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Castellina Marittima - Montione della Castellina Marittima - Cave di Marmi

 

(Castellina Marittima)

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    MONTIONE della CASTELLINA MARITTIMA in Val di Fine. Ebbe nome di Montione il poggio stesso della Castellina rammentato in un’offerta fatta nel dì 26 aprile 1043 in Vada alla badia di S. Quirico a Moxi, ora detta alle Due BadieVedere BADIE (LE DUE).

    CASTELLINA MARITTIMA in Val di Fine. Castello capoluogo di Comunità con chiesa arcipretura (S. Giovanni) nella giurisdizione del Vicariato di Rosignano, Diocesi e Compartimento di Pisa.
    Risiede in collina sulla faccia occidentale dei poggi che scendono da Monte Vaso verso il littorale di Vada, nel grado 28° 13' di longitudine, 43° 25' di latitudine; 6 miglia toscane a ponente di Rosignano; 28 miglia toscane a settentrione-maestrale di Pisa, altrettante a maestrale-ponente di Livorno per la via rotabile di Collesalvetti, da cui è sole 19 miglia toscane distante per la traversa dei Monti Livornesi.
    Il paese è piantato fra le rocce di galestro rosso, della qual pietra sono costruite le private abitazioni e le mura del castello. Qust’ultimo è collocato nel posto più eminente, che serviva di palazzo pretorio quando nella Castellina risiedeva un giurisdicente feudale. Il poggio superiore al paese è detto della
    Cerreta, perché era coperto da una folta boscaglia di cerri e di lecci innanzi la legge Leopoldina che allivellò i boschi comunali ai particolari per dar vita all’industria agraria e convertire in piccoli possidenti e coltivatori in proprio tanti sudditi avviliti o miserabili vassalli.
    Il quadro statistico della sua popolazione qui appresso riportato, da sé solo, e senza equivoco manifesta a chi, e a quali tempi la Castellina debba la sua prosperità. L’origine della Castellina è ignota, per quanto la contrada indichi da alcuni ipogei Etruschi scoperti poco lungi da questo Castello di essere un luogo abitato in epoche assai remote.
    Non ostante ciò, non
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    sappiamo altro della Castellina se non che, nel 1276, fu venduta ai Pisani da un conte Ildebrandino, che il Troce crede della consorteria dei conti Aldobrandeschi di Sovana, piuttosto che della Gherardesca.
    Vi signoreggiava infatti uno di questi ultimi (il conte Ugo di Giovanni detto Bacarozzo), quando egli ribellò nel 1345 alla Repubblica di Pisa gli abitanti della Castellina, siccome fecero rispetto agli altri paesi della Maremma pisana i di lui fratelli.
    Ben presto però le popolazioni stesse tornarono a prestare obbedienza al governo di Pisa; e vi si mantennero fedeli sino a che, nel 25 gennajo del 1406, la Castellina al pari degli altri luoghi delle colline e maremme pisane, dovè sottoscrivere la sua sottomissione alla Repubblica Fiorentina. In segno della qual sudditanza cedè ai conquistatori la proprietà del castello, ossia del pretorio, con l’annua offerta di un cero di dieci libbre per la festa di S. Giovanni.
    La Castellina col suo distretto fu eretta in marchesato nel 1628 a favore del senatore Lorenzo de’Medici e suoi discendenti. In testa di uno dei quali, il marchese Francesco Maria de’Medici, fu rinnovata, nel 1738, la medesima concessione. In conseguenza di ciò la Castellina col suo territorio fu staccata dalla giurisdizione del Vicariato Regio di Lari per il criminale, e dalla potesteria di Peccioli per il civile. Formata residenza di un vicario feudale col titolo di commissario, questi vi esercitò giurisdizione baronale sino a che il paese venne restituito alla giurisdizione del Vicariato Regio di Lari per il criminale, mentre per le cause civili e di danno dato si assegnò al potestà di Chianni, sino a che nel 1833 la Castellina fu destinata per l’una e l’altra giurisdizione al nuovo Vicario Regio di Rosignano.
    Ebbe la Castellina i suoi statuti, fra i quali esistono alle Riformazioni di Firenze quelli redatti li 13 aprile 1545.
    Oltre l’antica
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    diruta chiesa parrocchiale posta non molto lungi dal paese, ne fu costruita posteriormente una seconda sulla piazza della Castellina, dedicata a S. Salvadore, e disfatta sul declinare del secolo ultimo decorso.
    La parrocchia della Castellina era filiale della pieve di Pomaja, innanzi che venisse eretta in arcipretura. Lo che pare che accadesse sotto il primo marchese Lorenzo dei Medici, a cui si deve l’opera del battistero consistente in un’urna di marmo con l’arme del feudatario, sotto alla quale leggesi la seguente iscrizione.
    Are illmi. D. Laur. Med. March. Cast. A. D. MDCXXXI. Tempore Barth. Princivalli Archipres. –
    La chiesa attuale, a croce latina con cinque altari, fu edificata sul principio del secolo XVIII e ultimata nel 1709. Fra i monumenti religiosi di maggiore antichità, spettanti al territorio della Castellina sono gli avanzi dell’antico monastero dei SS. Salvadore e Quirico a Moxi, ossia le Badie. Vedere BADIE (le DUE).
