e decomposizione delle masse trachitiche si staccano bene spesso, e isolati s'incontrano intorno alle piagge del segnalato pianoro, moltissimi pezzi sferoidali di piombaggine (
    ferro carburato) stati originariamente incassati e racchiusi nel peperino, o trachite.
    Un altro minerale più raro e più importante si crea nel Monteamiata in forma di concrezioni stalattitiche di natura silicea. Le quali concrezioni di forma globulosa, di colore bianco perlato, e di una lucidezza semidiafana consimile a quella delle perle, sono state designate dal suo scopritore Giorgio Santi col nome di
    Perle silicee, e dai moderni mineralogisti chiamate Fioriti, dal monte di S. Fiora dove unicamente si trovano.
    Non passa perciò naturalista dal Monteamiata, senza che voglia rimontare il canale della
    Verna a grecale di Castel del Piano per andarne in cerca.
    È
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    presso la sua sorgente, in distanza di un miglio e 1/2 da Castel del Piano, in uno spazio di circa 1500 braccia quadrate, dove fra i castagneti si formano più comunemente le concrezioni silicee, o Fioriti del Montamiata.
    Le ricuopre uno strato di terra da mezzo braccio a un braccio di profondità, formato in gran parte di peperino che si decompone in una specie di tufo rossiccio o giallognolo.
    Si trovano le
    Fioriti aderenti a una sottile base di feldspato fatiscente, e più spesso isolate in piccoli frammenti. Finchè esse restano a qualche profondità sotto il terreno, sono facilmente friabili: mentre esposte all'atmosfera induriscono al segno da tramandare scintille percosse con l'acciarino.
    Alla distanza di quasi mezzo miglio dal luogo indicato, dove dicesi il
    Seccatojo del Giovannini, vi è un altro spazio di terreno meno esteso del primo, che fornisce pur esso simili produzioni siliceo-perlate.
    La fertilità di questo terreno fu già avvertita agli articoli delle Comunità dell'Abbadia e di Arcidosso, siccome avremo luogo di ritornarvi, allorchè dovremo parlare di quelle di Santa Fiora, di Pian Castagnajo e di Castiglion d'Orcia.
    Ma se io non m'inganno, la parte del Montamiata che spetta ai Castelpianesi mi parve più avanzata di quelle limitrofe, sia per l'industria agraria dei campi; sia per la manutensione delle selve di castagneti, le di cui piante colossali tutta la montagna circondano dalla regione dei faggi sino sotto i lembi del pianoro e fra i massi erratici del terreno trachitico. Nel territorio di Castel del Piano i faggi cominciano sopra la
    Fonte della Verna, e continuano sino alla sommità della Montagna.
    La caduta e putrefazione di quest'albero alpino ha coperto di un profondo e sugoso terriccio quel suolo già ferace per natura, ondè che serve di alimento a squisite praterie e a varie
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    piante medicinali, mentre le acque correnti trascinano una porzione di humus a fertilizzare maggiormente le sottostanti bellissime selve.
    Ad accrescere, e rendere più costante il prodotto dei castagni e dei prati, usano i Castelpianesi l'irrigazione dei medesimi nell'estiva stagione, deviando le sorgenti dei borri e torrenti che in copia scaturiscono da tutti i lati della Montagna, e che a talento dell'industre cultore si dirigono dove il bisogno lo richiede.
    Oltre i vari castagneti, i quali scendono sino al fondo della valle dell'Ente, prosperano nei colli intorno al capoluogo, a Seggiano e a Monte Giovi le vigne assai bene custodite, potate e vangate, le quali producono tali copiose raccolte da fornire il vino che manca agli abitanti delle limitrofe Comunità.
    Fra mezzo alle vigne e sotto alle medesime sono i campi sativi, gli orti e gli oliveti. Di questi ultimi è adorna più specialmente la collina di Seggiano, dove gli olivi crescono a una straordinaria grandezza e sono capaci di sostenere il freddo superiormente a quello che suole nuocere a simili piante in paesi più temperati.
    Da tutto ciò si può congetturare qual possa essere il clima intorno al pianoro occidentale della Montagna, per quanto la parte superiore sia da dirsi fredda, pungente, e bene spesso umida nella stagione invernale; fresca, deliziosa e di aria costantemente salubre nell'estate.
    Sono i Castelpianesi talmente industriosi e propensi al lavoro, che lo vanno cercare altrove, e segnatamente nella vicina Maremma, quando manca loro in patria; dove non si trovano mendici, nè abitanti indigeni, che non possegghino un poco di castagneto, o un pezzetto di vigna in proprio o presa a enfiteusi dalla Comunità.
    Molti di essi attendono ancora alle vetture per trasportare a Siena in estate fravole, funghi salati e secchi, raccolti nella Montagna dalle loro donne, le quali attendono nell'assenza dei mariti a sarchiare e tirare avanti
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    le semente, spendendo il tempo che loro avanza in tessere panni per uso della famiglia.
    Anche a Castel del Piano il minuto popolo trae qualche risorsa dai rustici lavori di madie, bigonce, barili e altri simili arnesi fatti dal legname di faggio e di castagno.
    Una nuova industria sarebbe quella di una fabbrica di colla forte estratta dalle ossa, stata eretta nel 1830 in Castel del Piano, per quanto non vi si lavori con quell'assiduità che potrebbe far sperare un vantaggio all'intraprenditore e al paese.
    A tenore del Motuproprio del 2 giugno 1777 relativo all'organizzazione delle Comunità dello stato Senese, vennero riuniti a questa di Castel del Piano le Comunità di Seggiano e di Monte Giovi.
    La Comunità di Castel del Piano mantiene un medico, un chirurgo e un maestro di scuola.
    Castel del Piano aveva anticamente un mercato settimanale, attualmente ridotto a ogni primo mercoledì del mese, oltre due fiere, una delle quali ha luogo fra il 17 e il 20 gennajo, l'altra dal dì 5 al 7 settembre inclusive.
    In Castel del Piano risiede un Potestà dipendente pel criminale e per gli atti di polizia del Vicario Regio di Arcidosso, dove si trova la sua cancelleria Comunicativa, l’ufizio per l'esanzione del Registro e l'ingegnere di Circondario. La conservazione delle Ipoteche e la Ruota sono in Grosseto.

