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Castelnuovo di Garfagnana - Garfagnana

 

(Castelnuovo di Garfagnana)

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    CASTELNUOVO DI GARFAGNANA nella Valle superiore del Serchio. Piccola città nella Garfagnana Estense, capoluogo di Provincia, di Vicariato e di Comunità; residenza di un governatore con chiesa plebana abbaziale (S. Pietro) nella Diocesi di Massa ducale, già di Lucca, Ducato di Modena.
    Sebbene oppressa dai poggi che propagansi sino costà dalle creste dell'Alpe Apuana, denominate
    Penna di Sombra e Alpe della Croce, la città di Castelnuovo risiede in sito pianeggiante;

    ……dove da diversi fonti
    Con eterno rumor confondon l'acque
    La Turrita col Serchio fra due ponti.
    (ARIOSTO, Satira V)

    Infatti Castelnuovo giace appunto alla congiunzione del torrente
    Turrita o Torrita col Serchio, al punto dove entrambi passano sotto a due ponti. Trovasi (ERRATA: 222 braccia sopra il livello del Mediterraneo) a tese 130 e 1/2 (circa 391 braccia fiorentine) sopra il livello del mare, nel grado 28° 4' di longitudine e 44° 6' 6" di latitudine, 17 miglia toscane a grecale-levante di Massa ducale per il varco della Tambura, quasi 6 miglia toscane a maestrale di Barga, 24 a settentrione di Lucca, 29 a scirocco di Fivizzano, e circa 60 miglia toscane a ostro-libeccio di Modena.
    Castelnuovo è cinto di mura con tre porte e altrettanti subborghi, cui resta a cavaliere il colle che ha preso il nome dalla sovrapposta rocca di
    Montalfonso. La regolarità, e decenza dei suoi edifizj privati, delle chiese e altri stabilimenti pubblici, corrisponde alle comode strade tutte lastricate e alle due piazze, una delle quali assai spaziosa è abbellita da copiosa fonte che ha dirimpetto il castello o palazzo dei governatori. Poco lungi
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    dalla città sussiste tuttora il convento de’Cappuccini del Monte Calvario, fondato nel 1635 da Alfonso III duca di Modena, che vestitosi dell'abito di S. Francesco volle terminare costà i suoi giorni. Un altro monastero di donne dello stesso ordine, situato presso il ponte della Turrita, fu ridotto recentemente ad uso di seminario e di pubbliche scuole.
    Fino al secolo XIV fu questo un piccolo luogo soggetto nello spirituale al pievano di Fosciana, nel temporale alla Vicaria di Castiglione della Repubblica Lucchese.
    La memoria però di Castelnuovo risale al secolo VIII, mentre tanto il paese sotto nome di
    Castelnuovo, quanto la chiesa sotto l'invocazione di S. Pietro esistevano nel 740, siccome lo prova un documento dell'archivio arcivescovile di Lucca.
    Altre pergamene della stessa provenienza rammentano questo Castelnuovo e il suo distretto, sotto gli anni 773, 839, 940, 986 e 1045 (MEMOR. LUCCH. T. IV).
    Finalmente un istrumento di oblazione, mercé cui i Lucchesi nel 26 luglio 1234 rassegnarono alla corte di Roma a titolo di pegno i castelli di
    Aquilata e di Castel nuovo, mostra che questi due castelli della Repubblica di Lucca sino da quella età erano de’più importanti o per sito o per fortificazioni.
    Contuttociò non mancano istorici, i quali attribuiscono il più antico recinto delle mura di Castelnuovo a Castruccio Castracani: a lui che con più ragione si crede autore del vicino ponte di pietra che attraversa il Serchio, attualmente chiamato ponte di S. Lucia.
    Questo luogo sostenne in seguito varie vicende, le quali possono dirsi comuni ad altri castelli e villaggi della Garfagnana.
    Nel 1370, fu fatto ribellare ai Lucchesi dagli Antelminelli, che vi tennero dominio sino al 1377. Ritornato il paese in potere dei primi, fu allora che venne stabilito la prima volta in Castelnuovo un giudice dalla Repubblica di Lucca; la quale,
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    prescindendo da una momentanea occupazione di altri faziosi,accaduta nel 1369, continuò a dominarvi liberamente sino al 1429. Fu in quest'anno che gli abitanti di Castelnuovo e quelli dei contorni, vedendosi minacciati dall'oste fiorentina, mentre stava all'assedio di Lucca, e andava via via occupando i paesi della Garfagnana, fu allora che si diedero spontaneamente in balìa al marchese Niccolò d'Este di Ferrara, il quale, accogliendo quelle popolazioni sotto il suo patrocinio, destinò Castelnuovo sede di un commissario generale e capoluogo di una nuova Vicarìa.
    Nel 1512 Castelnuovo fu invaso per pochi istanti da Francesco della Rovere duca d'Urbino, cui tennero dietro i Lucchesi, e nove anni dopo un esercito di Fiorentini. Questo ultimo, entrato in Castelnuovo li 26 settembre 1521, spogliò il duca AIfonso I della Garfagnana, a riserva della rocca delle Verrucole. Alla morte del pontefice Leone X, per sollecitazione del quale, seguì tale invasione, il popolo di Castelnuovo sollevatosi penetrò nel castello o palazzo del governo, costrinse il commissario pontificio alla fuga, e richiamò AIfonso I,

    ……che a lui ricorso
    Ebbe tosto che a Roma il Leon giacque.

