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Lajatico, Ajatico

 

(Lajatico)

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    LAJATICO, già AJATICO in Val d’Era (Castr. Ajatici e Lajatici). – Castello capoluogo di comunità con chiesa plebana (S. Leonardo) nella Giurisdizione di Peccioli, Diocesi di Volterra, Compartimento di Pisa.
    Risiede sulla sommità di un poggio spettante ad uno sprone interposto tra i torrenti
    Sterza e Ragone alla sinistra del fiume Era. – Trovasi nel grado 28° 23’ 5” longitudine e 43° 28’ 6” latitudine, circa 380 braccia più elevato del livello del mare Mediterraneo, 5 miglia toscane a ostro di Peccioli, altrettante a scirocco di Terricciuola, 8 miglia toscane a settentrione di Monte Catini in Val di Cecina, e 14 miglia toscane a maestrale di Volterra, passando per la strada provinciale di Val d’Era.
    La più antica memoria in cui si faccia menzione di un luogo denominato
    Lajatico trovasi in una carta dell’archivio arcivescovile di Pisa dell’anno 891, già pubblicata dal Muratori; ma quel Lajatico esser doveva nel distretto di Livorno della diocesi di Pisa, e per conseguenza ben lungi, ed affatto distinto dal Lajatico di Val d’Era, che fu sempre della diocesi volterrana.
    Forse al
    Lajatico livornese appellavano le parole di un istrumento del 21 agosto 1314, venuto nell’Arch. Dipl. di Firenze dal Monastero di S. Lorenzo alla Rivolta di Pisa; nel quale atto pubblico si nomina un luogo di Lajatico presso Colle Alberti in Val di Tora.
    Comunque sia la bisogna, certo è che il castello di Lajatico di Val d’Era nel secolo XII apparteneva ai conti Pannocchieschi d’Elci, giacchè il conte Ranieri Pannochia, figlio del C. Ugolino d’EIci, e la contessa Sibilla sua consorte, mediante un rogito dei 22 gennajo 1139, alienarono a favore di Adimaro Adimari vescovo di Volterra la loro parte di Lajatico e di altri castelli in Val d’Era.
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    Un’altra porzione di Lajatico, fu ceduta, nel gennajo del 1160, dal conte Guglielmino, della stessa consorteria dei Pannocchieschi, a Galgano vescovo di Volterra. Finalmente il successore di quest’ultimo prelato, il potente Ildebrando Pannocchieschi vescovo e signore di Volterra, potè ottenere da Arrigo VI un diploma (26 agosto 1186), mercè cui acquistò la giurisdizione politica sopra molti paesi della sua diocesi, fra i quali Lajatico, Peccioli, Ghizzano, Legoli ec.
    Ma il Vescovo Ildebrando non sembra che pacificamente ne godesse il possesso, tostochè sino dall’esordio del secolo XII dominavano costà i Pisani, nonostante che essi fossero ammoniti dal pontefice Innocenzo III, ricusandosi all’invito di consegnare i castelli di
    Peccioli, di Ghizzano, di Legoli e di Lajatico al Vescovo volterrano. A ciò essi tanto più si rifiutavano, in quanto che lo stesso Imperatore Arrigo VI aveva assicurato ai Pisani con diploma dei 30 maggio 1193 l’alto dominio non solamente del Castello di Lajatico, ma ancora di molte altre corti e paesi del vescovado di Volterra. Un simile privilegio fu posteriormente concesso al Comune di Pisa da Ottone IV (anno 1209) e da Carlo IV (anno 1355). Se non che dopo accaduta la terribile giornata navale alla Meloria, i rivali o nemici dei Pisani profittando della circostanza, tentarono di ritornare al possesso dei paesi stati loro tolti da quel Comune o di acquistarne dei nuovi.
    Comparve fra i pretendenti anche Ranieri degli Ubertini, Vescovo di Volterra, il quale per procurarsi un valido protettore, con atto pubblico dei 20 dicembre 1284, pose sè e la sua mensa con 22 castelli, fra i quali
    Lajatico e sei ville del vescovado Volterrano, sotto l’accomandigia della Repubblica di Firenze, per il tempo e termine di nove anni e undici mesi.
