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Figline, Fighino, Feghine, Fegghine - Castel Guineldo, Castel Guinelli, Castel Guineldi

 

(Figline Valdarno)

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    CASTEL GUINELDO, o CASTEL GUINELLI nel Val d’Arno superiore sopra Figline. Castellare, detto il Castel vecchio alla Torricina presso la villa di San Cerbone, nel poggio a cavaliere della Terra di Figline, fuori della porta meridionale. Questo castellare, da cui prese il distintivo l’antica parrocchia di S. Pietro, e una contrada dentro Figline, detta tuttora di Castel Guinelli, costituì il primo popolo e fu per quasi dire il nocciolo di Figline nuova, dove la magistratura civica nomina sempre fra i suoi priori quello di S. Pietro di Castel Guinelli, come membro e uno dei rappresentanti della Comunità di Figline. – Vedere FIGLINE

    FIGLINE, già
    FIGHINO, FEGHINE, o FEGGHINE (Fighinae, Fighinum, Figlinae). Celebre borgo, poi terra ragguardevole nel Val d’Arno superiore, una delle più centrali e più popolate della Toscana, ora indagine collegiata (S. Maria), in origine una delle chiese filiali della pieve di S. Romolo a Gaville. – È capoluogo di comunità, di cancelleria comunitativa, di un ingegnere di Circondario, residenza di un potestà di prima classe sotto il vicariato Regio di S. Giovanni, nella Diocesi di Fiesole, Compartimento di Firenze.
    La posizione geografica di Figline resta fra il grado 29° 8’ di longitudine e 43° 37’ 21” di latitudine, a 220 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo, 18 miglia a scirocco di Firenze passando per l’antica strada Regia di S. Donato in Collina, e 24 miglia per la nuova strada postale lungo la foce di Rignano e Incisa; 26 miglia a maestro di Arezzo, 5 dalla terra di San Giovanni e 8 da Monte Varchi nella stessa direzione; 4 miglia a ponente di Castel Franco di sopra; 8 miglia a ponente-maestro
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    da Terranuova; 11 miglia a levante di Greve, e 15 miglia a settentrione del Pontassieve.
    Ha Figline un giro di mura, della forma di un parallelogrammo che termina in due coni troncati, attraversata nella sua maggiore lunghezza dalla strada Regia aretina fiancheggiata da decenti abitazioni, specialmente lungo il borgo di mezzo, e intorno alla vasta piazza del suo mercato. Trovasi appena un sesto di miglio distante dalla ripa sinistra dell’Arno che ha di fronte nell’opposta riva le ville di Viesca, di Faella e di Monicoro, a piè delle colline ghiajose che formano un continuato lembo fra il corso del fiume e i monti secondarii che circoscrivono il Val d’Arno superiore, mentre sulle creste dei colli sovrastanti a Figline furono già, e ora non restano che i nomi di
    Figlin Vecchio, Castel Guineldi e Castel d’Azzo, coi poderi del Castel Vecchio della Foresta, ora detto la Torricina, e del Castelluccio de’Benzi.
    L’attuale Figline è appena un miglio a ponente-maestro dello sbocco del
    Cesto in Arno, mezzo miglio a settentrione di Castell’Azzo, e un quarto di miglio a levante di Figlin Vecchio, nel di cui luogo esistono il convento e la clausura de’Cappuccini.
    L’esistenza di questa Terra non è più antica del 1150, alla qual epoca rifabbricavasi a piè delle colline di Figlin vecchio l’attuale borgo intorno alla piazza dove sino d’allora si teneva il mercato.
    Premesso ciò non è d’uopo di aggiungere, che tutti i fatti storici e tutti i documenti anteriori al 1150, i quali aver potessero un qualche rapporto con Figline del Val d’Arno di sopra, debbonsi riferire al castel vecchio di Figline, o di
    Fighine, siccome allora soleva appellarsi.
    Le più antiche carte superstiti che rammentino Fighine vecchio appartenevano ai monaci Vallombrosani di
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    Passignano, come quelli che possedevano, in grazia di donazioni ricevute, il giuspadronato delle chiese di S. Bartolommeo a Scampata, di S. Lorenzo a Castelvecchio e quella di S. Maria delle monache Vallombrosane.
    I primi signori di Fighine appariscono gli Ubertini di Gaville, figli di quell’Azzo che diede il suo nome al distrutto castello di
    Azzo, ora detto il Castellaccio, posto assai dappresso a Figline vecchio sulla destra del Cesto, dove sono ancora i ruderi di un cassero con sua cisterna. – Vedere AZZO (CASTEL d’).
    Imperroché nel mese di marzo del 1008, e nel novembre dell’anno stesso, due fratelli, Teuderigo e Rodolfo, figli del fu Azzo, stando in Firenze, alienarono a Teuzzo del fu Giovanni una porzione di terra posta a Fighine, in luogo detto Valle maggiore, nel piviere di S. Romolo a
    Cortule, ossia di Gaville.
    All’articolo CERCINA del Val d’Arno fiorentino fu accennato un contratto ivi fatto nel 24 aprile 1042, col quale Waldrada del fu Roberto moglie di Sigifredo di Rodolfo vendé per una fibbia d’oro al figlio suo Rodolfo ai di lui successori tutte le case, terre, corti e castelli (cioè
    case torrite) che possedeva nel contado fiorentino e fiesolano, pervenutegli da Guido di lei primo marito e da Rodolfo suo suocero; i quali possessi si dichiararono posti a Firenze, a Petriolo, a Sesto, in loco Marina, in Cercina, in Cerreto, in Mozzanello, in Casole, in Fabbrica, in Monte Loro e in Monte Fanna, con più dui corti e castelli che Waldrada possedeva in loco Figline e in loco Riofino
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    con i loro annessi.
    Appellano alla stessa consorteria degli Ubertini di Gaville, non che a quella dei Cattani di
    Combiate, altri pubblici istrumenti confacenti a far conoscere che quei magnati fiorentini avevano podere, e forse dominio baronale in Figline e nel suo distretto. Citerò fra gli altri un atto del 25 luglio 1051, mercé cui Teuzzo chiamato Rustico figlio del fu Giovanni, stando in Fighine, giudicaria fiorentina, alla presenza di tre giudici oltre il notaro, rinunziò a Rodolfo del fu Sigifredo tutte le corti, castelli, chiese, terreni e servi che aveva comprato da Sigifredo del fu Rodolfo padre dell’acquirente. Le quali sostanze si dicono poste nelle corti e castelli di Riofino, di Fighine, di Petriolo, di Cercina, di Cerreto e di Mozzanello.
    Nel 30 settembre 1084, Teuzzo detto Bacarozzo figlio del fu Benzo faceva donazione alla badia di Passignano, e per essa all’abate Rodolfo, della terza parte di alcune possessioni poste nel
    Cesto presso il castel di Fighine; e nel 1 marzo del 1109 Ubertino del fu Rolando, stando nel Castel d’Azzo donava al monastero medesimo case e terre situate nella corte di Castel d’Azzo, di Fighine, in Camporso, a Forestello e in Piscinale, corti tutte comprese nei pivieri di S. Romolo a Cortule (Gaville), di S. Vito a Schergnano (Incisa) e di S. Reparata di Firenze; eccettuati i beni che egli medesimo aveva donati alla chiesa di S. Maria di Fighine, e quelli che si reserbava per l’altra chiesa di S. Michele a Pavelli.
    Abitava in
    Fighine stesso, nel mese di aprile del 1110, Bernardo del fu Pagano nel
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    tempo che egli offriva alla badia di Passignano 19 sorti, o pezzi di terre, posti nella corte di Fighine, acquistate o ricevute in ipoteca da Ubertino del fu Rolando testé nominato.
