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Decimo, Diecimo - Serchio, Auser - Valle del Serchio - Valle Centrale del Serchio

 

(Diecimo - Fiume Serchio)

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    DECIMO, ora DIECIMO nella Valle del Serchio. Lungo borgo con pieve (S. Maria Assunta) nella Comunità Giurisdizione e circa 2 miglia a libeccio del Borgo a Mozzano, Diocesi e Ducato di Lucca, da cui è 10 miglia a nord.
    É posto sulla destra ripa del Serchio attraversato dalla strada rotabile che percorre la sponda stessa di quel fiume, quasi di fronte al nuovo ponte di pietra concia che attraversava il Serchio, e circa due miglia più basso di quello angustissimo e curvatissimo, denominato della
    Maddalena.
    Il castello di Decimo sino all’anno 941 fu donato dal marchese Oberto figlio del re Ugo a Currado vescovo di Lucca: ai di cui successori lo stesso castello venne confermato dalla contessa Matilde nel 1078, da Ottone IV nel 1209 e da Carlo IV nel 1355.
    Che tali privilegj non bastassero ad esentare i vescovi lucchesi da alcuni tributi verso gli eredi degli antichi signori di Decimo e di altri luoghi di quella contrada, lo fa conoscere il registro Vaticano di Cencio Camerario, nel quale sono notate tutte le corti, masse, castelli, o terre appartenute alla contessa Matilde, della cui casa la corte di Roma chiamossi erede. Nel quale registro venne segnalata anche la
    Terra di Decimo e le ville in Roggio, in Convalle e in Tempagnana, luoghi tutti del piviere di Decimo.
    La pieve di S. Maria Assunta a Diecimo nel secolo XIII contava per suffraganee 18 succursali, parte delle quali furono posteriormente aggregate ad altre limitrofe pievi.
    Le antiche filiali della chiesa matrice di Diecimo erano le seguenti: I. S. Michele di
    Corsagna; 2. S. Lorenzo di Serra; 3. SS. Giusto e Clemente di Peticciano; 4. S. Pietro d’Anchiano; 5. S. Pietro di Pescaglia; 6. S.
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    Bartolommeo di Piegajo; 7. SS. Simone e Giuda di Convalle; 8. S. Cassiano di Gello; 9. S. Stefano di Valle Roggi; 10. S. Michele di Castel di Roggi; 11. SS. Simeone e Giuda di Vetriano; 12. S. Bartolommeo di Cuna; 13. S. Giusto di Motrone; 14. S. Pietro di Ottavo; 15. S. Prospero di Tempagnana; 16. S. Giusto di Partigliano; 17. S. Lorenzo di Domazzano; 18. S. Michele di Fandagno. – Era compreso nello stesso pievanato uno spedale per i pellegrini, sotto il titolo di S. Martino al Greppo.
    Attualmente sono del piviere di Diecimo le parrocchie di
    Vetriano, de’SS. Michele e Caterina di Colognora in Val di Roggio, di S. Stefano a Villa a Roggio, e la cappellania curata di S. Elisabetta a Dezza.
    S. Maria Assunta a Diecimo ha 808 abitanti.

    DECIMO, o DIECIMO nella Valle del Serchio. – Si aggiunga: Cotesta pieve nella prima metà del secolo X aveva per titolare S. Maria ed i SS. Gervasio e Protasio a Decimo, distrutta poco dopo; mentre la stessa chiesa battesimale esisteva nel 919 siccome lo dimostra un istrumento del 2 maggio di quell'anno, sennonché una membrana del 30 ottobre 979 la ricorda come già esistita. – (MEMOR. LUCCH. Volume VP. III.)
    Nell'anno 995 altra carta lucchese del 20 luglio rammenta le ville a
    Roffio, a Valli (CORVALLE) e a Decimo ne’ confini della chiesa plebana di S. Maria (a Diecimo) e presso il rio Pedona.
    Un altro, vico di Decimo designato con l’ epiteto di Guardia (Corte) di Decimo,
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    poi per elisione appellato Cor Decimo esisteva nel territorio livornese presso Monte Massimo nella giurisdizione e piviere del Porto Pisano.

