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Cortona - Vescovati della Toscana (Cortona) - Via delle Vallesi, Strada da Siena a Cortona - Zecche Diverse (Cortona)

 

(Cortona)

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    CORTONA nella Val di Chiana ( Cortona un dì Croton e Corytum ). Città illustre, di origine remotissima, una delle primarie dell'Etruria, caduta in bassa fortuna con la rovina del romano impero, pretesa e dominata qualche tempo dai vescovi di Arezzo; nel secolo XIV risorta a nuovo splendore, dopo aver perduto perfino il titolo di città, che riacquistò allorchè fu fatta sede di un vescovato immediatamente soggetto alla S. Sede, allorché divenne signoria di una potente famiglia Cortonese (i Casali ) che col titolo di vicarj imperiali dal 1325 al 1409 vi dominarono; e acquistata nel 1412 dalla Repubblica fiorentina, fu riunita al suo territorio. Attualmente residenza del suo vescovo, di un vicario Regio e capoluogo di estesa Comunità nel Compartimento di Arezzo.
    È posta sul fianco meridionale di un monte che propagasi dall’ Alta di S. Egidio , e stende la sua base sino al lago Trasimeno, mentre a grecale con le sue diramazioni si rivolge verso la riva destra del Tevere. Trovasi fra il grado 29° 29’ di longitudine e 43° 16' 8" di latitudine circa mille braccia sopra il livello del mare, essendo a 1135 braccia il punto più elevato preso dal torrino della fortezza; 7 miglia toscane a settentrione-maestro del lago di Perugia, 28 miglia toscane a maestrale di detta città, 17 a scirocco di Arezzo, 22 miglia toscane a settentrione di Chiusi, e 18 a grecale di Montepulciano.
    Mediante la sua elevata posizione Cortona domina presso che tutta la valle percorsa dalle due Chiane, si specchia da lungi sui piccoli laghi di Montepulciano e di Chiusi, e più da vicino su quello assai più vasto del Trasimeno o Perugino.
    La veduta dalla parte settentrionale è limitata dalla sommità del monte preaccennato, il quale ripara la città e le sue belle campagne dai venti boreali.
    A poche terre dell'Etruria fu attribuita un'origine cotanto remota, e di pochi paesi si favoleggiò al pari
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    che della città di Cortona. Chi la disse fondata dai Pelasgi dopo espulsi dall’Etruria gli Umbri; chi la fece sede del re Tarconte; chi la suppose abitata dal re Dardano, che in memoria e in onore del di lui padre, Corito l’appellò. La quale città di Corito , stando alle parole dello storico Dionigi di Alicarnasso, non molto innanzi la sua età cambiò di nome, di leggi e di cittadini essendo divenuta romana colonia.
    Non dirò di quei scrittori di tempi troppo moderni, i quali fecero di Cortona l’ oppido di Colonia rammentato da Sesto Frontino all’occasione della ritirata dei Galli dal territorio di Chiusi, 528 anni dopo la formazione di Roma: avvegnaché si è di ciò detto abbastanza all’articolo COLONNA di BURIANO.
    Lungi pertanto dal tenere dietro a racconti troppo ipotetici, e a sole immagini di poeti, ci appiglieremo più volentieri a quel poco che resta dei monumenti scritti o figurati, onde assicurarci dell’importanza e lustro di questa città, dichiarata da T. Livio, all’anno 444 di Roma, fra le principali dell’Etruria, e sino d’allora fatta socia dei Romani, ai quali i Cortonesi si conservarono fedeli anche quando Annibale, pochi giorni innanzi la battaglia del Trasimeno, disertava le loro campagne.
    Che a Cortona in seguito fosse dedotta una romana colonia , lo asserisce, non tanto il prenominato Dionigi, ma Plinio il vecchio nella sua storia; e non sarebbe fuori di ogni probabilità il credere, che il nome di colonia , conservato a una delle antiche porte di Cortona, fosse derivato dalle possessioni che ivi tenevano i romani coloni, siccome nella stessa guisa potè acquistarlo la perduta villa di Colonnata o Colonaria nel distretto Cortonese. – Vedere COLONARIA in Val di Chiana.
    All’epoca della Repubblica di Roma sono pure da riportarsi molti di quei bronzi, di quegl’ipogei, di quei tegoli e
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    figuline di stile e carattere etrusco-romani scavati nell’agro Cortonese, o intorno al perimetro quadrilungo delle sue mura costruite senza cemento e a grandissimi poliedri di macigno, le quali ci lasciano quasi fuor di dubbio sulla loro remotissima origine, siccome tale sembra quella della così detta grotta di Pittagora nel suburbio meridionale.
    Ad eccezione di quei pochi cimeli, tutto ciò che riguarda la storia primitiva di questo paese, si nasconde nella caligine dei tempi, né tampoco si conoscono documenti che siano suscettibili a rischiarare le vicende municipali di Cortona nei primi dieci secoli dell’era volgare.
    Avvegachè non possiamo con asseveranza contestare, né tenere in gran conto un perduto diploma di Carlo Magno, nel quale si vuole che fosse rammentata Cortona tra i luoghi donati ai vescovi aretini; siccome è da tenersi in dubbio, se quella corte di Colonaria con la chiesa di S. Angelo donata da Carlo il Calvo a Giovanni vescovo aretino, possa applicarsi al paese in questione, per avere qualche fatto positivo che ci richiami alla memoria Cortona innanzi il mille.
    Non facendo caso di tutto ciò, il documento superstite del medioevo che rammenti la prima volta Cortona, dopo un lasso più lungo di secoli, consiste in un atto di donazione dell’anno 1008, col quale Elemberto vescovo di Arezzo, fra le molte sostanze da esso lui concesse in donazione alla badia di Prataglia, le assegnò anche cinque moggia di terreno a pastura compreso nel distretto di Cortona.
    Al qual proposito gioverà rammentare quanto fu già avvertito all’articolo CESA, relativamente alla situazione dei possessi di Elemberto, collocati quasi tutti in vicinanza di quelli che godevano nel contado aretino e castellano i marchesi di Toscana autori di quelli di Petrella, e del Monte S. Maria; i quali sino dal mille tenevano corte in Cortona e in Arezzo, dove possedevano un palazzo sul punto più eminente della città sotto nome di castrum Marchionis .
    Lungi
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    dall’entrare nella difficile palestra da tanti valenti uomini già campeggiata per sostenere o infirmare i diritti di signoria dei vescovi Aretini sopra la città di Cortona, noi ci contenteremo di accennare i fatti meno controversi relativamente alla storia civile ed ecclesiastica di cotesta nobilissima città.
    Tuttociò che è stato detto e scritto sulla condizione dei Cortonesi e della loro patria, dal tempo dell’invasione dei barbari in Italia sino al 1200, non ha ragioni né appoggi che valgano più di una semplice congettura. La storia speciale di Cortona incomincia a farsi strada dal secolo XIII.
    Nel 1202 trovasi un podestà a far ragione in Cortona a nome e per interesse della civica magistratura composta di consoli, di ottimati, ossia majores milites , cui succedevano i capi d’arte e mestieri, con un camarlingo e cancelliere.
    Sino dai primi anni di quel secolo il Comune di Cortona si occupò a sottomettere alla sua giurisdizione e a indurre ad abitare dentro la città molte famiglie nobili di contado, non esclusi i marchesi di Pierle coi loro consorti, i conti di Cegliolo , i signori di Pergo , di Poggoni , i Camaldolensi nel priorato di S. Egidio, ec. assegnando loro case, ovvero restaurando le abitazioni che essi già vi possedevano ( Registro vecchio di Cortona . Atti del 1210, 1212, 1214, 1217. ANNAL. CAMALD. all’anno 1223).
    Non solamente coi piccoli dinasti, ma ancora con le vicine città, i Cortonesi sino d’allora facevano alleanze e trattati di pace. Tale è quello rinnovato nel 1230 fra i comuni di Perugia e di Cortona, dove si rammenta l’antica amicizia fra i due popoli.
    Ma la prova già solenne della crescente prosperità di Cortona, stà in un lodo pronunziato dagli arbitri nel dì 30 di maggio 1219, ad istanza dell’arciprete della pieve di Cortona e del priore della cura di S. Vincenzio, ad oggetto di fissare i confini fra le
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    due parrocchie dentro e fuori delle mura di Cortona.
    Essendochè in quell’arbitrio, non solamente è descritta una parte della città di Cortona dal lato occidentale e meridionale, cioè fra la porta del Calle , ovvero di S. Maria , e la porta di S. Vincenzo , ora detta di S. Agostino , ma ancora fu ivi designato il perimetro delle nuove mura, che a quell’epoca costruivansi, ad aggetto di rinchiudere il subborgo di S. Vincenzo sino oltrepassata la porta di S. Maria, o del Calle .
    Reca nuova luce alla topografia di questa porzione di Cortona la pianta della stessa città, che inedita si conserva nella biblioteca Magliabechiana di Firenze, attribuita, non sò su qual fondamento, al cel. ingegnere Francesco Marchi. Chiunque fosse l’autore di quella mappa, giova essa non solo a confermare, ma a far conoscere la forma e il giro delle mura che racchiudevano i due borghi di Cortona, uno fuori di porta S. Domenico , e l’altro fuori di porta S. Vincenzo . Il primo dei quali, di forma triangolare, aveva la sua base appoggiata alle mura antiche della città con un torrione sopra l’angolo opposto per dove sortiva la strada che guida all’Ossaja; mentre il giro delle mura che chiudevano l’altro subborgo di S. Vincenzo partiva dal bastione orientale della porta S. Vincenzo, e di là girando a semicerchio attraversava la strada del borgo, dov’era un antiporto, a 500 passi in circa lungi dalla porta della città, alla quale dal lato di ponente le nuove mura assai d’appresso accostavansi. In seguito esse correvano quasi parallele all’antico cerchio passando davanti alla Porta Bacarelli , ora chiusa, sino al bastione occidentale della porta S. Maria , ossia del Calle , dove cavalcava la strada di quel subborgo mediante un arco o antiporto difeso pur esso da una torre.
    Stando alla relazione del cronista cortonese Rinaldo
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    Baldelli che fiorì verso la metà del secolo XVI, nel predetto borgo di S. Vincenzo erano a tempo suo più di 140 case, la chiesa del santo titolare, e il monastero delle monache di S. Michelangelo, recentemente distrutto.
    Nel borgo fuori di porta S. Domenico, già detta Porta Pecci Verandi , esistevano forse cento case, con la chiesa dei Domenicani, e quella di S. Maria degli Alemanni.
    Il borgo di S. Maria contava 50 fuochi col convento dei Servi di S. Maria e un antico monastero di donne che fu annesso alla chiesa di S. Margherita. «E mi ricordo (riporto le parole del Baldelli) che il detto borgo di S. Maria aveva una grande e magnifica porta, la quale aveva a lato una bella torre con un bel corridore e li due borghi di S. Vincenzo e S. Maria furono guasti per ordine del Granduca Cosimo I all’occasione della guerra di Siena.»
    Che la costruzione delle mura di questi due ultimi borghi non fosse ancora compita nell’anno 1219, si può dedurre dal lodo preaccennato, in cui si descrive il perimetro parrocchiale della pieve fra i seguenti confini: a porta S. Vincentii ad pedes muros antiquos ad portam de Calle, et a porta de Calle vadit, sive descendit ad Campum olim filiorum Guarnerii, et iterum revertitur da portam Novam infra muros novos FACTOS VEL FACTUROS etc.
    Quindi si nominano in quel lodo le case e i proprietarj delle medesime dentro i prescritti confini. Esse ascendevano allora a circa 200, fra le quali sono nominate le case dei figli Passerini , degli Orselli , dei nobili Berardini , dei figli d’Jacopo Garnerii dei Montanini , degli Allegretti , degli uomini del castello di Cignano , d’Ildebrandino di Mammi , de’Tancredi, la chiesa di S. Benedetto, e la cella che fu di Corbulo.
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    a queste sole case e parrocchiani è da credere che si limitassero gli edifizj e gli abitati di Cortona, mentre nella parte più elevata del poggio verso levante esisteva sino d’allora la chiesa di S. Cristofano presso la rocca dove risedeva il cappellano, che fu uno dei due giudici i quali pronunziarono il lodo già citato.
    Intorno a questa età Cortona contava una casa per l’annona e il suo palazzo municipale. – Alla stessa epoca rimontano le prime guerre conosciute fra i Cortonesi e gli Aretini, mossi questi probabilmente dalle pretensioni che sino d’allora cominciarono ad affacciare i loro vescovi per la giurisdizione temporale di Cortona.
    Erano esacerbate le parti Guelfe o della Chiesa contro i seguaci dell’imperatore Federigo II, cui mostravansi ligj di cuore i Cortonesi, quando il guelfissimo vescovo di Arezzo Martino (verso il 1232) reclamava avanti il pontefice i suoi diritti, consuetudini e onori contro il potestà e popolo di Cortona, che a lui e alla chiesa Aretina dovevano, e troppo sconvenevolmente rinegavano .
    Tali furono a un dipresso le frasi adoperate da Gregorio IX nel breve spedito li 9 gennajo del 1234 al vescovo di Firenze, con l’ordine di rinnovare la scomunica del vescovo di Chiusi contro i Cortonesi stata un anno indietro fulminata.
    Non mancò il popolo di Cortona di reclamare contro tali misure davanti la Curia romana: a nome della quale, il 13 agosto 1235, pronunziò sentenza il cardinale Ottone creatura dello stesso Gregorio IX, confermando le censure e l’interdetto contro i Cortonesi, benchè questi non si arrendessero a tali minacce, già rese troppo comuni in quelle emergenze politico-religiose. Fu dopo la morte del vescovo promotore di tali scomuniche, quando il potestà e capitano del Comune di Cortona con alcuni altri buonomini Cortonesi di parte Ghibellina, volendo terminare la lite che tuttora verteva fra il Comune di Cortona e il vescovo Marcellino successore di Martino, scesi nel prato della chiesa di S. Pietro a
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    Cegliolo situato a piè del poggio di Cortona, promisero al vescovo di Arezzo ivi presente di non prestare giuramento alcuno di fedeltà al vicario dell’imperatore, e nominatamente a quel conte Tolomeo che si diceva nunzio a tal uopo costituito da Federigo II. Imperocchè il prelato asseriva di essere stato esso stesso investito nunzio per ricevere tali omaggi in nome di quel re, al quale avrebbe egli giurato obbedienza tanto per Cortona, tanto per altre terre del Vescovato aretino .
    Tale documento copiato dal suo originale nel registro vecchio di Cortona, e fatto di pubblici diritti dal Guazzesi nella sua dissertazione Dell’antico dominio del vescovo di Arezzo in Cortona , si disvela la ragione, per la quale quei vescovi esercitavano il dominio temporale sopra i Cortonesi, tutte le volte che il vescovo Marcellino si riguardava in qualità di vicario regio, siccome tali erano stati altre volte molti predecessori suoi nominati dai re d’Italia in conti, ossia governatori di Arezzo e del suo contado. – Vedere AREZZO, città.
    Fosse o nò vero l’asserto di Marcellino, il quale si sa che guerreggiò da capitano e che fu un acerrimo nemico di Federigo II, fatto è che i Cortonesi, o non credettero alle sue parole, o quelli che promisero obbedienza al vescovo di Arezzo erano del partito più debole che allora dominava in Cortona. Avvegnachè quella Signoria, nell’agosto dell’anno medesimo 1239, inviò ambasciatori in Perugia a perorare in pubblico consiglio il Senato di quegli antichi alleati, scongiurandoli a cooperare in maniera che il Comune e gli uomini di Cortona fossero assoluti dalle scomuniche ponteficie.
    Non erano perciò variate le circostanze, allorchè, sei mesi dopo il convegno di Cegiolo, Federigo II capitò di passaggio (18 gennajo 1240 stile comune ) in Cortona, dove instituì in suo giudice ordinario Filippo Jacobi di Spoleto, cui succedè nel 1246 Bartolommeo Galgi da Lucca, e nel 1248 Ticcio da
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    Colle, tutti potestà costituiti in Cortona ab imperiali celsitudine di Federigo II. Morto l’imperatore, e subentrato a Marcellino il famoso vescovo Guglielmo degli Ubertini, peggiorarono gli affari dei Cortonesi esposti al furore di quel vescovo; il quale, appena eletto, intimò contro loro un giudizio davanti Innocenzo IV. La somma della questione si raggirava sopra i seguenti diritti reclamati dall’Ubertini; cioè, super decima parte de salariis causarum et poenis maleficiorum, ac aliis juribus Episcopo Aretino exhibendis a Comuni praedicto, et de non recipiendo vel assumendo aliquem in rectorem ipsius Castri ( de Cortona) nisi quem Aretinus Episcopus nominandum duxerit, aut etiam eligendum.
    Ho qui riportato le espressioni della sentenza emanata in Perugia li 18 settembre 1252 dal cardinale Ottobono Fieschi nipote del papa, che aggiunse la minaccia ai Cortonesi, non aderendovi, di fulminare l’interdetto; siccome fu fulminato dopo il prescritto tempo dell’appello dal pievano di Val di Robiana della diocesi di Fiesole a ciò dal pontefice delegato.
