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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Orbetello

 

(Orbetello)

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    ORBETELLO ( Orbitellus, Orbetellum , anticamente Subcosa ) nel lido più australe della Maremma toscana. – Piccola città cinta di mura e fortificata, che fu capoluogo di un feudo imperiale, poi dei Regii Presidj, ora di Comunità e di Giurisdizione con un comandante militare, un ingegnere di Circondario, un ricevitore del Registro, un cancelliere comunitativo, e la cui chiesa priorale collegiata di S. Maria Assunta, dipende dall'Abbate commendatario Nullius delle Tre Fontane, già nella Diocesi di Sovana, Compartimento di Grosseto.
    Risiede Orbetello in pianura sull'estremità di una lingua di terra che si avanza in mezzo ad uno stagno salso, dal quale da ogni parte, eccettuando il lato di settentrione, è circondata; in guisaché le resta a levante il poggio della città di Cosa, ossia dell'Ansedonia, a ponente quello del Castello di Talamone, a ostro il promontorio Argentaro, e per fianco due lunghi e angusti istmi, la Feniglia ed il Tombolo , che quel promontorio alla terraferma congiungono nel tempo che lo stagno circondano. Da questa situazione corografica del paese mi sembra meno improbabile la congettura che il nome cioè di Orbetello sia composto di Orbicum e di Tellus , per dare a conoscere che questo paese è in mezzo all'acque quasi accerchiato dalla terra piuttosto che crederlo un Urbs Vitelli , come lo dedusse il Lami, o immaginarlo di figura orbiculare , come disse un moderno scrittore, per quanto la sua forma sia di un cono troncato. Ha solo due porte, una alla sua base, chiamata la Porta di Terra , altre volte di Medina Coeli il governatore spagnuolo sotto cui fu innalzata, e la seconda Porta di Mare per essere sulla punta estrema, mentre due altre porte esistite sui fianchi orientale e occidentale sono state da lunga mano chiuse e murate.
    Trovasi Orbetello fra il grado 28° 52' di
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    longitudine e 42° 26' 5" di latitudine; circa 24 miglia a scirocco di Grosseto, 12 miglia a ostro di Magliano, 24 a libeccio di Manciano, e 26 miglia a ponente-maestrale di Montalto dello Stato pontificio.
    Le mura di Orbetello di grandi pietre parallelepipede fabbricate, e senza cemento commesse; le imponenti fortificazioni che dal lato di terra la difendono; la singolarità della sua posizione, nella quale non si può entrare se non per angusto spazio dal lato di terraferma; la prospettiva del vicino promontorio Argentaro, il quale fra il mare e lo stagno in cui si specchia si alza gigante, tutto ciò basterebbe a richiamare sopra cotesto paese l'attenzione dei geografi, degli artisti e dei curiosi, senza dire degli archeologi che vanno anche a' dì nostri lambiccando il cervello per indagare se la città di Orbetello debba o no meritare di risalire all'origine etrusca.
    Vero è che di Orbetello non si trova menzione negli antichi scrittori, mentre la prima volta che ci viene indicato il castello di Orbetello è per avventura sulla fine della terza decade del sec. XIII, non volendo valutare, come priva di verità, l'asserzione del Sansovino e di pochi altri che di buona fede lo imitarono, per attribuire l'origine di Orbetello a un Pietro Farnese stato generale di un esercito pontificio, nell'anno 1099.
    L'autore delle Memorie storiche dell'antico e moderno Telamone , edite in Firenze nel 1824, parve convinto che andassero lungi dal vero coloro che cercarono il Porto Cosano , quando in Port'Ercole, quando nello scalo di Santo Stefano, al pari di certi altri che nel luogo della Tagliata designarono il Subcosa della Tavola Peutingeriana, e la città di Cosa in Orbetello; avvegnaché per lui non cade dubbio che la Subcosa debba cercarsi intorno alle mura del moderno Orbetello .
    Le barbarie de'tempi che cambiò in Ansedonia il nome di Cosa , e
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    in Feniglia quello del Porto Cosano , è credibile, soggiunge egli, che mutasse in Orbetello anche il paese di Subcosa .
    Ciò concesso, pochi dissentiranno dall'ammettere la probabilità che il tempio di Giove Vicilino esistito nell'agro Cosano, e rammentato da T. Livio nell'anno 538 di Roma (Decad. III. Lib. IV. C. 53.) fosse nel paese di Subcosa . Al che, secondo lui, accrescono fiducia gli avanzi di un tempio idolatra, cui appartenevano otto antiche colonne di granito e di marmo, estratte di là, meno una rimasta rinchiusa fra i muri della chiesa principale. Aggiungono peso all'antichità di Orbetello diversi sepolcreti, molte figuline ed altri oggetti di arte dissepolti lungo la via Aurelia , o in quella vicinale tracciata nella lingua di terra che staccasi dalla prima per condurre a Orbetello; delle quali anticaglie fu riunita e può vedersi una buona collezione presso il sig. Raffaello Dewit nativo di Orbetello.
    Arroge a tutto ciò il distrutto acquedotto che dalla base settentrionale del promontorio Argentaro attraversava lo stagno salso per la lunghezza di circa mezzo miglio, destinato a portare una copiosa fonte di acqua salubre e perenne dentro Orbetello. Finalmente le molte iscrizioni, le are, le basi marmoree e varii altri frammenti di architettura romana stati ivi o ne’suoi contorni scavati, concorrono a dimostrare che Orbetello sotto il dominio di Roma esser doveva un paese di qualche importanza e popolato.