    Coincide a questo tempo la nomina in commissario della Garfagnana del celebre autore dei testè citati versi.
    Dopo la qual'epoca Castelnuovo non cambiò più padroni sino alla memorabile invasione de
    Francesi; durante la quale la Garfagnana Estense fu aggregata, prima alla Repubblica Cisalpina, come parte del dipartimento dell’Alpe Apuana, poscia (anno 1805) al principato di Lucca, fino a che nel 1814 ritornò esultante sotto l'erede e successore degli Estensi, Francesco IV, che ne regge attualmente i destini.
    La parrocchia di Castelnuovo venne separata dalla sua pieve matrice, probabilmente verso il 1398, quando il rettore di S. Pietro di Castelnuovo dal vescovo di Lucca fu destinato suo vicario foraneo; se piuttosto ciò non seguì all’occasione della riedificazione di quel tempio fatta sul declinare
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    del secolo XV, o della sua consacrazione, che seguì li 2 maggio del 1581.
    Mi è pure ignota l'epoca, nella quale si accordò all'arciprete di Castelnuovo il titolo e onori di abate mitrato. Fu bensì dopo il decreto del 27 marzo 1828 che l'arcipretura di Castelnuovo venne dichiarata pieve dal vescovo di Massa, confermandole per suffraganee le cappelle della SS. Trinità a
    Torrite, dello Spirito Santo a Monte Rotondo, e di S. Pantaleone a Montalfonso.
    La chiesa di Castelnuovo è a tre navate, decentemente fornita di sacri arredi con un grandioso organo, eseguito dal celebre Tronci: contiene qualche buon quadro, uno dei quali con figure in basso rilievo è di terra detta della Robbia, mentre un dipinto rappresentante la Vergine Assunta con varj santi viene ammirato come opera di Santi di Tito. (BORGHINI.
    Riposo)
    Fra gli stabilimenti pubblici di Castel
    nuovo havvi l'ospedale, la cui fondazione rimonta al secolo XV, traslocato in un nuovo edifizio verso la fine del secolo XVI, e aumentato di locale dopo il 1671. In esso si ricevono e si curano gratuitamente i poveri infermi della Garfagnana Estense, e i passeggieri.
    Merita di essere visitato l'archivio generale dei contratti per il bell'ordine con cui è organizzato. Esso conta quattro secoli di fondazione.
    La sovrastante e grandiosa rocca di
    Montalfonso ha cangiato il suo militare aspetto in un più filantropico destino, per servire cioè al Monte di pietà, e al deposito frumentario, o delle Farine, opere entrambe del sovrano regnante. Il monte delle Farine fu fondato nel 1831 all'oggetto di distribuire quel genere che potrebbe mancare nell'inverno e nella primavera ai poveri proprietarj o mezzajoli di poderi, onde riaverlo da essi dopo la raccolta con un piccolo aumento di misura.
    Nel seminario, eretto da pochi anni nel
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    soppresso monastero delle suore di S. Bernardino, furono collocate le pubbliche scuole di belle lettere, di geografia, di scienze fisiche, di matematiche e di teologia.
    Nel palazzo pubblico, detto il castello, risiede il governatore, magistrato che corrisponde direttamente con i Regi ministri o col sovrano. Sopravvede esso alla polizia, ed ha a direzione e tutela dell'amministrazione economica delle Comunità, degli ospedali e di tutti gli altri stabilimenti o opere pie della Garfagnana Estense.
    In Castelnuovo ebbero i natali personaggi distinti, fra i quali il dotto gesuita Giovanni Maria nipote del cardinale Pietro Campori, di famiglia oriunda da Campori, il vescovo Pellegrino Bertacchi e il dottore Sigismondo Bertacchi, casata proveniente da Camporgiano; Francesco e Giuseppe Porta, uno poeta e l'altro valente pittore.
    Fu in Castelnuovo dove (
    ERRATA: nel 1329) nel 1529 morì uno dei più distinti personaggi fiorentini, Niccolò figliuolo di Piero Capponi, dall’afflizione di sentire tradita, assediata ed oppressa la sua patria.
    Comunità e Giurisdizione di Castelnuovo di Garfagnana – Non si conosce ancora la misura del territorio comunitativo di Castelnuovo, il quale, separatamente da quello della Pieve Fosciana, consiste in cinque sezioni, tutte alla destra del Serchio e alla sinistra della Turrita, dove si trova una popolazione di 3393 abitanti.
    Spettano a
    Castelnuovo le sezioni di Colle, di Gragnanella, di Palleroso e di Rontano, mentre la Comunità di Pieve Fosciana abbraccia anche la sinistra ripa del Serchio con nove sezioni popolate da 2625 anime, in tutto 6018 abitanti (Vedere Il Quadro in calce).
    Le due Comunità riunite hanno per confine a levante Ia Comunità di Fonsciandora, a ostro quella di Gallicano, spettante allo stato di Lucca; a libeccio la Comunità di Molazzana, a settentrione le Comunità di Careggine e di Camporgiano; a grecale quelle di
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    S. Romano e di Castiglione.
    Assai piu estesa è la giurisdizione di Castelnuovo, la quale abbraccia, oltre il comune di questo nome, quelli di
    Pieve Fosciana, di Castiglione, di Villa Collemandrina e di Fosciandora con le respettive sezioni; meno però la sezione di Colle della Comunità di Castelnuovo la quale ultima dipende dal giusdicente di Camporgiano; e più le sezioni di Sasso, Eglio, Alpi di Sasso e di Eglio della Comunità di Molazzana, e le sezioni di Sambuca-Villetta e Silicagnana della Comunità di S. Romano.
    La maggior parte del territorio sotto la giurisdizione di Castelnuovo è posta alla sinistra del Serchio, a partire dal crine dell'Appennino che tocca fra
    l'Alpe di Barga e quella di Corfino. In esso trovasi una popolazione di 12375 abitanti, con una superficie territoriale che approssimativamente può valutarsi di 70 miglia toscane quadrate. Lo che equivarrebbe a circa 177 abitanti per ogni miglio quadrato.
    Nel tragitto del Serchio per questo territorio vi confluiscono, dal lato sinistro, i torrenti di
    Corfino o Mozzanella, di Castiglione, di Sillico e di Ceserana, mentre sul lato opposto nel dorso della Penna di Sombra

    Vedete là dove d'alpestri monti
    Risuonar fanno il cavernoso dorso
    La Turrita col Serchio, e fra due ponti
    Vanno ambo in fretta a mescolare il corso.
    (TASSONI, Secchia rapita. Cant. VII)

    La Turrita di Castelnuovo ha la sua origine sulla vetta dell'Alpe Apuana presso il casale d'
    Isola Santa nella Comunità di Careggine, e costà si appella Turrita Secca; più sotto prende il nome di Turrita di Castelnuovo a distinzione della Turrita
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    di Gallicano e della Turrita Cava, altri due grossi torrenti che scendono nel Serchio dagli sproni orientali della Pania di Petrosciana e di Monte Pruno o Prano.
    Fra i punti più elevati di questa giurisdizione si conta dal lato dell'Alpe Apuana la Penna di Sombra, la quale secondo le osservazioni del prof. P. Inghirami trovasi a 3027 braccia fiorentine sopra il livello del Mediterraneo; alle qulali osservazioni corrispondono quelle dell'astronomo Brioschi e del prof. Bertini di Lucca.
    Dalla parte dell'Appennino havvi la cima dell'AIpe di S. Pellegrino, la quale presa dal segnale del
    Cardosello ha dato al maggiore del genio Giuseppe Carandini un'altezza di metri 843,68, pari a 1395 braccia sopra il livello del mare.
    Fra le due indicate sommità, la di cui corda attraversa la Garfagnana nel punto più alto della valle, si presentano rocce di varia formazione e struttura consistenti in macigno a grana grossa, in grés litantracico, in marna schistosa, in calcarea ofiolitica e ammonitica color rosso mattone. Tali rocce si affacciano più generalmente nel lato sinistro della valle sul fianco dell'Appennino di S. Pellegrino. È pure sul fianco medesimo dove s’incontrano, presso Castiglione, alcune masse serpentinose, le quali sembrano essere una continuazione di quelle emerse dal fondo della valle lungo il letto del Serchio fra Piazza e la Sambuca, rocce che portarono un'alterazione manifesta alla calcarea compatta e al macigno, costituenti la base dei monti opposti, sui quali s'innalzano le scogliere marmoree dell’Alpe Apuana.
    Vedere CAMPORGIANO Comunità.
    Gli strati di lignite si trovano tanto alla destra che sulla ripa sinistra del Serchio. I banchi più potenti veggonsi nel torrente di Castiglione e nei contorni della Pieve
    Fosciana, dove appariscono subalterni all'arenaria grossolana, alla calcarea ofiolitica e alla torba palustre, mentre
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    dal lato opposto, sotto l'alveo della Turrita strati più esili di lignite sono adagiati fra la calcarea cavernosa.
    La formazione della calearea ammonitica, detta volgarmente marmo di Massa di
    Sassorosso, giace fra il macigno litantracico e la roccia ofiolitica di Castiglione. È una specie di marmo secondario di struttura schistosa, suscettibile di un qualche pulimento, ricco di varie specie di Ammoniti con alcune Ortoceratiti, una delle quali bellissima è stata recentemente scoperta dai prof Paolo Savi e Olindo Dini. —Vedere MASSA di SASSO ROSSO.
    Non lungi dal terreno lignitico, tanto nell'alveo della Turrita, quanto nelle vicinanze di Pieve
    Fosciana, scaturiscno vene. di acque minerali, della prima delle quali fece parola il sommo Vallisnieri e dell'altra torneremo a parlare all'articolo PIEVE FOCIANA.
    Fra i prodotti di maggiore entità, quello dei castagni può dirsi l'elemento precipuo della sussistenza pubblica dei Garfagnini. La poca cura che richiede tale albero non ha fatto dimenticare a quelle popolazioni culture più laboriose onde avere altre produzioni agrarie, come granaglie, lino, canape e legumi.
    La pastorizia costituisce una sorgente di somma utilità, non solamente per la Comunità della quale si tratta, ma per tutta la Garfagnana, dove si fabbrica un eccellente cacio. Le pecore e capre all’avvicinarsi della fredda stagione sono condotte a svernare nella Toscana Maremma.
    La caccia dei volatili e del selvaggiume è un articolo, se non di grande entità, al certo di sollievo ai benestanti di questa contrada la più nascosta e situata, dirò quasi, in un
    cul di sacco della Toscana.
    Da qualche anno si è fatta più diligente la coltura dei gelsi, che era stata trascurata o pregiudicata dalle intemperie. Attualmente nei tre Vicariati della Garfagnana Estense si ottengono circa 40000 libbre di filugelli, che si vendono all'estero in natura, perché manca ogni sorta
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    di filanda.
    Così non si trae profitto del pelo né dalle pelli di capra e di agnello, le quali si mandano fuori via senza concia, come avviene di quasi tutti paesi della Toscana.
    La lana delle pecore, tosate nel mese di maggio prima di essere ricondotte in Garfagnana, non ritorna in patria. Quella che si tosa in paese viene impiegata nelle manifatture di cappelli di feltro, e nella fabbricazione dei panni grossolani da pastori e da contadini che non si è mai tentato di migliorare.
    In Castelnuovo esistono due conce di pelli e una molto fiorente che spedisce i suoi lavori anche fuori di Stato.
    Vi è pure costà una fabbrica di chiodi, una ferriera a Careggine, e una fornace di stoviglie ordinarie alla Pieve
    Fosciana.
    Fra le strade maestre che passano o che partono da Castelnuovo avvi quella mulattiera, detta
    Vandelli dall'architetto che la tracciò. Essa varca il giogo di S. Pellegrino per andare da Castelnuovo a Modena; mentre dal lato della Pania sale le ripidissime balze della Tambura per arrivare a Massa di Carrara; varco impraticabile per otto mesi dell'anno.
    Vi è inoltre la strada che da Castelnuovo per Forno
    Volasco passa la Petrosciana per scendere da quella rupe marmorea a Stazzema e a Seravezza.
    Finalmente una terza via, resa rotabile fra Castelnuovo e Lucca, sulla ripa destra del Serchio, è stata compita nel 1834.
    La bontà del clima di Castelnuovo fu già decantata da un medico Garfagnino (Bartolommeo Accorsini) in un suo trattato pubblicato nel 1607.
    La rappresentanza comunitativa di Castelnuovo è composta di un podestà, sei anziani e venti consiglieri. Le altre comunità della Garfagnana Estense hanno un sindaco, due Anziani e dieci consiglieri.
    Risiede in Castelnuovo oltre il governatore della provincia, un direttore di dogana, un comandante di piazza con un distaccamento di militari veterani, e uno
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    di Regi cacciatori.
    Vi si trova pure un ufizio di posta da lettere, la cancelleria comunitativa, l’ufizio di esazione del Registro, quello della conservazione delle Ipoteche, l'ingegnere per le acque e strade della provincia, e un archivio generale di contratti. Il tribunale di Appello è in Modena.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di CASTELNUOVO di GARFAGNANA e della PIEVE FOSCIANA, al 1 gennajo 1832.

