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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Lerici - Cala di Lerici

 

(Lerici)

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    CALA DI LERICI. Vasto seno nel lato orientale del Golfo della Spezia e sicuro porto naturale fra i contrafforti di Maralonga e di S. Terenzo.

    LERICI (
    Castrum et Portus Ilicis, talvolta Erycis) dentro l'antico seno lunese, attualmente Golfo della Spezia. Terra, già castello, situata alla base di un monte omonimo, sul lembo di una cala che porta il distintivo di Porto di Lerici. È capoluogo di Comunità, di piviere e di Mandamento nella Provincia di Levante, Diocesi di Luni-Sarzana, Regio Sardo.
    Trovasi il paese nel grado 27°34’ di longitudine e 44°4’6’’ di latitudine, alla base interna del promontorio orientale del seno della Spezia; nel concavo di una convalle che costituisce una delle più vaste, più profonde e sicure cale del seno prenominato, già
    Porto di Luni, di fronte al suo promontorio (ERRATA: orientale), occidentale ossia di Porto Venere, che è a 4 miglia a ponente libeccio di Lerici poco meno distante dalla città di Sarzana, posta al suo grecale; 5 miglia a scirocco dalla Spezia per la via di mare, e 10 miglia per la strada Regia postale di Genova.
    Quando 1’antica Luni non era per anco ridotta alla città dei sepolcri, non solo il promontorio del Capo Corvo, ma la cala di Lerici con l’intiero seno della Spezia erano compresi nel distretto territoriale Lunense, che prese più tardi il nome di
    Lunigiana. Dondechè, richiamando io il lettore a quanto dissi nell'avvertirmento al primo volume della presente opera, spero ch’egli non vorrà addebitarmi di usare arbitrio, se in questo Dizionario geografico ho compreso i principali luoghi e paesi intorno al grandioso porto di Luni, oltre quelli situati alle spalle dei monti che lo circondano dal lato della Vara, fiumana tributaria di quella maggiore,

    che per cammin corto
    Lo
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    Genovese parte dal Toscano.

    Io non starò qui a ripetere la insussistente congettura di chi suppose essere stata nel monte o nel luogo di Lerici la città di Luni, fidando forse troppo sopra una espressione di Strabone, che situò la Magra fra Pisa e Luna, dopo peraltro avere egli stesso avvertito i suoi lettori, che i greci appellavano ugualmente Luna (Σελενε) tanto la piccola città, stata sempre alla sinistra della Magra, quanto il suo grandioso porto, situato alla destra della stessa fiumana.
    Molto meno mi appoggerò all'opinione di coloro che derivarono l'etimologia di Lerici da un tempio stato eretto alla dea
    Venere Ericina, tempio immaginario, che alcuni scrittori dalla Sicilia, altri dalla Porta Collatina di Roma trasportarono sul monte di Lerici, ovvero sulla rupe del promontorio di Porto Venere; e che inutilmente cercarono appoggi a simili idee negli avanzi di una chiesa di struttura cristiana, e di stile manifesto del medio evo, i quali avanzi veggonsi tuttora sopra il paese di Porto Venere.
    Nè vorrei tampoco che i miei lettori si fidassero alquanto più nelle parole state incise in una lapida di casa
    Mascardi a Sarzana, trascritta dal Sarzanese Landinelli in una sua istoria, e da molti più tardi pubblicata in questo modo: Lunae Hetruscae Incolis Inquilinisque Pop. Rom. Amiticiam B. M. a Mari ad Alpes ad Montes Ligurum ad Flumen Apua Agros Imm. Colere Vectigal a Viatoribus Exigere Portus Erycinosque Stationes Hyem Tenere L. Meneneius P. Sett. Coss.
    Direi quasi la stessa cosa a chi non volesse riscontrare nella città di Sarzana un’altra iscrizione marmorea, per quanto essa si mostri fornita di tutte le caratteristiche dalla diplomazia archeologica desiderate. Parlo di un catalogo di nomi di Patroni e di Decurioni di una
    compagnia di artisti
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    scolpito in una tavola di marmo trovata, per quanto sembra, nei contorni di Luni; la quale iscrizione conservasi nel vestibulo del palazzo Griffi-Magni. Avvegnachè il Muratori, avendola fatta copiare, la pubblicò con la seguente intestazione: Nomina Collegi Fabrum Ilic, invece di quella che ivi si legge: Nomina Collegi Fabrum IIC. Quindi quel sommo antiquario interpellò l'ultima sigla, che potesse riferire ad un Collegio di Fabri ILICENSI, aggiungendo anche, non senza dubitarne, e forse di Lerici.
    Avendo pertanto io avuto occasione di ricopiare sul marmo di casa Griffi-Magni 1’iscrizione sopra designata, potei assicurarmi, che non già la parola abbreviata ILIC, ma sivvero il numero romano IIC senz'alcuna intermedia lacuna fu scolpito tale, quale tuttora distintamente ivi si legge. – Vedansi i miei Cenni sopra 1'Alpe Apuana, pag. 175.
    Molti eziandio si fidarono sopra la Geografia di Tolomeo, e pochi avvertirono, che nel testo greco di quello scrittore mancano le stazioni del
    Portus Veneris e del Portus Ericis, state interpolate in epoche assai posteriori dai traduttori e dagli interpreti dei MSS. e nelle edizioni latine.
    Che però se dobbiamo abbandonare i sogni, i documenti apocrifi e la fallace mitologia per esser guidati da più fida scorta, l’istoria, ci troveremo forse costretti a confessare, che Lerici deve il suo nome non già ad un tempio di Venere, o di un suo figlio
    Elice, ma sivvero alla qualità della pianta (Quercus Ilex) di cui era anticamente rivestito il monte che a Lerici si atterga. Essendochè fino dai primi secoli dopo il mille portava il distintivo di Mons Ilicis il selvoso promontorio lunense che da Lerici sino al Capo Corvo si stende verso il mare; cosicchè Fazio degli Uberti nel secolo XIV
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    lo indicava nel suo Dittamondo così:

    Da questa selva Toscana incomincia
    Che volve in mare al monte dello Corbo
    .

    Corrisponde a quello stesso
    Mons Ilicis, che insieme col porto e coll'uso della pesca, nel 1185 fu dall'Imperatore Federigo I a titolo di feudo confermato a Pietro vescovo di Luni ed ai suoi successori. È quel Podium Ilicis, che il Comune di Genova nel 1174 dal Marchese Obizo Malaspina in parte acquistò a tilolo di compra insieme col vicino castello di Petra tecta. (CAFFARI, Annalis Genuens. Lib. III).
    Non avevano peraltro a quell'epoca i Genovesi esteso il loro dominio sul corno orientale del golfo della Spezia, sebbene vi si affacciassero interpolatamente con le masnade comandate dai loro capitani e podestà. Conciossiachè nei secoli XII e XIII signoreggiava sempre in Lerici la Repubblica di Pisa, alla quale sino dal 1161 era stato concesso da Federigo I, che poi Arrigo VI, nel 1192, e Ottone IV, nel 1209, con altrettanti diplomi, allo stesso Comune pisano confermarono, non solamente la giurisdizione sopra il mare e i diritti imperiali di ancoraggio con tutte le prerogative spettanti alla corona d'Italia, a partire da
    Civitavecchia sino a Porto Venere, ma ancora la facoltà d'impedire che alcuna persona, città o altra potenza erigesse fortificazione veruna nel littorale tra il monte del Corvo e la bocca d'Arno.
    Si vuole inoltre che sia opera dei Pisani la costruzione dei primi fossi, delle prime fortificazioni di Lerici, dove nel giugno del 1277
    si riunirono gli ambasciatori delle città di Pisa e di Genova per trattare, con la mediazione del cardinale vescovo d'Ostia legato del Papa, quella pace che fu con tanto treno giurata, sebbene per corto tempo mantenuta. Imperocchè la Repubblica di Genova, mentre era intenta ad estendere la sua
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    potenza marittima, non perdeva tampoco di mira l'occupazione di tutti i luoghi lungo la sua riviera di Levante fino alla Magra.
    Non erano infatti ancora trascorsi 40 anni dalla pace di Lerici, che nuove inimicizie, frequenti insulti e fazioni fra i Pisani ed i Genovesi cagione del Castello e porto di Lerici si videro rinnovare.
    Il vantaggio della posizione, considerata sotto il doppio rapporto delle relazioni commerciali e degli stabilimenti marittimi che offriva ai navigli il seno di Lerici, non poteva passare di vista ad un popolo attivo, industrioso e marittimo come il Genovese; sicchè la sua oste ritornata in Lerici, decise che il castello di migliori difese si fortificasse. Due iscrizioni lapidarie, rimaste qualche tempo affisse nelle mura del Castello di Lerici, provano non solo il frequente passaggio di quel paese da uno in altro padrone, ma anche il caustico procedere di due popoli gelosi. L'iscrizione stata posta dai Pisani in linguaggio antico volgare, era di scherno ai
    Zenoesi, Porto veneresi ed ai Lucchesi. L'altra dettata in latino fu messa dai Genovesi per rimproverare la poca vigilanza a quei loro rivali, tostochè il Comune dí Genova restò padrone di Lerici (anno 1256); e fu allora che il castello venne circondato di muraglie, e di torri. (CAFFARI Continuat. Annal. Genuens. Lib. VI. – Annal. Pis. etc.)
    Quando a Lerici restassero compite le nuove fortificazioni, lo attesta un'altra lapida ivi collocata; cioè, nel dicembre dell'anno 1273, mentre governavano in Genova col titolo di capitani del comune e del popolo Oberto Spinola e Oberto Doria, i quali
    , fecerunt de novo fieri hunc burgunt et hoc opus Illicis.
    Non per questo uno zelante vescovo di Luni, Enrico da Fucecchio, tralasciò la rivendicazione dei temporali diritti al suo antecessore ed alla sua chiesa dall'Imperatore Federigo I concessi, rapporto