    Io non starò qui a far parola di una base cubica di marmo bianco destinata a sorreggere una statua che i Cosani innalzarono nel 3 marzo dell'anno 213 all'Imperatore M. Antonino Caracalla, cioè, nel quarto consolato di quell'imperatore e secondo di Decimo Cecilio Balbino , nel tempo che Porcio Severino era curatore del Comune di Cosa. La qual base, scoperta nel 1716 lungo la via Aurelia, fu murata sopra la Porta di Terra , ed ora tagliata e murata nel
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    palazzo pubblico di Orbetello. Non dirò di un'ara che servì per lungo tempo di abbeveratojo ai cavalli; e finalmente fu ridotta in pezzi per uso di fabbrica, nella quale si leggeva un'iscrizione posta dai cittadini di Cosa alla maestà dell'Imperatore Gordiano III dopo il suo innalzamento al trono; cioè circa l'anno 241 dell’Era Volgare Né parlerò di un'altra iscrizione scolpita sul plinto di altr'ara dedicata all'Imp. Cesare Augusto da Plauzio Stazio Maestro Augustale , la quale conservasi nella casa dell'erudito Vinc. Mathioli priore arciprete di Orbetello. Né tampoco farò menzione di due avanzi di lapide, una delle quali rammentava l'Imperatore Claudio il Gotico, circa l'anno 268 dell'Era Volgare, ed era l'altra in onore dell'Imperatore Aureliano di lui successore; poiché queste ed altre iscrizioni Cosane furono già da altri più volte riprodotte e interpretate, e perché in niuna di esse si fa la minima menzione del paese di Orbetello, comecché anche ai tempi nostri siano stati scoperti dentro il paese medesimo altri frammenti d'iscrizioni che ci richiamano ai tempi del romano impero. – Vedere Ansedonia e Cosa.
    Piuttosto rammenterò una celebre giornata campale accaduta 225 anni prima dell'Era Volgare nel distretto Cosano, o si voglia dire nel territorio di Orbetello. Intendo parlare della gran battaglia guerreggiata fra le romane legioni ed una numerosissima armata di Galli cisalpini e transalpini che irruppe per la seconda volta nella Toscana, mettendola a ruba con la mira di far peggio a Roma.
    Da Paolo Orosio fino all'autore delle Memorie storiche di Telamone, vari scrittori di sommo merito hanno tentato con la scorta di Polibio ( Histor . Lib. II.) di tracciare non tanto la marcia de’due eserciti, romano e gallico, quanto anche il luogo dove accadde il primo scontro fra la vanguardia delle legioni che il Console Cajo Attilio Regolo dalla Sardegna conduceva ai comizj di Roma, e i foraggiatori della grande armata dei Galli, la quale dalle campagne del territorio di Chiusi
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    erasi ripiegata verso le Maremme etrusche per tornare nell'alta Italia.
    Ma sentiamo prima di tutto lo storico greco, il quale scrisse a un dipresso così: “Già era l'esercito de’Galli nelle vicinanze del promontorio di Telamone d'Etruria arrivato, quando i suoi foraggiatori, abbatteronsi nella vanguardia delle legioni, che il console Cajo Attilio Regolo, dopo il tragitto marittimo dalla Sardegna al Porto pisano, conduceva a Roma per un cammino inverso a quello de’nemici.” – Né a tale inaspettato incontro, il quale accadde nelle vicinanze del promontorio di Telamone (ch'io credo lo stesso dell'Argentaro) il Console sospese la marcia delle sue truppe. Avvegnaché, appena informato dei fatti nei giorni precedenti fra l'esercito de'Galli e il Pretore accaduti, e del successivo arrivo del Console L. Emilio Papo dalla parte del Tevere, e compresa la ragione di quella marcia retrograda de’nemici dal collega incalzati alle spalle, Cajo tosto comandò ai tribuni di mettere in linea le respettive legioni, facendole marciare innanzi a passo militare, e colla fronte spiegata, per quanto lo permetteva la natura de’luoghi .
    Quindi lo stesso Console avendo osservato un colle opportunamente situato sopra la strada, per la quale passar dovevano i nemici, in fretta vi salì con un numero di cavalli ad occuparlo.
    “Poco dopo il Console L. Emilio, sentito il combattimento che lungi dai suoi si era impegnato con l'esercito gallico, si accorse dell'arrivo del collega, dondeché alli squadroni della cavalleria ordinò di accorrere in soccorso delle legioni arrivate da Pisa.” Allora fu che fra i tre eserciti s'impegnò quella gran battaglia, appellata di Telamone, dall'esito delle quale fu liberata Roma e l'Etruria dai mali terribili che centinaja di migliaja di barbari le minacciavano.
    Ora, se si vuole por mente alla marcia dei Galli che dal territorio Chiusino si diressero lungo la spiaggia del mare; se si vuole considerare, che le legioni del Console Attilio marciando da Pisa a Roma tenevano lungo il littorale toscano un cammino contrario a quello dei Galli;
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    qualora si rifletta all'incontro della vanguardia accaduto nelle vicinanze del promontorio Cosano; se si avverte, che dopo il primo scontro le legioni di Cajo continuarono la marcia a passo misurato e colla fronte spiegata, per quanto lo permettevano le località, fino a che C. Attilio non trovò un luogo opportuno sopra un colle posto a cavaliere della strada donde i Galli dovevano passare; dopo tali riflessi mi sembra difficile convenire con quelli, i quali suppongono che l'esercito de’Galli fosse disceso dal territorio Chiusino verso il littorale di Cosa a Talamone valicando la Val di Chiana , e trapassando la Val d’Orcia, per quella dell'Ombrone penetrare in Maremma. Se fosse lecito interpretare le parole e le intenzioni di uno scrittore dopo 20 e più secoli, io piuttosto direi che l'esercito gallico rimontando la Val di Paglia e quindi scendendo per quella della Fiora, retrocedesse dal territorio di Chiusi nel contado di Toscanella, e di là attraversasse il Piano dei Volci , donde entrare poteva nel contiguo littorale Cosano.
