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Dizionario Geografico Fisico
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Modigliana - Bellavista, Belvedere di Modigliana - Castello Ottavo - Ibola, Val d'Ibola

 

(Modigliana)

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    MODIGLIANA già Mudilianum e prima di tutto Castrum Mutilum nella valle del Marzeno. – Piccola città nobile della Romagna granducale, non ha guari terra cospicua con sovrastante castello, dove ebbe sede il primo stipite dei conti Guidi, attualmente residenza di un vicario regio, capoluogo di Comunità e di Giurisdizione con pieve propositura e collegiata (S. Stefano PP. e M.) nella Diocesi tuttora di Faenza, Compartimento di Firenze.
    Modigliana è posta nel grado 29° 27’ 3” di longitudine e 44° 9’ 44” di latitudine: circa 9 miglia a ostro di Faenza, 15 miglia a ostro-libeccio di Forlì, 10 miglia da Terra del Sole nella stessa direzione, 11 miglia a ostro-scirocco della Rocca di S. Casciano, e 13 miglia a grecale di Marradi.
    La situazione di Modigliana può dirsi vantaggiosa ogni qual volta si consideri che essa riposa nell’estremo lembo dei contrafforti dell’Appennino; fra i fiumi Montone e Lamone, sul confine di tre vallate, ossia di Valle Acereta , di Ibola e del Tramazzo , solcate da altrettanti torrenti, o fiumane , che confluiscono tutte dentro o sotto Modigliana, là dove perdono il loro nome per darlo alla più grossa fiumana del Marzano , che è pur essa tributaria del fiume Lamone alle porte di Faenza.
    Il fabbricato di Modigliana è diviso in due quartieri; il primo è la parte più vetusta del paese, denominata il Castello ; l’altro è la parte moderna, chiamata il Borgo . La più antica è posta alle falde del monte delle Forche , ultima diramazione del contrafforte che scende dalla schiena dell’Appennino fra i torrenti Ibola e Tramazzo , sopra un di cui risalto risiede l’antico e semidiruto castello di Modigliana.
    Dal quartiere del Castello a quello del Borgo si ha accesso sopra un ponte triturrito che cavalca la
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    fiumana del Tramazzo . Nella parte antica trovasi il pretorio, che fu palazzo dei conti Guidi, lo spedale, il monte di pietà, il collegio e la chiesa de’PP. delle Scuole Pie, ecc.; mentre nel Borgo esistono le fabbriche più decenti, la chiesa collegiata, alcuni conventi e varii stabilimenti pubblici e privati.
    Si è molto disputato, a qual paese applicare si dovesse il Castrum Mutilum rammentato da T. Livio nei libri XXXI e XXXIII delle storie romane.
    Che Modigliana però debba a quel castello l’etimologia del suo nome, lo fa spontaneamente congetturare la piccola differenza che ha cangiato il castrum Mutilum nel castello de Mutiliano , e finalmente di Modigliana . Inoltre sembra fornire una plausibile conferma il sapere, che costà presso fia da cercarsi la posizione del castel Mutilo degli antichi, qualora si voglia starsene senza prevenzione alla geografia dei tempi, cui ne richiamano le descrizioni storiche del medesimo T. Livio, non che le parole di Strabone, di Plinio seniore, ecc.
    Avvegnachè quei classici accennarono che il paese dei Galli Boii continuava, verso l’Appennino con quello dei Liguri Etruschi, mentre dal lato orientale aveva per limite gli Umbri della tribù Sapinia, socii del popolo romano; cioè, degli abitanti delle valli del Savio ( Sapis ) e del Bidente . – Che poi il castrum Mutilum non appartenesse al territorio della tribù Sapinia, siccome opinava Flavio Biondo, ma bensì alla regione dei Galli Boii, lo indicò lo storico pavatino, sia allora quando, terminata la seconda guerra punica (anno di Roma 553, egli disse, che dai Galli Boii essendosi fatta una repentina incursione nel territorio limitrofo dei popoli alleati di Roma, il console P. Elio Peto ordinò, che si scrivessero tosto due legioni, cui aggiunse quattro coorti del suo esercito, e ne affidò l’impresa a C. Oppio prefetto de’socii, con ordine di dirigersi nella tribù Sapinia e
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    di là penetrare nel paese de’Boii per dare addosso al nemico, scorrere e depredare il suo territorio. L’ordine del console fu eseguito, e da principio l’impresa riuscì favorevole alle armi romane; se non chè Oppio avendo creduto il castello Mutilo paese idoneo al magazzino delle vettovaglie, senza prima fortificare i luoghi intorno, né esplorare le mosse de’nemici, questi all’improvviso assalirono i romani e i loro alleati sparsi alla rinfusa, trucidandone da 7000 uomini, compresovi lo stesso prefetto dell’armata. Coloro che poterono scampare alla strage, senza duce e senza bagaglio, nella notte seguente, retrocederono passando dalle foci dei monti per vie disastrose e quasi impraticabili.
    (T. LIVII, Histor. Rom. Lib. XXXI).
    In quanto all’altro fatto, accaduto poco tempo dopo sotto il consolato di L. Furio Purpureone e di M. Claudio Marcello (anno di Roma 558), ecco con quali parole T. Livio si esprime: L. Flurius Purpureo alter consul per tribum Sappiniam in Boioe venit. Iam castro Mutilo adpropinquabat; cum veritus, ne intercluderetur simul a Boiis Liguribusque, eadem via, qua abdusserat, reduxit (loc cit. Lib. XXXIII).
    A coloro che domandassero fino dove il paese de’Liguri nel nostro Appennino si estendesse a quell’età, e come quelle tribù potessero avvicinare il paese degli Umbri Sarsinatensi, ossia i popoli della tribù Sapinia, io gl’inviterò a rileggere l’Articolo APPENNINO TOSCANO. (Vol. I pag. 101) della presente Opera.
    Solamente a questo proposito oltre quel passo aggiungerei in conforto di ciò due altri fatti citati dallo stesso istorico. Il primo dai quali, sotto l’anno do Roma 561, e l’atro nell’anno dopo; quando cioè L. Cornelio Merula, e poi L. Quincio Flaminio, entrambi consoli, mossero le loro legioni non già per la Tribù Sapinia , come C. Oppio e L. Furio Purpareone fatto avevano per giungere nel paese de’Galli Boii, ma sivvero attraverso l’Etruria; dondechè Cornelio Merulo arrivò fra i Boii rasentando i confini dei Liguri (cioè per l’Appennino del
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    Mugello), mentre l’altro console dal paese degli Etruschi passò in mezzo alla contrada dei Liguri; L. Cornelius Merula per extremos Ligurum fines exercitum in agrum Boiorum induxit…Quintius per Ligures in Boios venit.
    Dopo questi pochi cenni mi sembra inutile il cercare col Cluverio, con Sanson e con tanti altri geografi moderni il castel Mutilo nell’Appennino di Modena, oppure nel paese di Meldola sul Bidente, siccome qui lo collocava l’Abate Amati di Savignano. Dondechè, uniformandomi piuttosto al parere del dottissimo critico Muratori, mi gioverò della sua valevole sentenza, con la quale dichiarò: Mutilum, nunc Mutiliana, vetustissimum oppidum .
    Delle vicende peraltro di cotesto paese; del quando e del come il castel Mutilo prendesse il nome di castrum Mutiliano , lo ha taciuto costantemente l’istoria, al quale rapporto a Modigliana si mostra tuttora silenziosa fino al declinare del secolo IX.
    Imperocché il primo documento relativo alla corte di Modigliana del territorio faentino trovasi in una carta dell’8 settembre 896, scritta in Ravenna nell’anno IV di Lamberto re d’Italia, essendo pontefice Stefano VI, quando la contessa Ingelrada , figlia del conte Apaldo Palatino, vedova del duca Martino, donò al suo figlio Pietro diacono molte corti poste nella Romagna, dal mare fino al giogo delle Alpi sui confini della Toscana. Fra le quali corti è rammentata ancora questa di Modigliana, compresa nel territorio e giurisdizione di Faenza. – (HIEROM. RUBEI, Histor. Ravenn. Lib. V. – MURATORI Ant. M. Aevi T. I. – FANTUZZI, Monum. Ravenn. T. II).
    Che il preaccennato Pietro diacono, figlio della contessa Ingelrada e del duca Martino, donasse poscia le corti medesime, o tutte o in parte, agli arcivescovi di Ravenna, e che per tal causa questi ultimi acquistassero dei diritti sopra Modigliana, è opinione di varii scrittori romagniuoli, senza per ora poterla appoggiare ad alcuna pubblica scrittura sincrona capace di farne sicura fede.
    Checchè ne sia,
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    fatto è, che il Fantuzzi scuoprì fra le carte dell’ Arch. Arciv. di Ravenna varii documenti confacenti a dimostrare, come nel principio del secolo X abitasse in Ravenna una figlia del duca Martino e della contessa Ingelrada prenominati; la quale figlia portava lo stesso nome di sua madre. – ( Vedere FANTUZZI, Monum. Ravenn. T. I. Carte del 3 settembre 909 , e 13 novembre 910 .
    Intendo dire della stessa contessa Ingelrada giuniore, della quale il Rossi nel citato libro delle sue storie ravennati, all’anno 924, racconta, qualmente intorno a quest’anno la contessa Englarata, chiamata anche Ingelrada, figlia del duca Martino, teneva una splendida corte nel suo castello di Modigliana, quando vi capitò il conte Teudegrimo Palatino di Toscana; e come questo giovane seppe guadagnarsi l’amore della nobile sua ospite a segno che ne ottenne la mano di sposa, per la quale cosa egli e la sua discendenza divennero signori di Modigliana. Quindi lo storico medesimo appoggiato a un commentario MS. di un canonico faentino, denominato il Tolosano, soggiunge: che il conte Teudecrimo incominciò a frequentare Ravenna patria della moglie sua; mentre sedeva in quella cattedra Pietro arcivescovo. Il qual pontefice ravennate a quel tempo mostrando delle pretensioni sopra il castello di Modigliana, si provò a viva forza di acquistarlo. Donde avvenne, che il conte Teudecrimo giunto in Ravenna mise le mani addosso a quel prelato conducendolo sua prigione nella rocca di Modigliana.
    Dovendo però noi seguire le tracce dei fatti storici desunte dai documenti coevi, piuttosto che da tradizioni di scrittori che vissero molti secoli dopo, e volendo farci egida di quelli anzichè di queste, non sarebbe difficile cosa a dimostrare l’anacronismo e le falsità che in mezzo a qualche lampo di verità comparisce dal racconto di sopra accennato, siccome dalle memorie istoriche e cronologiche de’conti di Modigliana mi proverò qui appresso di far rivalere.
    Tutti gli scrittori, e
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    con essi i due Ammirati, che hanno trattato della famiglia de’conti Guidi, tutti la fanno venire in Italia dalla Germania con Ottone il Grande, ripetendo gli uni degli altri la tradizione, che dal conte Guido ebbe principio la sua casa, e che egli era nipote, o parente di quell’Imperatore, dal quale (aggiunse Giovanni Villani), fu fatto conte di Modigliana nel 967.
