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Arezzo - Acquedotti di Arezzo - Pian di Arezzo - Vescovati della Toscana (Arezzo) - Zecche Diverse (Arezzo)

 

(Arezzo)

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    AREZZO, ARRETIUM. – Città di origine etrusca, capitale di uno dei cinque gran Compartimenti del Granducato, sede Vescovile, con una Ruota civile, un Commissario Regio, una Camera di Soprintendenza Comunitativa, un ufizio di Registro, un conservatore delle Ipoteche, ed un'Amministrazione economico-idraulica dei beni della Corona in Val di Chiana. – Trovasi nel grado 29° 33’ di longitudine e 43° 28’ di latitudine; 45 miglia toscane a scirocco levante di Firenze, altrettanto a maestro di Perugia; 40 a greco di Siena. Risiede sulla faccia meridionale di agevole ameno colle di cui dominano la sommità la grandiosa Cattedrale, i giardini pubblici e la cittadella, mentre da ostro a ponente il fabbricato e le interne vie si estendono a forma di ventaglio sino alla sottoposta pianura attraversata in parte dal torrente Castro, con un giro di mura di circa tre miglia di estensione. – Il punto più elevato della città è circa braccia 510; il più basso preso alla porta S. Spirito è 436 braccia sopra il livello del mare. Apresi a lei dinnanzi una fertile pianeggiante campagna irrigata dall'Arno e dal torrente Chiassa che ne percorrono il suo lembo da settentrione a maestro, e dalla Chiana che l’attraversa a ponente, mentre la circoscrivono a levante e ad ostro i poggi che diramansi dall'Appennino di Catenaja, e nel lato opposto dai contrafforti che discendono da Pratomagno.
    Situata quasi sul bilico dell'Italia, circondata da deliziose colline sparse di ville e case campestri; sull'ingresso di quattro popolose valli, (il Casentino, la Val di Chiana, la Valle dell'Arno superiore e quella Tiberina); nell’incrociatura di cinque grandi strade Regie, in un clima salubre e temperato in un suolo per ingegni e per prodotti feracissimo, sembra che la natura propizia abbia destinato Arezzo sino dai suoi incunaboli a resistere alle fisiche ed umane vicende di 24 secoli, per farla quasi costantemente prosperare fra le popolazioni della Toscana orientale.
    Infatti, a cominciare dai tempi più remoti, Arezzo tenne luogo distinto fra le dodici metropoli
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    dell’Etruria per potenza, per fortificazioni, per scultura di bronzi e manifatture di figuline, per estensione e richezza territoriale.
    Fece parlare di se negli annali di Roma, sia allora che vigorosamente sostenne un lungo assedio contro i Galli (anno di Roma 469); sia quando macchinò e si fece capo di un’estesa sollevazione a danno del popolo Re (anno di Roma 541); a favore del quale poco dopo (anno 548) Arezzo sopra ogni altra metropoli dell'Etruria si distinse per la copiosa suppellettile militare e la ricca annona somministrata alla spedizione marittima di Scipione contro Cartagine.
    Associato alla Repubblica Romana il popolo aretino, a!l'occasione della guerra Marsica, fu ascritto alla Tribù Pomptina , e godè sino d'allora il privilegio di libero Municipio; mentre riunivansi non di rado nelle sue mura gli eserciti coscritti per organizzarsi in legioni, ora contro le Ligustiche, ora contro le guerre Galliche di costà inviati. Arezzo bene spesso, in vista della sua posizione militare, venne prescelta a quartier generale de’vari consoli e pretori dell'Etruria, e fece parte, per due volte almeno, dei suoi predii alle colonie militari dedottevi da Silla e da Giulio Cesare, qualificando i nuovi ospiti coi nomi di Arretini Fidentes , e Arretini Julienses , a distinzione degli antichi inquilini, appellati dopo ciò Arretini Veteres.
    Sotto il R. Impero Arezzo può contarsi fra le prime città che abbracciarono e sigillarono col sangue di migliaja di martiri la fede di Cristo.
    Alla discesa dei Vandali in Italia, questo al pari degli altri paesi soggiacque a più disastrose disavventure, tra le quali alcuni scrittori contano l'abbattimento delle vetuste sue mura ordinato da Totila: se per altro non facesse ostacolo a ciò il silenzio degli istorici coevi.
    Nè può dirsi tampoco che gli Aretini fossero più ampiamente trattati da’re Longobardi, in nome de’quali un supremo Magistrato col titolo di Giudice presedeva l'amministrazione del ( ERRATA : R. Fisico) R. Fisco, ed
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    era il tutore delle leggi e della sicurezza sociale. Alla qual’epoca Arezzo ebbe motivo anzi che nò di rallegrarsi per la giustizia che vide resa ai suoi vescovi, ai quali mediante due solenni giudicati fu riconosciuta e conservata, illesa 1a giurisdizione ecclesiastica in tutta l'estensione dell'antica loro Diocesi. – Subentrato al Longobardo il dominio de’Carolingi, la prima magistratura di Arezzo fu affidata a un Conte di origine francese, sino a che gli ultimi Imperatori Franchi, e quindi i Germanici, rassegnarono il governo civile della città ai vescovi, alcuni dei quali misero a parte di esso i nobili loro congiunti ed affini.
    L’arbitrio e l'oppressione di questi ultimi disposero gli Aretini a costituirsi in un regime popolare, che fu pur esso sovente amareggiato, ora dallo spirito di fazione, ora da una prepotente dittatura; comecchè sotto quest'ultima maniera di governo Arezzo confidò per lungo tempo i suoi destini all'amore patrio e al valore dei propri Prelati. – Fu infatti sotto la signoria assoluta di GuglieImo Ubertini e di Guido Tarlati che Arezzo salì all'apogeo della sua gloria, quando vide sorgere i più grandiosi monumenti nel recinto della città, e allorchè fu reso dipendente dal suo dominio un vasto territorio. A cagione di ciò gli Aretini trovaronsi costretti a sostenere molte guerre, lottando a vicenda contro i Perugini, contro i Senesi, e più spesso combattendo co'Fiorentini, a'quali finalmente nel 1336 doverono darsi in balia. Ritornati sei anni dopo alla pristina libertà collegaronsi co’principali potentati d'Italia per sostenere la propria indipendenza sino a che Arezzo, lacerata da cittadine discordie cadde in potere di quelle armi straniere che vilmente venderono nel 1384 la sua indipendenza alla Repubblica fiorentina, di cui gli Aretini dovettero seguitare i destini ad onta di alcune passeggiere sommosse.
    Fu da taluno osservato esser cosa singolare come una città, la quale ha avuto in ogni età dell'epoche luminose o degli uomini di gran merito, non abbia poi progressivamente prosperato, e si vegga quasi forestiera in mezzo ad
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    un fertile ed aprico territorio, il quale in gran parte non appartiene ai suoi abitanti. Ma cesserà la meraviglia per quest'apparente contradizione, qualora si consideri che la centrale posizione della città in questione e l'energia dei suoi cittadini l'hanno esposta a nutrire il fuoco centrale di molti bellicosi movimenti nell'età remote e nelle recenti ancora; cosicchè dovè bene spesso dividere il frutto dei suoi fausti avvenimenti con i molti alleati che facevano causa comune con essa, mentre l’abbandonavano nei tempi calamitosi. Quindi è che Arezzo dovè sovente risentire sopra sè stessa soltanto il peso delle sventure, reso anche più sensibile dallo stabilimento di uomini di merito e delle loro ricche famiglie fuori della patria.
    Non meno di quattro volte Arezzo variò ampliando quasi sempre il cerchio delle sue mura.
    Il più rinomato di costruzione laterizia fu quello decantato da Vitruvio, da Plinio e da Silio Italico per altezza, bellezza e solidità. Non si sa sino a qual tempo tali mura stessero in piedi, né se quell’ Arretium muro ducta di Sesto Frontino possa essere relativo a qualche restaurazione, e nuova ricostituzione di mura condotte di pietre. Tale sembra essere stato il cerchio che chiudeva gli avanzi dell’antica città intorno alla corona del colle, quando rimaneva nel suo subborgo occidentale la chiesa di S. Pietro piccolo , e nel suburbio meridionale il romano anfiteatro. Per lieve cagione Arrigo V, disgustato degli aretini che volevano dentro le loro mura un Duomo nuovo, fece diroccare nell’anno 1111 quelle forti muraglie, che Ottone Frisingense disse di alte torri munite (MURAT. Annal. ). Un secolo dopo erano state esse nuovamente rialzate, e nel 1226 la città trovossi racchiusa in un più spazioso cerchio, il quale abbracciava la chiesa del Murello e quella di S. Maria in Gradi. ( Ann. Camald. ). Un terzo giro fu tracciato con ampio pomerio, profondi fossi e più regolari vie, circa il 1276, per ordine del vescovo Guglielmino degli Ubertini, compito
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    poi verso il 1322 dal valoroso Guido Tarlati ( Annal. Aret. ) Il qual cerchio subì una piccola variazione nell’ultima ricostruzione delle mura aretine ordinata da Cosimo I, che di nuovi baluardi e cortine fra il 1549 e il 1568 le fortificò. – Fu allora che si scavarono i famosi bronzi della Pallade, e della Chimera, che gli artisti ammirano nella R. Galleria di Firenze.
    Si entra in Arezzo per cinque porte, quattro delle quali situate a piè del colle, e una a mezza costa; l’unica è questa fornita di un subborgo dal lato di levante.
    La porta Buja sopra il torrente Castro, e quella dietro al Duomo furono già da lungo tempo murate. Fra le cinque esistenti avvi la porta Nuova o Ferdinanda , aperta nel 1816, donde esce la strada Regia che guida per la Valle Tiberina sino all’Adriatico.
    L’interno della città di Arezzo, la cui forma si può rassomigliare a un ventaglio, è intersecato da ampie regolari vie fiancheggiate da decenti fabbriche, da nobili palazzi e da grandiosi stabilimenti sacri e profani. Il corso o sia il borgo maestro , che attraversa la parte più bella della città, dalla porta romana o di S. Spirito sino alla piazza del Duomo, supera tutte le altre vie per ampiezza e per vaghe abitazioni che gli fanno ala. Fra le piazze primeggia quella del Foro, detta anche la piazza maggiore, sulla di cui fronte s’inalza la gran Loggia architettata da Giorgio Vasari, davanti alla quale sorge la statua dell’immortale Ferdinando III, mentre nel lato occidentale fa bella mostra di sè il Palazzo della Fraternita, opera di Niccolò Aretino, inalzato nel secolo XIV da una filantropica Magistratura civica, la di cui istituzione rimonta all’anno 1262.