    Ammessa come più confacente all'espressioni di Polibio cotesta spiegazione, ne conseguita di diritto, che una delle più memorabili vittorie dell'antica Roma dovette accadere, non già a ponente, ma a levante di Talamone, non già dal lato del territorio Rosellano, ma verso il confine del contado di Toscanella. Avvegnaché costà fia da cercarsi, a parer mio, quell' oppidum Colonia , dove, dice Sesto Frontino, in quella gran ritirata il gallico esercito fece un'imboscata che il Console Emilio Papo per stratagema scuoprì. – Vedere l'Articolo COLONNA DI BURIANO.
    Antecedentemente per tanto alla suddetta epoca i Romani dominavano nel territorio Cosano, ora di Orbetello, giacché nell'anno 480 U. C. e 272 avanti l'Era Volgare il Senato aveva inviato una colonia a Cosa de’Volcienti , dove poi due secoli dopo acquistò grandi possessi la senatoria famiglia Domizia del ramo degli Enobarbi . Ma per quanto questa potente prosapia ivi comandasse a
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    molti schiavi, per quanto nel territorio cosano innalzasse ville signorili, tempj e grandi piscine che poi si dissero Cetarie Domiziane , e che servirono di stazione segnalata negli antichi itinerarii, contuttociò niuna lapida, o alcuna scrittura di que’tempi rammenta il paese di Orbetello.
    Nettampoco fu ricordato dalla famosa tavola di rame della badìa delle Tre fontane , concernente una cospicua donazione fatta da Carlo Magno Imperatore e dal Pontefice Leone III a S. Anastasio e alla sua chiesa ad Aquas Salvias fuori di Roma. Col quale atto fu donata la città dell' Ansedonia , Port'Ercole , e il monte del Giglio , senza rammentare punto né poco Orbetello, né il suo grandioso stagno, né quello di Burano, né il porto della Feniglia, né l'Isola di Giannutri né tante altre attinenze che sono richiamate sul conto dello stesso privilegio da molte bolle pontificie posteriormente concesse ai monaci Cistercensi entrati verso il 1130 nel Monastero di S. Anastasio ad Aquas Salvias , o alle Tre Fontane .
    Lascio perciò ai diplomatici il conciliare lo stile di quella tavola con le bolle e privilegi sincroni, la singolarità della sua scoperta fatta 554 anni dopo l'805, alla qual epoca ne richiama quell'iscrizione metallica, che si qualifica per atto originale: “ Et per paginam aeream exaratam in perpetuum donamus tibi S. Martyri Christi Anastasi, ut pro te, tuoque monasterio etc... . Il qual privilegio porta le seguenti indicazioni croniche.... “ Actum est hoc, et tractatum Anno Dominicae Incarnationis Octingentesimo quinto, Indictione X, et Domini Leonis Papae Tertii Anno X, et Domini Caroli Imperatoris Anno V .
    Il privilegio era convalidato dalla sottoscrizione di sette individui, i di cui nomi leggonsi nella tavola di bronzo col seguente ordine:

    Ego LEO EPISCOPUS ROMANAE ECCLESIAE subscripsi.
    Ego CAROLUS IMPERATOR AUGUSTUS subscripsi.
    Ego Petrus Episcopus Ostiensis subscripsi.
    Ego Guillielmus S. Sabinae Card.
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    subscripsi.
    Ego Jesse Episcopus subscripsi
    Robertus Aquisgranis subscripsi
    Et Ego Hugo Dux Lugud. subscripsi.


    Quantunque manchino nel documento le date del luogo, del giorno e mese in cui il privilegio fu pubblicato, pure consultando l'Eginardo segretario, cortigiano e biografo di Carlo Magno, il quale asserì essere stato l'ultima volta in Italia, nell'800 quando fu coronato Imperatore, e altronde sapendo degli Annali Bertiniani, che il Pontefice Leone III negli ultimi mesi dell'804 si recò da Roma in Francia, e quindi con Carlo Magno essendo passato nella città di Acquisgrana vi celebrò il Santo Natale, nel giorno medesimo che chiudevasi l'anno IX del pontificato di Leone, mentre lo stesso giorno era il principio dell'anno V dell'impero di Carlo; se si riflette che fra i testimoni sottoscritti a quel privilegio si leggono i nomi di un vescovo di Francia, di un principe di Acquisgrana, e di un duca di Lione, si può ragionevolmente supporre che la donazione alla chiesa di S. Anastasio ad Aquas Salvias fosse stata trattata nei giorni successivi al S. Natale dell'804 e concessa nel principio dell'anno 805, cioè poco innanzi che il Pontefice Leone co'suoi cardinali abbandonasse Acquisgrana per ritornare a Roma tenendo la via di Baviera. Dondeché in quanto alle date croniche, la tavola metallica in cui fu scolpito il privilegio pontificio-imperiale non vizierebbe altro che nell'indizione, la quale nel principio dell'anno 805 era la XIII, e non la X.
