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Monte Murlo, Montemurlo

 

(Montemurlo - Castello (a E))

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    MONTE MURLO, o MONTEMURLO nella Valle dell’Ombrone pistojese. Fortilizio attualmente ridotto a un palazzo merlato con pieve contigua (S. Giovan Battista) e con gli avanzi di due porte delle distrutte mura castellane esistenti intorno alla ghirlanda del poggio. Esso è conservato capoluogo di comunità, siccome lo fu di Giurisdizione, ora sotto il Vicario Regio e circa miglia 4 a maestro di Prato, Diocesi di Pistoja, Compartimento di Firenze.
    Consiste Monte Murlo in una vaga collina che si avanza quasi isolata nella pianura occidentale di Prato, fra l’
    Agna e il fosso Bagnolo, ultimo risalto dello sprone meridionale del Monte Giavello. La maggiore altezza presa dal campanile della pieve di Montemurlo trovasi a braccia 328 sopra il livello del mare Mediterraneo fra il grado 28° 42’ 3’ di longitudine e il grado 43° 55’ 8" di latitudine, 6 miglia circa a levante di Pistoja, e 14 a maestro di Firenze.
    Monte Murlo figura sino dal mille nella storia come luogo piuttosto che castello. Infatti per
    luogo è qualificato in due istrumenti, che uno fatto in Prato li 13 dicembre 1019, vertente sulla vendita della metà di una casa posta nel luogo di Monte Murlo per lire 710 di denari pisani; e altro rogato in Pistoja, dell’aprile 1020, apparteneva al capitolo di quella cattedrale – (ARCH. DIPL. FIOR., loc. cit. e Carte degli Olivetani di Pistoja).
    Sarebbe forse inutile fatica per chi volesse oggi indagare se il possesso del poggio di Montemurlo, sul quale posteriormente i conti Guidi innalzarono una forte rocca, fosse pervenuto in questa famiglia dal Conte Teudegrimo, stipite della medesima, sino dal 937, quando quel conte ottenne in benefizio dal re Ugo suo compare il Monastero di
    S. Salvatore in Agna con tutti i beni e giurisdizioni annesse. –
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    Vedere AGNA (S. SALVATORE IN).
    All’Articolo MONTALE nella Valle dell’Ombrone pistojese furono ricordate le guerre fatte nel principio del 1200 tra i conti Guidi e i Pistojesi che tolsero ai primi il Castello di Montemurlo, ripreso loro sulla fine del 1203 mediante l’aiuto de’Fiorentini, e finalmente, al dire del Malespini e del Villani venduto nel 1309 al Comune di Firenze per 5000 fiorini d’oro.
    Certo è che il distretto di Montemurlo sino dal secolo predetto faceva parte del contado di Pistoja; in prova di che vale per tutti un istrumento del 15 marzo 1084
    fatto in Montemurlo contado pistojese. Il primo atto però a me noto che indichi i conti Guidi signori in Montemurlo segna la data del mese di novembre 1100 fatto in Pistoja dove era domiciliato il conte Guido figliuolo di altro Conte Guido, e padre di Guido Guerra, il quale conte volendo remunerare i servigi che a lui prestò nel suo viaggio di Gerusalemme Raimondino figlio di Donnuccio, gli dona tutte le terre, vigne, case e mansi tenuti a titolo di benefizio da un tale chiamato Giornello, e dona inoltre un casalino posto nel Castello di Montemurlo con altri quattro pezzi di terra situati in luogo detto Querceto. La qual donazione fu fatta con l’obbligo che il suddetto Raimondino, a riserva dell’usufrutto, dovesse donare i beni medesimi a quella chiesa cui fosse piaciuto assegnarli. Egli infatti per eseguire l’obbligo di sopra espresso con atto del 26 novembre dell’anno stesso 1100, per rimedio dell’anima sua, del conte Guido, della contessa Ermellina di lui consorte e de’figli loro offrì i beni di sopra donati alla canonica di S. Zeno di Pistoja. Anche nel luglio del 1107, un Raimondino figlio di Enrico con Gisla sua moglie figlia del fu Donnuccio, stando in Villiano presso
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    il Montale, donò al capitolo della cattedrale di S. Zeno tutte le terre, vigne e case che teneva nel castello, borgo e corte di Montemurlo. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Capitano di Pistoja).
