REPETTI ON-LINE

Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

cerca... .

Dovadola (di sotto, SS. Annunziata)

 

(Dovadola)

  •   pag. 1 di 15
    DOVADOLA (Doadola) in Romagna nella Valle del Montone. Borgo con rocca, già contea di un ramo dei conti Guidi, ora capoluogo di Comunità, nella Giurisdizione di Terra del Sole, sul confine delle diocesi di Forlì e di Bertinoro, Compartimento di Firenze.
    Trovasi sulla riva destra del fiume Montone che fiancheggia il paese da ostro a ponente sino a settentrione, all’estreme falde di un poggio, il quale attraversava la valle innanzi che le acque fluenti del Montone si fossero fatta strada fra esso, rompendo gli strati orizzontali di quel suolo; strati che sono corrispondenti sulle due ripe del fiume sino a un’altezza di cento e più braccia.
    Il borgo di Dovadola era difeso dal lato del poggio da un’altissima torre quadrata tuttora esistente e le cui cortine abbracciavano la parte più esposta e più facilmente accessibile del paese.
    Dovadola presenta con il suo fabbricato la figura di un triangolo la di cui parte inferiore, già appellata
    Badignano, è attraversata dalla nuova strada R. forlivese, la quale cavalca il fiume Montone sopra due ponti, uno a libeccio e l’altro a settentrione, sopra e sotto allo stesso borgo; mentre la parte superiore situata in costa fiancheggia la strada che guida in Val di Rabbi.
    Quest’ultima porzione di Dovadola dipende nell’ecclesiastico dal vescovo di Bertinoro, nel tempo che l’altra è sotto la diocesi di Forlì.
    Dovadola è nel grado 29° 33
    di longitudine e 44° 7 di latitudine, 240 braccia sopra il livello del mare Adriatico, 6 miglia a settentrione-grecale della Rocca di Casciano, altrettante miglia a scirocco-levante di Modigliana, il simile a ostro-libeccio di Terra del Sole, e 10 miglia da Forlì.
    Non si conoscono memorie relative al castello di Dovadola che possano dirsi anteriori alla dinastia dei conti Guidi e dei conti o duchi Traversari loro consorti.
    Fu per
  •    pag. 2 di 15
    gran tempo Dovadola sede dei discendenti di quattro fratelli, i Conti Ruggiero, Marcovaldo, Guido e Aghinolfo nati dal Conte Guerra di Modigliana e da una sorella di Pietro Traversari; a favore dei quali nipoti il conte Pietro Traversari, per atto pubblico rogato nel 1195, rinunziò a ogni diritto che egli aveva sopra i castelli di Dovadola, di Monte Acuto e di Gello in Romagna: rinunzia che fu rinnovata, nel 1225, da Paolo figlio di Pietro Traversari.
    Marcovaldo, uno dei preaccennati conti, si unì in matrimonio alla contessa Beatrice figlia del conte Rodolfo di Capraja, che restò vedova nell’anno 1239 con due figli ed eredi, i Conti Ruggieri e Guido Guerra secondo.
    I conti di Dovadola si distinsero fra tutti gli altri nella storia fiorentina; sia per il partito Guelfo che da essi fu quasi costantemente professato; sia per le luminose cariche di capitani e di podestà presso le repubbliche di Firenze e di Siena con decoro coperte; sia per il valore militare che taluni di loro dimostrarono. Non sarà discaro, io spero, di rammentare sotto questo articolo i personaggi, e le azioni più rilevanti della storia civile e politica spettante ai conti di Dovadola.