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    specialmente al poggio e Castello di Lerici, al suo porto e alla pesca. Ma le proteste di quel mitrato non potendo essere accompagnate dalla ragione rispettabile delle bajonette, le scritture rimasero vuote di effetto, e presto obliate negli archivii della cattedrale di Sarzana, donde furono disseppellite quattro secoli e mezzo più tardi dall'Ughelli e dal Muratori.
    Dopo l'epoca testè accennata rare volte e per corto tempo le potenze limitrofe ritolsero ai Genovesi il Castello di Lerici; giacchè quella Repubblica, avendo riportato la segnalata vittoria navale presso la Meloria, estese il suo dominio perfino alla Magra. E ad onta delle fazioni cittadine, che posteriormente la tennero divisa, tarpando le ali alle sue gloriose imprese marittime, e governando quasi per proprio conto le sue castella; ad onta che alla gelosia interna si unisse quella dei potentati più o meno alla Liguria vicini, contuttociò dal 1256 in poi il Comune di Genova e per esso i di lui Ottimati tennero quasi costantemente il dominio delle due Riviere da
    Lerici a Turbia. Dissi, quasi costantemente vi si mantennero i Genovesi, poichè nella prima metà del secolo XIV Lerici vide e ubbidì a diversi padroni, ora a Uguccione Potestà di Pisa; ora a Castruccio Capitano di Lucca, ora a Luchino Visconti Signor di Milano; infine per pochi mesi (anno 1414) ai Fiorentini.
    Ciò nonostante nel secolo XIV Lerici si contemplava come parte di dominio toscano siccome ne avvisava
    nell'Itinerario Siriaco il Petrarca, il quale vi capitò anche nel 1343, quando scriveva al Cardinale Giovanni Colonna: Dum recto tramite proficisci vellem, haud procul Laventia exercitus ambo (milanese e pisano) constituerant, tiranno graviter urgente contra pisanis Mutronem suum summa vi tuentibus, coactus sum apud Erycem mari iterum me credere, et Corvum scopulum a colore nominatum, ac Rupem candidam, et Macrae ostium, ac
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    Lunam olim famosam, potentemque, nunc nudum et inane nomen, praeterventus, nocte concubui apud Mutronem castris expositus etc. (FR. PETRARC. In Famil. Lib. V Epist. 3).
    Non mi parve fuori di proposito il riportare questo brano di lettera del cantor di Laura, stantechè vi è descritto topicamente e con tale esattezza il littorale da Lerici sino alla spiaggia di Luni da non lasciare che poco più da aggiungere; e quel poco che potesse mancare, relativamente alla parte idrografica e geoponica del seno lunense, era già stato detto dallo stesso autore nel suo poema
    dell'Affrica e nell'Itinerario Siriaco. Anzi da quest'ultima opera geografica chiaramente apparisce, che a quel tempo Lerici non dipendeva dalla Repubblica genovese, tostochè i suoi confini distrettuali nella Liguria orientale non oltrepassavano il promontorio di Portovenere, mentre ivi si dichiara il Capo Corvo posto contra extremos, Januenses fines; dopo aver appellato nostro il castello di Lerici.
    Molte teste coronate in varii tempi approdarono, o partirono per oltremare da Lerici; fra le quali non fia da lasciare in silenzio Carlo V, il quale da Genova, nel settembre del 1541, corteggiato da molti sovrani, al Golfo della Spezia si diresse, e di costà fece vela con numerosa armata navale per tentare l'impresa d'Algeri. Fu pure in Lerici, dove poco innanzi l'ammiraglio genovese Andrea Doria aveva firmato l'accordo di abbandonare la causa di Francesco I Re di Francia per favorire quella dell'Imperatore e Re di Spagna già nominato. Una lapida, posta in un orto di Lerici, conserva rimembranza del fatto in poche parole:

    Andreas ab Auria hujus domus hospis
    Hic e Gello factus Hispanus.

    Un'altra trista memoria per decreto del senato di Genova fu murata nella facciata di una casa sulla
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    piazza di Lerici. È un' iscrizione, stata tolta di là, poch'anni dopo, che diceva: Di costà nel giorno 20 di aprile 1678 in pieno giorno il duca di Sommerset fu ucciso da un'archibusata che gli venne tirata in piazza, per cagione di onore offeso, da Maria Antonio Botti da una finestra della sua casa.
    Meno antiche sono le memorie ecclesiastiche della chiesa di Lerici; avvegnachè, se dobbiamo dedurle dalla nota delle pievi o altre parrocchie della diocesi di Luni, che furono registrate nelle bolle spedite a quei vescovi dal Pontefice Eugenio III (anno 1149) e da Innocenzio III (anno 1202), fa d'uopo credere, che in quell'età mancasse a Lerici la parrocchia.
    L'attuale chiesa arcipresbiterale col titolo di S. Maria Assunta siede appiè del colle innanzi di entrare nel borgo di Lerici, a difesa del quale sorgevano quattro torrioni, che uno serve attualmente ad uso di pubblico orologio.
    Esiste in Lerici un convento di Cappuccini, e nella chiesa un quadro di S. Francesco del genovese pittore Domenico Piola.
    Degli uomini di un qualche merito che nacquero, o che furono oriundi, da Lerici, fu data una lunga nota dall’autore delle Memorie storiche della Lunigiana, e prima di lui dal Targioni; ma pochi di quei nomi, se si eccettuino i due nautici Montini ed un Olandini, sopravvissero alla loro età.
    Comunità di Lerici. – Al territorio di questo comune fu dall'attuale governo incorporato quello di San Terenzo al Mare, di S. Lucia di Pagliola, e di S. Giovanni della Serra, mentre dal giusdicente del Mandamento di Lerici dipendono, oltre le tre popolazioni testè indicate, quelle del capo luogo e dei due comuni limitrofi di Ameglia e di Trebiano.
    Non si conosce ancora la dimensione superficiale del territorio di Lerici, il quale confina,
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    a levante con l'Amelia, a settentrione con Trebiano ed Arcola, a maestro con Vezzano, e negli altri lati col seno della Spezia.
    La cala che costituisce il porto di Lerici è circoscritta da una curva semicircolare di poggi che terminano a sinistra con la rupe, sulla quale s'innalza intorno alle batterie la solida torre di Lerici; verso la bocca del Golfo trovasi la batteria di
    Maralonga, mentre lo sprone che chiude la cala a settentrione di Lerici, costituisce lo scoglio di Occa pelata e la batteria di S. Teresa. Nell'angolo rientrante, e quasi in fondo al seno preindicato, siede il villaggio di S. Terenzo al Mare.
