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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Catena a S. Gonda

 

(Catena)

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    CATENA A SANTA GONDA nel Val d'Arno inferiore. Borghetto situato quasi a mezzo cammino sulla strada postale che da Pisa a Firenze si dirige, nel popolo di Cigoli, Comunità Giurisdizione e Diocesi di Sanminiato, alla quale città trovasi miglia toscane 1 1/2 a maestrale, Compartimento di Firenze.
    Era il luogo di pedaggio sul confine del territorio di Sanminiato con quello di Fucecchio, dove i Sanminiatesi riscuotevano il dazio sulle merci che transitavano per il loro distretto, mentre il Comune di Pisa teneva a poca distanza altre catene. Di quella di Castel del Bosco, che andava per conta della mensa arcivescovile di Pisa, si é fatto menzione all'Articolo BOSCO (CASTEL del). –
    Vedere BACULA, e S. GONDA (BADIA di).

    GONDA (S.) o S. GIOCONDA (BADIA DI) nel Val d’Arno inferiore. – Borghetto, altrimenti detto
    la Catena, sulla strada Regia pisana nella parrocchia di S. Giov. Battista alla Fabbrica di Cigoli, Comunità Giurisdizione e circa miglia toscane due a maestr. Samminiato, Diocesi medesima, già di Lucca, Compartimento di Firenze
    Risiede in pianura quasi a mezza via tra Firenze e Pisa presso il Rio di
    Bacoli, alla base settentrionale delle colline che stendonsi da Sanminiato verso Cigoli.
    All’Articolo CATENA DI S. GONDA fu avvisato in qual maniera a questo borghetto restasse il nome di
    Catena, mentre il suo più antico nomignolo era Obacula o Bacula derivato dal rio vicino, e da una chiesa di S. Andrea stata designata col nomignolo ad Obacula. – Vedere BACULA.
    A questa subentrò l’altra di S. Gioconda che divenne ospizio e badia di camaldolensi con il doppio titolo di S. Bartolommeo e S. Gioconda, poi di S. Gonda.
    Infatti le sue memorie non cominciano che dal secolo XIII; mentre il primo documento, nel quale
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    (per quant’io sappia) si fa menzione dell’Abazia di S. Gonda, Diocesi di Lucca, è del 15 febbrajo 1252, dato nella casa della chiesa di S. Bartolommeo a Sovigliana sull’Arno nel piviere d’Empoli, Comunità di Vinci. È un’istrumento, col quale il conte Guido Guerra figlio del fu conte Marcovaldo e di donna Fresca Malaspina, rinunziò il giuspadronato della chiesa di S. Maria di Pietrafitta con tutti i suoi beni a favore dei monaci Camaldolensi nelle mani di don Martino priore generale di Camaldoli. Il qual priore accettò l’offerta, dopo aver preso consiglio da don Benedetto Abbate di Pozzevoli, da don Paolo abate di S. Gioconda e da altri priori e monaci Camaldolensi. (ANNAL. CAMALD.).
    Il mon. di S. Gioconda trovasi rammentato nel privilegio amplissimo concesso nel 23 luglio 1258 dal Pont. Alessandro IV alla Congregazione di Camaldoli, e nel diploma rinnovato alla medesima dall’Imp. Carlo V sotto li 17 marzo 1355.
    Gli annalisti dello stesso Ordine monastico hanno pubblicato i nomi di molti abati di S. Gonda, dopo quell’abate Paolo sopranominato. Tra i quali un Enrico nel 1259; un Gherardo abate di
    S. Gioconda de Obacula nel 1263 e 1273; un Luca nel 1282, cui successe nel 1283 l’ab. Rodolfo; un Buono nel 1313; un Matteo nel 1315; ed un Romualdo nel 1343, ec.
    Gli abati di S. Gonda per un certo tempo furono superiori spirituali del monastero di S. Benedetto a Monteappio fuori della porta Poggivisi, ossia di S. Caterina a Sanminiato. Ciò avvenne dopo che le monache di Monteappio, nel 1330, impetrarono dal vescovo di Lucca facoltà di poter cambiare l’abito nero di S. Agostino in quello bianco di S. Romualdo, di prendere la riforma e la disciplina dell’Ordine camaldolense, e di potersi sottoporre all’abate e monastero di S. Bartolommeo e S. Gonda della stessa regola e diocesi.