    Sino al 25 marzo 1254 il conte Guido Guerra II figlio di Marcovaldo firmò l’istrumento che trattava la vendita al Comune di Firenze del castello di Montemurlo, ceduto per la sua parte insieme con un mulino situato nel luogo detto al
    bosco de’Conti sul fiume Agna con la selva annessa: al contratto fra gli altri testimoni, la contessa Beatrice di lui madre e il celebre Brunetto di Bonaccorso Latini. La qual vendita di Montemurlo e sue pertinenze fu ratificata nel 17 aprile dell’anno stesso dal di lui fratello (il Conte Ruggieri) nella chiesa della pieve di S. Maria di Bagno di Romagna, e della contessa
  •    pag. 3 di 15
    Lena di lui sposa, nel tempo che essa abitava nel castello di Dovadola.
    Nel 1255, di maggio, i medesimi due fratelli alienarono per lire 9700 la quarta parte dei castelli, territorj e giurisdizioni che avevano in Empoli, a Cerreto, nella mansione di Cerbaja, a Vinci e in Collegonzi.
    Nel 1263 seguì in Dovadola un atto di divisione e permuta fra i prenominati due fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra da una parte e il conte Guido del fu Aghinolfo di Romena loro cugino dall’altra, circa i respettivi diritti, feudi e vassalli di Romagna.
    Mancato ai vivi il conte Ruggieri, nel 1271 furono stipulati alcuni patti fra il Comune di Tredonzio, il conte Guido di Romena, il conte di Romena e il conte Guido Salvatico figlio del fu conte Ruggieri di Dovadola. Il quale conte Salvatico, nell’anno 1273, restituì al Comune di Firenze le castella che il conte Ruggieri dopo la giornata di Monteaperto e nelle rivoluzioni di Firenze che vennero dietro, se le aveva usurpate; quello stesso conte Salvatico che, nel 1278, fece fine e quietanza di un certo debito che la Repubblica fiorentina aveva contratto con i fratelli conti Ruggieri e Guido Guerra, padre e zio.
    Il credito del conte Salvatico salì a tal grido, che nel 1282, mentre era podestà di Siena, venne eletto in capitano della Taglia Guelfa in Toscana; nel 1286, segnalato in comandante dell’esercito fiorentino contro i Pisani, e richiamato nuovamente nel 1288 a cuoprire la carica di podestà nella stessa città di Siena.
    Nel 1289, mediante un atto rogato nel piano di S. Ruffillo presso Dovadola, si fece permuta di beni fra Guido Novello e
    Guido Salvatico: all’ultimo dei quali toccò di parte il castello e distretto di Dovadola con tutti i diritti baronali, che egli poi, nel 1301, cedé al conte Ruggieri di lui
  •    pag. 4 di 15
    figlio emancipato. (PAD. ILDEFONSO. Delizie degli Eruditi. T.VIII.)
    Non fu minore la riputazione che presso il partito Guelfo si acquistò il Conte Ruggieri figlio del Conte Guido Salvatico, poiché nel 1304 la Repubblica fiorentina lo nominò all’importante uffizio di podestà, quello medesimo che nel 1322 dalla Repubblica senese fu eletto in capitano del popolo.
    Nel 1315, lo stesso conte Ruggieri di Guido Salvatico fu investito dal re Roberto di Sicilia di tutte le ragioni e diritti che il conte Manfredi d’Ampinana figlio del fu conte Guido Novello di Modigliana pretendeva sopra il castello e distretto di Tredonzio, per essersi Manfredi posto dalla parte Ghibellina, e a tale effetto dichiarato ribelle della chiesa e della Repubblica fiorentina.
    Diversamente dai suoi maggiori, dirimpetto alla Signoria di Firenze, si comportò il conte Marcovaldo di Dovadola, figlio del prenominato Conte Ranieri. Essendoché nel 1340 macchinava, d’intelligenza con i Bardi e i Frescobaldi, di sovvertire l’ordine di quello Stato; sicché restò rimunerato nel suo attentato in maniera tale, che fu posta su di lui una grossa taglia. Se non che cercando lui ogni strada per tornare in grazia della Repubblica, finalmente, al dire dello storico Ammirato, in considerazione dei servigi prestati dal Conte Ruggieri e dai suoi predecessori, stati sempre devoti al popolo fiorentino, gli riescì di ottenere l’assoluzione dal bando della testa e da ogni altra pena, come pure di riacquistare alcuni castelli stati messi ai libri della camera del Comune, come cosa della Repubblica. La quale elargità fu accompagnata dall’obbligo dell’offerta annuale per la festa di S. Giovanni, di un palio di seta in segno d’ossequio, ma non già di soggezione verso il Comune di Firenze.