    Sulla cima più elevata del corno destro di questa cala sporge il casale di Pitelli; quello poi che costituisce il corno sinistro a levante di Lerici, scende dalla sommità del Monte Marcello, già Monte Caprione, col quale forma l'estrema punta del promontorio orientale lunense, denominato Capo Corvo. Fra questo Capo e la cala di Lerici havvi una punta sporgente in mare a guisa di un istmo che appellasi Maralunga, istmo coperto di oliveti, dove esiste il fabbricato di un monastero abitato sino a questi ultimi tempi dagli Agostiniani Romitani, e quà si ricoverarono quelli che abbandonarono il claustro di S. Croce in bocca di Magra.
    Le ville di S.
    Lucia, o di Pugliola, della Serra e di Barcola con altre palazzine di campagna, veggonsi sparse sul fianco dei colli ed in mezzo a deliziose piantagioni di oliveti e di viti in tal guisa, che formano bella corona ai Paesi di Lerici e di San Terenzo al Mare.
    Una sola strada
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    rotabile passa per questa comunità, varcando il monte alle spalle di Lerici, ed è quella postale antica di Sarzana, aperta nel 1697, ampliata e rettificata nel secolo attuale. – Se una via pianeggiante potesse aprirsi lungo il mare da Lerici alla punta del Corvo, non vi sarebbero forse spiagge più amene dopo le poetiche sponde di Baia e di Posilippo da porre a confronto con queste del Golfo della Spezia.
    Per ciò che spetta alla struttura fisica del territorio di Lerici e alle rocce che cuoprono la superficie de'suoi monti, l'una e le altre furono abilmente descritte dal naturalista Girolamo Guidoni sino da quando egli rese di pubblica ragione quella sua fatica mediante il
    Giornale Ligustico per l'anno 1828.
    Presso l'estremità
    del Capo Corvo Guidoni avvertì, che lo scoglio denominato la Bianca, il quale sporge dal fondo del mare sino all'altezza di circa venti metri, consiste in una roccia calcarea saccaroide, per quanto essa non possa mettersi a confronto con quella dei monti di Carrara e delle Panie di Seravezza. – Il masso isolato della Bianca pertanto corrisponde a quella Rupe candida, che il Petrarca segnalò nel suo passaggio da Lerici a Motrone, appena ebbe oltrepassato il negro scoglio del Capo Corvo, dopo avere l'una e l'altro nel poema dell'Affrica descritto insieme con il banco, il quale a poche braccia sott'acqua si stende a poca distanza dal Capo Corvo. Ecco le sue parole:

    Hoc mihi nunc cantanda loco, sulcantibus aequor
    Insula jam Venerique placens a littore portus
    Exoritur, contraque sedet fortissimus Erix
    Ausonius siculae retinens cognomina ripae
    Collibus his ipsam perhibent habitare Minervam,
    Spernentemque patrias olei dulcedine Athenas
    Exoritur, Corviyue Caput, tumefactaque circum
    Dissiliunt maria, et saxis fremit unda vadosis,
    Cognitus in medio nautis, dorsoque ni granti
    Arduus assurgit scopulus, cui proxima Rupes
    Candidior latè Phoebo
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    feriente refulget.
    Post in secessu curvo maris ostia Macrae
    Cernuntur rapidi
    , etc. (AFRICAE Lib. VI).