    SERCHIO fiume
    (Serclum, Auserclum). – Fiume ricco d'acque raccolte dall' Appennino superiore della Garfagnana, dalla montagna di Pistoja e dai contorni di Lucca. – Esso ha origine da due opposti lati, dalla parte settentrionale dell' Appennino di Sillano, dove prende il nome di Serchio di Soraggio, e dalla pendice opposta della Pania di Minucciano sotto il monte Pisanino, dove il Serchio ha avuto il doppio vocabolo di Serchio di Minucciano, e di fiume di S. Michele, il qual ultimo nomignolo ripete da una chiesa parrocchiale sotto il titolo di S. Angelo situata lungo il suo alveo innanzi che si unisca sotto Piazza al Serchio di Soraggio.
    Di costà il Serchio corre da maestrale a scirocco per un angusto profondo alveo, lambendo i piedi a varie guglie pietrose che stendonsi lungo il suo letto per il cammino di circa 5 miglia, scendendo da Piazza tino al villaggio della Sambuca. – Passato la Sambuca si allarga alquanto la valle, lungo la quale il Serchio accoglie dalla parte della Pania il tributo del torrente Poggio, e due miglia più in basso nel lato manco viene accresciuto dal torrente di Castiglione che scende dall’ Appennino di Corfino e da quello di S. Pellegrino, mentre poco dopo riceve dalla parte destra la Torrita di Castelnuovo che precipita dalla Pania secca dopoché quella fiumana ha bagnato le mura meridionali di cotesta piccola città.
    Ivi il Serchio essendosi voltato da scirocco a levante dopo breve corso ritorna nella sua prima direzione di scirocco lungo la quale accoglie il torrente
    Corsona
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    dalla montagna di Barga e poco appresso l’Ania, il Sigone, la Fegana, e finalmente il copioso tributo della fiumana della Lima che al Serchio costà si marita, mentre dall'altro lato della Pania riceve le fresche acque della precipitosa Turrita di Galligano e poscia della Torrita Cava. Al di sotto di quest'ultima confluenza il letto del Serchio si dilata insieme con la Valle, e costà accoglie, alla sua destra il torrente Pedagna ed i rii di Valdottavo, di Rivangajo e di Materna, il quale ultimo sbocca al Ponte a Moriano, mentre dal lato sinistro scendono in Serchio il rio di Brancoli ed il torrente Fraga.
    Avvicinatosi il Serchio circa mezzo miglio sopra a Lucca passa sotto il Ponte S Quirico dopo aver accolto il torrente Freddana, quindi riprendendo la direzione di libeccio trova due miglia sotto il Ponte S. Piero, al di là del quale il Serchio si schiude il cammino verso la spiaggia pisana, facendosi strada fra le gole di Nozzano, di Castiglioncello e di Filettole che lascia alla sua destra, mentre alla sinistra rasenta i paesi di Montuolo, di Cerasomma e di Ripafratta.
    Dopo un tortuoso cammino fra le radici di quei poggi marmorei, il Serchio giunto davanti al Castello di Nodica riprende la direzione di libeccio fino a che al largo della marina piega bruscamente da scirocco a ponente libeccio per avviarsi dopo 60 miglia di cammino direttamente nel mare.
    Rispetto ai ponti che il Serchio attraversa, o che un dì attraversava, citerò per primo quello diruto sotto la confluenza de' due Serchi,
    di Seraggio, cioè, e di Minucciano, dove esiste tuttora un pezzo d'arco, che attaccasi ad un suo pilone restato sul fianco sinistro
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    del fiume a pie di una fra le molte piramidi di pietra diasprina, sopra il di cui cono è stato eretto uno di quei così detti Calvarj poco accessibile da chi non abbia l’ali. Attualmente supplisce al passaggio di cotesto fiume un ponte di legno.
    Il secondo ponte tuttora esistente è davanti a Caste!nuovo, ed ha nella testata destra una specie di portone moderno che mette nel subborgo appellato
    di S. Lucia, dal quale si entra nella piccola città di Castel nuovo. Quivi sbocca la Torrita secca, che ha pur essa un ponte, per dove passa la strada provinciale della Garfagnana che da Gallicano guida a Castel nuovo. Cotesti due ponti esister dovevano fino dai tempi del-l'Ariosto, mentre egli nella satira IV ai medesimi alludevi* allorché cantava :

    Qui scesi, dove da diverse fonti
    Con eterno romor confondon l’ acque
    La Torrita col Serchio fra due ponti.

