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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Val di Castello - Val Bona, Valbona - Eremo di Valbona

 

(Valdicastello - S. Maria (a N))

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    CASTELLO (VAL DI) nel littorale di Pietrasanta. Villaggio con parrocchia (S. Maria Maddalena) che ha preso il nome da una vallecolaformata dagli sproni che diramansi verso libeccio dal Monte Pruno o Prano dell’Alpe Apuana di Camajore, e dai monti di Farnocchia e di S. Anna che scendono sino a Pietrasanta.
    Il villaggio di Val di Castello, compreso nella Comunità e Giurisdizione di Pietrasanta, risiede alla confluenza di due fossi o c
    anali che danno origine al torrente Baccatojo, sul confine del littorale Pietrasantino con quello di Camajore.
    Fu detta Val Bona innanzi che si appellasse
    Val di Castello, e ciò dopo che mancò il suo specifico, che essere doveva quello di Massa di Versilia, nome di un castello che diede il titolo all’antichissima pieve di S. Giovanni e S. Felicita, già matrice di quasi tutti i popoli compresi nelle comunità di Pietrasanta e di Stazzema. Vedere MASSA di VERSILIA.
    Nella vallecola di Val di Castello, formata do rocce scheaschistose e calcaree, si racchiudono copiose vene e filoni di ferro oligisto e di solfuro di piombo argentifero.
    Quest’ultimo minerale, scavato da tempo remotissimo per estrarne argento, diede il nome di
    Argentiera a un monte di Val di Castello, dove una società Anonima nell’anno 1833 ha ricominciato con grande impegno l’intrapresa metallurgica delle miniere argentifere del Pietrasantino, lasciate in abbandono sino al cadere del secolo XVI; e i di cui lavori hanno richiamato nuovi operaj e nuove industrie in cotesta contrada. Vedere MINIERE DELLA TOSCANA.
    La parrocchia di S. Maria Maddalena di Val di Castello nel 1833 contava 818 abitanti.

    VAL DI CASTELLO nel Pietrasantino. – Contrada che ha dato il titolo ad un’antica chiesa plebana (
    S. Felicita in Val
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    di Castello) già a Massa di Versilia, ora oratorio pubblico nella parrocchia di S. Maria Maddalena di Val di Castello, Comunità Giurisdizione e quasi due miglia toscane a grecale di Pietrasanta, sotto la Diocesi di Pisa, una volta di Lucca, Compartimento pisano.
    La vallecola di
    Val di Castello, che appellavasi di Valbuona, è attraversata dal torrente Baccatojo, che scende dal monte così detto della Maddalena innanzi d’influirvi il fosso che viene dal monte di S. Anna, il quale vi entra presso la chiesa parrocchiale di S. Maria Maddalena, e che dopo 4 in 5 miglia toscane di discesa attraversa sotto il ponte di Baccatojo la strada postale di Genova per avviarsi nel littorale di Motrone, e di là in mare circa 8 miglia toscane a libeccio dalle sue sorgenti.
    All’
    Articolo CASTELLO (VAL DI) stato omesso, doveva io dire, qualmente Massa di Versilia dava il distintivo alla pieve antica di S. Giovanni e S. Felicita in Val di Castello, di cui hanno fatto menzione molte membrane dell’Archivio Arcivescovile Lucchese, una delle quali scritta nel 25 settembre 983, fu citata all’Articolo MONTE ROTAJO, O ROTARJ.
    Perché poi cotesta vallecola, qualificata un dì col titolo di
    Valbuona, prendesse il nome di Val di Castello, non saprei dedurlo senza dire, che costà sopra un risalto di poggio nei primi secoli dopo il mille fu edificata una rocca, che prese, e che per lungo tempo portò il vocabolo generico di Castello, ed ora di Castiglione.
    Della pieve antica di S. Felicita e S. Giovanni Battista in Val di Castello fu reso conto all’Articolo PIETRASANTA, dove resta da rettificare la parola, ivi trascorsa, dicendola
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    attualmente profanata, mentre essa conservasi come oratorio pubblico.
    Della struttura fisica di cotesta
    vallecola diede il primo importanti notizie Giovanni Targioni Tozzetti sino dal 1752 nel Volume IV de’ suoi Viaggi, edizione prima, allorché discorrendo del Viaggio da Pietrasania a Filecchio, ne avvisava: che innanzi di entrare nella Val di Castello, dalla parte sinistra la pendice del monte, che è una continuazione di quello di Pietrasanta, era di pietra brecciata con terra rossa (Raukalk) vestita di boschi d’olivi, mentre a mano destra è posta la pianura che termina nel mare, la quale è ricoperta da un terreno rosso, ed è coltivata ad uso di campi da sementa.