    (I luoghi sono divisi per sezioni)

    1. nome del luogo: Antisciana, titolo della chiesa: SS. Pietro e Prospero (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 124
    2. nome del luogo: Bargecchia, titolo della chiesa: S. Regolo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 110
    3. nome del luogo: Castello di Torrite, titolo della chiesa: SS. Trinità (Capp. Cur.), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 240
    4. nome del luogo: CASTELNUOVO Città, titolo della chiesa: S. Pietro (Pieve Abbaziale), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 2371
    5. nome del luogo: Cerretoli, titolo della chiesa: S. Andrea (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 236
    6. nome del luogo: Colle, titolo della chiesa: S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 229
    7. nome del luogo: Gragnanella, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 157
    8. nome del luogo: Monte Rotondo, titolo della chiesa: S. Spirito (Capp. Cur.), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 68
    9. nome del luogo: Palleroso, titolo della chiesa: S. Martino (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
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    abitanti n° 242
    10. nome del luogo: PIEVE FOSCIANA, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 1012
    11. nome del luogo: Pontardeto, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 51
    12. nome del luogo: Pontecosi, titolo della chiesa: S. Magno (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 284
    13. nome del luogo: Rontano, titolo della chiesa: S. Donato (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 394
    14. nome del luogo: Sillico e Capraja, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Massa Ducale (già Lucca sino all’anno 1824),
    abitanti n° 500
    - Totale
    abitanti n° 6018

    CASTELNUOVO DI GARFAGNANA – Si corregga – La sua elevatezza fu calcolata circa 391 braccia fiorentini (
    tese 130 1/2 francesi) sopra il livello del mare Mediterraneo.

    GARFAGNANA nella Valle del Serchio (
    Carfaniana, presso alcuni Cafferonia e Lucus Feroniae.) – Dicesi Garfagnana la valle superiore del Serchio, posta fra l’Appennino, l’Alpe Apuana e i contrafforti che scendono da questa e da quello, i quali si riscontrano, nella parte superiore, fra le sorgenti del Serchio, là dove la Garfagnana resta a contatto della Val di Magra, mentre la parte inferiore della stessa contrada mi sembra che termini fra i poggi di Coreglia e il monte Bargilio alla confluenza della Lima nel Serchio sotto la foce della Torrita Cava.
    Presa pertanto la Garfagnana nella sua più estesa longitudine e latitudine, essa ha dal lato di grecale la catena dell’Appennino che divide la Toscana dalla Lombardia, la Valle del Serchio da quella della Secchia,
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    la moderna dalla più antica sede dei Liguri Etruschi, mentre sull’opposta giogaja dell’Alpe Apuana, il cui fianco meridionale acquapende verso il littorale, trovasi a confine col distretto lucchese di Camajore, con quello granducale del Pietrasantino, e col ducato Estense di Massa e Carrara.
    I punti estremi presi dalla Garfagnana a contatto della Val di Magra, a maestro sono segnalati dalle altissime rupi del Pizzo di Uccello, fra le di cui scogliere veggonsi scaturire le prime fonti del Serchio di Minucciano, a grecale dai gioghi Appenninici appellati dell’
    Alpe Fazzola e dell’Ospedaletto, nelle cui pendici meridionali ha origine il Serchio di Soraggio. I contrafforti che scendono dai sopra enunciati monti in direzione, gli uni da maestro a scirocco, gli altri da grecale a libeccio, vanno a confondersi insieme presso al varco del così detto Monte Tea, fra il gr. 44° 13’ di latitudine, e il gr. 27° 53’ di longitudine. – Due miglia toscane a scirocco di esso varco si riuniscono in un solo alveo le due sopra indicate fiumane del Serchio, fra le pittoresche guglie ofiolitiche di Piazza, di Sala, di S. Donnino, e di Petrognano.
    Qualora poi si voglia limitare la Garfagnana bassa alla confluenza della Lima nel Serchio, può essa considerarsi quasi chiusa dai contrafforti che dalla parte di levante scendono dall’Appennino Rondinaja, mentre dal lato opposto propagansi dall’Alpe Apuana fra le profonde foci solcate dalle limpide fiumane di
    Torrita di Gallicano, e di Torrita Cava. Avvegnachè fra essi inoltrasi fino al Serchio una diramazione di quell’Alpe che termina nel monte Bargilio, fra il gr. 44° 1’ di latitudine e il gr. 28° 13’ di longitudine.
    La lunghezza pertanto della Garfagnana essendo di circa 20 miglia toscane geografiche, nella direzione stessa del fiume che
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    la percorre, vale a dire da maestro a scirocco, e la sua larghezza media da grecale a libeccio calcolata per approssimazione a 12 miglia toscane lineari, ne verrebbe a resultare una superficie quadr. di circa 240 miglia toscane geografiche. – Che se vuolsi aggiungere l’aumento di un quarto per le grandi gibbosità, le quali intersecano la stessa superficie, ne avremo una di 300 miglia toscane geogr. quadr. equivalenti a miglia toscane 336 e 1/2, dove nel 1832 abitavano 40163 persone a ragione di circa 119 teste per ogni miglio quadr. toscano.
    I chiari professori P. Giov. Inghirami di Firenze e P. Michele Bertini di Lucca, oltre il Maggiore del genio Giuseppe Carandini di Modena, hanno calcolato mediante ripetute triangolazioni l’altezza dei monti e luoghi qui sotto descritti, i quali ridotti a br. fiorentine, danno le seguenti altezze

    - Altezza del Pisanino dal segnale del Prof. Inghirami,
    braccia fiorentine 3511,02
    - Altezza della Penna di Sombra dal segnale del Prof. Inghirami,
    braccia fiorentine 3027,03
    - Altezza del Monte Rondinaja dal segnale del Prof. Inghirami,
    braccia fiorentine 3325,05
    - Altezza della Pania della Croce dal segnale del Prof. Inghirami,
    braccia fiorentine 3188,03
    - Altezza dell’Alpe di Mommio dal segnale del Prof. Inghirami,
    braccia fiorentine 3282,01
    - Altezza del Pisanino dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 3335,23
    - Altezza del Monte Rondinaja dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 3362,95
    - Altezza della Pania della Croce dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 3187,21
    - Altezza della Penna di Sombra dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 3027,04
    - Altezza dell’Alpicella delle Tra Potenze, alla foce del Giovo, dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 3313,48
    - Altezza del Monte Palodina dal segnale del Prof. Bertini,
    braccia fiorentine 1983
    - Altezza del varco
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    dell’Alpe di S. Pellegrino sulla strada mulattiera, presa dal Maggiore del genio Carandini, braccia fiorentine 2758,76
    - Altezza al Cardosetto sull’Alpe stessa di S. Pellegrino, presa dal Maggiore del genio Carandini,
    braccia fiorentine 2817,50
    - Altezza sul poggio di Mont’Alfonso, dalla garetta più alta di quel forte, presa dal Maggiore del genio Carandini,
    braccia fiorentine 743,58