    Anche in una bolla concistoriale del 12 gennajo 1255 il Pontefice Alessandro IV ad esempio de’Pontefici suoi antecessori, cioè, di Adriano, Alessandro, Lucio, Celestino e Innocenzo III, confermò ai monaci di S. Anastasio ad Aquas Salvias tutte le possessioni spettanti a detto Monastero, tanto quelle situate nello Stato romano, quanto le altre della Toscana state donate (dice la bolla suddetta) al pontefice Leone e da Carlo imperatore. Ma cotesta bolla di Alessandro IV, trovandola assai più ampia nella descrizione del dono imperiale-pontificio di sopra
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    indicato, gioverà ripeterla per i nomi de’luoghi donati, se non per altro almeno per la geografia marittima della Toscana del medio evo. Imperocché il pontefice Alessandro IV nella stessa bolla dichiarò, che si comprendevano in detta donazione, videlicet: civitatem Ansedoniae cum omnibus ecclesiis, et pertinentiis suis, olim ab infidelibuset iniquis hominibu possessis, sed praeterea a memorato Carolo Imp. una cuma praefato Leone praedecessore nostro, meritis, et auxiliis B. Anastasii martyris ejusdem capitis ostensione devictam, et destructam; propter quam victoriam ecclesiae supradicti martyris praefatas possessiones donavit. –Seguono i luoghi donati e taciuti nella prima tavola di bronzo dell'805, che sono i seguenti: castrum quod Orbitellum vocatur in stagno circo se posito cum omnibus ecclesiis et pertinentiis suis; castrum Tricostricum, ecclesiam S. Fridiani et lacu periculo ( sic ) juxta eum posito cum omnibus ecclesiis, et pertinentiis suis; castrum Stachilasium cum omnibus pertinentiis suis; montem de Cerasolo, ecclesiam S. Gabrielis cum omnibus pertinentiis suis, Colognolum cum eccelsia et omnibus pertinentiis suis; monasterium S. Benedicti de Sylva cum ecclesia S. Donati de Abruscia, et ecclesiam S. Martii de Guarmentico, et ecc. S. Angeli de Matiano cum omnibus pertinentiis suis, quae idem monasterium antequam Cisterciensium fratrum instituta susciperet, possidebat . Quest'ultima dichiarazione del pontefice Alessandro IV fa, secondo me, conoscere che Orbetello al pari degli altri luoghi di sopra nominati esisteva fino dai tempi di S. Bernardo, vale a dire, sul principio almeno del sec. XII.
    Quindi la bolla medesima vi aggiunge i luoghi seguenti: Insula Jannutri, cum pertinentiis suis, Lacum Burani, Portum Herculis, Portum Feniliae, et alios portus cum sylvis, ac cum aliis pratis, pascuis, viis, inviis, aquarum decursionibus, cultis, et incultis. Quae continentur infra terminos a supradicto Domino Leone PP. III e Carolo Magno Imperatore designatos; ( videlicet ) ab uno latere mare magnum infra milliaria centium. Infra quod mare est mons qui vocatur Gilium, et Insula quae vocatur Iannutri, juris praelibati monasterii vestri; secundo latere est fluvius, qui vocatur Albinia;
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    a tertio vero latere decurrit aqua quae vocatur Elsa, et inde usque in locum, quod vocatur Serpenna, a quarto autem latere vertit per Serpennam, et vadit per montem Aristini, et decurrit in Buerim
    ( Burano? ) et sic revertitur in praedictum mare magnum, et sicut in literis, cartis et privilegiis continetur etc. – A conoscere le differenze fra la bolla testé riportata ed il privilegio di Leone III e di Carlo Magno a prò della chiesa di S. Anastasio ad Aquas Salvis , aggiungerò le parole della tavola di rame relative ai luoghi stati donati allo stesso santo luogo: idest, totam integram civitatem, quae ab omnibusvocatur Amsidonia, item et Portum, qui vocatur Herculis; nec non et Montem totum qui vocatur Gilium infra mare, ubi et tremor deprehendit eos, et parentes irruerunt: inimici vero nostri in nostris manibus devenerunt, et omnes interfecti fuerunt. Idcirco, ut dictum est, (frase insolita per quelle scritture) tradimus, concedimus et in praefato monastero S. Anastasii per perpetuo largimur, ut de PRAESENTI DIE habeant tui SERVITORES potestatem in praefatis omnibus ad utilitatem S. Anastasii, etc. – (UGHELLI, Ital. Sacra in Episc. Ostiens. )
    È altresì vero, che nel 1269 don Elia monaco Cistercense di S. Anastasio come procuratore dell'abbate e monaci delle Tre Fontane investì con il titolo di feudo il conte Ildebrandino di Sovana, detto il Rosso , del Castello di Orbetello e suo distretto, con facoltà di passarlo nei figli ed eredi suoi, per l'annuo tributo di pochi fiorini d'oro. L'investitura dello stesso feudo fu rinnovata in Orbetello nell'anno 1286 a favore della contessa Margherita figlia unica del predetto Conte Ildebrandino ed erede della casa Aldobrandesca di Sovana, confermatagli poscia dal Pontefice Bonifazio VIII con breve del 10 marzo 1303, alla presenza di Marco vescovo di Sovana, di Gualcherino preposto di detta città, di D. Giovanni Abbate
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    d'Orvieto, e del preposto di Grosseto, i quali fecero da testimoni.