    Non molto lungi di qua esistere doveva l’antico palazzo del Comune, eretto nel 1232 presso Porta Crocifera siccome apparisce da una membrana dell’ ARCH. DIPL. FIOR. ( Vallombrosa )
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    /> Edifizi sacri. – Il luogo più elevato della città è detto il poggio di S. Donato, da una diruta chiesa (S. Donato in Gremona) accosto alla Cittadella; la qual chiesa fu priorato della Badia di S. Trinita dell’Alpi. Presso ad essa sino dal secolo IX esisteva la chiesa di S. Pietro in Castello, o sia maggiore , in luogo della quale posteriormente fu innalzata in ampio piazzale la magnifica Cattedrale, verso il 1277, sul disegno di Lapo Tedesco con la direzione di Margaritone aretino.
    Alcuni scrittori hanno creduto che sì fatto edifizio fosse cominciato nel secolo XII, e condotto a più che alla metà dai monaci Benedettini, ai quali nel 1043 fu ceduta la chiesa di S. Pier maggiore dal vescovo Immone. Ma a togliere qualsiasi dubbio, quando non bastasse il disegno della sua architettura, la quale ci richiama ad un’opera posteriore alla sospettata età, due documenti dell’archivio della stessa Cattedrale tolgono ogni dubbio su di ciò. Essendochè da essi risulta che il Duomo predetto non era ancora incominciato nel 10 gennajo 1276, e che fu data mano all’opera dopo una deliberazione presa nel 1277, fra il vescovo Guglielmino ed il suo clero. Nella quale consulta fu determinato, previa l’ispirazione del Signore: QUOD IPSAM INTERIOREM ECCLESIAM (detta forse INTERIOREM per essere questo Duomo dentro la città) ad Cathedralem erectam, quae antea appellabatur Eccl. S. Petri, MIRO A FUNDAMENTIS OPERE COSTRUENDAM, ET CONSTRUI FACIAMUS deliberatione habita diligenti etc. ( Arch. della Catt. Aret. )
    Onde agevolare il compimento dello stesso edifizio, nel 1283 i vescovi di Fiesole e di Volterra accordarono brevi d’indulgenze a chi concorreva a benefizio della fabbrica. La quale già avvicinare si doveva al suo termine nel 1286, tostochè quest’anno fu chiamato in Arezzo Giovanni Pisano a scolpire la ricca Urna di S. Donato collocata sopra il maggiore altare.
    Nel secolo XV la stessa cattedrale venne ingrandita con
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    l’aggiunta di due archi, sostenuti da colonne e capitelli di pietre, dati a lavorare nel 1473 a Bartolommeo da Settignano. Quindi intorno al 1530, il francese Marcilla dipinse a vetri colorati le belle finestre, e poscia le volte dell’Ambulatorio de’tre archi inferiori, compite le altre tre con quasi egual maestria, nel 1650, dall’aretino Castellucci. La grandiosa e ricca cappella della Madonna fu fondata sulla fine del secolo XVIII nella parete settentrionale del tempio, ornata di marmi, di pitture e di belle sculture di terra invetriata. Quivi ammiransi due grandiosi quadri de’famosi artisti Pietro Benvenuti aretino, e Luigi Sabatelli fiorentino, e il deposito del vescovo Marcacci, opera pregevole di Stefano Ricci. Nelle pareti poi della chiesa maggiore sono stati collocati il cenotafio di Guido Tarlati, lavoro d’Agostino e Agnolo senesi, e il sepolcro di papa Gregorio X fatto da Margheritone. Così il battistero di Simone fratello di Donatello, l’altare della Madonna di Loreto disegnato dal Vasari, l’elegante deposito di Francesco Redi, contansi fra i molti e preziosi monumenti di arte che adornano cotesta insigne Cattedrale.
    Seconda per merito e anteriore per antichità è la Pieve collegiata di S. Maria, situatata tra il Borgo maestro e il Foro. Al capitolo di questa insigne madre chiesa degli Aretini, dove il clero e il vescovo non di rado solennizzarono i divini ufizi innanzi che dal vecchio Duomo del suburbio si traslocasse la cattedra vescovile in S. Pier maggiore, a questa chiesa insigne il vescovo Guglielmino (1280) accordò tale privilegio da contemplare il suo capitolo quasi altro clero della Cattedrale. L’attual Pieve fu riedificata nel principio del secolo XIII, siccome rilevasi dall’anno 1216 scolpito sulla porta maggiore arricchita di mezzi rilievi e ornati dal celebre Marchionne aretino. Le tavole che adornano l’altar maggiore sono dipinte da Giorgio Vasari, sostituite a una non meno pregevole di Pier Laurati senese traslocata in una vicina parete. Sono di Giotto le figure di S. Domenico e S. Francesco esistenti in un pilastro della
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    cupola: e appartengono al Rosso fiorentino, e a Jacopo Vignali due quadri in faccia all’organo, la cui orchestra fu disegnata dal prenominato Vasari. Opera dello stesso secolo XIII è la vasta chiesa di S. Domenico sul disegno di Niccola Pisano con finestre colorate dal Marcilla e qualche a fresco di Spinello. Ma il lavoro più squisito di questo egregio artista aretino va veduto nella chiesa di S. Francesco in un piccolo altare, mentre le grandi pareti del coro, lacerate dall’ingiuria del tempo e dalle barbarie degli uomini, spettano per la maggior parte a Pier della Francesca. – Disegno dell’Ammannati è la chiesa di S. Maria in Gradi, corredata di vaghe pitture. L’elegante tempio della Badia di S. Flora è opera del Vasari, che dipinse nel Refettorio del contiguo monastero il famoso quadro delle nozze di Assuero; ma la finta cupola di un effetto meraviglioso fu ombreggiata dal gesuita Pozzi. Sono pure da notarsi per pregio di opera o per squisiti dipinti le chiese di S. Agostino, di S. Croce, della SS. Trinità e della SS. Annunziata, l’ultima delle quali costruita sul disegno di Fra Bartolommeo della Gatta e in parte da Antonio da S. Gallo riformata. In fine non vi è chiesa in Arezzo, non tabernacolo sulle pubbliche vie, che non racchiuda una qualche lodevole pittura.
    Stabilimenti d’istruzione . – Nei diversi rami di pubblica istruzione Arezzo non fu seconda ad alcuna città Toscana, sia per la celebrità della antichissima sua scuola canonica e di canto fermo, sia per l’Università che ivi fiorì sino da’primordi del secolo XIII, ripristinata con onorevolissimo diploma da Carlo IV nel 1356, e posteriormente in qualche maniera sostenuta dal Magistrato civico della Fraternita, il quale mantiene alunni all’Università di Pisa, all’Accademia di belle arti a Firenze e alle pubbliche scuole di Arezzo, dove stipendia inoltre un professore d’ostetricia, e due d’elementi di chirurgia.
    Un nuovo e frequentatissimo Collegio fu riaperto da pochi anni nell’antica casa dei gesuiti in S.
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    Ignazio, provvisto di eccellenti precettori; mentre il florido Seminario fu stabilito nell’antichissimo locale della soppressa congregazione del Murello, di cui ebbe le sostanze sul declinare del secolo XVIII.
    Provvede all’educazione delle fanciulle di vario ceto un Conservatorio (S. Caterina) da savie recluse diretto con zelo e carità.
    Ma il monumento letterario che sopra ogni altro forma decoro e lustro alla città di Arezzo è il prezioso archivio diplomatico della sua cattedrale cronologicamente disposto e di una diligente sinopsi corredato da due illustri e benemeriti cittadini, Giacinto Fossombroni e Giovanni Francesco dei Giudici.
    In argomento di pubblica riconoscenza per i bonificamenti della Val di Chiana gli Aretini innalzarono a perpetua mamoria due statue marmoree ai Granduchi Ferdinando I e Fredinando III; la prima delle quali nella piazza del Duomo scolpita da Gio. Bologna insieme col Francavilla, l’altra nella gran piazza, opera del vivente scultore fiorentino Stefano Ricci.
    Una copiosa fontana perenne di acqua salubre, mentre accresce ornamento allo stesso Foro, sodisfa ai bisogni domestici di una gran parte della popolazione, ed il suo rifiuto somministra alimento ad alcuni edifizi posti dentro la città – Vedere ACQUEDOTTI di AREZZO.
    Stabilimenti di beneficenza . Lo spirito di associazione si risvegliò assai di buon’ora fra gli Aretini, allorchè con esempio veramente filantropico alcuni cittadini sino dalla metà del secolo XIII dedicarono la persona e le proprie sostanze all’esistenza e mantenimento de’poveri infermi nel locale di S. Maria de’Ponti , donato dai re Ugo e Lotario alla chiesa aretina, e dalla gloriosa memoria di Leopoldo I e Ferdinando III con regia magnificenza soccorso e ampliato, dopo aver riunito ad esso vari minori ospedali, oltre quelli dei dementi, degli esposti e degl’invalidi. – Conta un’epoca egualmente remota l’altro caritatevole stabilimento laicale della Fraternita , o sia della Misericordia , privilegiato nel 1262 dal vescovo Guglielmino degli Ubertini, e dotato da anime generose per soccorrere i poveri, difendere vedove e pupilli, mantenere
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    e educare orfanelli in un apposito stabilimento, promuovere in fine la letteraria e scientifica istruzione. Esso conta fra i suoi più insigni benefattori il giureconsulto Giambiglioni, il celebre Vasari e quel Lazzaro di Gio. di Feo, in lode del quale si recita ogni anno nella Pieve una ben merita orazione.
    Non meno antica né meno benefica fu la congregazione ecclesiastica eretta in S. Marco del Murello, il cui scopo era quello di soddisfare i legati pii, di erogare copiose elemosine a’miserabili, dotare fanciulle, accogliere in ospizio, nutrire e vestire poveri chierici e sacerdoti.
    Monumenti pubblici . – Se Arezzo non conta più fra le pubbliche fabbriche il palazzo del Comune innalzato sino dal 1232, essa conserva però quello dei suoi antichi Potestà, oggi residenza del civico Magistrato, corredato di un copiosissimo archivio, mentre le iscrizioni ed altre antichità romane o di etrusco nome furono trasferite di là nel nuovo museo di antichità e di storia naturale eretto nel 1823 nel palazzo della Fraternita, contigua alla pubblica Biblioteca. Anche l’Accademia di scienze, lettere e belle arti intitolata al Petrarca , sino dal 1828 tiene le sue adunanze davanti alla famosa cena di Assuero nel Refettorio dei soppressi Benedettini.