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    – Al che fu spinto quel Vescovo eziandio per rimborsare i Fiorentini delle spese fatte o da farsi affine di ricuperare i castelli medesimi dalle mani dei Pisani, cedendo frattanto al Comune di Firenze la metà dei dazii che la mensa di Volterra ritraeva dalle saline e dalle miniere di rame e di argento di sua giurisdizione. E perchè il vescovo di Volterra a quel tempo faceva battere moneta piccola, la repubblica fiorentina ne ammise la circolazione nel territorio del suo dominio, a condizione però che la moneta fosse della lega e bontà di quella della zecca di Firenze. Con lo stesso atto fu accordata facoltà al governo fiorentino di poter costruire un porto lungo la marina volterrana, concorrendo il vescovo nella metà della spesa. – In conseguenza di tale concordato, sotto gli 11 gennajo 1285 (stile comune) lo stesso prelato Ranieri fece prender possesso da un sindaco del Comune di Firenze del castello di Lajatico, ed in conseguenza di ciò quei vassalli prestarono giuramento di fedeltà alla Repubblica fiorentina. (AMMIRATO, dei Vesc. di Volterra. – ARCH. DELLE RIFORMAGIONI.)
    Non era però corso ancora un decennio che alla pace di Fucecchio (12 luglio 1293) il paese di Lajatico con molti altri della Val d’Era furono dal governo di Firenze a quello di Pisa riconsegnati.
    Il castello di Lajatico, nell’agosto 1362, ricadde nuovamente in potere dei Fiorentini, all’occasione cioè di una nuova guerra contro i Pisani, dai quali però fu ben presto assalito e ripreso con la morte del presidio che vi era a guardia. – Continuò Lajatico a ubbidire ai diversi reggitori di Pisa fino alla cacciata di Gabbriello Maria Visconti, allorquando (luglio l405), i Pisani si sollevarono contro di quel tiranno, che maneggiavasi di vendere la loro patria ai Fiorentini. – Allora fu, che Pietro Gaetani, uno
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    dei potenti cittadini pisani, occupò armata mano, e si ritenne per proprio conto i castelli di Lajatico, di Orciatico e di Pietra Cassa, tre luoghi che pochi mesi dopo lo stesso Gaetani a favorevoli condizioni consegnò ai Dieci di Balìa per la Repubblica fiorentina.
    Dopo cotante peripezie il castello e distretto di Lajatico passò nel 19 Novembre 1405 alla devozione del Comune di Firenze con l’obbligo di pagare l’annua pensione di fiorini 200, e di presentare nel giorno di S. Giovan Battista a Firenze il tributo di un cero di libbre 15 (AMMIRAT.
    Istor. fior. Lib. 17. – ARCH. DELLE RIFORMAGIONI. TARGIONI, Viaggi T III.)
    Non dirò della sollevazione dei terrazzani di Lajatico e dei luoghi prenominati, accaduta nel 1431 per opera di Niccolò Piccinino generale del duca di Milano, nè delle conseguenze che poco dopo accaddero, quando in pena della ribellione la Repubblica fiorentina ordinò al suo generale (anno 1434) di smantellare le fortezze di Lajatico, di Orciatico e di Pietra Cassa. Dirò bensì, come i suddetti castelli con i loro distretti e pertinenze, mercè un diploma dei 10 giugno 1644, dal Granduca Ferdinando II furono concessi in feudo con titolo di marchesato al nobile fioretino Bartolommeo del fu senatore Filippo Corsini per esso, per i di lui figli e discendenti maschi, con ordine di primogenitura, contro il prezzo di scudi 10150 fiorentini.
    Al marchesato di Lajatico fu quindi incorporata la vicina tenuta dello
    Spedaletto, che lo stesso Bartolommeo Corsini sino dal febbrajo 1607 (stil. com.) aveva acquistata per scudi 31000 da Alberigo Cybo principe di Massa e Carrara. La qual fattoria dello Spedaletto, già di Agnano, era stata comprata da Francesco Cybo avolo di Alberigo suddetto, ed autore dei principi, poi duchi di
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    Massa e Carrara, sino da quando ebbe luogo, e forse innanzi il contratto di matrimonio fra lo stesso Francesco Cybo e Maddalena de’ Medici figlia di Lorenzo, chiamato il Magnifico.
    Il marchesato di Laiatico dopo la legge dei 21 aprile 1749 sopra i feudi granducali ritornò, in quanto alla giurisdizione civile, sotto l’autorità del sommo imperante, e finalmente costituì una delle comunità del Granducato, mediante il motuproprio dei 17 giugno 1776 relativo alla nuova organizzazione economica delle comunità dell’antico dominio pisano.

