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Montalcino (S. Salvatore) - Vescovati della Toscana (Montalcino)

 

(Montalcino)

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    MONTALCINO ( Mons Ilcinus , e presso alcuni Mons Lucinus ) fra le valli dell’Orcia, dell’Asso e dell’Ombrone. – Città nobile e vescovile, capoluogo di comunità, residenza di un vicario regio, di un ingegnere di circondario, di una cancelleria comunitativa e di un ufizio di esazione del registro, nel Compartimento di Siena.
    Risiede Montalcino sopra la diseguale sommità di un esteso poggio, che si alza intorno a mille braccia sopra il livello del mare Mediterraneo, e i di cui fianchi acquapendono in tre sottoposte vallate; poiché dal lato di ponente sino a settentrione le sue acque si vuotano nell’Ombrone, dal lato di levante scolano nella fiumana dell’Asso, e da scirocco a libeccio le sue pendici fluiscono direttamente nel fiume Orcia. – Le sue mura castellane hanno un giro di circa miglia toscane due con 5 porte e una rocca.
    Giace la città fra il grado 29° 9’ longitudine e il grado 43° 4’ latitudine, circa 20 miglia fiorentine (quasi 23 miglia sanesi) a scirocco della città di Siena; 6 miglia a ostro di Buonconvento; 30 miglia a grecale di Grosseto; 10 miglia ( ERRATA : a levante di Pienza) a ponente di Pienza, e 18 miglia nella stessa direzione da Montepulciano.
    Quantunque molti scrittori abbiano emesse non poche congetture sull’origine di questa città, la quale nei secoli più vicini ai nostri figurò assai nelle istorie sanesi, ciò non ostante ognun che non ama appoggiarsi ai romanzi dovrà accostarsi all’opinione del Montalcinese Luigi Santi, autore di una lettera storico-critica sull’origine della sua patria, pubblicata in Firenze nel 1822, nella quale si dichiara, che molti per la smania di vantare remotissima origine e fatti meravigliosi, hanno detto di Montalcino cose da fare inarcare le ciglia dallo stupore.
    È superfluo pertanto di ripetere qui la falsa supposizione di coloro che si immaginarono essere stato il poggio di Montalcino quel colle dove si refugiò nell’anno 529 di Roma il pretore romano con gli
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    avanzi del suo esercito, combattuto da numerose orde di Galli penetrate fino nel territorio di Chiusi.
    Che però il poggio e le cortine di Montalcino nei primi secoli del Cristianesimo fossero abitate di gente, di case e di chiese lo danno bastantemente a conoscere non solo i cimelii e le iscrizioni sepolcrali discoperte costà, ma ne fanno prova evidentissima alcune chiese battesimali nella prima epoca longobarda esistite nei dintorni di Montalcino. – Tali erano le pievi di S. Restituta in fundo Rusciano , 3 miglia toscane a libeccio di Montalcino, la pieve di S. Maria in Sexta , posta a egual distanza verso scirocco, e quella di S. Maria Matris Ecclesiae in Misulas , la quale vi è ragione di credere col Brunetti e con Luigi Santi che possa riferire alla distrutta chiesa di Matrichese , un miglio circa a levante di Montalcino. – Ora tutte queste chiese plebane trovansi rammentate nel giudicato tenuto in Siena nell’anno 715 per ordine di Liutprando re de’Longobardi, allorché il vescovo di quella città reclamava molte parrocchie del contado sanese dipendenti ab antiquo dai vescovi di Arezzo. Fra le pievi in questione, situate nel contado di Siena, è rammentata in quel giudicato anche la pieve di S. Andrea in Malcinis o in Malcino . Rapporto alla quale io leggerò col padre Grandi Ecclesia S. Andreae in M. Alcino , cioè in Montalcino, come tuttora suole scriversi, e come anticamente e modernamente si stampava e si stampa M. Alcino per indicare questa medesima città. – (GRANDI, Pandect. Pisan. in notis ).
    Non già per questo fia da concludere, che la pieve di S. Andrea in Malcino , o in M.Alcino , giacesse dentro il castello, attualmente città di Montalcino, piuttostochè nelle sue vicinanze; giacché le antiche chiese matrici e sottomatrici, cioè le pievi, ed alcune antichissime
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    cattedrali, il più delle volte solevano edificarsi all’aperta campagna, alquanto lungi dall’abitato. – Vedere l’Articolo MARCENI, o MALCINI ( S. Andrea in Malcinis ) Vol. III. pag. 52.
    Del resto, che Montalcino, al pari di Montalcinello e Montalceto , prendesse il titolo dalla quantità delle piante arboree, dai lecci che un dì ricuoprivano il suo selvoso, ora vitifero monte, e che perciò il suo nome fosse, siccome sempre stato Mons Ilcinus , e non Mons Lucinus , lo manifestano i documenti dei secoli XIII e XIV. Imperocché in due pergamene del 6 agosto 1296 e del 9 luglio 1330, appartenute ai frati Romitani di S. Agostino di Montalcino, è rammentata la contrada d’ Elceto , o Iliceto presso Montalcino, quando cioè le pendici del monte non erano state spogliate ancora delle sue piante indigene. – (ARCH. DIPL. FIOR . loc. cit. )
    Comunque sia, è cosa indubitata che il territorio di Montalcino, compreso il monte su cui risiede la città, fu donato dall’Imperatore Lodovico Pio nel primo anno del suo impero al monastero di S. Antimo. Ciò apparisce dal privilegio spedito da Acquisgrana li 29 dicembre 814 ad Apollinare abate di quel cenobio, copiato da quell’archivio e pubblicato dallo storico Tommasi. Alla qual badia l’imperatore predetto concesse in piena giurisdizione, fra gli altri beni, il territorio che costituisce quello spettante alla Comunità omonima, cioè: Ab oriente fluvius Axo, ab occidente fluvius Umbrone a ponente usque in Vado qui dicitur Ursi (sulla confluenza della guadosa Orcia) ; a meridie de Vado Urso, quod ducit sub monte Lucinii (sic) usque in viam S. Anthimi; et ab aquilone Gessae (sic) per Ponigastaldi; deinde per viae publicae usque ad ponentem de Umbrone cum duo oratoria infra ipso fine posita: idest, S. Christina, et S. Mater Ecclesia cum una curte prope ipsa S.
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    Ecclesia cum ipsa S. Ecclesia, cum omnia quicquid ad ipsam curtem pertinet, et infra loca nominata,
    etc. – (TOMMASI , Istoria di Siena. Lib. IV all’anno 1212). – Vedere ABAZIA DI S. ANTIMO.
    Ciò che merita qui speciale avvertenza è di trovare tra gli oratorii dei contorni di M. Alcino la chiesa di S. Mater Ecclesia , cioè quella in Misulas , la quale cent’anni innanzi, nel giudicato del 715, era battesimale, siccome naturalmente lo indica il nomignolo rimastole di Matrichese . Infatti nei giudicati tenuti posteriormente sotto il Pontefice Leone III e l’Imperatore Lodovico II, (anno 853), sotto il Pontefice Giovanni XXI (anno 1029) e nella bolla di Alessandro II spedita nel 1070 a Costantino vescovo di Arezzo, cui vennero confermate le pievi tante volte dai vescovi di Siena disputate, in quei giudizj più non si trova rammentata quella di S. Mater Ecclesia in Misulas , sivvero tutte le altre volte è fatta menzione della pieve di S. Andrea in M. Alcino .
    All’oratorio poi di S. Cristina rammentato nel privilegio di Lodovico Pio dubito che possa riferire quella chiesa di S. Cristina in Gajo , che nel secolo XII era qualificata col titolo di pieve, (di padronato della badia di S. Antimo. – Vedere MATO (SAN). – La quale chiesa di S. Cristina della diocesi sanese è nominata anche in una bolla pontificia del 1189 spedita da Clemente III a Bono Vescovo di Siena, rapporto a che dovrò tener parola qui appresso all’ARTICOLO Diocesi di Montalcino .
    Esistettero infatti fino a pochi anni indietro gli avanzi della chiesa di S. Cristina in Gajo , situati a sinistra del fiume Ombrone presso la strada rotabile che da Montalcino conduce a Buonconvento, siccome restò in piede la chiesa di Matrichese , stata diroccata nel 1786 onde servirsi dei migliori materiali
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    per meschino interesse del patrimonio ecclesiastico di Montalcino.
    Che la pieve di questa città nel sec. XI non avesse più per titolare S. Andrea in M. Alcino , ma che tra il sec.VIII e l’XI fosse stata riedificata sotto altra invocazione una nuova chiesa plebana, ne fornisce qualche argomento favorevole un privilegio imperiale di Arrigo III, dato il 17 luglio del 1051 a favore di Teuzzo abate del Monastero di S. Antimo; allorché alla sua giurisdizione sottopose molte terre e chiese situate nei contadi di Chiusi, di Roselle, di Siena, di Arezzo, di Firenze, di Pistoja e di Pisa. Fra le quali chiese si nomina la pieve di S. Salvatore, cui apparteneva la corte di S. Maria denominata Mater Ecclesia ; quella pieve cioè di S. Salvatore in Montalcino che il Pontefice Pio II eresse in cattedrale. Inoltre con lo stesso diploma Arrigo III confermò agli abati di S. Antimo anche la pieve di S. Giovanni, che penso essere quella stessa che leggesi in una bolla del Pontefice Anastasio IV diretta li 20 ottobre 1153 a Guido abate del Monastero di S. Antimo, la quale io dubito che possa riferire all’antica pieve di Castelnuovo dell’Abate, dedicata a S. Giovanni. – Vedere CASTELNUOVO DELL’ABATE.
    Certo è che sino da quel tempo gli abati di S. Antimo avevano giurisdizione spirituale e temporale in Montalcino, luogo ben ventilato e sano assai più dell’umida e cupa Valle Starzia , dove esiste la chiesa e Monastero di S. Antimo, circa 5 miglia distante dalla detta città. – Cotesti abati col titolo di conti palatini e di consiglieri del romano impero emanavano al pari dei principi bandi, ordini e placiti in tutta la loro giurisdizione; prendevano parte nelle leghe, nelle guerre e nelle paci con i popoli e gli strati limitrofi. – Se è vero che di un o di questi abati la repubblica di Siena prendesse ombra e volesse menomare
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    la sua potenza temporale, non è però da assicurare con lo storici Giugurta Tommasi, che Montalcino debba ai Sanesi il primo cerchio delle sue mura, facendo risalire ciò all’anno 1110, sia perché mancano documenti sincroni e testimonianze d’istorici che lo asserischino; sia perché le sue mura non sono accennate prima del 1198 dalle più vecchie croniche di Siena, come quella di un anonimo esistente nell’archivio di quella cattedrale, nelle croniche di Andrea Dei, di Angiolo Tura, di Neri di Donato, oltre non pochi istrumenti dell’Archivio Diplomatico di Siena, nei quali si parla delle prime guerre dei Sanesi contro i Montalcinesi. – Nel 1198 dice il Dei, cominciossi la guerra di Montalcino che fu presa nel 1202; cioè, un anno dopo che il Comune di Siena aveva concluso un accordo (29 marzo del 1201) nella canonica di S. Miniato a Fonte – Rutoli con il Comune di Firenze, rappresentato dal suo potestà Paganello de’Porcari e da varj cittadini. Fra le altre condizioni di pace fuvvi questa: che non solo sarebbero tenuti per nemici dai Fiorentini gli uomini di Montalcino, ma che i Sanesi facendo loro guerra sarebbero ajutati per un mese con cento cavalli e mille fanti a spese del Comune di Firenze, obbligandosi nel tempo stesso di affidare a una deputazione la decisione sulla differenza de’confini che verteva fra il Comune di Siena e quello di Montalcino. – Tali a un dipresso furono le espressioni di Scipione Ammirato, da esso lui copiate dalle scritture pubbliche dell’Archivio delle Riformagioni di Firenze. Quindi lo stesso storico soggiunge: “ che tenendo i Fiorentini la mira alla conquista di Semifonte, si fecero promettere a quei di Colle di non gli essere in alcun modo in ajuto, e dopo che ebbesi il detto castello (anno 1202) i terrazzani per mediazione di Alberto da Montautolo podestà di S. Gimignano capitolarono con Clorito de’Pilli consolo de’mercanti di Firenze…E perché quei di S. Gimignano erano stati in ajuto di Semifonte, il suddetto