    Il terzo ponte diruto chiamossi di Orlando. Esso era situato fra lo sprone di Perpoli e Fiattone che sporge sulla destra del fiume, e lo sprone di Riana che si avanza dall'opposto lato. Cotesto ponte dopo 450 anni rovinò nel 1772, mentre fu innalzato per ordine del capitano Castruccio, con un solo ampio altissimo arco.
    Il quarto ponte chiamato a
    Calavorno, anch' esso di un solo arco, cavalca il Serchio circa due miglia toscane a settentrione del Borgo a Mozzano sulla strada provinciale che dal Borgo medesimo guida a Barga.
    Il quinto è il notissimo ponte della
    Maddalena sopra il Serchio fra il Villaggio di Corsagna ed il Borgo, fabbricato esso pure verso il 1322 per ordine di Castruccio con arditissimo arco e due piccoli archetti alle testate.
    Il sesto ponte fu edificato nel secolo attuale, a tre archi davanti a
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    Diecimo stato abbattuto nel 1842 da una piena del Serchio.
    Il settimo è il ponte a Moriano, antichissimo perché rammentato sino dal secolo IX. Esso fu rifatto non meno di 4 volle, nel 1382, nel 1490, nel 1581, e nel 1839. –
    Vedere MORIANO nella Valle del Serchio.
    L'ottavo ponte è quello più prossimo a Lucca, piantato alla base del colle di S. Quirico, denominato di
    Mon S. Quirico. Esso anticamente era di legname, avente telajo e catene ad uso di ponte levatojo; ma nel 1363 i piloni furono fatti di pietra. Sennonché cotesti piloni essendo stati abbattuti da una piena, il ponte fu ricostruito di legname com'era, finché minacciando per antichità di rovinare, nel 1641 fu rifatto di pietrame dai fondamenti a spese della Repubblica di Lucca.
    Il nono ponte è quello denominato una volta del
    Marchese, ed ora di S. Piero. Fu riedificato verso il 1374 come l'antico di legname; ma nel 1492, avendo bisogno di essere restaurato quasi per intiero, si trattò di costruirlo di pietra; comecché cotesto pro-getto non avesse il suo effetto se non che al principio del secolo XVIII.
    Il decimo ed ultimo ponte dava il nome al paese del
    Ponte a Serchio dirimpetto ai Bagni di Pisa, distrutto probabilmente come dissi all' Articolo PONTE A SERCHIO, nel 1315, e mai più fino ad ora rifatto, sicché di esso non restano che alcune poche rimanenze.
    Dei danni gravissimi spesse volte recati dalle piene del Serchio, le cui acque precipitose si slanciano dalla valle della Garfagnana sopra la profondamente colmata pianura di Lucca, non posso far parola, non comportandolo né la tenuità mia, né la natura di quest' opera. Ripeterò piuttosto poche indicazioni desunte dai fatti onde provare il corso
    tripartito che il Serchio ebbe un dì nella
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    pianura di Lucca.
    Dalle sue sorgenti fino al Ponte a Moriano, vale a dire, per il cammino di circa 34 miglia lungo tutta la valle della Garfagnana e per quella del Borgo a Mozzano, il Serchio non sembra che abbia mai variato alveo, trovandosi obbligato a percorrere il fondo della valle. Così la pensava il Prof.
    Sebastiano Donati, allorché sotto anonimo pubblicò in Lucca nel 1784 un opuscolo di 55 pagine intitolato: Notizie istoriane del Sarchio, suoi antichi nomi e differente corso, ed ivi diceva, che fino a Sesto a Moriano, a partire dalla sua origine, il fiu-me era quello istesso che sempre fu, e la natura dei luoghi ci assicura, che mai non può aver sofferto notabile variazione.