    La qualità del terreno che cuopre il suolo montuoso della Garfagnana deve riportarsi a epoche e formazioni diverse. Nell’Appennino superiore, a partire dall’Alpe di Mommio, presso l’Ospedaletto, e di là lungo il giogo di S. Pellegrino per l’Alpe di Barga sino al monte Rondinaja, consiste in grès antico alternante con lo schisto argilloso, ed enziandio con la calcarea compatta; alle quali rocce nelle pendici inferiori sottentra una calcarea ocracea ammonitica, che ricuopre banchi di lignite, mentre sotto l’Appennino di Sillano si formano fra le rocce stratiformi compatte copiosi e larghi filoni di solfato di calce (gesso).
    All’incontro le balse delle
    Panie, che sovrastano al Serchio dalla parte di ponente, nei luoghi più elevati consistono in calcarea granosa o saccaroide a contatto dello steaschisto, mentre i poggi e i coni piramidali che si avvicinano alla confluenza dei due Serchj (di Soraggio e di Minucciano) sono coperti da un macigno alterato il quale a luoghi trovasi convertito in rocce ofiolitiche ricche di diallaggio, e in uno schisto lucente che accostasi a quello della lavagna. – Vedere CAMPORGIANO Comunità.
    Se poi dalla storia della natura si passa a quella dei popoli, non vi hà d’uopo che io mi fermi a far lunghe parole sulla pretesa derivazione del nome di Garfagnana, dopo che lo stesso argomento fu magistralmente discusso dall’abbate D. Pacchi nelle sue
    Ricerche istoriche della Garfagnana, là dove vennero richiamati ad esame i supposti frammenti delle
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    Origini di Catone, e dell’Itinerario di Antonino, nonchè le traduzioni interpolate della Geografia di Tolomeo, nei di cui codici greci sarebbe fatica inutile di ricercare il preteso Lucus Feroniae, che molti traduttori infedeli di loro arbitrio inserirono fra Lucca e Luni.
    Strabone, che a comun sentimento fu il geografo più istruito e più esatto della sua età, nell’accennare di volo la contrada fra Luni e Lucca non nomina per ombra la
    Garfagnana; solamente parlando di quel gruppo di monti che separa la valle superiore del Serchio dal littorale tra Pisa e Sarzana, cioè, dell’Alpe Apuana, dichiarò che: Ad montes Lunae incumbentes est Luca, ubi lerique vicatim habitant. Dondechè la contrada che forma il soggetto del presente discorso, a tesimonianza del preaccennato scrittore, sino dai primi tempi del romano impero era abitata a vici, a castelletti, a case aggruppate; e tale essa si mantenne e si conserva tuttora, non già sparsa e spicciolata come ora vediamo le valli inferiori del Serchio, dell’Arno, dell’Ombrone pistojese ec., ma riunita in piccoli castelletti sotto la guardia di un protettore (il sindaco o il parroco) sostituito agli antiche baroni, cattani o altri magnati che vi dominavano nei secoli barbari.
    Ciò premesso, non sembra doversi mettere in dubbio, che la contrada chiamata, e conosciuta dai Longobardi in poi con il vocabolo di Garfagnana, qualunque altro nome prima di allora ella avesse, era compresa in origine, come Lucca e Luni, nell’Etruria Transarnina, innanzi, cioè, che penetrassero fino qua i Liguri Apuani ed i Friniati. Le quali due tribù furono rintuzzate a riprese, e quindi fatte prigioni ed espulse, quando le terre della Garfagnana con una gran parte di quelle della Val di Magra, e della Valle superiore del Taro, nell’anno di Roma 577, vennero distribuite nella vistosa quantità
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    di 103000 jugeri, alla colonia di 2000 cittadini romani dedotta a Lucca; comecchè quest’ultima città insieme col suo territorio alla stessa epoca fosse inclusa nella provincia de’Liguri addetta alla Gallia Cisalpina, dalla quale restò separata all’occasione della nuova divisione politica dell’Italia introdotta da Ottaviano Augusto, quando l’unì alla Toscana.
    Già agli articoli ALPE APUANA e APPENNINO TOSCANO dissi, che i Liguri spettanti alla tribù dei Friniati (vale a dire alla contrada montuosa situata sulla schiena dell’Appennino di Garfagnana) essendo penetrati nella valle superiore del Serchio lungamente vi signoreggiarono benchè spesso respinti, non mai abbattuti e avviliti dall’oste romana. Dissi, che gli eserciti inviati da Roma a Pisa tennero quasi sempre la stessa via, rimontando cioè il corso del Serchio, dove i Liguri invasori, nascosti fra le discoscese balse, fra convalli anguste di alti monti e di asprissime rupi, improvvisamente calavano verso le foci dello stesso vallone, per dare addosso o per tagliare la ritirata alle coorti di veterani i meglio agguerriti del popolo romano.
    Fù d’appresso ai precipizi, fra le profonde gole dei labirinti che incontransi presso le sorgenti del Serchio e quelle dell’Aulella, fra la Garfagnana e la Lunigiana orientale, fù in quei luoghi più che altrove l’impeditissimo e angusto varco coperto di folte selve, senza traccia di vie, e sparso di ripide scogliere, là dove si serrano, s’intersecano e si annodano le due valli più settentrionali e più aspre della Toscana, fu senza dubbio tra i burroni di cotesta montuosa e cupa contrada, dove i fatti più clamorosi della guerra ligustica furono battagliati. Uno tra quelli descritti dal grande istorico patavino, a colui che percorse la Gafagnana alta, sembrerà quasi di poterlo ravvisare nel sito, dove le tribù dei Liguri Etruschi assediarono il campo del romano Console
    Q. Minucio Termo. Imperocchè rammentando le espressioni di T. Livio, (
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    Decade IV. Lib. 5.) allorchè Q. Minucio da Pisa mosse il suo esercito incontro ai nemici, mentre attraversava per luoghi stretti, i Liguri preser quel passo e chiusero la via; sicchè non potendo penetrare più avanti, Q. Minucio fece dar volta alle sue genti, le quali ritornando per il varco dond’erano penetrate lo trovarono occupato dai nemici. Che se non riparava al periglio l’ardire di 800 cavalieri Numidi coll’attraversare a briglia sciolta le poste de’Liguri per metter fuoco alle ville e spavento negli assedianti, la memoria si rinnovava, dice lo storico, della sconfitta delle forche caudine. Chi pertanto ha visitato i luoghi più aspri della Garfagnana superiore non crederà troppo ardita congettura quella che io qui azzardo dicendo, che il paese di Minucciano, situato fra le balze del Pisanino e del monte Tea, acquistò probabilmente il suo nome dalla località che rammenta le gole, fra le quali trovossi chiuso e in grande pericolo di esser perduto l’esercito del Console Q. Minucio Termo.
    Vinte finalmente ed espulse dalla contrada Etrusca le varie razze di Liguri, anche la Garfagnana dovè, siccome già dissi, far parte del territorio dispensato alla romana colonia dedotta a Lucca; ed è volgata sentenza, che i vocaboli di
    Albiano, di Barga, di Colognora, Gallicano, Ceserana, Gragnana, Gragno, Cassio, Gragnanella, Magliano, Petrognano, Sillano, e di tanti altri restati a cotesta provincia, siano tra quelli che ci rammentano i predii di genti romane; tanto più che molti nomi consimili si ritrovano fra quei coloni Lucchesi che estendevano le loro possessioni nell’Appennino di Pontremoli, di Parma e di Veleja. Tali sarebbero un M. Petronius, un L. Granius, un Corn. Galicanus, un Albius Secundus, un Q. Cassius Faustus, un M. Petronius, nominati nella
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    Tavola alimentaria Velejate. – Non dirò del Barga, nè del saltus proediaque Bargae nella stessa Tavola designati, potendo verosimilmente quei predii e quei boschi riferire al villaggio di Bargi sul Taro, pittostochè alla Terra di Barga nella Garfagnana.
    Comunque sia di ciò, è un fatto costante nell’istoria, che in Garfagnana i boschi, sia di abeti, sia di cerri e di faggi erano più d’ora frequenti, abitati da lupi, da orsi, da cinghiali o da altri animali selvatici sino ai tempi non molto remoti dai nostri, tostochè nei secoli XV e XVI di costà si recava l’annuo tributo di un orso a Modena. –
    Vedere ALPE FAZZOLA.
    Estinto il romano impero, anche la Garfagnana restò vittima di frequenti cambiamenti e agitazioni, sia quando il di lei territorio fu ripartito fra i duchi Longobardi di Lucca; sia allorchè essa fu ceduta in gran parte ai gerarchi della sua chiesa, ora a titolo di eredità, ora sotto l’ombra di donazioni impetrate dai re, dai loro cortigiani o dai duchi medesimi; sia finalmente quando al Longobardo sottentrato il dominio dei re Franchi e dei Sassoni, sotto il loro governo i marchesi venuti per essi in Toscana quasi da despoti dominarono sopra la Garfagnana. – Tale era per es. all’epoca de’Longobardi quel vescovo di Lucca Walprando figlio del duca Walperto che assegnò per suo testamento parte dei beni suoi e di quelli ereditati dal padre alla cattedrale lucchese, comprese alcune sue possessioni della Garfagnana. Infatti i di lui esecutori testamentarii con istrumento del gennajo, anno 793, consegnarono a Giovanni vescovo di Lucca una
    Sala, o palazzo del suddetto Walprando, situato in finibus Garfaniense; e inoltre dieci case con poderi che gli appartenevano nei luoghi di Magliano, Caprigniano, Silano, Corfiliano,
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    Caboli, Biturio, Rufiliana, Elio ec. ville quasi tutte esistenti tuttora nella Garfagnana superiore. – Quindi alcune delle possessioni testè nominate, nel 940, dal vescovo Corrado furono date in feudo al nobile Rodilando figlio di Cunimundo in finibus Carfaniana, in loco ubi dicitur Corfiliano (nella Comunità di Minucciano) in loco Serramezzana (ivi); in loco Sugrage (f. Soraggio), in loco Caprugnano, e in loco Cassiano. (ARCH. ARCIV. LUCCH.).
    Quindi fra il secolo IX e il secolo XII signoreggiarono nella provincia in discorso a nome, ora di uno ora di un altro coronato, i march. di Toscana, fra i quali si rese celebre nella storia politica d’Italia il figlio del conte Bonifazio di Lucca, quell’Adalberto il Ricco, che nell’880 donò alla cattedrale lucchese le decime delle sue corti e possessioni che aveva in Lucca, a Brancoli, a Pescia, a S. Genesio e nella Garfagnana, mentre 4 anni dopo lo stesso Toparca destinò l’annuo tributo sopra i suoi vasti possessi di Lunigiana e di Garfagnana al mon. di S. Caprasio da lui stesso fondato nell’884 presso la confluenza dell’Aulella nella Magra, dove aveva la sua corte e castello dell’Aulla. –
    Vedere ABAZIA DELL’AULA.
    Che poi nei secoli susseguenti acquistassero giurisdizione nella Garfagnana superiore i marchesi Estensi, i Pallavicini, ed i Malaspina, lo dimostra un privilegio dall’Imp. Arrigo IV concesso nel 1077 a Folco d’Este, la donazione fatta nel 1033 dal march. Alberto de’Pallavicini al suo mon. di Castiglione al Borgo S. Donnino; e in quanto ai Malaspina la compra fatta (