    Mancata la contessa Margherita, il feudo di Orbetello con i suoi annessi fu ereditato dalla contessa Anastasia nata dalla stessa Contessa Margherita e dal Conte Guido di Montfort; la quale Contessa Anastasia nel 1293 portò la contea di Sovana ed il feudo di Orbetello nella casa Orsini di Roma, mercè il matrimonio da essa contratto ( ERRATA : con Guido di Gentile) conRomano diGentile di Bertoldo de’conti Orsini.
    Infatti, pacificati i conti Orsini con la Repubblica di Siena, la quale, al dire del cronista Andrea Dei, nel 1330 inviò in coteste parti una mano di soldati per punire nuovi ladroni refugiati fra le già deserte mura dell'Ansedonia, dopo tutto ciò ebbe luogo una terza investitura registrata in un atto pubblico rogato in Roma nel 10 maggio 1358, allorché l'abbate del monastero delle Tre Fontane rinnovò a favore de'conti Ildebrandino, Niccola e Gentile Orsini di Sovana, figliuoli tutti del Conte Guido Orsini e della contessa Anastasia prenominata, l'infeudazione del Castello di Orbetello , dello Stagno con la pesca e le saline , della città dell' Ansedonia col Porto della Feniglia , Port'Ercole , Mont'Argentaro , l' Isole del Giglio e di Giannutri ; ecc. mediante un annuo canone.
    Il conte Niccola figlio del Conte Guido Orsini e della contessa Anastasia Aldobrandesca-Montfort rifabbricò in Orbetello nell'anno 1376 la vasta chiesa priorale di S. Maria Assunta, cui concorsero i di lui nipoti conti Guido e Bertoldo, siccome apparisce dall'iscrizione posta nell'architrave della porta maggiore di quel tempio.
    Anche nel dì 15 giugno dell'anno 1401 fu rinnovata in Pitigliano una simile investitura, che il monaco fra Bernardino, nella qualità di sindaco dell'abbate di S. Anastasio ad Aquas Salvias o alle Tre fontane , diede al conte Bertoldo Orsini padre, ed a Orso, Ildebrandino e Niccola
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    di lui figliuoli per essi e per loro successori in linea mascolina; e in mancanza di maschi da succedere nello stesso feudo le femmine nate dalla stessa branca, con l'obbligo ai feudatarii di mandare a titolo di censo annuo nel giorno festivo di S. Anastasio al suo Monastero un cavallo bianco, o leardo bardato e di rinnovare il contratto medesimo di generazione in generazione mediante laudemio .
    Continuarono a dominare in Orbetello i conti Orsini finché non insorsero altre dispute e guerre fra la Repubblica di Siena e i conti di Pitigliano a cagione de'feudi che la prima teneva da questi di pertinenza di S. Anastasio. Alle quali inimicizie riparò nel 1452 la potente mediazione del Pontefice Niccolò V, mercè cui fu deciso che il Comune di Siena dovesse ritenere Orbetello con gli altri luoghi della badia delle Tre Fontane a condizione di pagare ai loro abbati un annuo censo di 50 fiorini d'oro, oltre lire 15.
    Cotesto trattato venne poi ratificato con bolla del 21 maggio 1459 data in Siena dal Pontefice Pio II, e di nuovo confermata dallo stesso gerarca con altra spedita dai bagni di Petriolo il 28 marzo del 1465, la prima diretta alla Signoria di Siena, e la seconda all'abbate commendatario del Monastero di S. Anastasio, esortandolo ad aderire alla richiesa riduzione di 5 ducati l'annuo tributo feudale di Orbetello e luoghj annessi, e affinché confermasse il feudo al Comune di Siena, sebbene i suoi rappresentanti fossero stati morosi nel soddisfare i tributi passati. – (RIFORMAG. DI SIENA, S. Anastasio N° 51).
    Questa seconda bolla ci rammenta le nuove controversie insorte fra la Repubblica sanese e l'abbate delle Tre fontane , per cui lo stesso Pontefice Pio II, con la bolla del 12 marzo 1461 aveva delegato in giudice apostolico il Cardinale Giovani del titolo di S. Prisca. Ma la sentenza andando in lungo, con lettera
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    del giugno 1465 il Cardinale di S. Sabina vescovo di Spoleto e abbate commendatario della badia di S. Anastasio invitò il cardinale di S. Eustachio, nuovo delegato pontificio in detta causa, a prorogare il termine prefisso alla sentenza, nutrendo speranza di potere aggiustare le vertenze fra il suo Monastero di S. Anastasio e la Repubblica sanese dopo sentiti i pareri dei più esperti giureconsulti di quella età che si stavano consultando.
    Gli esami e scritture su questa lite per parte del Comune di Siena esibite, tendono a provare, che il conte Nicola degli Orsini, il conte Gentile, il conte Guido ed il conte Ildebrandino erano figliuoli del conte Bertoldo; che poi dal conte Gentile era nato il conte Orso, dal quale il Comune di Siena per istrumento del 1383 aveva comprato i castelli della Marsiliana e di Montemerano mediante lo sborso di fiorini 8900, mentre il castello di Scerpenna , ora distrutto, e in detta epoca compreso nel feudo della Badia delle Tre fontane , da più di 90 anni indietro era posseduto dal Comune di Siena. – Risulta inoltre da quelle scritture, che il conte Bertoldo giuniore nel 1388 fu fatto cittadino sanese, quando egli per conto proprio possedeva il castello di Orbetello, sul quale fino verso l'anno 1414 continuò ad esercitare assoluto dominio.