    Nel 4 marzo 1122, Benno di Gerardo, la sua consorte Gisla di Guineldo ed Ermengarda, del fu Ronaldo, di lui madre, rinunziarono a Buono del fu Segnore nelle mani di Giovanni prete e preposto della chiesa di S. Bartolommeo a
    Fighine (altrimenti detto a Scampata) alcune sostanze situate nelle corti e castello di Melazzano e di Monteficalli (a Greve).
    Ai 7 novebre dei 1135 stavano nel castello di
    Fighine vecchio Ugo del fu Alberto di Ubaldo e Teodora di Uguccione sua moglie, quando donavano allo spedale di Riofino (in Pian Alberti) un pezzo di terra presso all’aja di esso spedale. – Quarant’anni appresso (6 marzo 1139) dal Castel d’Azzo di Fighine Ildebrando del fu Sichelmo di Benzo, per rogito del notaro Servio, rilasciava a favore della chiesa e canonica di S. Angelo a Pavelli il mulino di Poggiale.
    Nel 30 dicembre del 1148 fu pure stipulato in
    Fighine dallo stesso notaro Servio un atto, del quale Teuzzo di Teodericolo di Rambertino alienò alla badia di Passignano tutte le biade che egli e suo padre erano soliti percepire a titolo di feudo da Albertino da Cercina e dai suoi figli nelle corti di Riofino, del Quercio e di Pian Alberti, ricevendo a tal effetto dal predetto monastero lire 50 per mano di Alberto prete e priore di S. Bartolo a Fighine.
    L’Ammirato nelle vite e azioni dei vescovi di Fiesole scrisse, che nel 1154 il vescovo Rodolfo a preghiere di Alberto priore della chiesa di Fighine confermò allo spedale di
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    Riofino nel Pian Alberti, (non già della Rufina) tutti i beni che possedeva. L’istrumento del 30 dicembre 1148 da noi poco sopra accennato ci mette in chiaro rapporto a una delle chiese di Figline che sin d’allora era designata come prioria, quella cioè di S. Bartolommeo a Scampata, dalla quale dipendeva l’ospedale di Riofino in Pian Alberti, dato in origine alla badia di Passignano. Alla stessa badia nell’anno 1170 due fratelli nobili di Combiate, Turpino e Ugo figli di Uberto, con diversi altri cattani del Mugello rinunziarono al monastero suddetto per cento lire di denari vecchi lucchesi i loro diritti sullo spedale di Riofino nel Pian Alberti, sull’ospizio di Combiate, sulla chiesa di Casaglia in Val di Marina, sulla Canonica e chiesa di Vigesimo e Barberino, e su quella di S. Bartolommeo di Fighine. – Vedere COMBIATE, e BADIA di VIGESIMO.
    Importantissimi per la storia ecclesiastica e per le vicende della chiesa maggiore di Figline sono gli atti seguenti, tanto più che alcuni di essi restano tuttora inediti fra le pergamene del Regio archivio diplomatico di Firenze.
    Il primo di essi fu scritto in Siena, li 11 febbrajo 1159, nella badia di S. Michele de’Vallombrosani, col quale Orlandino di Ubaldino da
    Fighine rinunziò a favore del monastero di Passignano il giuspadronato, cura e ordinanza delle chiese di S. Maria a Fighine, di S. Lorenzo a Fighine, e di S. Tommaso a Castelvecchio.
    Non corse molto che una di quelle chiese di Figline fu convertita in monastero sotto la regola Benedettina, siccome lo dimostra fra gli altri un istrumento rogato nel monastero medesimo li 10 agosto dell’anno 1160, quando Imilda badessa del monastero di S. Maria a
    Fighine, col consenso del prete Tebaldo e delle sue suore, promise a Lamberto abate di
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    Passignano per onore della chiesa fiesolana e della congregazione Vallombrosana di osservare con le sue compagne la regola di S. Benedetto. (ARCH. DIPL. FIOR. Badia di Passignano).
    Frattanto la popolazione del distretto di Figline sino allora sparsa nelle colline di Figline vecchio, a Castelvecchio della
    Foresta (ora la Torricina presso la villa di S. Cerbone), al Castel d’Azzo, al Castelluccio de’Benzi ec. andava raccogliendosi intorno al foro di Figline nuovo, in guisa che il vescovo fiesolano Rodolfo II, vedendo il popolo di Figline crescere giornalmente in fede e in numero, con bolla spedita da Fiesole il primo aprile 1175, eresse nella chiesa di S. Maria di Figline un battistero, dopo aver distaccato dall’antico piviere di Gaville le chiese, tributi e sostanze delle seguenti cappelle, che affiliò alla nuova chiesa plebana; cioè, S. Michele a Pavelli; S. Maria al Tartigliese; S. Bartolommeo a Scarpata; S. Pietro a Castel Guineldi; S. Segnore; S. Andrea a Ripalta; S. Margherita e S. Andrea a Campiglia; S. Maria a Carpignone; S. Donato a Spicciano; S. Martino a Altoreggi e S. Miniato a Celle.
    Alle quali chiese fu aggiunta quella di S. Biagio a
    Gaglianello dopo che, con atto pubblico del 14 giugno 1179 stipulato nella pieve di S. Maria a Fighine, il pievano di S. Vito a Schergnano (presso l’Incisa), presente Lanfranco vescovo di Fiesole, rinunziò la chiesa predetta do S. Biagio al pievano di S. Maria di Figline, riservandosi la metà dei proventi parrocchiali e dei diritti di stola.
    Mentre il vescovo Rodolfo istituiva in Figline il battistero, gettava i fondamenti della nuova pieve e collegiata con canonica e ospizio annesso per i poveri, trasportando
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    in essa i sacri arredi del poggio del prete Benedetto, sul quale era situata l’antica chiesa di S. Maria.
    Ma quel pastore fiesolano meditava a favore di essa chiesa privilegi anche maggiori, se la Repubblica fiorentina non avesse a lui impedito di traslatare la cattedra di Fiesole a Figline. Del quale progetto trovasi contezza in un ricorso fatto nel 1187 alla Sede apostolica da don Alberto successore di Ugo abate di Passignano contro il pievano di Figline, per reclamare alcuni beni col giuspadronato della chiesa di S. Lorenzo di Figline, e i danni fatti per il distrutto monastero di S. Maria, e per riavere gli arredi, reliquie e campane state tolte di là; onde faceva istanza affinchè il vescovo obbligasse il pievano e i canonici di Figline sotto pena della censura a restituire alla badia di Passignano con le dette sostanze anche le chiese sunnominate. (ARCH. DIPL. FIOR. l.c.).
    A tali vertenze se ne aggiunsero altre rapporto al prioreto di S. Bartolommeo a Scampata, le quali promossero un lodo pronunziato in Bologna il 20 aprile del 1192 dell’arbitro Baziano maestro di diritto canonico in quell’università; il quale sentenziò in parte a favore di messer Morando pievano di Figline, e in parte a favore di don Gregorio abate doi Passignano. Né il lodo bastò, poiché ad esso tenne dietro una sentenza proferita nel 1194 da Pietro prete cardinale del titolo di S. Cecilia, e finalmente una bolla del pontefice Alessandro IV diretta da Anagni li 12 ottobre 1255 al vescovo e capitolo di Fiesole, e quindi partecipata dal pontefice medesimo, da Ferentino li 30 aprile 1256, all’abate di Passignano per avvisarlo di aver dato l’ordine al vescovo di Fiesole di restituirgli la chiesa e il monastero di S. Maria di Figline con le altre cose più volte reclamate.
    Coincide infatti a quest’ultima epoca la
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    costruzione dell’attuale chiesa collegiata di Figline; essendochè nel giorno 23 febbrajo del 1252, a nativitate, il vescovo di Fiesole Mainetto dopo aver benedetta la prima pietra, dopo aver benedetta la prima pietra da collocarsi nei fondamenti della chiesa plebana di S. Maria di Figline, inviò costà Bernardo canonico fiesolano perché formalmente in sua vece sul luogo la murasse.