    Da tali documenti pertanto sembra apparire, che i conti Guidi non solamente sino dal secolo XI possedevano in Monte murlo, ma che nel poggio e sue pendici eravi sino dal 1105 un borgo ed un castello omonimo.
    Fu detto, che nel 1203 i Pistojesi guerreggiando tolsero il Castello di Montemurlo ai conti Guidi, stato poi ripreso nel corso dell’anno dai conti coll’aiuto de’Fiorentini, ai quali ultimi nel 1209 alcuni di quei conti venderono il castello medesimo col suo distretto per il prezzo convenuto di 5000 fiorini d’oro. Avendoci però i cronisti fiorentini avvisato, che i conti Guidi da Porciano non vollono acconsentire alla vendita, e trovando che una tal compra realmente non ebbe effetto se non che 45 anni dopo, ci si offre luogo a dubitare che il contratto di vendita di Montemurlo del 1209 accennato dal Malespini e ripetuto da Giovanni Villani, per allora restasse senza effetto.
    Infatti l’Ammirato nella Storia Fiorentina e dopo di lui il Padre Ildefonso nel T. VIII delle Delizie degli Eruditi toscani riportano al 24 aprile dell’anno 1219 il sunto di un atto pubblico rogato in Firenze nella chiesa di S. Michele. Col quale atto i Conti Guido, Tegrimo, Ruggieri, Marcovaldo e Aghinolfo, fratelli e figli del Conte Guido Guerra (V), cioè gli stessi conti palatini che un anno dopo ottennero dall’Imperatore Federigo II un onorevole privilegio, essi tutti insieme promisero al Comune di Firenze in mano di Alberto da Mandello suo potestà di tenere in perpetuo il Castello di Montemurlo a onore del Comune predetto, e di far sì che i suoi vassalli, e abitanti del Castello medesimo vi
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    portassero ogn’anno nella festa di S. Giovanni Battista un cero di libbre 40. Per l’osservanza della qual promessa i 5 fratelli Guidi diedero in pegno alla Repubblica i loro castelli di Montevarchi, di Loro, del Pozzo, di Lanciolina, della Trappola, di Viesca ed altri fortilizi che possedevano nel Val d’Arno superiore.
    Non fu realmente che nell’anno 1254, quando il conte Guido Guerra VI, figlio del Conte Marcovaldo testè nominato, stando in Firenze nel palazzo de’Galigari, dove allora adunavasi il consiglio della Signoria, per istrumento rogato lì 25 marzo, ossia nel dì primo dell’anno a stile fiorentino, vendè al Comune di Firenze per 2500 fiorini d’oro la quarta parte di Montemurlo, ch’era la porzione dei suoi diritti baronali, fitti e ragioni; più la quarta parte per indiviso di un mulino posto sul fiume Agna, in luogo denominato al
    Bosco de’Conti, compreso il bosco e altre terre di quel territorio.
    Seguono le firme di molti individui di Montemurlo fra’quali alcuni fittuarii del conte predetto. – Si leggono inoltre sottoscritti al contratto i nomi di Guido Conte di Romena figlio del fu Conte Aghinolfo, della contessa Beatrice figlia del Conte Rodolfo di Capraja, madre del venditore, e di altri fratelli di lui che consentono all’atto. Fu nel numero dei testimoni il maestro di Dante Alighieri, cioè il notaro Brunetto figlio che fu di ser Bonaccorso Latini. – A dì 30 dello stesso mese ed anno un altro conte Guido figliuolo del conte Teudegrimo di Porciano, pure nel palazzo de’Galigari davanti la Signoria di Firenze, rinunziò al Comune per conto proprio e di suo padre la quarta parte del Castello e distretto di Montevarchi col suo territorio, giurisdizioni ecc.