    ERRATA: nel 1341) nel 1346 dai Fiorentini di 64 ville che fino allora possederono in Garfagnana i marchesi Malaspina di Lunigiana.
    Non dirò dei molti baroni e valvassori creature dei vescovi di Lucca e dei marchesi di Toscana, i quali fra il
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    X e il XII secolo ottennero a titolo di subfeudo molti castellucci della Garfagnana, dai quali discese la casa de’Nobili da Castello, ossia di S. Michele di Villa, i signori di Dalli, di Gragnana, di Verrucola Gherardinga, di Caregine, di Baciano, di Castiglione, di Fosciana, di Celabaroti, di Ceserana ec.
    Ma chi più d’ogn’altro governatore imperiale fece da arbitro su cotesta contrada fu la marchesa e gran contessa Matilde, la quale senza ordine e senza consenso del sommo imperante dichiarossi di fatto, se non in diritto, signora quasi assoluta di tutta la Garfagnana: dato per vero, come è fama, che come roba della sua casa donasse, oltre i suoi possessi ereditarii, la giurisdizione politica su questa provincia alla S. Sede Romana.
    Dissi, com’è fama, mentre quella marchesa, sebbene tra i feudatarii d’Italia fosse potentissima, pure rappresentava unicamente in nome dei regnanti di quell’età il regio dominio nelle parti di Toscana e della Liguria; non ostante che da alcuni storici venisse chiamata col titolo pomposo di
    Domina Tusciae et Liguriae, mentre altri cronisti, come il Giordano, la dissero donna potentissima dal fiume Serchio fino a Frassinoro (nel Frignano) e Giov. Villani, al lib. IV cap. 20 della sua cronaca, ripetendo la volgata che correva ai suoi tempi della potenza avuta dalla contessa Matilde, scriveva: Dicesi (si noti l’espressione) che Garfagnana e la maggior parte del Frignano fu sua.
    Non sò quanto possa dimostrarsi con un
    dicesi il dominio di una estesa contrada, quando i diritti della contessa non potevano essere diversi da quelli che ivi ebbero il marchese Adalberto il Ricco, gli Estensi, i Pallavicini ed i Malaspina, diritti, che
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    dovettero limitarsi a possessioni allodiali o feudali, non già a giurisdizione di un assoluto dominio.
    Arroge a tuttociò, che le ricchezze della contessa Matilde erano state formate da tenute enfiteutiche di castelli baronali con le loro corti, e da molte altre possessioni pervenute a titolo di feudi in potere del march. Bonifazio di lei padre a furia di livelli da esso lui fatti con varie chiese, monasteri e vescovi, nei contadi di Lucca, di Pisa, di Modena, e di Mantova ec.
    Avvegnachè nei secoli intorno al mille avvenne alla Garfagnana ciò che accadeva in altre parti della Toscana e dell’Italia. Sul qual proposito giova qui rammentare quanto fu dal Muratori avvertito ne’suoi Annali d’Italia. “In questi tempi, scrive egli,
    si studiavano i principi e gran signori di pelare, ora soavemente, ora violentemente le chiese. La maniera soave era quella di prendere a livello i loro beni e castella con promettere un annuo canone, e intanto donar qualche terra in proprietà agli stessi luoghi santi per indurre i vescovi e gli abbati, col piccolo presente vantaggio, a livellare essi beni; l’usufrutto de’quali mai più non soleva arrivare a consolidarsi col diretto dominio. Uno de’gran cacciatori di tali beni (soggiunge il sommo Annalista) era il marchese Bonifazio, padre della gloriosa contessa Matilde”.
    Da tuttociò sembra apparire che, se la potente marchesana era proprietaria in Garfagnana di molte masse, corti e terre allodiali, come in realtà ve le possedeva, essa non fu giammai padrona assoluta di tutta la provincia. Infatti nel registro vaticano
    de censibus etc. compilato da Cencio Camerario, forse un anno innanzi che fosse creato cardinale, e 24 anni prima che salisse sulla cattedra di S. Pietro col nome di Onorio III, in quel registro di tributi pontificii non si parla già della Garfagnana intera, ma di poche
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    terre, poderi, decime e masse pervenute alla S. Sede verosimilmente dopo la morte della figlia del march. Bonifazio. – Erano di questo numero le terre o masse di S. Pietro a Ceserana, delle Ville di Migliana, di Fosciana, di quelle della corte di Castiglione, della villa di Colle, in Massa Silicana (Silico), in Caricino (Careggine), in Rojo (Roggio) in Casatico, in Corfino, in Petrognano, nel castello di Corfiniano, e in poche altre masse, sopra le quali la Rev. Camera Apostolica ritraeva allora un qualche reddito, dichiarandole situate in Garfagnana, ovvero posita in Comunitatu Lucensi. – (GARAMPI Illustraz. di un Sigillo. – PACCHI, Op. cit.).
    Fù verso l’anno 1228, quando molti nobili rurali della Garfagnana trovandosi bersagliati da varii partiti, in mezzo alle guerre che infierivano allora più che mai tra i lucchesi e i pisani, tra il sacerdozio e l’impero, fu allora che quei baroni dopo avere nel 1185 chiesta e ottenuta la
    libertà, col riconoscere in legittimo sovrano l’imp. Federigo I, fu 113 anni dopo la morte di Matilde, che un numero dei signori di castelli in Garfagnana ricorse alla protezione del pontefice Gregorio IX; allora quando con atto pubblico, rogato li 24 ottobre 1228 nella pieve di Pugnano presso Ripafratta, essi o i loro rappresentanti si sottoposero volontariamente (sponte juraverunt), alla Corte di Roma.
    Quindi è, che tre anni dopo (anno 1231) mentre il Comune di Lucca cercava di ricuperare quella provincia, il Pont. Gregorio IX in una circolare diretta all’Arciv. di Pisa, ai vescovi di Luni, di Volterra e di Pistoja, per ripartire fra di loro il limitrofo territorio della interdetta diocesi lucchese,
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    quel sommo gerarca chiamò la Garfagnana Terram Ecclesiae Romanae; nè in tale occasione frattanto la rammentò come avente su di essa antichi diritti per donazioni fatte dalla contessa Matilde. Sivvero in quelle circolari pontificie dichiarò, che i Garfagnini si erano dati in accomandizia alla S. Sede con atto solenne del 24 ottobre 1228 testè citato. – (PACCHI, loc. cit.).
    Ma i Lucchesi, che avevano potuto riavere da Federigo II la restituzione della Garfagnana, poco dopo che quel regnante l’ebbe assegnata in benefizio al figlio naturale Enzo re di Sardegna, nell’anno 1240, inviarono col vicario Imperiale marchese Oberto Pallavicino i loro armati ad occupare tutta la valle superiore del Serchio. – Avvertasi, che 14 anni dopo il giuramento di fedeltà prestato nelle mani del delegato pontificio dai signori della Garfagnana, quelli istessi
    Cattani (tanto erano variabili a quel tempo le cose politiche d’Italia) per la mediazione del nominato march. Pallavicino poterono impetrare da Federigo II (12 gennajo 1242) la conferma del privilegio stato ad essi concesso dal di lui avo Federigo I.
    Con tuttociò il Comune di Lucca tornò a viva forza a farsi padrone di tutta la Garfagnana, dove continuò a governare per lunga età, sebbene spesse fiate le sue genti venissero inquietate ora dai Pisani, ora dai parenti ed eredi di Castruccio Antelminelli, ed ora dagli eserciti inviati costà dalla Lombardia.
    Pieno e pacifico ne ebbe Lucca il possesso dal 1377 al 1429, nel quale ultimo anno l’oste fiorentina corsa all’assedio di quella città, invase e si ritenne la massima parte della Garfagnana. –
    Vedere BARGA e COREGLIA.
    Fu in tale invasione che gli abitanti dell’Alpe di
    Silico assai prossimi al Frignano, previe convenzioni reciproche, nel giorno 17 dicembra 1429, si posero sotto la tutela di Niccolò d’Este marchese di Ferrara. – Nel
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    3 febbrajo dell’anno successivo l’esempio di Silico fu seguitato dalle terre e villaggi di Corfino, Castelnuovo, Pieve Fosciana, Massa di Sasso Rosso, Gragnanella, Magliano ed Eglio, dei quali popoli si costituì la Vicarìa di Castelnuovo. Molti altri paesi della Garfagnana alta, tosto che rimasero liberi dalla soggezione della Rep. fiorentina, ricorsero essi pure all’Aquila Estense (anno 1446) che ne formò la Vicarìa di Camporgiano. – Quindi avvenne, che nel 1450 i Lucchesi, avendo riconquistato alcune terre già incorporate al dominio Estense, non solo esse furono ritolte loro dalle armi del marchese Borso d’Este, ma vennero occupati diversi altri castelli tra quelli che Lucca conservava in Garfagnana; e di questa nuova conquista fu creata una terza Vicaria che si nominò di Trassilico dal capoluogo del giusdicente. Finalmente di altre villate sparse nella Garfagnana superiore in numero di dieci, essendosi date nel 24 luglio 1451 spontaneamente al sovrano di Ferrara, ne sorse una quarta Vicaria chiamata delle Terre nuove, comecchè a questa provvedesse il medesimo giusdicente della Vicarìa di Castelnuovo.
    Posteriormente al 1451 la Garfagnana sofferse altre politiche vicende; essendochè nel 1512 fu invasa dalle genti condotte da Francesco Maria della Rovere duca di Urbino per conto del pont. Giulio II, dalle cui armi restò ben presto liberata. Nell’anno 1520 parimente fu occupata da un esercito inviato costà dalla Rep. fiorentina ad insinuazione di papa Leone X; ma anche allora l’invasione ostile disparve dalla Garfagnana stante la morte accaduta alla fine dell’anno istesso di quel
    Leon che l’ha fra gli artigli avuta. – Nel 1602 e 1603 di nuovo i Lucchesi tentarono mediante la forza, e quindi (ERRATA: nel 1806) nel 1606 per via di ragione, di ricuperare la porzione di quella provincia già da gran tempo perduta: ma le forze non valsero,
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    e le ragioni davanti al tribunale Cesareo di Milano non furono giudicate più buone. Dopo di chè, nel 1613, i Lucchesi ritornando a fare nuova guerra cogli Estensi, anche quella fiata ebbero la peggio, tanto dal lato della spada, quanto da quello della toga; essendochè l’Aulico tribunale, nel 1678, sentenziò per la seconda volta inappellabilmente a favore dei duchi di Modena e Reggio.
    Le tre vicarìe del dominio Estense in Garfagnana; cioè, di
    Castelnuovo, di Camporgiano e di Trassilico, contano tutte insieme 92 tra villaggi, terre e borgate, non compresa la piccola città di Castelnuovo. Presedeva nel politico e nel civile, siccome tuttora vi presiede, un luogotenente ducale col titolo di governatore. In cotesta qualità furono inviati dai duchi di Ferrara nella Garfagnana due celebri poeti, Lodovico Ariosto nel 1522, e il conte Fulvio Testi nel 1640. A tempo dell’Ariosto non erano ancora sopite le politiche discordie, le quali dovettero influire non poco a rendere gli abitanti di cotesta contrada più risentiti e litigiosi; talchè quel letterato governatore discontento anzichè nò del soggiorno e dell’impiego, verseggiando nella satira IV descriveva la corografica situazione del capoluogo della Garfagnana Estense con le terzine qui aprresso:

    La nuda Pania tra l’aurora e il noto,
    Dall’altre parti il Giogo mi circonda
    Che fà di un Pellegrin la gloria noto;
    Quest’è una falda, ov’abito profonda,
    D’onde non muovo i piè senza salire
    Del selvoso Appennin la fiera sponda.
    O starmi in rocca, o voglia all’aria uscire
    Accuse e liti, e sempre gridi ascolto,
    Furti, omicidii odo, vendette ed ire.

    Che le sopra enunciate guerre di partito e di nazioni influissero alcun chè a rendere più ostico il popolo Garfagnino, lo disse il poeta medesimo
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    nella stessa satira, quando alluder volle alle invasioni ostili fatte nella Garfagnana dalle truppe lucchesi, e poscia dalle fiorentine agli ordini del Pont. Leone X:

    Dei saper la licenza in che è venuto
    Questo paese, poichè la Pantera,
    Indi il Leon l’ha fra gli artigli avuto.

    Quindi non deve recare una gran maraviglia se l’Ariosto, nel tempo che continuava nell’impiego di commissario ducale, mostrasse alquanto di mal umore verso i suoi amministrati anche nella satira VII con i seguenti versi:

    Piuttosto di ch’io lascerò l’asprezza
    Di questi sassi, e questa gente inculta
    Simile al luogo ov’ella è nata e avvezza.
    E non avrò qual da punir con multa,
    Qual con minacce, e da dolermi ognora;
    Che quì la forza alla ragione insulta.