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    potestà per riconciliargli giurò pei Sangimignanesi alcune promesse al consolo fiorentino.”– (AMMIR. Istor. fior. Lib. I.)
    A sentire gl’istorici sanesi relativamente alla guerra di Montalcino, e alla pace fatta nel 1201 coi Fiorentini, si dovrebbe credere che il Comune di Firenze si fosse obbligato di non impacciarsi dei fatti relativi a Montalcino, come il Comune di Siena non doveva prender parte, né dare alcun ajuto agli abitanti di Semifonte e di Sangimignano, comportandosi in modo che i Colligiani non portassero ajuto ai Semifontesi. – (BENVOGLIENTI, Note alla Cronica del Dei ).
    Poco tempo peraltro durò cotesta piuttosto tregua che pace fra le due repubbliche; essendochè i Sanesi nel 1207, ad onta della pace pattuita, avevano ripreso l’arme contro Montepulciano e Montalcino; sicché i Fiorentini, a cui quelle due popolazioni erano raccomandate, andarono a oste in su quello di Siena al castello di Montalto della Berardenga, che dopo sanguinosa battaglia tolsero al nemico e disfeciono. Quindi l’anno dopo l’oste medesimo tornò a dare il guasto al contado sanese infino a Rapolano menandone grande preda e molti prigioni; fintantoché nell’anno 1210 (soggiungono i due primi storici della Toscana) i Sanesi, non potendo più durare la guerra co’Fiorentini, per riavere i loro prigioni richiesero ed ottennero pace, e così un’altra volta quetarono Montepulciano e Montalcino. – (R.MALESPINI, Istor.Fior. Cap.100 e 101. – G.VILLANI, Cronic. Lib. V. cap.33 e 34. – AMMIR. Istorie Fior. Lib. I.)
    Non cessò pertanto il malumore fra le parti riconciliate; e bene lo fecero conoscere gli avvenimenti posteriori. Imperocché la controversia fra i Sanesi, gli uomini di Montalcino e l’abate di S. Antimo, che ne era, come dissi, il signore, fu assopita con un trattato speciale rogato in Montalcino nella canonica di S. Egidio lì 13 giugno del 1212, ratificato dall’abate e dai suoi monaci nel chiostro della badia di S. Antimo nel giorno 18 dello stesso mese, al tempo che in Siena esercitava
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    l’ufizio di potestà messere Guido di Ranuccio da Orvieto.
    Fra le condizioni favorevoli ai Sanesi fuvvi quella di obbligare l’abate di S. Antimo a cedere loro la quarta parte di Montalcino per indiviso.
    Ma che qui si trattasse di una quarta parte di possessioni, non già di giurisdizione, ossia d’impero, lo dà a conoscere l’articolo del contratto medesimo, col quale il sopradetto potestà a nome del popolo di Siena concedè a locazione perpetua a Leonardo di Bruno del Pero camarlingo di Montalcino, e per esso al Comune di essa terra, la quarta parte del di lei territorio coll’obbligo ai Montalcinesi di giurare di essere compresi nel contado e diocesi di Siena, e di pagare ogn’anno a titolo di pensione per S. Maria d’agosto alla loro mensa vescovile 30 ceri d’una libbra l’uno, e lire 30 di moneta sanese al camarlingo della repubblica. – (RIFOR. SANESI Kaleffo vecchio, e dell’Assunta . – MALEVOLTI, Stor.di Siena , P. I. Lib. 4.)
    Dalle stesse capitolazioni, che vennero posteriormente rinnovate e giurate dalle parti negli anni 1219, e 1232, risulta, che il popolo di Montalcino continuava ad essere raccomandato del Comune di Firenze. (MALESPINI Istor. Fior . Cap. 122. – G.VILLANI, Cronic. Lib. VI. C.13).
    Nell’anno 1249, essendo caduto il partito Guelfo per opera degl’Imperiali, il consiglio del popolo di Siena, dopo rampognato il potestà per non avere rinnovato gl’istrumenti con l’abate di S. Antimo rapporto ai Montalcinesi, deliberò di operare in modo che questi ultimi non fossero difesi dai fiorentini, e che i consoli della mercanzia e i priori de’24 governatori di Siena con gli altri buonomini dei Terzi della città provvedessero a tuttociò. ( loc.cit. Consiglio della Campana ).
    Infatti nel 1252 l’esercito si recò da Siena a Montalcino per assediarla. La qual notizia giunta a Firenze, incontanente si recarono costà le truppe, che combatterono e misero in rotta i Sanesi (novembre 1252). Allora i vincitori innanzi
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    di tornare a Firenze guarnirono delle loro milizie la stessa terra; quindi poco stante corsero di nuovo a danneggiare il contado di Siena, finché questa repubblica fu costretta a chiedere ai primi pace: e l’ebbe nell’anno 1254 a condizione di rilasciare ai fiorentini la piena e intera tutela del paese e abitanti di Montalcino. – (R. MALESPINI, Istor. Fior. Cap. 152, 153, 154. – G. VILLANI, Cronic. Lib. VI. Cap. 52, 53, 54. – MALEVOLTI, Istor. di Siena P. I. Lib. V. e P. II. Lib. I.)
    Soffrivano i Sanesi di male in cuore cotesto aumento di dominio, che il Comune di Firenze sotto il modesto titolo di accomandigia andava viemaggiormente accrescendo sopra i castelli e terre del contado sanese; sicché i governanti di Siena non trascuravano occasione per tentare di riacquistare quanto avevano perduto.
    L’occasione venne, e fu fortunata prima di tutte quella dell’arrivo in Siena nel 1260 di uno scelto numero di cavalieri tedeschi mandati da Manfredi re di Puglia a sostegno del partito Ghibellino in Toscana sotto il comando di valente capitano, il conte Giordano.
    Appena giunto quel rinforzo, incontanente i Sanesi bandirono la loro oste sopra la terra di Montalcino, per la di cui cagione erasi tante volte combattuto.
    A rinforzo dei Sanesi inviarono la loro tangente i Pisani e tutti i Comuni di parte Ghibellina, per modo che si trovano riuniti in Siena 1800 cavalieri e un maggior numero di fanti bene disciplinati. – (MALESPINI. Cap. 165. e segg . – GIOV. VILLANI Lib. VI. Cap. 76 e segg . dell’Opere cit .)
    E pensando per quali modi e industria si potessero trarre a battaglia i Fiorentini innanzi che passasse il tempo, limitato a tre mesi, della condotta de’militari tedeschi, fu ordito un inganno, e ritrovata la maniera di porlo ad effetto mediante due frati Francescani. I quali inviati a Firenze mostrarono ai capi
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    della repubblica, che i Sanesi, mal contenti dell’autorità tirannica di Provenzano Salvani loro cittadino, erano disposti a voler dare la città ai Fiorentini, quando essi avessero un regalo di 10,000 fiorini d’oro.
    Accordato tutto ciò, i due frati esposero alle persone prescelte dalla Signoria il modo di poterne venire ad effetto, lo che dimostrarono di difficile riescita se i Fiorentini, sotto colore di volere spedire le loro milizie a sostegno di Montalcino, fossero passati dalla parte di Val – d’Arbia presso Siena, e che allora essi e le genti del loro seguito consegnerebbero alle armi fiorentine quella porta della città, la quale mette sulla strada che guida ad Arezzo.
    Come l’inganno fosse accolto per vero, come il mal consiglio di bandire l’oste fiorentina per fornire Montalcino, e quindi come Lucchesi, Pistojesi, Volterrani, Pratesi, Sanminiatesi, Sangimignanesi, Colligiani ed altri popoli di parte Guelfa, non solamente della Toscana, ma di Bologna, di Orvieto e di Perugia concorressero a inviare alla Lega la già convenuta tangente di milizie; come radunata numerosa armata, essa movesse da Firenze all’uscita d’agosto; e come giunta al luogo ordinato in sul fiume Arbia vi si ritrovassero assembrati da un 3000 cavalieri e più di 30,000 soldati a piedi, e quale fosse poi al di 4 settembre l’esito funesto e la sconfitta data a tanta oste nei campi di Montaperto, non è da dirsi, né vi è erudito che nol sappia.
    In conseguenza di quella gran giornata campale che portò il trionfo de’Ghibellini nella maggior parte d’Italia, i Sanesi rivolsero subito il loro animo alla conquista di Montalcino. Alla qual terra, se devesi credere ai cronisti sanesi, in pena delle cose passate sarebbero state disfatte e abbattute le mura, e il paese ordinato per ville e per borghi.
    Per altro i documenti degli archivii pubblici di Siena ne informano meglio del vero, tostochè un rogito di ser Orlando del fu Ottaviano, scritto in Siena li 8 settembre del 1260, vale a
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    dire 4 giorni dopo la battaglia di Montaperto, dice che in questo suddetto giorno comparve nella piazza del Campo uno scelto numero di Montalcinesi per esibirsi a nome della patria di accettare dai Sanesi quei patti che fossero stati loro imposti coll’annullare le convenzioni già da essi ai Fiorentini giurate. – (RIFORMAGIONI DI SIENA, Kaleffo vecchio N°. 342 e 629).
    È altresì vero che nello stesso archivio esistono varie provvisioni prese nell’ottobre e novembre di detto anno, una delle quali concedeva facoltà agli abitanti del contado di Siena di dare il guasto al territorio di Montalcino; mentre in un’altra trattavasi dell’elezione di sei deputati incaricati di determinare il numero de’soldati da stare all’assedio di Montalcino, e d’indurre il conte Giordano, acciocchè a detto esercito volesse unire i cavalieri Tedeschi. Inoltre vi si trova la proposizione fatta nel 25 novembre 1260 per la distruzione di Montalcino; e finalmente con altra provvisione si nominano de’buonomini per esaminare e riferire alla Signoria, se si doveva distruggere il castello di Montalcino. La qual ultima proposizione fu rimessa ad altro consiglio, e quindi annullata. – ( loc.cit. Consiglio della Campana da 119 a 142 ).
    Ciò non ostante gl’istorici sanesi, come il Dei, e dietro lui il Malevolti, il Tommasi, e altri, ripeterono che la terra di Montalcino allora fu ridotta a villate, e per borghi e per le sue mura disfatte.
    Che realmente animi più pacati dettassero ai Sanesi consigli meno violenti, lo danno a dividere le deliberazioni posteriori; in una delle quali del 1267 fu deciso, che di ciò che si conteneva negli statuti di Siena relativamente ai Montalcinesi fosse sospesa l’esecuzione per sino al ritorno dell’esercito da Poggibonsi.
    In questo frattempo si aprirono delle trattative, comecchè senza grande effetto, fra i due Comuni; mentre nel 1287 il consiglio generale di Siena deliberava, che si spendessero lire 2000 dei denari della repubblica per acquistare possessioni a favore de’fuoriusciti di Montalcino.
    Alla fine un ravvicinamento
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    e un trattato di concordia fra i due popoli lo dà a conoscere la misura presa in Siena nell’anno 1295 dal consiglio generale della Campana, quando ai 28 aprile fu approvata la relazione dei confini tra il distretto territoriale di Montalcino e quello di Torrenieri, confini stati poi minutamente descritti nell’esame dei testimoni fatto dai deputati dei Signori Nove di Siena in quello stesso anno, e in diversi giorni del mese di aprile. ( loc.cit. )
    Che i Montalcinesi al principio del secolo XIV si scostassero dall’amicizia dei Sanesi per riavvicinarsi ai Fiorentini lo disse il Malevolti nella sua istoria, all’occasione della cacciata da Pisa e da Lucca di Uguccione della Faggiuola, quando (inteso l’accaduto) il Comune di M. Alcino inviò sindaci a Siena per confermare i capitoli fatti altre volte con quella Signoria.