    Con atto speciale del 15 aprile 1254, rogato presso il monastero delle Camaldolensi di Pratovecchio, prestò il consenso alla vendita di Montemurlo la contessa Agnesina moglie
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    del conte Guido Guerra figlio del Conte Marcovaldo, e tre giorni appresso fu ratificata la vendita dal Conte Ruggieri fratello del suddetto Guido, e dalla contessa sua moglie: che il primo firmò l’atto nella chiesa plebana di S. Maria di Bagno, l’altra nel castello di Dovadola; mentre nello stesso giorno 17 aprile nel castello di Porciano confermavano per parte loro la stessa vendita le contesse Adalasia e Bartolommea, quella moglie del conte Guido, questa consorte di corrado che fu figliuolo dello stesso conte Guido di Porciano. Finalmente nel 20 aprile detto a quell’alienazione aderì la contessa Albiera moglie del Conte Teudegrimo, firmando l’atto nel suo palazzo posto nella rocca di S. Bavelleo in Mugello.
    Dopo tuttociò gli anziani del popolo fiorentino nel giorno 21 aprile 1254 fecero prendere formale possesso di Montemurlo per le porzioni acquistate. Dondechè sembra dover concludere, che in quel mezzo tempo, cioè dal 1209 al 1254, il nominato castello dipendesse costantemente dai Conti Guidi, per quanto fino dal 1215 vi si trovava a far ragione un potestà. Tale ce lo dichiara una sentenza del 29 marzo del 1215 data davanti la pieve di Montemurlo da Graziadio potestà di questo Comune medesimo – (ARCH. DIPL. FIOR.
    Carte del Capitolo di Pistoja).
    Anche la Signoria di Firenze, dopo fatta la compra sopra indicata, soleva ogni sei mesi inviare a Montemurlo un potestà e un castellano. Rammenterò fra gli altri che vi fu inviato nel 7 aprile 1318 messer Chierico di Pazzino dePazzi, possessore della villa di
    Perugiano sotto Montemurlo, che fu figlio di quel Pazzino che nel 1303 cooperò all’acquisto del Castello di Montale, uno dei nipoti di Ranieri di altro messer Chierico, che nel 1296 comprò dagli ufiziali del Comune di Firenze per se e per altri suoi consorti de’Pazzi braccia 96 quadre di terreno
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    situato nel popolo di S. Pier Maggiore vicino ai muri vecchi della città e a una delle porte del secondo cerchio, chiamata de’Scarpentieri – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Archivio Generale e di S. Pier Maggiore).
    Fra i castellani eletti e mandati dai Signori a Montemurlo fuvvi anche un Giovanni del fu Giovenco Arrigucci, il quale nel 29 gennajo 1352 a nome della repubblica fiorentina ricevè la consegna della rocca di Montemurlo da Bernardo del fu Marabottino Tornaquinci di Firenze, pievano della pieve di Montemurlo, e da Francesco di lui fratello entrambi castellani della stessa rocca, mentre pochi giorni dopo (18 febbrajo 1351) entrava potestà in Montemurlo un Bencivenni Turini, o di Turino cittadino fiorentino.
    Sino dal declinare del secolo XII il distretto di Montemurlo, in quanto all’economico e al civile, era stato staccato dal contado di Pistoja, cui innanzi tutto apparteneva. Infatti negli statuti pistojesi del 1179 pubblicati dal P. Zaccaria e dal Muratori, all’articolo 142 si obbliga il potestà a mantenere la passeggeria, ossia il pedaggio presso Montemurlo, sul confine del suo distretto con quello di Pistoja; in guisa che dove fu cotal passeggeria è rimasto tuttora il nome di
    Catena d’Agliana. Vedere CATENA.
    È il castel di Montemurlo una piccola cosa in confronto della fama che il suo nome per l’Italia mena. Imperocchè esso è tenuto generalmente per un fortilizio di gran conseguenza da chi pensa che Castruccio vi pose l’assedio (1325) nel tempo che faceva abbattere la sottoposta torre di
    Perugiano ai Pazzi e il sovrastante castello di Giavello agli Strozzi di Firenze; e più che altro Montemurlo è rinomato dal caso che ne fecero e dal vistoso prezzo che per averlo da’Fiorentini fu pagato. Ma la fama si accrebbe a Montemurlo dai caldi fautori della spirata
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    repubblica, o piuttosto dai fieri nemici della casa de’Medici salita sul trono di Firenze. I quali trovandosi nella lista de’proscritti da Cosimo I, nel 1587 costà si raccolsero con una mano di armati nella lusinga di poter abbattere questo e di far risuscitare la già sepolta libertà fiorentina.