    Se per altro non riescì ai Cortonesi di essere assoluti dalle censure contro essi scagliate durante i pontificati di Gregorio IX e d’Innocenzo IV, sembra che variassero le bisogna, e che ogni interdetto venisse tolto dal loro successore Alessandro IV. Avvegnachè questi nell’anno secondo del suo pontificato (18 agosto 1256) diresse una bolla da Anagni Dilectis filiis Potestati et Capitaneo de Cortona Aretinae Dioecesis , con la quale avvisa quei magistrati, che Guglialmo vescovo di Arezzo, sino dal 20 luglio p.p. aveva ammensato al monastero di S. Maria di Cortona, detto di Targia , ed egli pontefice, con bolla del 13 agosto detto, a favore di quelle monache aveva confermato lo spedale di S. Giuliano di Boarco del distretto di Cortona, di proprietà della mensa aretina.
    Infatti, sotto il dì 12 settembre dello stesso anno 1256, il vescovo Guglielmo, stando nel palazzo della canonica di Arezzo diede l’investitura di detto spedale a Fra Ventura
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    di Montanina
    familiare delle monache preaccennate. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del monastero di S. Chiara di Cortona ).
    Qualora a tali indizj solenni e inappellabili per dimostrare la buona armonia che, nel 1256, esistere doveva fra i Cortonesi e il papa, si aggiunga il compromesso del 26 settembre 1257, mercè cui il vescovo Ubertini destinò il suo fedele cappellano Cavalcante in procuratore per recarsi presso Alessandro IV e rimettere al giudizio del pontefice ogni vertenza fra il vescovo Aretino e il Comune di Cortona sopra i diritti, onori e giurisdizioni spirituali e temporali che il vescovo medesimo e la chiesa aretina habet vel habere potest in Cortona et ejus districtu , io credo che dopo tuttociò non vi sia luogo a domandare, a qual partito appartenessero i Cortonesi, allora quando divenuti essi alleati del Comune di Firenze nel 1258, furono sorpresi nella loro patria, barbaramente saccheggiati ed espulsi dall'oste aretina?
    Ne restò commosso lo stesso papa Alessandro IV, il quale, sentita la desolazione del monastero delle Clarisse di S. Maria, esistito sino allora dentro Cortona, e la dispersione di quelle monache, spedì loro da Viterbo, sotto li 3 ottobre 1258, una bolla, nella quale si leggono le espressioni seguenti: Sane dum amaram Castri Cortonae et monasterii vestri S. Mariae loci ejusdem desolationem pro animo cogitamus, dum insuetas et indebitas poenas exilii, quas miserabiliter sustinetis, flebili meditatione revolvimus, non possumus pro nimio compassionis affectu acriter non tristari …Per cui il pontefice, sentito il collegio dei cardinali, in luogo del monastero di S. Maria di Cortona, quod vos dimittere oportuit propter malitiam temporis impacati , assegnava a quelle raminghe donne il monastero di S. Giuliano in Toscanella, togliendo di là un abate con un solo monaco dell'ordine benedettino che vi abitavano, e incorporanto al medesimo il monastero di S. Maria di Gavallione, situato esso pure in Toscanella, con prendere quelle monache o i loro beni sotto l’immediata
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    protezione della Sede Apostolica. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte cit .).
    Ma poichè non tutti gli autori vanno d’accordo intorno al tempo preciso della repentina scalata data dagli Aretini alle mura di Cortona, gioverà rammentare le parole di Ricordano Malaspini, copiate da Giovanni Villani, con le quali è raccontato il fatto. Egli dice, che «negli anni di Cristo 1259 essendo potestà d’Arezzo un cittadino di Fiorenza degli Acoppi chiamati Rossi, questi menò gli Aretini di notte con iscale, e intrarono in Cortona ch’era fortissima: ma per malaguardia la perderono i Cortonesi, e gli Aretini disfeciono le mura e le fortezze, e feciongli loro suggetti. Onde i Fiorentini, i quali erano in lega con loro, furono molto crucciosi, e arrecaronsi che gli Aretini avessono loro rotta la pace . – E per la detta cagione i Fiorentini nel febbrajo vegnente andarono a oste a un castello del vescovo chiamato Gressa , forte con due cinte di mura: e quello per forza e per assedio, ebbonlo e disfecionlo. Era (allora) podestà di Fiorenza messer Danese de'Crivelli da Milano.» (MALESPINI, Istoria fior . cap. 160. – GIOV. VILLANI, Cronic . lib. VI, cap. 66 e 67).
    Concordi ai sunnominati due maestri della storia fiorentina, tanto rapporto all'epoca quanto rapporto alle circostanze, sono i loro seguaci Antonio Pucci , Melchiorre di Coppo Stefani , e Paolino Pieri fiorentini. Che se si eccettui la cronica di Simone della Tosa (cui il Manni attribuì a sbaglio l'anno 1258) tutti gli altri storici fiorentini hanno registrato la presa di Cortona sotto l’anno 1259, invece di riporla al febbrajo del 1258, siccome realmente seguì.
    Al contrario degli scrittori Fiorentini l'avvenimento medesimo viene posto sotto l’anno 1258 e nel dì primo di febbrajo, tanto dal Registro vecchio della Comunità di Cortona, quanto ancora da quattro istrumenti esistenti nelle Riformagioni di Firenze; tre dei quali
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    rogati nel palazzo comunitativo di Cortona, li 6 febbrajo del 1258 a nativitate ; e uno in Arezzo, li 9 luglio 1266.
    Il primo istrumento è una convenzione fatta 5 giorni dopo la conquista di Cortona, per la quale il vescovo Ubertini promise di dare al Comune di Arezzo 2000 lire dei beni della sua mensa per il massimo servigio di avergli prestato manforte nella conquista di quella terra contumace e ribelle al vescovo e chiesa aretina.
    Col secondo istrumento il vescovo Ubertini, volendo corrispondere al pagamento delle 2000 lire di sopra promesse, alienò al Comune di Arezzo il poggio di Cortona dove era la rocca di Gerfalco e i suoi contorni, dalla Porta Montanina fino alla Porta di Castellonchio , compreso il terreno situato fra la chiesa di Marzano e la rocca di sopra, con le sue adiacenze come luoghi di pertinenza del Vescovado, e più un’altro spazio dentro Cortona a scelta del Comune di Arezzo, perché i conquistatori vi edificassero una nuova fortezza. Gli rilasciò ancora la quarta parte di ogni giurisdizione temporale e altri diritti della chiesa Aretina, tanto per l’investitura del potestà di Cortona, quanto del giudice di appello e di altri ufiziali ec. con il diritto di ritirare la decima parte delle entrate comunitative, della caratura e passaggio da pagarsi alle porte di Cortona.
    Finalmente col terzo contratto il predetto mitrato rinunziò ai diletti figli suoi, popolo ed uomini di Arezzo, a nome de medesimo vescovado , le residuali tre parti della preaccennata giurisdizione e di tutti gli altri diritti sopra il poggio di Cortona. (LORENZO GUAZZESI, Dell’antico dominio del vesc. di Arezzo ).
    Se tante e sì spesso ripetute furono le prove d’intelligenza scambievole e di fervida amicizia fra Guglielmino e i suoi diletti figli Aretini nell’invasione di Cortona, dove il vescovo, con atto del 25
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    febbrajo 1258 elesse in arciprete della pieve di Cortona il suo fedele agente Cavalcante, già canonico di Prato; come si potrà conciliare tutto ciò con la scomunica in quell’anno medesimo del saccheggio fulminata contro coloro che distrussero Cortona? Come mettere in armonia la bolla di Alessandro IV, diretta li 3 ottobre 1258 alle monache disperse dal loro claustro, con il guelfismo abbracciato da quegli Aretini che unironsi ai fuoriusciti Cortonesi per abbattere la ghibellina Cortona?
    Tale almeno ci fanno apparire quella gente che, Anno Domini 1258, in Kalendis februarii Guelfi exitii de Cortona cum auxilio partis Guelfae de Aritio coeperunt Cortonam . (REGISTRO VECCHIO di CORTONA).
    Io temo che tutto al contrario andasse la bisogna, e che la miglior parte dei Cortonesi, visto lo scempio fatto dall’oste Ghibellina protettrice e seguace del vescovo Guglielmino, abbandonasse in massa i patrii lari e cercasse asilo e ospitalità altrove. Essi infatti la trovarono e l’ottennero generosamente dai loro amici Perugini. I quali ultimi con istrumento, rogato li 8 agosto 1258 davanti la pieve de’ Confini , assegnarono a 448 cittadini olim de Cortona il castello di Castiglion Chiusino , ossia del Lago, con le abitazioni dentro e fuori delle mura castellane, esclusa la rocca, e inoltre un’estensione di territorio determinato dai seguenti confini; cioè, dalle Chiane al Lago Perugino , dal fiume Tresa al Fossato del Pantano ; e questo territorio da potersi lavorare, e usufruttuare dai fuoriusciti Cortonesi per il tempo di due anni da decorrere dalle calende del susseguente mese di maggio ec. (FIL. ANGELLIERI ALTICOZZI, Risposta Apologetica ec.)
    La cattiva fortuna dei Cortonesi del 1258 fu quasi preludio di miglior sorte nei tempi successivi.
    Conciosiachè gli usciti Cortonesi furono contemplati nel trattato di pace concluso nella badia al Pino, li 20 aprile 1261, fra il vescovo Guglielmino Ubertini e il Comune di Cortona; a condizione
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    che dentro lo spazio di due mesi i ribanditi promettessero e ratificassero quel trattato. La somma dei quali patti si riduceva a riconoscere in superiore temporale il vescovo e la chiesa aretina, a ricevere per potestà un Aretino scelto dal vescovo da una lista di sei candidati nominati dai Cortonesi, purchè il potestà esercitasse il suo uficio secondo la forma e modo ivi dichiarato, con che egli si conformasse agli statuti di Cortona; mentre i Cortonesi promettevano di pagare al vescovo Aretino la decima parte di tutti i salarj de’maleficj. Finalmente si obbligavano i Cortonesi alla restituzione dei beni tolti alla mensa vescovile, come pure di aggiungere allo statuto comunitativo un capitolo riguardante la conservazione dei possessi della mansa vescovile e dell’ecclesiastica libertà.
    In virtù del riferito atto di concordia è credibile che i Cortonesi esuli ritornassero ad abitare in patria, dove fu eletto per potestà di quell’anno Oddo Oddi di famiglia Perugina, sebbene ascritto sin d’allora fra gli ottimati Cortonesi e forse anco fra quelli di Arezzo.
    Quindi non fa maraviglia di trovare nell’anno e nel tempo stesso in Cortona due potestà, uno dei quali di nomina del vescovo di Arezzo, l’altro per la Grazia di Dio potestà del Comune.
    Una provisione del 3 luglio 1261 del Comune di Cortona manifesta l’ordine e forma della magistratura, come anche le contrade, dalle quali si estraevano i rappresentanti.
    Consisteva la magistratura civica in due consigli, uno di Credenza e l’altro generale. Il primo si componeva allora di 20 individui eletti fra gli ottimati dai Terzi della città; 7 dei quali appartenevano al Terzo di S. Maria , 7 al Terzo di S. Marco ; 6 a quello di S. Vincenzo .
    Il consiglio generale era formato di altri 100 cittadini e artisti; 12 dei quali appartenevano alla contrada detta di Porta S. Cristofano
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    (forse quella oggi detta Montanina ); 13. alla Porta Beraldi , attualmente murata; 25. alla Porta Pecciverandi (ora detta di S. Domenico ); 17. alla Porta S. Vincenzo (adesso S. Agostino ); 13. alla Porta S. Maria (già del Calle ); e 20. alla Porta Cologna , o Colonia , tuttora esistente.
    Con quest’ordine civile i Cortonesi, dopo il 1261, ritornarono a rialzare gli edifizj pubblici stati guasti o abbattuti, fra i quali la torre con la sua campana e il palazzo pubblico; mentre le famiglie più potenti costruivano le loro abitazioni tanto dentro che fuori la città a guisa di altrettante piccole fortezze difese da alti torrioni per prepararsi a migliore difesa in caso di nuove ostilità di nemici interni ed estranei.
    Coincide a questo tempo la zecca dei denari bianchi e della moneta cortonese, accettata in commercio e nominata nei contratti di varj luoghi della Toscana, a partire dal 1262 sino almeno al 1380.
    Questo diritto di regalìa riservato al sovrano, è stato tema di lunga discussione fra gli eruditi, benché la maggior parte di loro sia di parere, che la zecca di Cortona fosse di dritto e proprietà del vescovo di Arezzo suo signore.
    La più forte ragione è basata sul diploma concesso nel 1196 da Arrigo VI al vescovo della chiesa aretina, in cui si trova confermato il privilegio accodato dall’imperatore Arrigo II, dove è specificato il diritto di potere coniare moneta in loco sui Episcopatus, servata omni legalitate in materia, et valore, secundum quod ex concessione antecessorum nostrorum noscitur habuisse.
    Concorre eziandio ad avvalorare tale opinione la qualità della moneta cortonese consimile a quella dei denari bianchi , che all’epoca medesima coniavansi in Arezzo, e l’impronta della medesima moneta cortonese che ha la figura di un mitrato col nome intorno S.
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    Vincentius P
    ., mentre si sa che i Cortonesi presero per loro protettore l’evangelista S. Marco, siccome ne fa fede, fra le altre prove, un sigillo di quel tempo con il leone alato contornato dalle parole : Sis Tutor Cortonae, Sis semper Marce Patrone.
    Il primo indizio che si abbia della zecca e dei signori della moneta di Cortona, è un’istrumento della cattedrale di Arezzo fatto, sotto il dì 1 di ottobre del 1262, in Cortona in platea juxta domum olim Fratum Minorum, in qua D. Guillielmus Episcopus Aretinus morabatur.
    La qual casa de’frati si convertì nel palazzo del vescovo Ubertini; siccome meglio rilevasi da altra scrittura dell’anno 1264, dove si dichiara quella casa essere stata del famoso fra Elia.
    È un atto d’investitura della pieve di Castiglion Aretino (ora Fiorentino) data dal vescovo Guglielmino al suo nipote e chierico Uberto dei Pazzi, sopracchiamato da Giovanni Villani lo Spievanato , la quale investitura seguì in Cortona, in domo Episcopi Aretini, quae quondam fuit fratris Eliae.
    Era quella stessa casa de’ Frati Minori , dove il camarlingo del Comune di Cortona, nell’aprile del 1263, si recò per pagare al vescovo la quota che gli spettava dei denari percetti dalle calende di gennajo fino all’aprile, per i diritti ad esso dovuti dai Cortonesi; la qual somma si riduceva a soli 25 soldi e 3 denari.
    Ma seguitando il corso degli avvenimenti politici, 5 anni dopo il ritorno degli usciti in Cortona, il registro vecchio di essa città possiede il rogito di un trattato di pace fra i Cortonesi e gli Aretini, stipulato in Arezzo li 9 luglio 1266. Da quell’atto apparisce essere accadute dal 1261 al 1266 altre ostilità fra le parti avverse (al che forse avrà dato luogo la venuta del re Carlo d’Angiò nell’Italia), mentre ivi si parla di condonare i danni e le ruberie fatte o ricevute nell’assedio, presa
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    e distruzione che i Cortonesi fecero della rocca di Cortona quam arcem fecerunt vel fieri fecerunt Aretini ; espressioni che ci richiamano al contratto del 6 febbrajo 1258, dove si tratta di assegnare agli aretini un terreno da destinarsi per l’erezione di una nuova rocca in Cortona, in luogo diverso dalla superiore fortezza. Con quest’ultimo trattato di pace promisero le parti di non imporre alcun dazio, di togliere ogni pedaggio o altra colletta che fosse a danno di uno dei due Comuni, di non accettare né proteggere delinquenti stati banditi da uno dei due territorj. Parimenti fu detto di tenere per nulli i patti e le obbligazioni fatte fra i Ghibellini dell’uno e dell’altro paese, come pure fra la parte Guelfa di Arezzo e quella di Cortona.
    Inoltre i sindaci di Cortona promisero di fare in maniera che i Cortonesi eleggessero ogni anno per potestà un cittadino di Arezzo o del suo contado con dargli per salario almeno 200 lire l’anno.
    Dall’altra parte gli Aretini si obbligavano di rilasciare al Comune e uomini di Cortona tutti quei diritti, possessioni e usi esistenti in tempo che Cortona fu presa, e sei mesi innanzi quam capta fuit; idest, anno Domini a Nativitate 1258. Indictione I, die Kalendarum mensis februarii; salvis pactis factis inter Commune Arretii et Cortonae tempore praesentis concordiae . Il distretto territoriale di Cortona viene ivi designato fra i seguenti confini; cioè, a Cretillis (forse il termine ora detto di Cetille o Cretille in Valle Dame verso Città di Castello) usque ad medias Clanas, et a rivo Porcarii usque ad Lacum, et a Fossato Campi Gelati, qui venit ad pedem Populonichi et Contalenae, et mittit in Nestorem usque ad Lacum.
    Di tal maniera si comportò con la parte Guelfa il partito Ghibellino, il quale ultimo sino al 1266 sembra che dominasse in Cortona e in Arezzo, rappattumandosi con i
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    fuoriusciti mediante il prenominato trattato, cui precedé una consimile transazione fra i Ghibellini di Arezzo e i Guelfi ritornati in patria. (GUAZZESI, Opera cit .).