    POPOLAZIONE della Comunità di CASTEL DEL PIANO a tre epoche diverse

    - nome del luogo: CASTEL DEL PIANO, titolo della chiesa: S. Leonardo (Pieve Arcipretura), abitanti anno 1640: n° 1567 (insieme a S. Niccolò, Castel del Piano), abitanti anno 1745: n° 980, abitanti anno 1833: n° 1392
    - nome del luogo: CASTEL DEL PIANO, titolo della chiesa: S. Niccolò (Prepositura),
    abitanti anno 1640: n° 1567 (insieme a S. Leonardo, Castel del Piano), abitanti anno 1745: n° 486, abitanti
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    anno 1833: n° 967
    - nome del luogo: (1) Monte Giovi, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve),
    abitanti anno 1640: n° 288, abitanti anno 1745: n° 288, abitanti anno 1833: n° 360
    - nome del luogo: Seggiano, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Pieve Pr.),
    abitanti anno 1640: n° 1037, abitanti anno 1745: n° 936, abitanti anno 1833: n° 1868

    - totale
    abitanti anno 1640: n° 2892
    - totale
    abitanti anno 1745: n° 2690
    - totale
    abitanti anno 1833: n° 4587

    (1)
    La popolazione di Monte Giovi nell’anno 1745, quando quel Castello era feudo, non essendo conosciuta, si è ripetuto per approssimazione lo stesso numero del 1640.

    CASTEL DEL PIANO in Val d'Orcia. –Infine si corregga. – L'uffizio di esazione del Registro trovasi in castel del Piano: la conservazione delle Ipoteche ed il tribunale di Prima istanza in grosseto. – La popolazione della comunità di Castel del Piano nel 1833 ascendeva a 4587 Abitanti e nel 1845 contava 4630 individui, cioè:

    CASTEL DEL PIANO (S. Leonardo), Arcipretura,
    Abitanti N.° 1515
    CASTEL DEL PIANO (S. Niccolò), Prepositura,
    Abitanti N.° 1040
    Monte Giovi,
    Abitanti N.° 423
    Seggiano,
    Abitanti N.° 1652
    TOTALE
    Abitanti N.° 4630
Localizzazione
ID: 1116
N. scheda: 13280
Volume: 1; 6S
Pagina: 530 - 535; 58
Riferimenti: 53410, 13281
Toponimo IGM: Castel del Piano
Comune: CASTEL DEL PIANO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 129-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1707384, 4752051
WGS 1984: 11.54071, 42.89445
UTM (32N): 707448, 4752225
Denominazione: Castel del Piano (S. Leonardo) - Cave di Marmi
Popolo: S. Leonardo a Castel del Piano
Piviere: S. Leonardo a Castel del Piano
Comunità: Castel del Piano
Giurisdizione: Castel del Piano
Diocesi: (Chiusi) Montalcino
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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