    Movimento della popolazione del CASTELLO di LAJATICO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 80; totalità della popolazione 449.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 82; femmine 72; adulti maschi 105, femmine 70; coniugati dei due sessi 140; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 70; totalità della popolazione 473.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 141; femmine 132; adulti maschi 135, femmine 107; coniugati dei due sessi 320; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 150; totalità della popolazione 839.

    Comunità di Lajatico. – Questa comunità abbraccia una superficie territoriale di 17,425 quadrati, 1173 dei quali sono occupati da corsi d’acque e da strade. Vi esisteva nel 1833 una popolazione di 1526 abitanti, a ragione di circa 77 individui per ogni miglia toscane Quadrato di suolo imponibile.
    Essa confina con sei comunità. La sua figura iconografica potrebbe assomigliarsi ad un trapezio con un angolo prolungato verso settentrione, dove passa a guisa di tangente il fiume Era, il cui alveo dal lato di grecale divide questa dalla Comunità di Peccioli; mentre dal lato di ponente-maestro costituisce i termini della Comunità di Lajatico con quella diTerricciuola il torrente
    Sterza, rimontando questo dalla sua foce in Era sino al borro della Grillaja. Costà cessa il confine
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    con Terricciuola e sottentra la comunità di Chianni, con la quale la prima prosegue ad andare contr’acqua su per il torrente sino al pontone di Strido, presso cui il braccio sinistro della Sterza si riunisce al destro, che appellasi la Sterzuola. Lungo quest’ultimo il territorio comunitativo di Lajatico, dopo aver voltato fronte da ponente a libeccio cammina di conserva con quello di Riparbella, sino a che allo sbocco del borro di Miemo la comunità di Lajatico, piegando da libeccio a ostro, lascia colla Sterzuola il confine di Riparbella per dirigersi dalla parte di scirocco lungo il borro di Miemo insieme con la Comunità di Monte Catini di Val di Cecina; con la quale, dopo aver essa attraversato la via pedonale che dalla chiesa di Miemo incamminasi per Pietra Cassa a Lajatico, trapassa le prime fonti del torrente Fosce, e quindi la strada comunitativa di Miemo ad Orciatico. Di costà per termini artificiali corre nella direzione da libeccio a grecale sino al torrente Foscecchia, in cui cessa dal lato di levante la Comunità di Monte Catini ed incomincia l’altra di Volterra. Con quest’ultima la Comunità di Lajatico mediante il torrente Foscecchia si unisce al Ragone e con esso lui scende nel fiume Era; alla qual confluenza sottentra la Comunità di Peccioli servendo ad entrambe di confine, come dissi, lo stesso fiume sino allo sbocco del torrente Sterza in Era.
    I corsi d’acque più copiosi che percorrono, oppure che rasentano il territorio di Lajatico sono, dal lato di grecale il fiume Era, dalla parte di ponente il torrente
    Sterza, e dal lato di scirocco i torrenti Fosce e Foscecchia, i quali due ultimi si vuotano
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    uno dopo l’altro nel torrente Ragone testè accennato, a levante del capoluogo.
    Tutte le strade comunitative di questo gibboso distretto sono pedonali, o a bastina, meno il tronco che al ponte del1a
    Sterza staccasi dalla via nuova lungo l’Era, ossia dalla R. provinciale delle Saline per condurre al Castello di Lajatico.
    L’indole e struttura geognostica del terreno di questa comunità è complicata e sconvolta; stantechè dalla parte dei poggi che innoltransi verso le sorgenti della
    Sterza veggonsi comparire ad intervalli rocce cristalline e massicce del genere ofiolitico, oppure di natura calcerea o siliceo argillosa, mentre sul loro confine furono sepolte intere selve di piante monocotiledoni convertite attualmente in lignite. All’incontro le colline inferiori a Pietra Cassa sono formate di marne cerulee, ossia di biancane che rivestono continuamente le piagge orientali e settentrionali dei poggi di Lajatico, ricoperte esse medesime nei posti più eminenti di una panchina tufacea o renischio siliceo-calcare copioso di fossili di varia specie.
    L’oculatissimo Giovanni Targioni Tozzetti, fino dal 1742 viaggiando per coteste parti, avvertì, che poco fuori di Lajatico si perde il tufo, e da lì perfino a Volterra non s’incontrano più che nude colline di creta, le quali si stendono per un immenso tratto d’ogni intorno. Nei poggi di Lajatico lo stesso naturalista annunziò l’esistenza di diversi molluschi bivalvi e univalvi, e di una rena composta quasi tutta di
    testacei differentissimi, ed appena visibili coll’occhio nudo. – Non trovando per quelle biancane che pochissime case da lavoratori, parve al prelodato viaggiatore di doverne attribuire le cause; 1° alla mancanza delle acque sane bevibili; 2° allo smottamento del terreno, e poca stabilità degli edifizii; 3° alla troppa magrezza delle biancane, ed alla mancanza o troppa scarsità delle pasture. E
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    considerando al modo di rendere fruttifere ed abitabili coteste vastissime campagne delle valli dell’Era, della Cecina, dell’Elsa ec. coperte nella massima parte della stessa creta cenerognola, che appellasi mattajone o biancana, egli suggeriva alcuni mezzi per rimediarvi: 1° con fontane fatte venire quando si potesse, dalle colline superiori di tufo, o sivvero con l’ajuto di cisterne; 2° facendo si che abbiano maggiore stabilità gli edifizii mediante palafitte e sproni ai fondamenti, oppure collo scegliere i luoghi che conservano dei residui di tufo e di panchina per piantarvi sopra le case; 3° in quanto poi a correggere la magrezza e qualità argillosa del mattajone lo stesso Targioni suggeriva un metodo che dopo settant’anni con tanta economia e successo fu praticato dal fattore Agostino Testaferrata nella vasta tenuta Ridolfi in Val d’Elsa, quello cioè di marnare la creta, ossia il mattajone, per mezzo della rena del superiore tufo disfatto ec. (TARGIONI, Viaggi T. 3° pag. 15 e altrove). – Vedere MELETO di Val d’Elsa.
    Di un’acqua minerale idrosolforata fredda che scaturisce nei contorni di Orciatico rese contezza un secolo fà mediante una lettera filosofica il Dott. Carlo Taglini di Chianni, distinto Prof. nello studio pisano.
    Fra i prodotti principali del territorio di Lajatico sono i cereali, le vigne, e sui poggi tufacei e calcarei gli ulivi e il bosco. I foraggi costituiscono in questo paese un articolo importante per il bestiame bovino e pecorino, ma quelle fra le piante di tale specie che meglio vi si addicono sono i trifogli e la lupinella, le quali nel tempo stesso servono di utile avvicendamento a cotesta qualità di terreno argilloso, dove suole vegetare spontanea l’erba Sulla (
    Hedysarum coronarium), il nettare dei di cui fiori fornisce alle api un
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    cibo squisito per fabbricare un miele il più delicato della Toscana.
    Si tiene in Lajatico una sola fiera annuale di bestiame li 25 settembre.
    La comunità mantiene un medico chirurgo, e due maestri di scuola, che uno residente in Lajatico e l’altro a Orciatico.
    Per le cause civili questa comunità è compresa nella potesteria di Peccioli, ma in quanto al criminale vi fa ragione il Vicario R. di Lari, dov’è pure l’ufizio di esazione del Registro con la cancelleria comunitativa. L’ingegnere di Circondario risiede in Peccioli; la conservazione delle Ipoteche in Livorno, e la Ruota in Pisa.