    Comunità della Castellina Marittima. Il territorio di questa Comunità ha una superficie di 13311 quadrati, 200 dei quali sono occupati da corsi d’acqua e da pubbliche strade.
    Vi stanziava nel 1833 una popolazione di 1284 individui, a ragione cioè di 80 abitanti per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    La figura iconografica di questo territorio è quadrilunga. Essa ha i due lati maggiori voltati a scirocco e maestrale, mentre coi lati minori guarda a grecale e libeccio, ed è quasi per ciascuno dei 4 lati a contatto con altrettante Comunità.
    Dalla parte superiore del poggio della
    Cerreta, verso grecale, confina con la Comunità di Chianni, a partire dal confluente del fosso del Confine nel torrente Marmolajo sino alla sua sorgente, che è presso la cima del monte. Da quella sommità per
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    la schiena del poggio scende fino al botro alle Donne.
    Varcato il quale subentra la Comunità di Riparbella, fronteggiando con essa per breve tratto dal lato di levante mediante il borro del
    Malconsiglio, che presto abbandona per volgere la fronte a scirocco dopo aver formato un angolo rientrante verso la strada di Monte Catini sino al termine Rosso. Da questo punto di piaggia in piaggia si dirige incontro al borro dell’Acquelta, che attraversa presso la via che conduce al Terriccio, e di là al ponticino del Tripesce dove trova la strada Emilia.
    Costà cambiando direzione si presenta dal lato di libeccio la Comunità di Rosignano, con la quale percorre due buone miglia per la strada Emilia, passando dall’osteria del Malandrone, dal ponte del
    Gonnellino e da quello nuovo di marmo che cavalca il torrente Marmolajo, sino a che, arrivato al ponte di Fine, lascia la strada Regia maremmana, e voltando faccia verso maestro entra nel borro di Canale.
    Alla confluenza del fosso de’
    Diacci termina la Comunità di Rosignano, e sottentra dal lato stesso quella di S. Luce, con la quale gira dietro alla collina di Valiperga, e di là scende nell’alveo del Marmolajo, col quale torrente ritorna sul poggio della Cerreta, passando presso la pieve di Pomaja, sino a che al confluente del borro del Confine ritrova la Comunità di Chianni.
    Scorrono per il territorio della Castellina, sulla schiena del monte della
    Cerreta volta a levante, il botro alle Donne e quello del Malconsiglio, che sono i primi tributaj della Sterza di Val d’Era. Acquapendono verso ponente nel mare i fossi dei Mulini o del Maceratojo, di Cellorsi,
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    di Acquelta e del Tripesce, i torrenti Gonnellino, Pescera e Marmolajo. Questi ultimi due che hanno un più lungo corso dentro la stessa Comunità raccolgono per via molti canali e piccoli borri, talchè riescono i più copiosi d’acqua di tutti gli altri torrenti di questo territorio. Il Pescera nasce sul poggio di Verruca posto sotto la Castellina, l’altro dalla cima del monte della Cerreta sul confine settentrionale del territorio in questione.
    Rispetto alla qualità delle rocce dominanti in questa Comunità, esse variano di struttura, di elementi e di formazione quasi ad ogni spanna, comecchè dal lato di maestro lungo il torrente
    Marmolajo preponderi la calcarea-argillosa, tra cui emergono, oppure si nascondono, da un lato le rocce serpentinose e dall’altro l’alabastrite. A levante della Castellina sul confine di Chianni lungo la cresta, e dietro i monti, dove nasce il torrente Sterza, apparisce in maggior copia fra l’alberese e il galestro un gabbro di color verde nero.
    Di questa stessa qualità è il monte della Verruca fra la Castellina e le Badie, mentre l’alabastrite si escava fra i torrenti Pescera e Marmolajo, un miglio circa a ponente del capoluogo.
    Sonovi diverse cave più o meno estese, alcune delle quali tracciate orizzontalmente disposte a gallerie da lunga mano abbandonate, altre verticali e profonde in attuale lavorazione. È nelle rilucenti pareti di quest’ultime sostenute da pilastri della stessa roccia dove si manifesta più apertemente la disposizione e giacitura dell’alabastrite (
    solfato di calce), di cui sono formate.
    Allorchè, onorato dalla compagnia di generoso cavaliere cultore delle scienze naturali, potei visitare nel dì 1 maggio 1832 queste cave, mi parve di vedere il terreno marnoso che le nasconde disposto per strati diretti da levante a ponente con un’inclinazione
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    di circa 25 gradi da settentrione a ostro e con la testata volta a grecale.
    Simili strati sono più o meno attraversati da filoni di varia potenza e direzione consistenti in solfato di calce laminare e gessoso. Tali filoni, piuttosto che strati, si presentano in forma di cono, i quali si assottigliano in guisa che vanno a perdersi fra la roccia marnosa.