    Alla testa dei
    restauratori era quel Baccio Valori che ott’anni prima a nome del pontefice Clemente VII assisteva indefessamente all’assedio di Firenze, e quindi dettava bugiardi capitoli alla sua resa nella villa Guicciardini a Montici, appellata poscia per onta la Bugia. L’altro fu Filippo di Piero Strozzi, uomo da potente famiglia uscito, di animo nobile, e volto a generose imprese. Frattanto questi con altri capi fuorusciti fiorentini avendo potuto raccogliere da 4000 fanti armati e 300 uomini a cavallo, dopo nominato a comandanti di quell’esercito Bernardo Salviati e Piero Strozzi, Filippo padre di quest’ultimo con Baccio Valori commissarii della spedizione si partirono da Bologna per la Sambuca di Pistoja, dando gli ordini opportuni ai comandanti di venire dietro con tutto l’esercito. Frattanto lo Strozzi e il Valori con pochi cavalli spinsonsi innanzi fino a Montemurlo, fondati in gran parte sulla speranza del traditor Nicolao Bracciolini pistojese, che gli aveva invitati a valicare francamente l’Appennino con promettere al loro avvicinarsi di dare ad essi in mano Pistoja, essendone egli come padrone. Dondechè giunti in Montemurlo, Filippo e Baccio vi stavano non altrimenti che se fossero andati in una lor villa di piacere; e il Valori di più partitesi di lì, andava e tornava dalla vicina casa al Barone, ch’era una sua possessione, attualmente tenuta del Marchese Tempi.
    Ma Alessandro Vitelli, comandante fedele del duca Cosimo, che dal Bracciolini veniva segretamente di tultto informato, fingendo una gran paura, richiamò tosto da Fiesole a Firenze le truppe spagnuole, e intanto mandava
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    a Montemurlo sotto l’aspetto di visitare il parente ed amico un tal Bertino Strozzi, che al ritorno riferì ogni andamento, e il poco ordine di coloro che speravano cacciare Cosimo de’Medici con i suoi partitanti dal governo di Firenze.
    In questo mentre Piero Strozzi giungeva innanzi il restante dell’esercito de’fuorusciti con 600 fanti e cento cavalli, e con questi, spintosi da Montemurlo infino presso alle mura di Prato, attaccò una scaramuccia con le milizie che v’erano di guarnigione. Allora il Vitelli insieme con altri capitani e compagnie di fanti e cavalli partì da Firenze la notte dell’ultimo di luglio 1537, e arrivati in Prato due ore innanzi l’alba, dopo aver accordato un breve riposo alle truppe, queste marciando con gran silenzio in numero di ben tremila soldati pervennero quasi un miglio presso a Montemurlo a una villa, dove Piero Strozzi aveva la sua vanguardia alloggiato.
    Era la sera d’avanti arrivato alle
    Fabbriche di Val di Bure sull’antica strada che varca l’Appennino della Limentra il comandante Bernardo Salviati con il restante delle genti d’arme raccolte dai fuorusciti; ma una tempesta grandissima di pioggia, che aveva fatto ingrossare tutti i torrenti, dovette ritardare di un giorno la marcia verso Montemurlo.
    Appena arrivati i soldati del Duca di Firenze alla villa sopraindicata, si attaccò repentina zuffa coi nemici, i quali trovandosi in molto minor numero degli assalitori presto si diedero alla fuga. Sbaragliati questi e animati quelli dal primo successo, si avanzarono verso il poggio per assalire il Castello di Montemurlo, dove non era che un debole presidio, che si riduceva a una dozzina di giovani fiorentini, con tre archibusi da mura ed un bastione alla porta mezzo rovinato.
    Baccio Valori, e Filippo Strozzi se la dormivano nel letto senza alcun pensiero, come anche Anton Francesco degli Albizzi che vi arrivò la sera innanzi. Verano
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    dentro altri tre individui di casa Valori, Filippo e Paolo Antonio figliuoli di Baccio con un di lui nipote.