    Nel 1349, quando il conte Marcovaldo II di Dovadola non era più tra i viventi, la di lui vedova donna Fiesca figlia del marchese Moroello Malaspina di Val di
  •    pag. 5 di 15
    Magra e di Alagia Fieschi, ai 24 maggio 1349, trovandosi nel castello di S. Giovanni in Val d’Arno contrasse nuovo matrimonio con il nobile Niccolò del fu Bertoldo Novello della casa Cavalieri del Pecora di Montepulciano, nell’atto che essa stessa sborsò a titolo di dote al nuovo marito 1500 fiorini d’oro di peso e conio fiorentino, previa una donazione di fiorini cento che il prenominato Niccolò fece alla sposa. (ARCHIVIO DIPLOMATICO FIORENTINO Carte dei Crociferi di Firenze.) – Vedere MONTEPULCIANO.
    Alla morte del conte Marcovaldo II succedé nella signoria di Dovadola il Conte Francesco di lui fratello, nato pur esso dal conte Ruggieri. Il quale avendo mosso questione per diritti di dominio contro i figli del conte Bandino di Monte Granelli, e sembrando a lui essere questi ultimi favoreggiati di preferenza dalla Signoria di Firenze, si giovò degli amici che teneva nel castello di Portico per distaccare quegli uomini dalla dipendenza della Repubblica fiorentina. E, quasi che ciò non gli bastasse, andava facendo grandi scorrerie in Romagna in tempo che egli teneva in Portico Giovanni d’Azzo degli Ubaldini suo cugino con un buon numero di lance dell’esercito del legato pontificio. Onde è che il Comune di Firenze ordinò, che s’inviassero costà 300 lance capitanate da messer Benghi di Buondelmonte. Il qual duce avendo troppo indugiato per via, rese inutile quella spedizione; per modo che i X della Balia di guerra, nella fine del 1376, spedirono contro il signore di Dovadola 600 fanti sotto la condotta dello storiografo fiorentino Marchionne di Coppo Stefani, che con molta modestia rese conto dell’esito della sua impresa in Romagna, alla rubrica 786 delle sue istorie. Giova sentire lo stesso autore. “ E per non “lodare me mi tacerò della materia, salvo che ne “dirò, che in sei mesi fu il conte Francesco
  •    pag. 6 di 15
    di “Dovadola sì stretto nel suo castello, che di cosa “che egli avesse al di fuori, di niuna non gli fu “possibile metter dentro, se non quello che vi si era; “e la brigata vivette di quello di fuori continuo del “loro.... In sei mesi che io non perdei oltre ai 15 “uomini, e de’suoi avemmo 123 prigioni, e “tollemmo Beccova (così) per forza, ed egli ridusse “tutte le sue fortezze e sé dentro de’muri; e “giammai non si poté mettere oste per le grandi nevi “che furono in quest’anno, e sempre sono in quel “paese grandissime. Tornai compiuti i sei mesi a “Firenze, a dì 10 giugno 1377, e andovvi Buono di “taddeo Strada, altro cittadino fiorentino, il quale vi “stette infino a settembre; tanto che la pace della “Chiesa fu fatta.”