    Di carattere più pacifico, e in tempi meno ostili govarnava Fulvio Testi la stessa contrada, della quale egli ne fece un quadro poetico veramente immaginoso, come è quello che espresse in una sua ode così:

    Qui dove argenteo il corso
    La Turrita discioglie e seco viene
    A maritarsi innamorato il Serchio;
    E sul meriggio al dorso
    Del gran padre Appennin opache scene
    Di rintrecciati faggi alzan coperchio,
    Merto mio nò, soverchio
    Favor del gran Francesco ozio mi diede,
    E fè ne’regni suoi regnar mia fede.

    Il territorio di Castiglione, appartenente al ducato di Lucca, è stato recentemente ceduto all’amministrazione civile e politica della Garfagnana Estense, alla quale dovrà essere unito un giorno con altri distretti limitrofi, secondo ciò che fu stabilito nel 1814 col tratttato di Vienna.
    Riepilogando il discorso dirò, che la Garfagnana non fu mai il
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    Lucus Feroniae, nè il Caferonianum attribuito, quello a Tolommeo, questo a un’opera di Catone e all’Itinerario di Antonino; bensì che essa è la contrada montuosa e anonima fra l’Arno e la Magra, nella quale anco ai tempi di Strabone, abitava gente bellicosa a borgate, quella provincia verso cui, più volte movendo da Pisa per la valle del Serchio, penetrarono non senza stento le romane legioni scaramucciando senza tenervi piè fermo, guerrenggiando senza avvilire nè abbattere gl’indomiti Liguri fino costà penetrati dalle fonti della Magra, della Scoltenna e della Secchia, finchè dai Romani incorsi di là dal giogo, nel Frignano furono assediati dalle legioni dei Consoli P. Cornelio e M. Bebio intorno al monte Anido sede dei loro maggiori; e di costà, resisi prigionieri, vennero trasportati in numero di 40000 nel centro del Sannio fra gl’Irpini. Ad essi poco dopo si aggiunsero 7000 Liguri di quella tribù Apuana che abitava verso le sorgenti del fiume Magra, stati colà investiti e presi dalla seconda e quarta legione del Cons. Q. Fulvio Flacco e condotti anch’essi fra i Sanniti. (T. LIVII, Decad. IV lib. 9 e 10).
    Dal quale ultimo fatto istorico descritto da T. Livio ne emerge di per se stessa l’importante notizia, che i monti tra Lucca e Luni non erano la nativa stanza, ossia la sede antica dei Liguri Apuani, e molto meno dal lato che acquapende verso Camajore, Pietrasanta, Massa e Carrara; mentre quel littorale era compreso nei territorii di Pisa, ovvero di Luni, due città sino d’allora alleate dei Romani. Un tal vero lo manifesta in più luoghi lo stesso T. Livio, segnatamente, allorchè toccò al Cons. P. Muzio a guerreggiare intorno al fiume Audena in Lunigiana per punire quei Liguri, che 18 anni innanzi
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    erano scesi a derubare nell’Agro Lunense e Pisano numerosi bestiami, che trasportarono nei loro vici e castelli posti sulla schiena del vicino Appennino del Frignano. (T. LIVII, Lib. 35 cap. 41). – Vedere PIETRASANTA.
    Espulsi dalla Garfagnana i Liguri, e quindi occupato il terreno dai coloni inviati da Roma, dopo quanto ho già detto all’articolo FIVIZZANO, o che sarò per aggiungere a quelli di LUNIGIANA e PONTREMOLI, io non domanderò più, se il popolo che subentrò e si propagò nelle valli del Serchio e della Magra, sia di provenienza romana piuttosto che aborigena Etrusca, o Ligure; se l’indole e il carattere dei Garfagnini debbasi ripetere dalle razze di montanari che un tempo stanziarono costà, o piuttosto dai popoli che in epoche posteriori dominarono nella stessa contrada.
    Comunque sia di ciò, la vita pastorale ed agreste degli abitanti di cotesta provincia, e forse anche la geografica posizione, influirono sul carattere e sull’indole del popolo, ardito, fiero e propenso alla vendetta: per cui l’aureo latinista P. Beverini nei suoi Annali lucchesi dichiarò quegli abitanti
    aspera et bellicosa gens. – Più estesamente, con maggior verità e certa scienza parlò dei Garfagnini nei suoi opuscoli il Vallisneri, quando disse: che gli uomini sono per lo più di piccola statura, di colore la maggior parte tirante al fosco, con occhi vivaci, forti e nerboruti, sempre all’arme apparecchiati, facili allo sdegno, avidi di vendetta, ricordevoli delle ingiurie, d’arguto e versatile ingegno, amici ai forestieri, dell’ospitalità amantissimi, fedeli al suo padrone, atti alle lettere, dotati dalla natura dell’amenissimo parlar toscano, allegri, destri al salto ed al canto, spiritosissimi, ingegnosi nelle arti e nelle mercature solleciti.
    La Garfagnana nei tempi antichi doveva essere assai diversa dalla Garfagnana dei tempi nostri, ed anco da quella del medio evo, sia pel numero e qualità de’suoi
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    abitanti, sia pel genere delle produzioni agrarie della sua contrada.
    Dall’istoria si può congetturare che sotto i Liguri, e durante il dominio della Rep. Romana, cotesta porzione montuosa della Toscana fosse coperta di folti boschi (
    saltus), e di pascoli naturali nei luoghi più spogliati e discoscesi. Sottentrati ai Romani i Goti e i Longobardi, nell’ultimo secolo di questi dominatori, trovansi per la prima volta documenti che rammentano le vigne, i castagni e gli ulivi in varie posizioni della Garfagnana superiore e inferiore; lo che starebbe a far credere, che il suo clima fu nei tempi scorsi più benigno, siccome è stato ed è costantemente salubre in tutte le stagioni e in ogni luogo.
    Quanto poi sia austera la temperatura della Garfagnana in confronto dell’ambiente delle vallecole di Camajore, della Versilia e del Frigido, situate alla base meridionale delle Panie, lo disse Spallanzani, allorchè da Massa avviandosi in Garfagnana per il monte della Tambura, giunto che fu sul vertice della montagna, esclamò:
    se di quà (verso Massa) tutto ti ricrea; di là (verso la Garfagnana) tutto ti stringe il cuore. – Per egual modo, allorquando si osservano le cime dei suoi monti, e segnatamente di quelli delle Panie, la di cui schiena è volta a tramontana, per quattro o cinque mesi dell’anno rivestite di neve; quando si contempla la criniera dell’Appennino, dove furono già selve di faggi e di abeti, rimasta ora quasi spogliata a cagione dei disboscamenti e delle successive coltivazioni di quel suolo; quando si riflette, che nella speranza di accrescere la sementa delle granaglie, il paese trovasi assai più di prima esposto alle bufere e ad ogni sorta d’intemperie meteoriche; allorchè si vede la parte alpestre ridotta meno infruttifera, e più ghiajosa la valle inferiore della Garfagnana; dopo tali riflessi farà maraviglia
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    il riscontrare costà l’albero di Minerva vegetante nelle più umili e favorevoli posizioni difese dai venti boreali, o fra le convalli dei monti aperti a scirocco e a mezzogiorno, dove anche la coltura dei gelsi si và ognora più propagando.
    Tutto il resto sono selve di castagni o pascoli naturali, meno pochi campi intorno ai castelli, terre e villaggi, seminati a grano, vecciati, segale, a canapa o lino.
    Dond’è che la pastorizia può dirsi generalmente la sorgente di maggiore utilità dei Garfagnini, i quali vivono del prodotto dei castagni e delle mandre. Queste ultime consistono per la massima parte in pecore, essendo assai minore il numero delle capre, majali, vacche ec.
    Le pecore e le capre nell’inverno abbandonano i monti della Garfagnana per passare la rigida stagione nelle Maremme granducali ed anco nel Lucchese.
    Giusta l’adeguato sull’ultimo decennio formato sopra dati officiali, la Garfagnana Estense, nel luglio del 1832, possedeva n° 66217 animali domestici delle specie seguenti

    Bestie bovine, n° 8836
    Pecore, n° 47505
    Capre, n° 6958
    Majali, n° 1867
    Cavalli, n° 255
    Asini, n° 624
    Muli, n° 172
    Totale degli animali, n° 66217