    Tali documenti pertanto ci fanno palese che in Cortona, al pari che in Arezzo e in molte altre città dell’Italia, esistevano allora i due partiti Guelfo e Ghibellino; l’ultimo de’quali ebbe maggior forza e tenne signorìa, segnatamente dall’epoca della vittoria di Monteaperto sino a che alla sconfitta di Benevento del 1266 i Ghibellini, seppure non furono essi dal reggimento delle città espulsi, pensarono a moderare la loro rabbia con accordi favorevoli alla contraria vittoriosa fazione.
    Pure non stettero lunga pezza i Cortonesi in quiete col loro vescovo Guglielmino, nonostante che s’ignori la cagione che mosse questi a sentenziare scomunica contro il potestà, i magistrati e il Comune di Cortona, sentenza che egli stesso poco dopo revocò (luglio 1277) nel suo palazzo di Cortona.
    La disfatta di Campaldino (anno 1289), accompagnata dalla morte di quel prelato capitano dei Ghibellini di Arezzo, dové recare sollievo ai Cortonesi: sebbene la loro storia possa dirsi quasi muta dal 1277 sino alla venuta di Arrigo VII in Toscana, eccettuati da tale periodo pochi aneddoti: come quello di trovare in Cortona li 27 marzo 1295 Ildebrandino vescovo di Arezzo; nel 13 luglio 1304 il cardinale Fr. Niccolò da Prato legato apostolico inviato in Toscana per rappacificare i discordi partiti; nel settembre del 1306, e nel giugno del 1308, per lo stesso motivo il cardinale Napoleone Orsini.
    Il documento storico capace a indicare sotto quale stendardo militasse la Signorìa di Cortona, e quale animo gli Aretini verso di lei nutricassero al momento che Arrigo VII era per entrare con il suo esercito in Toscana, lo palesa nella sua relazione il vescovo di Butrintò delegato di quel re, dove egli racconta di essersi portato a Castiglion Aretino, i di cui abitanti prestarono obbedienza ad nutum all’imperatore, e di là salito a Cortona vi
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    fu molto onorato dagli abitanti, sed aperte, vocato populo, ( ipsi ) jurare noluerunt , quantunque per mezzo del sindaco in segreto lo avessero fatto. Quindi citati si scusarono col messo regio, adducendo per ragione, che se ciò avessero fatto mentre le armate imperiali trovavansi ancora lontane, sarebbero stati essi incontanente assaliti e distrutti dai Perugini, da quelli di città di Castello e di Gubbio, che erano molto più forti dei Cortonesi: aggiungendo alle predette ragioni questa che, et Arretini non diligunt eos onde sperarne all’uopo un valido sostegno.
    I fatti corrisposero alle parole quando passò Arrigo VII da Cortona, dove fu con grand’onore accolto, e dove a lui giurarono i Cortonesi pubblicamente fedeltà, pregando quell’imperante di riceverli sotto il diretto dominio delle Camera imperiale riconoscendo lui qual vero, naturale e immediato signore dei Cortonesi e della terra e distretto di Cortona . Tale concessione fu da Arrigo VII accordata ai Cortonesi, siccome si deduce da un atto pubblico rogato il 6 settembre in Cortona davanti lo stesso imperatore, presenti molti suoi cortigiani e testimoni, nel numero dei quali eravi quel Guglielmo figlio di Uguccione Casali, che Arrigo VII nominò suo vicario in Cortona, rilasciando ai vescovi di Arezzo le giurisdizioni ecclesiastiche e demaniali.
    In quanto ai beni e diritti enfiteutici posseduti dalla chiesa aretina in Cortona e nel suo distretto, furono tutti dal vescovo Guido Tarlati con apposito contratto temporaneamente alienati al Comune di Cortona per l’annua somma di mille fiorini d’oro. Prima però che quell’enfiteusi terminasse, venne a saldare ogni partita, e il malaugurato pomo di discordia fra i due popoli nel 1325 fu diviso dal pontefice Giovanni XXII mediante l’erezione di Cortona in sede vescovile e in città.
    Liberati in tal guisa i Cortonesi da ogni soggezione verso gli Aretini, essi caddero ben resto sotto l’arbitrio della più potente famiglia di quella città (i Casali ), i di cui individui per sei generazioni,
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    dal 1325 sino al 1409, tennero dominio quasi assoluto con titolo di Vicarj generali e di signori in Cortona.
    Come tale infatti fu riconosciuto dalla Repubblica fiorentina quel Ranieri di Guglielmo de’Casali, col quale ai 10 agosto del 1332 fu conclusa una lega per 10 anni, obbligandosi egli di far guerra a piacere dei Fiorentini, eccetto che contro Perugia, Siena e Montepulciano. La quale alleanza fu confermata per un altro decennio col trattato firmato il dì 1 novembre 1339 a Lucignano fra i Perugini e i Fiorentini. – Sennonché si allontanò da tale amicizia il di lui successore Bartolommeo Casali, quantunque avesse firmato, li 9 marzo 1351, un trattato di lega per il tempo di 4 anni con la stessa Repubblica, onde gettarsi al partito dell’arcivescovo Visconti di Milano contrario ai Fiorentini, dai quali però il Casali fu riconosciuto in signore di Cortona alla pace di Sarzana del 1353.
    Ritornò sotto la protezione della Repubblica fiorentina il figlio di Bartolommeo Casali, Francesco IV signore di Cortona, il quale, all’occasione della pace conclusa nel 1370 fra la Repubblica predetta e Bernabò Visconti, fu solennemente vestito cavaliere nel palazzo della Signorìa di Firenze.
    A lui deve Cortona l’acquisto del territorio già costituente la Comunità di Val di Pierle, vendutogli dai conti Oddi di Perugia, cui l’alienarono i Visconti di Milano. Con eguale benevolenza del senato fiorentino fu trattato Ugguccione V signore di Cortona, accolto per un decennio (dal 1387 al 1397), e quindi, nel 1397, per altrettanto tempo dichiarato per raccomandato della Repubblica.
    Non meno dei precedenti fu onorato, il VI signore di Cortona Francesco Casali, cognato del famoso e potente Cocco Salimbeni di Siena, succeduto nel 1400 al zio Uguccione; a favore del quale non solo fu rinnovata la decennale accomandigia, ma decretata eziandio per un triennio un’onorevole provvisione.
    Allorché, nel 1407, fu estesa l’accomandigia a 20 anni a favore di Francesco Casali, vi fu compreso a sua istanza il nipote Luigi Battista.
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    Ma poco dopo da questo ingrato uomo il benefico zio fu barbaramente trucidato: e Luigi, ultimo rampollo di quella stirpe, restò dai Cortonesi in loro signore accettato, e dai Fiorentini dopo una seria lezione fattagli fare per bocca di Cristofano Spini e di Gino Capponi accolto in raccomandato.
    L’indole però del giovane Casali non soddisfece alla bisogna, poiché il Comune di Cortona, scotendo del governo di quel tiranno, tenne segrete pratiche per darsi alle truppe napoletane penetrate in Val di Chiana ai danni de Papa e dei Fiorentini. Infatti, nel di ultimo di giugno del 1409, l’esercito del re Ladislao occupò improvvisamente Cortona, dove fece prigioniero quel signore; che di là condotto in duro carcere a Napoli, poco appresso venne straziato ed estinto in sconto dei suoi domestici più che pubblici misfatti.
    Al principio dell’anno 1411 il re Ladislao firmò capitoli di pace con la Signoria di Firenze, alla quale vendé e consegnò per il prezzo di 60000 fiorini d’oro la città di Cortona, i castelli di Pierle e di Mercatale coi respettivi territorj.
    Il contratto della compra fu fatto nel cassero di Cortana li 18 gennajo di detto anno; e nello stesso giorno Tommaso Ardinghelli, uno dei dieci di balia di guerra, in nome della Repubblica fiorentina prese il possesso della città, siccome tre giorni appresso Jacopo de’Guasconi ricevé la consegna dei castelli di Pierle e di Mercatale.
    Dopo quest’epoca la città e distretto di Cortona fece parte del territorio della Repubblica fiorentina, alla quale i Cortonesi si mantennero costantemente fedeli, qualora si riguardi come un maneggio di partito la defezione del 1502, quando il duca Valentino era già penetrato con grosso esercito in Val di Chiana. Fu egualmente per scansare una sorte peggiore, che, nel 1529, i Cortonesi vennero a patti di redenzione con stranieri eserciti che entravano in Toscana dalla parte di Perugia per correre ai danni della Repubblica e della città di Firenze.
    Contuttoché il marchese del Vasto capitano
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    di quell’esercito fosse stato coi suoi spagnuoli nel primo assalto dal borgo di S. Vincenzo gagliardamente ributtato, pure non veggendosi i Cortonesi dai Fiorentini sufficientemente assistiti, ed essendo già abbattuta una parte dei muri di quel borgo dall’artiglieria, e l’oste non invilito, si dubitarono essi, a un secondo assalto, di andare miseramente a sacco. Però ai 17 settembre 1529 si liberarono da tali angustie, obbligandosi di pagare al generale di quell’esercito 20000 ducati, consegnandogli come statichi alcuni cittadini. Per soddisfare al quale impegno i Cortonesi ottennero dal pontefice Clemente VII un breve spedito da Bologna li 12 febbrajo 1230, col quale accordava al Comune di Cortona facoltà di vendere beni dello spedale della Misericordia e di altre confraternite laicali fino alla somma di scudi 7000, acciocché si pagasse il residuo dei 20000 scudi d’imposizione a Filiberto di Chalon principe d’Oranges. (ARCH. DIPL. FIOR. Com. di Cortona )
    Gli ultimi avvenimenti ostili, per cagione dei quali Cortona vide abbattere i suoi subborghi e restaurare il cerchio delle antiche sue mura, furono per la guerra di Siena; e rimonta a questa istessa epoca la ricostruzione della rocca nel punto più eminente del poggio di Cortona.
    Stabilimenti pubblici di Cortona . – Cortona sino al milletrecento annoverava tal numero di chiese, e di fraternite, che a stento si troverebbero altrettante nelle maggiori città.
    Essa aveva il suo palazzo pubblico sino dal secolo XII, restaurato o rifabbricato nel 1267; fondò il suo spedale maggiore nel 1286, benché di altri minori spedali, esistiti in Cortona innanzi quella età si trovi qualche rara memoria. Nel secolo XIV i Casali innalzarono il magnifico palazzo di loro residenza, restaurato due secoli dopo dal Granduca Cosimo I, che lo fece residenza del commissario, ora del vicario Regio di Cortona.
    Non dirò dei numerosi monasteri tanto di donne come di uomini che si contano costà sino dai tempi di S. Francesco, il quale raccolse in Cortona fra i suoi discepoli il
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    beato Guido Vagnottelli, il beato Vito, e Fra Elia Coppi proprietario dell’eremo delle Celle e fondatore, nel 1245, del convento di S. Francesco di Cortona e dell’annesso tempio, che restò compito, e fu consacrato nel 1374 die IV aprilis existente nobili Principe et Domino domino Francisco de Casalibus Vicario Imperiali Cortonae . Conserva questa chiesa, all’altare di S. Antonio, un dipinto d’Jacopo Cardi da Cigoli, e all’altare della Nunziata una tavola di Pietro Berrettini da Cortona.
    Non mancano quadri di buoni pennelli nella cattedrale di S. Maria, riedificata nel secolo XV a tre navate sostenute da dieci colonne di pietra serena con cappelle gentilizie e il maggior altare di fini marmi innalzato, nel 1520, per cura del cardinal Silvio Passerino che fece dipingere i vetri dal Marsilla e restaurò a sue spese la decrepita chiesa di S. Vincenzo, stata priorato dei benedettini di Arezzo, poi, dal 1326 al 1508, fatta cattedrale di Cortona.
    La chiesa di S. Domenico fuori della Porta di tal nome ha una tavola dipinta da Fra Angelico da Fiesole donata a quei frati nel 1440 da Cosimo de’Medici; quella di S. Antonio dei Padri Serviti possiede un basso rilievo di terra invetrata fatto da Luca della Robbia nel 1402. Pregevolissimo sopra ogn’altro dipinto è un quadro di Pietro Berrettini nella chiesa di S. Agostino, dove sono due altre buone tavole d’Jacopo da Empoli, e di Cristofano Allori.
    Ma tutti i sacri edifizj di Cortona cedono per eleganza e pregio architettonico alla chiesa di S. Maria del Calcinajo nel borgo di S. Vincenzo al suo luogo descritta: siccome per magnificenza e lusso sono tutti secondi al grandioso tempio di S. Margherita, situato nel punto più elevato della città. La qual chiesa non tanto è pregevole per marmi, bronzi e ricchezza di arredi, ma per merito e quantità di pitture che vi si ammirano del Cortonese Luca Signorelli, cui appartiene il quadro dell’altar maggiore; per quello che dipinse il
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    celebre Federigo Barocci nella cappella di S. Caterina, dirimpetto a quella della Concezione, che ha un quadro di Francesco Vanni di Siena; mentre in altro altare avvenne uno d’Jacopo da Empoli, per non dire di tante altre pitture di merito che adornano questo Santuario dei Cortonesi.
    Fra gli stabilimenti di pubblica istruzione Cortona possiede un seminario vescovile aumentato di scuole e di comodi dall’attual vescovo Ugolino Carlini, il collegio dei Padri Scolopi traslocati da S. Benedetto in S. Agostino, il conservatorio delle Salesiane, già Clarisse nel monastero di S. Girolamo, per l’educazione e istruzione delle fanciulle. Inoltre una scuola di disegno si va preparando in questa città, ricca di tanti capilavori e di tutte e tre le maniere usate da Luca Signorelli.
    Finalmente vi è un ben tenuto spedale con un monte di pietà. Il teatro è dentro il palazzo pretorio, e costà furono accolte due accademie letterarie, una delle quali sorta nel 1726 col titolo di Accademia delle antichità Etrusche, tenuta per lungo tempo in fiore da eruditi e valenti Cortonesi, che pubblicarono 9 volumi dei suoi atti, fornita di un museo e di una doviziosa biblioteca.
    Cortona fu in ogni tempo culla di uomini distinti in vario genere di dottrina.
    Per ingegno, grandezza d’animo e ascetiche virtù primeggiò fra la numerosa schiera di Francescani fra Elia Coppi autore del grandioso tempio di Assisi e di quello dei minori conventuali di Cortona.
    Per potenza e per politica Uguccione, Ranieri e Francesco Casali, i cardinali Egidio Boni e Silvio Passerini.
    Per dottrine scientifiche il naturalista abate Andrea Zucchini, e l’anatomico dottore Filippo Uccelli.
    Per erudizione, storia e filologia Francesco Baldelli, l’arciprete Bartolommeo Borghi, il cavaliere Onofrio Boni, il proposto Filippo Venuti, e il testé mancato cavaliere Giovanni Battista Baldelli, ec.
    Per merito in belle arti Luca Signorelli e Pietro Berrettini con molti altri buoni allievi loro concittadini, i quali ravvivarono la gloria della scuola pittorica Toscana.
    DIOCESI di CORTONA. – Allorché il
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    pontefice Giovanni XXII, con bolla del 19 giugno 1325, dichiarò Cortona città e sede vescovile dipendente dalla Sede apostolica, limitò la nuova diocesi al territorio dell’attuale Comunità di Cortona, staccando la maggior parte delle parrocchie dalla diocesi di Arezzo, e togliendo il restante ai vescovi di Chiusi e di Città di Castello.
    Apparteneva a quest’ultimo la porzione della montagna a levante e settentrione di Cortona; mentre era della diocesi di Chiusi il piviere di Cignano con una parte della contrada denominata tuttora il Chiuso di Cortona .
    All’epoca di tale smembramento volle il vescovo di Arezzo lasciare di sua giurisdizione due parrocchie poste nel confine con lo stato Pontificio, cioè la cura di Piazzano poco lungi da Pergo e la pieve del Borghetto sull’orlo del lago Trasimeno: entrambi le quali dipendono tuttora nello spirituale dal vescovo di Arezzo, sebbene l’una e l’altra siano sotto il governo di Perugia. Vi è tradizione che ciò facesse il prelato aretino per denotare sino dove arrivava la sua giurisdizione prima dell’istituzione del vescovato di Cortona.
    Per prima cattedrale di questa città fu dallo stesso pontefice assegnata la chiesa parrocchiale di S. Vincenzo nel borgo, traslocata poi nella pieve di S. Maria sotto il vescovo Giuseppe Capponi, il quale ottenne a tale oggetto dal pontefice Giulio II una bolla spedita li 15 giugno 1508.
    I vescovi abitarono sempre nella casa o piccolo palazzo annesso alla pieve di S. Maria servito prima di canonica agli arcipreti, restaurato nel 1520 dal cardinale Passerini, e ingrandito verso la metà del secolo XVIII dal vescovo Lodovico Seristori, il quale ultimo fondò pure il primo seminario nel borgo S. Vincenzo a S. Maria del Calcinajo. – Vedere CALCINAJO.
    La Diocesi di Cortona conta 50 parrocchie, fra le quali la cattedrale e 8 pievi.
    Molti dei 44 vescovi che hanno già seduto nella cattedra di Cortona, oltre l’attuale vescovo Ugolino Carlini, furono canonici della
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    metropolitana fiorentina, e varj di essi hanno tramandato il loro nome alla posterità. Sono di questo numero il cardinale Silvio Passerini, il certosino Fr. Leonardo Bonafede, Cosimo Minerbetti, Ranieri Guicciardini, Giuseppe Ippoliti e Matteo Concini, stato uno dei padri più eloquenti al S. Concilio di Trento.