    L’
    alabastro traslucido (solfato di calce gessoso) trovasi costantemente racchiuso fra i suddescritti filoni in forma di nodi o di rognoni, nodi, che i cavatori con giusta espressione chiamano ovoli, dall’assomiglianza della loro figura con quella del fungo di tal nome, e che restano subalterni al gesso cristallizzato, volgarmente detto specchio d’Asino (solfato di calce laminare). La quale ultima varietà di gesso suol comparire costà o sotto forma di cristalli nitidissimi e lucenti, oppure misti a una terra cretosa di color grigio, che gli rende sudici e semi-opachi.
    Allora quando il gesso perde l’aspetto laminare e diviene granoso, è uno dei segnali più sicuri ai cavatori per dirigere i loro lavori, onde estrarre dalle viscere di quel terreno i rognoni di alabastro. Escavati questi e rimondati che siano dall’intonaco cristallino e terroso, si spediscono a Volterra e all’estero per le vie di Livorno o di Montecatini di Val di Cecina.
    Né io credo che debba tacersi per la storia fisica di questo territorio una sorgente di acqua tartarosa che limpida e copiosa scaturisce nei poggi superiori alle cave di alabastro presso un borghetto vicino alla Castellina.
    Essa fonte, che da al borghetto il nome di
    Papacqua, allorchè cade per balzi sopra piani inclinati, in breve ora è suscettibile di incrostare di tartaro (calcarea concrezionata) le cose che tocca e le pareti dei canali dove passa, mentre limpida si mantiene nei luoghi in cui si ferma o
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    nei vasi nei quali si raccoglie e riposa; siccome innocua a beversi comunemente si adopera da quegli abitanti.
    Rispetto alle produzioni agrarie del territorio della Castellina, vanno esse di anno in anno aumentando.
    Era presso che tutto abbandonato a sodaglie, a pastura, e a bosco quando questo terreno sotto i nomi odiosi di Bandite e Banditelle era proprietà del Comune, dei monaci, o di altre manimorte subentrate nei diritti delle due Badie.
    L’enfiteusi dei beni comunitativi, se da un lato cagionò la distruzione di una gran parte delle foreste che rivestivano il monte della
    Cerreta, dall’altro canto diede vita a nuove colture e a tante famiglie che prima languivano fra l’inerzia e la miseria.
    Arroge a ciò la vasta tenuta del
    Terriccio acquistata da un intraprendente e ricco proprietario; la Banditella del Daiconato di Pisa, quella dell’Arcidiaconato, provenienti dalle due Badie, e ora suddivise tra molti affituarj laboriosi; le mandre delle bestie pecorine rese stazionarie, aumentate di numero, e migliorate di prodotti per qualità di pastura, più sani fontanili e più frequenti luoghi di ricovero; la libera estrazione dalla Toscana dell’alabastro greggio, sono altrettante cause che possono aver influito finora alla prosperità di questo paese e della sua popolazione quasi triplicata nel breve giro di 40 anni.
    Non ostante ciò la Castellina è in grado di migliorare sempre più la sua sorte; essendo che il di lei territorio conserva ancora troppa superficie incolta, sterile e occupata da macchia bassa di sondri, di ginestre, di albati, e da sterpeti; precipuamente sul monte della
    Cerreta, dove non trovano sennonchè una stentata pastura le bstie a piè fesso o i volatili; mentre potrebbe rivestirsi dell’utilissima pianta del castagno, che troppo scarsa si vede in un terreno, come questo alla sua
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    nutrizione adattato. Arroge che troppo dannose riescono alla sementa le acque piovane o quelle dei borri che variano corso a capriccio in mezzo ai campi e a piaggiate irregolari e scoscese; e atteso che resta ancora da desiderarsi una migliore qualità di vitigni e di piantonaje di ulivi in un suolo assai confacente a questi due frutti; là dove abbisogna una maggior copia di prati artificiali per surrogare al bestiame vagante, o brado, quello domestico più proficuo al mezzajolo e al padrone del suolo.
    Le aumentate coltivazioni, i corsi d’acqua ben diretti sino al mare saranno per recare un benefizio anco più importante all’umana economia di questa contrada, tosto che fia tolta la stagnazione e la promiscuità dell’acqua marina con la terrestre nei lazzi e paduline lungo la marina di Vada.
    Con il regolamento del 17 giugno 1776 per l’organizzazione delle Comunità del contado Pisano, fu stabilito che quella della Castellina si componesse della sola parrocchia di questo castello, la quale abbraccia le tenute del Terriccio, di Valiperga, delle Badie e di Farsica.
    La Comunità della Castellina mantiene un medico-chirurgo e un maestro di scuola.
    Risiede nel capoluogo la sola magistratura civica, il suo tribunale e la cancelleria comunitativa sono in Rosignano.
    L’Ufizio di esazione del Registro è in Lari, la conservazione delle Ipoteche in Livorno, e la Ruota a Pisa.