    Finora delle cose ecclesiastiche e delle chiese di Figline, senza che alcun documento siasi rammentato relativo alla storia civile o alla storia amministrativa del paese.
    L’istrumento che, sotto un tale rapporto, possa dirsi uno dei più antichi, credo che sia quello rogato li 19 maggio del 1211 sulla
    Cerba (forse il torrente Cervia che scende da Cavriglia in Arno fra San Giovanni e Figline). È una promessa fatta dal notaro Davanzato in nome del Comune di Figline di pagare lire cento a donna Midonia moglie di mess. Ubaldo, qualora essa prestasse il consenso al contratto di una vendita fatta dal suo marito di alcuni beni a quella Comunità.
    Ciò non ostante Figline molto tempo prima di quell’età aver doveva una tal quale organizzazione amministrativa e un territorio suo proprio, mentre Giovanni Targioni rammenta un istrumento delle Riformagioni di Firenze del 17 maggio 1098 relativo alla promessa fatta dall’università degli uomini di Figline vecchio di pagare al Comune di Firenze 26 denari per ogni focolare, eccettuati gli uomini addetti al servizio militare. La qual promessa di sudditanza alla Repubblica fiorentina trovasi rinnovata un secolo dopo dai Figlinesi per mezzo del loro sindaco.
    Ma nel 1223 gli abitanti del castel vecchio di Figline per aderire alla causa imperiale si ribellarono a Firenze, sostegno della parte contraria ossia della chiesa; e nuovamente insorsero ai danni di lei, allorchè, nel 1252, accolsero gli usciti Ghibellini fiorentini con le masnade degli Ubertini e il conte
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    Guido Novello loro condottiero.
    Fu allora che i reggitori di Firenze inviarono nel Val d’Arno di sopra una mano di armati, che stette ad oste a Figline finchè gli assediati si arresero a onorevoli patti. Fra le condizioni fuvvi quella di concedere ai Ghibellini usciti la facoltà di poter ritornare a Firenze. «E ciò fu, (soggiunge Villani,
    Cronic. lib. VI, c. 51), perchè più casati Guelfi ch’erano terrazzani di Fegghine non piacendo loro la signoria de’Ghibellini cercarono detto trattato. E chi disse che quegli della casa de’Franzesi, per moneta ch’ebbono dai Fiorentini, avevano ordinato di dar loro il castello. Partiti gli assediati e il conte Guido con la sua gente, Fegghine ad onta della convenzione fu rubato, arso e abbattuto dai vincitori.»
    Sennonchè i Ghibellini dopo la memorabile vittoria di Montaperto (tra il 1260 e 1265) fecero man bassa sopra le case dei loro nemici; né Figline restò esente dalla loro vendetta. Avvegnachè sino dall’ottobre del 1260 Lapo di mess. Bindo Alamanni, Gentile del fu mess. Scolajo da Lucolena e altri canonici della pieve di Figline con varj Ghibellini loro seguaci usarono tali violenze alla chiesa di S. Bartolommeo a Scampata, ai suoi beni e al suo rettore, che con scrittura del 30 ottobre 1260 l’abate Ildebrando di Passignano cercò di implorare il braccio secolare dal conte Guido Novello, allora potestà di Firenze; ma essendo questo illusorio, ricorse al braccio ecclesiastico perché fulminasse, come fece nel 4 febbrajo 1261, contro i persecutori la scomunica. (
    l.c.)
    Nell’estimo ordinato dal Comune di Firenze per conoscere i danni cagionati in quell’epoca alle proprietà dei Guelfi cacciati dalla loro patria, fu registrato, che a Figline i vincitori di Montaperto distrussero una torre o palazzo nel borgo, quattro magazzini e due case nella cura del Castelvecchio di Figline. (P. ILDEFONSO.
    Deliz. degli Eruditi.
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    T. VII.)
    Dubito pertanto che volesse riferire a cotesto danno il rimborso che fecero gli ufiziali della
    Torre ossia della parte Guelfa ai figli di mess. Fortebraccio Palmieri da Figline, quando gli stanziò lire 1175 per valuta di una torre e di quattro botteghe state rovinate dai Ghibellini.(TARGIONI. Viaggi. articolo Figline.)
    Tali avvenimenti contribuirono viemaggiormente per far scendere dal poggio alla sottostante pianura i terrazzini, e per accrescere le abitazioni intorno al foro o mercato della terra attuale di Figline, che bella ma senza alcun recinto di mura trovavasi ancora nel 1312, quando vi passò l’esercito di Arrigo VII di Luxemburgo, mentre veniva dalla parte di Arezzo dall’assedio di Firenze.
    Nuovi infortunj a cagione di guerre il borgo di Figline ebbe a soffrire nel 1356, e nel 1363; da primo allorchè fu posto a ruba dalle masnade ghibelline condotte da Saccone Tarlati di Arezzo, poscia dall’oste pisana che insieme a una compagnia di avventurieri inglesi per il poggio di Cintoja dalla Val di Greve penetrò nel Val d’Arno di sopra, quando improvvisamente assalì Figline, dove potè raccogliere ricco bottino di vettovaglie, di masserizie e di prigioni.
    Indi la stessa oste si rivolse ad assediare la fortezza, situata presso la porta fiorentina, là dove si veggono ancora i suoi resti sotto nome di
    Cassero. Ciò avvenne nell’anno stesso in cui fu compito il giro delle mura torrite di Figline. Al quale cerchio fu posta mano nel primo mese dell’anno 1357 (ab incaenatione) per solenne provvigione, dal Comune di Firenze, stata nel dicembre del 1356 deliberata: acciocchè fosse cinto di mura con due porte maestre il borgo di Feghine, come granajo della città di Firenze, per l’abbondanza della vettovaglia, che continuamente a quel mercato concorreva. (M. VILLANI. Cronic. lib. VII. c. 45).
    Infatti i
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    mercuriali di Figline servivano di norma, ed erano riportati a confronto di quelli di Firenze, segnalamente nei tempi di carestia. Un tal vero è dimostrato da un codice inedito del marchese Tempi, intitolato Specchio Umano, e di cui fu autore un biadajuolo fiorentino fra il 1309 e il 1336. In esso libro trovansi notati i prezzi correnti delle varie qualità di grano e di biade che si vendevano in Firenze sulla piazza di Or S. Michele, e tempo e per tempo i nomi dei potestà o vicarj regii e degli ufiziali dell’abbondanza, i provvedimenti che essi fecero e i casi che seguirono nelle maggiori carestie, quando il comune di Firenze, oltre gli acquisti di granaglie fatti all’estero, mandava bene spesso a comprare il grano al mercato di Figline, che sino d’allora cadeva, come ora, nel giorno del martedì.
    Un’altra tempestaccia minacciò il paese di Figline nel 1379 per macchinazione di alcuni banditi fiorentini dell’espulso partito dei Ciompi, quando essi, dopo aver congiurato nella villa de’Peruzzi a Marignolle, inviarono di notte tempo dal Chianti nel Val d’Arno di sopra una mano d’armati per occupare in sull’aprire delle porte la terra di Figline.
    Il che facilmente sarebbe venuto fatto, se il potestà del luogo, avvertito in tempo dai governanti la Repubblica di Firenze, non avesse ordinato di aprire le porte più tardi dell’usato. (AMMIRAT.
    Istor. fior.)
    Dopo quest’epoca le memorie di Figline non ci presentano fatti relativi alla sua storia civile che non siano comuni agli altri paesi del territorio fiorentino.
    Li statuti particolari di Figline, che conservansi in un libro membranaceo nell’archivio comunitativo, furono riformati e sanzionati li 30 maggio del 1437.