    CORTONA nella Val di Chiana ( Cortona un dì Croton e Corytum ). Città illustre, di origine remotissima, una delle primarie dell'Etruria, caduta in bassa fortuna con la rovina del romano impero, pretesa e dominata qualche tempo dai vescovi di Arezzo; nel secolo XIV risorta a nuovo splendore, dopo aver perduto perfino il titolo di città, che riacquistò allorchè fu fatta sede di un vescovato immediatamente soggetto alla S. Sede, allorché divenne signoria di una potente famiglia Cortonese (i Casali ) che col titolo di vicarj imperiali dal 1325 al 1409 vi dominarono; e acquistata nel 1412 dalla Repubblica fiorentina, fu riunita al suo territorio. Attualmente residenza del suo vescovo, di un vicario Regio e capoluogo di estesa Comunità nel Compartimento di Arezzo.
    È posta sul fianco meridionale di un monte che propagasi dall’ Alta di S. Egidio , e stende la sua base sino al lago Trasimeno, mentre a grecale con le sue diramazioni si rivolge verso la riva destra del Tevere. Trovasi fra il grado 29° 29’ di longitudine e 43° 16’ 8” di latitudine circa mille braccia sopra il livello del mare, essendo a 1135 braccia il punto più elevato preso dal torrino della fortezza; 7 miglia toscane a settentrione-maestro del lago di Perugia, 28 miglia toscane a maestrale di detta città, 17 a scirocco di Arezzo, 22 miglia toscane a settentrione di Chiusi, e 18 a grecale di Montepulciano.
    Mediante la sua elevata posizione Cortona domina presso che tutta la valle percorsa dalle due Chiane, si specchia da lungi sui piccoli laghi di Montepulciano e di Chiusi, e più da vicino su quello assai più
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    vasto del Trasimeno o Perugino.
    La veduta dalla parte settentrionale è limitata dalla sommità del monte preaccennato, il quale ripara la città e le sue belle campagne dai venti boreali.
    A poche terre dell'Etruria fu attribuita un'origine cotanto remota, e di pochi paesi si favoleggiò al pari che della città di Cortona. Chi la disse fondata dai Pelasgi dopo espulsi dall’Etruria gli Umbri; chi la fece sede del re Tarconte; chi la suppose abitata dal re Dardano, che in memoria e in onore del di lui padre, Corito l’appellò. La quale città di Corito , stando alle parole dello storico Dionigi di Alicarnasso, non molto innanzi la sua età cambiò di nome, di leggi e di cittadini essendo divenuta romana colonia.
    Non dirò di quei scrittori di tempi troppo moderni, i quali fecero di Cortona l’ oppido di Colonia rammentato da Sesto Frontino all’occasione della ritirata dei Galli dal territorio di Chiusi, 528 anni dopo la formazione di Roma: avvegnaché si è di ciò detto abbastanza all’articolo COLONNA di BURIANO.
    Lungi pertanto dal tenere dietro a racconti troppo ipotetici, e a sole immagini di poeti, ci appiglieremo più volentieri a quel poco che resta dei monumenti scritti o figurati, onde assicurarci dell’importanza e lustro di questa città, dichiarata da T. Livio, all’anno 444 di Roma, fra le principali dell’Etruria, e sino d’allora fatta socia dei Romani, ai quali i Cortonesi si conservarono fedeli anche quando Annibale, pochi giorni innanzi la battaglia del Trasimeno, disertava le loro campagne.
    Che a Cortona in seguito fosse dedotta una romana colonia , lo asserisce, non tanto il prenominato Dionigi, ma Plinio il vecchio nella sua storia; e non sarebbe fuori di ogni probabilità il credere, che il nome di colonia , conservato a una delle antiche porte di Cortona, fosse derivato dalle possessioni che ivi tenevano i romani coloni, siccome nella stessa guisa potè acquistarlo la
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    perduta villa di Colonnata o Colonaria nel distretto Cortonese. – Vedere COLONARIA in Val di Chiana.
    All’epoca della Repubblica di Roma sono pure da riportarsi molti di quei bronzi, di quegl’ipogei, di quei tegoli e figuline di stile e carattere etrusco-romani scavati nell’agro Cortonese, o intorno al perimetro quadrilungo delle sue mura costruite senza cemento e a grandissimi poliedri di macigno, le quali ci lasciano quasi fuor di dubbio sulla loro remotissima origine, siccome tale sembra quella della così detta grotta di Pittagora nel suburbio meridionale.
    Ad eccezione di quei pochi cimeli, tutto ciò che riguarda la storia primitiva di questo paese, si nasconde nella caligine dei tempi, né tampoco si conoscono documenti che siano suscettibili a rischiarare le vicende municipali di Cortona nei primi dieci secoli dell’era volgare.
    Avvegachè non possiamo con asseveranza contestare, né tenere in gran conto un perduto diploma di Carlo Magno, nel quale si vuole che fosse rammentata Cortona tra i luoghi donati ai vescovi aretini; siccome è da tenersi in dubbio, se quella corte di Colonaria con la chiesa di S. Angelo donata da Carlo il Calvo a Giovanni vescovo aretino, possa applicarsi al paese in questione, per avere qualche fatto positivo che ci richiami alla memoria Cortona innanzi il mille.
    Non facendo caso di tutto ciò, il documento superstite del medioevo che rammenti la prima volta Cortona, dopo un lasso più lungo di secoli, consiste in un atto di donazione dell’anno 1008, col quale Elemberto vescovo di Arezzo, fra le molte sostanze da esso lui concesse in donazione alla badia di Prataglia, le assegnò anche cinque moggia di terreno a pastura compreso nel distretto di Cortona.
    Al qual proposito gioverà rammentare quanto fu già avvertito all’articolo CESA, relativamente alla situazione dei possessi di Elemberto, collocati quasi tutti in vicinanza di quelli che godevano nel contado aretino
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    e castellano i marchesi di Toscana autori di quelli di Petrella, e del Monte S. Maria; i quali sino dal mille tenevano corte in Cortona e in Arezzo, dove possedevano un palazzo sul punto più eminente della città sotto nome di castrum Marchionis .
    Lungi dall’entrare nella difficile palestra da tanti valenti uomini già campeggiata per sostenere o infirmare i diritti di signoria dei vescovi Aretini sopra la città di Cortona, noi ci contenteremo di accennare i fatti meno controversi relativamente alla storia civile ed ecclesiastica di cotesta nobilissima città.
    Tuttociò che è stato detto e scritto sulla condizione dei Cortonesi e della loro patria, dal tempo dell’invasione dei barbari in Italia sino al 1200, non ha ragioni né appoggi che valgano più di una semplice congettura. La storia speciale di Cortona incomincia a farsi strada dal secolo XIII.
    Nel 1202 trovasi un podestà a far ragione in Cortona a nome e per interesse della civica magistratura composta di consoli, di ottimati, ossia majores milites , cui succedevano i capi d’arte e mestieri, con un camarlingo e cancelliere.
    Sino dai primi anni di quel secolo il Comune di Cortona si occupò a sottomettere alla sua giurisdizione e a indurre ad abitare dentro la città molte famiglie nobili di contado, non esclusi i marchesi di Pierle coi loro consorti, i conti di Cegliolo , i signori di Pergo , di Poggoni , i Camaldolensi nel priorato di S. Egidio, ec. assegnando loro case, ovvero restaurando le abitazioni che essi già vi possedevano ( Registro vecchio di Cortona . Atti del 1210, 1212, 1214, 1217. ANNAL. CAMALD. all’anno 1223).
    Non solamente coi piccoli dinasti, ma ancora con le vicine città, i Cortonesi sino d’allora facevano alleanze e trattati di pace. Tale è quello rinnovato nel 1230 fra i comuni di Perugia e di Cortona, dove si rammenta l’antica amicizia fra i due popoli.
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    /> Ma la prova già solenne della crescente prosperità di Cortona, stà in un lodo pronunziato dagli arbitri nel dì 30 di maggio 1219, ad istanza dell’arciprete della pieve di Cortona e del priore della cura di S. Vincenzio, ad oggetto di fissare i confini fra le due parrocchie dentro e fuori delle mura di Cortona.
    Essendochè in quell’arbitrio, non solamente è descritta una parte della città di Cortona dal lato occidentale e meridionale, cioè fra la porta del Calle , ovvero di S. Maria , e la porta di S. Vincenzo , ora detta di S. Agostino , ma ancora fu ivi designato il perimetro delle nuove mura, che a quell’epoca costruivansi, ad aggetto di rinchiudere il subborgo di S. Vincenzo sino oltrepassata la porta di S. Maria, o del Calle .
    Reca nuova luce alla topografia di questa porzione di Cortona la pianta della stessa città, che inedita si conserva nella biblioteca Magliabechiana di Firenze, attribuita, non sò su qual fondamento, al cel. ingegnere Francesco Marchi. Chiunque fosse l’autore di quella mappa, giova essa non solo a confermare, ma a far conoscere la forma e il giro delle mura che racchiudevano i due borghi di Cortona, uno fuori di porta S. Domenico , e l’altro fuori di porta S. Vincenzo . Il primo dei quali, di forma triangolare, aveva la sua base appoggiata alle mura antiche della città con un torrione sopra l’angolo opposto per dove sortiva la strada che guida all’Ossaja; mentre il giro delle mura che chiudevano l’altro subborgo di S. Vincenzo partiva dal bastione orientale della porta S. Vincenzo, e di là girando a semicerchio attraversava la strada del borgo, dov’era un antiporto, a 500 passi in circa lungi dalla porta della città, alla quale dal lato di ponente le nuove mura assai d’appresso accostavansi. In seguito esse correvano quasi parallele all’antico cerchio passando davanti alla Porta
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    Bacarelli
    , ora chiusa, sino al bastione occidentale della porta S. Maria , ossia del Calle , dove cavalcava la strada di quel subborgo mediante un arco o antiporto difeso pur esso da una torre.
    Stando alla relazione del cronista cortonese Rinaldo Baldelli che fiorì verso la metà del secolo XVI, nel predetto borgo di S. Vincenzo erano a tempo suo più di 140 case, la chiesa del santo titolare, e il monastero delle monache di S. Michelangelo, recentemente distrutto.
    Nel borgo fuori di porta S. Domenico, già detta Porta Pecci Verandi , esistevano forse cento case, con la chiesa dei Domenicani, e quella di S. Maria degli Alemanni.
    Il borgo di S. Maria contava 50 fuochi col convento dei Servi di S. Maria e un antico monastero di donne che fu annesso alla chiesa di S. Margherita. «E mi ricordo (riporto le parole del Baldelli) che il detto borgo di S. Maria aveva una grande e magnifica porta, la quale aveva a lato una bella torre con un bel corridore e li due borghi di S. Vincenzo e S. Maria furono guasti per ordine del Granduca Cosimo I all’occasione della guerra di Siena.»
    Che la costruzione delle mura di questi due ultimi borghi non fosse ancora compita nell’anno 1219, si può dedurre dal lodo preaccennato, in cui si descrive il perimetro parrocchiale della pieve fra i seguenti confini: a porta S. Vincentii ad pedes muros antiquos ad portam de Calle, et a porta de Calle vadit, sive descendit ad Campum olim filiorum Guarnerii, et iterum revertitur da portam Novam infra muros novos FACTOS VEL FACTUROS etc.
    Quindi si nominano in quel lodo le case e i proprietarj delle medesime dentro i prescritti confini. Esse ascendevano allora a circa 200, fra le quali sono nominate le case dei figli Passerini , degli Orselli , dei nobili Berardini ,
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    dei figli d’Jacopo Garnerii dei Montanini , degli Allegretti , degli uomini del castello di Cignano , d’Ildebrandino di Mammi , de’Tancredi, la chiesa di S. Benedetto, e la cella che fu di Corbulo.
    Né a queste sole case e parrocchiani è da credere che si limitassero gli edifizj e gli abitati di Cortona, mentre nella parte più elevata del poggio verso levante esisteva sino d’allora la chiesa di S. Cristofano presso la rocca dove risedeva il cappellano, che fu uno dei due giudici i quali pronunziarono il lodo già citato.
    Intorno a questa età Cortona contava una casa per l’annona e il suo palazzo municipale. – Alla stessa epoca rimontano le prime guerre conosciute fra i Cortonesi e gli Aretini, mossi questi probabilmente dalle pretensioni che sino d’allora cominciarono ad affacciare i loro vescovi per la giurisdizione temporale di Cortona.
    Erano esacerbate le parti Guelfe o della Chiesa contro i seguaci dell’imperatore Federigo II, cui mostravansi ligj di cuore i Cortonesi, quando il guelfissimo vescovo di Arezzo Martino (verso il 1232) reclamava avanti il pontefice i suoi diritti, consuetudini e onori contro il potestà e popolo di Cortona, che a lui e alla chiesa Aretina dovevano, e troppo sconvenevolmente rinegavano .
    Tali furono a un dipresso le frasi adoperate da Gregorio IX nel breve spedito li 9 gennajo del 1234 al vescovo di Firenze, con l’ordine di rinnovare la scomunica del vescovo di Chiusi contro i Cortonesi stata un anno indietro fulminata.
    Non mancò il popolo di Cortona di reclamare contro tali misure davanti la Curia romana: a nome della quale, il 13 agosto 1235, pronunziò sentenza il cardinale Ottone creatura dello stesso Gregorio IX, confermando le censure e l’interdetto contro i Cortonesi, benchè questi non si arrendessero a tali minacce, già rese troppo comuni in quelle emergenze politico-religiose. Fu dopo la morte del vescovo promotore di tali scomuniche, quando
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    il potestà e capitano del Comune di Cortona con alcuni altri buonomini Cortonesi di parte Ghibellina, volendo terminare la lite che tuttora verteva fra il Comune di Cortona e il vescovo Marcellino successore di Martino, scesi nel prato della chiesa di S. Pietro a Cegliolo situato a piè del poggio di Cortona, promisero al vescovo di Arezzo ivi presente di non prestare giuramento alcuno di fedeltà al vicario dell’imperatore, e nominatamente a quel conte Tolomeo che si diceva nunzio a tal uopo costituito da Federigo II. Imperocchè il prelato asseriva di essere stato esso stesso investito nunzio per ricevere tali omaggi in nome di quel re, al quale avrebbe egli giurato obbedienza tanto per Cortona, tanto per altre terre del Vescovato aretino .
    Tale documento copiato dal suo originale nel registro vecchio di Cortona, e fatto di pubblici diritti dal Guazzesi nella sua dissertazione Dell’antico dominio del vescovo di Arezzo in Cortona , si disvela la ragione, per la quale quei vescovi esercitavano il dominio temporale sopra i Cortonesi, tutte le volte che il vescovo Marcellino si riguardava in qualità di vicario regio, siccome tali erano stati altre volte molti predecessori suoi nominati dai re d’Italia in conti, ossia governatori di Arezzo e del suo contado. – Vedere AREZZO, città.