    Allo strepito dell’armi, al rimbombo delle archibusate, al suono de’tamburi lo Strozzi, il Valori e l’Albizzi spaventati si rizzarono senza consiglio, quando già i nemici arrivati alla porta del castello, e combattendo alquanto con que’pochi ch’erano di dentro, abbatterono la porta d’ingresso e s’impadronirono agevolmente del castello, di modo che tutti coloro che vi si erano refugiati caddero prigioni de’soldati medicei.
    Dell’esito di quella giornata e del gran ludibrio di fortuna a cui furono ridotti personaggi sì nobili e sì preclari, e Filippo Strozzi massimamente, che fu tenuto in fino a quel giorno tra i Fiorentini il più felice cittadino privato, fia inutile qui ripeterlo, poichè fu detto per tutti da Bernardo Segni storico contemporaneo, e dopo di lui da cento altri scrittori.
    Da quell’epoca in poi (se non prima) Montemurlo perde l’onore di avere un potestà; stantechè all’anno 1551 questo Castello trovavasi compreso col suo distretto nella potesteria del Montale, dalla quale fu poi staccato per assegnarlo al giusdicente di Prato, sia pel civile come per il criminale. Anche il fortilizio di Montemurlo, se dopo il fatto del 1537 non fu atterrato, dovè cambiare di aspetto, essendo stata la sua rocca alienata ai Nerli di Firenze, che la ridussero ad una buona casa di campagna senza fossi nè bastioni nè antemurali, in guisa che attualmente tutto il fabbricato di Montemurlo si limita ad un palazzo quadrato con cortile, portico interno e torre nel centro; un oratorio davanti al prato, e a levante del palazzo l’antica chiesa plebana con l’annessa canonica e casa del villico.
    La pieve con la torre ad uso di campanile è fabbricata di pietra concia di macigno; il palazzo dove fu il castello è posseduto attualmente dal Sig. Gherardi di Pistoja
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    proprietario di estese possessioni nella comunità di Montemurlo, e del privato oratorio contiguo al palazzo, nel di cui altare esiste una tavola dipinta nel 1339 dal pistojese Giovanni di Bartolommeo, che vi scrisse l’epoca ed il proprio nome.

    MOVIMENTO della Popolazione del Castello e Borgo di MONTEMURLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici -; numero delle famiglie 25; totalità della popolazione 182.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 692; femmine 204; adulti maschi 452, femmine 228; coniugati dei due sessi 273; ecclesiastici 5; numero delle famiglie 229; totalità della popolazione 1665.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 364; femmine 332; adulti maschi 367, femmine 215; coniugati dei due sessi 684; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 314; totalità della popolazione 2182.
    ANNO 1839: Impuberi maschi 393; femmine 321; adulti maschi 404, femmine 230; coniugati dei due sessi 697; ecclesiastici 4; numero delle famiglie 356; totalità della popolazione 2308.

    Comunità di Montemurlo. – II suo territorio occupa una superficie di 8884 quadrati agrari, dei quali 304 sono presi da corsi d’acqua e da pubbliche vie. Nel 1833 vi stanziavano 2350 abitanti, a ragione di 320 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Il territorio di questa comunità presenta la figura di una sferoide allungata da grecale a libeccio, che termina però in due punte. La sua corda maggiore si estende per circa sette miglia da settentrione a ostro, e quasi miglia tre da levante a ponente.
