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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Meleto Ridolfi

 

(Meleto)

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    MELETO. Varie località, casali e tenute s’incontrano tuttora in Toscana sotto nome di Meleto, quasi per indicarci la qualità delle piante fruttifere che ivi precipuamente allignarono, (i meli), e donde derivò loro il vocabolo che portano di Meleto. Tali sono il Meleto in Val di Chiana nelle Comunità di Civitella, il Meleto in Val di Sieve, quello di S. Sofia sul Bidente di Valbona, il Meleto di Fauglia in Val di Tora; la tenuta di Meleto di Avane, o di Pian Franzese nel Val d’Arno superiore, il Meleto Ridolfi in Val d’Elsa, ecc. ecc. – Lasciando a parte i Meleti, dei quali tacque la storia, mi limiterò ai seguenti come i più noti degli altri (Meleto d'Avane o di Pian Franzese nel Val d’Arno superiore, Meleto Ridolfi in Val d’Elsa. e Meleto nella Valle del Bidente di Valbona).

    MELETO RIDOLFI in Val d’Elsa. – È una vasta tenuta della famiglia magnatizia fiorentina de’marchesi Ridolfi, dove fu una chiesa parrocchiale (SS. Ippolito e Cassiano
    de Meletro) da molto tempo profanata, ed il cui popolo fu annesso a quello di Castelnuovo di Val d’Elsa, nel piviere di Cojano, Comunità Giurisdizione e circa 6 miglia toscane a maestro di Montajone, Diocesi di Volterra, Compartimento di Firenze.
    La villa signorile, i giardini e le fabbriche annesse risiedono sul dorso di una docile collina posta a sinistra del fiume Elsa, alla cui base settentrionale scorre il rio che da il nome alla fattoria prenominata.
    Un libro piuttosto che un articolo esigerebbe questo Meleto di Val d’Elsa, grande e primo esempio di un vasto dominio rustico, dove per le cure del suo generoso e culto possessore è stato creato un
    Podere modello. – Limiterò le poche osservazioni su questo Meleto
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    a due soli oggetti; prima di tutto per accennare la natura del suolo, che costituisce la maggior parte della tenuta, e quindi rammentare la maniera di marnarlo e di conservarne la terra mediante una speciale coltivazione appellata a spina; e ciò per opera delle colmate di monte dallo stesso Marchese Ridolfi descritte nelle prime due annate del Giornale Agrario Toscano. In secondo luogo descriverò questo Meleto come primo esempio di un istituto agrario teorico pratico denominato Podere modello.
    Natura del suolo e coltivazione di Meleto. – La fattoria Ridolfi, posta nel grado 43° 39’ latitudine e 28° 35’ longitudine, estendesi nella sua maggiore lunghezza circa 2 miglia e 1/5, a partire dal crine dei poggi che chiudono a ponente la Val d’Elsa sino alla sponda sinistra della fiumana che le dà il nome; mentre la stessa tenuta si estende circa un miglio e mezzo da scirocco a maestro nella massima sua larghezza. – Qualora si eccettuino le strade, i viali, le fabbriche, giardini e canali, essa occupa una superficie territoriale di braccia 26500 fiorentine, equivalenti a 2650 quadrati agrarj toscani, ossiano 850 arpenti francesi.
    La valle nella quale cotesta tenuta risiede tanto nei poggi che la circondano, quanto nelle piagge e in tutte le gibbosità che l’attraversano o che la spalleggiano, è profondamente coperta da un terreno terziario di origine marina comune a molti altri valloni subalterni all’Appennino dell’alta Italia.
    All’articolo APPENNINO TOSCANO (Vol. I. pag. 96 e 97) dissi che molte valli della Toscana sono fiancheggiate da due serie di monti, i quali per origine geologica e per struttura sono fra loro diversi; dai monti cioè che costituiscono li sproni e i contrafforti immediati della giogana centrale dell’Appennino che Italia per lo lungo divide, e che consistono in rocce stratiformi compatte
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    (in arenaria, alberese e bisciajo); mentre nell’opposto lato le stesse valli sono rinchiuse da poggi formati di rocce cristalline e massicce (di marmi,gabbri, ecc.) – Se non che le parti più eminenti dei poggi e delle colline intermedie di cotesta valle si mostrano quasi ottimamente rivestite da un tufo giallo ocraceo consistente in una sabbia o minuta ghiaja siliceo calcarea, più o meno conglutinata.