    Se non che nel 1355, quando i Sanesi si sottomisero all’arbitrio dell’Imperatore Carlo IV, il quale formò nuove costituzioni, i Montalcinesi ricusarono di aderire ai Signori XII succeduti ai Nove governatori di Siena, per modo che questi col pretesto dei due partiti, de’Salimbeni l’uno, e l’altro de’Tolomei, che tenevano in scompiglio Montalcino, e dove davasi asilo a molti fuoriusciti sanesi, fu raccolto un esercito per spedirlo a combattere la terra medesima. La qual misura obbligò i Montalcinesi ad accordarsi e tornare all’obbedienza della Repubblica di Siena. Ciò resulta delle capitolazioni fatte sotto il 30 ottobre 1361, mercé le quali i Montalcinesi furono riconosciuti in perpetuo cittadini sanesi, obbligandosi i Signori XII di non imporre loro dazj straordinarj; di fabbricarvi però una rocca da guardarsi dalle truppe sanesi, con che il Comune di Montalcino dovesse offrire per S. Maria di agosto il consueto tributo di cera, ecc. – (RIFORM. DI SIENA, Kaleffo nero N°.193, e 194 ).
    Ciò armonizza con quanto fu scritto da Neri di Donato continuatore della cronica Dei, e coll’omonimo del calendario del Duomo; dalle quali autorità apparisce, che nel 14 ottobre del 1361
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    fece l’ingresso solenne in Montalcino Lodovico de’Pii da Carpi di Modena conservatore di Siena, accompagnato da un corredo di 38 nobili, eletti dai Signori XII con 200 cavalli,nel tempo che cuopriva l’ufizio di capitano del popolo Gherardino de’Cenni. – Dappoi vi mandarono 300 balestrieri di Siena e molti uomini del contado, i quali vi rimasero alla guardia tanto che la repubblica sanese vi facesse innalzare il cassero.
    Due anni dopo i Signori XII avendo stabiliti negli ordini ed i regolamenti per il buon governo e per l’amministrazione giuridica della terra di montalcino e suo distretto, decretarono; 1°. Che il giusdicente di Montalcino potesse decidere tutte le cause tanto civili quanto criminali fino alla somma di 30 lire, riservando l’appello al potestà di Siena; 2°. Che fosse in facoltà di ciascun cittadino sanese, distrettuale, o fosse anco forestiere, di sperimentare le sue ragioni contro i Montalcinesi davanti il giusdicente di Montalcino; 3°. Che ciascun ebreo o ebrea della città di Siena che voleva imprestare danari ad usura, o che teneva bottega aperta in Montalcino, dovesse pagare una tassa annua di lire 75; 4°. Che il Comune di Montalcino eleggesse per suo ufiziale, o giudice subalterno, un cittadino di Siena, ovvero del contado sanese destinato a decidere le cause sopra i danni dati; 5°. Che cotesti capitoli avessero vigore per lo spazio di anni due prossimi futuri, per essere quindi ratificati o rinnovati. – ( loc. cit. Kaleffo nero N°.215. )
    Quando si pubblicarono per Montalcino tali ordini governativi, era già stata edificata la rocca, di cui fu primo operajo Stefano di ser Mino Foresi, e secondo Domenico di ser Feo Ianajolo. Il medesimo fortilizio restò terminato nel 1362; furono a tal uopo pagate a maestro Giovanni di giunta, che lo murò, lire 5086 e soldi 6, compresa la calcina. Quindi vi si mandò per primo castellano Francesco Sozzini con 32 balestrieri; più tardi però la guarnigione fu ridotta alla metà.
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    /> Frattanto dopo il trattato del 1361 la terra di Montalcino andava di bene in meglio prosperando, siccome dal sec.XIV fino alla metà del XVI sottotutti i rapporti prosperava Siena per ricchezze, per ingegni, per cospicui edifizj pubblici e privati. – In quanto spetta all’amministrazione economica Montalcino, ad imitazione di Siena, fu ripartita in Terzieri, cioè, a ponente nel terziere di S. Salvatore ; a ostro e levante nel terziere di S. Angelo di Castel vecchio , e verso settentrione nel terziere di S. Egidio .
    Venne in seguito Montalcino meglio munito di mura castellane, in guisa che nell’anno 1525 inutilmente fu assalita da una divisione dell’esercito papale inviato da Clemente VII contro Siena. Fu allora che i Montalcinesi, uomini, donne e ragazzi, non solo con pochi soldati seppero respingere l’ostile assalto delle truppe papaline battagliando 9 ore intorno alle mura, ma restarono morti degli assalitori più di cento, e molti feriti, mentre furonvi solo 4 morti e 2 feriti di dentro.
    Quanto però Montalcino fosse atta a potersi anche da numerosa oste difendere, lo diede a conoscere la deliberazione presa dai capitani di guerra e dai capi del governo di Siena, dopochè costà si raccolse e si rifugiò l’avanzo di quell’agonizzante repubblica; deliberazione cui fornì arra valevole la valorosa difesa precedentemente fatta all’occasione che i Montalcinesi bravamente sostennero (dal 27 marzo alla metà di giugno 1553) l’assedio delle truppe imperiali e medicee.
    Dondechè questa città si rese famigerata nell’ultimo periodo della repubblica sanese, specialmente dopo che Siena, stretta per ogni parte dalle truppe Spagnuole, Tedesche, e da quelle del duca Cosimo I, nell’aprile del 1555, fu costretta a capitolare per ricevere e sottomettersi all’esercito vincitore. – Numerosissime furono le emigrazioni a segno tale che fu necessario il raffrenarle con bandi e con pene, non ostante che dalla capitolazione fossero state accordate. In quel frattempo non senza sorpresa si seppe che in Montalcino, mentre Siena si arrendeva, erasi costituita una nuova repubblica organizzata
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    dal maresciallo Piero Strozzi e dai capi del partito repubblicano nemici del duca Cosimo de’Medici. Cotesti col nome di libertà invitavano i Sanesi a riunirsi a loro per opporsi con gli ultimi sforzi alla dominazione cesareo-ducale.
    Frattanto cotesta ombra di repubblica, rispetto al governo, fu modellata a somiglianza di quella di Siena. Un magistrato governativo supremo composto di quattro soggetti, che presero il titolo di Deputati alla difesa della libertà sanese , era preseduto dal capitano del popolo, e a nome di questo magistrato si bandivano regolamenti, ordini e leggi.
    Onde mantenere viva l’idea, che i Sanesi in Montalcino avevano reso salvi i loro naturali diritti, furono coniate monete di rame, di argento e di oro, nel diritto colla leggenda in giro che diceva Libertas , e in mezzo Resp. Senens. in M. Ilcino. Nel rovescio una Lupa e intorno Enrico secundo Auspice . L’epoca, nella quale furono battute coteste monete, cioè, il quattrino , la crazia , il paolo , il testone , e lo zecchino d’oro , corrisponde agli anni 1555, 1556, 1557. Il testone però ha nel rovescio la solita leggenda, ma nel diritto S. Maria Assunta con le parole intorno: Sub tuum praesidium confugimus .
    Comandava le truppe francesi Monluc, dopo che Piero Strozzi, in conseguenza della rotta sofferta nei campi di Marciano, nella quale fu ferito, si recò con molti altri capitani a Montalcino, e di là a Port’Ercole. – Peraltro nell’anno 1556 militavano sotto il generale Monluc due dei più distinti capitani italiani, Mario Sforza e Giordano Orsini.
    In questo mentre don Garzia di Toledo riuniva Tedeschi e Spagnuoli per avviarsi sotto Montalcino e assaltarlo dalla parte più debole, che era quella dove la Repubblica di Siena 200 anni innanzi aveva fatto edificare il cassero, essendo nelle altre parti la città medesima per le scoscese ripe che la circondano, e per
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    l’industria di chi vi si era rifugiato, resa assai difficoltosa ad assalirsi.
    Frattanto si diede principio all’assedio con le scaramucce, nelle quali quelli di dentro non riuscivano inferiori ai nemici di fuori; né a pericolo né a fatica si perdonava, onde a don Garzia di Toledo l’espugnazione di quella città, che sperava agevolmente conquistare dalla parte superiore della rocca, tornava più difficile di quello che primieramente si era dato a credere, il che lo determinò a condurvi altri duemila fanti toscani. – Ogni tentativo però fu vano ed inutile col mezzo della forza; per la qual cosa il generale spagnuolo si volse all’inganno, sperando di guadagnare con largo guiderdone un capitano calabrese, che serviva fra le truppe assediate, ma neppur questo mezzo gli riescì; che anzi don Garzia incorse in grave pericolo di essere fatto prigione se non era reso consapevole dell’agguato da una sentinella. E perché all’epoca della consegna di Siena data dai ministri spagnuoli a quelli di Cosimo I, mediante l’investitura del 3 luglio 1557, le truppe francesi di Montalcino scorrevano tutto giorno fino alle porte di Siena, fu rinnovato l’obbligo della tregua stata già per 5 anni (dal 1556 al 1561) conclusa fra l’Inghilterra e l’Imperatore da una parte, e il re di Francia dall’altra. Ciò prestò occasione ad alcune trattative; sebbene andassero a vuoto, col Papa, che aspirava ad acquistare lo stato sanese, o una parte almeno per i suoi nipoti. Riuscì per altro nel suo scopo l’avvedutezza del duca di Firenze, il quale con le sue pratiche poté finalmente indurre il re Cristianissimo a concludere la pace col re Cattolico, la quale fu pubblicata nel 1558. Uno fra gli articoli di essa pace fu questo che i Francesi dovessero evacuare la Corsica, ritirarsi da Montalcino e dalle altre terre del dominio sanese, a condizione che il duca Cosimo perdonassero a tutti i Sanesi, ancorchè in questa guerra avessero combattuto direttamente contro esso lui. Quindi è che appena dal ministro francese furono
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    partecipati gli ordini della sua corte ai magistrati di Montalcino, questi vedendosi abbandonati a se stessi, e temendo il duca di Firenze, il quale teneva a Buonconvento un corpo di 6000 uomini, dopo varie discussioni fra loro progettate fu adottata quella di ricorrere a Cosimo, proponendo di sottomettersi al suo governo stabilito sino dal luglio 1557 in Siena. Domandarono perciò quei repubblicani facoltà di spedire i loro ambasciatori a Firenze, onde aprire trattative di resa al duca, siccome avvenne, mediante il giuramento di fedeltà ed obbedienza, quando ratificarono formalmente la cessione fatta da S. M. Cattolica alla corona di Toscana, come risulta da pubblico istrumento, rogato li 4 agosto 1559, cioè due anni dopo la cessione a Cosimo I dello stato sanese, meno i Regi Presidj, che si riservò la corona di Spagna. – (RIFORMAGIONI DI FIRENZE.)– Vedere SIENA.
    In conseguenza di ciò ai Sanesi refugiati in Montalcino fu conceduto facoltà di potere liberamente tornare alla patria, riavere i loro beni, ed essere ammessi alle magistrature dello stato, rimanendo a Montalcino la trista gloria di essere stata l’ultimo refugio della repubblica di Siena.
    Al nuovo sovrano i Montalcinesi ossequiosi innalzarono ben presto una statua marmorea, che posero sotto l’atrio del palazzo pretorio, scoperta da Giovanni Berti Montalcinese.
    Da quell’epoca in poi Montalcino fu fatta residenza di un capitano, e poi di un vicario regio, che abbraccia attualmente nella sua giurisdizione anche il distretto della soppressa potesteria di Murlo.