    A quest'ultima epoca il castello col distretto d'Orbetello cadde in potere della Repubblica di Siena, la quale, per ragioni di guerra e rimborso di spese fatte già da qualche anno, ne conservava il dominio insieme ai castelli di Capalbio di Montanto e respettive appartenenze. Per modo che può dirsi che sino dal principio del sec. XV gli abitanti Orbetellani ed i popoli limitrofi si sottomettessero al Comune di Siena, meno quelli dell'isola del Giglio, i quali, nel 1364 dopo aver ubbidito per qualche secolo ai Pisani, passarono stabilmente sotto il dominio della Repubblica fiorentina, e finalmente dopo essa, sotto i Granduchi di Toscana.
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    Vedere ISOLA DEL GIGLIO.
    È altresì vero che Orbetello nel principio del secolo XV era stato occupato militarmente da Ladislao re di Napoli nemico de’Sanesi: la di cui morte non solo fu cagione che Siena si liberasse da un gran pericolo, ma che il di lei governo ricuperasse Orbetello per tradimento del governatore e del castellano di quella rocca; i quali due uffiziali spinti dall'avarizia più che dall'onore nell'agosto del 1414 cederono la rocca e il paese di Orbetello mediante il prezzo di 8000 fiorini d'oro. – (MALAVOLTI Stor. Senesi P. III)
    Nel 1454 però Orbetello fu momentaneamente preso e messo a sacco dal capitano Gonzaga, benché passato al servizio de'Sanesi dalle file delle truppe de'Veneziani e de’conti Orsini, fra le quali militò. Sennonché il Gonzaga col rimorso di acquistarne perpetua infamia, nell'anno stesso restituì le cose tolte ai terrazzani, e consegnò al general de’Sanesi Francesco Contarini la piazza di Orbetello. Ma l'anno appresso, fuvvi un altro castellano di Orbetello traditore della Repubblica che consegnò il castello al capitan di ventura Jacopo Piccinino, perché con le sue genti fosse sovvenuto di vettovaglie e di munizioni per la via di mare con ordine segreto di Alfonso re di Napoli. – Peraltro ne anche Jacopo Piccinino poté lungamente stanziarvi, perché in forza di un trattato di pace con le potenze belligeranti egli intorno alla metà di settembre del 1456 dovette riconsegnare il Castello di Orbetello ai commissarj sanesi. – ( Oper. cit. )
    Quindi incominciarono le vertenze tra gli abbati di S. Anastasio ed i Sanesi qui sopra accennate, sino a che nel 1466 si convenne fra le parti, che il Comune di Siena pagherebbe a titolo di annuo censo all'abbate delle Tre Fontane nel giorno della Pasqua di Resurrezione un calice di argento del peso di una libbra, da raddoppiarsi ad ogni rinnovazione del feudo.
    Con tale sistema si mantenne Orbetello sotto il dominio sanese
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    ad onta di alcune proteste degli abbati commendatarj di S. Anastasio, e di una momentanea occupazione ostile accaduta nel 1526 da una scorreria di truppe papaline, e alla comparsa di una flotta turca che nel 1543 passando lungo le coste della Toscana saccheggiò Talamone e Port'Ercole, nel tempo che il cardinale Alessandro Farnese, come abbate commendatario della badia delle Tre Fontane , affacciava delle ragioni sopra Orbetello e suo distretto. Ma tolsero di mezzo ogni questione nel 1554 gli Spagnuoli venuti su di una flotta in quei paraggi per combattere e cacciarne Francesi e Sanesi.
    Infatti riescì all'Imperatore Carlo VI nel corso di tre anni (dal 1554 al 1557) di ridurre con i suoi potenti mezzi all'obbedienza gli abitanti di tutto il territorio della Repubblica sanese, che poi rilasciò al suo figlio Filippo II re delle Spagne; e questi nel 1557 ne investì Cosimo I duca di Firenze per estinguere un debito di rilevanti somme in quella guerra da Carlo V contratto. In tale cessione però Filippo II volle riservarsi i castelli di Orbetello e Port'Ercole con tutto ciò che faceva parte di quella giurisdizione, talché ne costituì un piccolo dominio nel centro dell'Italia marittima sotto nome di Regii Presidj .
    Allora fu che al territorio Orbetellano fu aggiunto il castello e distretto di Talamone, e di tutto quel paese di cui Orbetello divenne piccola capitale, dove i re delle Spagne e dell'Indie fecero innalzare cospicue fortificazioni, sia davanti Orbetello, come al Porto S. Stefano, ma specialmente le più imponenti e più dispendiose sorsero intorno a Port'Ercole. – Vedere PORT’ERCOLE.
    Quindi inutilmente nel 1646 i Francesi comparvero ad assediare Orbetello, dalla parte di terra difeso dall'arte, mentre verso lo stagno lo difende la natura.
    Ai Regii Presidii pertanto riescirono dannose le gare fra gl'Imperiali e gli Spagnuoli nella guerra della successioe, in guisa che le truppe tedesche nel 1708 scacciarono le spagnuole da Orbetello e dagli
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    altri castelli de’ Regii Presidii , fino a che questi furono di nuovo a viva forza riconquistati dall'armata discesa nel 1735 dalla Spagna in Italia.
    In quest'ultima spedizione la campagna di Orbetello fu devastata e tutta la popolazione de’Regii Presidii ridotta alla miseria, alla quale cagionarono anco maggiori sciagure le sue fortezze.