    Fosse o nò vero l’asserto di Marcellino, il quale si sa che guerreggiò da capitano e che fu un acerrimo nemico di Federigo II, fatto è che i Cortonesi, o non credettero alle sue parole, o quelli che promisero obbedienza al vescovo di Arezzo erano del partito più debole che allora dominava in Cortona. Avvegnachè quella Signoria, nell’agosto dell’anno medesimo 1239, inviò ambasciatori in Perugia a perorare in pubblico consiglio il Senato di quegli antichi alleati, scongiurandoli a cooperare in maniera che il Comune e gli uomini di Cortona fossero assoluti dalle scomuniche ponteficie.
    Non erano perciò variate le circostanze, allorchè, sei mesi dopo il convegno
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    di Cegiolo, Federigo II capitò di passaggio (18 gennajo 1240 stile comune ) in Cortona, dove instituì in suo giudice ordinario Filippo Jacobi di Spoleto, cui succedè nel 1246 Bartolommeo Galgi da Lucca, e nel 1248 Ticcio da Colle, tutti potestà costituiti in Cortona ab imperiali celsitudine di Federigo II. Morto l’imperatore, e subentrato a Marcellino il famoso vescovo Guglielmo degli Ubertini, peggiorarono gli affari dei Cortonesi esposti al furore di quel vescovo; il quale, appena eletto, intimò contro loro un giudizio davanti Innocenzo IV. La somma della questione si raggirava sopra i seguenti diritti reclamati dall’Ubertini; cioè, super decima parte de salariis causarum et poenis maleficiorum, ac aliis juribus Episcopo Aretino exhibendis a Comuni praedicto, et de non recipiendo vel assumendo aliquem in rectorem ipsius Castri ( de Cortona) nisi quem Aretinus Episcopus nominandum duxerit, aut etiam eligendum.
    Ho qui riportato le espressioni della sentenza emanata in Perugia li 18 settembre 1252 dal cardinale Ottobono Fieschi nipote del papa, che aggiunse la minaccia ai Cortonesi, non aderendovi, di fulminare l’interdetto; siccome fu fulminato dopo il prescritto tempo dell’appello dal pievano di Val di Robiana della diocesi di Fiesole a ciò dal pontefice delegato.
    Se per altro non riescì ai Cortonesi di essere assoluti dalle censure contro essi scagliate durante i pontificati di Gregorio IX e d’Innocenzo IV, sembra che variassero le bisogna, e che ogni interdetto venisse tolto dal loro successore Alessandro IV. Avvegnachè questi nell’anno secondo del suo pontificato (18 agosto 1256) diresse una bolla da Anagni Dilectis filiis Potestati et Capitaneo de Cortona Aretinae Dioecesis , con la quale avvisa quei magistrati, che Guglialmo vescovo di Arezzo, sino dal 20 luglio p.p. aveva ammensato al monastero di S. Maria di Cortona, detto di Targia , ed egli pontefice, con bolla del 13 agosto detto, a favore di quelle monache aveva confermato lo spedale
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    di S. Giuliano di Boarco del distretto di Cortona, di proprietà della mensa aretina.
    Infatti, sotto il dì 12 settembre dello stesso anno 1256, il vescovo Guglielmo, stando nel palazzo della canonica di Arezzo diede l’investitura di detto spedale a Fra Ventura di Montanina familiare delle monache preaccennate. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del monastero di S. Chiara di Cortona ).
    Qualora a tali indizj solenni e inappellabili per dimostrare la buona armonia che, nel 1256, esistere doveva fra i Cortonesi e il papa, si aggiunga il compromesso del 26 settembre 1257, mercè cui il vescovo Ubertini destinò il suo fedele cappellano Cavalcante in procuratore per recarsi presso Alessandro IV e rimettere al giudizio del pontefice ogni vertenza fra il vescovo Aretino e il Comune di Cortona sopra i diritti, onori e giurisdizioni spirituali e temporali che il vescovo medesimo e la chiesa aretina habet vel habere potest in Cortona et ejus districtu , io credo che dopo tuttociò non vi sia luogo a domandare, a qual partito appartenessero i Cortonesi, allora quando divenuti essi alleati del Comune di Firenze nel 1258, furono sorpresi nella loro patria, barbaramente saccheggiati ed espulsi dall'oste aretina?
    Ne restò commosso lo stesso papa Alessandro IV, il quale, sentita la desolazione del monastero delle Clarisse di S. Maria, esistito sino allora dentro Cortona, e la dispersione di quelle monache, spedì loro da Viterbo, sotto li 3 ottobre 1258, una bolla, nella quale si leggono le espressioni seguenti: Sane dum amaram Castri Cortonae et monasterii vestri S. Mariae loci ejusdem desolationem pro animo cogitamus, dum insuetas et indebitas poenas exilii, quas miserabiliter sustinetis, flebili meditatione revolvimus, non possumus pro nimio compassionis affectu acriter non tristari …Per cui il pontefice, sentito il collegio dei cardinali, in luogo del monastero di S. Maria di Cortona, quod vos dimittere oportuit propter malitiam temporis impacati , assegnava a quelle raminghe donne
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    il monastero di S. Giuliano in Toscanella, togliendo di là un abate con un solo monaco dell'ordine benedettino che vi abitavano, e incorporanto al medesimo il monastero di S. Maria di Gavallione, situato esso pure in Toscanella, con prendere quelle monache o i loro beni sotto l’immediata protezione della Sede Apostolica. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte cit .).
    Ma poichè non tutti gli autori vanno d’accordo intorno al tempo preciso della repentina scalata data dagli Aretini alle mura di Cortona, gioverà rammentare le parole di Ricordano Malaspini, copiate da Giovanni Villani, con le quali è raccontato il fatto. Egli dice, che «negli anni di Cristo 1259 essendo potestà d’Arezzo un cittadino di Fiorenza degli Acoppi chiamati Rossi, questi menò gli Aretini di notte con iscale, e intrarono in Cortona ch’era fortissima: ma per malaguardia la perderono i Cortonesi, e gli Aretini disfeciono le mura e le fortezze, e feciongli loro suggetti. Onde i Fiorentini, i quali erano in lega con loro, furono molto crucciosi, e arrecaronsi che gli Aretini avessono loro rotta la pace . – E per la detta cagione i Fiorentini nel febbrajo vegnente andarono a oste a un castello del vescovo chiamato Gressa , forte con due cinte di mura: e quello per forza e per assedio, ebbonlo e disfecionlo. Era (allora) podestà di Fiorenza messer Danese de’Crivelli da Milano.» (MALESPINI, Istoria fior . cap. 160. – GIOV. VILLANI, Cronic . lib. VI, cap. 66 e 67).
    Concordi ai sunnominati due maestri della storia fiorentina, tanto rapporto all'epoca quanto rapporto alle circostanze, sono i loro seguaci Antonio Pucci , Melchiorre di Coppo Stefani , e Paolino Pieri fiorentini. Che se si eccettui la cronica di Simone della Tosa (cui il Manni attribuì a sbaglio l'anno 1258) tutti gli altri storici fiorentini hanno registrato la presa di Cortona sotto l’anno 1259, invece di riporla al febbrajo
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    del 1258, siccome realmente seguì.
    Al contrario degli scrittori Fiorentini l'avvenimento medesimo viene posto sotto l’anno 1258 e nel dì primo di febbrajo, tanto dal Registro vecchio della Comunità di Cortona, quanto ancora da quattro istrumenti esistenti nelle Riformagioni di Firenze; tre dei quali rogati nel palazzo comunitativo di Cortona, li 6 febbrajo del 1258 a nativitate ; e uno in Arezzo, li 9 luglio 1266.
    Il primo istrumento è una convenzione fatta 5 giorni dopo la conquista di Cortona, per la quale il vescovo Ubertini promise di dare al Comune di Arezzo 2000 lire dei beni della sua mensa per il massimo servigio di avergli prestato manforte nella conquista di quella terra contumace e ribelle al vescovo e chiesa aretina.
    Col secondo istrumento il vescovo Ubertini, volendo corrispondere al pagamento delle 2000 lire di sopra promesse, alienò al Comune di Arezzo il poggio di Cortona dove era la rocca di Gerfalco e i suoi contorni, dalla Porta Montanina fino alla Porta di Castellonchio , compreso il terreno situato fra la chiesa di Marzano e la rocca di sopra, con le sue adiacenze come luoghi di pertinenza del Vescovado, e più un’altro spazio dentro Cortona a scelta del Comune di Arezzo, perché i conquistatori vi edificassero una nuova fortezza. Gli rilasciò ancora la quarta parte di ogni giurisdizione temporale e altri diritti della chiesa Aretina, tanto per l’investitura del potestà di Cortona, quanto del giudice di appello e di altri ufiziali ec. con il diritto di ritirare la decima parte delle entrate comunitative, della caratura e passaggio da pagarsi alle porte di Cortona.
    Finalmente col terzo contratto il predetto mitrato rinunziò ai diletti figli suoi, popolo ed uomini di Arezzo, a nome de medesimo vescovado , le residuali tre parti della preaccennata giurisdizione e di tutti gli altri diritti sopra il poggio di
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    Cortona. (LORENZO GUAZZESI, Dell’antico dominio del vesc. di Arezzo ).
    Se tante e sì spesso ripetute furono le prove d’intelligenza scambievole e di fervida amicizia fra Guglielmino e i suoi diletti figli Aretini nell’invasione di Cortona, dove il vescovo, con atto del 25 febbrajo 1258 elesse in arciprete della pieve di Cortona il suo fedele agente Cavalcante, già canonico di Prato; come si potrà conciliare tutto ciò con la scomunica in quell’anno medesimo del saccheggio fulminata contro coloro che distrussero Cortona? Come mettere in armonia la bolla di Alessandro IV, diretta li 3 ottobre 1258 alle monache disperse dal loro claustro, con il guelfismo abbracciato da quegli Aretini che unironsi ai fuoriusciti Cortonesi per abbattere la ghibellina Cortona?
    Tale almeno ci fanno apparire quella gente che, Anno Domini 1258, in Kalendis februarii Guelfi exitii de Cortona cum auxilio partis Guelfae de Aritio coeperunt Cortonam . (REGISTRO VECCHIO di CORTONA).
    Io temo che tutto al contrario andasse la bisogna, e che la miglior parte dei Cortonesi, visto lo scempio fatto dall’oste Ghibellina protettrice e seguace del vescovo Guglielmino, abbandonasse in massa i patrii lari e cercasse asilo e ospitalità altrove. Essi infatti la trovarono e l’ottennero generosamente dai loro amici Perugini. I quali ultimi con istrumento, rogato li 8 agosto 1258 davanti la pieve de’ Confini , assegnarono a 448 cittadini olim de Cortona il castello di Castiglion Chiusino , ossia del Lago, con le abitazioni dentro e fuori delle mura castellane, esclusa la rocca, e inoltre un’estensione di territorio determinato dai seguenti confini; cioè, dalle Chiane al Lago Perugino , dal fiume Tresa al Fossato del Pantano ; e questo territorio da potersi lavorare, e usufruttuare dai fuoriusciti Cortonesi per il tempo di due anni da decorrere dalle calende del susseguente mese di maggio ec. (FIL. ANGELLIERI ALTICOZZI, Risposta Apologetica ec.)
    La cattiva fortuna
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    dei Cortonesi del 1258 fu quasi preludio di miglior sorte nei tempi successivi.
    Conciosiachè gli usciti Cortonesi furono contemplati nel trattato di pace concluso nella badia al Pino, li 20 aprile 1261, fra il vescovo Guglielmino Ubertini e il Comune di Cortona; a condizione che dentro lo spazio di due mesi i ribanditi promettessero e ratificassero quel trattato. La somma dei quali patti si riduceva a riconoscere in superiore temporale il vescovo e la chiesa aretina, a ricevere per potestà un Aretino scelto dal vescovo da una lista di sei candidati nominati dai Cortonesi, purchè il potestà esercitasse il suo uficio secondo la forma e modo ivi dichiarato, con che egli si conformasse agli statuti di Cortona; mentre i Cortonesi promettevano di pagare al vescovo Aretino la decima parte di tutti i salarj de’maleficj. Finalmente si obbligavano i Cortonesi alla restituzione dei beni tolti alla mensa vescovile, come pure di aggiungere allo statuto comunitativo un capitolo riguardante la conservazione dei possessi della mansa vescovile e dell’ecclesiastica libertà.
    In virtù del riferito atto di concordia è credibile che i Cortonesi esuli ritornassero ad abitare in patria, dove fu eletto per potestà di quell’anno Oddo Oddi di famiglia Perugina, sebbene ascritto sin d’allora fra gli ottimati Cortonesi e forse anco fra quelli di Arezzo.
    Quindi non fa maraviglia di trovare nell’anno e nel tempo stesso in Cortona due potestà, uno dei quali di nomina del vescovo di Arezzo, l’altro per la Grazia di Dio potestà del Comune.
    Una provisione del 3 luglio 1261 del Comune di Cortona manifesta l’ordine e forma della magistratura, come anche le contrade, dalle quali si estraevano i rappresentanti.
    Consisteva la magistratura civica in due consigli, uno di Credenza e l’altro generale. Il primo si componeva allora di 20 individui eletti fra gli ottimati dai Terzi della città; 7 dei quali appartenevano al Terzo
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    di S. Maria , 7 al Terzo di S. Marco ; 6 a quello di S. Vincenzo .
    Il consiglio generale era formato di altri 100 cittadini e artisti; 12 dei quali appartenevano alla contrada detta di Porta S. Cristofano (forse quella oggi detta Montanina ); 13. alla Porta Beraldi , attualmente murata; 25. alla Porta Pecciverandi (ora detta di S. Domenico ); 17. alla Porta S. Vincenzo (adesso S. Agostino ); 13. alla Porta S. Maria (già del Calle ); e 20. alla Porta Cologna , o Colonia , tuttora esistente.
    Con quest’ordine civile i Cortonesi, dopo il 1261, ritornarono a rialzare gli edifizj pubblici stati guasti o abbattuti, fra i quali la torre con la sua campana e il palazzo pubblico; mentre le famiglie più potenti costruivano le loro abitazioni tanto dentro che fuori la città a guisa di altrettante piccole fortezze difese da alti torrioni per prepararsi a migliore difesa in caso di nuove ostilità di nemici interni ed estranei.
    Coincide a questo tempo la zecca dei denari bianchi e della moneta cortonese, accettata in commercio e nominata nei contratti di varj luoghi della Toscana, a partire dal 1262 sino almeno al 1380.
    Questo diritto di regalìa riservato al sovrano, è stato tema di lunga discussione fra gli eruditi, benché la maggior parte di loro sia di parere, che la zecca di Cortona fosse di dritto e proprietà del vescovo di Arezzo suo signore.
    La più forte ragione è basata sul diploma concesso nel 1196 da Arrigo VI al vescovo della chiesa aretina, in cui si trova confermato il privilegio accodato dall’imperatore Arrigo II, dove è specificato il diritto di potere coniare moneta in loco sui Episcopatus, servata omni legalitate in materia, et valore, secundum quod ex concessione antecessorum nostrorum
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    noscitur habuisse.
    Concorre eziandio ad avvalorare tale opinione la qualità della moneta cortonese consimile a quella dei denari bianchi , che all’epoca medesima coniavansi in Arezzo, e l’impronta della medesima moneta cortonese che ha la figura di un mitrato col nome intorno S. Vincentius P ., mentre si sa che i Cortonesi presero per loro protettore l’evangelista S. Marco, siccome ne fa fede, fra le altre prove, un sigillo di quel tempo con il leone alato contornato dalle parole : Sis Tutor Cortonae, Sis semper Marce Patrone.