    Non accadde la stessa cosa dal Ponte a Moriano fino al mare; avvegnaché il detto fiume, 5 miglia incirca innanzi di scendere a Lucca, si diramava per dirigere verso scirocco una parte delle sue acque, percorrendo a grecale della città i piani di
    Saltocchio, sotto Maglia, Laminari, Lanata, Antraccoli e di là rasentando la pieve di S. Paolo, già detta in Garrite, inoltravasi sotto nome di AUSER (Ozzeri) verso quei luoghi dove si formò il Padule e il Lago di Sesto, ossia di Stentina, fino a che mediante l'emissario della Seressa (Auserissola) andava a scaricare le sue acque nel fiume Arno sotto Vico Pisano.
    La porzione maggiore però delle acque del Serchio, di quel ramo che chiamossi prima e dopo il mille
    Serchium, e Auserclum, seguitava il suo corso diritto a ostro dal Ponte a Moriano verso la città di Lucca che lasciava al suo levante, e di là scorreva per i piani del Monte
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    S. Quirico, S. Alessio, Carignana, Ponte S. Piero, (già detto del Marchese) quindi per S. Maria ai Colli, per Nozzano, Filettole e Ripafratta, finalmente, dopo apertasi la via verso la marina, correva per il piano occidentale di Pisa, e invece di sboccare come una volta nell'Arno alle porte di detta città, andava (s'ignora l’epoca) a metter foce direttamente nel mare Mediterraneo alla distanza di circa 4 miglia a ponente dello sbocco d'Arno.
    In molti Articoli della presente opera, e segnatamente in quelli di LUCCA,
    Comunità, di GURGITE (S. PAOLO IN), di PISA, e OZZERI, ebbi occasione di parlare del letto variato al fiume Serchio innanzi il mille, ed ivi accennai alcuni fatti che ci autorizzano a credere, qualmente anche nei primi secoli dopo il mille il Serchio tripartito scendere doveva da Sesto a Moriano nella pianura di LUCCA; ed ivi aggiungeva che il ramo più orientale, quello, che scaricavasi nel Lago di Sesto e di là per la Seressa vecchia fluiva nell'Arno, non si chiamò mai col nome di Serchio, ma costantemente (almeno che si sappia finora) coi vocaboli di Auocer, o Auser, volgarizzato poi in Osare e Ozzeri.
    Che l’Auser pertanto fosse sinonimo di Ozzeri lo decide fra le altre una membrana del 26 giugno 983 pubblicata di corto nel Volume V. P. III delle Memor. Lucch., in cui si rammenta la località di un pezzo di terra posto ad Osare,tenentes uno capo in suprascripto flavio Auxare, o Orzare.
    All'incontro il ramo che passava presso la città a ponente di Lucca doveva suddividersi in altre due diramazioni, la maggiore delle quali rasentava come oggidì il Monte S.
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    Quirico, e la minore (biforcando non so dove) lambiva nel secolo X le mura occidentali del primo cerchio di Lucca. Cosicché cotesti due rami del fiume Auserculo riunendosi insieme fra il Ponte di Mon S. Quirico, e quello di S. Piero costituiva un'isola, nella quale possedeva terreni anche la chiesa di S. Pietro Somaldi di Lucca. – (MEMOR. LUCCH. Vol. V. P. III. Carta del 27 giugno 980.)