    La quantità di castagni, che formano, come dissi, l’elemento precipuo della pubblica sussistenza dei Garfagnini, non ha fatto dimenticar loro alcuni generi di coltura agraria, e tali da potere riescire bastantemente prosperosi, fra i quali la propagazione delle patate, comecchè essa potrebbe aumentarsi di più nell’Alpe.
    Anche l’educazione dei filugelli pare che progressivamente si accresca con la piantagione dei gelsi: talchè oggi giorno la sola Garfagnana Estense somministra 40000 libbre di bozzoli per mandare fuori via la seta senza lavorare.
    Nè tampoco si tira quel profitto che si potrebbe dal pelo, dalle pelli di capra e d’agnello, come nè anche dalla lana: giacchè le pelli col pelo s’inviano greggie all’estero, e la lana resta per la massima parte nel Granducato e nel Ducato di Lucca, dove sono tosati i greggi prima
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    di ricondurli in Garfagnana; mentre la lana che si tosa in settembre adoprasi in patria per fabbricare cappelli ordinarj o per tessere rozzi panni lani.
    In una contrada tanto ricca di acque perenni con cadute e pendenze portentose, come quelle dei due Serchj di Minucciano e di Soraggio, della Torrita di Castelnuovo, e della Torrita di Gallicano, per tralasciare di tanti altri minori torrenti, sorprende di non trovare edifizii ad acqua, qualora si tolgano 4 o 5 ferriere, ed i mulini indispensabili alle comuni macinature.
    La Garfagnana, oltre le lane greggie, le pelli e la seta, esporta all’estero cappelli ordinarii di pelo, tele grosse di filati nostrali, poche pelli conciate, formaggio, bestiame pecorino e bovino, castagne e legnami da lavoro.
    Riceve dall’estero olio, vino, granaglie, panni, telerie, generi coloniali, pelli lavorate e terraglie.
    La bilancia dell’uscita si può valutare pari a quella dell’entrata, avuto riguardo alla condizione, ed economia degli abitanti, il maggior numero dei quali spetta alla classe pastorale ed agricola.
    Manca a ravvivare l’industria e il commercio della Garfagnana, non già la quantità delle strade comunali molte delle quali potrebbero appellarsi viottoli pericolosi piuttosto che vie pubbliche, ma sivvero il ridurre possibilmente carreggiabili quelle provinciali, fra le quali si lascia desiderare una essenzialissima che possa aprire una comunicazione rotabile fra la Garfagnana e la Val di Magra, passando per il già descritto varco del Monte Tea, e quindi lungo il fiume Aulella, la quale via da Castelnuovo andrebbe a congiungersi alla strada militare di Finizzano. –
    Vedere CASTELNUOVO DI GARFAGNANA.
    Quanto la Garfagnana superiore fosse più incolta e più scarsa di abitanti nel secolo XIV in confronto dei tempi nostri, può dedursi da un’ordinazione del consiglio generale di Lucca del 27 agosto 1371, relativa a ristabilire e conservare la pace fra le due vicarìe della Garfagnana superiore, cioè di Castiglione e di
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    Camporgiano; allora quando esse abbracciavano nella loro giurisdizione tutto il territorio delle attuali vicarìe di Castelnuovo, di Camporgiano e di Minucciano.
    Essendochè, nell’anno 1371, la vicarìa di Camporgiano comprendeva 42 tra ville e castelli con numero 664 famiglie, mentre la vicarìa di Castiglione conteneva in 26 villaggi e casali numero 397 famiglie.

    Nell’anno 1371

    Totale dei villaggi n° 68
    Totale delle famiglie n° 1001

    Che se si conceda il
    maximum della popolazione di ciascuna famiglia, presa la media proporzionale di 5 individui per focolare, si avranno dalle 1061 famiglie numero 5305 abitanti, là dove nella stessa superficie territoriale, nell’anno 1832, esisteva una popolazione quasi 5 volte maggiore, cioè:

    Nell’anno 1832

    Totale dei villaggi n° 86
    Totale delle famiglie n° 22144

    Tutta la Garfagnana, presa nel perimetro sopra descritto, escludendo quella parte dell’antica vicarìa di Coreglia che acquapende nella Val di Lima, e fatta astrazione dalle ville del Minuccese che entrano in Val di Magra, dividesi in tre vicarìe dello Stato Estense, due del Ducato di Lucca (
    Minucciano e Gallicano) e una del Granducato di Toscana (Barga); le quali sei giurisdizioni civili abbracciano 18 comunità con 67 parrocchie, e un totale di 40163 abit. distribuiti come appresso.

    QUADRO della Popolazione della GARFAGNANA divisa per Giurisdizioni e Comunità.

    - Capoluogo di Giurisdizione:
    BARGA, Granducale
    numero delle Comunità: 1
    Capoluoghi di Comunità:
    Barga
    numero delle
    parrocchie 7
    numero degli
    abitanti: 6790
    - Capoluogo di Giurisdizione:
    CAMPORGIANO, Estense
    numero delle Comunità: 7
    Capoluoghi di Comunità:
    Camporgiano
    numero delle
    parrocchie 8
    numero degli
    abitanti: 1838
    Careggine
    numero delle
    parrocchie 4
    numero degli
    abitanti: 1347
    Giuncugnano
    numero delle
    parrocchie 3
    numero degli
    abitanti: 898
    Piazza
    numero delle
    parrocchie 9
    numero degli
    abitanti: 1745
    San Romano
    numero delle
    parrocchie 6
    numero degli
    abitanti: 1487
    Sillano
    numero delle
    parrocchie 3
    numero degli
    abitanti: 1901
    Vagli Sotto
    numero delle
    parrocchie 4
    numero
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    degli abitanti: 1968
    - Capoluogo di Giurisdizione:
    CASTELNUOVO, Estense
    numero delle Comunità: 5
    Capoluoghi di Comunità:
    Castelnuovo
    numero delle
    parrocchie 5
    numero degli
    abitanti: 3393
    Castiglion Lucchese
    numero delle
    parrocchie 6
    numero degli
    abitanti: 2356
    Fosciandora
    numero delle
    parrocchie 1
    numero degli
    abitanti: 788
    Pieve Fosciana
    numero delle
    parrocchie 8
    numero degli
    abitanti: 2625
    Villa Collemandina
    numero delle
    parrocchie 4
    numero degli
    abitanti: 1930
    - Capoluogo di Giurisdizione:
    GALLICANO, Lucchese
    numero delle Comunità: 1
    Capoluoghi di Comunità:
    Gallicano
    numero delle
    parrocchie 10
    numero degli
    abitanti: 3078
    - Capoluogo di Giurisdizione:
    MINUCCIANO, Lucchese
    numero delle Comunità: 1
    Capoluoghi di Comunità:
    Minucciano
    numero delle
    parrocchie 6
    numero degli
    abitanti: 2083
    - Capoluogo di Giurisdizione:
    TRASSILICO, Estense
    numero delle Comunità: 3
    Capoluoghi di Comunità:
    Malazzana
    numero delle
    parrocchie 5
    numero degli
    abitanti: 2131
    Trassilico
    numero delle
    parrocchie 5
    numero degli
    abitanti: 2165
    Vergemoli
    numero delle
    parrocchie 4
    numero degli
    abitanti: 1640
    - Comunità n° 18
    - Parrocchie n° 98
    -
    Abitanti n° 40163
Localizzazione
ID: 1168
N. scheda: 13850
Volume: 1; 2; 6S
Pagina: 568 - 572; 400 - 409; 62
Riferimenti:
Toponimo IGM: Castelnuovo di Garfagnana
Comune: CASTELNUOVO DI GARFAGNANA
Provincia: LU
Quadrante IGM: 096-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1613038, 4885041
WGS 1984: 10.41335, 44.11139
UTM (32N): 613102, 4885215
Denominazione: Castelnuovo di Garfagnana - Garfagnana
Popolo: S. Pietro a Castelnuovo di Garfagnana
Piviere: S. Pietro a Castelnuovo di Garfagnana
Comunità: Castelnuovo di Garfagnana
Giurisdizione: Castelnuovo di Garfagnana
Diocesi: (Lucca) Massa Ducale
Compartimento: x
Stato: Ducato di Modena
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