    Il primo indizio che si abbia della zecca e dei signori della moneta di Cortona, è un’istrumento della cattedrale di Arezzo fatto, sotto il dì 1 di ottobre del 1262, in Cortona in platea juxta domum olim Fratum Minorum, in qua D. Guillielmus Episcopus Aretinus morabatur.
    La qual casa de’frati si convertì nel palazzo del vescovo Ubertini; siccome meglio rilevasi da altra scrittura dell’anno 1264, dove si dichiara quella casa essere stata del famoso fra Elia.
    È un atto d’investitura della pieve di Castiglion Aretino (ora Fiorentino) data dal vescovo Guglielmino al suo nipote e chierico Uberto dei Pazzi, sopracchiamato da Giovanni Villani lo Spievanato , la quale investitura seguì in Cortona, in domo Episcopi Aretini, quae quondam fuit fratris Eliae.
    Era quella stessa casa de’ Frati Minori , dove il camarlingo del Comune di Cortona, nell’aprile del 1263, si recò per pagare al vescovo la quota che gli spettava dei denari percetti dalle calende di gennajo fino all’aprile, per i diritti ad esso dovuti dai Cortonesi; la qual somma si riduceva a soli 25 soldi e 3 denari.
    Ma seguitando il corso degli avvenimenti politici, 5 anni dopo il ritorno degli usciti in Cortona, il registro vecchio di essa città possiede il rogito di un trattato di pace fra i Cortonesi e gli Aretini, stipulato in Arezzo li
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    9 luglio 1266. Da quell’atto apparisce essere accadute dal 1261 al 1266 altre ostilità fra le parti avverse (al che forse avrà dato luogo la venuta del re Carlo d’Angiò nell’Italia), mentre ivi si parla di condonare i danni e le ruberie fatte o ricevute nell’assedio, presa e distruzione che i Cortonesi fecero della rocca di Cortona quam arcem fecerunt vel fieri fecerunt Aretini ; espressioni che ci richiamano al contratto del 6 febbrajo 1258, dove si tratta di assegnare agli aretini un terreno da destinarsi per l’erezione di una nuova rocca in Cortona, in luogo diverso dalla superiore fortezza. Con quest’ultimo trattato di pace promisero le parti di non imporre alcun dazio, di togliere ogni pedaggio o altra colletta che fosse a danno di uno dei due Comuni, di non accettare né proteggere delinquenti stati banditi da uno dei due territorj. Parimenti fu detto di tenere per nulli i patti e le obbligazioni fatte fra i Ghibellini dell’uno e dell’altro paese, come pure fra la parte Guelfa di Arezzo e quella di Cortona.
    Inoltre i sindaci di Cortona promisero di fare in maniera che i Cortonesi eleggessero ogni anno per potestà un cittadino di Arezzo o del suo contado con dargli per salario almeno 200 lire l’anno.
    Dall’altra parte gli Aretini si obbligavano di rilasciare al Comune e uomini di Cortona tutti quei diritti, possessioni e usi esistenti in tempo che Cortona fu presa, e sei mesi innanzi quam capta fuit; idest, anno Domini a Nativitate 1258. Indictione I, die Kalendarum mensis februarii; salvis pactis factis inter Commune Arretii et Cortonae tempore praesentis concordiae . Il distretto territoriale di Cortona viene ivi designato fra i seguenti confini; cioè, a Cretillis (forse il termine ora detto di Cetille o Cretille in Valle Dame verso Città di Castello) usque ad medias Clanas, et a rivo Porcarii usque ad Lacum, et a Fossato Campi
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    Gelati, qui venit ad pedem Populonichi et Contalenae, et mittit in Nestorem usque ad Lacum.
    Di tal maniera si comportò con la parte Guelfa il partito Ghibellino, il quale ultimo sino al 1266 sembra che dominasse in Cortona e in Arezzo, rappattumandosi con i fuoriusciti mediante il prenominato trattato, cui precedé una consimile transazione fra i Ghibellini di Arezzo e i Guelfi ritornati in patria. (GUAZZESI, Opera cit .).
    Tali documenti pertanto ci fanno palese che in Cortona, al pari che in Arezzo e in molte altre città dell’Italia, esistevano allora i due partiti Guelfo e Ghibellino; l’ultimo de’quali ebbe maggior forza e tenne signorìa, segnatamente dall’epoca della vittoria di Monteaperto sino a che alla sconfitta di Benevento del 1266 i Ghibellini, seppure non furono essi dal reggimento delle città espulsi, pensarono a moderare la loro rabbia con accordi favorevoli alla contraria vittoriosa fazione.
    Pure non stettero lunga pezza i Cortonesi in quiete col loro vescovo Guglielmino, nonostante che s’ignori la cagione che mosse questi a sentenziare scomunica contro il potestà, i magistrati e il Comune di Cortona, sentenza che egli stesso poco dopo revocò (luglio 1277) nel suo palazzo di Cortona.
    La disfatta di Campaldino (anno 1289), accompagnata dalla morte di quel prelato capitano dei Ghibellini di Arezzo, dové recare sollievo ai Cortonesi: sebbene la loro storia possa dirsi quasi muta dal 1277 sino alla venuta di Arrigo VII in Toscana, eccettuati da tale periodo pochi aneddoti: come quello di trovare in Cortona li 27 marzo 1295 Ildebrandino vescovo di Arezzo; nel 13 luglio 1304 il cardinale Fr. Niccolò da Prato legato apostolico inviato in Toscana per rappacificare i discordi partiti; nel settembre del 1306, e nel giugno del 1308, per lo stesso motivo il cardinale Napoleone Orsini.
    Il documento storico capace a indicare sotto quale stendardo militasse la Signorìa di Cortona, e quale animo gli Aretini verso di lei nutricassero al momento che Arrigo VII era per entrare
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    con il suo esercito in Toscana, lo palesa nella sua relazione il vescovo di Butrintò delegato di quel re, dove egli racconta di essersi portato a Castiglion Aretino, i di cui abitanti prestarono obbedienza ad nutum all’imperatore, e di là salito a Cortona vi fu molto onorato dagli abitanti, sed aperte, vocato populo, ( ipsi ) jurare noluerunt , quantunque per mezzo del sindaco in segreto lo avessero fatto. Quindi citati si scusarono col messo regio, adducendo per ragione, che se ciò avessero fatto mentre le armate imperiali trovavansi ancora lontane, sarebbero stati essi incontanente assaliti e distrutti dai Perugini, da quelli di città di Castello e di Gubbio, che erano molto più forti dei Cortonesi: aggiungendo alle predette ragioni questa che, et Arretini non diligunt eos onde sperarne all’uopo un valido sostegno.
    I fatti corrisposero alle parole quando passò Arrigo VII da Cortona, dove fu con grand’onore accolto, e dove a lui giurarono i Cortonesi pubblicamente fedeltà, pregando quell’imperante di riceverli sotto il diretto dominio delle Camera imperiale riconoscendo lui qual vero, naturale e immediato signore dei Cortonesi e della terra e distretto di Cortona . Tale concessione fu da Arrigo VII accordata ai Cortonesi, siccome si deduce da un atto pubblico rogato il 6 settembre in Cortona davanti lo stesso imperatore, presenti molti suoi cortigiani e testimoni, nel numero dei quali eravi quel Guglielmo figlio di Uguccione Casali, che Arrigo VII nominò suo vicario in Cortona, rilasciando ai vescovi di Arezzo le giurisdizioni ecclesiastiche e demaniali.
    In quanto ai beni e diritti enfiteutici posseduti dalla chiesa aretina in Cortona e nel suo distretto, furono tutti dal vescovo Guido Tarlati con apposito contratto temporaneamente alienati al Comune di Cortona per l’annua somma di mille fiorini d’oro. Prima però che quell’enfiteusi terminasse, venne a saldare ogni partita, e il malaugurato pomo di discordia fra i due popoli nel 1325 fu diviso dal pontefice Giovanni XXII
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    mediante l’erezione di Cortona in sede vescovile e in città.
    Liberati in tal guisa i Cortonesi da ogni soggezione verso gli Aretini, essi caddero ben resto sotto l’arbitrio della più potente famiglia di quella città (i Casali ), i di cui individui per sei generazioni, dal 1325 sino al 1409, tennero dominio quasi assoluto con titolo di Vicarj generali e di signori in Cortona.
    Come tale infatti fu riconosciuto dalla Repubblica fiorentina quel Ranieri di Guglielmo de’Casali, col quale ai 10 agosto del 1332 fu conclusa una lega per 10 anni, obbligandosi egli di far guerra a piacere dei Fiorentini, eccetto che contro Perugia, Siena e Montepulciano. La quale alleanza fu confermata per un altro decennio col trattato firmato il dì 1 novembre 1339 a Lucignano fra i Perugini e i Fiorentini. – Sennonché si allontanò da tale amicizia il di lui successore Bartolommeo Casali, quantunque avesse firmato, li 9 marzo 1351, un trattato di lega per il tempo di 4 anni con la stessa Repubblica, onde gettarsi al partito dell’arcivescovo Visconti di Milano contrario ai Fiorentini, dai quali però il Casali fu riconosciuto in signore di Cortona alla pace di Sarzana del 1353.
    Ritornò sotto la protezione della Repubblica fiorentina il figlio di Bartolommeo Casali, Francesco IV signore di Cortona, il quale, all’occasione della pace conclusa nel 1370 fra la Repubblica predetta e Bernabò Visconti, fu solennemente vestito cavaliere nel palazzo della Signorìa di Firenze.
    A lui deve Cortona l’acquisto del territorio già costituente la Comunità di Val di Pierle, vendutogli dai conti Oddi di Perugia, cui l’alienarono i Visconti di Milano. Con eguale benevolenza del senato fiorentino fu trattato Ugguccione V signore di Cortona, accolto per un decennio (dal 1387 al 1397), e quindi, nel 1397, per altrettanto tempo dichiarato per raccomandato della Repubblica.
    Non meno dei precedenti fu onorato, il VI signore di Cortona Francesco Casali, cognato del famoso e potente Cocco Salimbeni di Siena, succeduto nel 1400
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    al zio Uguccione; a favore del quale non solo fu rinnovata la decennale accomandigia, ma decretata eziandio per un triennio un’onorevole provvisione.
    Allorché, nel 1407, fu estesa l’accomandigia a 20 anni a favore di Francesco Casali, vi fu compreso a sua istanza il nipote Luigi Battista. Ma poco dopo da questo ingrato uomo il benefico zio fu barbaramente trucidato: e Luigi, ultimo rampollo di quella stirpe, restò dai Cortonesi in loro signore accettato, e dai Fiorentini dopo una seria lezione fattagli fare per bocca di Cristofano Spini e di Gino Capponi accolto in raccomandato.
    L’indole però del giovane Casali non soddisfece alla bisogna, poiché il Comune di Cortona, scotendo del governo di quel tiranno, tenne segrete pratiche per darsi alle truppe napoletane penetrate in Val di Chiana ai danni de Papa e dei Fiorentini. Infatti, nel di ultimo di giugno del 1409, l’esercito del re Ladislao occupò improvvisamente Cortona, dove fece prigioniero quel signore; che di là condotto in duro carcere a Napoli, poco appresso venne straziato ed estinto in sconto dei suoi domestici più che pubblici misfatti.
    Al principio dell’anno 1411 il re Ladislao firmò capitoli di pace con la Signoria di Firenze, alla quale vendé e consegnò per il prezzo di 60000 fiorini d’oro la città di Cortona, i castelli di Pierle e di Mercatale coi respettivi territorj.
    Il contratto della compra fu fatto nel cassero di Cortana li 18 gennajo di detto anno; e nello stesso giorno Tommaso Ardinghelli, uno dei dieci di balia di guerra, in nome della Repubblica fiorentina prese il possesso della città, siccome tre giorni appresso Jacopo de’Guasconi ricevé la consegna dei castelli di Pierle e di Mercatale.
    Dopo quest’epoca la città e distretto di Cortona fece parte del territorio della Repubblica fiorentina, alla quale i Cortonesi si mantennero costantemente fedeli, qualora si riguardi come un maneggio di partito la defezione del 1502, quando il duca Valentino era già penetrato con grosso esercito in Val
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    di Chiana. Fu egualmente per scansare una sorte peggiore, che, nel 1529, i Cortonesi vennero a patti di redenzione con stranieri eserciti che entravano in Toscana dalla parte di Perugia per correre ai danni della Repubblica e della città di Firenze.
    Contuttoché il marchese del Vasto capitano di quell’esercito fosse stato coi suoi spagnuoli nel primo assalto dal borgo di S. Vincenzo gagliardamente ributtato, pure non veggendosi i Cortonesi dai Fiorentini sufficientemente assistiti, ed essendo già abbattuta una parte dei muri di quel borgo dall’artiglieria, e l’oste non invilito, si dubitarono essi, a un secondo assalto, di andare miseramente a sacco. Però ai 17 settembre 1529 si liberarono da tali angustie, obbligandosi di pagare al generale di quell’esercito 20000 ducati, consegnandogli come statichi alcuni cittadini. Per soddisfare al quale impegno i Cortonesi ottennero dal pontefice Clemente VII un breve spedito da Bologna li 12 febbrajo 1230, col quale accordava al Comune di Cortona facoltà di vendere beni dello spedale della Misericordia e di altre confraternite laicali fino alla somma di scudi 7000, acciocché si pagasse il residuo dei 20000 scudi d’imposizione a Filiberto di Chalon principe d’Oranges. (ARCH. DIPL. FIOR. Com. di Cortona )
    Gli ultimi avvenimenti ostili, per cagione dei quali Cortona vide abbattere i suoi subborghi e restaurare il cerchio delle antiche sue mura, furono per la guerra di Siena; e rimonta a questa istessa epoca la ricostruzione della rocca nel punto più eminente del poggio di Cortona.
    Stabilimenti pubblici di Cortona . – Cortona sino al milletrecento annoverava tal numero di chiese, e di fraternite, che a stento si troverebbero altrettante nelle maggiori città.
    Essa aveva il suo palazzo pubblico sino dal secolo XII, restaurato o rifabbricato nel 1267; fondò il suo spedale maggiore nel 1286, benché di altri minori spedali, esistiti in Cortona innanzi quella età si trovi qualche rara memoria. Nel secolo XIV i Casali innalzarono il magnifico palazzo di loro residenza, restaurato due secoli dopo dal
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    Granduca Cosimo I, che lo fece residenza del commissario, ora del vicario Regio di Cortona.
    Non dirò dei numerosi monasteri tanto di donne come di uomini che si contano costà sino dai tempi di S. Francesco, il quale raccolse in Cortona fra i suoi discepoli il beato Guido Vagnottelli, il beato Vito, e Fra Elia Coppi proprietario dell’eremo delle Celle e fondatore, nel 1245, del convento di S. Francesco di Cortona e dell’annesso tempio, che restò compito, e fu consacrato nel 1374 die IV aprilis existente nobili Principe et Domino domino Francisco de Casalibus Vicario Imperiali Cortonae . Conserva questa chiesa, all’altare di S. Antonio, un dipinto d’Jacopo Cardi da Cigoli, e all’altare della Nunziata una tavola di Pietro Berrettini da Cortona.