    Ma che l’autore più remoto ch’io conosca della famiglia de’conti Guidi fosse un Tegrimo o Teudegrimo, e che questi abitasse in Italia, e segnatamente in Toscana molti anni innanzi che vi scendesse dalla Sassonia l’Imperatore Ottone I, io l’ho accennato qui sopra, non solo nel 924 sposo della contessa Ingelrada a Modigliana, ma eziandio lo rammentai altrove, quando nel 927 il re Ugo concedeva in benefizio al conte Teudecrimo suo compare il monastero coi beni di S. Salvatore in Alina, ossia in Agna, situato presso il Montale nel piano orientale di Pistoja. – Vedere AGNA in Val d’Ombrone pistojese.
    Anco agli Articoli FAGNO, FARO (VICO), LARCIANO DI LAMPORECCHIO ecc. citai alcuni atti pubblici dell’Achivio vescovile di Pistoja, dai quali si piò rilevare, che l’autore più remoto dei conti Guidi fu veramente il conte Teudegrimo marito della contessa Ingeldrada; dal qual matrimonio nacquero due figli, cioè il conte Guido e Ranieri che fu diacono . Ciò chiaro apparisce da un istrumento scritto in Pistoja nel2 ottobre 941, corrispondente all’anno 16° di Ugo re d’Italia e 11° del re Lottario suo figlio, col quale atto Rainieri diacono e Guido di lui germano, figli entrambi dei defunti conti Teudegrimo e Ingelrada , per suffragare l’anime dei sopranominati loro genitori, donarono alla cattedrale di Pistoja, e per essa al vescovo Raimbaldo, un casalino presso la villa di Larciano con terre e masserizie annesse.
    Anche un istrumento del 20 aprile 943, registrato dal Fantuzzi nel T. I. dei suoi Monum Ravenn. , ci
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    fa conoscere, che il conte Guido, nato dal fu conte Teudegrimo e dalla contessa Ingelrada, era marito di donna Gervisa .
    Di cotesta contessa Gervisa , consorte del conte Guido trovasi fatta menzione in un istrumento rogato in Pistoja nel 949, o 950, quando cioè dominavano in Italia re Berengario e Adalberto. – È un atto di donazione di 12 poderi, ossia case masserizie, posti in varii luoghi del territorio di Pistoja, a favore di quella cattedrale, nella quale il conte Guido con quello stesso atto pubblico si elesse la sepoltura. – (CAMICI, Dei March. di Toscana ).
    Poco tempo dopo venne a prender corona d’Italia Ottone I, (anno 961), il quale nel giorno 7 di aprile dell’anno sesto del suo regno (anno 961), stando in Classe presso il Monastero di S. Severo, e risedendo con esso in tribunale il pontefice Giovanni con molti vescovi, conti e duchi, alla presenza di Oberto marchese e conte del Palazzo, comparve Pietro arcivescovo di Ravenna col suo avvocato a chiedere giustizia contro il già citato Ranieri diacono , figlio del fu conte Teudegrimo e della contessa Ingeldrada; il quale Ranieri da qualche tempo innanzi era entrato armata mano a dilapidare l’episcopio di Ravenna, dove arrestò e mise in carcere lo stesso arcivescovo Pietro, portando seco il tesoro della chiesa. Per la qual cosa l’arcivescovo medesimo aveva reclamato un’altra volta a Roma davanti al pontefice Giovanni, e di nuovo in Ravenna, quando in S. Apollinare si tenne un placito generale, e per la terza volta in un sinodo intimato dallo stesso arcivescovo, davanti al quale l’accusato Ranieri ricusò di comparire. Che perciò questa fiata il prenominato arcivescovo si era diretto per la quarta volta a Ottone il Grande. Questi però avendo fatto citare il diacono Ranieri del fu conte Teudegrimo a comparire davanti al tribunale dell’imperatore, e non essendo comparso, fu pronunziata sentenza a favore di Pietro arcivescovo, e
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    condannato in contumacia il figlio del fu conte Teudegrimo alla restituzione di tutti i possessi e cose mobili da esso tolte alla mensa di Ravenna sotto pena 2000 Mancosi d’oro.
    È per la storia cosa meritevole da avvertire, che cotesto giudicato contro il fratello del primo conte Guido di Modigliana cadde appunto nell’anno medesimo, in cui da alcuni cronisti di buona fede fu creduto che il conte Guido e consorti ricevessero in feudo Modigliana da Ottone I. (GIOV. VILLANI, Cronic. Lib. V. c. 37).
    Da tutto ciò si viene a conoscere, che la famiglia de’conti Guidi, sebbene al pari delle altre magnatizie dei marchesi del Monte e dei conti Alberti, professasse e vivesse a legge Ripuaria , pure essa abitava in Toscana fino dai primi anni del secolo X, tostochè nell’anno 927 la troviamo nel territorio pistojese, nella cui cattedrale un figlio del primo conte Teudegrimo si elesse la sepoltura nel 950, quando già i conti Guidi possedevano case e palazzo presso la stessa cattedrale, in guisa che da tali abitazioni ebbe nome una delle porte del primo cerchio di quella città, appellata di Guido , o del Conte Guido . – Vedere PISTOJA.
    Dopo tutto ciò non starò ad aggiungere, quanto poco si accosti alla verità quel racconto di Ricordano Malaspina: che il conte Guido fu de’suoi baroni della Magna, e venne con lui (Ottone I) in Italia, ed ei lo fece conte Palatino, e diegli il contado di Modigliana; che infine (detti conti) furono cacciati di Ravenna e tutti morti da quel popolo per i loro oltraggi, salvo un piccolo fanciullo ch’ebbe nome Guido soprannominato SANGUE, per cagione de’suoi che furono tutti morti di sangue. Il quale Guido per l’Imperatore Ottone IV fu fatto signore di Casentino, e questi fu quegli che poi tolse per moglie la contessa Gualdrada di Fiorenza figliuola che
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    fu di messer Bellincione Berti de’Ravignani onorevole cittadino di Fiorenza.
    (RICORD: MALASPINA, Istor fior. cap. 51.)
    Poco diversamente dal Malaspina discorre Girolamo Eninges nella storia che fece dell’Imperatori, e dietro a questi parecchi altri scrittori italiani e stranieri di epoche più moderne.
    Vero è che i due Ammirati nella storia della famiglia dei conti Guidi, non si affidarono a tutte coteste leggende, e particolarmente in rapporto alla dispersione di quella stirpe, dimostrando l’errore di tutti coloro che credettero i conti Guidi di Modigliana e di Poppi un ramo disperso di quella nobilissima prosapia.
    Comecchè la discendenza de’conti Guidi andasse di generazione in generazione crescendo, ciònnonostante fra le più anziane tra quelle dei conti di Modigliana restano sempre varie lagune, che né i due Ammirati nella storia genealogica, né il P. Ildefonso nella serie cronologica di memorie di quella famiglia, pervennero a innestare e a renderla completa. Avvegnachè dopo gli istrumenti del 941, 943 e 950 di sopra citati, e dopo il placito imperiale nel 7 aprile 967 pronunziato contro Ranieri diacono nato dal conte Teudegrimo e dalla contessa Ingeldrada di Modigliana, non sono comparsi, o almeno non mi sono noti, altri documento riferibili agli ascendenti di quel conte Guido figlio del fu conte Guido Guerra I , cui ci richiama un istrumento del 6 ottobre anno 1025, all’articolo MARRADI da me citato.
    Più chiaramente si mostrano i primi discendenti del conte Guido nato da Teudegrimo II e dalla contessa Willa , o Gisla, figlia che fu del marchese Ubaldo. A quel conte specialmente riferisce un documento ( ERRATA : dell’8 giugno 1007) dell’8 giugno 992 scritto nel castello de Mutiliano (Modigliana) estratto dalle pergamene della badia di S. Fedele di Poppi, già di Strumi.
    È una donazione della villa di Lonnano nel Casentino, che la suddetta contessa Gisla e il di lei figlio conte Guido fecero alla loro
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    badia di Strumi per l’anima del fu conte Teudegrimo rispettivamente marito e padre. – Che la badia di Strumi dovesse la sua fondazione al conte Teudegrimo II, lo dichiarava il suo figlio in altra scrittura del 13 novembre 1017, data in Porciano; mercé la quale il conte Guido del già conte Teudegrimo (secondo di questo nome) e la contessa Imilda sua consorte confermarono alla badia di S. Fedele a Strumi, fondata dal conte Teudegrimo, marito dell’una, e padre dell’altra, tutti i beni stati ad essa donati.
    Cotesto conte Guido nel 1029 era rimasto vedovo della contessa Imilda, come può rilevarsi da un istrumento del marzo di quell’anno, con il quale il conte medesimo regalò alla badi prenominata tutte le decime delle corti che possedeva nel Casentino. – AMMIRATO, CAMICI ecc.)
    Nell’anno 1034 era mancato ai vivi anche il conte Guido del fu conte Teudegrimo II, siccome lo manifesta un istrumento stipulato presso Pistoja lì 8 aprile di quell’anno, con il quale i conti Teudegrimo III e Guido figli del fu conte Guido offrirono alla cattedrale pistojese per l’anima del loro padre dieci poderi situati in quello stesso contado. – (CAMICI, de’Duchi e March. di Toscana. )
    Uno di cotesti figli, il conte Guido marito di donna Adaletta, nel 23 maggio del 1043, trovandosi infermo nel suo castel di Groppoli sul Vincio, dettò al notaro Guinizzone un legato a favore della cattedrale di S. Zenone di Pistoja. – ( Vedere GROPPOLI nella Valle dell’Ombrone pistojese). – E ciò accadeva all’epoca medesima, nella quale il di lui fratello conte Teudegrimo III dalla sua abitazione di Pistoja donava alla badia di Fonte Taona nell’Appennino pistojese tre coltre di terra situata in luogo detto Bagio .
    Fu questo medesimo Teudegrimo III, colui che nel mese di marzo dell’anno 1048, stando nel suo resedio di Strumi presso Poppi nel Casentino, confermò all’abate di quel monastero la villa di
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    Lonnano con le sue dipendenze, comecchè la fosse stata già donata nel 1007 dal conte Guido e dalla ( ERRATA : contessa Gisla) contessa Imilia suoi genitori. (CAMICI, opera cit. )
    È però incerto se debba riferirsi a questo conte Teudegrimo III (giacchè a me non sono noti altri di quella età) ciò che fu scritto da S. Pier Damiano in una sua epistola ( Lib. II, Epist.9 ). nella quale lettera si fa menzione di un conte Guido di Modigliana, che pretendeva aver diritto sopra alcuni luoghi e terreni stati donati alla badia di Acereta da conte Teudegrimo di lui zio, morto senza figliuoli. Quella lettera per altro doveva essere posteriore al 1059, poiché nel settembre di detto anno il conte Teudegrimo III assisteva nel borgo di S. Genesio il duca Gottifredo marchese di Toscana in un placito dato a favore della badia fiorentina. (CAMICI, opera cit. )
    Non farebbe quindi maraviglia se al nipote di quel conte Teudegrimo qualcuno le parole registrate in altra lettera dello stesso S. Pier Damiano ( Lib. IV Epist. 6), in cui si racconta la visione avuta da un prete cappellano del conte Ildebrando di Maremma, figurando condannato ad atroci tormenti nell’inferno, dove il visionario vide un conte Lottario, e dove doveva pure capitare fra pochi giorni un conte Guido.