    Nello stesso palazzo Civico si aduna il Magistrato della Fraternita,avendo ceduto il suo al tribunale della Ruota Civile, alla pubblica biblioteca e al museo, mentre il Commissario R. risiede nell’antico palazzo Ludomiri in capo alla via del Corso.
    Sino dal 1052 Arezzo fu privilegiata del diritto della Zecca con Diploma di Arrigo III, diretto al vescovo Arnaldo e confermatole dal sesto Arrigo e da Carlo IV sotto gli anni 1196 e 1356.
    Fra le migliori fabbriche che adornano Arezzo, tengono un luogo distinto il palazzo Granducale già degli Albergotti, l’Episcopio, il grandioso e vago Teatro nuovo, e molte abitazioni signorili di preziosi oggetti di arte abbellite. Due di queste, le case Rossi e Bacci , accrescono lustro alla città per
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    due rari musei, ricchi specialmente di vasi aretini dell’epoca etrusco-romana, e della posteriore età. Ivi pure servono di corredo all’istoria patria altri cimeli di arte, marmi scritti e figurati. – Sono opera romana pochi avanzi di un’anfiteatro, mentre nel luogo dove esisteva la cittadella eretta dalla Repubblica Fiorentina sui fondamenti di un più antico castello vennero sostituiti i pubblici giardini, in mezzo ai quali sorge un monumento alla memoria di Mecenate, antica gloria degli Aretini.
    Arezzo però fu incessantemente un vero vivajo d’uomini di ingegno in ogni genere di dottrina, ossia che il sito e l’aria ve li generi, come opinava Giovanni Villani, ossia che la valentia con tanti esempi si promuova in anime d’indole risoluta e vivace; fatto è che a partire dall’aretino Mecenate d’Augusto agli odierni fasti, non vi ha forse città, non provincia che abbia dato alle scienze, alle lettere e alle arti tanti campioni quanti ne può contare Arezzo. Rapporto a ciò è memorabile il motto che Vasari mette in bocca del Buonarroti allorchè, riferir volendo al luogo dove nacque il padre delle belle arti, diceva a Giorgio: Se io ho nulla di buono nell’ingegno, egli è venuto dal nascere nella sottilità dell’aria del vostro paese di Arezzo.
    Fra questi sommi si contano dei veri luminari, Petrarca padre della Lirica italiana, Guido monaco inventore dei tuoni musicali, fra Guittone autore del primo sonetto, Cesalpino scuopritore della circolazione del sangue e del primo sistema scientifico dei vegetabili, Redi autore del vero modo di coltivare la storia naturale e di esercitare la medicina senza empirismo.
    Parlano in Arezzo ancora i sassi” , dire solevano una volta gli archeologi a proposito delle molte iscrizioni e memorie antiche scavate in questa città; ma oggi parlano anche le mura delle case, che dicono al forestiero: dove nacque il Petrarca , ove abitarono il Cesalpino e il Roselli , il Bruni , Pietro aretino
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    , Vasari , Pignotti e infiniti altri nomi d’indestruttibile fama, i quali renderanno Arezzo sempre mai benemerito della civile società. La città di Arezzo, compreso il subborgo di Porta Colcitrona ha una popolazione di 10402 abitanti distribuita in 15 parrocchie.
    – Vedere il Quadro della popolazione della Comunità d’Arezzo in fine dell’articolo.
    DIOCESI DI AREZZO. – La Diocesi Aretina è una delle più antiche della Toscana, mentre conta per suo secondo vescovo S. Donato, Apostolo insigne nel secolo IV dell’era cristiana. I suoi Gerarchi dipendono immediatamente dalla S. Sede; portano il titolo di principi del R. Impero, di Conti di Cesa, e furono decorati un secolo fa, dell’onorifico distintivo della croce arcivescovile, e del pallio.
    Se il circondario, che questa Diocesi possedeva sino dal secolo settimo, e che conservò quasi intatto sino al 1325, fosse autenticato conforme a quello della primitiva sua instituzione, noi avremmo diritto di concludere che non vi fu forse fra le antiche città della Toscana, alcuna che occupasse in confronto di Arezzo, maggiore estensione di contado. – Avvegnachè molti tengono per dimostrato che il perimetro delle Diocesi civili sino da’tempi del pontefice Dionisio (anno 267 circa dell’Era Volgare) servisse di norma a quello delle Diocesi ecclesiastiche, nella stessa guisa che nel progredir dei secoli i distretti comunitativi si modellarono su quelli delle respettive loro pievi, suddivisi poi in altrettanti comunelli, quanti furono i popoli delle parrocchie succursali.
    Comunque sia, all’epoca Longobarda la Diocesi Aretina, non solamente si estendeva sino alle porte di Siena, rimasta quasi senza giurisdizione ecclesiastica, ma comprendeva nel suo l’intero contado della etrusca città di Cortona. Per modo chè il vescovato di Arezzo, a partire dal crine dell’Appennino di Camaldoli, si dirigeva verso la sorgente del Tevere costeggiando la sua destra sponda (antico limite dell’Etruria) fino oltrepassato Anghiari, dove, ripiegando da levante a scirocco, rimontava la vallecola del Cerfone alle spalle dei monti di Cortona sino al lago Trasimeno che per piccol tratto
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    lambiva. Quindi attraversando la Val di Chiana saliva a Montepulciano, valicava per i colli di Pienza in Val d’Orcia, il di cui fiume servivale di confine dal lato meridionale; sino a che presso al suo sbocco nell’Ombrone torceva di là verso settentrione, e per Montalcino andava ad investire il fiume Arbia, di cui seguitava la sinistra ripa sino nel Chianti. Costà piegando a grecale per i monti di Brolio e di Monteluco, penetrava nel Valdarno sopra Montevarchi, indi, traversando il fiume, saliva pel vallone del Ciofenna, al giogo di Pratomagno. Là ripiegandosi a levante entrava nel Casentino sopra a Poppi sino a che per la Valle dell’Archiano tornava a Camaldoli.
    Le più antiche ricordanze, relative all’estensione della Diocesi d’Arezzo nelle parti del contado Senese, cominciano col secolo VIII. Fu causa una controversia promossa dai vescovi di Siena per le pievi aretine situate nella giurisdizione civile senese. La quale questione, per più secoli rimessa in campo e quasi costantemente risoluta a favore dei vescovi d’Arezzo, ci mette in grado di conoscere quali fossero, da questo lato, i limiti politici dell’uno e dell’altro contado, e conseguentemente sin dove si estendesse il territorio senese avanti il mille. – Dalle indagini da me istituite con apposite escursioni in quelle parti della Toscana, mi sembrò di poter dedurre che, fra le pievi controverse, quelle più prossime alla giurisdizione politica di Arezzo, fossero le seguenti : 1° S. Felice in Avana , nel Chianti alto; 2° S. Maria ad Alta Serra o Ante Serra , oggi detta Monte Benichi , alla sorgente dell’Ambra; 3° S. Maria in Pacena , presso Castelnuovo della Berardenga; 4° S. Vito in Rancia , oggidì S. Vito in Creta . 5° S. Ippolito poi S. Agata in Sisciano ; ora Collegiata di Asciano; 6° S. Stefano a Cennano , traslocata a Castel Muzi ; 7°
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    S. Valentino in Ursina , oggi Monte Follonica; 8° S. Maria in Castello Polliciano , che poi fu eretta in Cattedrale di Montepulciano.
    Il primo smembramento della Diocesi di Arezzo seguì nel 1325, quando venne istituito il Vescovato di Cortona, staccato quasi totalmente dalla Diocesi aretina. La quale però si riservò la giurisdizione spirituale, che tuttora esercita su due parrocchie poste nell’ultimo confine meridionale del territorio di Cortona, che una sulla gronda del Trasimeno. – Vedere BORGHETTO e PIAZZANO.
    Il secondo smembramento avvenne nel 1462, allorchè furono dichiarate città vescovili Pienza e Montalcino, assegnando a esse una porzione della Diocesi d’Arezzo e buona parte di quella di Chiusi. Ebbe luogo il 3° nel 1520, nella erezione della Diocesi di S. Sepolcro composta di pievi Aretine e di pievi staccate dalla Diocesi di Città di Castello; il 4° finalmente seguì nel 1561, quando fu dichiarata Cattedrale l’Arcipretura già Nullius di Montepulciano.
    Dopo tanti e sì vistosi distacchi l’attual Diocesi aretina supera nondimeno tutte le altre della Toscana, se non rapporto alla popolazione ed al numero delle parrocchie, per riguardo almeno all’estensione territoriale.
    Imperocchè in una circonferenza di circa 140 miglia la Diocesi predetta comprende attualmente 335 popoli, numero 80 pievi con sei collegiate; circa 30 monasteri, due insigni santuari (l’Eremo di Camaldoli e l’Alvernia); 700 e più benefizi con 400 fra oratorii pubblici e compagnie laicali. – Varie terre cospicue dipendono dalla sua spiritual giurisdizione; Anghiari in Val Tiberina; Bibbiena , Poppi , ( ERRATA : S trada ) Rassina , e Subbiano nella Valle Casentinese; ( ERRATA : Castelfranco ) Laterina e Terranuova nel Val d’Arno di Sopra; Castiglion fiorentino, Fojano, Lucignano e Monte San Savino in Val di Chiana; Asciano , Castelnuovo della Berardenga e Rapolano
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    nella Valle dell’Ombrone, oltre 100 minori Castelli ed un maggior numero di Ville e di Casali.
    Confina con nove Diocesi; con la Sarsinatense lungo il giogo dell’Appennino che acquapende nel Savio; con quelle di San Sepolcro e di Città di Castello nella Val Tiberina; con le Diocesi di Cortona, di Montepulciano e di Pienza nella Val di Chiana; con Pienza, Montalcino e Siena nella Valle dell’Ombrone; mentre dalla parte del Chianti, nel Val d’Arno superiore e nel Casentino, la Diocesi aretina si mantiene costantemente per circa 40 miglia a contatto con la Fiesolana , siccome lo furono i territori di queste due città sino dai tempi Romani.
    La Chiesa di Arezzo si rese altresì celebre per la sua scuola, la quale era in credito sino dai tempi Longobardi. La sua cattedra fu coperta in ogni tempo da personaggi cospicui, fra i quali mi contenterò scegliere alcuni pochi segnalati dalla storia per le loro gloriose operazione e per essere stati dei più favoriti dai Regnanti
    1° Elemberto conte d’Arezzo, fondatore della Badia a Prataglia, amico di S. Romualdo, cui donò la vasta selva di Camaldoli. Egli è quello stesso personaggio che de’suoi beni patrimoniali lasciò ai vescovi successori la pingue Contea di Cesa .