    Non mancano quadri di buoni pennelli nella cattedrale di S. Maria, riedificata nel secolo XV a tre navate sostenute da dieci colonne di pietra serena con cappelle gentilizie e il maggior altare di fini marmi innalzato, nel 1520, per cura del cardinal Silvio Passerino che fece dipingere i vetri dal Marsilla e restaurò a sue spese la decrepita chiesa di S. Vincenzo, stata priorato dei benedettini di Arezzo, poi, dal 1326 al 1508, fatta cattedrale di Cortona.
    La chiesa di S. Domenico fuori della Porta di tal nome ha una tavola dipinta da Fra Angelico da Fiesole donata a quei frati nel 1440 da Cosimo de’Medici; quella di S. Antonio dei Padri Serviti possiede un basso rilievo di terra invetrata fatto da Luca della Robbia nel 1402. Pregevolissimo sopra ogn’altro dipinto è un quadro di Pietro Berrettini nella chiesa di S. Agostino, dove sono due altre buone tavole d’Jacopo da Empoli, e di Cristofano Allori.
    Ma tutti i sacri edifizj di Cortona cedono per eleganza e pregio architettonico alla chiesa di S. Maria del Calcinajo nel borgo di S. Vincenzo al suo luogo descritta: siccome per magnificenza e lusso sono tutti secondi al grandioso tempio di S. Margherita, situato
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    nel punto più elevato della città. La qual chiesa non tanto è pregevole per marmi, bronzi e ricchezza di arredi, ma per merito e quantità di pitture che vi si ammirano del Cortonese Luca Signorelli, cui appartiene il quadro dell’altar maggiore; per quello che dipinse il celebre Federigo Barocci nella cappella di S. Caterina, dirimpetto a quella della Concezione, che ha un quadro di Francesco Vanni di Siena; mentre in altro altare avvenne uno d’Jacopo da Empoli, per non dire di tante altre pitture di merito che adornano questo Santuario dei Cortonesi.
    Fra gli stabilimenti di pubblica istruzione Cortona possiede un seminario vescovile aumentato di scuole e di comodi dall’attual vescovo Ugolino Carlini, il collegio dei Padri Scolopi traslocati da S. Benedetto in S. Agostino, il conservatorio delle Salesiane, già Clarisse nel monastero di S. Girolamo, per l’educazione e istruzione delle fanciulle. Inoltre una scuola di disegno si va preparando in questa città, ricca di tanti capilavori e di tutte e tre le maniere usate da Luca Signorelli.
    Finalmente vi è un ben tenuto spedale con un monte di pietà. Il teatro è dentro il palazzo pretorio, e costà furono accolte due accademie letterarie, una delle quali sorta nel 1726 col titolo di Accademia delle antichità Etrusche, tenuta per lungo tempo in fiore da eruditi e valenti Cortonesi, che pubblicarono 9 volumi dei suoi atti, fornita di un museo e di una doviziosa biblioteca.
    Cortona fu in ogni tempo culla di uomini distinti in vario genere di dottrina.
    Per ingegno, grandezza d’animo e ascetiche virtù primeggiò fra la numerosa schiera di Francescani fra Elia Coppi autore del grandioso tempio di Assisi e di quello dei minori conventuali di Cortona.
    Per potenza e per politica Uguccione, Ranieri e Francesco Casali, i cardinali Egidio Boni e Silvio Passerini.
    Per dottrine scientifiche il naturalista abate Andrea Zucchini, e l’anatomico dottore Filippo Uccelli.
    Per erudizione, storia e filologia Francesco Baldelli, l’arciprete Bartolommeo Borghi, il cavaliere Onofrio
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    Boni, il proposto Filippo Venuti, e il testé mancato cavaliere Giovanni Battista Baldelli, ec.
    Per merito in belle arti Luca Signorelli e Pietro Berrettini con molti altri buoni allievi loro concittadini, i quali ravvivarono la gloria della scuola pittorica Toscana.
    DIOCESI di CORTONA. – Allorché il pontefice Giovanni XXII, con bolla del 19 giugno 1325, dichiarò Cortona città e sede vescovile dipendente dalla Sede apostolica, limitò la nuova diocesi al territorio dell’attuale Comunità di Cortona, staccando la maggior parte delle parrocchie dalla diocesi di Arezzo, e togliendo il restante ai vescovi di Chiusi e di Città di Castello.
    Apparteneva a quest’ultimo la porzione della montagna a levante e settentrione di Cortona; mentre era della diocesi di Chiusi il piviere di Cignano con una parte della contrada denominata tuttora il Chiuso di Cortona .
    All’epoca di tale smembramento volle il vescovo di Arezzo lasciare di sua giurisdizione due parrocchie poste nel confine con lo stato Pontificio, cioè la cura di Piazzano poco lungi da Pergo e la pieve del Borghetto sull’orlo del lago Trasimeno: entrambi le quali dipendono tuttora nello spirituale dal vescovo di Arezzo, sebbene l’una e l’altra siano sotto il governo di Perugia. Vi è tradizione che ciò facesse il prelato aretino per denotare sino dove arrivava la sua giurisdizione prima dell’istituzione del vescovato di Cortona.
    Per prima cattedrale di questa città fu dallo stesso pontefice assegnata la chiesa parrocchiale di S. Vincenzo nel borgo, traslocata poi nella pieve di S. Maria sotto il vescovo Giuseppe Capponi, il quale ottenne a tale oggetto dal pontefice Giulio II una bolla spedita li 15 giugno 1508.
    I vescovi abitarono sempre nella casa o piccolo palazzo annesso alla pieve di S. Maria servito prima di canonica agli arcipreti, restaurato nel 1520 dal cardinale Passerini, e ingrandito verso la metà del secolo XVIII dal vescovo Lodovico Seristori, il quale ultimo fondò pure il primo seminario nel borgo S. Vincenzo a
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    S. Maria del Calcinajo. – Vedere CALCINAJO.
    La Diocesi di Cortona conta 50 parrocchie, fra le quali la cattedrale e 8 pievi.
    Molti dei 44 vescovi che hanno già seduto nella cattedra di Cortona, oltre l’attuale vescovo Ugolino Carlini, furono canonici della metropolitana fiorentina, e varj di essi hanno tramandato il loro nome alla posterità. Sono di questo numero il cardinale Silvio Passerini, il certosino Fr. Leonardo Bonafede, Cosimo Minerbetti, Ranieri Guicciardini, Giuseppe Ippoliti e Matteo Concini, stato uno dei padri più eloquenti al S. Concilio di Trento.
    COMUNITA’di CORTONA. – Il distretto comunitativo di Cortona occupa una superficie di 100201 quadrati, 3057 dei quali sono presi da corsi di acqua e da pubbliche strade. Vi si trova una popolazione di 22275 individui, a ragione di 184 abitanti per ogni miglio quadrato di suolo sottoposto all’imposizione fondiaria.
    Confina con 11 Comunità, 6 delle quali comprese nel Granducato, e 5 nella Legazione di Perugia dello Stato Pontificio.
    A partire dalla Valle Tiberina lungo il fiume Nestore nella direzione di settentrione a maestro confina con la Comunità di Arezzo rimontando contr’acqua il Nestore per circa due miglia, sino a che sul dorso dell’ Alta di S. Egidio incontra sulla riva sinistra del fiume medesimo la Comunità di Castiglion Fioretino, con la quale s’innoltra nel fosso di Rignana , influente alla destra del Nestore sino al giogo della montagna. Giunta sulla cima della medesima il territorio di Cortona riscende verso libeccio lungo la via comunitativa che viene da Val di Chio, la quale lescia al borro di Negoli o di Mezzavia per attraversare la strada Regia perugina, e di là, seguitando la stessa direzione, s’incammina verso il canale di Montecchio e quindi nella Chiana. Il Canal maestro di questo fiume divide verso ponente le Comunità di Fojano, di Asinalunga e di Torrita da quella di Cortona, alle quali subentra la Comunità di Montepulciano.
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    Con quest’ultima seguita il corso del Canale dal rio delle Chianacce sino davanti alla chiesa di Fasciano, dove il territorio di Montepulciano oltrepassa alla destra della Chiana e spinge la Comunità di Cortona, dietro il poggio di Valiano. Costà il territorio cortonese, piegando a scirocco, trova lo Stato Pontificio, avendo di fronte da primo la Comunità perugina di Castiglion del Lago sino al Borghetto, dove sottentra sulla gronda del Lago Trasimeno l’altra Comunità perugina di Tuoro; con la quale piegando a levante passa per la dogana dei Due Termini , attraversa la strada postale di Perugia davanti la chiesa di Terentola, e arriva alla sponda sinistra del torrente Esse , dove questo fa gomito e cambia direzione da ostro a ponente. Costà, volta faccia da levante a ostro per varcare il poggio detto della Rocca (di Pierle), al di là del quale incontra l’altra Comunità perugina di Lisciano, attraversando il marchesato di Sorbello. Serve ivi di termine costantemente dal lato di scirocco il torrente Nicone , mediante il quale trovasi pure a confine l’altra Comunità pontificia della Fratta sino al fosso del Montaccio . Costà il territorio cortonese abbandona il torrente Nicone e la Comunità della Fratta per incamminarsi, di conserva con la Comunità di Citta di Castello, sul poggio di Nerano mediante il fosso del Montaccio . Superato il quale volta faccia da greco a ponente-maestro e ritorna a S. Donnino in Val di Pierle, dove rivolge il cammino verso maestro varcando la schiena dei poggi di Monte Maggio per scendere nel torrente Seano , il di cui corso seconda per il tragitto di circa un miglio e poi attraversa non molto discosto dalla dogana di Petriolo , al di là della quale cavalca il torrente Minimella , e quindi il poggio di Valle Dame rasentando l’antico termine di Cretille
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    , per scendere nel vallone percorso dal fiume Nestore. Quivi ripiega da greco a maestro per rimontare la ripa destra del Nestore sino presso alla dogana di Ansena , dove dopo una frontiera di circa 11 miglia toscane lascia la Comunità pontificia di Città di Castello, e ritorna a contatto con quella di Arezzo.
    Fra i maggiori corsi d’acqua che attraversano, o che rasentano il territorio di Cortona, si contano, a settentrione il fiume Nestore, a ponente la Chiana, a ostro i torrenti Mucchia , l’ Esse cortonese, e il rio di Loreto , a levante il Nicone , il Seano , e la Minimella .
    La strada regia postale di Perugia attraversa da maestro a scirocco il piano di questa Comunità per il cammino di circa 7 miglia toscane. Due sono le vie provinciali, una che da Cortona conduce al ponte di Valiano, dove attesta con la Regia Lauretana , e l’altra detta la Traversa da Cortona a Fojano , la quale scende da Cortona per porta S. Agostino a Camuscia, e di là innoltrandosi per il Chiuso di Cortona, passa da Monsigliolo e da Farneta finché giunge sulla Chiana ai ponti di Cortona, dove si unisce alla Via Longitudinale .
    Sono comunitative rotabili le strade che percorrono il piano lungo il canal maestro della Chiana; i tronchi di Farneta alle Chianacce, da Crete in Chiana, da S. Eusebio alla Fratticiuola, da Cortona alle Contesse , e la strada attualmente in costruzione che attraversa il poggio di Montanare per condurre in Val di Pierle.
    Il punto più elevato dei monti Cortonesi sta sull’ Alta di S. Egidio , la di cui sommità, al luogo della Croce , fu calcolata dal Padre Inghirami a 1790,6 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo. È desso
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    il monte più meridionale del contrafforte che al Bastione del Trivio diramasi dalla catena centrale dell’Appennino per separare le valli superiori dell’Arno e della Chiana dalla Val Tiberina.
    Già si è detto, all’articolo Alta di S. Egidio , qual sia la natura del terreno di questa montagna, consistente per la massima parte in strati di arenaria schistosa, fra i quali trovasene di tal grana e qualità da eguagliare la pietra di Fiesole. Simile roccia di rado alterna con strati di alberese, e più spesso con lo schisto marnoso.
    Al contrario i poggi che all’oriente di Cortona fiancheggiano la vallecola del Nicone, e che scendono da quello di Montanare in Val di Pierle, consistono per la maggior parte di calcarea compatta consimile a quella che affacciasi intorno al lembo del lago Trasimeno e nella collina stessa su cui risiede Castiglion del Lago. La qual roccia racchiude molti grossi frammenti di fossili vegetabili e animali.
    Dal detrito delle soprannominate tre rocce stratiformi vien formato il terreno vegetabile e quello di alluvione che cuopre le vallecole inferiori, le colline e le piagge intorno alla città; le quali presentano all’occhio di chi sale a Cortona, la prospettiva di una variata, amenissima campagna, irrigata da copiose acque perenni, sparsa di case coloniche e di ville signorili in mezzo a numerosi filari di viti e di olivi, non lungi da selve e da estesissimi campi di cereali e di artificiali praterie.
    La terra nel poggio è sostenuta da spessi muri, e da ciglioni erbosi, disposti a gradinate a guisa di podio che circonda un grande anfiteatro naturale e magnifico, come è quello della Valle di Chiana.
    L’olio e vino di questa contrada, che contasi fra i buoni della Toscana, costituiscono i principali prodotti agrarj della Comunità, sebbene le granaglie e i gelsi abbondino nella parte più fertile e pianeggiante che dalla strada Regia perugina si dirige in
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    Chiana, e verso il lago Trasimeno.
    Non esistono in Cortona manifatture, oltre quelle di prima necessità e comuni a tutti i paesi; fra le quali potrebbe distinguersi un lanificio, se migliorasse il suo tessuto in un paese che abbonda di buone lane, e una fabbrica di majoliche posta nel suburbio di Cortona alla villa di Catrosso .
    Con motuproprio del 29 settembre 1774, relativo all’organizzazione amministrativa della Comunità di Cortona, fu riunita in un solo corpo l’antica Comunità di Cortona con quella di Val di Pierle. La prima dividevasi in tre Camperìe , o Terzi della Città, 1. Camperìa di S. Maria ; 2. di S. Marco ; 3. di S. Vincenzo , mentre l’agro Cortonese veniva ripartito in tre Dipartimenti, cioè il Dipartimento del Piano con 18 ville; il Dipartimento del Chiuso con 11 ville; il Dipartimento di Montagna con 13 ville.
    L’antica Comunità di Val di Pierle si divideva nel Terzo di Pierle ; nel Terzo di Mercatale , e nel Terzo di Danciano .
    Si tiene ogni sabato un mercato di gran concorso a Cortona con 7 fiere annue, tre delle quali nel capoluogo, una nel lunedì dopo l’Ascensione, una nel 16 agosto, e la terza nel martedì dopo la seconda domenica di ottobre. Le altre 4 fiere hanno luogo nel territorio, cioè una a Mercatale per l’Epifania, e tre a Sorbello nei giorni 25 maggio, 24 giugno, e 36 settembre.
    La Città mantiene per servizio del pubblico due medici condotti e tre chirurghi, oltre un comodo e ben tenuto Spedale per i poveri e un Monte dei presti.
    Risiedono in Cortona il vescovo e il vicario Regio. Questo ha la giurisdizione civile e criminale in tutto il circondario della Comunità, e dipende rapporto alla polizia dal commissario Regio
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    di Arezzo. Vi si trova la cancelleria comunitativa, l’ingegnere di Circondario, e l’ufizio di esazione del Registro. La conservazione dell’Ipoteche e la Ruota sono in Arezzo.