    Nell'opera testé citata (Vol. V. P. III.) fu pubblicato un altro istrumento scritto in Lucca lì 21 marzo del 924, dal quale apparisce che la biforcazione del Serchio a ponente di detta città doveva essere accaduta da poco tempo innanzi, tostochè ivi si fa menzione di una casa di proprietà della chiesa di
    S. Pietro ad Rincula posta in infra civitate ista Lucense prope ecclesiam S. Thome Apostoli ubi prope muro istius civitatis fluvio Auserclo MODO CURRIT, etc.
    Inoltre a testimonianza del continuo corso tripartito del Serchio nel secolo XIV, non debbo tralasciare un'autorità che credo superiore ad ogni eccezione, dalla quale veniamo informati che il Serchio anche dopo la morte di Castruccio scendeva come nel secolo X per tre rami diversi nel piano di Luce, cioè, a levante della città passava il ramo dell’Ozzeri, ed al suo ponente gli altri due rami, i quali lasciavano in mezzo un'isola.
    È Giovanni Villani, scrittore contemporaneo al fatto che racconta nel libro XI, Cap. 140 della sua Cronica, dove è descritta la strategica usata nel maggio del 1342, sebbene con sinistro evento, da Malatesta da Rimini comandante dell'esercito fiorentino per introdurre vettovaglie e fornire di gente la città di Lucca, allora assediata da un esercito pisano.
    L'oste fiorentina (sono sue parole) la mattina per tempo del 10 maggio si
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    mosse da S. Piero in Campo cavalcando da un miglio e mezzo verso i nemici (pisani) richieggendoli di battaglia, ma non vollero uscire fuori de’ loro steccati. Allora i nostri non polendo aver la battaglia, passarono i due rami del fiume del Serchio; il terzo ramo era sì ingrossato per acqua ritenuta per gl'inimici, e per pioggia incominciata che la sera non poterono passare, e quella notte con gran disagio e soffratta di vittuaglia e di tutte cose, ed assaliti dai nemici stettono in su quell'isola, facendo fare in quella notte un gran ponte di legname per passare sopra quel ramo del Serchio. E il dì appresso passò tutta toste di là alquanto sopra il colle di S. Quirico dov’ era un forte batti folle guernito per li Pisani alla guardia del poggio e del Ponte a S. Quirico Il capitano nostro (Malatesta) volle che l'oste s'accampasse al poggio quel dì, e la notte cominciò grande pioggia, ma però i Pisani non restarono di afforzare il battifolle di San Quirico ecc....»
    Dopo alcune altre notizie e riflessioni l'autore stesso aggiunge le seguenti: «Veggendo il nostro capitano afforzato il campo de' Pisani e non poter fornire Lucca, con sua grande vergogna e de' nostri amici si partì l’oste domenica, a dì 19 di maggio,
    e tornossi di qua dal Serchio dond' era venuta ; E RIPASSARONO IL SeRCHIO PER LA VIAd'Altopascio e puosonsi a dì 21 detto in sul Cerruglio (Monte Carlo) ecc. »
    Dalle quali espressioni ne conseguita che se l'oste fiorentina ripassò il Serchio per la via d'Altopascio, l'autore voleva intendere del ramo più orientale di quel fiume il quale fino a quella età scendeva nel piano di Lucca
    tripartito, e che corrispondeva all’Ozzeri,
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    passando di costà la via dell’Altopascio, la via Francesca, che esciva a levante di Lucca e di là per la Pieve di S. Paolo dirigevasi, siccome tuttora continua a dirigersi, per l'Altopascio al Galleno, a Fucecchio, ecc. ecc. – Vedere VIA FRANCESCA.