    Confina con tre Comunità. Tocca dal lato di maestro e di ponente il territorio della Comunità del Montale, che l’accompagna in tutta la sua maggior lunghezza, a partire dalla punta settentrionale sul monte
    Giavello, fino a quella meridionale della pianura. Scendono entrambi il monte predetto nella direzione di grecale a libeccio, da
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    primo mediante il rio delle Bracherelle, poscia pel ramo più orientale dell’Agna, in cui influisce; cioè l’Agna di Striglianella che nasce nel fianco occidentale del Giavello. Lungo questa fiumana le due comunità arrivano nella pianura dove attraversano la strada provinciale Montalese sul ponte Rondinelli, e di là s’inoltrano fino alla confluenza del fosso Calice sotto il Ponte a Bocci passata la strada Regia lucchese. Costà cessa la comunità del Montale e sottentra a confine di questa di Montemurlo la Comuità di Prato; con la quale voltando faccia da ponente a levante il territorio di Montemurlo torna indietro per un’angusta lingua di terra; ma appena ritrova la strada Regia lucchese, la percorre alquanto nella direzione di levante, e quindi l’attraversa per inoltrarsi verso grecale mediante i numerosi fossi della pianura del Pantano, poscia passa a levante della fattoria di Perugiano dove varca la via provinciale Montalese lasciando a ponente la villa Strozzi per salire sulla sommità del Monte Ferrato. Quà variando direzione da grecale a settentrione i territori delle due Comunità testè accennate percorrono sulla schiena del monte predetto per proseguire sugli sproni che l’avvicinano; cioè di Monte, Mezzano, Monte Spiccioli e Monte Lopi; in guisa che, lasciate a ponente le balze di macigno di Albiano, salgono sul vertice del monte Giavello, nella cui criniera cessa la Comunità di Prato e sottentra quella di Cantagallo. Allora voltando direzione da settentrione a maestro seguita la linea di confini della Comunità di Moutemurlo con l’altra di Cantagallo camminando circa un miglio lungo la cresta del monte suddetto sino a che ritorna a contatto il territorio comunitativo del Montale.
    La montuosità maggiore di questa comunità
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    è quella del monte Giavello, ossia Iavello, la di cui altezza assoluta, sebbene non sia stata misurata, apparisce però maggiore circa del doppio di quella del Monte Ferrato, che è 704 braccia superiore al livello del mare.
    Fra i maggiori corsi d’acqua che rasentano, o che scaturiscono nel territorio di Monte Murlo contasi l’
    Agna, un di cui ramo nasce, come dissi, nel fianco occidentale del monte Giavello, e nel di cui alveo confluiscono altri due rami della stessa fiumana. Sorge pure nella faccia meridionale del monte medesimo il fosso Bagnolo, che può dirsi il secondo torrente della Comuità in discorso, il quale passa a levante del capoluogo fra la villa Strozzi e quella Pazzi di Perugiano, là dove sopra un ponte attraversa la strada Montalese.
    Fra le vie rotabili, oltre la testè nominata, havvi quella postale lucchese, che per corto stadio lambisce l’estremità meridionale del territorio di Montemurlo.
    Sono pure stati resi rotabili due tronchi di vie comunitative, quello che conduce sul poggio alla pieve del capoluogo e l’altro alla villa del
    Barone rimontando la riva destra del fosso Bagnolo.
    In quanto alla natura del suolo di questa Comunità esso può distinguersi in tre formazioni diverse; la prima spetta al terreno appenninico, consistente per la massima parte in macigno, di cui sono aperte sul monte
    Giavello ottime cave, le quali prestano materia di lavoro agli abitanti di Albiano. La seconda formazione costituisce il terreno massiccio nelle brecce di Figline, nel marmo nero e verde, ossia nel serpentino del Monte Ferrato; mentre la terza classe spetta a un conglomerato di minuta ghiaja, a una specie di poudinga che costituisce il poggetto quasi isolato di Monte Murlo, la cui base da tre lati è nascosta sotto il terreno
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    recente di alluvione, il quale profondamente ricuopre la circostante pianura.
    Anche rispetto alla georgica della contrada può essa distinguersi in boschi, in vigne, in oliveti, ed in campi da praterie o da sementa. Magnifici sono i boschi di alto fusto e cedui delle fattorie Covoni e Tempi sul monte Giavello; sterilissimi li sterpeti e le sodaglie sul Monte Ferrato; fertilissimi e ben tenuti gli oliveti e le vigne alle falde dello stesso Giavello e dei suoi contrafforti, compreso ivi il poggio ubertoso di Montemurlo; costà dove diede un bell’esempio di esercitazione bottanico-agraria il defunto pievano Raffaello Scarpettini.