    2° Giovanni, il favorito dall’Imperatore Carlo il Calvo e del Pontefice Adriano II; il primo dei quali gli concedè il locale per erigere dentro la città un Duomo nuovo, e il ricco benefizio della Badia di S. Antimo in Val d’Orcia: mentre Adriano II accordò allo stesso vescovo a titolo di commenda della chiesa di S. Maria di Bagno in Romagna, quantunque fossero questa e quella situate fuori dalla Diocesi aretina.
    3° Tedaldo zio della Gran Contessa Matilde, che innalzò nei suburbi di Arezzo il più vecchio magnifico Duomo della Toscana, dove risuonarono per la
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    prima volta i versetti musicali del monaco Guido.
    4° Guglielmino degli Ubertini, l’autore dell’attuale Cattedrale d’Arezzo e delle sue migliori fabbriche, quello stesso che dilatò il cerchio delle città, restato incompleto perché morte lo colse in Campaldino.
    5° Guido Tarlati, il Giulio II del secolo XIV, sotto il cui maschio governo Arezzo videsi difesa da più vaste e solide mura e il suo territorio per ogni lato ampliato.
    6° Fra i prelati Aretini più specialmente favoriti dai Regnanti, in grazia dei quali si arricchirono tanti Visdomini e Vicari della Chiesa d’Arezzo, merita distinzione quel vescovo Alberto, cui Ottone il Grande concesse tal privilegio che, oltre la conferma dei beni donati alla sua chiesa dai precedenti Sovrani, ve ne aggiunse di suo molti altri, a condizione però di non formare più nel tempo successivo livelli con persone potenti dedite ad appropriarsi frutti e capitali, ma unicamente contrattare con i lavoratori di terra o coloni. – Se un tal divieto fosse stato religiosamente mantenuto dai Vescovi posteriori, noi avremmo fortunatamente in questa sovrana savissima disposizione dell’imperatore Ottone I, il monumento più favorevole ai progressi dell’agraria Toscana, come in quello in cui mi sembra di trovare il primo embrione del nostro sistema colonico, posteriormente con maggior efficacia ed estensione messo in pratica.
    Quel magnanimo Imperatore si era avveduto con qual sorta di soperchieria e di contratti illusori solevano i Baroni e Conti rurali ingrandirsi alle spese del Clero. ………… Quia Tuscis consuetudo est (riporto le parole memorande del diploma Ottoniano) “ut accepto ab ecclesia libello, in contumacia convertantur contra Ecclesiam, ita ut vix unquam constitutum reddant censum; precipimus modisque omnibus jubemus, ut nullus Episcopus, vel Canonicus libellum aut aliquod scriptum alicui homini faciant, nisi laborantibus qui fructum terrae Ecclesiae reddant sine molestia vel contradictione etc.” ……… Datum IV Idus maj. Ind. IV Anno Imp. Magni Ottonis Imp. Aug. II. (MURAT. Ant. M. Aevi T. III )
    COMPARTIMENTO DI AREZZO. – Mentre la Diocesi ecclesiastica
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    di Arezzo seppe lungamente resistere agli urti che sino dal secolo VIII minacciavano la sua troppo estesa giurisdizione, meno fortunata ventura coglieva il politico distretto della stessa città. La quale, se dilatò il suo dominio sino alla destra del fiume Tevere, essa dall’opposto lato, nelle Chiane e verso l’Arno, non tenne egualmente piè fermo, costretta a riconcentrarsi, ora dall’oste perugino, ora dal senese, e più spesse volte incalzata da soperchianti forze della Repubblica fiorentina.
    La Provincia aretina dopo la cacciata del Duca d’Atene da Firenze (anno 1343) ritornò nei diritti, che aveva sei anni innanzi perduto per debolezza dei suoi capitani. Fu quell’accidente che, mentre liberò i fiorentini dalla tirannia straniera, insegnò ai popoli soggetti allo stesso dominio, come potessero ricuperare la loro libertà. Arezzo infatti ne imitò fedelmente l’esempio, cacciando dalle sue mura i ministri del Comune di Firenze; il quale, anzi che risentirsi del torto, rinunzio all’impero di Arezzo, e inviò oratori a fermare accordo con quei popoli: poiché come di sudditi non potevano, almeno come di amici della loro città si valessero. (MACHIAVELLI, Stor. Fior. )
    Fino dove a tal’epoca si estendesse la provincia e distretto civile di Arezzo si può facilmente dedurre da un diploma spedito da Siena da Carlo IV nell’anno 1356 di maggio, col quale l’Imperatore restituì, e confermò alla stessa città il suo antico territorio con le terre e paesi ivi rammentati. Fra questi il più settentrionale era Verghereto alle sorgenti del Savio, il più orientale Anghiari in Val Tiberina, i più meridionali, Montecchio , Fojano e Lucignano , in Val di Chiana; i più occidentali Laterina e Campogialli nel Val d’Arno superiore: mentre nel Casentino estendevasi sino ai torrenti Treggina ed Archiano , confluenti a destra e sinistra dell’Arno.
    Siffatto distretto aretino, alla seconda conquista del 1384, fu incorporato al territorio politico ed economico della Repubblica
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    fiorentina; spenta la quale passò sotto il governo Granducale formato di tre stati diversi, fiorentino, pisano e senese. Questo regime monarchico conservò nell’amministrazione giudiziaria ed economica l’antica divisione territoriale delle tre Repubbliche disfatte, alle quali fu dato il nome di altrettante Provincie quante furono le città capitali. Solamente lo stato senese fu diviso in due corpi di amministrazione, destinando la città di Siena a capitale della provincia superiore e la città di Grosseto in capoluogo della provincia marittima o inferiore.
    Il quinto Compartimento, quello cioè di Arezzo, fu costituito in grazia di un Motuproprio emanato da LEOPOLDO II nel dì 1 novembre 1825. In vigore di tal legge Arezzo divenne centro o capoluogo di una nuova Provincia, e residenza di un provveditore della Camera comunitativa del Compartimento aretino.
    Questa città, mentre è capo di Provincia nell’amministrativo, lo era già da poco innanzi (14 giugno 1814) di un Compartimento governativo, ossia di un Commissariato, il quale non combina con le dimensioni territoriali dell’altro. Il Commissario di Arezzo ha molte attribuzioni governative e di polizia sopra otto vicariati, e sono: S. Sepolcro, Sestino, Anghiari, Pieve S. Stefano, Poppi, Castiglion Fiorentino, Cortona e Monte S. Savino.
    La sua giurisdizione civile e criminale abbraccia il territorio comunale di Arezzo e di Capolona, e ad esso riferiscono pei giudizi criminali li Potestà di Montevarchi , di Bucine e di Sabbiano.
    Al capo del Compartimento comunicativo d’Arezzo, che ha l’immediata dipendenza dalle Imperiali e RR. Segreterie, è affidata la soprintendenza all’economico delle comunità e luoghi pii comunicativi compresi nel suo circondario, all’esazione della tassa di famiglia, alla collezione dei fondi necessari al mantenimento delle strade provinciali; e per la parte economica ai lavori di strade regie, ponti e strade provinciali, di cui nei rapporti di arte è affidata la cura al Corpo d’ingegneri delle acque e strade nel Granducato. Finalmente egli esercita le attribuzioni ch’erano deferite al soprassindaco, ad eccezione di quelle specialmente attribuite
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    al dipartimento di Soprintendenza alla conservazione del Catasto creato con legge del primo novembre 1825. Sino da quest’epoca al Compartimento di Arezzo furono assegnate 49 Comunità, distribuite in sette fra i 38 circondari, nei quali è divisa tutta la superficie del Granducato, e i di cui capoluoghi sono: 1. Arezzo; 2. Cortona; 3. Borgo S. Sepolcro; 4. Montepulciano; 5. Pieve S. Stefano; 6. Poppi; 7. S Giovanni in Val d’Arno.
    Vi sono nel Compartimento di Arezzo 6 ufizi per l’esazione del Registro; 1. Arezzo; 2. Cortona; 3. S. Sepolcro; 4. Montevarchi; 5. Poppi; 6. Montepulciano. Solo in Arezzo e in Montepulciano avvi un ufizio di conservazione delle Ipoteche.
    Vi è un Dipartimento Doganale, dalla cui direzione dipendono le dogane di frontiera del suo Compartimento.
    Riferiscono al Provveditore della Camera di Arezzo 18 Cancellieri comunitativi di varie classi; 1. classe, Arezzo ; 2. classe, Cortona ; 3. classe, Forano , Montepulciano , e San Giovanni ; 4. classe, Asinalunga , Borgo S. Sepolcro , Castiglion Fiorentino , Montevarchi , Poppi , Castel Focognano , Sarteano e Verghereto (che vaca); 5. classe, Castel S. Niccolò o Strada , Civitella , Monte S. Savino , Pieve S. Stefano , e Pratovecchio .
    Il Compartimento aretino ha una superficie di circa 1438 miglia quadrate con una popolazione di 221929 abitanti cioè, 154 individui ad ogni miglio quadrato repartitamente. – Esso abbraccia la parte orientale del Granducato, dove confina con lo Stato Pontificio a partire dalle sorgenti del Savio e del Tevere sino al fiume Foglia e al Metauro; quindi si volge nella valle Tiberina sotto il borgo S. Sepolcro abbracciando alla sinistra del Tevere la Comunità del Monte S. Maria, di dove ripiega per le falde orientali dei monti Cortonesi in Val di Chiana, e
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    tocca al Borghetto la gronda del lago Trasimeno; qua piegando a semicerchio intorno alle piagge di Pozzuolo giunge al Canale maestro fra Valiano e il lago di Montepulciano, che costeggia alla sua sponda orientale insieme con quello di Chiusi. Costà varca la Chiana per dirigersi a scirocco del monte di Cetona, dove, entrando a contatto con il Compartimento di Siena rasenta i limiti settentrionali della Comunità di S. Casciano dei Bagni, per corre il crine dei poggi di Val d’Orcia e Val d’Ombrone sino al giogo di Palazzuolo, di dove s’inoltra alle sorgenti del fiume Ambra. Di là per i monti del Chianti scende nel Val d’Arno superiore lungo i confini occidentali della Comunità di Cavriglia al qual punto lascia il Compartimento di Siena e trova quello di Firenze, con cui confina per tutto il tratto successivo attraverso la valle dell’Arno fra S. Giovanni e Figline, e sulla destra parete fra Pian di Scò e Reggello, dove per il monte di Pratomagno si avanza nella Valle del Casentino che intieramente abbraccia sino a che ritrova sulla schiena dell’Appennino di Camaldoli la Comunità di Verghereto.