    Peraltro qualche anno dopo lo stesso conte Guido mostrossi più mansueto verso il santo cardinale Camaldolense. Lo chè apparisce da un documento senza data cronica, in cui si parla della riforma del monastero di Acereta e del vicino eremo di Gamugno, dopo di aver S. Pier Damiano ottenuto il consenso dal chiarissimo conte Guido, e dalla contessa Ermellina serenissima sua consorte. I quali coniugi si sottomisero alle riforme nuovi regolamenti fra l’eremo suddetto e il monastero di Acereta, ed in cui furono descritti i rispettivi confini territoriali. Allora fu smembrato dal monastero
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    di Acereta la chiesa di S. Donato in Mutiliano colle sue pertinenze per darla all’eremo di Gamugno, ad eccezione di due mulini e un’isola vicina, che restarono alla badia di Acereta. ( Arch. di S. Lorenzo di Firenze . – LAMI, Mon. Eccl. Flor. Tomo III. – ANNAL. CAMALD.)
    È della provenienza medesima un istrumento scritto in Modigliana lì 6 maggio 1063, col quale Pietro vescovo di Faenza donò a Pier Damiano vescovo d’Ostia per i suoi eremiti di S. Barnaba a Gamugno la metà delle rendite della pieve di S. Valentino con altri beni spettanti alla sua mensa. – Vedere VALENTINO (PIEVE DI S.) i Romagna.
    Dovendo tornare al conte Guido nipote del conte Teudegrimo III, dirò, che essi è rammentato in molti altri istrumenti, due dei quali scritti nell’anno 1056, e uno nel 1062, editi dal Camici nell’opera sopraccitata. Appellano allo stesso conte Guido 3 documenti inediti, del 1055, 1068 e 1084 esistenti fra le pergamene appartenute ai monasteri di Rosano e di Vallombrosa, attualmente nell’ Arch. Dipl. Fior.
    Col primo istrumento del settembre 1055, rogato in Rosano, il conte Guido nato dal defunto Guido, e Guido figliuolo rinunziano a Berta badessa per il monastero di S. Maria a Rosano tutte l’albergarie, placito, usi e diritti ch’essi ed i suoi fedeli avevano sul castello, chiesa, monastero, e borgo di Rosano.
    Con altro instrumento, fatto pur in Rosano nel maggio del 1068, il conte Guido del fu conte Guido e la sua moglie Ermellina figlia del marchese Alberto rinunziarono nelle mani dell’abate D. Gio. Gualberto per il suo Monastero di Vallombrosa ad ogni giuspadronato sopra la badia dei S. Maria di Acquabella (Vallombrosa), cui donarono nel tempo stesso un pezzo di terra posto in luogo detto Taborra .
    Era il medesimo conte Guido quello che nel giugno del 1084 trovavasi nella villa di Falgano, dove fece
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    una permuta di beni che egli possedeva in Catiliana o Catiliano nel distretto di Magnale sotto Vallombrosa.
    Nel 1086 cotesto conte Guido, detto anche Guido Guerra, stando nel suo castello di Cerreto nel Val d’Arno inferiore, insieme con la moglie contessa Ermellina figlia del marchese Alberto e coi figli Teudegrimo e Guido, accordarono la loro protezione al monastero di S. Pietro a Luco in Val di Sieve. – Vedere CERRETO GUIDI.
    Ad un placito della marchesa Beatrice, dato in Firenze lì 25 febbrajo del 1072, a favore del monastero di S. Felicita di quella città, assisteva lo stesso conte Guido. Il quale nel novembre dell’anno 1094 elargiva beni alla badia di S. Fedele Strumi per suffragar l’anima della contessa Ermellina quondam sua moglie; e nel 21 gennajo 1096 offriva alla cattedrale di Pistoja tre coltre di terra poste a Pupiliano nel pistojese pro remedio animae Ermellinae uxoris quae de hoc soeculo migrata est. (CAMICI, op. cit. )
    Anche in un istrumento del luglio 1097 lo stesso conte Guido Guerra, trovandosi nel suo castello di Monte di Croce, diede la libertà a due servi per suffragare l’anima di un suo figlio defunto per nome Ruggero . – Vedere MONTE DI CROCE.
    Finalmente nel 1099 troviamo questo conte a far la sua corte alla gran contessa Matilde di Firenze, dove nel 2 maggio ratificò la rinunzia del castello e chiesa di Campiano in Val di Sieve a favore del capitolo fiorentino. – Seguitava egli nel 16 giugno 1099 la contessa Matilde in Lucca, dove il conte Guido si sottoscrisse a un placito in favore di quella mensa vescovile; ed era nel 6 settembre successivo con la stessa marchesana sull’Appennino di Pistoja, nel Prato del Vescovo , dove fu proclamato altro placito in favore della badia di Fonte Taona,
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    cui si firmò il nostro Guido comes de Mutiliano testis .
    In questo frattempo il conte Guido, passando a Pistoja nel luglio del 1099, insieme col di lui figlio Guido Guerra (III di tal nome) rinunziò a benefizio del monastero di S. Mercuriale di Pistoja l’usufrutto di alcuni suoi terreni posti in Cavajano, Fremiani e Germinaja . – Vedere GERMINAJA.
    Finalmente nel 12 novembre dello stesso anno 1099 lo stesso signore non solo continuava a far la sua corte alla duchessa Matilde, che era passata in Lombardia nel suo castello di Brescello, ma in un privilegio da essa lei accordato al monastero di Brescello troviamo il conte Guido dichiarato figlio adottivo della contessa Matilde; e come tale obbligava sé e i suoi eredi a quanto in quel privilegio veniva al monastero avito dalla gran contessa donato. (CAMICI, op. cit. )
    Anche ad un placito del 1100, dato in Firenze dalla prefata marchesana a favore della Congregazione vallombrosana, si trovano presenti il conte Guido e il di lui figliuolo Guido Guerra. – Ma il padre di quest’ultimo più non esisteva tra i vivi nel 19 novembre 1103, tostochè in altro placito della marchesa Matilde, proclamato nel monastero di S. Salvatore del contado aretino a favore della badia di Vallombrosa, si trova fra i testimoni il conte Guido Guerra del fu conte Guido .
    Ci scuopre la moglie di cotesto conte Guido Guerra III una carta del febbrajo 1116, dato presso la pieve di S. Detole sulla Moscia , colla quale il conte Guido Guerra e la contessa Imilia di lui consorte rinunziarono all’abate di S. Benedetto delle Alpi di Bifolco la loro ragione e giuspadronato che avevano sul monastero e chiesa di S. Andrea a Dovadola. – ( Arch. di S. Lorenzo di Firenze . – LAMI, Mon. Eccl. Flor. Tomo
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    III).
    Cotesti due coniugi nel mese di dicembre del 1119 risiedevano nel loro palazzo di Pistoja, dove la contessa Imilia col consenso del conte Guido Guerra suo marito, nel dì 10 dello stesso mese, confermò a Rolando preposto della pieve di S. Andrea a Empoli tutto ciò che il di lei marito aveva promesso ed elargito a favore dei quella popolazione. – Vedere EMPOLI.
    Nel 1131 il conte Guido Guerra III non viveva più, siccome lo mostra una carta a favore del monastero di S. Fedele di Strumi sopra Poppi fatta dalla contessa Imilia e dal conte Guido figlio di lei e del fu conte Guido . La qual contessa Imilia è rammentata come vivente insieme al di lei figliuolo conte Guido in un istrumento dell’anno 1145. – Vi è ragione da credere che sia quello stesso conte Guido Guerra (IV) che Ottone Frisingenese qualificò per il più potente signore della Toscana, quando avvisava, che i Senesi all’anno 1144, essendo già confederati con esso conte, si congiunsero ancora coi Lucchesi per resistere alle forze unite dei Fiorentini e dei Pisani; e questo medesimo conte Guido di Modigliana che nel 1146 respinse le masnade inviate dalla Repubblica fiorentina per assalirlo nel suo castello di Monte di Croce. – Finalmente richiamo allo stesso personaggio due atti del 28 e 29 marzo 1156circa una permuta di beni con l’abate del Monastero do Poggio Marturi presso Poggibonsi. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dello Sped. Di Bonifazio ).
    Il di lui figlio Guido Guerra (V di questo nome)nell’anno 1185 corteggiava l’Imperatore Federigo I, mentre passava di Firenze, dove, al dire dell’Ammirato ( Ist. Fior. lib. I) il conte Guido Guerra persuase quell’Augusto a togliere a Fiorenza la giurisdizione del suo contado. Realmente poi nel 6 settembre del 1186, ad istanza di Rolando abate del monastero di Poggio Marturi, fu pronunziata dal giudice imperiale residente in Sanminiato una
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    sentenza contro il detto conte Guido Guerra a cagione di certi beni situati in Poggibonsi, che il conte Guido di lui padre aveva dato in permuta a detto monastero ( loc. cit. )
    È credibile che allo stesso conte Guido Guerra V dall’Imperatore Arrigo VI fosse concesso lì 25 maggio del 1191 quell’onorifico privilegio, col quale a lui e ai suoi eredi furono confermati in feudo molti paesi, castelli e villaggi sparsi per la Romagna e per tutta la Toscana, nominando fra quelli in capo lista, come degli altri maggiore, Matilianum cum rocca et castello et cum tota curte eiusdem .
    Nel dì 11 novembre del 1195 il conte Guido Guerra V fu tra i magnati comparsi al congresso del Borgo S. Genesio per aderire alla lega guelfa dei comuni e dinasti della Toscana seguaci di quel partito.
    Poco dopo la suddetta età, cioè al principio del secolo XIII, molti scrittori rammentano l’aneddoto della bella e virtuosa Gualdrada figlia di Bellicion Berti, che poi fu sposa di un Guido conte di Poppi, e che l’Ammirato crede figlio del suddetto conte Guido Guerra V; dal qual matrimonio secondo lui nacquero otto figliuoli.
    Senza negare, e asserire parola, se l’aneddoto fosse favoloso piuttosto che verosimile, dirò solamente non essere comparso finora alla luce (ch’io sappia) alcun documento a conferma di tutto ciò.
    In quanto al conte Guido di Modigliana, la cosa meno dubbia si è, che una di lui consorte era sorella del conte Pietro Traversari di Ravenna, e che da un tale matrimonio nacquero cinque figli maschi, cioè, Ruggero, Guido, Marcovaldo, Aghinolfo e Teudegrimo . A favore dei quali lo zio conte Pietro Traversari, per atto di donazione del 1196, rinunziò varie castella di sua giurisdizione situate nella Valle del Montone. – Vedere DOVADOLA.
    Il Fantuzzi nel T. III de’suoi Monum Ravenn. , all’anno 1195, accenna un trattato stipulato fra il conte Guido Guerra e
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    il Comune di Faenza, al quale sembra che al conte si desse in accomandigia con il suo castello e territorio di Modigliana.
    Nell’anno 1220 il conte Guido Guerra VI signore di Modigliana unitamente agli altri quattro suoi fratelli ottenne un diploma dell’Imperatore Federigo I in conferma di quanto era stato conceduto dall’Imperatore Arrigo VI al conte Guido Guerra Palatino di Toscana loro genitore.
    I suddetti cinque figli del conte Guido Guerra V di Modigliana abitavano tutti in Firenze nel palazzo paterno, quando nel 1225 fu ivi stipulato un istrumento di compra in comune di varie castella e corti poste nella Valle di Bagno.