    Chiese e Stabilimenti pii . – La cattedrale, eretta nell’antica pieve di S. Salvatore sul punto più eminente della città, fu atterrata, e incominciata a riedificarsi di nuovo nel 1818 a tre navate col disegno dell’architetto Agostino Fantastici; e fu riaperta nel 1832. – Fra i quadri che esistevano nella chiesa vecchia, riposti nella nuova, merita di essere rammentato uno della Concezione della Vergine, dipinto nel 1588 da Francesco Vanni, che fu l’autore di altra pittura rappresentante S. Giovanni nel deserto, creduta del
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    Salimbeni, ed altro quadro di S. Michele dipinto da Alessio Casolani.
    La chiesa battesimale di S. Egidio, seconda per ordine di anzianità, fu riedificata nel 1325; di essa fu per lunga pezza rettore un vicario dell’abate di S. Antimo. Nella canonica di questa chiesa nel giugno del 1212 si firmarono i capitoli di una delle più antiche trattative di pace che si conosca fra il Comune di Montalcino e l’abate di S. Antimo da una parte, e la repubblica di Siena dall’altra.
    In quanto all’epoca del convento e chiesa dei frati Eremiti Agostiniani che attualmente serve di seminario vescovile, si hanno memorie sino dal 1227. La qual chiesa fu riedificata verso il 1380 sul disegno che tuttora conserva, siccome lo dà a conoscere una bolla del 4 gennajo spedita in detto anno dal Pontefice Urbano VI. Con quel breve si concedevano indulgenze, specialmente all’altare dedicato ai SS. Apostoli Filippo e Jacopo per coloro che con elemosine avessero potuto concorrere a perfezionare la fabbrica della chiesa degli Eremiti Agostiniani di Montalcino della diocesi di Arezzo.
    Anche più confacenti a schiarire la storia ecclesiastica di Montalcino si prestano i quattro documenti seguenti. Il primo consiste in una lettera apostolica, che Agostino da Lanzano cappellano del Pontefice Urbano VI spedì da Roma nel I ottobre 1379 autorizzando il vescovo di Siena ad assolvere dalla scomunica Mino di Paolino da Montalcino, già arciprete della chiesa battesimale di S. Salvatore di detto luogo, il quale aveva assalito e ferito con spada don Giovanni abate del monastero di S. Antimo della diocesi di Chiusi nel tempo che egli faceva la visita alla prenominata chiesa di S. Salvatore. – Questo documento giova soprattutto a illustrazione di due lettere di S. Caterina da Siena, (la 65. e la 66) dirette dall’abate di S. Antimo, e che il P. Burlamacchi a ragione congetturò fosse l’abate Giovanni di Gano da Orvieto, discepolo di S. Caterina. Dalla quale santa egli veniva confortato a sostenere per l’amor
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    di Dio i travagli e le persecuzioni degli uomini. Ma più che altro reca lume una terza lettera della Santa (la 201) scritta nell’ottobre 1379 dal monastero di S. Antimo ai Signori Difensori e Capitano del Popolo di Siena, colla quale S. Caterina pregava quei magistrati a non fidarsi degli uomini iniqui che volevano pregiudicare e mettere in sospetto l’abate di S. Antimo, siccome faceva l’arciprete di Montalcino. “Egli fa ciò (diceva la Santa) per ricuoprire le sue iniquità; pregovi dunque che vi piaccia di non impacciar l’abate di S. Antimo, ma sovvenirlo, e ajutarlo in quello che gli abbisogna…..Tutto dì (scriveva la Santa) vi lagnate che i preti e gli altri chierici non sono corretti, ed ora trovando, coloro che gli vogliono correggere, gl’impedite e vi lagnate.”
    Nel secondo documento, dato in Montalcino li 19 dicembre 1393, trattasi della concessione, previa domanda, fatta a favore di Fratello Angelo di Domenico da Montalcino dell’ordine di Sant’Agostino da don Ercolano da Perugia abate di S. Antimo conte e consigliere del Santo palazzo, collettore delle Decime della Camera apostolica, e Ordinario di Montalcino . Domandava egli di poter essere esentato dalla soggezione dovuta al priore e ai frati Agostiniani di detta terra; la qual grazia nel suddetto giorno fu a Frate Angelo accordata dall’abate di S. Antimo contemporaneamente al possesso di alcuni beni che al detto religioso appartenevano, situati nel medesimo distretto di Montalcino.
    Il terzo documento del 18 ottobre 1383 indica per arciprete della pieve di S. Salvatore di Montalcino un Battista, che si dichiara vicario dell’abate di S. Antimo.
    Il quarto documento del 18 aprile 1410 è una lettera circolare di Frate Angelo dell’Ordine di S. Francesco di Siena, che ivi si qualifica deputato dalla Sede Apostolica alla custodia della chiesa e monastero di S. Antimo diocesi di Chiusi. Nella qual lettera diretta ai rettori e parrochi delle chiese sottoposte al monastero predetto, compresavi la pieve di Montalcino, trovasi specificata la somma che i
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    rettori e parrochi delle chiese sottoposte al monastero predetto, compresavi la pieve di Montalcino, trovasi specificata la somma che i rettori delle chiese medesime dovevano percipere di diritti di stola all’occasione di morti e di funerali. – (ARCH. DIPL. FIOR . Carte del Convento degli Agostiniani a M. Alcino ).
    Cotesti frati Agostiniani all’occasione della restaurazione, o ingrandimento della loro chiesa, ottennero un breve dato in Montalcino li 2 dicembre 1456 da Filippo Calandrini di Sarzana prete Cardinale del titolo di S. Lorenzo in Lucina, col quale si concedeva l’indulgenza di cento giorni a tutti coloro, che in diverse festività dell’anno visiterebbero la cappella di S. Agostino di Montalcino, e che porgerebbero qualche ajuto per la conservazione della fabbrica e ornamento di detta chiesa. Consimili indulgenze furono posteriormente accordate eziandio per l’altare della Beata Vergine posto nella stessa chiesa di S. Agostino a Montalcino, mediante bolla del 18 maggio 1466 firmata da quattro cardinali.
    Con altro breve del 27 maggio 1473 il vescovo di Montalcino per commissione del Cardinale Filippo Calandrini Vescovo Portuense deputato dal Pontefice Sisto IV assolvè dalla scomunica, nella quale erano incorsi, sette ufiziali della Comunità di Montalcino per avere accoradato agli Ebrei di poter dare ad usura in detta città e nel suo distretto. – (ARCH. DIPL. FIOR . Carte degli Agostiniani di Montalcino ).
    I religiosi Agostiniani furono soppressi nel 1782, nella quale circostanza il Granduca Leopoldo I donò la loro chiesa e il claustro al vescovo di Montalcino per convertirlo ad uso di seminario.
    Fra i quadri di merito che ivi si conservano citerò quello degl’Innocenti colorito da Francesco Nasini di Siena, e la Beata Vergine della Cintola dipinta da Pietro Sorri.
    La vasta chiesa di S. Francesco, già de’Minori Conventuali, con l’annesso convento attualmente abitato dagli Agostiniani, conta la sua origine dal sec.XIII; avvegnachè la medesima con la canonica, cimitero e orto annesso fu fabbricata nel luogo dove stette la chiesa di S. Angelo detta di
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    Castel Vecchio , la quale nel 1285 fu donata dall’abate e monaci di S. Antimo ai frati Minori di S. Franceso con l’annuenza del Pontefice Onorio IV.
    Questo tempio, stato posteriormente ampliato col disegno del vecchio Paccagnini, ha sopra la porta interna una statua di S. Sebastiano di terra verniciata ed una Madonna sedente col Bambino e due Santi ai lati scultura d’alto rilievo, opere entrambe fatte dal Sansovino nel 1507. – Il quadro di S. Maria della Neve è stato colorito dal senese Salimbeni.
    Di due tavole, dipinte negli anni 1382 e 1388 da Bortolo di maestro Fredi da Siena, fu data la descrizione dal Padre Guglielmo della Valle nelle sue Lettere sanesi. ( T.II.Lett.XV. )
    Non meno ricca di quadri, spettanti alla scuola senese, è la chiesa parrocchiale di S. Lorenzo in S. Pietro, dove si trovano tele di Ventura Salimbeni eseguite fra il 1598 e il 1604. Havvi una Sacra Famiglia che accenna la maniera del Beccafumi.
    La devota chiesa di S. Maria del Soccorso ha la facciata riedificata sul disegno di Francesco Paccagnini. Vi sono eccellenti quadri da osservare; quello della Beata Vergine è opera antichissima, dipintura in tavola del secolo XII. A cornu evangeli dell’altar maggiore vi è un Calvario lavoro robusto del Cavalier Vanni; e nell’opposto lato una tavola di Vincenzino da San Gimignano scolaro di Raffaello d’Urbino, di cui può leggersi una bella descrizione dell’Antologia dell’aprile 1831 fatta dal dottor Clemente Santi di Montalcino.
    Quantunque Santa Caterina nella lettera 56 facesse menzione di alcune fanciulle da riunirsi in famiglia in un monastero a Montalcino, pure il conservatorio, già monastero di S. Caterina da Siena, non fu eretto prima del 1542 da suor Camilla Lucchese.
    Nella chiesa e convento della Natività di Maria all’Osservanza fuori di Montalcino, ora parrocchiale, subentrarono ai Francescani della Riforma i Zoccolanti; ed è costà dove si ammira un Gesù morto creduto dal Razzi, ossia del Sodoma, sebbene si direbbe piuttosto del
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    Bigio. Nel distretto della predetta parrocchia si conta fra i pubblici oratori quello del Colle, sostituito all’antichissima chiesa plebana di S. Mater Ecclesia , detta volgarmente di Matrichese , e l’altro oratorio di S. Pietro d’Asso rammentato sino al 715 nelle controversie tra i vescovi sanesi ed aretini. – Della chiesa di S. Croce, già parrocchiale e spedaletto, ora succursale, si hanno memorie fino dal principio del secolo XIV, giacché una pergamena del 29 gennajo 1326, appartenuta al convento degli Agostiniani di Montalcino, ha conservato il nome di uno dei suoi primi spedalinghi, che appellavasi Neri del fu Bindo , probabilmente l’autore della nobile famiglia sanese Bindi-Sergardi , la quale è oriunda di Montalcino.
    Nell’oratorio dello spedale di Montalcino esiste un quadro rappresentante la Beata Vergine dipinto dal Rusticone, e una Pietà opera del Cavaliere Francesco Vanni, la quale però ha molto sofferto.
    È unito a questo spedale un orfanotrofio di povere fanciulle cittadine sotto il titolo della Carità, le quali si prestano coi loro lavori a sollievo del contiguo spedale.
    Della pia casa della Misericordia, che ha dato il nome a una strada di Montalcino, si trovano notizie fino allo spirare del secolo XIV.
    Montalcino conta pure un piccolo teatro, e una delle solite accademie poetico-letterarie.
    Questa città ha fornito alle lettere e alle scienze uomini distinti. Tali furono un Francesco da Montalcino, lettore allo studio di Siena nel diritto civile e profondo canonista. La pietà della di lui moglie, donna Moranda da Montalcino, viene lodata al pari di quella di messere Francesco suo marito in due lettere da S. Caterina da Siena (Lett.126 e 225).
    Si distinsero fra i poeti Pietro e Bernardo Lapini padre e figlio; l’ultimo di essi fu anche deputato alla riforma dello statuto di Montalcino, ed entrambi commentatori del Petrarca. – Di un Guido di Fredo da Montalcino giureconsulto fu fatta onorata menzione dallo storico Ammirato all’anno 1343.
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    – Pietro Menchini fu lettore allo studio di Padova, il Padre Antonio Posi figurò al Concilio di Trento; Giulio Mancini fu archiatro del Pontefice Urbano VIII; i due Donnoli, Gasparre ed Alfonso, lettori nell’università di Padova; Flaminio Pinelli Professore d’anatomia nell’università di Siena; Lorenzo Brunacci lettore di sacri canoni in Pisa, monsignor Cervioni teologo e poeta, i due Berti scultori, per tralasciare di annoverare molti altri di minor fama.