    POPOLAZIONE della Comunità e Diocesi di CORTONA a tre epoche diverse

    - nome del luogo: Acquaviva e Valle Dame, titolo della chiesa: S. Pietro a Dame (Cura), abitanti nel 1551: n° 311, abitanti nel 1745: n° 141, abitanti nel 1833: n° 311
    - nome del luogo: Bocena al Rio di Loreto, titolo della chiesa: SS. Cristofano e Martino (Cura), abitanti nel 1551: n° 657, abitanti nel 1745: n° 173, abitanti nel 1833: n° 356
    - nome del luogo: Borgonuovo, titolo della chiesa: S. Emiliano (Cura), abitanti nel 1551: n° 137, abitanti nel 1745: n° 126, abitanti nel 1833: n° 189
    - nome del luogo: Burcinella, titolo della chiesa: S. Caterina (Cura), abitanti nel 1551: n° -, abitanti nel 1745: n° 232, abitanti nel 1833: n° 505
    - nome del luogo: Villa di Cantalena, titolo della chiesa: SS. Agata e Michele (Prioria), abitanti nel 1551: n° 128, abitanti nel 1745: n° 198, abitanti nel 1833: n° 226
    - nome del luogo: Casale, titolo della chiesa: SS. Biagio e Giusto (Cura), abitanti nel 1551: n° 244, abitanti nel 1745: n° 207, abitanti nel 1833: n° 240
    - nome del luogo: Cegliolo, titolo della chiesa: S. Eusebio (Pieve), abitanti nel 1551 (con S. Pietro e S. Maria degli Angeli a Cegliolo): n° 755, abitanti nel 1745: n° 273, abitanti nel 1833: n° 548
    - nome del luogo: Cegliolo, titolo della chiesa: S. Pietro e
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    S. Maria degli Angeli (Cura), abitanti nel 1551 (con S. Eusebio a Cegliolo): n° 755, abitanti nel 1745: n° 456, abitanti nel 1833: n° 610
    - nome del luogo: Villa di Centoja, titolo della chiesa: S. Cristofano (Cura), abitanti nel 1551: n° 132, abitanti nel 1745: n° 214, abitanti nel 1833: n° 320
    - nome del luogo: Cignano, titolo della chiesa: S. Niccolò (Pieve), abitanti nel 1551: n° 306, abitanti nel 1745: n° 393, abitanti nel 1833: n° 552
    - nome del luogo: CORTONA città e borghi, titolo della chiesa: Cattedrale con altre 6 parrocchie, abitanti nel 1551: n° 5222, abitanti nel 1745: n° 3703, abitanti nel 1833: n° 5036
    - nome del luogo: Crete, titolo della chiesa: SS. Potito e Ippolito (Rettoria), abitanti nel 1551: n° 114, abitanti nel 1745: n° 173, abitanti nel 1833: n° 404
    - nome del luogo: Falzano, titolo della chiesa: S. Maria (Pieve), abitanti nel 1551: n° 216, abitanti nel 1745: n° 182, abitanti nel 1833: n° 196
    - nome del luogo: Farneta, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Prioria, già Badia), abitanti nel 1551: n° 471, abitanti nel 1745: n° 445, abitanti nel 1833: n° 868
    - nome del luogo: Fasciano, titolo della chiesa: S. Biagio (Pieve), abitanti nel 1551: n° 247, abitanti nel 1745: n° 96, abitanti nel 1833: n° 170
    - nome del luogo: Villa della Fratta, titolo della chiesa: S. Agata (Cura), abitanti nel 1551: n° 154, abitanti nel 1745: n° 270, abitanti nel 1833: n° 591
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    nome del luogo: Fratticciuola e Cerreto, titolo della chiesa: S. Giusto (Cura), abitanti nel 1551: n° 210, abitanti nel 1745: n° 295, abitanti nel 1833: n° 305
    - nome del luogo: Gabbiano, titolo della chiesa: S. Firmina (Cura), abitanti nel 1551: n° 114, abitanti nel 1745: n° 130, abitanti nel 1833: n° 192
    - nome del luogo: Mitigliano, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), abitanti nel 1551 (con S. Angelo a Mitigliano) : n° 349, abitanti nel 1745: n° 86, abitanti nel 1833: n° 116
    - nome del luogo: Mitigliano, titolo della chiesa: S. Angelo (Cura), abitanti nel 1551 (con S. Maria a Mitigliano) : n° 349, abitanti nel 1745: n° 279, abitanti nel 1833: n° 371
    - nome del luogo: Monsigliolo, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), abitanti nel 1551: n° 256, abitanti nel 1745: n° 255, abitanti nel 1833: n° 433
    - nome del luogo: Montalla, titolo della chiesa: S. Giovanni Evangelista (Cura), abitanti nel 1551: n° 377, abitanti nel 1745: n° 266, abitanti nel 1833: n° 347
    - nome del luogo: Montanare, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), abitanti nel 1551: n° 145, abitanti nel 1745: n° 312, abitanti nel 1833: n° 496
    - nome del luogo: Montecchio del Loto , titolo della chiesa: SS. Cristofano e Giliberto (Pieve), abitanti nel 1551: n° 342, abitanti nel 1745: n° 484, abitanti nel 1833: n° 990
    - nome del luogo: Nerano, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), abitanti nel 1551: n° -, abitanti nel 1745:
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    n° -, abitanti nel 1833: n° 125
    - nome del luogo: Villa di Ossaja, titolo della chiesa: SS. Cristofano e Biagio (Prioria), abitanti nel 1551: n° 426, abitanti nel 1745: n° 383, abitanti nel 1833: n° 712
    - nome del luogo: Pergo, titolo della chiesa: SS. Bartolommeo e Pietro (Prioria), abitanti nel 1551: n° 487, abitanti nel 1745: n° 395, abitanti nel 1833: n° 578
    - nome del luogo: Pierle e Val di Vico, titolo della chiesa: S. Biagio e S. Donato (Cura), abitanti nel 1551: n° 271, abitanti nel 1745: n° 295, abitanti nel 1833: n° 498
    - nome del luogo: Pietraja in Pian di bacialla, titolo della chiesa: S. Leopoldo (Cura), abitanti nel 1551: n° 563, abitanti nel 1745: n° -, abitanti nel 1833: n° 360
    - nome del luogo: Villa di Poggioni, titolo della chiesa: S. Marco (Pieve), abitanti nel 1551: n° 137, abitanti nel 1745: n° 306, abitanti nel 1833: n° 321
    - nome del luogo: Ronzano, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), abitanti nel 1551: n° 124, abitanti nel 1745: n° 149, abitanti nel 1833: n° 245
    - nome del luogo: Rufignano, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Prioria), abitanti nel 1551: n° 154, abitanti nel 1745: n° 155, abitanti nel 1833: n° 193
    - nome del luogo: Salcotto, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), abitanti nel 1551: n° 194, abitanti nel 1745: n° 335, abitanti nel 1833: n° 427
    - nome del luogo: Seano, titolo della chiesa: S. Lucia (Cura), abitanti nel 1551:
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    n° 148, abitanti nel 1745: n° 113, abitanti nel 1833: n° 266
    - nome del luogo: Sepoltaglia, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), abitanti nel 1551: n° 352, abitanti nel 1745: n° 194, abitanti nel 1833: n° 336
    - nome del luogo: Terontola, titolo della chiesa: S. Giovanni Evangelista (Pieve), abitanti nel 1551: n° 320, abitanti nel 1745: n° 318, abitanti nel 1833: n° 717
    - nome del luogo: Teverina e Valle Dame, titolo della chiesa: SS. Bartolommeo e Andrea (Cura), abitanti nel 1551: n° 188, abitanti nel 1745: n° 296, abitanti nel 1833: n° 318
    - nome del luogo: Tornia, titolo della chiesa: S. Giovanni Evangelista (Cura), abitanti nel 1551: n° 119, abitanti nel 1745: n° 200, abitanti nel 1833: n° 187
    - nome del luogo: Torreone e Guglielmesca, titolo della chiesa: S. Carlo (Cura), abitanti nel 1551: n° -, abitanti nel 1745: n° 438, abitanti nel 1833: n° 412
    - nome del luogo: Vaglie, titolo della chiesa: S. Cristofano (Cura), abitanti nel 1551: n° 96, abitanti nel 1745: n° 120, abitanti nel 1833: n° 142
    - nome del luogo: Val di Pierle, titolo della chiesa: S. Donnino (Pieve), abitanti nel 1551: n° 270, abitanti nel 1745: n° 331, abitanti nel 1833: n° 830
    - nome del luogo: Valecchie, titolo della chiesa: SS. Filippo e Giacomo (Cura), abitanti nel 1551: n° 301, abitanti nel 1745: n° 182, abitanti nel 1833: n° 270
    - nome del luogo: S. Marco in Villa, titolo della chiesa: S. Marco in Villa (Cura),
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    abitanti nel 1551: n° 534, abitanti nel 1745: n° 393, abitanti nel 1833: n° 524

    - totale abitanti nel 1551: n° 15371
    - totale abitanti nel 1745: n° 13988

    Frazioni di popolazioni provenienti da parrocchie situate nello Stato Pontificio
    , abitanti nel 1833: n° 442

    - Totale abitanti nel 1833: n° 22275

    CORTONA CittA’. – Si aggiunga. – Rispetto ai diversi pareri sull'origine di Cortona, vi fu ancora chi pensò essere stata cotesta Cortona, non già il Corito degli antichi, ma un'altra città etrusca appellata Cere ossia Agilla.
    All'Articolo dove si racconta il fatto de' fuorusciti Cortonesi che con l'ajuto di quelli di parte Guelfa di Arezzo al primo febbrajo del 1258 presero la città di Cortona, si aggiunga: Giovanni Villani nella sua Cronica ( Lib. V. cap. 61) narrò «che mentre nell' anno 1255 il conte Guido Guerra mandavasi dai Fiorentini in ajuto degli Orvietani alla testa di 500 cavalieri, egli passando con detta gente da Arezzo, senza volontà ne mandato del Comune di Firenze, cacciò quelli della città suddetta; ma gli Aretini essendo in pace coi Fiorentini, questi ultimi si recarono ad oste sotto Arezzo, e tanto vi stettero che ebbono la terra al loro comandamento, e rimisonvi i Ghibellini».
    Ed in fine dell' Articolo Cortona, discorrendo di una tavola dipinta, al dire del Vasari, da Fra Angelico da Fiesole, donata nel 1440 da Cosimo Medici il Vecchio ai Frati del convento di S. Domenico, si aggiunga che quella tavola situata ora nel coro di quel tempio fuori della Porta S. Domenico, è creduta da Carlo Pini di Siena lavoro di Lorenzo di Niccolò da Firenze. Essa rappresenta l’ incoronazione di Nostra Donna circondata da una gloria di Angioli e da diversi Santi al di sotto con più una iscrizione del tempo, che dice:
    Chosimo et
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    Lorenzo dei Medici da
    Firenze ano data questa Tavola ai Frati di S. Domenico dell’ Osservanza da Chor tona per l’anima loro e de’ loro passati. MCCCCXXXX.
    Il nome poi del pittore, se non della stessa tavola, almeno del sottoposto grado dell'altare, nel 1841 fu scoperto dal predetto Pini che lo trovò segnato a piccole lettere nel grado sottostante ove in uno spartito rappresentante l'adorazione de' Magi si legge: Laurentius Nicholai me pinxit, probabilmente colui che dipinse nel 1401 il trittico di S. Bartolommeo esistente nella sagrestia della collegiata di San Gimignano, nel quale fu letto dallo stesso Pini il nome di Laurentius Nicholai de Florentia in lettere di oro sul lembo del manto di quel S. Apostolo. – Vedere San Gimignano.
    Al quadro della popolazione della Comunità di Cortona nel 1833 manca quello, della cura di S. Andrea a Pereto che contava 264 da doversi aggiungere al suo totale di abitanti 22275. – Nel 1845 poi la Comunità stessa contava 23322 Abitanti distribuiti come appresso:

    Acquaviva (Villa di), Abitanti N.° 310
    Borgo nuovo, Abitanti N.° 219
    Burcinell, Abitanti N.° 574
    Calcinajo, Abitanti N.° 778
    Cantalena, Abitanti N.° 277
    Casale, Abitanti N.° 254
    Cegliolo (Pieve), Abitanti N.° 590
    Cegliolo (S. Pietro), Abitanti N.° 621
    Cignano, Abitanti N.° 578
    Cortona (Cattedrale), Abitanti N.° 1464
    Cortona (S. Andrea), Abitanti N.° 983
    Cortona (S. Cristofano), Abitanti N.° 337
    Cortona (S. Maria Nuova), Abitanti N.° 370
    Cortona (S. Domenico), Abitanti N.° 415
    Cortona (SS. Trinità), Abitanti N.°
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    615
    Cortona (Spedale della Misericordia), Abitanti N.° 41
    Crete, (S. Potito), Abitanti N.° 459
    Falfano, Abitanti N.° 260
    Farneta, Abitanti N.° 902
    Fasciano, Abitanti N.° 188
    Fralticciola, Abitanti N.° 319
    Gabbiano, Abitanti N.° 170
    Mitigliano (S. Maria), Abitanti N.° 143
    Mitigliano (S. Michele), Abitanti N.°  360
    Monsigliolo, Abitanti N.° 407
    Montalla, Abitanti N.° 341
    Montanare, Abitanti N.° 584
    Montecchio dei Luto , Abitanti N.°  1002
    Nerano, Abitanti N.° 156
    Ossaja, Abitanti N.° 732
    Pereto, Abitanti N.° 124
    Pergo, Abitanti N.°  506
    Pierle e Val di Vico, Abitanti N.° 500
    Pietraja, Abitanti N.° 371
    Poggioni, Abitanti N.° 411
    Rio di Loreto , Abitanti N.° 363
    Ronzano, Abitanti N.°  281
    Ruffignano, Abitanti N.° 206
    Salcotto, Abitanti N.° 452
    Seano, Abitanti N.° 289
    Sepoltaglia, Abitanti N.° ERRATA : 352) 353
    Terontola, Abitanti N.°  713
    Teverina, Abitanti N.° 342
    Tornia, Abitanti N.° 230
    Torreone, Abitanti N.° 446
    Vaglie, Abitanti N.° 146
    Val di Pierle, Abitanti N.° 584
    Vecchie, Abitanti N.° 281
    Villa (S. Marco in), Abitanti N.° 562
    Villa di Cintoja, Abitanti N.°  334
    Villa della Fratta, Abitanti N.°
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    692

    Dalle Parrocchie Estere

    di Bibbiana, Abitanti N.° 92
    di Leoncini, Abitanti N.° 143
    di Mercatale di Pierle, Abitanti N.° ( ERRATA : 273) 272
    di Reschio, Abitanti N.°  40
    TOTALE Abitanti N.° 23322


    VESCOVATI DELLA TOSCANA. – Nella Toscana cisappennina della presente Opera contansi attualmente 22 Vescovati e quattro Arcivescovati; dieci dei quali Vescovati esistevano sino dalla prima età di Giovanni Villani. Tali sono le diocesi di Arezzo, di Chiusi, di Fiesole , di Roselle (Grosseto), di Luni (Sarzana) di Pistoja, di Populonia (Massa Marittima) di Soana, di Volterra e di Brugnato. – Spettano ai 12 Vescovati più moderni quelli di Cortona, di Montepulciano, di Pienza, di Montalcino, di Colle, di Prato, di Sansepolcro, di Sanminiato, di Pescia, di Pontremoli, di Livorno e di Massa Ducale. – Delle 22 diocesi tre sono rette dai vescovi delle diocesi vicine più antiche, come sarebbe il vescovo di Chiusi che regge la chiesa di Pienza; quello di Pistoja che è parimente vescovo di Prato, e l'altro di Luni Sarzana che ora è diocesane di Brugnato.
    Sono suffraganei dell'arcivescovo di Firenze i vescovi di Fiesole, di Pistoja e Prato, di Colle, di Sanminiato e di Sansepolcro. – L' arcivescovo e primate di Pisa è anche metropolitano delle diocesi di Livorno e
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    di Pontremoli. – Sono suffraganei dell' arcivescovo di Siena quelli di Chiusi e Pienza, di Grosseto, di Massa Marittima e di Soana; e di corto fu dato per suffraganeo all' Arcivescovo di Lucca il vescovo di Massa Ducale; mentre quello di Brugnato, innanzi l'unione della sua diocesi all'antica di Luni Sarzana, era suffraganeo dell'arcivescovo di Genova.
    Dipendono immediatamente dalla S. Sede i Vescovi di Arezzo, di Volterra, di Luni Sarzana , di Cortona, di Montalcino, di Montepulciano, e di Pescia. – Vedere l'Articolo ARCIVESCOVATI della Toscana Granducale.
    Entrano poi nella Romagna Granducale quattro diocesi dello Stato Pontificio, cioè, quelle di Bertinoro, ili Faenza, di Forlì e di Sarsina, l’ultima delle quali per l'amministrazione ecclesiastica è stata affidata di corto al vescovo di Bertinoro.


    ZECCHE DIVERSE della Toscana. – Le Zecche più antiche della Toscana sono quelle di Lucca, di Pisa e di Firenze. Le prime due incominciarono a coniare lire, soldi e denari di argento e di oro fino dai tempi Longobardi, quella però di Firenze fu posteriore allo stabilimento della sua repubblica. Ignazio Orsini, per lasciare di tanti altri scrittori, ha occupato un intiero libro per riportare i vari conj col nome de' zecchieri sotto la repubblica fiorentina, a partire dal 1252, epoca in cui Firenze cominciò a battere la buona moneta del fiorino d’ oro. Infatti debbesi ai Fiorentini la gloria di essere stati i primi a ristabilire in Italia il conio delle monete pure di oro abbandonato per lungo tempo dalle altre città. Di epoca quasi contemporanea, ma sul declinare del secolo XII sono le
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    Zecche delle città di Siena, di Volterra e di Arezzo, cui succederono le lire Cortones.i Tratto con criterio delle prime il Sig. Giuseppe Porri in un bel Saggio sulla Zecca sanese pubblicato nel 1844; disertò sulle seconde il ch. Pagnini nella sua Opera della Decima, e discorsero della terza il Cav. Guazzesi e di recente il Dott. Antonio Fabroni, mentre versò sulle monete di Cortona il cortonese Alticozzi in un capitolo della sua Lettera apologetica al libro dell’ antico Dominio del Vescovo di Areno in Cortona.
    Di breve durata fu la Zecca di Massa Marittima, e dubbie mi sembrano le monete attribuite alle città di Pistoja e di Chiusi.
    Le Zecche più recenti della Toscana sono quelle de' marchesi Malaspina di Fosdinovo e de' marchesi Cybo Malaspina di Massa di Carrara, la prima instituita o piuttosto ripristinata nel 1666, ed ora soppressa; la seconda aperta in Massa nel 1550, e tuttora esistente al pari di quelle di Lucca, di Firenze e di Pisa, l' ultima delle quali trovasi riunita alla Zecca di Firenze. Tutte le altre sono state da lunga mano inibite, oppure soppresse.


    VIA DELLE VALLESI, ossia STRADA DA SIENA A CORTONA. – Staccasi dalla Via Regia di Arezzo a Siena presso al Ponte di Grillo , dirigesi per Armajolo e Rapolano verso il poggio di Rigomagno, passando nella gola detta delle Vallesi insieme alla fiumana Foenna , la cui ripa destra percorre finché l’attraversa fra le Terre di Asinalunga e di Fojano per trapassare il Canal Maestro della Chiana sui Ponti di Cortona onde avviarsi per Farneta e per Montecchio Loti a Camuscia, dove trova dopo quasi 29 miglia la Via Regia postale
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    Romana che viene da Arezzo.

    Alla VIA DELLE VALLESI deve leggersi, cammina insieme alla Foenna , la cui ripa sinistra passa sotto Lucignano, ed entra in Fojano per poi trapassare il Canal Maestro della Chiana onde avviarsi per Farneta e Montecchio Loti a Camuscia sulla strada R. postale Romana che attraversa per salire a Cortona.
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Localizzazione
ID: 1673
N. scheda: 18850
Volume: 1; 5; 6S
Pagina: 811 - 824; 705, 733; 838 - 839; 82, 273
Riferimenti: 9100, 63580
Toponimo IGM: Cortona
Comune: CORTONA
Provincia: AR
Quadrante IGM: 122-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1742338, 4795719
WGS 1984: 11.98732, 43.27686
UTM (32N): 742402, 4795894
Denominazione: Cortona - Vescovati della Toscana (Cortona) - Via delle Vallesi, Strada da Siena a Cortona - Zecche Diverse (Cortona)
Popolo: (S. Vincenzo in S. Maria delle Grazie al Calcinajo) S. Maria a Cortona
Piviere: (S. Vincenzo in S. Maria delle Grazie al Calcinajo) S. Maria a Cortona
Comunità: Cortona
Giurisdizione: Cortona
Diocesi: Cortona
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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