    Edifizi pubblici sacri e profani. – Fra gli edifizj consacrati al culto Figline abbonda di chiesine, di oratorj e di compagnie con due tempj maggiori, per quanto essi
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    tutt’insieme non bastino a contenere la popolazione che ogni anno va costà sempre aumentando. Fra le due chiesa più vaste contasi la collegiata, (unica parrocchia) e equella del convento di S. Francesco. – Della prima si accennò la riedificazione nell’anno 1257, comecchè l’attuale fabbricato conti un’epoca assai posteriore; tanto più che di una riparazione eseguita sul declinare del secolo XV fa menzione la bolla relativa all’erezione della pieve di Figline in collegiata insigne. Fu tal privilegio concesso dal pontefice Alessandro VI li 29 luglio 1493, sebbene l’ordine dell’esecuzione fosse inviato li 5 ottobre dell’anno medesimo a Roberto Folchi vescovo di Fiesole, e a mess. Francesco Rucellai decano della metropolitana fiorentina. I quali due delegati pontificj, li 28 dello stesso mese, si recarono a Figline per installare in preposto della insigne collegiata di S. Maria di Figline il suo antecedente pievano Diedo di Niccolò Diedi con 12 canonici, stati a tal uopo dotati dai respettivi fondatori.
    Sono pertanto degne di essere avvertite alcune frasi di quella bolla, che qui perciò si riportano:
    Quod licet ecclesia praedicta (S. Maria di Figline) olim antiquis temporibus collegiata (la quale espressione appella alla bolla del vescovo Rodolfo II del 1175) … tamen deficiente successu temporis inibi canonicorum collegio, ecclesia praedicta desiit esse collegiata, divinusque cultus in ea non parum fuit diminutus. Verum si praedictam ecclesiam dilectus filius Jacobus de Mannellis canonicus florentinus, olim illius rector, pia ductus devotione de propriis bonis suis decenter reparaverat et restauraverat, in collegiatam ecclesiam cum una dignitate, quae ibi praepositura nuncuparetur, et dignitas principalis existeret pro uno praeposito et XII canonicatus, etc… erigeretur… Quindi esponendo i diritti dei tre patroni alla nomina del preposto vi comprende per una voce la famiglia Serristori, non già per la dotazione dei due canonicati, che uno fondato
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    qualche tempo innanzi dal giureconsulto Giovan Battista Serristori, e l’altro da Antonio suo figlio, ma in vista soltanto che la casa medesima aveva speso 200 fiorini nella riparazione della chiesa di S. Maria di Figline, e 300 fiorini per l’acquisto di arredi sacri. (ARCHIVIO della COLLEGIATA di FIGLINE.)
    Non ostante tuttociò la chiesa collegiata di Figline, ridotta com’è nello stato presente, offre motivo da crederla di fattura posteriore al secolo XV, tanto nell’architettura degli altari, quanto in quella dell’arco della tribuna, lavorati tutti in pietra serena.
    Di data anche più recente sono i bassi-rilievi a chiaro-scuro e l’affresco del sacrifizio d’Abele dipinto nella soffitta dell’oratorio del
    Corpus Domini, contiguo alla collegiata, opere entrambe assai lodate del pittore fiorentino Tommaso Gherardini, e forse le migliori pitture di quel tempio, qualora si eccettui l’immagine che ivi si venera di N. Donna attribuita al Cigoli o alla sua scuola.
    Il preposto della collegiata conserva sempre gli antichi attributi di capo del piviere di Figline, il quale ha due canonici per vice-parrochi. Il piviere di Figline conta attualmente sette succursali, cioè; 1. S. Maria a
    Pavelli, prioria; 2. S. Bartolommeo a Scampata, idem; 3. S. Maria al Tartigliese, idem; 4. S. Andrea a Ripalta; 5. S. Maria del Ponte Rosso; 6. S. Martino a Altoreggi; 7. S. Biagio a Gaglianello.
    Seconda per anzianità, non già per grandezza, figura in Figline la chiesa di S. Francesco fondata dai frati Minori Osservanti verso la metà del secolo XIV. Avvegnachè non si conosce di essa ricordo che rammenti questa famiglia di Francescani prima del 1278, aanno in cui fu rogato il testamento della contessa Beatrice figlia del conte Rodolfo di Capraja, stata moglie del conte Marcovaldo di Dovadola. Con il quale testamento fra i moltissimi
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    legati furono assegnate lire 25 ai frati Minori di Fighine. (LAMI, Monum. Eccl. Flor. – BRUNETTI, Codice Dipl. Fio. Vol. II.)
    La chiesa è a solo corpo a croce latina con soffitta a cavalletti come la collegiata, sebbene di essa alquanto più larga e meglio illuminata. Un mal avventuroso partito fu quello di dar di bianco alle pareti della medesima, piene d’istorie dipinte a fresco nel secolo XV da non dispregevole artista, siccome apparisce da una testa stata scoperta nel sovrapposto intonaco a piè di chiesa, e da un quadro superstite della Beata Vergine Annunziata dall’Angelo nell’antica cappella gentilizia de’Serristori. Davanti alla quale esiste la lapida di quella famiglia benemerita di Figline posta nell’
    anno 1400 da Ser Ristoro di Ser Jacopo per sé e suoi discendenti. – Il quale Ser Ristoro ci ricorda quel notaro della Repubblica fiorentina che ai 9 di ottobre del 1380 nella villa di Strove presso Staggia rogò la pace con il re Carlo di Durazzo.
    Il cappellone contiguo
    a cornu evangelii fu costruito dai duchi Salviati, che fra gli altri beni ereditarono dai Franzesi della Foresta un’insigne reliquia della S. Croce, passata con l’acquisto della tenuta di S. Cerbone presso Figline nella casa Lambruschini. – Vedere CERBONE (S.) nel Val d’Arno superiore.
    È curiosa la genealogia della provenienza di cotesta reliquia incisa nel reliquiario e ripetuta in una lapida sotto l’altare preaccennato con le seguenti parole:
    Partem Crucis, quam Carolus Mag. a Constantino, mox a Philippo Musciattus Fransesius dono suscepit, Fighinum advexit, deinde Nicolaus Musciatti filius ejusdem Fransesiae domus Exc. D. Jacobuo Salviati Juliani duci tradidit, tandem Franciscus Maria filius una cum patribus in hac ara colendam reposuit. Anno Domini 1688.
    Fra le pitture superstiti di questo tempio sono da vedersi due
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    antiche tavole, una di N. Donna con il Santo Bambino nella cappella a cornu epistolae, fatta dipingere nell’anno 1392 dai capitani della compagnia di Or S. Michele e dallo spedalingo di S. Maria Nuova di Firenze, per l’anima di Benso da Figline loro benefattore.
    L’altro quadretto, posto al primo altare a sinistra di chi entra in chiesa, rappresenta lo sposalizio di S. Caterina di scuola probabilmente senese del secolo XV.
    Ma gli affreschi più pregevoli esistono sotto il portico della stessa chiesa e nelle lunette sopra la porteria del convento, tanto dentro che fuori, là dove mi sembrò di ritrovare la maniera di Giovanni da San Giovanni; comecchè siano di mano inferiore la altre storie di quel chiostro e i ritratti dei padri più illustri della regola dei Minori conventuali, fra i quali si vede un oriundo Figlinese nel cardinale Palmieri, e sotto quello l’arca della nobile famiglia degli Ardimanni oriunda pur essa di Figline.
    Erano a contatto della chiesa di S. Francesco tre compagnie, una delle quali è stata convertita in scuola di educazione per le fanciulle, dove in parte si conservano nelle pareti storie a buon fresco del secolo XV. La compagnia della Misericordia, aperta da pochi anni sul modello e con il filantropico scopo di quella di Firenze, è situata sotto il portico della chiesa sopra nominata. Essa occupa il locale di un’altra soppressa società laicale, chiamata di S. Croce, la cui fondazione risaliva al secolo
    XIV. Stantechè nel Regio archivio diplomatico di Firenze si conservano varie carte di sua provenienza, a partire da un breve del 4 dicembre 1372, col quale da Andrea Corsini vescovo di Fiesole si concedevano 40 giorni d’indulgenza ai fratelli di quella compagnia laicale.