    Nel Prospetto delle Comunità posto di fronte, ai capoluoghi dov’è un’(R) indica residenza d’un Cancelliere ajuto . La lettera (A) accenna residenza d’un Ingegnere ajuto . L’asterisco* mostra le Comunità appartenute al Compartimento di Siena; l’altre erano del Compartimento fiorentino.

    PROSPETTO delle Comunità del Compartimento di AREZZO distribuito per Cancellerie

    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 1. AREZZO ( Cancell. e Ing. ), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Aretino, Superficie territor. in quadr.: 112750.44, popolazione  della Comunità: 30084
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 2. BORGO S. SEPOLCRO, ( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 39451, popolazione della Comunità: 6360
    - capoluogo
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    di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 2. Anghiari (R), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 38088,62, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 6543) 6417
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 2. Monterchi, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 8421.92,  popolazione  della Comunità: 2456
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 2. Monte S. Maria, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 21280,53, popolazione  della Comunità: 2591
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 3. PIEVE S. STEFANO ( Canc. Ing. ), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 45474,31, popolazione  della Comunità: 3646
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 3. Caprese, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val Tiberina, Superficie territor. in quadr.: 19539,66, popolazione  della Comunità: 1558
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 3. Verghereto, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Savio, Superficie territor. in quadr.: 34839,59, popolazione  della Comunità: 1984
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 4. SESTINO ( Cancell .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Foglia, Superficie territor. in quadr.: 23632,88, popolazione  della Comunità: 2036
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 4. Badia Tedalda, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Marecchia, Superficie territor. in quadr.: 34803,31, popolazione  della Comunità: 1925
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 5. CORTONA ( Canc. e Ing .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 100201,28, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 22097) 22275
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 6. SARTEANO ( Canc. e Ing
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    .)*,  Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 24910,73, popolazione  della Comunità: 3904
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 6. Cetona*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 15572,33, popolazione  della Comunità: 3332
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 6. Chianciano (R)*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 10757,00, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 2159) 2166
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 6. CHIUSI Città*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 16999,93, popolazione  della Comunità: 3418
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 7. M. PULCIANO ( Canc. Ing .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 48518,35, popolazione  della Comunità: 10197
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 8. ASINALUNGA ( Cancell .) *, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 22877,52, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 7187) 7287
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 8. Torrita*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 17003,27, popolazione  della Comunità: 3731
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 9. FOJANO ( Canc .) (A)*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 11751,75, popolazione  della Comunità: 6425
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 9. Lucignano*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 13085,86, popolazione  della Comunità: 3846
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 9. Marciano*, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val
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    di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 6982,47, popolazione  della Comunità: 2097
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 10. CASTIGLION FIORENTINO ( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 32313,55, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 10046) 10105
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 11. MONTE SAN SAVINO ( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 25923,86, popolazione  della Comunità: 6695
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 12. CIVITELLA ( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val di Chiana, Superficie territor. in quadr.: 29634,93, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 4858) 4883
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. MONTEVARCHI ( Canc .) (A), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 16519,77, popolazione  della Comunità: 8030
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. Castiglion Fibocchi, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 7484,39, popolazione  della Comunità: 708
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. Castiglion Ubertini, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 3257,45, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 418) 424
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. Laterina, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 7006,44, popolazione  della Comunità: 1839
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. Bucine, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 38264,93, popolazione  della Comunità: 5776
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 13. Pergine, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in
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    quadr.: 13806,27, popolazione  della Comunità: 1694
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 14. S. GIOVANNI ( Canc. e Ing .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 6499,16, popolazione  della Comunità: 3827
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 14. Terranuova, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 21794,34, popolazione  della Comunità: 5982
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 14. Pian di Scò, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 5746,51, popolazione  della Comunità: 2434
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 14. Castel Franco di sopra, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 10724,68, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 2565) 2528
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 14. Loro, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno superiore, Superficie territor. in quadr.: 25626,54, popolazione  della Comunità: 4126
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 15. Poppi ( Canc. e Ing .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 28375,18, popolazione  della Comunità: 5201
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 15. Raggiolo, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 5125,70, popolazione  della Comunità: 700
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 15. Bibbiena, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 25340,91, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 4662) 4982
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 15. Ortignano, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 5591,60, popolazione  della Comunità: 854
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con
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    l'annessa Comunità: 16. PRATOVECCHIO ( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 22560,18, popolazione  della Comunità: 3707
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 16. Stia, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 17983,62, popolazione  della Comunità: 2510
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 17. CASTEL S. NICCOLO’( Canc .), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 19105,02, popolazione  della Comunità: 3741
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 17. Montemignajo, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 13075,94, popolazione  della Comunità: 1570
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. CASTEL FOCOGNANO ( Canc .) (A), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 16910,13, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 2734) 2832
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. Chiusi di Casentino, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 29961,13, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 1933) 1777
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. Talla, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 18038,17, popolazione  della Comunità: 2047
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. Chitignano, Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 4326,17, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 949) 966
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. Subbiano (R), Valle in cui è compreso il Capoluogo: Val d'Arno Casentinese, Superficie territor. in quadr.: 23048,79, popolazione  della Comunità: 2807
    - capoluogo di Cancelleria comunitat. con l'annessa Comunità: 18. Capolona, Valle in cui è compreso il
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    Capoluogo: Val d'Arno Aretino, Superficie territor. in quadr.: 13869,07, popolazione  della Comunità: ( ERRATA : 1940) 1817
    - Totale superficie territorio in quadr.: 1154887,18
    - Totale della popolazione : N° 221929

    STRADE REGIE E PROVINCIALI CHE ATTRAVERSANO IL COMPARTIMENTO DI AREZZO

    STRADE REGIE

    1. Strada Regia postale Aretina che viene da Firenze per il Pontasieve nel Val di Arno superiore, parte in Arezzo, e di là per Val di Chiana conduce a Perugia.

    2. Strada Regia dell’Adriatico , che dalla Porta Ferdinanda parte da Arezzo, sale il poggio di S. Formena e di là lungo il Cerfone si inoltra sino alla Villa Guadagni, dove varca i colli e il fiume Singerna, tocca la dogana di S. Leo, passa il ponte del Tevere, e per Sansepolcro s’introduce nello Stato Pontificio.

    3. Strada Regia Traversa che si stacca dalla Regia Aretina al luogo detto Il Cerro, e termina al Ponte alla Nave in Val di Chiana.

    4. Strada Regia da Siena ad Arezzo che per Monte S. Savino e Palazzuolo scende in Val d’Ombrone fra Monistero Berardenga e Torre a Castello, e di là si dirige al ponte di Taverne d’Arbia dove incontra la strada N.° 5.

    5. Strada Regia Lauretana. Viene da Siena, per il ponte di Taverne d’Arbia ad Asciano, dove sale il poggio di Montalceto e di là entra nel Compartimento di Arezzo, scende in Val di Chiana per Asinalunga le Murice e l’Abbadia sotto Montepulciano sino al ponte di Valiano.

    STRADE PROVINCIALI SPETTANTI AL COMPARTIMENTO DI AREZZO

    1. Strada provinciale Casentinese. Dalla Consuma per Bibbiena, Rassina e Subbiano conduce a Arezzo.

    2. Strada Urbinese de’7 Ponti e Riofi. Dal confine del Compartimento fiorentino presso
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    la collina di Renaccio per Riofi, Poggitazzio, Loro e il Borro va a ricongiungersi con la strada detta VecchiaAretina del N.°11, presso le Capannelle.

    3. Strada detta della Sugherella .Dal confine del Compartimento senese fra Cavriglia e S. Giovanni giunge alla Regia Aretina in vicinanza di S. Giovanni.

    4. Strada detta del Chianti. Dal confine del Compartimento di Siena giunge alla Strada Regia Aretina in vicinanza di Montevarchi.

    5. Strada di Pienza e Montepulciano . Dal confine del Compartimento di Siena fra Pienza e Montepulciano passando per quest’ultima città và ad unirsi alla Longitudinale di Val di Chiana.

    6. Strada di S. Casciano de’Bagni. Dal confine del Compartimento di Siena fra S. Casciano e Cetona conduce a Sarteano.

    7.Strada di Sarteano. Dal confine del Compartimento di Siena, (Comunità di Radicofani) si dirige a Sarteano.

    8. Strada delle Vallesi. Dal confine del Compartimento di Siena dal luogo detto le Vallesi fra Rapolano e Asinalunga, giunge alla Foenna presso il bivio della via di Lucignano in vicinanza del mulino di Palazzuolo, ove imbocca nella seguente provinciale.

    9. Strada Antica Lauretana delle Folci che principia al detto bivio con la via di Lucignano presso il mulino suddetto, e passando in vicinanza di Asinalunga, attraversa la Regia Lauretana prima di giungere all’ Amorosa, di dove si inoltra nel Compartimento di Siena fra le Comunità di Asinalunga e di Trequanda presso il podere di Sodo, nel qual punto imbocca nella Provinciale di N.° 12 detta Traversa dei Monti.

    10. Strada della Valle Tiberina . Dalla prov. Casentinese presso Bibbiena giunge al Borgo S. Sepolcro passando per l’Alvernia e Pieve S. Stefano.

    11. Strada Vecchia aretina. Da Arezzo
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    conduce alla strada Regia aretina presso le due Vie , dopo aver traversato l’Arno sul ponte a Buriano e sul ponte a Romito ed essersi avvicinata al paese di Laterina.

    12. Strada di Cortona per Montepulciano. Conduce alla Regia Lauretana per Valiano.

    13. Strada Longitudinale di Val di Chiana. Dalla strada Regia Traversa aretina al Bastardo, attraversando la Regia tra Arezzo e Siena presso la Pieve al Toppo, e passando per Fojano e Bettolle giunge al confine del Compartimento con lo Stato Pontificio, al di là di Chiusi, dopo aver percorso sopra un tratto di Strada Regia Lauretana.

    14. Strada del Bucine. Dalla Strada Regia aretina sotto Levane, e di là passando per Bucine, Monte S. Savino e Lucignano, termina a Fojano, dopo aver in quest’ultimo tronco percorso una porzione di Strada Regia fra Siena e Arezzo.

    15. Strada di Fojano . Si dirama dalla Provinciale detta l’ Antica Lauretana presso le fonti di Asinalunga, e va a sboccare nella longitudinale di Val di Chiana a Bettolle.

    16.Strada da Montepulciano a Cetona. Dalla Provinciale di Pienza presso il Campo Santo di Montepulciano per S. Albino, Chianciano, Sarteano e Cetona sino al confine dello Stato Pontificio.

    17. Strada Traversa da Cortona a Fojano. Dalla Strada Regia Aretina presso la posta di Comuccia va ad unirsi in Fojano alla Longitudinale di Val di Chiana, passando per Manzano e i ponti di Cortona.

    19. Strada della Montagna , o di Val d’Orcia. Dal coinfine del Compartimento con la Comunità di Pienza in quello di Siena va ad unirsi alla Provinciale di N.° 16 in vicinanza di Montepulciano.