    MOVIMENTO della popolazione della città di MONTALCINO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1640: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 478; totale della popolazione 3566.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 450; femmine 419; adulti maschi 511, femmine 539; coniugati dei due sessi 806; ecclesiastici dei due sessi 109; numero delle famiglie 585; totale della popolazione 2834.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 633; femmine 530; adulti maschi 477, femmine 600; coniugati dei due sessi 1346; ecclesiastici dei due sessi 191; numero delle famiglie 721; totale della popolazione 3681.
    ANNO 1839: Impuberi maschi 665; femmine 546; adulti maschi 511, femmine 630; coniugati dei due sessi 1370; ecclesiastici dei due sessi 138; numero delle famiglie 757; totale della popolazione 3819.

    DIOCESI DI MONTALCINO. – La terra, ora città di Montalcino con quasi tutti i popoli della sua comunità, dall’epoca longobarda fino al 1462 fu compresa nella diocesi ecclesiastica di Arezzo, comecchè agli abati di S. Antimo sino dal secolo XI i Pontefici avessero concesso una quasi giurisdizione vescovile sopra le chiese di Montalcino. Infatti la sua pieve di S. Salvatore venne qualificata dal Pontefice Pio II fra quelle di Niuna Diocesi , quando con breve del 13 agosto 1462 innalzò la medesima insieme a quella di Corsignano, ossia di Pienza, all’onore di cattedrale, e che destinò un solo vescovo a presedere alle due chiese, dichiarandolo, non suffraganeo di alcun arcivescovo, ma immediatamente dipendente dalla
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    Santa Sede.
    Tutti i documenti trovansi fra loro concordi fino all’epoca predetta nel qualificare la chiesa ed i popoli di Montalcino della Diocesi di Arezzo, e non mai di quella di Chiusi, siccome per equivoco fu stampato nel Diario Senese che va sotto nome di Girolamo Gigli ( Parte II pag.696). Se non che farebbe eccezione a questo vero una bolla di Clemente III diretta li 20 aprile del 1189 a Bono Vescovo di Siena, e pubblicata nello stesso Diario dal padre Burlamacchi, poi ristampata da Giovanni Antonio Pecci nella sua Serie dei Vescovi ed Arcivescovi di Siena .
    La provenienza però di quel privilegio, il cui autografo invece di trovarsi fra le bolle del Vaticano, o nell’archivio arcivescovile di Siena, spettava allo scrigno di un avvocato; il leggervi la conferma al Vescovo di Siena di pievi che non appartennero mai alla sua diocesi; l’intendere da quella bolla, che ciò si faceva ad imitazione de’pontefici Celestino, Eugenio, Anastasio, Adriano, e Alessandro, antecessori immediati di Clemente III, senza trovarne conferma nei bollarj romani, né in alcun altra raccolta; il trovare altronde nelle bolle dei pontefici successori di Clemente III rammentato il piviere di Montalcino costantemente nella diocesi di Arezzo sino al pontificato di Pio II; questa ed altre avvertenze, che qui si tralasciano, mi fanno inclinare a dubitare sull’autenticità di quella bolla concistoriale. – Dissi poco sopra la pieve di Montalcino della Diocesi di Arezzo fino al 1462, per quanto nella bolla del 13 agosto di quell’anno relativa all’erezione in cattedrali delle chiese plebane di S. Salvatore in Montalcino e dell’altra di S. Giovanni a Corsignano, la prima di esse da molti secoli innanzi fu dai pontefici concessa e confermata agli abati di S. Antimo, in guisa che questi esercitavano sopra quel popolo un dominio tale da doverla contare fra le pievi immediatamente soggette alla Sede Apostolica.
    Dal 1462 al 1528 un solo vescovo presedè a tutte due le diocesi e chiese cattedrali;
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    sino a che nel 1528 il vescovo Girolamo II di casa Piccolomini ottenne dal Pontefice Clemente VII la separazione temporaria dell’una dall’altra cattedra. Nella qual occasione lo stesso Papa investì il vescovo di Montalcino con il titolo di abate de’beni superstiti della badia di S. Antimo insieme con le ville state della giurisdizione di quegli abati.
    Un altro Pontefice poi, Clemente VIII, mosso dalle preci del popolo di Montalcino, con breve de’23 maggio 1594 confermò a questa diocesi le parrocchie assegnate da Pio II; e nel 1600 separò affatto le due cattedre, per conferire questa di Montalcino al Vescovo Cammillo Borghesi nobile sanese. Alla stessa diocesi furono allora assegnate, o confermate, le seguenti 22 parrocchie, staccate nel 1462 da tre antiche diocesi limitrofe, cioè:

    5 Dalla Diocesi di Grosseto
    Le Parrocchie:
    di Camigliano
    di Porrona, e Castiglioncello Bandini
    di Cinigiano
    di Argiano
    di Poggio alle Mura

    6 Dalla Diocesi di Chiusi
    Le Parrocchie:
    di S. Angelo in Colle
    de’SS. Niccolò e Lucia a Castel del Piano
    di Castelnuovo dell’Abate
    di Seggiano
    di Ripa

    11 Dalla Diocesi di Arezzo
    Le Parrocchie:
    di S. Salvatore in Montalcino
    di S. Egidio in Montalcino
    di S. Lorenzo in Montalcino
    di S. Croce a Matrichese
    di Torrenieri
    di Villa a Tolli
    di S. Restituta
    di S. Barnaba di Collodi
    di S. Giacomo di Grassina
    di S. Lucia di Montalcino
    di S. Margherita di Montalcino

    N. B. Le ultime quattro parrocchie furono soppresse nell’anno 1786 , ed eretta in parrocchia la chiesa di S. Maria all’Osservanza.
    In seguito il Pontefice Clemente XIV con bolla del 15 giugno 1772 assegnò alla diocesi di M. Alcino altre 14 parrocchie.


    6 Dalla Diocesi di Chiusi
    Le Parrocchie:
    di S.
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    Niccolò d’Arcidosso
    di S. Leonardo d’Arcidosso
    di S. Andrea presso Arcidosso
    di Monte Laterone
    di Monticello
    di S. Leonardo di Castel del Piano

    8 Dalla Diocesi di Pienza
    Le Parrocchie
    de’SS. Quirico e Giulitta a San Quirico
    di S. Maria a San Quirico
    di Rocca d’Orcia
    di Castiglion d’Orcia
    di Vignone
    di Campiglia d’Orcia
    del Vivo
    di Monte Giovi

    Finalmente nel 1789, con breve di pio VI del dì 5 luglio, fu staccata dalla diocesi di Pienza e data a questa di Montalcino la Pieve a Salti .
    Nello stato attuale la diocesi medesima conta ventotto chiese battesimali, e sei cure succursali residenziali.
    Ha due collegiate, cioè, la cattedrale e la chiesa plebana della terra di San Quirico.
    Il capitolo della chiesa maggiore è composto di quattro dignità, l’arcidiacono, l’arciprete, il preposto e il primicerio con altri 9 canonici, 4 onorarj, e due cappellani.
    Oltre i due conventi di religiosi in Montalcino, se ne contano due altri di frati Cappuccini dentro il circondario della diocesi, uno dei quali trovasi fuori della terra di San Quirico, l’altro fra Castel del Piano e Arcidosso. – È abitato da donne il conservatorio di S. Caterina, già di religiose dell’ordine di S. Domenico. D’un altro monastero di monache esistito in Montalcino sotto il titolo di S. Simone, soppresso nel sec.XV, ha riscontrato documenti nell’archivio della stessa città, l’erudito mio amico Luigi Santi.
    Molto irregolari sono i confini territoriali di questa diocesi; avvegnachè dal lato di scirocco essi arrivano fino al torrente Formone e ai Bagni di S. Filippo, dove si toccano con quelli della diocesi di Chiusi. Di costà salendo pel Zoccolino sino alla sommità del Mont’Amiata le due diocesi s’innoltrano per quella criniera verso il Poggio Pinzi , dove sottentra l’altra Città della Pieve, (già di Chiusi) con la quale questa nostra percorre la
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    pendice meridionale del monte fra S. Fiora e Arcidosso; indi progredendo nella stessa direzione risalgono entrambe di conserva sul Monte Labro, che è il punto più lontano, quasi 20 miglia toscane a ostro di Montalcino.
    Dalla parte opposta questa diocesi non arriva ad abbracciare il territorio comunitativo della stessa città; essendo che le parrocchie di Castiglion del Bosco, e della Badia Ardenga, per quanto situate alla sinistra del fiume Ombrone, e appena 5 in 6 miglia toscane a maestrale di Montalcino, spettano alla diocesi di Siena; mentre dalla parte di ostro il fiume Orcia separa questa dalla diocesi di Grosseto.
    Fra i ventitrè vescovi che hanno seduto nella cattedra di Montalcino meritano di essere rammentati Monsignor Agostino Patrizi; il Papa Pio III, tre Piccolomini, Antonio Bichi poi Cardinale, un Mario Coscia, o Cosci, un Alessandro Sergardi, e un Fabio Vecchi, al quale si deve l’ingrandimento dell’episcopio, e il palazzo campestre di Castelnuovo dell’Abate, destinato ai vescovi in tempo di villeggiatura. Inoltre Monsignor Giuseppe Maria Borgognini e Monsignor Ciani furono dotti canonisti; ma Giuseppe Pecci nobile sanese, morto al principio di questo secolo, ha lasciato tale memoria di sé, che è tuttora in benedizione presso i Montalcinesi.
    COMUNITA’DI MONTALCINO. – Il territorio comunitativo di Montalcino è di figura talmente regolare che si accosta alla quadrata; e poche altre comunità in Toscana hanno limiti più naturali e meglio determinati di questa. – La sua superficie abbraccia 67089 quadrati agrarii, dei quali 2685 nell’anno 1833 erano occupati da corsi d’acqua e da strade. In quell’anno vi si trovavano 6548 abitanti a ragione di circa 84 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Confina con sette Comunità. Dal lato di settentrione rasenta il territorio di quelle di Buonconvento e di S. Giovanni d’Asso, a partire verso maestro dalla confluenza del torrente Crevoli nel fiume Ombrone, e di là andando contr’acqua lungo questo fiume da ponente a levante fino a che entra in un confluente
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    sinistro, il torrente Serlate ; mercé del quale, oltrepassata la strada Regia romana, trova la comunità di S. Giovanni d’Asso. Con questa la nostra di Montalcino fronteggia, da primo mediante il borro di Laugnano , quindi lungo il Serlate , onde incamminarsi incontro alla strada traversa che da Montalcino passa per Torrenieri e di là a S. Giovanni d’Asso. Presso a questa vi entra nella fiumana dell’Asso che per corto cammino rimonta, ma poi lascia a sinistra per dirigersi verso levante nel borro Lima , percorrendolo fino al fosso Borgasso . – Costà sottentra a confine la Comunità di San Quirico, con la quale l’altra di Montalcino fronteggia dal lato di settentrione mediante il fosso prenominato, e poi per quelli de’ Scannelli e di Capidoglia . Quivi voltando fronte a levante passa davanti alla villa di Celamonti , e attraversata la strada Regia romana entra nel borro detto del Confine , col quale ritorna nella fiumana dell’ Asso, nella quale percorre per il tragitto di circa un miglio fino a che trova un suo influente sinistro, il torrente Ommiaja .
    A questo sbocco cessa la Comunità di San Quirico e viene di fronte a levante quella di Castiglion d’Orcia, con la quale l’altra confina lungo l’ Asso fino allo sbocco in esso dell’ Ente . Là voltando faccia da levante a ostro sottentra da questo lato la Comunità di Cinigiano, con la quale il territorio di Montalcino fronteggia, da primo mediante l’ Asso per breve cammino, quindi per mezzo del fiume Orcia in cui l’ Asso influisce, correndo fino dove l’Orcia si perde nell’Ombrone che viene dalla parte di ponente. Da quest’ultimo lato la Comunità di Montalcino ha di fronte la Comunità di Campagnatico mediante il corso dell’Ombrone medesimo che rimontano fino alla confluenza del fiume Merse, al quale
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    punto sottentra a confine la Comunità di Murlo. Con questa il territorio comunitativo di Montalcino cammina di conserva dirimpetto a ponente maestro mediante il corso retrogrado dell’Ombrone fino allo sbocco in esso del torrente Crevoli , dove ritrova la comunità di Buonconvento.
    Fra i luoghi interni, che costituiscono le varie sezioni del territorio, meritano di essere rammentati i seguenti. Dal lato di maestrale e settentrione di Montalcino, le ville dell’ Abbadia Ardenga , di Castel Giocondo , di Castiglion del Bosco , di Casale , del Romitorio di Montosoli , e di Collodi ; a grecale di Montalcino, la villa di Altesi, il borgo di Torrenieri , e i cosiddetti Giardini ; fra levante e scirocco, il Colle di Matrichese, il Greppo, la Croce , e l’Abbadia di S. Antimo con il superiore Castel nuovo dell ’Abate ; a ostro la villa Tolli , e quella di S. Restituta , il Castello di S. Angelo in Colle , le ville di Sesto , e di Argiano ; e a libeccio della città, il Poggio alle Mura , Camilliano, Quercecchio , e Tavernelle .
    Fra le strade rotabili che attraversano questo territorio si contano la Regia postale romana, la quale per il tragitto di circa 3 miglia rasenta il confine settentrionale della comunità; la strada regia provinciale, detta la Traversa della Val di Chiana, la quale staccasi dalla Regia grossetana ai Cannicci, passa per Montalcino, Torrenieri e S. Giovanni d’Asso, e di là sale i poggi per varcare la Val di Chiana. – Spettava alla classe delle provinciali, sebbene non rotabile, la via che da Montalcino passa il poggio di Castel nuovo dell’Abate, guadando l’Orcia si unisce alla provinciale del Monte Amiata. – Fra le comunitative rotabili si conta quella che guida
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    da Monticello sulla Regia Romana presso Buonconvento e l’altra che va a S. Angelo in Colle circa 6 miglia a ostro del capoluogo, oltre qualche altro tronco di via di minore tragitto.
    Nessuna montuosità del territorio di Montalcino è più elevata di quella, sulla sinuosa cima della quale siede la città, e la cui elevazione fu determinata dall’astronomo P. Inghirami, presa dalla sommità del campanile della nuova cattedrale, che trovò 1014 braccia fiorentine sopra il livello del mare Mediterraneo.
    Pochi fossi, o rivi scendono in varia direzione dal poggio di Montalcino e dai suoi contrafforti; tali sono dal lato di maestro il torrente Suga ; dalla parte di scirocco i fossi Rigo , e Ributoli , e dal lato di ostro e di libeccio i borri de ’Molini, Spagnola, Camilliano e Bagnolo . – Non per questo è da dire che il territorio di Montalcino scarseggi d’acque, tostochè esso trovasi contornato da due fiumi, l’Ombrone e l’Orcia, e dalla fiumana dell’Asso, in guisa che la Comunità di Montalcino, quasi direi, trovasi a guisa d’isola in mezzo al continente della Toscana meridionale.
    Più difficile mi riescirà di esprimere in poche parole la singolare struttura fisica di questo territorio per il passaggio e varietà delle rocce che rivestono la parte visibile del di lei suolo.
    Imperocché dal lato che guarda settentrione, fra l’Ombrone e l’Asso, la maggior parte del terreno che ricuopre quelle pendici consiste in un tufo brecciato e in una marna argillosa ( mattajone ) nota costà col nome di Creta . Se poi si guarda la struttura superiore e centrale del poggio di Montalcino, e delle sue diramazioni fra ponente e maestrale, ivi comparisce a nudo la roccia calcarea compatta stratiforme, attraversata in varia direzione da larghe vene, o filoni di spato calcare cristallino candidissimo, mentre la base dei poggi medesimi è ricoperta dal tufo e dalla creta senese , non
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    che da minute brecciuole conchigliari. All’incontro nei poggi che diramansi verso la faccia orientale e meridionale di Montalcino, e specialmente da quelli che piegano da levante a ponente, la loro ossatura apparente cambia affatto dalla testé accennata, poiché costà sparisce la calcarea compatta, e solo si affaccia l’arenaria micacea ( macigno ) in grandi strati coperti da ciottoli della stessa specie, sparsi e confusi con altri di una roccia composta di piccoli ciottoli di vario colore e suscettibile di prendere pulimento in guisa da figurare una specie di granitello, comecchè vi si trovi internamente qualche piccola cavernosità.
    Cotesta pietra, che Giorgio Santi nei suoi Viaggi chiamò Cicerchina , fu qualificata da esso lui per una breccia composta di minuti cogoletti or di quarzo, or di calcedonio per lo più di diaspro, e di rari calcarj riuniti da cemento comunemente siliceo, talvolta calcareo, con tracce copiose di ferro idrato e ossidato in rosso.
    Questa sorta speciale di pudinga viene frequentemente impiegata in Montalcino per selciato delle strade della città, e per materiale delle fabbriche in concorrenza con la calcarea silicea compatta. Della quale ultima pietra nell’estate del 1830 trovammo aperta una grandiosa cava presso i fondamenti della nuova cattedrale, vale a dire nella parte più elevata del poggio di Montalcino.
    L’esercizio dell’arte agraria nel montuoso e sassoso territorio di questa comunità è laborioso pel villico, dispendioso pel possidente, ma l’uno e l’altro restano in qualche modo ricompensati dalla salubrità dell’aria che costà in estate si respira in mezzo a una valle non da per tutto egualmente salubre. Le laboriose fatiche del villico, e le spese dal proprietario fatte sul pietroso terreno di Montalcino sogliono essere retribuite, quando le stagioni non lo impediscono, dall’abbondanza e squisitezza dei frutti che cotesto suolo produce, dalla quantità dell’olio, dal numero crescente dei gelsi, e soprattutto da quel graziosetto , quel sì divino Moscadelletto di Montalcino , che il Redi destinò alla delizia delle dame.
    La parte
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    superiore del monte, i suoi fianchi e piagge che scendono verso maestro e grecale per le vie dirette a Torrenieri e a Buonconvento, fra i massi della roccia calcareo silicea sorgono grandiosi ulivi, interrotti da filari di viti e da piante di meli, peri, susini, ciliegi, e altri frutti sino a piè del monte, dove sottentra un bel bosco formato da grosse piante di quercie. La qual foresta, che continua un miglio e mezzo di cammino, vi accompagna presso allo sbocco della strada provinciale nella Regia romana. Lungo quest’ultima presentasi una coltura più regolare, consistente in seminagioni diverse, per lo più di cereali e di leguminacee, disposte in campi coronati da una simmetrica piantagione di pioppi maritati a viti, o da estesi filari di gelsi e di altri alberi da frutto.
    Se poi si discende dal Montalcino nella direzione di ostro-scirocco, i poggi che fiancheggiano da quel lato il vallone percorso dal torrente Ribusoli sono coperti da una estesa foresta di lecci, da quella pianta cioè che diede il nome alla porzione più elevata di questa comunità.
    Più silvestre di tutti, e più spogliata di piante domestiche si mostra la porzione dei colli che stendonsi verso la confluenza dell’Orcia nell’Ombrone, se pure non si vogliano eccettuare i contorni di S. Angelo in Colle resi fruttiferi per la nuova cultura in quella parte del territorio introdotta dal maggior possidente di detta parrocchia. – Vedere ANGELO (S.) IN COLLE.
    Poche industrie manifatturiere, oltre quelle necessarie agli usi giornalieri della vita, si praticano in Montalcino, dove peraltro si contano molte tessitrici di panno canapino, due piccole fabbriche di conce di pelli, arte che nei tempi andati prosperava. Vi sono 5 in 6 fabbriche di cappelli di feltro, tre fornaci di terraglie, tre tratture di seta, una cereria e una tintoria.
    Vi si tiene nel primo giorno del mese un languido mercato di vettovaglie, che nell’inverno è settimanale, nel mercoledì, per
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    la concorrenza del bestiame porcino.
    Le fiere annuali sono tre; la prima nel 10 di giugno, ed è la maggiore per il concorso del bestiame vaccino, e del cavallino reduce dalle Maremma; la seconda cade nel 26 luglio, e la terza nel 18 settembre.
    La Comunità mantiene un medico e due chirurgi con l’obbligo di prestar servizio all’ospedale. – In S. Angelo in Colle il medico chirurgo è mantenuto dal nobile di Chiaja possidente maggiore e benemerito di quella contrada.
    In quanto alla istruzione letteraria, per le scuole inferiori vi sono i maestri della Comunità, e per le classi superiori senza aggravio suppliscono i professori del seminario, dove hanno accesso chierici e secolari. – Le fanciulle ricevono un istruzione nel conservatorio di S. Caterina.
    Risiede in Montalcino un vicario Regio di 3.a classe, alla cui giurisdizione dalla legge del 2 agosto 1838 fu aggregato il circondario della soppressa potesteria di Murlo, sottoposto però nelle materie di polizia al governatore di Siena. – Trovasi in Montalcino un ingegnere di Circondario e un esattore del Registro. – la conservazione dell’Ipoteche ed il Tribunale di prima istanza sono in Siena.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTALCINO a quattro epoche diverse.