    Al conte Francesco subentrò per successione nel dominio di Dovadola e di altri luoghi di Romagna il di lui figlio conte Malatesta, il quale dapprima aderì alla causa e al partito degli Ordelaffi di Forlì, a cui era raccomandato; di poi, nel 1392, si pose sotto la protezione della Repubblica fiorentina che lo accolse nella lega Guelfa stabilita in quell’anno in Bologna; e finalmente nel 1405 lo stesso conte di libera volontà cedé alla Signoria di Firenze ogni suo diritto sul castello di Dovadola. Per la qual cosa il pontefice Gregorio XII essendosi doluto con frate Giovanni di Domenico Bianchini (poi cardinale e ora beatificato) mentre questi si trovava in Roma per servigio della sua patria, e intese tali doglianze a Firenze, il governo commise ai suoi ambasciatori di dire al pontefice: che il castello di Dovadola era stato donato e non comprato dal conte Malatesta suo legittimo signore.
    Morto questo conte nel 1407, i suoi quattro figli, Giovanni, Carlo, Francesco e Guelfo, pregarono la signoria di
  •    pag. 7 di 15
    Firenze ad accettarli in accomandigia con i loro castelli di Monte Vecchio, Tredozio, Particeto, ecc. La qual cosa infatti fu loro concessa con l’obbligo di dare il tributo annuo del palio, e con dover dichiarare che la porzione del castello e pertinenze di Tredozio, già spettante al conte Niccolò del conte Bandino di Monte Granelli, rimanesse in potere della Repubblica fiorentina, come quella che era succeduta nei diritti del preaccennato conte Niccolò della consorteria Guidi.
    Se non che uno dei quattro figli del Conte Malatesta (il conte Guelfo) scostossi dai Fiorentini per seguire il partito dei loro nemici, associandosi agli Ordelaffi di Forlì e al duca di Milano. Talché, nella guerra del 1440, il conte Guelfo, trovavasi con l’esercito di Niccolò Piccinino, quando fu bandito della testa dalla Signoria di Firenze, che fece dipingere nelle mura del palazzo del governo la sua figura appesa per i piedi in compagnia di quella del Piccinino.
    Uno degli ultimi avvenimenti di guerra relativo al castello di Dovadola seguì nel 1467, allorché fallito il disegno ai congiurati fiorentini contro Piero di Cosimo de’Medici, due di loro, l’ex-gonfaloniere Niccolò Soderini e Diotisalvi Neroni, assistiti da Giovan Francesco di Palla Strozzi, con ogni diligenza e con insinuanti parole talmente commossero il senato di Venezia contro il partito Mediceo, che nel 1467 dal valoroso capitano Bartolommeo Collione fecero tosto assalire il dominio fiorentino nelle parti di Romagna; e nel primo assalto (non essendo ancora i Fiorentini in ordine) arsero il borgo di Dovadola, e fecero altri guasti nel paese all’intorno. (MACHIAVELLI.
    Istor. Fior. lib. VII.)
    Alla pace pubblicata li 27 aprile del 1468, il castello di Dovadola col suo territorio fu reso alla Repubblica fiorentina, al di cui dominio d’allora in poi quel popolo si è costantemente mantenuto fedele.