    COMUNITA’DI
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    AREZZO. – È la Comunità più vasta del suo Compartimento, poiché abbraccia una superficie di miglia quadre 140 e tre quarti, pari a 112750 quadrati, 3322 dei quali occupati da strade e corsi di acqua. Essa contiene attualmente una popolazione di 30029 abitanti, corrispondenti a 212 teste per ogni miglio quadrato di suolo imponibile. Confina con 10 Comunità; verso settentrione con quella di Subbiano nel Casentino, a partire dalla sinistra ripa dell’Arno, dove sbocca il fosso Vagliano per salire il poggio fra i casali di Marcena e Monte Giovi, poscia piegando da levante a scirocco verso la Chiassa incontra la Comunità di Anghiari , con la quale costeggia lungo il torrente Chiassa che oltrepassa al Castelluccio: monta il poggio di S. Veriano, e percorre da maestro a scirocco la Valle del Cerfone sulla cui destra trova la Comunità di Monterchi che fiancheggia sino al torrente Padonchia. Al di là della quale fiumana incontra il territorio comunitativo del Monte S. Maria formando intorno a esso un semicerchio sotto il Monte Marzana, sul di cui corno meridionale trova lo Stato Pontificio, che rasenta fino al fiume Nestore.Qua subentra la Comunità di Cortona con la quale risale il Nestore per il corso di circa due miglia; quindi ripiegando a ponente gira intorno alla base settentrionale dell’Alta S. Egidio avendo a contatto la Comunità di Castiglion Fiorentino , che fronteggia sino al Canal maestro nella Val di Chiana. In questo punto tocca per brevissimo tratto la Comunità di Marciano , quindi per più lungo cammino quella di Monte S. Savino , che abbandona alla strada Regia di Siena, dove attesta con la Comunità di Civitella : e oltrepassando alla sinistra del Canal maestro, sale il colle delle Poggiola lungo la via Mulinara e quella comunitativa delle Querci. Di là piegando da ostro a maestro per il Fosso
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    della Marinella e per il Borro del Costone, scende dai poggi orientali di Val d’Ambra alla Pieve di Majano, dove taglia la strada Regia fiorentina, quindi cavalca il fiume Arno al Fosso del Beccafico, e percorrendo il confine australe della Comunità di Laterino , va a trovare la strada provinciale de’ Sette Ponti . Di là sale per Vialla al poggio di Meliciano; donde rivolge da settentrione a scirocco, rasentando la Comunità di Capolona lungo l’Arno, che ripassa per montare contro la corrente sino dirimpetto al Fosso Vagliano, dove ritrova la Comunità di Subbiano .
    Uno de’monti più elevati della Comunità di Arezzo è quello di Lignano, sprone dell’Appennino che stendesi dalle sorgenti del Cerfone fra la Val di Chiana e il piano di Arezzo. La sommità di medesimo trovasi a 1432 braccia sopra il livello del mare. Però la parte più eminente di tutta la Comunità è forse quella della chiesa di Rassinata presso la cima meridionale del Monte Marzana alle sorgenti del torrente Ansena, da cui ha origine il Nestore; punto che può calcolarsi circa 300 braccia più basso della sommità detta la Croce, cioè 1533 braccia sopra il livello del Mediterraneo. – Vedere MONTE MARZANA.
    Tutte le altre diramazione dei poggi che cuoprono intorno a due terzi della superficie territoriale della Comunità di Arezzo appartengono alle colline subappennine dello stesso Monte Marzana, dell’Alpe di Catenaja, di Pratomagno, e dei poggi orientali di Val d’Ambra.
    La parte pianeggiante del territorio aretino, oltre quella che esiste intorno alla città in un raggio di due a cinque miglia, è quella assai spaziosa che possiede dal lato australe alla destra del Canal maestro della Chiana. La quale collegasi con il piano di Arezzo mediante un’ampia foce fra Capo di Monte e la collina di Chiani, di dove la Chiana del Granducato, con un cammino inverso dal primitivo suo corso, attraversa da ostro
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    a settentrione il bacino di Arezzo per tributare le sue acque, non più al fiume di Roma, ma a quello di Firenze, 4 miglia a maestro di Arezzo, là dove, giunta a Monte sopra Rondine , perde il suo nome nell’Arno. A questa inversione di corso allude il bel basso rilievo allegorico nel piedistallo di marmo che sostiene la statua colossale di Ferdinando III nella piazza maggiore di Arezzo. – Vedere CHIANA.
    Il fiume reale testè nominato, dopo essersi aperto la via per la profonda gola di Subbiano fra i contrafforti di Catenaja e di Pratomagno, giunto alla pianura aretina torce il primitivo suo corso lasciando a sinistra la città e bagnando i limiti settentrionali della fertile sua campagna.
    Fra l’Arno stesso e la Chiana, dalle diramazioni montuose che sono alle spalle di Arezzo scendono varii torrenti e minori rivi, i quali per solchi profondi e tortuosi vanno a scaricarsi entro i suddetti due fiumi. Tali sono, a ostro i due Vingoni ; a scirocco il fosso Lota ; a settentrione e grecale la Chiassa con i suoi influenti le Chiassacce e il Giglione di Pietramala, mentre a levante, parte dai deliziosi colli del Pomajo e di S. Severo il torrente Castro che bagna un lembo della città, accoglie quindi il Maspino , e si versa nella Chiana: Non dirò dei minori ruscelli di Montione , delle Strosce , del Gavardello della Sella ec. tributari pur essi della Chiana, ma tutti poveri di acque e quasi asciutti nella buona stagione. Non ostante ciò il loro corso trovasi scavato nella pianura aretina ad una profondità considerabile, che arriva talvolta sino a 50 e anche 60 piedi sotto all’orlo superiore.
    A spiegare questo fenomeno aprì la strada agli altri il
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    genio di un insigne scrittore di nostra età, il quale, appoggiato ai documenti storici, ai principii idraulici, e alle osservazioni locali, potè corredare della maggiore probabilità la storia idrografica dell’inversione della Chiana, e la causa del profondo incassamento dei rivi che in essa si vuotano davanti alla città degli Aretini.
    La qual causa si può in gran parte ripetere dalla cateratta naturale dell’ Imbuto, che dopo avere per lunghi secoli fatto barriera fra il bacino aretino e quello del Val d’Arno superiore a Firenze, mentre spagliava le sue acque nelle vicine campagne, quel pietroso passaggio fu dall’azione delle acque cadenti, e forse anche dall’umana industria corroso e abbassato. In conseguenza di che, liberato una volta il piano d’Arezzo dalle acque dell’Arno, e approfondato il suo alveo, trovaronsi costretti i sopraindicati influenti anch’essi a incassare maggiormente la loro via, e a formare nella circostante pianura altrettanti scavi naturali diretti in vari sensi, quanti sono i corsi d’acqua che vi influiscono.
    Fu effetto grandioso d’una tale escavazione naturale quello di essere rimasti scalzati potenti banchi di terreno mobile depositato nella Valle Aretina dalle acque fluviali, e dalle antiche alluvioni. Quindi è che il suo bacino consiste di ciottoli di ghiaje del superiore Appennino,di avanzi di abbattute foreste incarboniti e solforosi, di carcami di ossa fossili spettanti a grandi animali terrestri e marini di specie perdute, delle quali già possiede buon numero il museo di storia naturale di Arezzo; e se ne arricchisce ogni giorno più. Questi fossili si nascondono ordinariamente fra sabbie e argille ora cerulee ora giallognole, dalle quali è ricoperto irregolarmente il fondo della Valle, e che si adagiano sopra strati di marna fissile, o di bisciajo, alternante con la pietra macigno, (grès antico) e col calcare appenninico. Delle quali ultime rocce è formata l’ossatura dei poggi adiacenti che si diramano dall’Alpe di Catenaja e da Pratomagno.
    Se non che gli altri strati di calcareo compatto (alberese e colombino)
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    si affacciano più spesso nei seni e negli angoli rientranti dei monti medesimi, sottostanti ordinariamente alla pietra arenaria.
    Sembra altresì non potersi revocare in dubbio che la terra, di cui si formavano i celebri vasi Aretini, si estraesse dalli strati di argilla cerulea che riposano sulle rocce compatte testè accennate. I detti vasi, di belle ed eleganti forme, rossi senza aggiunta di altri colori o di vernice, con vaghi ornati sempre a bassissimo rilievo, costituiscono, fra tutti quelli chiamati Etruschi, una scuola distinta che ha una fisionomia caratteristica e alle officine di Arezzo particolare. Ultimamente sono stati scoperti dentro la stessa città moltissimi di tali frammenti, alcuni dei quali portano impresso il nome di A. TITI FIGUL. ARRET.
    Il territorio comunitativo di Arezzo manca di miniere e cave, meno quelle spettanti alla pietra serena, e all’alberese da calcina. Vi s’incontrano bensì varie polle di acque minerali: fra le quali sono di un’utilità da lunga esperienza confermate quelle acidule di Montione, descritte la prima volta dal Cesalpino, e recentemente analizzate dal dottore Antonio Fabbroni, suo degno concittadino. – Vedere MONTIONE DEL PIANO DI AREZZO
    Le produzioni agrarie che sopra le altre abbondano nella pianura della Comunità di cui si tratta, consistono in frumenti, legumi, gran turco (mais) e vino. Tutte queste forniscono altrettanti articoli di commercio attivo alle popolazioni del piano di Arezzo e della valle contigua, mentre nei poggi predominano, nei punti più alpestri, il castagno e la foresta; nelle diramazioni inferiori la vite, l’ulivo e gli altri alberi da frutto. Fra questi ultimi il gelso occupa un posto importante nell’industria agraria, essendo che le sue foglie alimentano nella Comunità Aretina tanti filugelli, quanti, al dire dell’autore della statistica di Val di Chiana, possono allevarsi cento libbre di ovaje!– Fra le piante di alto fusto primeggiano per ricchezza e copia l’ulivo, la vite, il castagno e il pioppo. Vi sono le querci, atte anche per la marina; né vi manca
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    l’abete. Quest’ultima pianta alpina che vedesi a Gragnano prova che potrebbe con facilità allevarsi in molti altri punti della medesima Comunità. – L’A. poco sopra nominato calcola a circa 11 miglia quadre la criniera dei monti e dei poggi di questo distretto svestiti di piante fruttifere, senza recare altro profitto, oltre quello di uno sterile pascolo.
    Le piante dei boschi cedui, degli scopeti e delle selve di alto fusto occupano circa una quarta parte della superficie della stessa Comunità. – I pascoli naturali sono estesi al pari dei bosci che li accompagnano; quelli però naturali che servono all’avvicendamento dei campi, bastano per supplire all’alimento dei bestiami sparsi nei poderi e tenute, siano essi animali da lavoro, siano da frutto, del genere vaccino o pecorino.
    Gli animali di razza bovina e gli agnelli sono due risorse di commercio attivo, non tanto per la carne, quanto per la lana e le loro pelli. Gli animali neri, i pollami e i tacchini che si allevano a branchi, formano due altri articoli di commercio non indifferente per questa contrada, e per tutto il Compartimento d’Arezzo.
    Fra le manifatture, dopo quella della trattura della seta, fra cui primeggia per economia e grandiosità la macchina a vapore della Regia fattoria di Frassineto in Val di Chiana, contasi il gran Lanificio di panni dentro la città di Arezzo, incoraggito dal privilegio delle forniture militari. Dentro la stessa città sono in grande attività 4 conce di pelli, varie tintorìe e gualchiere, molte fabbriche di cappelli, una stamperia, officine di arnesi di ferro, e una di chiodami oltre alcune fornaci di terraglie dentro e fuori di Arezzo, nella di cui campagna si attivano attualmente cinque o sei polveriere. Evvi pure una fabbrica di pettini da donne, che fornisce non solo capitale e le città dello Stato, ma spedisce anche all’estero i suoi lavori.La favorevole situazione di essa città, posta nell’asse di tre fertilissime valli, là dove si trova
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    il più facile e il più breve tragitto per innoltrarsi dal territorio Granducale nella Valle Tiberina, ha reso questa fra le più commercianti città mediterranee dello Stato. Al che accrescono maggior movimento e attività per la circolazione trasporto le numerose strade comunitative rotabili che attraversano in varia direzione il suo distretto, oltre quelle regie e provinciali sopra designate.
    Infatti animatissimi sono i suoi due mercati settimanali, segnatamente per le contrattazioni di granaglie e bestiame, uno dei quali, il maggiore, cade nel giorno di sabato, mentre il mercato minore ha luogo nel martedì.
    Vi si praticano 4 fiere in varie stagioni dell’anno; una di maggio nel secondo lunedì, l’altra dopo la festa di S. Donato sino al dieci di agosto, la terza dopo il dì 8 settembre, e l’ultima, che è la più ricca di tutte, nei giorni 28, 29 e 30 di Ottobre.
    Segue il Quadro della popolazione della Comunità di Arezzo distribuita per Popoli con ordine alfabetico, aggiuntovi l’Epilogo delle popolazioni ivi esistenti negli anni 1551 e 1745.