    - nome del luogo: Abbadia Ardenga, titolo della chiesa: S. Andrea (Rettoria), diocesi cui appartiene: Siena, popolazione anno 1640 n° -, popolazione anno 1745 n° 76, popolazione anno 1833 n° 106, popolazione anno 1839 n° 128
    - nome del luogo: Argiano, titolo della chiesa: S. Pancrazio (Pieve), diocesi cui appartiene: Mont’Alcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 140, popolazione anno 1745 n° 82, popolazione anno 1833 n° 140, popolazione anno 1839 n° 190
    - nome del luogo: Camilliano, titolo della chiesa: SS. Biagio e Donato (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno
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    1640 n° 469, popolazione anno 1745 n° 238, popolazione anno 1833 n° 297, popolazione anno 1839 n° 281
    - nome del luogo: Castelnuovo dell’Abate, titolo della chiesa: SS. Jacopo e Filippo (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Chiusi), popolazione anno 1640 n° 429, popolazione anno 1745 n° 285, popolazione anno 1833 n° 531, popolazione anno 1839 n° 522
    - nome del luogo: Castiglion del Bosco, titolo della chiesa: S. Michele (Pieve), diocesi cui appartiene: Siena, popolazione anno 1640 n° -, popolazione anno 1745 n° 124, popolazione anno 1833 n° 179, popolazione anno 1839 n° 175
    - nome del luogo: S. Angelo in Colle, titolo della chiesa: S. Michele (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Chiusi), popolazione anno 1640 n° -, popolazione anno 1745 n° 316, popolazione anno 1833 n° 576, popolazione anno 1839 n° 627
    - nome del luogo: MONTALCINO città e sue pendici, titolo della chiesa: S. Salvatore (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 3566 (con S. Egidio, S. Lorenzo, S. Margherita e S. Maria dell’Osservanza), popolazione anno 1745 n° 490, popolazione anno 1833 n° 756, popolazione anno 1839 n° 837
    - nome del luogo: MONTALCINO città e sue pendici, titolo della chiesa: S. Egidio (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 3566 (con S. Salvatore, S. Lorenzo, S. Margherita e S. Maria dell’Osservanza), popolazione anno 1745 n° 798, popolazione anno 1833 n° 966, popolazione anno 1839 n° 1005
    - nome del luogo: MONTALCINO città e sue pendici, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Cura), diocesi cui appartiene: Montalcino
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    (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 3566 (con S. Egidio, S. Salvatore, S. Margherita e S. Maria dell’Osservanza), popolazione anno 1745 n° 958, popolazione anno 1833 n° 1349, popolazione anno 1839 n° 1335
    - nome del luogo: MONTALCINO città e sue pendici, titolo della chiesa: S. Margherita (Cura), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 3566 (con S. Egidio, S. Salvatore, S. Lorenzo e S. Maria dell’Osservanza), popolazione anno 1745 n° 256, popolazione anno 1833 n°-, popolazione anno 1839 n° -
    - nome del luogo: MONTALCINO città e sue pendici, titolo della chiesa: S. Maria dell’Osservanza (Cura), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 3566 (con S. Egidio, S. Salvatore, S. Lorenzo e S. Margherita), popolazione anno 1745 n° -, popolazione anno 1833 n° 610, popolazione anno 1839 n° 642
    - nome del luogo: Poggio alle Mura, titolo della chiesa: S. Sigismondo (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 175, popolazione anno 1745 n° 111, popolazione anno 1833 n° 143, popolazione anno 1839 n° 131
    - nome del luogo: S. Restituta, titolo della chiesa: S. Restituta (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° -, popolazione anno 1745 n° 141, popolazione anno 1833 n° 280, popolazione anno 1839 n° 275
    - nome del luogo: Torrenieri, titolo della chiesa: S. Maria Maddalena (Pieve), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° 281, popolazione anno 1745 n° 322, popolazione anno 1833 n° 393, popolazione anno 1839 n° 455
    - nome del
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    luogo: Villa a Tolli, titolo della chiesa: S. Lucia (Cura), diocesi cui appartiene: Montalcino (già di Arezzo), popolazione anno 1640 n° -, popolazione anno 1745 n° 232, popolazione anno 1833 n° 123, popolazione anno 1839 n° 110