    Comunità di Dovadola
  •    pag. 8 di 15
    . – La Comunità di Dovadola occupa una superficie di 11363 quadrati, dei quali 363 sono presi da corsi d’acqua e da strade. – Vi si conta una popolazione di 1975 abitanti; a ragione cioè di 141 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    La sua figura irregolarmente ovale è contornata da tre comunità del Granducato e da una dello Stato pontificio. Dai lati di scirocco-levante, di ostro e di libeccio ha di fronte la Comunità della Rocca S. Casciano, a partire dalla sommità del poggio di S. martino in Avello, e traversando il varco per il quale passa la strada pedonale che da Dovadola porta nella Valle del Rabbi. Discende quindi in cotest’ultima valle formando un angolo rientrante, da primo per termini artificiali, poscia lungo il rio di
    Calboli, che presto lascia fuori per rimontare il poggio sino al termine delle Gazze. Costà, voltando faccia da scirocco a ostro, e poco appresso verso libeccio, scende la costa che acquapende nel fiume Montone, sino presso lo sbocco del fosso, detto del Campo Mosso. Al quale punto attraversa il fiume e quindi la nuova strada Regia per inoltrarsi sul fianco occidentale della stessa valle per il poggio del Praticino. Costà forma un angolo retto per dirigersi da ostro a ponente sul monte della Serra, sulla cui sommità ripiega nella direzione di grecale, onde ritornare per termini artificiali sino presso al fiume Montone. Dalla quale vicinanza bentosto si ripiega nella direzione da grecale a maestrale per andare incontro al torrente della Villa Renosa, e poscia al fosso Castel vecchio. Poco avanti d’entrare nel fosso suaccennato, sottentra a contatto la Comunità di Modigliana, con la quale dal fosso predetto passa in un suo tributario, che porta il nome di
  •    pag. 9 di 15
    Canovetto. Lungo esso la Comunità di Dovadola volta faccia da libeccio a maestrale, e per termini artificiali arriva alla strada provinciale rotabile di Modigliana; al di là della quale entra nell’alveo del Samoggia, che forma confine alle due Comunità sino al fosso detto dell’Acqua salata. A questo punto la Comunità di Dovadola lascia il torrente Samoggia e la Comunità di Modigliana, e piegando da maestrale a grecale trovasi di fronte alla Comunità di Terra del Sole: da primo mediante il fosso predetto, quindi per termini artificiali ritorna a varcare il fiume Montone sopra il rio della Croce. A poca distanza dal fiume, piegando a levante, tocca, lungo il rio di Casina, la Comunità di Bertinoro dello Stato pontificio, con la quale, mediante quello e altri borri suoi tributarj, sale sul monte di S. Martino in Avello, dove ritorna a confine la Comunità della Rocca S. Casciano.
    Due strade rotabili passano per questa Comunità; quella regia che mercé la munificenza sovrana sta presso al termine di sua costruzione, a partire dal fiume Dicomano sotto S. Godenzo sino a Terra del Sole. La seconda via aperta essa pure da pochi anni è provinciale. Questa staccasi da Modigliana, e imbocca nella regia forlivese fra la Rocca S. Casciano e Dovadola. Tutte le altre sono vie pedonali, fra le quali contasi quella che guida per Val di Rabbi a Galeata.
    Il fiume Montone che attraversa da libeccio a grecale la Comunità di Dovadola è il più copioso corso di acque, nel quale fluiscono quasi che tutti i minori rii e torrenti dello stesso territorio. Fra i poggi più elevati avvi quello di
    Castel Ruggiero, il quale s’innalza 628 braccia al di sopra del livello del mare Adriatico, mentre la sommità della torre
  •    pag. 10 di 15
    di Dovadola fu segnalata dallo stesso astronomo Pad. Inghirami a un’altezza di 303 braccia sopra il livello dello stesso mare.
    In quanto alla struttura e qualità del suolo dei contorni di Dovadola, giova qui richiamare ciò che fu brevemente accennato altrove, e precisamente agli articoli APPENNINO TOSCANO, e BAGNO,
    Comunità.
    Si disse nel primo luogo (pag. 97, vol. I.) che, l’esterna ossatura dei contrafforti che spinge l’Appennino dal lato dell’Adriatico, è formata, a preferenza delle altre rocce sedimentarie, di argilla fossile e di grés calcareo-micaceo a strati inclinatissimi, di rado gli uni e gli altri interrotti dal calcareo-appenninico. Le quali rocce vanno gradatamente modificandosi in marna e in argilla cerulea a proporzione che i monti si abbassano e si accostano alla pianura.
    Fu poi avvertito all’articolo BAGNO (pag. 238, v. I) che nella sinistra costa dell’Appennino che acquapende verso l’Adriatico, e segnatamente fra le valli del Savio e del Lamone, l’argilla schistosa può dirsi la roccia predominante. La quale, allorché trovasi esposta all’azione delle meteore ha si debole grado di durezza, che alla superficie si sfoglia, si stritola, diviene polverulenta, del colore delle marne cerulee, e consimile in quanto all’aspetto, a quelle che ricuoprono le colline subappennine dal lato del Mediterraneo.