    La roccia di calcarea compatta color grigio nerastro che mostrasi al Capo Corvo, si riaffaccia nelle pendici opposte del monte di Lerici, ed è in varia direzione attraversata da frequenti e larghe vene di candido spato. Essa talvolta alterna, ma più spesso è ricoperta da strati di macigno calcareo, che è una specie di
    pietra forte consimile a quella dei contorni di Firenze, anche costà usata per lastricare le strade. Su questa specie di terreno posano i fondamenti della fortezza e di molte abitazioni situate a cavaliere intorno al porto di Lerici.
    I prodotti territoriali di questa Comunità sono variatissimi, a cominciare dall'annoso leccio e dal castagno sino al cedro ed al limone. Tanto è tiepido il suo clima da favorire la vegetazione e fruttificazione delle piante le più delicate!
    La parte superiore del monte, dove non sorgono alberi, è coperta di praterie naturali, di fragranti ramerini, serpilli, mente ed altre erbe aromatiche. Vi è indigeno il verde e cupo leccio poco lungi dal castagno. L'ulivo e la vite primeggiano fra gli alberi da frutto di varia specie, in guisa che ne fu ammirato lo stesso poeta di Valchiusa, tostochè costà segnalò
    la vera reggia della dea di Atene.
    Ma la risorsa e il sostentamento maggiore del popolo di Lerici lo dà il mare, poichè di 5000 persone che costituiscono a un dipresso la popolazione della sua comunità, quasi la metà è dedicata alla marina, sia in qualità di pescatore, sia di ciurma, sia facendo il piloto; oppure padrone e conduttore per proprio conto di bastimenti da cabotaggio. È pure da notarsi, essere gli nomini di Lerici nel novero dei più coraggiosi ed abili marini della Liguria; e di costà escirono eccellenti capitani di
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    mare, fra i quali due ammiragli, Stefano e Lorenzo Montini.
    Le donne di Lerici e di San Terenzo al Mare disimpegnano non solo le faccende domestiche, ma con avvedutezza pari a quella degli uomini negoziano in dettaglio tutti i prodotti del loro paese e del vicino golfo, con più le merci che i loro mariti portano dall'estero in patria, le quali di continuo vanno ad esitarle nelle città e luoghi dalla loro patria distanti una mezzo ed anche una intera giornata di cammino.
    Fra le manifatture principali di Lerici contasi qualche fabbrica di conce di pelli, e il lavorio che fornisce quel cantiere per la costruzione dei legni mercantili.
    Risiedono in Lerici, oltre il magistrato comunale, un doganiere di terza classe sotto quello principale della Spezia, e un giusdiciente di prima istanza che abbraccia tutto il Mandamento. Il tribunale di Prefettura è in Sarzana, l'ultima istanza al Senato di Genova. L'intendente della provincia di Levante stà alla Spezia, dove sono tutte le autorità militari, e l'ufizio del Registro unito a quello della Conservazione delle Ipoteche.

    - nome del luogo: LERICI
    Terra, titolo della chiesa: SS. Annunziata e Francesco (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Luni-Sarzana, abitanti anno 1832 n° 2810
    - nome del luogo: Pagliola
    Villaggio, titolo della chiesa: SS. Lucia, Nicola e Lorenzo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Luni-Sarzana, abitanti anno 1832 n° 619
    - nome del luogo: San Terenzo al Mare
    Borgo, titolo della chiesa: S. Terenzo (Prepositura), diocesi cui appartiene: Luni-Sarzana, abitanti anno 1832 n° 1005
    - nome del luogo: Serra
    Villaggio, titolo della chiesa: S. Giovanni decollato (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Luni-Sarzana, abitanti anno 1832 n° 410
    - Totale abitanti anno 1832 n° 4844
Localizzazione
ID: 2411
N. scheda: 27760
Volume: 1; 2
Pagina: 382; 684 - 689
Riferimenti:
Toponimo IGM: Lerici
Comune: LERICI
Provincia: SP
Quadrante IGM: 095-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1573008, 4880965
WGS 1984: 9.91264, 44.07979
UTM (32N): 573072, 4881139
Denominazione: Lerici - Cala di Lerici
Popolo: SS. Annunziata e S. Francesco a Lerici
Piviere: SS. Annunziata e S. Francesco a Lerici
Comunità: Lerici
Giurisdizione: Lerici
Diocesi: Luni - Sarzana
Compartimento: x
Stato: Regno Sardo
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