    POPOLAZIONE della Comunità della CASTELLINA MARITTIMA a cinque epoche diverse

    - nell’anno 1551: abitanti n° 284
    - nell’anno 1745: abitanti n° 380
    - nell’anno 1773:
    abitanti n° 382
    - nell’anno 1794:
    abitanti n° 514
    - nell’anno 1833:
    abitanti n° 1284

    CASTELLINA MARITTIMA. – Infine si aggiunga – La sua parrocchia nel 1845 contava 1531 Abitanti, dei quali 1358 nella Comunità omonima, ed una frazione di 151 in quella di Chianni, oltre 22 individui
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    che entravano nella Comunità limitrofa di Riparbella.
    La popolazione intiera della sua Comunità nell’anno 1833 ascendeva a 1274 abitanti e nel 1845 ne contava con i suoi annessi 1463, cioè:

    CASTELLINA (
    porzione), Abitanti N.° 1358

    Annessi

    Pomaja; da Santa Luce, Abitanti N.° 54
    Rosignano;
    da Rosignano, Abitanti N.° 51
    TOTALE
    Abitanti N.° 1463
Localizzazione
ID: 1138
N. scheda: 13520
Volume: 1; 3; 6S
Pagina: 556 - 559; 588; 62
Riferimenti: 53410
Toponimo IGM: Castellina Marittima
Comune: CASTELLINA MARITTIMA
Provincia: PI
Quadrante IGM: 112-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1627586, 4807757
WGS 1984: 10.5767, 43.41341
UTM (32N): 627650, 4807932
Denominazione: Castellina Marittima - Montione della Castellina Marittima - Cave di Marmi
Popolo: S. Giovanni alla Castellina Marittima (con annesso S. Donato a Doglia)
Piviere: (S. Stefano a Pomaja) (S. Giovanni alla Castellina Marittima) S. Giovanni Evangelista a Vallinetro, a Riparbella
Comunità: Castellina Marittima
Giurisdizione: Rosignano
Diocesi: Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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