    Che se si aggiunga a tutto ciò la circostanza di riscontrare molti frammenti fossili in quelle rocce racchiusi, e la disposizione e giacitura dei loro strati quasi sempre orizzontale o ad angolo ottusissimo, tutto ciò porta a giudicare: che il terreno costituente l’esterna ossatura del fianco dell’Appennino voltato verso il mare Adriatico, se non è di una più recente formazione di quella del lato che guarda il mare Mediterraneo, è al certo assai diverso nella proporzione degli elementi essenziali, dai quali quelle rocce rudimentarie vennero costituite. Un esempio luminoso che serve di conferma a cotesto fenomeno geologico apparisce chiaramente nel
  •    pag. 11 di 15
    territorio di Dovadola; sia che si rimonti la valle del Montone, a partire dalle colline di Terra del Sole e di Castro Caro; sia che si attraversi la vallecola della Samoggia, risalendo verso la sorgente sul monte del Trebbio.
    Avvegnaché i monti a ponente-maestrale di Terra del Sole (che possono dirsi l’estremo lembo occidentale della valle del Montone) e specialmente quelli dal
    Falcone al poggio Sina, trovasi coperti di un tufo calcareo-siliceo poroso, di tinta ora grigia, ora gialla, pieno zeppo di molluschi bivalvi, del genere ostriche, veneri, pettini e altre specie di spoglie di conchiglie marine, disposte per famiglie, da far conoscere appena il cemento in cui sono impastate. Il qual tufo in molti punti riposa sopra una marna argillosa di tinta cerulea, sparsa di straterelli di lignite, o di frammenti di altri corpi organici; mentre dallo stesso terreno quasi a fior di terra, o se si approfonda a poche braccia, pullulano acque pregne di cloruro di soda (sal marino) in copia tale, che forse da quel sale Castro Caro ebbe dagli antichi il nome di Castrum Salsubii. – Vedere CASTRO CARO.
    Una simil marna friabile d’indole argillosa polverulenta, sottostante al sabbione calcareo conchigliare, continua a trovarsi camminando contr’acqua sui fianchi dei colli che fiancheggiano il fiume Montone e il torrente
    Samoggia; con questa differenza che a proporzione che uno si avvicina verso li sproni più alti dell’Appennino, la roccia diviene sempre meno friabile, finché si consolida in una pietra scissile arenario-calcare-argillosa molto analoga al grès schistoso dell’opposto Appennino. Allorché le parti silicee prevalgono, si forma un vero macigno adoprato per stipiti, scalini, architravi nell’arte edificatoria, se poi prevale la calce, si usa come l’alberese per fare calcina. Il
  •    pag. 12 di 15
    suo tessuto però è sempre foliaceo, più terreo e meno compatto della pietra serena e della calcarea-appenninica. Gli esempi di tale conversione della marna molle in roccia solida, prima d’ogni altro, vennero segnalati dal ch. Brocchi nel Frignano modanese, nei contorni di Bologna, di Urbino, di S. Leo e a Cingoli nell’Appennino del Furlo nella sua Conchiologia Subappenninica.
    Accade un’altra particolarità nello schisto marnoso impietrito di Dovadola, e dei suoi contorni; ed è, che per la sola azione delle meteore egli si sfalda e si disgrega in guisa da lasciare alcune parti prominenti sotto forma di grossi nuclei ellittici meno friabili del restante di quell’aggregato. Il qual fenomeno va a grado a grado diminuendo a proporzione che si rimonta verso i contrafforti superiori dell’Appennino sotto l’Alpe di S. Benedetto, dove la roccia stratiforme si mostra di tessuto uniforme e totalmente pietroso. – Vedere ROCCA S. CASCIANO, Comunità.