    POPOLAZIONE della Comunità di LAJATICO a tre epoche diverse.

    - nome del luogo: LAJATICO, titolo della chiesa: S. Leonardo (Pieve), diocesi cui appartiene: Volterra, abitanti anno 1551 n° 449, abitanti anno 1745 n° 473, abitanti anno 1833 n° 839
    - nome del luogo: Orciatico con Pietra Cassa, titolo della chiesa: S. Michele (Pieve), diocesi cui appartiene: Volterra,
    abitanti anno 1551 n° 228, abitanti anno 1745 n° 465, abitanti anno 1833 n° 687
    - Totale
    abitanti anno 1551 n° 677
    - Totale
    abitanti anno 1745 n° 938
    - Totale
    abitanti anno 1833 n° 1526
Localizzazione
ID: 2355
N. scheda: 27100
Volume: 2
Pagina: 628 - 632
Riferimenti:
Toponimo IGM: Lajatico
Comune: LAJATICO
Provincia: PI
Quadrante IGM: 112-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1639818, 4815105
WGS 1984: 10.7296, 43.47736
UTM (32N): 639881, 4815279
Denominazione: Lajatico, Ajatico
Popolo: S. Leonardo a Lajatico
Piviere: S. Leonardo a Lajatico
Comunità: Lajatico
Giurisdizione: Peccioli
Diocesi: Volterra
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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