    Dopo di ciò accadde che il conte Ruggero uno dei 5 figli del conte Guido Guerra V mancasse ai vivi senza prole; cosicché i quattro fratelli superstiti, nell’anno 1229, mediante una nuova divisione di beni, divennero capi di altrettante diramazioni della stessa famiglia. – In vigore di tutto ciò avvenne, che il conte Guido Guerra VI costituì il ramo dei conti di Modigliana e di Poppi, detto questo di Battifolle, mercé due figli avuti dalla contessa Govanna de’Marchesi Pallavicini, cioè il conte Guido Novello e il conte Simone ; e fu a questi due germani che l’Imperatore Federigo II spedì un diploma da Cremona dell’aprile del 1247. – Dal conte Marcovaldo figlio del conte Guido Guerra V e dalla contessa Beatrice figlia del conte Rodolfo di Capraja nacquero i conti Guido Guerra e Ruggero , signori di Dovadola, di Tredozio, ecc. – Dal conte Aghinolfo, altro figlio del suddetto conte Guido Guerra V, nacque il conte Guido di Romena, ecc. – Dal conte Teudegrimo, quarto figlio del conte Guido Guerra, e dalla contessa Albiera sua moglie nacque un altro conte Guido signor di Porciano, di S. Bavello in Mugello, di Castel dell’Alpi ecc.
    Restarono indivisi, e si godevano in comune, varie terre e castella del Val d’Arno superiore e inferiore, fra
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    le quali Monte Varchi, Monte Murlo, Empoli e loro annessi, terre che quei dinasti tra il 1254 e il 1255 alienarono alla repubblica fiorentina. – ( Vedere i rispettivi articoli).
    Giova inoltre alla storia toscana il conoscere da qual ramo era escito il conte Guido Guerra del fu conte Marcovaldo , per essere stato uno dei campioni della parte guelfa; come pure a quale ramo appartenne quel conte Guido Novello di Modigliana seguace dell’opposto partito. Dico quel Guido Novello che nel 1252 alla testa dei Ghibellini assalì il castel di Figline; che un anno dopo, stando presso Bagno di Romagna nel piano della Castellina , fece quietanza finale con il suo fratello conte Simone di Poppi, ( ERRATA : con i suoi nipoti) con i suoi cugini conti Guido del conte Aghinolfo di Romena, Guido Guerra e Ruggero del fu conte Manovaldo di Dovadola; quello stesso conte Guido Novello che dal 1261 al 1266 governò la Toscana in qualità di vicario del re Manfredi capo della parte ghibellina; quello finalmente che nel 1265 si trovò al comando di un esercito senese contro i Fiorentini a Colle di Val d’Elsa.
    Quindi ne conseguì, che il governo della Repubblica fiorentina poco dopo aveva cacciato di seggio i Ghibellini fulminò un bando di esilio (anno 1268) contro il conte Guido Novello di Modigliana, contro il conte Simone di Poppi di lui fratello, Guido, Bandino ed altri loro figli e nipoti.
    Fra le memorie di Romagna esistenti nella Biblioteca Vaticana trovasi un trattato di lega fatto nel 1258 fra il Comune di Faenza e quello di Bologna contro i conti di Modigliana, e ciò poco innanzi che fosse firmata una concordia tra quei conti e il comune di Faenza relativamente ai castelli di Modigliana , di Capperano e di Pietra Mora . (FANTUZZI, loc.
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    cit.
    )
    In fine nell’archivio delle Riformagioni di Firenze si conserva una capitolazione conclusa nel 1270 fra il comune di Forlì e quello di Modigliana, a nome di questi si sottoscrissero i conti Guido Novello, Teudegrimo e Simone.
    Fra i figli del conte Guido Novello , oltre il conte Bandino, si rammenta all’anno 1291 dallo storico Giovanni Villani un conte Manfredi signor di Cast. di Ampinana, che questi in detto anno vendè alla Repubblica fiorentina. – Vedere AMPINANA.
    Probabilmente era quel conte Manfredi che insieme con due suoi cugini conte Guido Novello giuniore e conte Federigo, nel 1280, dava un mallevadore a cagione di mille lire somministrate ad imprestito da alcuni cittadini fiorentini di casa Cerchi a favore dei conti Guidi di Battifolle, ossia di Poppi. – (P. ILDEFONSO Delic. Degli Eruditi Toscani T. VIII ).
    Certo è che il conte Federigo del ramo dei conti di Battifolle, fu padre di un conte Guido citato da Giovanni Villani nella sua cronica all’anno 1322. (Lib. IX cap. 173).
    Dal conte Bandino di Guido Novello nacquero due figli, Giovanni e Francesco, i quali per atto pubblico del 12 agosto 1350, furono ricevuti in accomandigia dalla Signoria di Firenze con il loro castello di Modigliana, e con tutto il restante del loro dominio. (ARCH. DELLE RIFORMAG. DI. FIR. – AMMIRAT. ISTOR fior. Lib. XIII).
    Pochi anni dopo, essendosi accesa guerra tra il Papa e i Fiorentini, s’intese nel 1377 come la città di Faenza, dopo essere stata rubata dalla compagnia degl’Inglesi al servizio del Pontefice, fosse poi venduta da quei mercenari al marchese di Ferrara, cui nello stesso anno la ritolse Astorre Manfredi capitano dei Fiorentini. In questo frattempo Modigliana, essendosi posta in libertà, si diede alla repubblica fiorentina per atto del popolo firmato lì 2 agosto 1377. Infatti la Signoria di Firenze con provvisioni de’21 e 26 dello stesso
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    mese accetto la direzione di Modigliana e del suo distretto previa la consueta solennità dell’annunzio al suono della campana del palazzo de’Signori, nel tempo in cui era capitano del popolo nel tempo in cui era capitano nel popolo Roberto di Ricciardo di Saliceto, potestà di Firenze Piero de’Marchesi del Monte, e gonfaloniere di giustizia della Signoria il cittadino Angiolo di Bernardo Ardinghelli. – (AMMIR. Opera cit. e Arch. Comun. di Modigliana ).
    Fra i capitoli dell’accennata convenzione fuvvi questo, che la Signoria di Firenze, a miglio assicurare la libertà agli abitanti di Modigliana, ogni sei mesi avrebbe estratto dalle borse dei cittadini guelfi fiorentini destinati a castellani di primo grado nei fortilizi del suo contado, un castellano per recarsi a Modigliana, ricevervi la consegna della rocca con tutte le armi e forniture da guerra, e fedelmente custodirla con 16 soldati a piedi in tempo do pace e 25 in tempo di guerra. Per le quali cose gli abitanti di Modigliana avrebbe pagato al castellano il debito stipendio tassato alla pari di quello del castellano di Colle in Val d’’Elsa.
    Coteste condizioni furono inserite dal comune di Modigliana in testa ai suoi statuti municipali; i più antichi de’quali trovansi approvati dalla Signoria di Firenze nel 1377, e nel 1386.
    Fra le carte dell’Arch. Gen. Di Firenze, ora nell’Arch. Dipl. si conservano quelle relative all’estrazione fatta nel 31 maggio 1378 davanti alla Signoria di Firenze nella persona di Nastagio di Gerozio Soderini in castellano di Modigliana; e il giuramento da lui prestato ai giudici della camera e gabella. Quindi nel 28 maggio nel 1379 fu estratto in castellano della rocca stessa Giovanni di Perozzo titolare.
    Havvi inoltre un mandato di procura del 19 gennajo 1386, col quale il consiglio generale del comune di Modigliana incaricò il suo sindaco Cristofano d’Jacopo a presentarsi davanti ai Priori dell’arti e Gonfaloniere di giustizia del Comune di Firenze per assistere all’imborsazione che doveva farsi dalle persone destinate a potestà di
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    Modigliana.
    Finalmente ad istanza della comunità gli statuti di Modigliana furono riformati nel marzo dell’anno 1445; riforma stata promossa dalla circostanza di essere stato il paese poco innanzi occupato dalle soldatesche del duca di Milano e da altri nemici della Repubblica Fiorentina. Dondechè i Modiglianesi ricorsero alla Signoria di Firenze, affinché essa dichiarasse il pieno diritto la terra, uomini e distretto di Modigliana, assoggettandosi volontariamente al dominio, giurisdizione, obbedienza e devozione del Comune di Firenze . – Per la quale cosa il senato fiorentino aderendo alle istanze dei Modiglianesi deliberò, che la loro comunità coi suoi abitanti fosse esentata ed assoluta per sei anni avvenire dalla tassa annuale, ossia dal sussidio appellato Lance , riducendo la tangente consueta di fiorini 360, (a seconda del trattato del 1403) a 200 fiorini d’oro, e condonando nel tempo stesso ogni debito arretrato. – Colla deliberazione del marzo 1445 testè accennata il comune di Modigliana accettò le quattro condizioni seguenti; I. di rifare a sue spese dentro due anni i muri della rocca o fortezza, con che il suo perimetro dovesse abbracciare un più ampio spazio; 2. di essere tenuto il comune di Modigliana a pagare i salari ai rettori o podestà, non che ai castellani nei termini prescritti e consueti; 3. che gli abitanti di Modigliana e del suo distretto dovessero ricevere esclusivamente il sale da Firenze nella quantità, prezzo, e modi stati già convenuti; 4. che l’estrazione del castellano della rocca di Modigliana per il tempo avvenire si dovesse prendere dalla borsa del castellano di Castrocaro.
    Dopo il concordato del 1445, che dichiarava Modigliana col suo territorio distrettuale del dominio fiorentino, il paese continuò a reggersi nella forma suddivisa fino al 1511. Ciò apparisce da una deliberazione del 22 gennajo di quest’anno, presa dai capitani di parte Guelfa della città di Firenze, cui spettava l’esazione delle condannagioni fatte e da farsi dai rettori residenti nella parte della Romagna del
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    distretto fiorentino . Nella quale deliberazione fu ordinato, che gli uomini del capitanato di Castrocaro, in cui era compresa la potesteria di Modigliana, fossero obbligati di pagare all’ospedale degl’Innocenti di Firenze un aumento di condannagioni, intitolato caposaldo . Ma i Modiglianesi reclamarono presso i capitani di Parte Guelfa, esponendo: qualmente a forma dei patti antichi concordati con la Signoria di Firenze, gli uomini del comune di Modigliana erano raccomandati del Comune di Firenze, e non sudditi, siccome più latamente (essi dissero) apparisce dalle precedenti capitolazioni fatte nell’agosto del 1377, e confermate nel marzo del 1445 . – In conseguenza di tali rimostranze i capitani di Parte Guelfa in Firenze una data somma annuale per conte dei lavori da farsi alla rocca di Modigliana.
    Le quali opere in detto anno essendo state compite, fu ricolto il consueto assegnamento a favore del camerlingo de’sali.
    Finalmente la Signoria con riformagioni del 25 febbrajo 1509, stile fior. e 1510, Stile comune , staccò la potesteria di Modigliana dal capitanato di Castrocaro; dalla qual epoca in appresso quel potestà ottenne facoltà di giudicare nelle cause miste e criminali.
    Finalmente da una lettera degli Otto di Pratica del governo ducale di Firenze, diretta lì 15 settembre del 1536 a Bartolommeo Capponi commissario di Romagna, si rileva, che la comunità di Modigliana aveva supplicato il duca Alessandro de’Medici affinché egli volesse confermare alla medesima le capitolazioni, e specialmente quelle relative alla potesteria separata dal capitanato dei Castrocaro con giurisdizione civile, criminale e mista. Colla quale lettera i Signori Otto rispondevano, essere volontà del duca Alessandro, che la comunità di Modigliana si conservasse libera nel civile e nel criminale dai commissari di Castrocaro, richiamando in vigore le riformagioni della Repubblica Fiorentina concesse nel 1509al tempo che fu podestà di Modigliana il magnifico e generoso uomo Raffaello di Pietro Velluti. ( Arch. delle Riformag. Di Firenze ).