    SERCHIO fiume. Alla pag. 272 del Volume V, dove si parla degli antichi rami del Serchio nella Valle centrale di Lucca, si aggiunga, che uno di essi rami, il quale rasentava a ponente la città di Lucca, è citato sino dal secolo XIII sotto il vocabolo di
    Anserete, da varie carte di quell’Archivio Arciv. pubblicate nelle Memoria Lucchesi, (Vol. IV. e V.)

    VALLE DEL SERCHIO. – Dopo che cotesto fiume si aprì un alveo ed una foce sua propria nel mare, e che il corso delle sue acque debba dirsi esteso anziché breve, è d’uopo fare della
    Valle del Serchio un articolo a parte, suddividendo in tre bacini quelli delle sue acque, dall’origine fino al mare, cioè, nella Valle del Serchio superiore, compresa nella Garfagnana; nella Valle del Serchio centrale, nella quale risiede la città di Lucca, e nella Valle del Serchio inferiore, ossia di Marina, in cui si trova la nuova città di Viareggio.

    VALLE CENTRALE DEL SERCHIO. – Molto più vasta e più importante per varj rapporti è il secondo
    Bacino di questo fiume, il quale abbraccia anche il Vallone della lima, a partire dal Bosco lungo sull’Appennino di Pistoja fino alla sua confluenza nel Serchio. Nel quale tragitto, lungo la Lima, sono comprese le più industriose popolazioni della montagna pistojese, ed i Bagni di Lucca.
    Se per un lato includo nella
    Valle centrale del Serchio tutto il vallone
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    della Lima, dall’altro lato escludo da cotesto bacino la pianura orientale di Lucca sul riflesso, che le acque le quali scendono dal monte delle Pizzorne per la Fossa Nuova e per il torrente Leccio vanno a scaricarsi al pari del Rogio, (già Ozzieri) nel Lago di Sesto ossia di Bientina; Lago che manda il rifiuto delle sue acque per mezzo di canali emissarj nei fiume Arno presso Vico Pisano. In vista di tuttociò ho dovuto escludere per intiero dal Bacino centrale del Serchio le due Comunità più orientali del Ducato di Lucca e includerle invece nel quinto Bacino dell’Arno.
    Con tutto ciò cotesta Valle centrale è la più vasta di tutte le altre spettanti al Serchio, stante che essa conta da settentrione a ostro libeccio, vale a dire dell’Appennino di
    Bosco Lungo sino allo stretto di Ripafratta, una lunghezza non minore di 38 miglia toscane, in una larghezza ad un dipresso di 15 miglia geografiche.
    Fra i maggiori corsi d’acqua che aumentano quelle del Serchio nel suo
    Bacino centrale, oltre la Lima, contansi a destra i torrenti Pedogna e Freddana, e a sinistra la Fraga.
    Delle Comunità Lucchesi non conoscendo ancora la superficie effettiva di quei territorj, mi limito ad indicare la popolazione del 1832, mentre per le Comunità del Granducato, oltre la superficie territoriale, sarà specificata nel seguente Prospetto la loro popolazione a due epoche diverse.

    PROSPETTO delle COMUNITA’ comprese per intero o in parte nella VALLE CENTRALE DEL SERCHIO e nei VALLONI SUOI TRIBUTARJ con l’indicazione dei due Stati cui appartengono

    GRANDUCATO DI TOSCANA

    1. nome del Capoluogo della Comunità: Cutigliano
    superficie territoriale
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    in quadrati agrari: 18956,65
    abitanti nel 1833: n° 2199
    abitanti nel 1844: n° 2511
    2. nome del Capoluogo della Comunità: S. Marcello (per 3/4 circa)
    superficie territoriale in quadrati agrari: 18776,00
    abitanti nel 1833: n° 3604
    abitanti nel 1844: n° 3529
    3. nome del Capoluogo della Comunità: Piteglio (per 49/50 circa)
    superficie territoriale in quadrati agrari: 14292,63
    abitanti nel 1833: n° 3074
    abitanti nel 1844: n° 2912

    TOTALE superficie territoriale in quadrati agrari: 52025,28
    abitanti nel 1833: n° 8877
    abitanti nel 1844: n° 8952

    DUCATO DI LUCCA

    1. nome del Capoluogo della Comunità: Bagno di Lucca
    superficie territoriale in quadrati agrari:
    ignorasi
    abitanti nel 1832: n° 8056
    2. nome del Capoluogo della Comunità: Borgo a Mozzano
    superficie territoriale in quadrati agrari:
    ignorasi
    abitanti nel 1832: n° 9631
    3. nome del Capoluogo della Comunità: Camajore (per 1/3 circa)
    superficie territoriale in quadrati agrari:
    ignorasi
    abitanti nel 1832: n° 4574
    4. nome del Capoluogo della Comunità: Coreglia
    superficie territoriale in quadrati agrari:
    ignorasi
    abitanti nel 1832: n° 3733
    5. nome del Capoluogo della Comunità: LUCCA, città capitale
    superficie territoriale in quadrati agrari:
    ignorasi
    abitanti nel 1832: n° 58758
    - TOTALE abitanti nel 1832: n° 84752


    RECAPITOLAZIONE

    GRANDUCATO DI TOSCANA (popolazione del 1833): abitanti n° 8877
    DUCATO DI LUCCA (popolazione del 1832): abitanti n° 84752
    - TOTALE abitanti: n° 93629
Localizzazione
ID: 1750
N. scheda: 19590
Volume: 2; 5; 6S
Pagina: 4 - 5; 270 - 273, 664, 666; 85, 232
Riferimenti:
Toponimo IGM: Diecimo - Fiume Serchio
Comune: BORGO A MOZZANO
Provincia: LU
Quadrante IGM: 105-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1620966, 4868878
WGS 1984: 10.50869, 43.96465
UTM (32N): 621030, 4869052
Denominazione: Decimo, Diecimo - Serchio, Auser - Valle del Serchio - Valle Centrale del Serchio
Popolo: S. Maria Assunta a Diecimo
Piviere: S. Maria Assunta a Diecimo
Comunità: Borgo a Mozzano
Giurisdizione: Borgo a Mozzano
Diocesi: Lucca
Compartimento: x
Stato: Ducato di Lucca
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