    La tenuta del
    Barone della casa Tempi, i poderi del Torracchi situati a maestro del poggio di Montemurlo, e quelli di Perugiano della casa Pazzi posti a ostro-scirocco possono dirsi il modello della coltura agraria di questo distretto.
    Rispetto alla pianura del territorio di Montemurlo, essendo essa, come ho detto coperta da terreno diluviale con insensibile pendenza verso il fiume Ombrone, è stata per conseguenza solcata da fossi e da borri, sparsa di campi uliginosi e poco confacenti alle piante dell’olivo e della vite, sivvero ai loppi, ai gelsi, ai salci, ai gallici ec. Ma vi producono gran frutto i prati artificiali, le piante leguminose, filamentose e graminacee, il mais o frumentone e la saggina.
    Il nome di
    Pantano rimasto a una porzione della pianura di Montemurlo indica per sè solo l’antica indole palustre del luogo, sebbene ora si trovi di gran lunga migliorata, come lo è nei possessi Scarafantoni e Gherardi di Pistoja, e in quelli del ch. Giovan Battista Niccolini di Firenze. Esisteva costà fra il sec. XIII e XIV una possessione della casa Cancellieri di Pistoja, dov’era anche un fortilizio in mezzo ai fossi, di cui si è fatta menzione all’Articolo MONTALE.
    Ma quali fossero le condizioni fisiche e
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    agrarie di questa contrada sul declinare del secolo XIV, quando al Pantano possedeva una sua villa con terreni Corradino Gianfigliazzi cittadino fiorentino, lo diede magistralmente a conoscere Franco Sacchetti in una sua graziosa Novella (120 della P. II Ediz. del 1724) alla quale rinvio volentieri il mio lettore.
    La Comunità di Montemurlo mantiene un medico e un maestro di scuola. Non ha però mercati settimanali ne fiere, mentre rende inutili queste e quelli la posizione del paese situato fra due floride e assai vicine città.
    La cancelleria comunitativa e l’ingegnere di Circondario sono a Fiesole, il giusdicente a Prato, dove è anche l’esazione del Registro; mentre la conservazione delle Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza sono in Pistoja.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTEMURLO a quattro epoche diverse.

    - nome del luogo: Albiano, titolo della chiesa: S. Pietro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, popolazione anno 1551 n° -, popolazione anno 1745 n° 191, popolazione anno 1833 n° 168, popolazione anno 1839 n° 176
    - nome del luogo: MONTEMURLO e annessi, titolo della chiesa: S. Giovanni Battista (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja,
    popolazione anno 1551 n° 182, popolazione anno 1745 n° 1655, popolazione anno 1833 n° 2182, popolazione anno 1839 n° 2308

    - Totale
    abitanti anno 1551 n° 182
    - Totale
    abitanti anno 1745 n° 1846
    - Totale
    abitanti anno 1833 n° 2350
    - Totale
    abitanti anno 1839 n° 2484

    MONTE MURLO nella Valle dell'Ombrone pistoiese. – Si aggiunga al suo posto la notizia dataci dal Gaye nel suo
    Carteggio di Artisti inedito (Volume I Append. 2) dove è rammentata una provvisione della Signoria di Firenze del 21 aprile 1322 rapporto a
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    far rimurare e riparare il castello di Monte Murlo. – Nel 1833 la Comunità di MONTE MURLO contava 2350 individui, mentre nel 1845 noverar 2508 Abitanti, cioè:

    Albiano,
    Abitanti N.° 193
    MONTE MURLO,
    Abitanti N° 2315
    TOTALE,
    Abitanti N.° 2508
Localizzazione
ID: 2956
N. scheda: 33940
Volume: 3; 6S
Pagina: 441 - 447; 157
Riferimenti:
Toponimo IGM: Montemurlo - Castello (a E)
Comune: MONTEMURLO
Provincia: PO
Quadrante IGM: 106-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1663683, 4865830
WGS 1984: 11.03994, 43.92896
UTM (32N): 663746, 4866005
Denominazione: Monte Murlo, Montemurlo
Popolo: S. Giovanni Battista a Montemurlo
Piviere: S. Giovanni Battista a Montemurlo
Comunità: Montemurlo
Giurisdizione: Prato
Diocesi: Pistoja
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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