    I privilegi stati accordati nel 1510
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    ai potestà di Modigliana, e confermati nel 1537, subirono una leggera modificazione nell’anno 1542, allorché il senato de’48, sentito l’oracolo del duca Cosimo, emanò una provvisione colla quale fu ordinato, che per i delitti di omicidio, di assassinamenti alla strada, di banditi e di armi proibite dentro il territorio di Modigliana, il giudizio dovesse spettare non più a quel podestà della Romagna soggetti alla corona di Toscana. – Cotesto Senatus Consulto venne rinnovato negli anni 1557 e 1567 da Cosimo I, e di mano in mano da altri sovrani della dinastia Medicea, fino a che LEOPOLDO I con motuproprio del 30 settembre 1772 deliberò un nuovo compartimento nei tribunali di giustizia dello Stato fiorentino. Fu allora che in Modigliana venne eretta la residenza di un vicario minore avendo giurisdizione civile e criminale non solo nella terra e distretto comunitativo di Modigliana, ma ancora in quella di Tredozio.
    In cotesta occasione pertanto restarono soppresse le predette due potesterie, e fu ampliato in Modigliana il fabbricato del palazzo pretorio che credesi stato un dì abitazione dei conti Guidi.
    In tempo della dominazione francese Modigliana fu capoluogo di una sottoprefettura del dipartimento dell’Arno con tribunale di prima istanza.
    Finalmente a tenore del motuproprio di LEOPOLDO II del 12 settembre 1837 il vicariato di Modigliana per le materie di polizia fu sottoposto al commissario Regio della Rocca S. Casciano, e pei giudizi criminali e cause civili superiori alle lire 200 fu istituito contemporaneamente nella stessa terra della Rocca un tribunale collegiale di prima istanza.
    Un nuovo onore riceverono dall’Augusto regnante gli abitanti di Modigliana, allorché nel 1838 questa illustre loro patria fu dichiarata città nobile , con la quasi certa speranza di vedere presto adempiti i voti unanimi tosto che essa verrà eretta in sede vescovile.
    Chiesa e Stabilimenti pii . – In quanto alle chiese e stabilimenti di pietà in Modigliana, ricorderò prima di tutto la sua pieve dedicata a S.
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    Stefano papa e martire; la quale, sebbene di origine ignota, deve risalire ad epoca piuttosto antica.
    Essa fu riedificata nel secolo XV e consacrata lì 18 ottobre 1506 dal pontefice Giulio II, che vi celebrò il divino sacrifizio dopo aver passata una notte in Modigliana, quando vi era podestà per la repubblica fiorentina Raffaello di Ridolfo Giandonati.
    Dirimpetto all’antica pieve, esistente nel borgo occidentale, trovavasi nei tempi andati il battistero di S. Giovanni Battista. Questo tempio con portico era di forma rotonda con ingresso rivolto a occidente, e conteneva diversi altari oltre quello del S. Precursore. – Esso fu demolito nel 1697 all’oggetto di dilatare la piazza alla chiesa plebana di S. Stefano. La qual chiesa fu riedificata nella guisa che attualmente si trova, ed in più ampia forma di quella del secolo XV, dopochè ottenne una collegiata con 12 canonici e una dignità, cioè il preposto pievano, per breve spedito dal Pontefice Alessandro VII in data del 16 febbrajo dell’anno 1660.
    Sono sue filiali le seguenti otto chiese parrocchiali: 1. S. Reparata in Valle Acereta ; 2. S. Giorgio in Lago ; 3. S. Caterina in Albano ; 4. S. Maria in Casale ; 5. S. Pietro in Tussino ; 6. S. Maria in Fregiolo ; 7. S. Maria in Monte ; 8. S. Lorenzo in Miano .
    Cuoprirono la carica di preposto della pieve di Modigliana varii illustri sacerdoti, alcuni dei quali salirono alla dignità di vescovi ed anche di cardinali. Di quest’ultimo numero fu Alemanno di Filippo di Alemanno Adinari, il quale nel 1400 fu creato vescovo di Firenze, indi arcivescovo di Taranto, poscia nel 1406 arcivescovo di Pisa, e finalmente dopo essersi distinte in più legazioni pontificie ottenne dal papa Giovanni XXIII il cappello cardinalizio.
    In quanto alle altre chiese di Modigliana, si è rammentata al secolo XI un dedicata a S. Donato con due
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    molini
    e un Isola di pertinenza dei monaci Camaldolensi della Valle Acereta; ma quella piccola chiesa era è diruta, comecchè sia restato l’antico nome ai due mulini tuttora esistenti sulla fiumana del Tramazzo .
    La chiesa collegiata di S. Bernardo, per lascito di un Modiglianese fu fondata nel 1645 insieme colla canonica cui egli assegnò la dote per quattro cappellani perpetui mediante un breve ottenuto da Pontefice Innocenzo X.
    L’elegante oratorio della Madonna del Cantone è un’antica devota chiesina situata sotto il coro della pieve collegiata.
    La chiesa ora demolita di S. Antonio abate, chiamata del Borgo , a distinzione di altra chiesa di S. Antonio, è situata nel quartiere del Castello . Essa credesi opera della compagnia dei Bianchi, se non fu piuttosto una delle percettorie dei canonici regolari di S. Antonio abate di Vienna nel Delfinato, i quali possedevano varii di cotesti ospizi anche nella Romagna granducale. Fatto stà, che questa chiesa di S. Antonio abate divenne commenda e il primo che la possedè coi suoi beni fu il cardinal Francesco Albici Cesenate, per le di cui premure nel 1679 fu restaurata, e finalmente un secolo dopo venne soppressa profanata e ora demolita.
    Esistevano inoltre tra Modigliana e il suo territorio sei monasteri, quattro dentro, e due al di fuori. Il monastero delle monache Agostiniane rimonta all’anno 1548; la cui chiesa intitolata a S. Maria Maddalena fu riedificata splendidamente e consacrata lì 30 novembre del 1748. Cotesto asceterio è tuttora abitato dalle religiose della stessa regola con l’obbligo d’istruire le povere fanciulle del paese. Esso da qualche tempo è stato destinato per educatorio alle fanciulle di agiate famiglie. Il monastero delle religiose Domenicane con chiesa dedicata alla SS. Trinità ebbe il suo compimento nel 1658, sebbene quel claustro non cominciasse ad abitarsi prima del 1686. Esso venne soppresso nel 1808 sotto il governo francese, che lo destinò a residenza della sottoprefettura.
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    Serve attualmente per gli uffizi e l’archivio della cancelleria comunitativa.
    Il convento e chiesa dei PP. Domenicani ( La Madonna delle Grazie ) conta una fondazione anche più antica, mentre sino dal 1450 la comunità invitò a venire in Modigliana alcuni frati dell’Ordine de’Predicatori dal convento di S. Maria Maddalena, che essi abitavano un miglio circa distante dalla città. Questi religiosi furono soppressi nel 1787.
    Il collegio dei PP. Scolopi fu aperto nel 1689 presso la chiesa di S. Antonio da Padova, poi in quella de’SS. Rocco e Sebastiano; fino a che dopo la soppressione dei Domenicani fu ceduto ai PP. delle Scuole Pie la loro chiesa e convento.
    In distanza di un terzo di miglio dalla città sul dorso di ameno colle, circondato di vigneti e di oliveti, sopra la confluenza delle fiumane che danno origine al Marzeno , a capo di un serpeggiante viale fiancheggiato da cipressi, risiede un devoto convento con chiesa costantemente abitato dai PP. Cappuccini. Cotesti religiosi hanno riunito costà una copiosa libreria con qualche antico cimelio patrio e non pochi MSS. il luogo pio ebbe il suo principio lì 11 novembre del 1561 sotto l’invocazione della Madonna della Pace sul Monte Sion .
    Spedale di Modigliana. La prima fondazione di questo spedale si deve alla pietà di Giovanni Ronconi di Modigliana che nel 1643 lo dotò, e al Cav. Niccolò suo figlio che lo attivò. Mercè le provide cura del Granduca Leopoldo I fu ingrandito e reso più comodo il locale, al quale vennero destinati molti beni delle compagnie soppresse, detratti però gli assegni per i legati di messe.
    Monte di Pietà . Fu aperto nel 1738, siccome accenna una lapide che rammenta il nome di Costanza Severoli vedova di Giulio Piazza, la quale consacrò tutto il suo patrimonio a cotesta opera caritatevole in prò dei suoi concittadini.
    Accademia letteraria degl’Incamminati . Conta il
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    primo albore nell’anno1660 da un maestro pubblico. Fu quindi ravvivata dai primi PP. Scolopi venuti in Modigliana nel 1688; più tardi rinuovata sotto il titolo d’ Incamminati nel 1757, e finalmente con nuovi regolamenti a più utili e più esteso scopo nel 1795 destinata sotto gli auspici del Granduca Ferdinando III.
    Havvi inoltre in Modigliana un piccolo teatro nell’anno 1794 dal Cav. Alessandro Bandini modiglianese, ed ora di proprietà di un’Accademia detta dei Sozofili .
    Vi è pure un’Accademia filarmonica, ed una cassa di Risparmio affigliata a quella di Firenze.
    Questa città conta fra gli uomini di merito, autori d’opera più o meno pregiate, tre fratelli Fontana ; cioè, il conte Agostino Fontana, dottore nell’una e nell’altra legge; monsignor Giovanni che fu vescovo di Cesena dove nel 1716 morì, e il P. Fulvio Fontana Gesuita. – Anche padre Pietro Campadelli cappuccino fu autore di una dissertazione sopra il passaggio dell’Appennino fatta da Annibale, e di una lettera Apologetica contro l’abate Pasquale Amati pubblicata i Faenza nel 1771 e 1772. Spetta al padre Gabbriello Sacchini cappuccino un MS. intitolato: Storia della terra di Modigliana , esistente nella libreria di quel convento.
    Non starò a lodare quel capitano di guerra da Modigliana, citato dall’Ammirato all’anno 1537, perché fu impiccato in Firenze come fautore di ribellione contro Cosimo I.
    Rammenterò bensì due Ronconi e un Borghi da Modigliana, un monsignor Ravagli, un padre Francesco Antonio di lui fratello, religioso fra i minori osservanti, e un Savelli che ebbe fama di distinto giureconsulto.
    In Modigliana ha luogo un mercato settimanale che cade di giovedì, oltre cinque fiere annuali; cioè, una nel giugno, la seconda nel 16 di luglio, la terza e la quarta nel 2 e 20 di agosto, e l’ultima nel 4 di ottobre.
    La Comunità coopera in parte al mantenimento de’PP. delle Scuole Pie per la pubblica istruzione e mantiene un medico e un chirurgo per
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    la pubblica salute.
    Risiedono attualmente in Modigliana un vicario regio, un cancelliere comunitativo, un ingegnere di Circondario un’esattore del Registro, un conservatore d’Ipoteche e un doganiere di terza classe.
    Il Tribunale di prima istanza è alla Rocca S. Casciano.