    Fu opera di cotesta società il monastero delle Agostiniane di S. Croce posto nella stessa piazza di S.
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    Francesco, di che fa fede la seguente iscrizione sopra la porta di chiesa: Societas S. Crucis fundavit anno Domini 1646.
    Alla stessa compagnia Figline deve il suo primo spedale, fondato sino dal secolo XIV, per conto del quale, nel 1467 e 1470, furono acquistati terreni da Francesco di Leonardo Serristori cittadino fiorentino abitante allora in Figline, e autore di Luigi Serristori che, nel 1666, innalzò dai fondamenti la più bella fabbrica che conti Figline, per uso di spedale con un esteso portico nella piazza del mercato di fronte alla collegiata. Costà infatti trovansi collocate a terreno le sale per gli uomini e per le donne inferme, con decente chiesa; e nel piano superiore un comodo quartiere per il patrono oltre l’abitazione per le inservienti. A mantenere tale stabilimento furono assegnati fondi sufficienti per dodici letti, otto per le femmine e quattro per i maschj, oltre un numero assai maggiore di Oblate della carità.
    Tale istituzione filantropica, che fa ammirare il cuore di chi la pose ad effetto, non basta però ai bisogni che presenta oggi la numerosa classe di quella gente, che i Romani solevano appellare
    proletaria, e che, quasi direi, formicola per le strade di Figline.
    Vi è inoltre fuori Figline un piccolo convento di Cappuccini (S. Romolo) eretto nel 1710 sulla collina di
    Figline vecchio dal Gran Duca Cosimo III.
    Fra gli edifizj pubblici profani, oltre il cerchio delle sue muraglie, non ha Figline che il palazzetto del pretorio per residenza del potestà e per le adunanze comunitative.
    Esso ha figura di un piccolo quadrato con torre alquanto pendente, costruiti l’uno e l’altra contemporaneamente, o poco dopo terminato il lavoro delle mura castellane. – Sopra la stessa torre del pretorio conservasi l’antica campana, nella di cui iscrizione è registrato l’anno 1202 in cui essa fu fusa. Probabilmente
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    è quella campana del castello di Susinana di là dell’Appennino, che per lettere rilasciate dalla Signorìa di Firenze, li 5 giugno 1387, a Tano di Pietro Lanajolo di Feghine, fu consegnata sei giorni appresso dal nobil uomo Domenico di Guido del Pecora citadino fiorentino allora vicario della Repubblica in Palazzuolo, al latore di esse per recarla al Comune di Figline ad perpetuam destructionem et mortem totius partis Ghibellinae. (ARCH. DIPL. FIOR. Sped. di Bonifazio.)
    Sopra la porta della torre medesima fu murato posteriormente un marmo rappresentante l’arme di uno dei potestà di Figline, che dichiara essere stato posto,
    Al tempo di Marsilio Zanobi Ficini P. di Figline, l’anno MDLX.
    Tale documento giova pertanto a farci conoscere un oriundo figlinese, pronipote del famoso Marsilio Ficino filosofo platonico, e nipote di quel Ficino, cui nel 1530 fu mozza la testa in Firenze, mentre la città trovavasi assediata dall’esercito imperiale ai comandamenti del papa Clemente VII; e ciò in punizione al Ficino di essersi apertamente espresso: che a gran ragione Cosimo de’Medici aveva meritato il titolo di padre della patria. (AMMIRAT.
    Istor. fior. lib. XXX.)
    Fra gli stabilimenti di pubblica istruzione e di patria carità che onorano le benefiche disposizioni dei Serristori a favore della loro antica patria, Figline possiede una scuola per le fanciulle sotto la cura e ammaestramento delle donne; e da pochi anni quattro scuole comunitative per utilità del sesso virile; cioè di calligrafia, di aritmetica, di lingua latina, di retorica e di geometria sotto la direzione dei Padri Scolopi.
    È stata inoltre aperta da tre anni e mantenuta a spese particolari una scuola per insegnare nei dì festivi i principj di disegno e di meccanica agli artigiani; benefizio che il popolo di Figline deve alle cure filantropiche dello zelante Raffaello Lambruschini, promotore al
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    pari costà di una cassa di ripsarmio, affiliata a quella, tanto maggiomente utile, di Firenze.
    Figline novera eziandio una sala da teatro per esercitare la gioventù molto propensa all’armonia.
    Un posto con l’annuo assegno di 120 scudi, per mantenere un giovane sei anni all’Università di Pisa o di Siena, fu fondato nel 1822 dal figlinese dott. Gio. Battista Buoni; alla cui pietà deve Figline varii altri caritatevoli ricordi; come sarebbero, annue doti alla fanciulle e il pane da dispensarsi ai poveri.
    Se da Figline dovessero dirsi oriundi tanti personaggi illustri che diedero le famiglie Serristori, Palmieri, Franzesi della Foresta, gli Ardimanni e varj altri casati cospicui, noi daremmo a cotesta terra più figli che non le spettano.
    Ma supplisce per molti, e niuno ad essa contradice il restauratore della filosofia di Platone in Italia, Marsilio di maestro Diotifece, medico e scrittore, fratello di Simone, che fu bisavo di quell’altro Marsilio che trovammo nel 1560 potestà nella patria avita.
    Nel secolo XVI figurò fra i poeti maestro Jacopo da Figline segretario del cardinale Pietro Corsini; nel secolo susseguente nacque pure costà Giovanni Fabbrini dotto illustratore di varj classici, e autore di un libro sulla
    Teorica della lingua latina. La qual teorica fece strada a un consimile metodo sul declinare del secolo XVIII, sotto il titolo di versione interlineare, o Amiltoniana propagato.
    Anche l’incomparabile latinista Giuseppe Averani prof. dell’Università di Pisa nacque presso Figline; siccome più tardi da genitori figlinesi vi nacque nel 1739 il celebre Lorenzo Pignotti affiliato poi alla cittadinanza di Arezzo.