    Entrando egli in Val di Castello ne descriveva la sua corografia così “Giunsi ad una chiesa detta la Pieve di Val di Castello (S. FELICITA) situata all’imboccatura di un’angusta e tortuosa valle formata per una parte dalla continuazione del monte di Pietrasanta, il quale porta diversi nomignoli, di
    Vallecchia, Gallena, S. Anna, Argentiera e Farnocchia, finché, ricurvandosi, per Monte Preti, per Monte Regoli e Monte Rotajo, ritorna nella pianura alla sinistra del canale che percorre cotesta valle ecc….” Quindi lo stesso autore soggiunge: “Principiai a rimontare la Valle di Castello per la strada che conduce a S. Anna; giunsi a Castello villaggio sciolto, che resta in basso alla destra del canale, dove osservai molti massi di pietre ferrigne. Di là salii per un monte formato di pietra brecciata e coperto di selve di castagni per arrivare a Filecchio; donde seguitai a salire verso Verzaglia o Verzalla, così detto da un canale intorno al quale esistono molte loppe di ferro, residuo
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    della fornace ove anticamente si fondeva la vena del ferro che scavavasi dai filoni di quel monte, come pure dal monte Arsiccio sopra Verzaglia, trovando in più luoghi copiosi massi di vena di ferro allo scoperto.”
    Ma il minerale più ricercato, quello che in varj tempi ed a riprese destò nei Granduchi e nei particolari il desiderio di costituire costà un’impresa metallurgica furono le copiose vene di
    galena argentifera, ossia di piombo solfurato argentifero che nei monti pietrosi di Valbuona, o di Val di Castello si nascondono.
    Io non starò a ripetere quanto dissi nell’Opera attuale all’
    Articolo ARGENTIERA del Pietrasantino (Volume I pagina 129 e segg.) dopo avere riportato le parole di un istrumento del 9 ottobre 1219, col quale si determinavano fra le consorterie dei nobili di Corvaja e quelli di Vallecchia i confini delle miniere argentifere di Val di Castello e di Val di Ruosina quando fu stabilito, che le Argentiere di Valbona e del Galleno appartenessero ai signori di Vallecchia, e le Argenterie di Stazzema (cioè del Bottino e di altri luoghi della Val di Ruosina) spettassero ai signori di Corvaja.
    Dissi: che nel 1348 anche la Repubblica pisana, nel trattato che fece con i valvassori della Versilia, si riservò le raglie di quelle miniere, e che il Granduca Cosimo I ed i suoi due figli (Francesco I e Ferdinando I) dal 1538 al settembre del 1592 le stesse miniere riattivarono.
    Aggiunsi ancora, che le vene più copiose di piombo argentifero estraevansi allora dalle miniere del
    Bottino sopra Ruosina e da quelle dell’Argentiera in Val di Castello.
    Finalmente dal breve prospetto che ivi diedi (pagina 131) sull’
    Entrata
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    e Uscita di coteste miniere, preso negli anni della maggior lavorazione, non trovandosi il frutto di esse corrispondente alle spese, lasciò in dubbio, se ciò accadesse piuttosto che per povertà di miniera, per malizia o per ignoranza de’montanisti che vi presiedevano.
    Finalmente chiusi quell’Articolo con le parole seguenti: “Gli arnesi ritrovati nelle gallerie dell’
    Argentiera dai nuovi impresarj di questa abbandonata risorsa mineristica, e l’ubertoso prodotto de’ filoni metalliferi costà riscontrati, starebbero a giustificare il sospetto, che il decreto del Granduca Ferdinando I (18 settembre 1592) venisse fulminato piuttosto contro l’avidità degli uomini, che contro la sterilità della natura”.
    Che se un lungo corso di anni, diceva il Prof. Antonio Targioni Tozzetti, nipote del ch. Giovanni, in una relazione scientifica di coteste miniere pubblicata in Livorno nel 1834: “Che se in luogo corso di anni interrottamente passò senza che si cercasse di riattivare queste miniere, ciò fu colpa di tristi circostanze politiche anzi che povertà delle preindicate miniere, come da alcuni fu dubitato”.
    “Tutta la massa de’ poggi propagati dall’Alpe di Farnocchia fra la fiumana
    Versilia ed il torrente Baccatojo è costituita (soggiunge questo scienziato) da uno schisto quarzo-talcoso, il quale nelle parti superiori termina in un calcare cavernoso, e di alto, superiormente alle miniere dell’Argentiera, in un calcare giurassico alquanto granoso, ma meno cristallino di quello dei monti più interni dell’Alpe Apuana sopra Seravezza e Carrara”.