    POPOLAZIONE della Comunità d'AREZZO dell'anno 1833

    - Cattedrale S. Pietro (Città di Arezzo): abitanti n. 488
    - S. Maria della Pieve (Città di Arezzo): abitanti n. 1501
    - S. Agnese (Città di Arezzo): abitanti n. 410
    - S. Agostino (Città di Arezzo): abitanti n. 686
    - SS. Annunziata (Città di Arezzo): abitanti n. 921
    - S. Domenico (Città di Arezzo): abitanti n. 718
    - SS. Flora e Lucilla (Città di Arezzo): abitanti n. 549
    - S. Gemignano (Città di Arezzo): abitanti n. 517
    - S. Jacopo (Città di Arezzo): abitanti n. 458
    - S. Maria in Gradi (Città di Arezzo): abitanti n. 899
    - SS. Michele e Adriano (Città di Arezzo): abitanti n. 1421
    - S.
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    Niccolò (Città di Arezzo): abitanti n. 239
    - S. Pier Piccolo (Città di Arezzo): abitanti n. 524
    - Sped. di S. M. sopra i Ponti (Città di Arezzo): abitanti n. 32
    - S. Croce al Subborgo (Città di Arezzo): abitanti n. 1039
    - Agazzi, S. Cristofano: abitanti n. 399
    - Albiano, S. Apollinare: abitanti n. 217
    - Antria, S. Michele: abitanti n. 162
    - Bagnoro, S. Eugenia. P.: abitanti n. 375
    - Battifolle, SS. Quirico e Giuditta: abitanti n. 383
    - Bivignano, S. Maria: abitanti n. 350
    - Bossi, S. Tommaso: abitanti n. 116
    - Balbi e Quole, S. Pietro: abitanti n. 136
    - Camperie, S. Fabiano: abitanti n. 204
    - Campo Lucci, SS. Pietro e Paolo: abitanti n. 182
    - Campriano, S. Egidio: abitanti n. 208
    - S. Casciano, S. Ippolito a. P.: abitanti n. 375
    - Castellonchio, S. Andrea: abitanti n. 88
    - Chiani, S. Cristina: abitanti n. 359
    - Chiassa, S. Maria Assunta. P.: abitanti n. 310
    - Cicigliano, S. Romano: abitanti n. 261
    - Cincelli, S. Maria: abitanti n. 222
    - S. Donnino presso Rondine: abitanti n. 114
    - S. Fiorenzo, S. Giovanni Battista a: abitanti n. 299
    - S. Formena, S. Firmina a: abitanti n. 483
    - Frassineto, S. Biagio: abitanti n. 685
    - Gello, S. Bartolommeo: abitanti n. 84
    - Giovi, S. Maria Assunta: abitanti n. 379
    - Majano, S. Donnino. P.: abitanti n. 497
    - * Marcena, SS. Quirico e Giuditta: abitanti n. 220
    -
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    Milisciano, S. Michele: abitanti n. 127
    - Misciano, S. Maria Assunta: abitanti n. 194
    - Monistero, S. Biagio al: abitanti n. 128
    - Monte sopra Rondine, S. Fabiano: abitanti n. 259
    - Montione, S. Leo: abitanti n. 390
    - Ottavo, S. Maria: abitanti n.171
    - Patrignone, S. Michele: abitanti n. 246
    - Peneto, S. Maria: abitanti n. 246
    - Petrognano, S. Felicita: abitanti n. 262
    - Pigli, S. Maria: abitanti n. 75
    - Pigli e Fontiano, S. Andrea: abitanti n. 588
    - Poggiola, S. Maria: abitanti n. 467
    - S. Polo, S. Paolo. P.: abitanti n. 491
    - Pomajo, S. Lorenzo: abitanti n. 344
    - Prato Antico, S. Giovanni Evangelista: abitanti n. 462
    - Puglia, S. Maria: abitanti n. 237
    - Pulicciano, SS. Lor. e Martino: abitanti n. 809
    - Quarata, S. Andrea. P.: abitanti n. 718
    - Quarto, S. Mustiola. P.: abitanti n. 371
    - Quarto, S. Anastasio: abitanti n. 535
    - Querceto, S. Bartolommeo: abitanti n. 55
    - * Ranco, SS. Lorent. e Pergent. P.: abitanti n. 122
    - Rassinata, S. Biagio: abitanti n. 488
    - Rigutino, S. Quirico. P.: abitanti n. 618
    - Rondine, S. Pietro: abitanti n. 156
    - Ruscello, S. Michele: abitanti n. 431
    - Saccione, S. Agata: abitanti n. 89
    - Staggiano, SS. Flora e Lucilla: abitanti n. 349
    - Terine, S. Agata: abitanti n. 227
    - Torrita, SS. Flora e Lucilla: abitanti n. 286
    - Tregozzano, S. Michele: abitanti
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    n. 356
    - Usciano, S. Egidio: abitanti n. 251
    - Venere, S. Giusto: abitanti n. 147
    - * S. Veriano, già Badia: abitanti n. 175
    - Villalba, S. Maria: abitanti n. 150
    - Vitiano, S. Martino: abitanti n. 1042
    - S. Zeno, (S. Leonardo a): abitanti n. 457
    - Totale N° 30029

    EPILOGO della Popolazione del 1551
    -Città di Arezzo: abitanti n. 7750
    - Contado: abitanti n. 14948
    - Totale n. 22698

    EPILOGO della Popolazione del 1745
    -Città di Arezzo: abitanti n. 6719
    - Contado: abitanti n. 10891
    - Totale n. 17610

    N. B. Nella suddetta somma di 30029 abitanti non sono comprese le frazioni di popolazione delle 4 parrocchie contrassegnate con l'asterisco *, perchè sortono fuori del territorio della Comunità di Arezzo.

    AREZZO (città) a pagina 114 dove si legge: Un terzo giro (delle mura d’Arezzo) fu tracciato con ampio pomerio, profundi fossi ecc. circa il 1276, compito poi verso il 1322 dal valoroso Guido Tarlati, si aggiunga: Infatti oltre gli Annali aretini che asseriscono; qualmente nel 1319 le mura della città di Arezzo furono costruite per comando di Guido da Pietramala vescovo di quella diocesi, un istrumento dell’ 11 gennajo 1333 rammenta i fossi di detta città ed uno steccato, allorché quel Comune fece vendere all’incanto i suoi diritti per la misura di 34 tavole, sopra un fosso attenente al Comune di Arezzo, dove era solito essere uno steccato fra la Porta S. Biagio e la Porta S. Angelo, per il prezzo di Lire 40. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte de’ Domenicani di Arezzo ).
    Ivi al SS. Edifizi sacri dopo le parole: Quindi intorno al 1530 il francese Marcilla dipinse (nel Duomo) a vetri colorati
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    le belle finestre, si aggiunga. – Innanzi del Marcilla l’Opera del vescovado di Arezzo aveva allogato, nel 1477, la finestra di vetro nella cappella del Corpo di Cristo nella sua cattedrale ai frati Ingesuati di Firenze; la qual finestre, di braccia 11 3/4 quadre al prezzo di 4 lire il braccio quadro, fu compita nel gennaio del 1478. Poscia nel 23 agosto del 1513 gli operai della cattedrale di Arezzo locarono a Domenico di Pietro di Vanni de’ Pecori, ed a Staggio di Fabiano Stagi cittadini aretini Omnes et singulas figuras vitreas cum ornamentis opportunis ac necessariis in fenestra media et in fenestratu ecclesie Aretine cum pactis, conventionibus ut infra etc. in vulgari sermone expositis. Fra i patti ivi espressi fuvvi questo, che i vetri dovessero essere cotti a fuoco, e non tinti a olio. – Due anni dopo (23 aprile 1515) gli operai della stessa cattedrale diedero a fare al suddetto Domenico Pecori cittadino aretino altre due finestre poste dietro all’altare grande della cattedrale d’Arezzo, cioè, una a mano diritta e l’altra a sinistra. Finalmente a dì 31 ottobre 1519 gli operai del vescovado di Arezzo allogarono tre finestre di vetro da porsi nella cattedrale, a maestro Guglielmo di Pietro ( Marcilla ) priore di S. Tibaldo della diocesi di Verdun in Francia, cioè la prima sopra la cappella di S. Francesco, la seconda sopra la cappella di S. Mattia, e la terza sopra la cappella di S. Niccolò, da farsi di vetro colorito, cotto al fuoco e non a olio, per il prezzo di lire 15 ogni braccio quadro e da doverle dare finite nel giugno prossimo 1520.
    Il Marcilla pertanto per ogni finestra ebbe ducati 180, siccome apparisce da un ricordo del 31 dicembre 1520.
    Due altre finestre si allocarono al detto Marcilla nel 1 giugno del 1522, una delle quali sopra il già nominato altare di S. Francesco, e l’altra sopra il Battistero, con dovere
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    levare di là le finestre che vi erano, e terminare l’opera dentro il mese di novembre avvenire. Nel 3 marzo del 1524 lo stesso Marcilla ricevè lire 660 per la rappresentazione dell’Adultera e per una flagellazione del N. S. Inoltre il medesimo artista nel maggio di quell’anno dipinse due volte nella soffitta del Duomo stesso, le quali furono stimate da Ridolfo Ghirlandajo 400 ducati d’oro da sette lire l’uno; e nel 10 ottobre del 1526 furono allogate al Marcilla medesimo altre volte della soffitta del Duomo col campo d’oro e colori fini per il prezzo di ducati 70. – Vedere Volume I degli Atti dell’I. e R. Accad. Aretina di scienze ec. due Lez. Sul Duomo di Arezzo del Prop. FIL. VAGNONI.
    Infine si aggiunga. – Con la legge del 2 agosto 1838 nella città di Arezzo è stato instituito un tribunale di Prima istanza, e riunito alla giurisdizione del suo vicariato il territorio della potesteria di Subbiano che fu soppressa. Inoltre alla Cancelleria comunitativa di Arezzo in appresso si riunirono le Comunità di Capolona e di Subbiano staccate dalla Cancelleria di Castel Focognano, ossia di Rassina.
    In quanto all’uffizio di esezione del Registro posto in Arezzo, di Capolona, di Civitella e di Subbiano, mentre le conservazioni delle Ipoteche abbraccia 13 Comunità descritte nella notificazione del 3 marzo 1821.
    Rispetto alle Cancellerie comunitative, ed ai luoghi di residenza degl’ingegneri di Circondariato nel Compartimento Aretino. Vedere lo stato loro dell’anno 1844 riportato sotto l’ Articolo TOSCANA GRANDUCALE Volume V pagina 558 e seguenti del DIZIONARIO GEOGRAFICO ec. DELLA TOSCANA.
    La popolazione della Comunità di Arezzo all’anno 1833 era di 30029 abitanti, mentre quella del 1815 ascendeva a 33657 individui, cioè:

    Agazzi, Abitanti N.° 427
    Albiano, Abitanti N.° 235
    Antria, Abitanti N.° 185
    Arezzo,
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    S. Pietro , Abitanti N.° 632
    Arezzo, S. Agnese, Abitanti N.° 493
    Arezzo, S. Agostino, Abitanti N.° 896
    Arezzo, SS. Annunziata, Abitanti N.° 1006
    Arezzo, S. Croce al Subborgo, Abitanti N.° 1331
    Arezzo, S. Domenico, Abitanti N.° 795
    Arezzo, SS. Flora e Lucilla all’Abbadia, Abitanti N.° 652
    Arezzo, S. Geminiano, Abitanti N.° 480
    Arezzo, S. Jacopo, Abitanti N.° 598
    Arezzo, S. Maria in Gradi, Abitanti N.° 941
    Arezzo, S. Maria della Pieve, Abitanti N.° 1507
    Arezzo, Spedale di S. Maria sopra i Ponti, Abitanti N.° 106
    Arezzo, SS. Michele e Adriano, Abitanti N.° 1479
    Arezzo, S. Niccolò, Abitanti N.° 294
    Arezzo, S. Pier Piccolo, Abitanti N.° 506
    Bagnoro (Pieve), Abitanti N.° 449
    Battifolle (Pieve), Abitanti N.° 424
    Broignano, Abitanti N.° 391
    Bossi, Abitanti N.° 138
    Calbi e Quole, Abitanti N.° 135
    Camperie, Abitanti N.° 224
    Campolucci, Abitanti N.° 172
    Campriano, Abitanti N.° 213
    San Cassiano a S. Cassiano, Abitanti N.° 401
    Castellonchio, Abitanti N.° 75
    Chiani, Abitanti N.° 413
    Chiassa ( in parte ), Abitanti N.° 391
    Ciciliano, Abitanti N.° 304
    Cincelli, Abitanti N.° 249
    S. Donnino a Majano, Abitanti N.° 552
    S. Fiorenzo, Abitanti N.° 303
    S. Formena, Abitanti N.° 492
    Frassineto, Abitanti N.°  799
    Gello di Arezzo, Abitanti N.° 84
    Giovi , Abitanti N.° 
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    448
    Majano, Abitanti N.° 125
    Marcena ( in parte ), Abitanti N.° 212
    Milisciano, Abitanti N.° 151
    Misciano, Abitanti N.° 211
    Monistero, Abitanti N.° 144
    Monte sopra Rondine, Abitanti N.° 298
    Montione, Abitanti N.° 508
    Ottavo (Pieve), Abitanti N.° 165
    Patrignone, Abitanti N.° 250
    Peneto, Abitanti N.° 245
    Petrognano, Abitanti N.° 321
    Pigli, Abitanti N.° 73
    Pigli e Fontiano, Abitanti N.° 685
    Poggiole, Abitanti N.° 565
    S. Polo (pieve), Abitanti N.° 500
    Pomajo, Abitanti N.° 397
    Prato Antico, Abitanti N.° 542
    Puglia, Abitanti N.° 243
    Pulicciano, Abitanti N.° 967
    Quarrata, Abitanti N.° 828
    Quarto, Abitanti N.° 579
    Quarto (pieve), Abitanti N.° 422
    Querceto, Abitanti N.° 72
    Ranco ( in parte ), Abitanti N.° 217
    Rassinata, Abitanti N.° 541
    Rigutino (pieve), Abitanti N.° 739
    Rondine, Abitanti N.° 169
    Ruscello, Abitanti N.° 501
    Saccione, Abitanti N.° 94
    Staggiano, Abitanti N.° 426
    Terine, Abitanti N.° 223
    Torrita, Abitanti N.° 299
    Tregozzano, Abitanti N.° 411
    Usciano, Abitanti N.° 263
    Venere di Arezzo, Abitanti N.°  147
    Veriano (S.) ( in parte ), Abitanti N.° 184
    Villalba, Abitanti N.° 164
    Vitiano , Abitanti N.° 1078
    S.
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    Leonardo a San Zeno, Abitanti N.° 478
    TOTALE Abitanti N.° 33657


    ACQUEDOTTI DI AREZZO. Fra le tre più grandiose opere di pubblica economia e decoro, nelle quali sopra ogni altra nazione i Romani primeggiarono, per testimonianza di Dionisio e di Strabone, si contavano gli Acquedotti. Trascurati, dopo la caduta del loro impero, pochi edifizi di simil genere si videro sorgere in Toscana nelle posteriori età.
    Arezzo al pari di molte città mancava di pubbliche fonti, contuttociò che una ne esistesse (Fonte Tenta) presso le sue mura.
    Per gran tempo si tenne essa dagli aretini in una tal quale venerazione superstiziosa, finché, nel 1428, predicando S. Bernardino contro simile idolatria, fu quest'Oracolo ninfale a furia di popolo devastato e distrutto. (GUAZZESI Dissert. sulla via Cassia ).
    Copiose sorgenti fluivano intanto a poca distanza nel poggio che risiede a levante di Arezzo, ma era d'uopo vincere le difficoltà che presentava il suolo nell'attraversare la
    sua convalle.
    Fu tentato di farlo, e dato mano a un Acquedotto nell'anno 1354; se non che l'opera riuscì inefficace, ad onta dei molti tentativi adoprati, sino all'anno 1600, quando l'ingegnere fiorentino Santi di Pagni potè condurre le fonti in città per mezzo di un Acquedotto tracciato sopra una serie di archi nella parte inferiore del valloncello, mentre il maggiore cammino lo nascose nelle viscere della collina sotto la rocca di Arezzo. Nel qual tronco di canale sotterraneo, in luogo di sfiatatoj, l'avveduto architetto supplì coll'aumentare vistosamente l'altezza del condotto delle acque. Queste limpide e copiose scaturiscono da più bocche intorno alla vasca della piazza maggiore di Arezzo, mentre il suo rifiuto somministra alimento ad altra fonte sulla piazza di S. Agostino, a un vasto lavatojo, e quindi a dei mulini con gualchiere li d'appresso situati.

    PIAN D'AREZZO nel Val d’Arno aretino. – Dicesi Pian d’Arezzo, o aretino una ridente pianura che nel raggio di circa 6 miglia si
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    stende da scirocco verso ostro, ponente e settentrione davanti alla città di Arezzo, avendo questa alle sue spalle verso levante i poggi che stendonsi fino qua da uno sprone meridionale dell'Alpe di Catenaja.
    È la parte più vaga, più popolata di ville, di borgate, di chiese e di castelli pittoreschi che possa mai vedersi nel secondo bacino del Val d’Arno, cui fanno corona dal lato di maestrale i poggi di Capolona e di Castiglion Fibocchi situati alla base dell'Alpe di S. Trinita, mentre dal lato di ponente gli si parano innanzi agevoli e ben vestite colline che separano il vallone dell’Ambra dai Val d’Arno aretino e dalla Val di Chiana.
    Se non vi fosse una sensibile discesa del Canal maestro della Chiana mediante la Chiesa de'monaci nel Val d’Arno si dovrebbe riguardare il Pian d'Arezzo quasi appendice alla Val di Chiana.

    ZECCHE DIVERSE della Toscana. – Le Zecche più antiche della Toscana sono quelle di Lucca, di Pisa e di Firenze. Le prime due incominciarono a coniare lire, soldi e denari di argento e di oro fino dai tempi Longobardi, quella però di Firenze fu posteriore allo stabilimento della sua repubblica. Ignazio Orsini, per lasciare di tanti altri scrittori, ha occupato un intiero libro per riportare i vari conj col nome de' zecchieri sotto la repubblica fiorentina, a partire dal 1252, epoca in cui Firenze cominciò a battere la buona moneta del fiorino d’ oro. Infatti debbesi ai Fiorentini la gloria di essere stati i primi a ristabilire in Italia il conio delle monete pure di oro abbandonato per lungo tempo dalle altre città. Di epoca quasi contemporanea, ma sul declinare del secolo XII sono le Zecche delle città di Siena, di Volterra e di Arezzo, cui succederono le lire Cortones.i Tratto con criterio delle prime il Sig. Giuseppe Porri in un bel
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    Saggio sulla Zecca sanese pubblicato nel 1844; disertò sulle seconde il ch. Pagnini nella sua Opera della Decima, e discorsero della terza il Cav. Guazzesi e di recente il Dott. Antonio Fabroni, mentre versò sulle monete di Cortona il cortonese Alticozzi in un capitolo della sua Lettera apologetica al libro dell’ antico Dominio del Vescovo di Areno in Cortona.
    Di breve durata fu la Zecca di Massa Marittima, e dubbie mi sembrano le monete attribuite alle città di Pistoja e di Chiusi.
    Le Zecche più recenti della Toscana sono quelle de' marchesi Malaspina di Fosdinovo e de' marchesi Cybo Malaspina di Massa di Carrara, la prima instituita o piuttosto ripristinata nel 1666, ed ora soppressa; la seconda aperta in Massa nel 1550, e tuttora esistente al pari di quelle di Lucca, di Firenze e di Pisa, l' ultima delle quali trovasi riunita alla Zecca di Firenze. Tutte le altre sono state da lunga mano inibite, oppure soppresse.

    VESCOVATI DELLA TOSCANA. – Nella Toscana cisappennina della presente Opera contansi attualmente 22 Vescovati e quattro Arcivescovati; dieci dei quali Vescovati esistevano sino dalla prima età di Giovanni Villani. Tali sono le diocesi di Arezzo, di Chiusi, di Fiesole , di Roselle (Grosseto), di Luni (Sarzana) di Pistoja, di Populonia (Massa Marittima) di Soana, di Volterra e di Brugnato. – Spettano ai 12 Vescovati più moderni quelli di Cortona, di Montepulciano, di Pienza, di Montalcino, di Colle, di Prato, di Sansepolcro, di Sanminiato, di Pescia, di Pontremoli, di Livorno e di
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    Massa Ducale. – Delle 22 diocesi tre sono rette dai vescovi delle diocesi vicine più antiche, come sarebbe il vescovo di Chiusi che regge la chiesa di Pienza; quello di Pistoja che è parimente vescovo di Prato, e l'altro di Luni Sarzana che ora è diocesane di Brugnato.
    Sono suffraganei dell'arcivescovo di Firenze i vescovi di Fiesole, di Pistoja e Prato, di Colle, di Sanminiato e di Sansepolcro. – L’arcivescovo e primate di Pisa è anche metropolitano delle diocesi di Livorno e di Pontremoli. – Sono suffraganei dell’arcivescovo di Siena quelli di Chiusi e Pienza, di Grosseto, di Massa Marittima e di Soana; e di corto fu dato per suffraganeo all' Arcivescovo di Lucca il vescovo di Massa Ducale; mentre quello di Brugnato, innanzi l'unione della sua diocesi all'antica di Luni Sarzana, era suffraganeo dell'arcivescovo di Genova.
    Dipendono immediatamente dalla S. Sede i Vescovi di Arezzo, di Volterra, di Luni Sarzana , di Cortona, di Montalcino, di Montepulciano, e di Pescia. – Vedere l'Articolo ARCIVESCOVATI della Toscana Granducale.
    Entrano poi nella Romagna Granducale quattro diocesi dello Stato Pontificio, cioè, quelle di Bertinoro, ili Faenza, di Forlì e di Sarsina, l’ultima delle quali per l'amministrazione ecclesiastica è stata affidata di corto al vescovo di Bertinoro.
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Localizzazione
ID: 240
N. scheda: 3000
Volume: 1; 4; 5; 6S
Pagina: 41 - 42, 112 - 126; 175 - 176; 705, 838 - 839; 12 - 14
Riferimenti:
Toponimo IGM: Arezzo
Comune: AREZZO
Provincia: AR
Quadrante IGM: 114-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1733151, 4816492
WGS 1984: 11.88308, 43.46657
UTM (32N): 733214, 4816666
Denominazione: Arezzo - Acquedotti di Arezzo - Pian di Arezzo - Vescovati della Toscana (Arezzo) - Zecche Diverse (Arezzo)
Popolo: S. Maria ad Arezzo
Piviere: S. Maria ad Arezzo
Comunità: Arezzo
Giurisdizione: Arezzo
Diocesi: Arezzo
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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