    MOVIMENTO della popolazione della città di MODIGLIANA a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 254; totale della popolazione 1327.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 202; femmine 160; adulti maschi 266, femmine 409; coniugati dei due sessi 446; ecclesiastici dei due sessi 161; numero delle famiglie 333; totale della popolazione 1644.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 448; femmine 468; adulti maschi 340, femmine 405; coniugati dei due sessi 967; ecclesiastici dei due sessi 68; numero delle famiglie 552; totale della popolazione 2696.
    ANNO 1839: Impuberi maschi 459; femmine 491; adulti maschi 434, femmine 452; coniugati dei due sessi 1023; ecclesiastici dei due sessi 73; numero delle famiglie 584; totale della popolazione 2932.

    Comunità di Modigliana . – Il territorio comunitativo di Modigliana occupa una superficie di 29714 quadrati agrari dei quali 869 sono presi da corsi d’acqua e da strade. – Vi esisteva nel 1833 una popolazione di 4810 abitanti, corrispondente a circa 133 teste per ogni miglio quadrato del suolo imponibile.
    Confina con cinque comunità, quattro delle quali del Granducato, e una (quella di Brisighella) dello Stato pontificio. – Dal lato di ostro ha a contatto il territorio di Marradi, a partire dal crine del monte di Budrialto e nominatamente dalla casa detta il Borghetto . Di costà valicando il poggio di Cerretto attraversa la valle di Acereta passando di poco al di là della chiesa di S. Reparata presso il ponte di Campo ; quindi sale
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    nella direzione di scirocco l’opposto poggio andando incontro al rio di Val di Briccola . Sopra esso rio sottentra la Comunità di Tredezio, con la quale l’altra di Modigliana scende l’opposta pendice per entrare nella valle del Tramazzo , in modo che arriva sulla ripa sinistra di questa fiumana per breve tragitto la rimonta fino alla confluenza in essa del rio Castagnola , dove il territorio comunitativo di Modigliana passa sulla destra del Tramazzo , per correndo per breve tratto il rio Castagnola , che poi lo attraversa per salire verso levate sui poggi che fiancheggiano da scirocco a grecale la valle prenominata. Costà il territorio di Modigliana cambia direzione per rivolgersi da levante a ostro lungo la cresta dei poggi che separano la valle del Tramazzo dal valloncello d’ Ibola sino alle più remote sorgenti del rio Baccagnano . Con quest’ultimo, piegando a scirocco e poscia a levante va a trovare le scaturigini del torrente Ibola , quindi attraversa i poggi donde si schiude la vallecola suddetta, per arrivare sulla cima del monte delle Macine . Costà cessa la Comunità di Tredozio e viene a confine l’atra della Rocca S. Casciano, con la quale questa di Modigliana per corre nella direzione di grecale, da primo per termini artificiali, poscia mediante il rio Corradella e il torrente di Predo , in cui l’altro influisce, finalmente piegando a settentrione giunge sulla strada pedonale che guida alla Rocca; la qual via percorre da levante a ostro finche giunge alla Casa nuova sulla sommità dei colli che stanno di mezzo al valloncello d’ Ibola e alla valle del Montone .
    A questo punto voltando faccia verso levante e poco dopo a settentrione cammina per termini artificiali sino alle sorgenti del rio Figadello , mercé cui và a raggiungere
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    il torrente della Villa Renosa . A cotesto torrente termina la comunità della Rocca e viene di fronte quella di Dovadola; con la quale la nostra Modigliana percorre di conserva nella direzione di grecale per il tragitto di circa 5 miglia, da primo luogo il torrente suddetto, poscia per il rio Canovetto suo tributario, finalmente mediante termini artificiali; in guisa che, oltrepassata la nuova strada provinciale che da Modigliana sbocca in quella regia lungo il Montone , trova la fiumana Samoggia , il cui alveo serve scambievole confine alle due comunità per il corso di quasi 4 miglia sino al ponte, sul quale attesta la comunità di Torre del Sole. Ma passato il ponte cessa il territorio del Granducato, e sottentra quello pontificio della Comunità di Brusighella, con cui l’altro di Modigliana fronteggia per lunga strada. Innanzi tutto nella direzione da grecale a libeccio voltando faccia a maestro, onde attraversare il vallonvello del torrente Albonello , donde poi entrare nel vallone del Marzeno per arrivare, sempre per termini artificiali, sulla ripa destra di questa fiumana, circa 3 miglia a settentrione di Modigliana. Costà il corso tortuoso del Marzeno serve di confine per un mezzo miglio al territorio di Modigliana e a quello di Brisighella sino davanti alla confluenza in esso del torrente Paglia . L’alveo di questo torrente, che viene dal lato occidentale del vallone del Marzeno , serve di confine alle due comunità, che lo rimontano di conserva nella direzione da settentrione a libeccio fino alle sue sorgenti sulla cima del monte di Paglia . A cotesto punto la Comunità di Modigliana dirigesi a ponente per andare a trovare il rio Rivola , col quale i due territori scendono da schiena del monte di Paglia per il cammino di circa un miglio e mezzo fino presso alla chiesa di Cottignola
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    . Davanti alla quale chiesa parrocchiale la comunità di Modigliana lascia fuori quel rio, e piegando da settentrione a libeccio per termini artificiali va incontro al torrente Ibola del Lamone , mercé cui sale il poggio di Casale del lato occidentale e di là quello di Melandro . Finalmente dopo tre miglia di termini artificiali i due territori arrivano sul poggio di Budrialto , nella cui sommità, alla casa detta del Borghetto , esiste il termine della comunità di Modigliana con quelle di Brisighella e di Marradi.
    Fra le fiumane che attraversano o che rasentano il territorio comunitativo di Modigliana contasi quella dell’ Acereta , detta comunemente di Valle , dell’ Ibola e del Tramazzo ,l’ultima delle quali fiancheggia la terra di Tredozio. Costà è la sola fiumana che passa per Modigliana a piè del monte delle Forche , e che separa il quartiere più antico del Castello , posto alla sua destra, da quello del Borgo , situato alla sua sinistra. All’escita del Tramazzo da Modigliana si riuniscono in un comune alveo, a sinistra la fiumana di Valle Acereta , e a destra quella dell’ Ibola ; ed è costà dove tutte tre perdono il loro nome, e lo danno al fiume Merzeno .
    Oltre coteste fiumane havvi quella della Samoggia che lambisce i confini orientali del territorio di Modigliana, mentre il torrente Albonello li percorre dal lato di grecale. Anche l’ Ibola del Lamone rasenta una porzione della stessa comunità a maestro di Modigliana.
    Fra le montuosità più elevate del territorio in discorso primeggia il poggio di Budrialto , posto a libeccio della città sul confine delle comunità di Marradi e di Brisighella, la dove i due territori s’incontrano nella sommità, che trovasi 1161 braccia sopra il
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    livello del mare Adriatico. Viene secondo il poggio del Trebbio , che si alza a scirocco in Modigliana sino a 1052 braccia; terzo in linea di elevatezza è il poggio di Melandro situato verso ponente, la cima del quale fu riscontrata 978 braccia sopra il mare.
    Le osservazioni trigonometriche istituite dal prof. P. Inghirami sopra i poggi Melandro e Trebbio , nel tempo in cui l’orizzonte era nettissimo, somministrarono a quel dotto astronomo un divario di qualche centesimo di tesa rispetto al livello dei mari Adriatico e Mediterraneo. Avvegnachè da questo egli osservò dal poggio Melandro ,l’Adriatico compariva 10 centesimi di tesa più alto del Mediterraneo, e da quelle istituite sulla sommità del Trebbio lo stesso Adriatico indicava un livello di 47 centesimi più depresso del Mediterraneo.
    Niuno certamente dubiterà della nota precisione del valentissimo astronomo fiorentino relativamente alle due osservazioni testé accennate; ma l’apparente anomalia resterebbe tolta, e la differenza di livello potrebbe anche a parer mio conciliarsi colla verità, qualora le suddette osservazioni trigonometriche fossero state eseguite, come io dubito, in ore diverse, una cioè dal poggio Melandro al momento in cui la marea dell’Adriatico poteva essere alta , e all’incontro a bassa marea quando fu osservatolo stesso mare dal Trebbio . – Qualora questo dubbio fosse ammissibile, gioverebbe eziandio a rendere ragione del perché dalla sommità del Castel Guerrino , dove lo stesso astronomo nel giorno 1 di ottobre 1821 vide i due mari, quello del Mediterraneo apparì più depresso 52 centesimi di tesa dell’Adriatico.
    Fra le strade rotabili che passano per Modigliana se ne contano quattro provinciali; 1. che viene da Marradi a Modigliana; 2. che da questa città sbocca nella regia del Montone sopra Dovadola; la 3. che da Modigliana passando per Tredozio và a raggiungere la stessa strada regia di Montone sopra Portico; e la 4. Strada provinciale, o piuttosto
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    un tronco, ossia continuazione delle tre precedenti, che prosegue da Modigliana fino all’estremo confine del Granducato nella direzione di Faenza. – inoltre sia per aprirsene una regia per la valle del Lamone più agevole della vecchia via mulattiera che sarà per valicare il giogo dell’Appennino di Casaglia, onde mettere in una più comoda, più diretta e più facile comunicazione con la capitale della Toscana Modigliana e Marradi, questi due più grossi paesi della Romagna granducale.
    In quanto spetta all’ossatura esteriore dell’anzidette montuosità, a conferma di ciò che dissi agli Articoli DOVADOLA e MARRADI Comunità, aggiungerò qui: come la struttura dei monti situati a scirocco e a ponente di Modigliana apparentemente consiste per lo più in strati di arenaria argillosa compatta, ricca di calce, della quale ultima incontrasi una speciale stratificazione nella Valle Acereta. Ma la qualità di macigno argilloso, che costituisce la roccia dominate di cotesta parte di Appennino, a mano a mano che si avvicina coi suoi sproni alla sinistra del Marzano, si arricchisce di argilla, diviene più fragile e più scarsa di particelle di mica di un colore smorto in guisa che acquista l’esterno una tinta grigio-cenere, sebbene internamente si conservi il color ceruleo, fino a che cotesta roccia si metamorfizza e finisce in una marna argillosa, siccome tale più che altrove si manifesta nei valloni della Samoggia e del Marzeno. – Infatti è sulle pendici dei poggi posti a levante e a grecale di Modigliana dove veggonsi comparire banchi di conchiglie fossili marine e qualche volta rocce con impronte di pesci, e di vegetabili.
    Nei poggi fra l’Ibola e di Tramazzo, a levante e scirocco di Modigliana, l’arenaria micacea cretosa della sua superficie è fatiscente in guisa che si trasforma in globi ovali della mole di un più o meno grosso cocomero.
    Nei monti a maestrale di Modigliana, fra il poggio di Casale e quello di Paglia, il terreno è decisamente terziario cosperso di filoni di solfato di calce (specchi d’asino)
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    il quale si estende verso la Torre di Capperano al di là del confine del Granducato, fra l’Albonello e il Marzeno. – Anche sul fianco orinatale del poggio di Trebbio, circa miglia 3 a levante di Modigliana, lungo il vallone della Samoggia, si trova un potente banco di grandi ostriche, a luoghi nascosti, ma più spesso scoperto, il quale continua per qualche miglio dentro lo Stato pontificio. Ma dove si affaccia gigante è nel monte di Pietra Mora davanti a Castel della Pietra sul lato sinistro della Samoggia e allo stesso meridiano di Castrocaro; vale a dire 4 in 5 miglia a grecale di Modigliana. Avvegnachè quel monte è coperto da un ammasso immenso di ostriche grossissime cementate da un sugo calcareo-ferruginoso-siliceo di tinta giallo rossastra.
    Verso la pendice settentrionale del monte di Pietra Mora dopo il banco di ostricaja incominciano i poggi, sotto i quali si nascondono vene di solfo, e acque salsomarine. – Vedere CASTRO CARO e TERRA DEL SOLE Comunità.
    In quanto alle produzioni agrarie il vicariato di Modigliana sembra il meglio coltivato di tutti gli altri luoghi della Romagna granducale, giacché qua specialmente sono comuni i vigneti, gli oliveti, i mori gelsi e altre piante fruttifere.
    Che più? Se io non temessi di errare, direi che in questa parte dell’antico contado fiorentino la coltivazione dell’olivo possa contare un’epoca delle più antiche fra i paesi dell’alta Italia; dove sembra che l’albero di Minerva non alignasse anteriormente al dominio degli Ostrogoti. Avvegnachè niun documento, ch’io sappia, ce lo fa conoscere in Toscana né in Lombardia innanzi il regno di Teodorico, cui, vaglia il vero, l’agricoltura dell’Italia fu debitrice di grandi eccitamenti e di una vita novella.
    Mi gioverà a provarlo il papiro aretino esistente nell’Archivio Diplomatico di Firenze. Trattasi di un contratto stipulato in Classe presso Ravenna lì 17 luglio, nel consolato di Basilio giuniore, vale a dire nell’anno 541, dell’E. V. poco dopo l’espulsione dei Goti da Ravenna. È
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    concernente la vendita di un pezzo di terra della misura, allora in uso, di due once, che Minuto chierico figlio del fu Cristoforo prete della chiesa, o legge de’Goti, alienò a Isacco saponajo per la valuta di venti soldi di quella moneta. Segue sotto il contratto il mandato del magistrato (Magistratus Quinquennalis, cunctique ordinis Curiae) della città di Faenza, che ordina di mettere il compratore nel possesso reale del fondo comprato, situato in luogo detto Domiziano, nei confini del territorio faentino. Nel qual pezzo di terra si dichiara, che erano piantati vari alberi fruttiferi, con altri frutti: cum vineis (cito il testo), arboribus, arbustis, arbustulis, TALEIS OLIVARUM, pomiferis et fructiferis diversi generis. – (BRUNETTI, Codice Diplomatico T. I Pag. II.)
    Ora l’olivo in Romagna, e specialmente nell’antico contado di Faenza, non vi alignò, né vi aligna con frutto, se non dietro le ultime diramazioni dell’Appennino, cioè fra Brisighella, Modigliana e Tredozio.
    Infatti il prodotto medio annuo dell’olio nel territorio di Modiglianasi calcola attualmente a libbre 20,000.
    Le altre produzioni di sopra suolo sono le foglie del gelso, tanto del Moro, quanto di quello delle Filippine, la cui piantagione si va ognor più estensamente propagando per accrescere il numero delle bigattiere, stante che la seta costituisce per Modigliana un ramo importante d’industria e di commercio attivo.
    Anche le viti basse, disposte a ripiani sui fianchi delle colline intorno alla città, producono vino di buona qualità, sufficiente ai bisogni della popolazione, ed anche per i straordinari conviti. – Finalmente, se qua, come nelle comunità vicine di Marradi e della Rocca, non abbondano di troppo i castagni, i cerri, i lecci ed altre piante silvestri cedue e di alto fusto, non è da dire che esse manchino nei poggi più elevati e nella parte superiore del territorio modiglianese.
    In quanto poi alle seminagioni citerò quelle più comuni alla contrada, e che si riducono, ai cereali, alle biade, al frumentone, miglio, civaie, canape e lino.
    Mancano però, o
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    sono rarissimi i prati artificiali, sicché la rotazione agraria di questa contrada ha bisogno di essere meglio conosciuta ed eseguita da quei proprietarii terrieri forniti d’intelligenza, che nutrono desiderio di non indietreggiare di troppo ai progressi che va facendo in Toscana l’arte agraria.
    Fra le manifatture quella della seta va accrescendosi e migliorando in Modigliana per i continui impulsi che da tre lustri riceve, specialmente dal perspicace ingegno e dalla cooperazione di Giovanni Zauli nobile possidente modiglianese.
    Imperocché egli non solo fu il primo che fino dal 1823 introdusse in Modigliana una filanda a vapore, ma ne andò di ogni maniera perfezionando i meccanismi, in guisa che nel 1838 egli fece innalzare dai fondamenti in una sua vasta possessione suburbana un nuovo edifizio per uso di altra filanda a vapore e di bigattiera. Dalla quale ultima filanda fu testé pubblicata una minuta descrizione del N° 52 del Giornale Agrario toscano dall’erudito modiglianese dott. Francesco Verità. Né deve omettersi lo zelo di altri cittadini, i quali perfezionando l’antico metodo di trattura hanno efficacemente migliorato il filo della seta.
    Esiste altresì una fornace di terraglie in Modigliana, dove si contano molti artisti pittori di ornato.
    La popolazione del vicariato di Modigliana è stabile in tutto il corso dell’anno, trovandosi nel territorio viveri sufficienti al suo sostentamento, e non di rado anche sovrabbondanti per somministrare l’avanzo ai popoli dei vicariati limitrofi.
    Innanzi il regolamento del 21 ottobre 1775, relativo alla organizzazione economica della comunità di Modigliana, questa era divisa in due corpi; cioè: la comunità della Terra, e quella del Contado.
    La comunità della Terra si ristringeva alla sola terra, ora città di Modigliana.
    La Comunità del Contado si estendeva per tutto il suo territorio, ed era suddivisa i 24 sezioni, appellate Balie. Erano queste: 1. Albano; 2. Buta; 3. Casale; 4. S. Cassiano; 5. Cella; 6. Cerriano; 7. Fugnola; 8. Fiumana; 9. Fregiolo; 10. Lago; 11. Miano; 12. Monte; 13. Oviglio; 14. Pompegno; 15. S. Reparata; 16.
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    Rivagotti; 17. Rivola; 18. Rocca fiori; 19. S. Savino; 20. Sensano; 21. Tussino; 22. Trebbio; 23. Vedereano; 24. Zola.
    Fra le 24 Balie, quelle di Fiumana, di Fugnola, di Rocca fiori, di Cerriano, e in parte di Zola, per lo spirituale erano sottoposte alla parrocchia della chiesa collegiata di Modigliana. – Le Balie di Buca e di Rivagotti riconoscevano la parrocchia di S. Pietro a Castagnara, e in parte la pieve di S. Valentino. – La Balia di Pompegno era sottoposta alla chiesa di S. Martino in Fregiolo ; la Balia di Oviglio a ( ERRATA : S. Pietro in Tusciano ) S. Pietro in Tusino ; la Balia di Rivola e ogni restante della Balia di Zola erano della cura di S. Maria in Casale . La Balia di Vediano , che aveva chiesa propria (S. Michele) fu riunita a S. Maria in Castello .
    Attualmente la comunità di Modigliana si compone delle seguenti 15 parrocchie, più alcune frazioni di popolazioni dipendenti per lo spirituale da parrocchie, la cui chiesa è situata fuori della comunità.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di MODIGLIANA a quattro epoche diverse.