    “Il minerale del piombo solfurato argentifero trovasi qualche volta promiscuato con del ferro solfurato disposto in ramificanti vene e filoncini in mezzo alla pietra steaschistosa, ma in ragione che si rimonta verso settentrione la giogana dell’
    Argentiera, la miscela de’ solfuri di antimonio e dello zinco si fa un poco maggiore”.
    Le spese fatte in cotesti monti dalla prima
    società metallurgica, riattivata verso il 1830,
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    furono grandiose, sia per incanalare le acque, sia per aprire nuove gallerie di ricerca e di scolo, sia per la edificazione di ruote idrauliche, di magazzini, di forni e specialmente per la costruzione di un lungo edifizio di materiale per rompere con molti pistoni mossi dalle acque e per lavare il minerale riducendolo in slich. Edifizio aumentato dalla società attuale sotto la direzione di un eccellente montanista che ha introdotto per la riduzione dello slich in piombo argentifero, mediante la coppellazione metodi economici significantissimi. Tale è una tromba a grande cilindro a doppie valvole di ferro fuso mossa dalle acque correnti per soffiare nel tempo stesso e alimentare sei grandi forni a coppella nella sottostante fornace. Tale è il metodo ivi messo in pratica d’impiegare per tali fusioni del carbon fossile, e quindi servirsi del coohe che ne risulta per la riduzione del cinabro in mercurio che la società medesima (Hahner e CC.) estrae dalle sue miniere di Ripa nel Pietrasantino. – Vedere SERAVEZZA, Comunità.

    VAL DI CASTELLO Nel Pietrasantino. A quanto fu detto agli Articoli CASTELLO (VAL DI) e VAL DI CASTELLO si aggiunga, che dopo le spese fatte da
    una nuova società metallurgica in cotesta insenatura di monti sparsi di filoni metalliferi di ferro, di piombo argentifero, ecc. è comparsa nell’anno ora decorso una relazione scritta da uno zelante cultore il sign. Girolamo Guidoni, ed inserita in alcuni fogli pubblici di Firenze e di Milano, da cui crediamo pregio dell’opera estrarre un sunto tanto più volentieri in quanto ivi si protesta, che niuno potrebbe essere più di lui in grado tessere la storia veridica delle miniere pietrasantine e della valle di Seravazza, compresa anch’essa nella valle pietrasantina contrada, che a ragione può chiamarsi la
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    Svizzera della Toscana.
    Il sig. Guidoni adunque vide sorgere la prima intrapresa di una società Livornese rispetto alla riattivazione delle
    Miniere dette del Bottino, seguì egli le escavazioni di Val di Castello, visitò le miniere di cinabro a Levigliani, fu sovente a S. Anna nei monti di Val di Castello, e debbo, soggiungeva egli, in fine gloriarmi di avere efficacemente contribuito alla scoperta del cinabro nei contorni di Ripa che è un poggio situato a ponente di Corvaja.
    “ Che se le miniere del Pietrasantino ebbero molti secoli di riposo, ora possiamo francamente asserire, che quelle non saranno mai più abbandonate al silenzio della natura.” “Nel 1841 il sig Hàhner console di Sassonia a Livorno dopo avere acquistato le regioni Boiscard che succede a Val di Castello alla
    società metallurgica Livornese, dopo di aver ivi costruito con enorme spesa una tromba a grande cilindro con doppie valvole di ferro fuso a coppella, attualmente ci si annunzia che i due maggiori possidenti e capi di società mineristiche del cinabro del Ripa, quali sono quelle dei signori Hàhner e Montemart, i fonderanno insieme per formare una sola società. “ Se volessimo calcolare scriveva il sig. Guidoni nell’estate dell’1845, la quantità del mercurio ottenuto dalle due società Hàhner e Montemart ascendente a circa 60,000 libbre, non vi sarebbe prospetto più lusinghiero, né più alta considerazione per i Toscani e per gli Esteri rispetto agli impiego sicurissimo de’ loro capitali.” “ Ma fra tutte le scoperte più singolari fatte di corto fra quei monti, rimarchevolissima è quella de’ folfuri di argento trovati nelle miniere di piombo argentifero della galleria di S. Anna, dove si veggono tuttora le rovine di un vecchio castello quando la Toscana (sono le parole del Guidoni) era sede dell’arte mineralogica
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    , ed i suoi metalli circolavano in quei paesi, dai quali ora li dobbiamo ritirare”. “Lo stabilimento grandioso metallurgico eretto di corto dal sig. Hàhner in Val di Castello dietro il modello delle più celebri fonderie di Freiberg tratta, oltre i propri minerali d’oro, d’argento, rame, piombo e mercurio, anche le materie residuali degli orefici, che fa raccogliere in tutte le parti d’Itali, compra ogni specie di minerale, produce vetriolo di vetro e di rame con un sistema affatto nuovo ed economico, oltre di direttore di quello stabilimento ha ritrovato un metodo facile e poco dispendioso per trattare la miniera complicata di rame bigio ricchissimo in argento ed oro della galleria di S. Anna e dell’Angina. Inoltre produce(come in antico) litargirio proveniente dalla coppellazione del piombo argentifero, dallo slich, ossia opera. – (Vedere. L’Articolo ARGENTERIA nel mio Dizionario.) ed infine egli stesso pensa di utilizzare alcuni prodotti greggi dello stesso stabilimento per la fabbricazione di diversi preparati chimici” “ Le miniere più cospicue dello stabilimento di Val di Castello sono quelle di S. Anna e dell’argenteria presso il villaggio di Farnocchia. “ ma finora, concludeva il sig. Guidoni, i lavori dello stabilimento sono stati di semplice ricerca, per quanto il ritrovato fatto da poco tempo in qua prometteva i risultati più brillanti.”