    Così questo piccolo stato (meno l'Isola del Giglio) rimase unito alla Corona di Spagna dal 1557 al 1707, nel quale anno i Regii Presidii caddero per la maggior parte insieme col regno di Napoli in potere degl'Imperiali, dai quali furono guardati fino alla pace del 1736. Fu allora quando Orbetello con il restante de’Regii Presidj venne ceduto a Carlo Borbone re di Napoli e di Sicilia; al di cui figlio Ferdinando IV gli Orbetellani e gli abitanti di Port'Ercole, Porto S. Stefano e Talamone fedelmente ubbidirono sino all'anno 1808, in cui i Francesi incorporarono al Granducato quella porzione di Toscana che il trattato di Vienna del 1814 confermò ai Granduchi della Dinastia Austro-Lorena suoi legittimi sovrani.
    Questo piccolo stato allora comprendeva i seguenti paesi: 1. Orbetello , che viene contemplata città per esserne la capitale; 2. Port'Ercole , Castello posto nell'estremità orientale del Promontorio Argentaro, laddove questa montuosità si congiunge con l'istmo della Feniglia; 3. Porto S. Stefano , altro Castello situato in un seno fra occidente e maestro sotto lo stesso Promontorio; 4. Talamone , castello con porto già frequentato, ora quasi impraticabile, lungo la costa littoranea della Toscana e circa dieci miglia a settentrione-maestro di Orbetello; 5. L' Ansedonia con le sue adiacenze, posta sei miglia a levante di Orbetello sulla costa littoranea alla testata dell'istmo della Feniglia, fra il lago di Burano e lo stagno di Orbetello.
    Inoltre faceva parte de'RR Presidii di Toscana il Castello di Porto Longone con il suo distretto comunicativo, sebbene questo si trovi situato nell'Isola d'Elba. – Vedere i suddetti Articoli.
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    CENSIMENTO della popolazione della città di ORBETELLO a tre epoche diverse, dopo la sua riunione al Granducato.

    ANNO 1818: Impuberi maschi 310; femmine 299; adulti maschi 206, femmine 394; coniugati dei due sessi 617; ecclesiastici 33; numero delle famiglie 420; totalità della popolazione 1859.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 445; femmine 412; adulti maschi 270, femmine 416; coniugati dei due sessi 689; ecclesiastici dei due sessi 59; numero delle famiglie 444; totalità della popolazione 2291.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 532; femmine 446; adulti maschi 594, femmine 434; coniugati dei due sessi 756; ecclesiastici dei due sessi 86; numero delle famiglie 484; totalità della popolazione 2848.

    Comunità di Orbetello . – Il territorio comunitativo di Orbetello, compreso lo Stagno salso, occupa una superficie di 92617 quadrati, dei quali 1561 quadrati spettano a fiumi e ad altri corsi d'acque, o a pubbliche strade.
    Nell'anno 1833 vi abitavano 4823 persone, a ragione repartitamente fra stagno e terraferma di 44 abitanti per ogni miglio quadrato di suolo e acqua imponibile.
    Confina dalla parte di terraferma con due comunità del Granducato e per una piccola tangente littoranea con lo Stato pontificio. Imperocché da maestrale a settentrione il territorio comunicativo di Orbetello rasenta quello della Comunità di Magliano, a partire dalla foce del fosso della Valentina che dal suo sbocco in mare rimonta verso grecale fino a che arriva presso il borro di Collecchio , il quale attraversa insieme alla vicina strada Regia orbetellana, ossia Aurelia . Passata la qual via i due territorii fronteggiano nella stessa direzione per termini artificiali fino al fiume Osa, il di cui corso entrambi secondano nella direzione di maestrale fino sotto alla confluenza del fosso Sorra , dove trovasi un mulino diruto. Quindi per una linea artificiale diretta da ponente a levante il territorio di Orbetello arriva sul torrente Patrignone per scendere con esso ad
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    un altro mulino diroccato della Madonna ; sotto al quale col torrente prenominato entra nel fiume Albegna al luogo detto la Camera de’Padri . A quel punto dallo stesso lato, cioè a grecale di Orbetello, sottentra a confine la Comunità di Manciano donde cotesti due territorii comunitativi rimontano il fiume Albegna nella direzione di grecale, quindi piegando a levante-scirocco lo trapassano per salire i poggi de' Sassi neri , sui quali attraversano la via pedonale del Cutignolo per discendere nell'opposta Valle della Fiora fra il poggio di Capalbio e quello di Capalbiaccio. – Appena oltrepassata la via che da Orbetello mena a Capalbio, i confini del territorio di questa Comunità cambiando direzione da scirocco a ostro percorrono in mezzo alla selvosa pianura di Macchia Tonda per entrare quasi dirimpetto alla torre omonima nel Lago di Burano . Costà una linea longitudinale diretta da ponente a scirocco, divide per lo lungo quasi a metà quel Lago salso fra la Comunità di Manciano, cui tocca la porzione contigua alla terraferma, e questa di Orbetello, cui spetta la parte dirimpetto il tombolo; finché dal confine orientale del lago passa lungo il littorale per angustissima lingua di terra, cu cui si alza la torre de'cavalleggeri, detta di Gratticiata , piantata dirimpetto alla foce del torrente Chiarone nell'estrema punta del Granducato, dove la Comunità di Orbetello tocca la provincia del Patrimonio spettante allo Stato pontificio.
    Da tutti gli altri lati il territorio Orbetallano costeggia col mare, avendo, come dissi, fra i due istmi lo stagno omonimo, e di fronte a questo il promontorio Argentaro, mentre lungo il suo littorale a maestro di Orbetello sorge sopra una rupe il pittoresco Castello di Talamone, e sopra un altro poggetto sulla costa marittima a levante del capoluogo vedonsi le etrusche mura della distrutta città di Cosa , o dell'Ansedonia.