    Infatti con atto
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    del 29 marzo 1343 don Bonaventura priore generale di Camaldoli concede facoltà alla badessa e alle monache Camaldolensi di S. Benedetto a Sanminiato di poter alienare un pezzo di terra per estinguere un loro debito, previo il consenso di don Romualdo abate del mon. di S. Bartolommeo a S. Gonda. (Carte del Capitolo della Cattedrale di Sanminiato).
    Nel 1403, ai 2 novembre, l’abate del mon. di S. Gonda elesse e investì la badessa del mon. di S. Benedetto posto fuori di porta Poggivisi a Sanminiato. (Carte dell’Arch. cit.)
    Ma le fortune e i beni della badia di S. Gonda circa detto tempo furono dilapidati in guisa che il Pont. Martino V, con breve dato in Firenze li 20 aprile 1419, accordò all’abate di S. Gonda l’applicazione di 1500 fiorini d’oro delle cose mal tolte per sollevare la miseria della badia medesima. La qual badia per asserto dello stesso pontefice, di ricchissima che fu, ed ospite generosa di pellegrini, per cagione di guerre trovavasi ridotta in tale povertà, che le sue rendite non bastavano appena a mantenere l’abate con un solo monaco, senza dire che tutta la fabbrica cadeva in rovina. – (ANNAL. CAMALD.)
    Fu pure in cotesto tempo, quando l’abate di S. Gonda cedè i suoi diritti di elezione della badessa e giurisdizione sul mon. delle Camaldolensi di S. Benedetto presso le mura di Sanminiato a favore di don Antonio da Parma priore di Camaldoli. Dondechè il di lui successore ab. Ambrogio Traversari, nonostante i reclami di don Michele abate di S. Gonda, nominò di suo pieno diritto la badessa del mon. di Monteappio.
    Intorno alla stessa età il mon. di S. Gonda fu incorporato con i suoi beni alla Prepositura dei Frati Umiliati di S. Michele di Cigoli, finchè l’ab. Delfino, Maggiore di Camaldoli, alle istanze del
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    magistrato di Sanminiato, cercò di rimuovere il priore di S. Benedetto di Monteappio, dopo che questo mon. era stato riunito coi suoi beni alla badia de’Camaldolensi di S. Felice in Piazza a Firenze; e quindi lo stesso Maggior Delfino nel 1501 rinunziò la badia di S. Gonda al Cardinale protettore dell’Ordine camaldolense. Finalmente il capitolo generale, tenuto nel 1512 in S. Maria degli Angeli a Firenze, determinò di unire la badia di S. Gonda al mon. di S. Benedetto fuori le mura di Firenze, siccome apparisce da una bolla del (ERRATA: Pont. Leone)PonteficeLeone X del 5 giugno del 1514.
    Non ostante tali determinazioni la badia di S. Gonda non servì più che a somministrare un titolo di commenda abaziale a dei secolari o prelati domestici de’pontefici, sino a che essa con i suoi beni divenne proprietà dei duchi Salviati di Firenze, dai quali l’ebbero per successione ereditaria i principi Borghesi – Aldobrandini di Roma, cui la badia, ora villa di S. Gonda, tuttora appartiene.
    Ho già detto, che nel borghetto della
    Catena, ossia a S. Gonda i Sanminiatesi riscuotevano il pedaggio delle merci, confermato ai medesimi dai Fiorentini, allorchè il Comune di Sanminiato si diede a quella Repubblica col trattato del 17 febbrajo 1369. – Vedere CATENA A S. GONDA.
Localizzazione
ID: 1228
N. scheda: 14490
Volume: 1; 2
Pagina: 178, 621; 464 - 466
Riferimenti: 4140, 36160, 41650, 4030
Toponimo IGM: Catena
Comune: SAN MINIATO
Provincia: PI
Quadrante IGM: 105-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1646546, 4838849
WGS 1984: 10.81918, 43.68976
UTM (32N): 646610, 4839024
Denominazione: Catena a S. Gonda
Popolo: SS. Giovanni e Saturnino a Fabbrica di Cigoli
Piviere: SS. Giovanni e Saturnino a Fabbrica di Cigoli
Comunità: S. Miniato
Giurisdizione: S. Miniato
Diocesi: (Lucca) S. Miniato
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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