    VALBONA o VALBUONA. – A varie contrade in Toscana fu dato il vocabolo di
    Valbona e l'eremo di Valbona in Val di Castello nel Pietrsantino, la Valbona nel piviere di S. Pietro in Bossolo in Val di Pesa, la Valbona Val d'Ambra; una nel piviere di Partina nel Casentino; altra Valbuona nel Mugello, e due nella Romagna granducale, la prima nel
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    popolo di Albano, Comunità e Giurisdizione di Modigliano, e la seconda nella Valle del Bidente detto di Valbuona popolo di Radricoli, com e Giurisdizione di Bagno, Diocesi già Nullius di S. Maria in Cosmedin all'isola, ora di S. Sepolcro, Compartimento di Firenze.
    Rispetto a quest'ultima
    Valbuona agli articoli CORNIOLO, POGGIO alla LASTRA, RIDRACOLI, STRABATENZA fu detto, che i signori di quest'ultima contrada di Valbuona ebbero signoria nell'appennino del Bidente innanzi che vi sottentrassero i conti Guidi, poi la Repubblica fiorentina ed Camaldolensi.
    È quel territorio di
    Valbuona a dei di cui nobili fu fatta menzione da S. Pier Damiani al Cap. 62 de' suoi Opuscoli, e più tardi li rammentò Boccaccio nella quarta novella della quinta giornata del Decamerone, e prima di lui Dante Alighieri nel canto XIV del suo Purgatorio.
    Finalmente i signori di
    Valbuona furono compresi con quelli della Faggiuola e di Castel Alfero nella pace fatta nel 21 marzo 1401 fra i Fiorentini e il duca di Milano, del quale quei signori seguitarono le parti.
    Finalmente il Manni illustrò due sigilli de'signori di
    Valbuona, che uno di Liuzzo e l'altro di Rigone (Vol. XVIII Sigilli IX e X) dove cita una scrittura del 1333 in cui si rammenta un Leuzino del fu Manfredi di Valbuona. – Anche il Pagnini nel suo Lessico storico diplomatico, MSS nelle Riformagioni di Firenze, ricorda un atto di accomandigia perpetua alla Repubblica Fiorentina fatto lì 7 gennaio 1404 (stil. fior.) da Gualtieri figlio di Salvatore di Valbuona a, il quale asserì essere signore del Castello di Valbuona, di Castelnuovo, e del Poggiolo.
    Posso di poi Valbuona sotto il dominio del conte
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    Francesco di Battifolle, il quale con atto del 21 agosto 1430 sottopose sé ed i suoi feudi all’accomandigia della Repubblica Fiorentina, finché nel luglio del 1440 per tradimento di lui tutti i suoi castelli furono incorporati al dominio fiorentino. – Vedere RIDRACOLI E POGGIO ALLA LASTRA.
Localizzazione
ID: 1151
N. scheda: 13650
Volume: 1; 5; 6S
Pagina: 561 - 562; 624 - 625, 626 - 628; 264 - 265
Riferimenti: 10640, 48000, 13651, 5350
Toponimo IGM: Valdicastello - S. Maria (a N)
Comune: PIETRASANTA
Provincia: LU
Quadrante IGM: 104-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1601777, 4867986
WGS 1984: 10.26938, 43.95953
UTM (32N): 601840, 4868161
Denominazione: Val di Castello - Val Bona, Valbona - Eremo di Valbona
Popolo: S. Maria Maddalena di Val di Castello
Piviere: (S. Giovanni e S. Felicita di Val di Castello) S. Martino a Pietrasanta
Comunità: Pietrasanta
Giurisdizione: Pietrasanta
Diocesi: (Lucca) Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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