    Comunità di Figline e Incisa. – La Comunità di Figline, sino dal 1828, aumentata di otto parrocchie già spettanti alla Comunità dell’Incisa, occupa attualmente una superficie di 28129 quadrati, dei quali 1107 sono presi da corsi d’acqua e da pubbliche strade. Vi è una popolazione di 11000
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    abitanti, che ripartitamente corrisponderebbero a 328 persone per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Confina con sette Comunità. A settentrione ha di fronte la Comunità di Rignano, a partire della ripa sinistra dell’Arno alla confluenza del fosso
    Salceto mediante il torrente medesimo; e di là dirigendosi verso ponente attraversa la strada comunitativa che dall’Incisa va a Rignano, detta del pian d’Isola. Passato il mulinaccio della Felce, entra nel torrente omonimo, mediante il quale va contr’acqua verso il ponte alle Lame, indi all’altro della Felce, sale sul poggio di S. Donato in Collina attraversando l’antica strada Regia aretina per arrivare alla confluenza dei fossi Troghi e del Massone. A questo punto volta la fronte a ponente-maestro per andare incontro alla strada comunitativa che conduce in Ema. Quindi torna a piegare salendo il monte contro il rio della Dicciolina. Giunta sul crine dei poggi che dividevano l’antica comunità dell’Incisa da quella di Greve, fronteggia con quest’ultima dal lato di ponente camminando insieme sulla cresta dei poggi del Cerchio e di Biggiano, e di là entrando nella strada comunitativa, s’indirizza sopra il Monte scalari fra le sorgenti del borro della Ragnaja, tributario dell’Arno, e le scaturigini del borro Faule che scende dalla parte di Greve. Alla confluenza del Faule nel borro de’Frati il territorio della Comunità di Figline si rivolge verso il prato della badia di Monte scalari, al di là del quale trova uno dei più remoti rami del torrente Cesto. Costà piegando da ponente a libeccio entra nell’alveo sinuoso del Cesto, col quale scende nella valle, e strada facendo trova la confluenza di un altro ramo che viene da Lucolena
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    sopra il ponte agli Strulli. Da questo punto s’inoltra per termini artificiali con la fronte a ponente verso il fianco orientale dei poggi di Monte Domini e di Castiglioni per andare a trovare le sorgenti del torrente di S. Cipriano, rasentando la via tracciata sul poggio di Montemuro sino al termine di Casalmonte, che trova alle fonti del borro di Pian d’Olmo. Costà abbandona a ponente la Comunità di Greve e piegando a ostro scende di conserva con la Comunità di Cavriglia lungo il borro sopraccennato, sino a che l’oltrepassa per entrare in quello del Piscinale, col quale arriva alle Grillaje, e poscia sbocca nel fosso di Meleto. Mediante il qual fosso si accompagna nel torrente di S. Cipriano, detto pure del Mulinaccio, correndo parallelo alla strada di Pian Franzese finchè arriva alle Stanguccie, dove ripiega a ostro avviandosi per termini artificiali verso i colli di Ripalta, del Tartigliese e del Restone. Arrivata al fosso del Forestello entra nel tronco di strada vicinale che attesta con quella Regia aretina presso la ripa sinistra del torrente Mulinaccio o di S. Cipriano, dove cessa la Comunità di Cavriglia e sottentra quella di S. Giovanni. Quest’ultima dal lato di scirocco-levante fronteggia con quella di Figline passando dal ponte del Porcellino sulla strada postale, indi corre per l’alveo del torrente prenominato, finchè dopo un quarto di miglio sbocca in Arno; che dal lato di levante-grecale per un miglio toscano continua a dividere le due Comunità, da primo mediante l’arginone della Fornace, poscia per la strada provinciale degli Urbini fino al termine delle Fontacce. A questo punto piegando più
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    verso grecale la comunità di Figline trovasi a confine con quella di Castelfranco di Sopra, mediante la strada degli Urbini, sino al ponte che cavalca il torrente Faella, al di là del quale trova sulla strada e lato medesimo la Comunità di Pian di Scò che l’accompagna nel torrente Resco. Trapassato questo torrente senza deviare dalla via degli Urbini cammina di conserva con la Comunità di Reggello sino al torrente del Papini, col quale ritorna in Arno. Da questo punto il corso del fiume costituisce dal lato di levante-grecale il confine naturale fra le due Comunità di Figline e di Reggello fino al ponte del Sacchetti, dove ritrova dalla parte di settentrione la Comunità di Rignano.
    Fra i maggiori corsi di acqua che attraversano o che rasentano il territorio della Comunità di Figline e Incisa, dopo l’Arno che per 10 miglia toscane lambisce il suolo di questa Comunità, si contano i torrenti
    Cesto, Mulinaccio o di S. Cipriano, i borri del Ponte rosso e di Troghi o Salceto.
    I ponti che cavalcano l’Arno lungo il distretto comunitativo di Figline, sono quello dell’
    Incisa e il ponte della Panche, ossia di Bruscheto; ma solo il primo di essi è largo, solido e carrozzabile; il secondo, impostato molto basso, è a piccoli archetti diseguali.
    Quello così detto degli
    Strulli, ossia ponte del diavolo, posa l’unico suo arco sopra altissime rupi di macigno, sulle profonde ripe del torrente Cesto che cavalca fra S. Leo a Celle e la pieve di Gaville. Alcuni dubitarono che fosse questo di opera romana lungo una strada consolare, (la Cassia) per quanto stia a
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    infirmare tale supposto la topografica situazione dello stradale, la qualità della costruzione, e la troppo angusta sua carreggiata.
    Nel torrente
    Cesto fluiscono per varj rami tutte le sorgenti e le acque che cadono sul fianco orientale dei poggi ultimi del Chianti, a partire dal giogo di Monte Domini sino a Monte scalari.
    Le stesse acque per tanti diversi rivi provenienti dai poggi suddetti e da quelli di Cintoja, di Torsoli, di Querceto e di Lucolena, si riuniscono in un solo alveo al castellare di Dudda; poco lungi dal quale esse corrono furiose gorgogliando fra le scogliere che sostengono l’altissimo ponte agli
    Strulli.
    Il torrente di
    S. Cipriano, ossia del Mulinaccio, accoglie tutti i rii e borri che dai poggi di Montemuro e di Cinciano scendono in Pian Franzese, e di là si perde in Arno fra S. Giovanni e Figline.
    Al torrente del
    Ponte rosso danno il primo alimento i poggi di Pian d’Albero, nei quali ha origine la vallecola che dechina da Monte scalari verso S. Miniato a Celle, e per le ville di Poggiale e di Campiglia arriva al Ponte rosso sulla strada Regia aretina, un quarto di miglio toscano a maestro di Figline, e altrettanto a ponente dell’Arno.
    Il torrente
    Troghi, ossia di Salceto, principia sotto la villa della Torre a Cuona, e dopo aver corso parallelo alla strada maestra aretina, passa sotto il ponte della Felce la stessa strada Regia; indi girando verso levante s’ingrossa dei borri di Rimaggio e di Besticci, dopo di che trova il ponte di Salceto nel piano d’Isola, al di là del quale si vuota in Arno.
    Una sola strada Regia, cioè, quella postale aretina,
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    passa per la pianura di questa Comunità, dall’Incisa al ponte del Porcellino. Essa fu sostituita nel 1816 a quella Regia, ora provinciale, che scende da S. Donato in Collina passando per la Torre a Cuona, il piano di Troghi e di là per il borgo di Bucchio scende all’Incisa, dove si unisce alla Regia postale che viene dalla riva destra dell’Arno, dopo avere attraversato il ponte dell’Incisa.
    Fra la strade comunitative rotabili si conta quella aperta nel 1833 fra Figline e Greve, varcando i poggi del Chianti inferiore fra Cintoja e Lucolena.
    Un tronco di via pure rotabile rimonta il
    Cesto sino a Gaville staccandosi dalla Regia postale all’albergo del Porcellino.
    L’antica via Cassia non credo che attraversasse il territorio comunitativo di Figline per le ragioni che saranno esposte all’articolo VIA CASSIA.
    La qualità del suolo, che cuopre la superficie territoriale della Comunità di Figline, si può ridurre a tre classi; cioè 1.° a terreno secondario formato di rocce stratiformi compatte; 2.° a terreno di sedimento post-diluviano sparso di fossili animali e vegetabili; 3.° a terreno di deposito di recentissime alluvioni. Spettano alla prima classe le pietre arenarie che costituiscono quasi sole l’ossatura apparente dei poggi, fra i quali scorrono i torrenti del
    Cesto e di S. Cipriano, e donde si escavano i macigni o pietre serene impiegate per opere di edificatoria e per lastricare le interne vie e i portici di Figline.
    Entrano nella seconda serie i depositi di marne argillose e di tufo arenario che costituiscono i varj strati delle colline intermedie fra le rocce secondarie dei poggi predetti e le recenti colmate lungo il fiume Arno. In coteste piagge ghiajose furono sepolte selve estesissime di alto fusto, e intere famiglie di giganteschi quadrupedi, mentre serve loro di coperchio una numerosa serie di
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    banchi orizzontali composti di ghiaja, di rena e di ciottoli di più grandezze, derivati dai massi di pietra calcarea, di macigno e di galestro, o da simili altre rocce appenniniche. In tal guisa si presentano meglio che altrove lungo il borro dei Cappuccini di Figline; così che dalla profondità di quei banchi e dalla dimensione dei ciottoli si potrebbero quasi numerare le varie alluvioni più o meno lunghe, più o meno violente, più o meno copiose di ghiaja e di ciottoli, per opera delle quali fu colmato a una vistosa altezza il fondo della Valle dell’Arno, innanzi che le acque fluenti ne trascinassero una parte per la tortuosa foce dell’Incisa. – Vedere l’Articolo ARNO.