    Al deposito inferiore e più antico fu dato il titolo di
    marna conchigliare cerulea stante il suo colore, e che in Toscana a seconda delle varie contrade appellasi coi nomignoli di mattajone, di biancana, o di creta. – Cotesto deposito terziario è formato di terra eminentemente argillosa, ricca di testacei univalvi e bivalvi marini di specie viventi e perdute, per la maggior parte calcinati. Cotesta terra nella stagione calda ed asciutta si apre in larghi spacchi, sulle piaggie come sui greppi, sulle frananti grotte e ne’precipitosi balzi, mentre nel sovrastante tufo assai più solido e compatto si nascondono non solamente gli avanzi di corpi fossili marini, ma ancora quelli di conchiglie palustri e fluviatili.
    Tali sono le qualità predominanti del terreno che veste non solamente le colline di Val d’Elsa, ma quelle delle valli sue vicine, cioè dell’Evola, dell’Era, della Cascina, e in parte della Cecina, come ancora le più lontane dell’Ombrone sanese, di Val d’Arbia, di Val d’Asso, e in gran parte di quelle del Merse, dell’Orcia, ec.
    Il terreno del
    mattajone, ossia della marna cerulea costituente, come dissi, la base e la porzione più estesa delle valli testè accennate, se si contempla rispetto alle colture agrarie, mostrasi più idoneo del tufo alle praterie artificiali, alle seminagioni de’cereali e delle leguminacee, piuttosto che agli alberi fruttiferi e di alto fusto. Questi ultimi all’incontro prosperano
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    e preferiscono i poggi superiori delle valli medesime, purché non siano stati smantellati dal tufo calcareo siliceo. – È altresì vero che gli stessi alberi fruttiferi, e specialmente le viti, allignano parimenti nelle piagge che sono naturalmente o artificialmente marnate mediante la promiscuità dell’una e dell’altra qualità del terreno prenominato.
    L’arte pertanto di giovarsi dei mezzi che offre la natura per colmare e render più fruttifero il suolo su coteste valli cretose, è una scoperta che dobbiamo singolarmente al Testaferrata defunto agente del Marchese Ridolfi a Meleto.
    – Vedere GIORNALE AGRARIO TOSCANO dei primi due anni.
    All’Articolo BARBERINO DI VAL D’ELSA (Vol. I. pag. 265) fu dato un cenno delle singolarità che presenta la fisica struttura di cotesta valle all’occhio del naturalista, allorché scende dall’Appennino, sorpreso di lasciar bruscamente il solido alberese e la pietra arenaria che più non rivede dopo la Val di Greve, e di trovarsi quasi all’improvviso sopra estesissimi ammassi di ciottoli e di sabbioni, i quali mascherano e ricuoprono ad una vistosa profondità l’ossatura pietrosa dei poggi interposti fra la Val di Greve e la Val di Pesa. A questi ammassi poco a poco sottentra e serve di lembo un terreno mobile, (
    mattajone) cosparso di reliquie fossili, fra le quali si trovano famiglie intere di testacei marini.
    Comunque sia delle cause implicite di cotesto fenomeno geologico, intorno a cui l’uomo da tanti secoli si affatica per tentare di strappare il velo misterioso che le ricopre, io mi limitava in quell’articolo ad accennare, che il territorio della comunità di Barberino di Val d’Elsa, a partire dai contrafforti immediati della catena centrale appenninica, può dirsi il primo, dove incomincia la zona di quel terreno terziario marino che io aveva segnalato all’Articolo APPENNINO; e soggiungeva (ivi pag. 267) che per simili terreni marnosi sarebbe da desiderarsi più frequente
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    ed estesa la pratica delle colmate di monte secondo il metodo stato con felice successo praticato da un benemerito agronomo in una sua tenuta in Val d’Elsa.
    L’arte di profittare delle acque correnti e piovane, le quali per loro stesse sogliono riescire disastrose alle colline formate di
    mattajone; il metodo economico di far tesoro per trascinare, mediante la caduta delle stesse acque, il tufo siliceo calcareo dei ciglioni superiori nei sottoposti burrono marnosi, onde colmare questi che si alzano a spese di quelli che si abbassano e si deprimono; l’industria insomma di marnare le piagge argillose della Val d’Elsa col promiscuarvi la calce e la silice è un’arte nuova, un metodo economico, un’industria preziosa che l’agronomia delle valli subappennine toscane deve giustamente al proprietario del Meleto di Val d’Elsa, dove, se cotal industria non nacque, si fece al certo maestra; avvegnachè costà, a dir vero, esiste il miglior modello delle colmate di monte, e di simili opere idraulico agrarie.