    - nome del luogo: Albano, titolo della chiesa: S. Caterina (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 34, popolazione anno 1745 n° 45, popolazione anno 1833 n° 50, popolazione anno 1839 n° 57
    - nome del luogo: Casale, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 142, popolazione anno 1745 n° 157, popolazione anno 1833 n° 196, popolazione anno 1839 n° 212
    - nome del luogo: San Cassiano, titolo della chiesa: S. Cassiano (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione
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    anno 1551 n° 158, popolazione anno 1745 n° 69, popolazione anno 1833 n° 154, popolazione anno 1839 n° 166
    - nome del luogo: Castagnara con l’annesso di Rivagotti, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 167, popolazione anno 1745 n° 101, popolazione anno 1833 n° 152, popolazione anno 1839 n° 149
    - nome del luogo: Cella, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 95, popolazione anno 1745 n° 42, popolazione anno 1833 n° 67, popolazione anno 1839 n° 69
    - nome del luogo: Fregiolo con l’annesso di Pompegno, titolo della chiesa: S. Caterina (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 167, popolazione anno 1745 n° 91, popolazione anno 1833 n° 139, popolazione anno 1839 n° 161
    - nome del luogo: Lago, titolo della chiesa: S. Giorgio (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 95, popolazione anno 1745 n° 96, popolazione anno 1833 n° 74, popolazione anno 1839 n° 92
    - nome del luogo: Miano, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 66, popolazione anno 1745 n° 33, popolazione anno 1833 n° 50, popolazione anno 1839 n° 59
    - nome del luogo: MODIGLIANA, titolo della chiesa: S. Stefano Papa e Martire (Collegiata), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 1327, popolazione anno 1745 n° 1644, popolazione anno 1833 n° 2696, popolazione anno 1839 n° 2932
    - nome del luogo: Monte, titolo della chiesa: S. Martino (Cura),
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    diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 190, popolazione anno 1745 n° 52, popolazione anno 1833 n° 61, popolazione anno 1839 n° 76
    - nome del luogo: S. Reparata di Valle, titolo della chiesa: S. Reparata ( ERRATA : Pieve) (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 221, popolazione anno 1745 n° 218, popolazione anno 1833 n° 227, popolazione anno 1839 n° 152
    - nome del luogo: Sansavino con l’annesso di Buta, titolo della chiesa: S. Savino (Pieve), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 243, popolazione anno 1745 n° 166, popolazione anno 1833 n° 213, popolazione anno 1839 n° 219
    - nome del luogo: Senzano, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 156, popolazione anno 1745 n° 51, popolazione anno 1833 n° 100, popolazione anno 1839 n° 109
    - nome del luogo: Trebbio, titolo della chiesa: S. Maria (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 207, popolazione anno 1745 n° 144, popolazione anno 1833 n° 151, popolazione anno 1839 n° 156
    - nome del luogo: Tuscino, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Faenza, popolazione anno 1551 n° 162, popolazione anno 1745 n° 233, popolazione anno 1833 n° 326, popolazione anno 1839 n° 327
    - Totale abitanti anno 1551 n° 3430
    - Totale abitanti anno 1745 n° 3142