    Che il Val d’Arno sopra a Firenze, avanti e dopo il mille, fosse frigido e palustre per causa dei spagliamenti del fiume reale e degli influenti che dai suoi fianchi vi concorrono, è a parer mio un fatto dimostrato in modo evidente dall’ubicazione dei più antichi castelli e pievi, dai ruderi delle rocche, casali e paesetti più vetusti, la di cui situazione riscontrasi a un livello molto superiore a quello dei villaggi, dei borghi o terre, e delle parrocchie più moderne del Val d’Arno medesimo; chiese e paesi tutti, i quali non contano una età più vetusta di sette o otto secoli.
    Che poi l’Arno anche in tempi meno antichi vagasse nella stessa valle, ce lo attestano tanti terreni conquistati dall’arte idraulica, tante isole, isolotti e bisarni riuniti al continente della pianura di Figline, di San Giovanni, dell’Incisa, e convertitisi in ubertosissimi campi che rassembrano altrettanti giardini.
    L’isola del Mezzule nel piano dell’Incisa di fronte al Vivajo, stata colmata e ridotta a un gran podere omonimo, fu capace nel 1312 di accogliere l’esercito dell’imperatore Arrigo VII. (GIOVANNI VILLANI,
    Cronica lib. IX, c. 46.)
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    – Di un’isola di Arno dirimpetto a Figline, nel popolo di Castel Guineldi, si trova fatta menzione, non solamente nel provvedimento fatto, li 2 ottobre 1353, dal magistrato della Parte Guelfa di Firenze per aggiudicare i danni e ritrovare i confini delle terre sommerse dall’alluvione dello stesso fiume, ma essa è ricordata nelli statuti fiorentini redatti nel 1321 (lib. III, rubr. 3), dove si tratta della direzione da darsi al fiume Arno per il distretto di Figline; e ciò per effetto (dichiarasi in essa rubrica) dei frequenti spagliamenti dell’Arno, il quale devastava e rendeva totalmente infruttifere 4000 stiora di terra a seme nell’isola circondata dell’Arno. Per la qual cosa fu deliberato doversi addirizzare il corso e dare un migliore regolamento allo stesso fluente a spese dei possidenti frontisti.
    Tali ed altri successivi provvedimenti idraulici nel giro di più secoli, presi dal magistrato medesimo, non furono sufficienti a mantenere costà nel suo canale l’Arno. Imperocchè, senza contare il grande diluvio del 1333, che (
    ERRATA: tutto il Val d’Arno) tutto il piano del Val d’Arno sommerse, né la piena del 1353, molte alluvioni posteriori devastarono e copersero di acque tanto la pianura di Figline, quanto quella dei paesi limitrofi.
    In conseguenza di ciò trovasi nelle carte e nei libri di questa Comunità, che il magistrato civico di Figline, nel giorno 7 aprile 1406, poscia nel 28 febbrajo 1411, e di nuovo nel 1468, rintracciò, aggiudicò e riconfinò ai respettivi proprietarj, diverse porzioni di terra state occupate dall’Arno; dal quale, nell’inverno del 1454, e in quello del 1465 furono portate via più di 500 braccia della strada maestra aretina presso
    Rimaggio nel territorio di Figline, avendo sommerso da 1200 stiora di terra.
    Quindi ognuno comprende quali provvedimenti e quante gravi spese occorressero per la ripetuta costruzione dei ripari onde ristringere
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    nel suo alveo e tenere in freno il fiume maggiore della Toscana in un’aperta pianura, siccome è questa di Figline presso alla chiusa naturale dell’Incisa. Non deve pertanto far maraviglia, se tali aggravj si moltiplicassero al segno da assorbire bene spesso il valore del fondo riacquistato. La qual cosa penetrò l’animo generoso dell’Augusto PIETRO LEOPOLDO, per cui fu emanato dal trono uno di quei Motuproprj che renderanno indelebile la memoria di quel sapientissimo e affettuoso padre, più che principe rigeneratore del popolo toscano.
    Chi entra perciò in Figline deve arrestarsi un istante fuori della porta fiorentina per leggere sopra di essa un marmo messo dalla gratitudine dei Figlinesi, onde tramandare alla posterità la memoria di tanto benefizio. –
    Vedere SAN GIOVANNI.
    Rapporto ai prodotti del suolo, la parte più elevata e più montuosa di questa Comunità abbonda soprattutto di boschi a palina o quercioli, di castagni, di querce e simili.
    Le colline sono in gran parte coltivate a vite e ad ulivi. Quelle coperte di marna argillosa o di tufo arenario, distinte coi nomi di
    piagge o di sabbione, sono spogliate di alberi, ma si seminanao con profitto a grano un anno sì e l’altro no, e nell’anno di riposo si pongono le fave, o vi si lasciano crescere le capraggini (Gallega officinalis) seminate l’anno innanzi sopra il grano, che poi si sovesciano alla nuova sementa dell’anno susseguente.
    Più fertili e più produttive sono le piagge di sabbione, composte di banchi di minuto renischio, che i Valdarnesi chiamano
    Sansino.
    Una giudiziosa condotta delle acque potrebbe marnare e correggere il terreno più sterile delle piagge argillose col sistema delle colmate di monte, stato ben descritto e praticato dal marchese Cosimo Ridolfi.
    La coltivazione della pianura intorno Figline è molto accurata e ben diretta. Il modo
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    di tener le viti sugli oppi si può citare per modello, e i lavori dei campi e degli orti sono diligentissimi.
    Il bisogno di bestie aratorie, e il commercio notabile che si fa di bestiame da ingrasso, ha stimolato i contadini di questa pianura a seminare foraggi di tutte le stagioni. I sovesci di lupini e di fave vi sono usati comunenmente; e i conci, che ivi abbondano, sono custoditi con diligenza.
    In generale i prodotti agrarj di Figline sono squisiti e copiosi; sia nel genere di olii e di vini, come di frutte pomifere e cucurbitacee; sia per la bontà dei cereali e dei legumi, fra i quali i fagiuoli gentili sono ricercatissimi e preferiti a quelli delle altre contrade.
    Di qualità assai pregevole è la seta estratta dai bozzili, che in copia si educano dai contadini nelle campagne di Figline e nella bigattiera modello dei signori Lambruschini alla loro villa di S. Cerbone, prossima a Figline.
    L’uva denominata
    colore o colorino smerciasi a centinaja di some per i vini che hanno bisogno di ciò che dicesi governo. Essa forma un oggetto di produzione di qualche interesse per cotesta comunità e per quelle ad essa limitrofe.
    Non è da tacersi la risorsa (forse la meno fallace) che i possidenti terrieri e i loro contadini ritraggono dal bestiame lanuto, dal vaccino e porcino, dai polli e dal prodotto delle api.
    Qualora si eccettui la porzione che tocca ai coloni, il frutto di tutte coteste risorse agrarie in ultima analisi va a terminare nelle borse dei possidenti terrieri, per la maggior parte domiciliati a Firenze o lontani da Figline. Per la qual cosa i benestanti sono scarsissimi in proporzione alla popolazione che vi trabocca.
    Infatti non sitrovano in Figline manifatture speciali, ad eccezione di una fornace di vetri di casa Serristori, di
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    cinque o sei botteguole di fabbri per coltelli e di pochi fabbricanti di funi.
    Le cave di macigno sotto Gaville forniscono materia a varj cavatori e scarpellini del paese.
    L’arte della lana, antica risorsa dei Figlinesi, e quella dei tessuti ordinarj di lino, una dopo l’altra furono eclissate da industrie più moderne e più fallaci, siccome era una quella della treccia e cappelli di paglia, la quale per qualche anno alla classe più rumorosa del popolo fornì pane, denari e qualcos’altro.
    Del resto il mercato settimanale, che cade in martedì, costituisce quasi che tutta la risorsa dei pigionali di Figline, bottegaj, braccianti baroccianti e facchini.
    La Comunità mantiene un chirurgo e due medici condotti.