    Dopo aver contemplato in succinto la situazione, disposizione l’indole del suolo, e i metodo di colmare le colline cretose del
    Meleto Ridolfi, gioverà dire, come quell’intelligente proprietario, abbandonando i comodi, gli onori e i piaceri che offriva a lui una magnifica capitale, amò meglio ritirarsi costà con la sua famiglia per stabilirvi un’assidua dimora, ad oggetto di applicarsi di proposito al progresso dell’agricoltura, di spendere a vantaggio pubblico tutte le sue forze e di convertire cotesto resedio signorile di Meleto in liceo agrario teorico pratico, dove egli generosamente accolse in sua casa un discreto numero di giovinetti per fare loro da direttore, da maestro amoroso e da benefico padre.
    Podere modello di Meleto. – Sono circa sei anni che il marchese Cosimo ha fondato nella villa di Meleto cotale istituto, dove da principio accolse
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    dieci giovanetti contadini presi da varj luoghi della Toscana, per ammaestrarli gratuitamente nella scienza e nell’arte dell’agricoltura, in guisa tale che gli alunni potessero imparare non solamente ciò che ad un bravo coltivatore, o ad un esperto amministratore si addice, ma tutto quello che costituisce il fondamento di una morale e civile educazione.
    Un tale germe, per usare una bella espressione del Ridolfi medesimo, depositato in questa classica terra, presto si svolse, e produsse frutti copiosi: l’impresa progredì così bene e tanto piacque, non dico solo a quei che ne udiron parlare, ma più ancora a coloro i quali visitarono da diligenti osservatori Meleto, cosicché il Marchese Ridolfi ben presto si vide costretto a modificare in parte ed estendere il suo concetto, che da quel modesto e provvido uomo che egli è, aveva sul bel principio formato.
    Quindi gli alunni di Meleto andarono rapidamente crescendo in numero; alla prima classe dei mantenuti gratuitamente se ne aggiunse un’altra di giovanetti benestanti, i quali vanno ad imparare costà la maniera di amministrare da se medesimi le proprie sostanze, oppure a sapere come dirigere e invigilare quelli che le amministrano; vanno ad imparare fin da piccoli in che modo si formino, e quanti sudori costino quelle ricchezze, che nel mondo tante volte vengono ciecamente dissipate.
    All’istituto agrario è annesso un
    Podere modello esperimentale, dove si pongono a prova tutte le innovazioni agrarie che dall’estero ci vengono comunicate, o che il direttore medesimo già celebre per felici tentativi ed utili innovazioni, da se stesso immagina, propone e sottomette alla prova.
    Chi fra i miei lettori volesse riscontrare cogli occhi propri la verità di quanto per rispetto alla natura dell’opera ho brevemente accennato; chi volesse vedere macchine e strumenti agrarj nuovi o nuovamente rettificati, le varie razze d’animali fruttiferi migliorate; chi contemplare volesse in qual modo colline
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    e piagge scoscese siano rese dolcissime e con quale sopraffina accuratezza siano esse coltivate; chi volesse ammirare una famiglia di quasi trenta lieti fanciulli da un padre e da una madre d’elezione (la Marchesa Luisa Ridolfi nata Guicciardini) formarsi coll’esempio, e coll’opera alla virtù e al sapere, vada a Meleto, o almeno intervenga ad una di quelle riunioni agrarie, le quali dal 1837 si celebrano costà, e che sono divenute ormai il convegno annuale degli agronomi e degli scienziati più distinti italiani e stranieri. – I nostri posteri da ben altre parole che non sono queste poche mie, e più ancora dai resultamenti benefici di tutto ciò, che in quell’avventuroso luogo ora si tenta e si matura a benefizio dell’arte agraria toscana, non potranno a meno di non pronunziare con riverenza e gratitudine il nome di Cosimo Ridolfi.
Localizzazione
ID: 2677
N. scheda: 30820
Volume: 3
Pagina: 187 - 190
Riferimenti:
Toponimo IGM: Meleto
Comune: CASTELFIORENTINO
Provincia: FI
Quadrante IGM: 112-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1655452, 4834421
WGS 1984: 10.92835, 43.6481
UTM (32N): 655516, 4834595
Denominazione: Meleto Ridolfi
Popolo: (SS. Ippolito e Cassiano di Meleto) annesso a Castelnuovo di Val d'Elsa
Piviere: SS. Pietro e Paolo a Cojano
Comunità: Montajone
Giurisdizione: Montajone
Diocesi: Volterra
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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