    Frazioni di popolazione provenientida altre Comunità

    - nome del luogo: Boestmo, Comunità dalla quale deriva: Stato Estero, popolazione anno 1833 n° 3,
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    popolazione anno 1839 n° -
    - nome del luogo: Bosco, Comunità dalla quale deriva: Comunità di Dovadola, popolazione anno 1833 n° 35, popolazione anno 1839 n° 47
    - nome del luogo: Limisano, Comunità dalla quale deriva: Comunità della Rocca, popolazione anno 1833 n° 22, popolazione anno 1839 n° 24
    - nome del luogo: Castello Ottavo, Comunità dalla quale deriva: Stato Estero, popolazione anno 1833 n° 15, popolazione anno 1839 n° 18
    - nome del luogo: S. Maria in Castello, Comunità dalla quale deriva: Comunità di Tredozio, popolazione anno 1833 n° 49, popolazione anno 1839 n° 57
    - nome del luogo: S. Valentino, Comunità dalla quale deriva: Comunità di Tredozio, popolazione anno 1833 n° 98, popolazione anno 1839 n° 98
    - nome del luogo: Valpiana, Comunità dalla quale deriva: Stato Estero, popolazione anno 1833 n° 9, popolazione anno 1839 n° 3

    - Totale abitanti anno 1833 n° 4897
    - Totale abitanti anno 1839 n° 5183

    MODIGLIANA nella Valle del Marzeno in Romagna. – Alla pagina 228 del Volume III, dove si accennò un documento del 8 giugno 1007 rogalo nel Castello di Mutiliano, ed il cui archetipo esiste fra le membrane della Badia di Poppi, ora nell’ Arch. Dipl. Fior., esaminata meglio quella scrittura, fu riconosciuto, che la sua vera data deve riportarsi al dì 8 giugno dell’anno 992.
    Alla pagina 231 dove dice: senza negare e senza asserire, se l'aneddoto della bella Gualdrada figlia di Bellincion Berti fosse o nò favoloso, dirò solamente non essere comparso Onora alla luce (ch'io sappia) alcun documento atto a confermare tuttociò, si aggiunga: qualmente dopo la pubblicazione di quell’ Articolo
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    posi l'occhio sopra due istrumenti archetipi, uno dei quali scritto nel marzo 1180, e l'altro nel febbrajo 1190, citati all'Articolo PIETRA FITTA DI STIA, dai quali apparisce, che una contessa Gualdrada, senza indicare di chi fosse figlia, si dichiara maritata ad un conte Guido fino del 1180, vale a dire, 29 anni innanzi che Ottone IV scendesse in Italia e si recasse a Roma per incoronarsi Imperatore. Esser dovevano i conjugi predetti Guido e Gualdrada gli avi di quel conte Guido Guerra figlio del Conte Marcovaldo di Dovadola, e della Contessa Beatrice di Capraja, la cui ombra dall'Alighieri fu cacciata nell'Inferno come un costante e valoroso Guelfo; per cui al Canto XVI di lui così si esprimeva:

    Questi, l’orme di cui pestar mi vedi
        Tutto che nudo e dipelato vada
        Fu di grado maggior, che tu non credi.
    Nipote fu della buoni Gualdrada,
       
    Guido Guerra ebbe nome ed in sua vita
       Fece col senno assai e con la spada.

    Vedi Dovadola, e la seguente Appendice sui Conti Guidi fino alla battaglia di Montaperto.
    Infine si aggiunga alla popolazione della Comunità di MODIGLIANA del 1833, ascendente allora a 4897 Abitanti, quella del 1845 ch'era di 5441 individui, cioè:

    Albano, Abitanti N° 61
    Casale, Abitanti N° 208
    S. Casciano (di Modigliana), Abitanti N°   184
    Castagnara, Abitanti N°  156
    Cella, Abitanti   73
    Fregiolo, Abitanti 163
    Lago, Abitanti   94
    Miano, Abitanti   65
    MODIGLIANA, Abitanti 3086
    Monte, Abitanti N°   85
    S. Reparata di Valle ( porzione ), Abitanti  N°
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      (ERRATA: 175) 173
    S. Savino, Abitanti N°   219
    Senzano ( porzione ), Abitanti N°   129
    Trebbio, Abitanti N°   151
    Tusino, Abitanti N° 340

    Annessi

    Bosco; dalla Comunità di Dovadola , Abitanti N°   62
    Castello: dalla Comunità di Tredozio , Abitanti N° 62
    S. Valentino: dalla Comunità di Tredozio , Abitanti N° 83
    Limisano, dalla Comunità della Rocca S. Casciano , Abitanti N° 21

    Da Parrocchie Estere

    Ottavo, Abitanti N° 18
    Valpiano, Abitanti N° 8
    TOTALE Abitanti N° 5441


    OTTAVO (CASTELLO) nella Romagna. – Casale con parrocchia, che sebbene spetti allo Stato pontificio, si estende con la sua giurisdizione ecclesiastica sopra una porzione della Comunità granducale di Modigliana. – Vedere MODIGLIANA, Quadro della popolazione della sua Comunità.

    BELLAVISTA di MODIGLIANA in Romagna, detto anche Belvedere . È una vaga collina posta sulla sinistra del torrente Marzeno mezzo miglio a maestro da Modigliana, sulla quale risiede festeggiato da variate piantagioni di olivi, di cipressi e di vigneti un convento di Cappuccini.

    VAL D’IBOLA in Romagna. – Due corsi d’acqua nella Romagna Granducale prendono il vocabolo dal torrente Ibola , uno che percorre la base occidentale del monte Melandro , e che influisce nel Lamone al di là dei confini del Granducato; l’altro che, dopo aver percorso un vallone fra la Valle del Montone ed il vallone del Tramazzo , entra nel Marzeno presso Modigliana. – Vedere TREDOZIO, e MODIGLIANA, Comunità.
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Localizzazione
ID: 2739
N. scheda: 31570
Volume: 1; 3; 6S
Pagina: 293; 225 - 241, 705; 148
Riferimenti: 1160
Toponimo IGM: Modigliana
Comune: MODIGLIANA
Provincia: FC
Quadrante IGM: 099-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1723331, 4893065
WGS 1984: 11.79377, 44.1582
UTM (32N): 723394, 4893239
Denominazione: Modigliana - Bellavista, Belvedere di Modigliana - Castello Ottavo - Ibola, Val d'Ibola
Popolo: S. Stefano a Modigliana
Piviere: S. Stefano a Modigliana
Comunità: Modigliana
Giurisdizione: Modigliana
Diocesi: Faenza
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana (Romagna Granducale)
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