    La potesteria di Figline è tra quelle di prima classe. – Essa non estende la sua giurisdizione civile fuori della comunità riunita di Figline e Incisa. Per il criminale e per gli atti di polizia dipende dal vicario Regio di San Giovanni. Vi è una cancelleria comunitativa di terza classe, la quale serve anche alle Comunità di Greve e di Reggello. Parimente di terza classe è l’ingegnere di circondario residente in Figline, il quale abbraccia, oltre le tre sunnominate, anche la comunità di Rignano. Il suo ufizio di esazione del Registro è situato in Montevarchi, la conservazione delle Ipoteche in Arezzo, la Ruota a Firenze.

    QUADRO della popolazione della Comunità di FIGLINE e INCISA a tre epoche diverse.

    - nome del luogo: Altoreggi, titolo della chiesa: S. Martino (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti 1551 n. 160, abitanti 1745 n. 205, abitanti 1833 n. 218
    - nome del luogo: Avane, titolo della chiesa: S. Donato (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 190, abitanti 1745 n. 196, abitanti 1833 n. 240
    - nome del luogo: Borri, titolo della chiesa: S.
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    Stefano (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole, abitanti 1551 n. 55, abitanti 1745 n. 54, abitanti 1833 n. 40
    - nome del luogo: Campiglia, titolo della chiesa: S. Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 83, abitanti 1745 n. 204, abitanti 1833 n. 262
    - nome del luogo: Cappiano, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 205, abitanti 1745 n. 304, abitanti 1833 n. 384
    - nome del luogo: Castagneto, titolo della chiesa: S. Cerbone (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 60, abitanti 1745 n. 254, abitanti 1833 n. 308
    - nome del luogo: Celle, titolo della chiesa: S. Miniato (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 166, abitanti 1745 n. 205, abitanti 1833 n. 166
    - nome del luogo: FIGLINE, titolo della chiesa: S. Maria (Collegiata), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 1224, abitanti 1745 n. 1938, abitanti 1833 n. 3671
    - nome del luogo: Gaglianello, titolo della chiesa: S. Biagio (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. -, abitanti 1745 n. 141, abitanti 1833 n. 201
    - nome del luogo: Gaville, titolo della chiesa: S. Romolo (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 357, abitanti 1745 n. 582, abitanti 1833 n. 789
    - nome del luogo: Incisa, titolo della chiesa: S. Alessandro (Pieve), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. -, abitanti 1745 n. 1064, abitanti 1833 n. 1351
    - nome del luogo: Loppiano e Incisa, titolo della chiesa: S. Vito (già Pieve, ora Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
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    abitanti 1551 n. 357, abitanti 1745 n. 140, abitanti 1833 n. 332
    - nome del luogo: Monte Scalari, titolo della chiesa: S. Cassiano (già Badia, ora Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. -, abitanti 1745 n. -, abitanti 1833 n. 87
    - nome del luogo: Montelfi, titolo della chiesa: S. Quirico (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 424, abitanti 1745 n. 247, abitanti 1833 n. 311
    - nome del luogo: Morniano, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 69, abitanti 1745 n. 89, abitanti 1833 n. 113
    - nome del luogo: Pavelli, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 141, abitanti 1745 n. 155, abitanti 1833 n. 266
    - nome del luogo: Ponterosso nel Borgo di Figline, titolo della chiesa: S. Maria (già Badia, ora Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 311, abitanti 1745 n. 300, abitanti 1833 n. 639
    - nome del luogo: Ripalta, titolo della chiesa: S. Andrea (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 110, abitanti 1745 n. 137, abitanti 1833 n. 162
    - nome del luogo: Scampata, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 167, abitanti 1745 n. 193, abitanti 1833 n. 240
    - nome del luogo: Tartigliese, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. 215, abitanti 1745 n. 290, abitanti 1833 n. 285
    - nome del luogo: Terreno, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti
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    1551 n. 168, abitanti 1745 n. 342, abitanti 1833 n. 310
    - nome del luogo: Vivajo, titolo della chiesa: SS. Cosimo e Damiano (Cura), diocesi cui appartiene: Fiesole,
    abitanti 1551 n. -, abitanti 1745 n. -, abitanti 1833 n. 565
    - totale
    abitanti anno 1551 n. 4462
    - totale
    abitanti anno 1745 n. 6836
    - totale
    abitanti anno 1833 n. 11000

    FIGLINE nel Val d’Arno superiore. – Si aggiunga. – Che la Terra di Figline si fortificasse nel 1365 lo accertano due provvisioni della Signoria di Firenze del 28 aprile e 19 dicembre di quell’anno, l’ultima delle quali si esprimeva «qualmente il Comune di Firenze nella fortificazione di Figline speso aveva più e più migliaja fiorini, e che molti ancora restavano a pagarsi per il compimento di detta fortificazione. Finalmente con nuove provvisioni del gennajo e del giugno 1367 si accordarono altri sussidj per terminare le fortificazioni della Terra di Figline, (GAYE,
    Carteggio inedito ecc. Vol. I. Append. 2.)
    Il cancelliere Comunitativo di Figline serve pure alla Comunità di Reggello. L’ingegnere di Circondario poi abbraccia anche la Comunità di Greve. – Nel 1833 la Comunità di Figline insieme a quella soppressa dell’Incisa contava Abitanti 11000, e nel 1845 ne aveva 11995 come appresso:

    Popolazione delle Comunità riunite di Figline e Incisa all’anno 1845

    Altoreggi,
    Abitanti N.° 235
    Avane (
    S. Donato in) (Si aggiunga) (porzione), Abitanti N.° 264
    Borri,
    Abitanti N.° 55
    Campiglia
    di Figline, Abitanti N.° 364
    Cappiano,
    Abitanti N.° 392
    Castagneto (
    porzione), Abitanti N.° 96
    Celle,
    Abitanti N.° 191
    FIGLINE,
    Collegiata, Abitanti N.° 4054
    Gaglianello,
    Abitanti N.° 188
    Gaville,
    Abitanti N.° 720
    INCISA (
  •   pag. 33 di 33
    la maggior porzione), Abitanti N.° 1354
    Loppiano,
    Abitanti N.° 310
    Montelfi,
    Abitanti N.° 352
    Monte Scalari (
    porzione), Abitanti N.° 103
    Morniano,
    Abitanti N.° 89
    Olmeto,
    Abitanti N.° 255
    Pavelli,
    Abitanti N.° 311
    Ponterosso,
    Abitanti N.° 733
    Ripalta,
    Abitanti N.° 177
    Scampata,
    Abitanti N.° 273
    Tartigliese,
    Abitanti N.° 286
    Terreno,
    Abitanti N.° 399
    Vivaio,
    Abitanti N.° 538

    Annessi

    Avane (S, Cipriano in); da Cavriglia, Abitanti N.° 117
    Cintoja (S. Maria),
    da Greve, Abitanti N.° 6
    Pian Franzese;
    da Cavriglia, Abitanti N.° 23
    Renaccio;
    da San Giovanni, Abitanti N.° 37
    Viesca;
    da Reggello, Abitanti N.° 24
    TOTALE
    Abitanti N.° 11911
Localizzazione
ID: 1927
N. scheda: 21600
Volume: 1; 2; 6S
Pagina: 550; 126 - 138; 93 - 94
Riferimenti:
Toponimo IGM: Figline Valdarno
Comune: FIGLINE VALDARNO
Provincia: FI
Quadrante IGM: 114-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1699536, 4832484
WGS 1984: 11.47382, 43.62015
UTM (32N): 699600, 4832658
Denominazione: Figline, Fighino, Feghine, Fegghine - Castel Guineldo, Castel Guinelli, Castel Guineldi
Popolo: S. Maria a Figline
Piviere: (S. Romolo a Gaville, in Corticella) S. Maria a Figline
Comunità: Figline
Giurisdizione: Figline
Diocesi: Fiesole
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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