    Inoltre le polle di acqua salsa che costà ritrovansi sotto la marna argillosa, avvi rasente l’alveo del Montone, poco sopra Dovadola, un’acqua acidula, leggermente marziale, usata la prima volta dal medico attuale, il dottor Pietro Barboni; per cui dal professor Giuseppe Giulj nella sua
    Storia delle Acque Minerali di Toscana, (Tomo V. p. 185) fu denominata Acqua del dottor Barboni a Dovadola.
    Per ciò che riguarda la coltura agraria e qualità dei prodotti, il suolo spettante al grès e allo schisto marnoso testé descritti, è generalmente destinato ai pascoli, al bosco e alle selve di castagni. Quest’ultime somministrano il maggior prodotto a questa al pare che a tante altre comunità situate sui due fianchi dell’Appennino.
    Lo schisto marnoso allorché è divenuto polverulento, e fendibile dalla vanga, si coltiva a poderi e a vigneti; gli ultimi dei quali sono disposti a ripiani, e ciascuno di essi è fornito
  •    pag. 13 di 15
    di una piccola torre quadrata terminante in una colombaia. Per modo che le vigne formano un vago anfiteatro, non solo intorno a Dovadola, ma ancora nella valle inferiore del Montone e in quelle limitrofe del Rabbi e del Bidente.
    Finalmente sul tufo conchigliare dei colli fra la Samoggia e il Montone prosperano gli ulivi e i gelsi; essendoché l’educazione dei filugelli costituisce in Dovadola un oggetto importante di risorsa, siccome lo è il frumento e il grano siciliano (
    mais) che si semina a preferenza di ogni altra granaglia nelle insenature dei borri e dei torrenti, come pure lungo il fiume stesso del Montone.
    È oggimai un’osservazione confermata dall’esperienza, che la vegetazione dei cereali riesce prosperamente nei terreni argillosi, massime quando essi contengono sostanze fossili e saline.
    Non si trascura nei luoghi medesimi la coltura della canapa e del lino, così quella delle piante leguminose e dei bulbi di patate.
    La circostanza di trovarsi riunite nella Comunità di Dovadola, e qualche volta nel perimetro di un piccolo valloncello, le due diverse qualità di suolo poco sopra accennate, e queste in una disposizione locale assai favorevole, fa si che costà si potrebbe applicare con successo la marnazione della creta argillosa mescolandola col tufo siliceo-calcareo marino, mercé l’istruzione pratica sulle
    Colmate di Monte con tanta precisione e chiarezza descritta, e con il fatto luminosamente dimostrata nella Val d’Elsa dall’illustre proprietario e direttore del Podere modello di Meleto. – Vedere GIORNALE AGRARIO TOSCANO, Annata I. e II.
    Fra gli animali domestici da frutto, oltre a quelli spettanti alla pecuaria, formano un articolo di qualche lucro i polli d’India che a branchetti si alimentano dai coloni e dai possidenti, mentre non vi ha forse casa di pigionale, dove non abiti per una buona parte dell’anno, e vi s’ingrassi più di
  •    pag. 14 di 15
    un porco; siccome non vi è vigna che non abbia il suo nido di colombi.
    La Comunità di Dovadola con la legge del 23 settembre 1775, fu riunita a quella della Rocca S. Casciano, dalla quale lo stesso Legislatore la separò con regolamento speciale de’18 agosto 1778.
    Sotto il governo della Repubblica fiorentina e dei granduchi Medicei, Dovadola faceva comunità e potesteria distinta, la quale era formata dei popoli di Dovadola, di Gello, Balia di sopra e Balia di sotto, Montacuto, Castel Ruggieri, Montepopolo e Mizuola.
    La Comunità mantiene un chirurgo, un medico e un maestro di scuola.
    Nell’inverno, nel giorno di lunedì, si pratica costà un mercato per gli animali porcini, e tre fiere. Le quali fiere sogliono cadere sotto i giorni 5 e 24 del mese di agosto, e nel 9 di settembre.