    - Totale abitanti anno 1640 n° 5060
    - Totale abitanti anno 1745 n° 4529

    Frazioni di popolazioni provenienti da parrocchie situate nelle Comunità limitrofe

    - nome del luogo: Pari, Comunità donde deriva: Campagnatico, abitanti anno 1833 n° 36, abitanti anno 1839 n° 30
    - nome del luogo: Pieve a Salti, Comunità donde deriva: San Giovanni d’Asso, abitanti anno 1833 n° 8, abitanti anno 1839 n° 9
    - nome del luogo: San Giusto, Comunità donde deriva: Murlo, abitanti anno 1833 n° 17, abitanti anno 1839 n° 18
    - nome del luogo: San Quirico, Comunità donde deriva: San Quirico, abitanti anno 1833 n° 38, abitanti anno 1839 n° 30

    - Totale abitanti anno 1833 n° 6548
    - Totale abitanti anno 1839 n° 6803

    MONTALCINO. – All'Articolo dove si rammentano gli uomini distinti nativi di Montalcino si potrebbe anco aggiungere un Francesco di Bartolommeo Alfei pittore del secolo XV, di cui si ha qualche notizia da una sua lettera scritta da Asciano lì 24 ottobre 1482 alla Signoria di Siena, quando il pittore Alfei avvisava i Signori Nove: che non avendo egli fornito il lavoro commessogli a Sciano, e recandosi di là a Rapolano per eseguire quanto la Signoria aveva ordinato, conferendo con quel vicario (potestà) della Repubblica sopra le cose che abbisognavano in quel lavoro, relativamente al dipingere le Armi del Comune di Siena, aggiungeva egli, che il detto vicario
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    ricusò di ubbidire a quanto conteneva la lettera de' Signori Nove presentatagli, massimamente rispetto al dovere i priori della Comunità di Rapolano dare all’ Alfei pittore una certa mercede per i lavori da farsi, siccome egli diceva di averla ricevuta dalle altre Terre dove aveva fatto consimili armi della Repubblica, meno che a Lucignano di Val di Chiana, nella qual Terra l’ Alfei ebbe a perdere tempo e colori, ecc.
    A schiarimento di cotesta lettera il Gaye nel suo Carteggio inedito di artisti aggiunge, qualmente la Signoria di Siena aveva fatto patente al suddetto artista in data del 15 settembre 1482 del tenore seguente. «Avendo deliberato che per le Terre della nostra giurisdizione si faccino alcune insegne della nostra Comunità cioè, in quei luoghi dove non fossero, consistenti in un Leon Bianco in Campo rosso , e nella Balzana , abbiamo deputato Francesco di Bartolommeo Alfei, dipintore e dilecto nostro cittadino a fare insegne onorate belle e perpetue. E perciò comandiamo ecc. »
    Arroge a ciò la notizia di una provvisione della Signoria di Firenze del 30 aprile 1390 estratta dagli spogli di Carlo Strozzi nella Magliabechiana quando furono accordati 17 fiorini di oro ed Ambrosio Benincasa pittore che disegnò in una mappa tutti i castelli del contado senese posti a confine con quelli del territorio fiorentino.
    Dove si parla della Repubblica sanese raccoltasi in Montalcino, può dare qualche schiarimento un MS. trovato dall' ex bibliotecario palatino Giuseppe Molini nella biblioteca reale di Parigi, e da esso copiato sull'autografo e consegnato in Firenze nella biblioteca privata del Marchese Gino Capponi.
    Quel MS. riferisce ad una verificazione delle entrate e uscite dei Comuni che continuavano nella primavera del 1558 a dipendere dalla Repubblica di Montalcino. Da quella descrizione pertanto apparisce che 17 Comunità avevano residenza di potestà, oggidì corrispondenti ai nostri vicarj e 36
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    erano soggette ad un vicario minore, ossia ad un cancelliere civile.
    Erano della prima classe le seguenti: Abbadia S. Salvadore , Arcidosso , Cam pagnatico, S. Casciano de' Bagni, Chiusi, Grosseto, Istia , Magliano , Montalcino , Monte Laterone, Monte pescali , Pian Castagnajo, Pienza, S. Quirico, Radico fani, Saturnia, già città, e Talamone. Spettavano alla seconda classe, ossia alla residenza di un potestà minore, o cancelliere civile le Comunità di S. Angelo in Colle, di Batignano, di Camigliano, di Campiglia’ Orcia, di Cana, di Ca stel del Piano, di Castelnuovo dell'Abate, di Castiglioncello del Trinoro, di Casti glion d’ Orcia, di Civitella, di Pari, di Cinigiano, di Celle, di Contignano, del Cotone, di Fighine, di Monterongrifoli, di Sassofortino, di Mandano, di Monteano, di Montemassj, di Montemerano, di Mon tenero, di Monteorgiali, di Monteorsajo, di Montichiello, di Paganico, di Pari, di Pereta, dì Rocca di Orcia, di Roccastra da, di Rocca Tederighi, delle Rocchette di Fazio, di Samprugnano, del Sasso di Maremma, di Seggiano e di Tatti. In tutti 53 Comuni, i quali levavano annualmente da Grosseto circa 233 moggia di sale, pari a staja 5592 di libbre 46 l'uno, che a circa libbre 8 per ogni individuo, che allora poteva consumare di sale in un anno, sommerebbe tutta la popolazione delle 53 Comunità di quella Repubblica a circa 32154 abitanti o poco più.
    Il totale della popolazione della Comunità di Montalcino nel 1833 fu di 6548 individui; e quella del 1845 contava Abitanti 6573, come appresso:

    Abbadia Ardenga, Abitanti N. ° 108
    Argiano, Abitanti N.° 158
    Carnigliano, Abitanti N.° 300
    Castelnuovo dell'Abbate, Abitanti N.°
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    506
    Castiglion del Bosco, Abitanti N.° 170
    Colle (S. Angelo in), Abitanti N.° 577
    MONTALCINO, Cattedrale, Abitanti N.° 801
    MONTALCINO, S. Egidio, Abitanti N.° 965
    MONTALCINO, S. Lorenzo, Abitanti N.° 1302
    MONTALCINO, Natività di Maria, Abitanti N.°  636
    Poggio alle Mura, Abitanti N.° 144
    S. Restituta, Abitanti N.° 252
    Torrenieri, Abitanti N.° 454
    Villa Tolli, Abitanti N.° 110

    Annessi


    S. Giusto; dalla Comunità di Murlo , Abitanti N.° 14
    Pari; dalla Comunità di Campagnatico, Abitanti N.° 29
    Pieve a Salti; dalla Comunità di S. Giovanni d'Asso , Abitanti N.° 8
    S. Quirico; dalla Comunità di San Qui rico , Abitanti N.° 39
    Totale Abitanti N.° 6573


    VESCOVATI DELLA TOSCANA. – Nella Toscana cisappennina della presente Opera contansi attualmente 22 Vescovati e quattro Arcivescovati; dieci dei quali Vescovati esistevano sino dalla prima età di Giovanni Villani. Tali sono le diocesi di Arezzo, di Chiusi, di Fiesole , di Roselle (Grosseto), di Luni (Sarzana) di Pistoja, di Populonia (Massa Marittima) di Soana, di Volterra e di Brugnato. – Spettano ai 12 Vescovati più moderni quelli di Cortona, di Montepulciano, di Pienza, di Montalcino, di Colle, di Prato, di Sansepolcro, di Sanminiato, di Pescia, di Pontremoli, di Livorno e di Massa Ducale. – Delle 22 diocesi tre sono rette dai vescovi
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    delle diocesi vicine più antiche, come sarebbe il vescovo di Chiusi che regge la chiesa di Pienza; quello di Pistoja che è parimente vescovo di Prato, e l'altro di Luni Sarzana che ora è diocesane di Brugnato.
    Sono suffraganei dell'arcivescovo di Firenze i vescovi di Fiesole, di Pistoja e Prato, di Colle, di Sanminiato e di Sansepolcro. – L’arcivescovo e primate di Pisa è anche metropolitano delle diocesi di Livorno e di Pontremoli. – Sono suffraganei dell' arcivescovo di Siena quelli di Chiusi e Pienza, di Grosseto, di Massa Marittima e di Soana; e di corto fu dato per suffraganeo all' Arcivescovo di Lucca il vescovo di Massa Ducale; mentre quello di Brugnato, innanzi l'unione della sua diocesi all'antica di Luni Sarzana, era suffraganeo dell'arcivescovo di Genova.
    Dipendono immediatamente dalla S. Sede i Vescovi di Arezzo, di Volterra, di Luni Sarzana , di Cortona, di Montalcino, di Montepulciano, e di Pescia. – Vedere l'Articolo ARCIVESCOVATI della Toscana Granducale.
    Entrano poi nella Romagna Granducale quattro diocesi dello Stato Pontificio, cioè, quelle di Bertinoro, ili Faenza, di Forlì e di Sarsina, l’ultima delle quali per l'amministrazione ecclesiastica è stata affidata di corto al vescovo di Bertinoro.
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Localizzazione
ID: 2795
N. scheda: 32210
Volume: 3; 5; 6S
Pagina: 289 - 304; 705; 150 - 151
Riferimenti: 32211, 32212, 32213, 32214
Toponimo IGM: Montalcino
Comune: MONTALCINO
Provincia: SI
Quadrante IGM: 121-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1702599, 4770341
WGS 1984: 11.48879, 43.06029
UTM (32N): 702663, 4770516
Denominazione: Montalcino (S. Salvatore) - Vescovati della Toscana (Montalcino)
Popolo: S. Salvatore a Montalcino
Piviere: S. Salvatore a Montalcino
Comunità: Montalcino
Giurisdizione: Montalcino
Diocesi: (Arezzo) Montalcino
Compartimento: Siena
Stato: Granducato di Toscana
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