    Il tribunale civile di prima istanza per Dovadola è a Terra del Sole, dipendente per il criminale dal vicario della Rocca S. Casciano, dove ha la cancelleria comunitativa e l’esazione del Registro. La conservazione delle Ipoteche e l’ingegnere di Circondario risiedono a Modigliana. La Ruota è a Firenze.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di DOVADOLA a tre epoche diverse

    - nome del luogo: *Avello, titolo della chiesa: S. Martino (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro, abitanti del 1551 n° 101, abitanti del 1745 n° 117, abitanti del 1833 n° 120
    - nome del luogo: Badia di S. Andrea a Dovadola, titolo della chiesa: S. Andrea (Rettoria), diocesi cui appartiene: Forlì,
    abitanti del 1551 n° 328, abitanti del 1745 n° 581, abitanti del 1833 n° 392
    - nome del luogo: Bosco di Montevecchio, titolo della chiesa: S. Stefano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Bertinoro,
    abitanti del 1551 n° 201, abitanti del 1745 n° 110, abitanti del
  •   pag. 15 di 15
    1833 n° 99
    - nome del luogo: Casole e Montepopolo, titolo della chiesa: S. Maria (Rettoria), diocesi cui appartiene: Forlì,
    abitanti del 1551 n° 133, abitanti del 1745 n° 155, abitanti del 1833 n° 158
    - nome del luogo: DOVADOLA di sotto, titolo della chiesa: SS. Annunziata (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro,
    abitanti del 1551 n° 843 (con S. Ruffillo a DOVADOLA di sopra), abitanti del 1745 n° 57, abitanti del 1833 n° 879
    - nome del luogo: DOVADOLA di sopra, titolo della chiesa: S. Ruffillo (Pieve), diocesi cui appartiene: Bertinoro,
    abitanti del 1551 n° (con SS. Annunziata a DOVADOLA di sotto), abitanti del 1745 n° 113, abitanti del 1833 n° 139
    - Totale
    abitanti del 1551 n° 1606
    - Totale
    abitanti del 1745 n° 1133

    FRAZIONI di popolazioni provenienti da altre Comunità

    - nome del luogo: Calboli, titolo della chiesa: S. Michele, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano, abitanti n° 2
    - nome del luogo: Cerreto, titolo della chiesa: S. Pietro in Vinculis, Comunità dalla quale proviene: Terra del Sole,
    abitanti n° 84
    - nome del luogo: Limisano, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano,
    abitanti n° 12
    - nome del luogo: Valle, titolo della chiesa: S. Maria, Comunità dalla quale proviene: Estera,
    abitanti n° 10
    - nome del luogo: Villa Renosa, titolo della chiesa: S. Mercuriale, Comunità dalla quale proviene: Rocca S. Casciano,
    abitanti n° 80

    - Totale
    abitanti del 1833 n° 1975

    N.B.
    Una parte della popolazione della parrocchia contrassegnata con l’asterisco * spetta ad altre Comunità.
Localizzazione
ID: 1789
N. scheda: 20060
Volume: 2; 6S
Pagina: 38 - 44; 57 - 88
Riferimenti: 4040, 45870
Toponimo IGM: Dovadola
Comune: DOVADOLA
Provincia: FC
Quadrante IGM: 099-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1731008, 4889508
WGS 1984: 11.8881, 44.12383
UTM (32N): 731071, 4889682
Denominazione: Dovadola (di sotto, SS. Annunziata)
Popolo: SS. Annunziata a Dovadola di sotto
Piviere: SS. Annunziata a Dovadola di sotto
Comunità: Dovadola
Giurisdizione: Terra del Sole
Diocesi: Forlì - Bertinoro
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana (Romagna Granducale)
  trova nel testo
 
  scarica scheda
  aggiungi note