    Fra le strade rotabili che attraversano
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    il territorio Orbetellano, la prima è la via Aurelia stata nel 1820 rettificata, ampliata e riparata dall'Ombrone fino a grecale di Orbetello, ove si dirige un altro tronco di larghissima e dirittissima via per le cure del Granduca Ferdinando III, cui quel civico magistrato innalzò una colonna destinata a rammentare la via consolare dalla munificenza di quel Principe restituita, e l'altro fatto più importante, per cui gli Orbetellani si sottomisero alla sua legittima potestà.
    La ricostruzione della stessa via Aurelia nuova , ossia Maremmana da Pisa a Grosseto, e da Orbetello al confine del Granducato è una delle tante opere magnanime dovute all'Augusto Granduca LEOPOLDO II felicemente regnante.
    Tra le altre strade rotabili, oltre quella che mena ad Orbetello, si staccano dalla Maremmana dentro il territorio Orbetellano; la prima è quella che si stacca dalla regia alla barca dell'Albegna presso la torre delle Saline per dirigersi lungo l'istmo del Tombolo, e di là passando per la torre S. Liberata conduce a Porto S. Stefano. La seconda staccasi pur essa presso la torre delle Saline per guidare in opposta direzione lungo la sinistra sponda dell'Albegna alla Barca del Grassi , e di là per la Marsiliana e Marciano sino a Pitigliano. Il terzo tronco di via diramasi dalla strada precedente alla Barca del Grassi per condurre in direzione diagonale e sboccare nell'Aurelia nuova in un punto più vicino a quella comunale che mena a Orbetello.
    Fra le montuosità di questo territorio la più colossale e più eminente di tutte è sul promontorio Argentaro; dove il Padule Inghirami assegnò l'altezza del convento de'Passionisti, situato poco più in alto che a mezza costa del monte, presa dalla sommità del campanile di quella chiesa, la quale calcolò ascendere a braccia 501 ossiano 150 tese francesi sopra il livello del mare. I poggi de' Sassi neri e quelli di S. Angelo, situati nel continente
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    a grecale di Orbetello, così l'altro posto a levante su cui esistono le mura di Cosa o dell'Ansedonia, e quello di Talamone a maestrale di Orbetello, sono tutti più umili del promontorio accennato.
    Ho già detto che il territorio della comunità di Orbetello occupa una superficie di 92617 quadrati agrarj, compresivi 1561 quadrati, i quali spettano a corsi d'acqua e strade, non suscettibili d'imposizione; mentre lo stagno di Orbetello essendo fruttifero di pesci è soggetto all'imposizione fondiaria. Ora cotesto stagno approssimativamente calcolato occupa una superficie di circa dieci miglia quadrate toscane, pari a 8027 quadrati agrarj; cosicché la terraferma della Comunità di Orbetello si ridurrebbe a 82590 quadrati agrarj, pari a miglia 102 e 1/3.
    Se gl'istmi laterali che separano dal mare lo stagno di Orbetello non esistessero, il promontorio Argentaro sarebbe un'isola al pari di quelle di Giannutri e del Giglio che gli restano dirimpetto. Per altro che tal promontorio una volta fosse isolato dai flutti marini fu opinione di alcuni, i quali immaginarono, che i due istmi si fossero successivamente formati dai depositi dei fiumi, o seppure in origine esistevano, che figurassero tante baje insieme alla lingua di terra di Orbetello, ammettendo essi che il mare Mediterraneo sia stato di alcune braccia più elevato del livello attuale. – Rispetto al primo dubbio rispose per tutti il chimico naturalista Brocchi nelle sue Osservazioni naturali fatte sul promontorio Argentaro e isola del Giglio . – ( Vedere BIBLIOTECA ITALIANA Vol. XI pag. 82.)
    In quanto poi al supporre che di alcuni palmi più alto dell'attuale fosse nei tempi andati il livello del mare, onde sommergere i due istmi, e conseguentemente anche la lingua di terra che in mezzo ad essi prolungasi molto avanti nello stagno sulla cui punta fu fabbricata Orbetello, dissi altrove che ciò non sembra conciliabile con la storia, né con la geografia littoranea delle nostre contrade. Imperocché, o si voglia concedere che Orbetello corrisponda al paese
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    di Subcosa , come si vuole dai più, o si ammetta che fino dai tempi etruschi di mura ciclopiche sia stato circondato e di abitatori popolato, in tutti i casi, quando il promontorio Argentaro fosse stato isolato in mezzo al mare, ed i tre prolungamenti della spiaggia Orbetellana nascosti dalle onde marine, allora sarebbe stato impossibile che ivi un paese qualunque fosse stato eretto e di abitatori frequentato. – Vedere gli Articoli GROSSETO e LITTORALE TOSCANO.
    Mi unirò pertanto volentieri al parere emesso dal dotto naturalista testé citato, il quale ha giudicato, che la configurazione del bacino Orbetellano sia contemporanea alla formazione de'continenti, e l'effetto di quelle cause medesime che in tante e sì strane guise hanno variato l'aspetto delle coste marittime; mi unirò, dissi, a cotesto parere del Brocchi, ammesso che sia come innegabile un altro fatto, cioè, che le stesse cause possono in più epoche essersi ripetute non tanto intorno alle coste, quanto ancora in mezzo al mare. Infatti ne conviene chiunque la comparsa di molte baje, di tante isole, di nuovi monti, di promontori nuovi accaduta in tempi che la storia chiama antichi, mentre modernissimi appariscono per i geologi. Su di che, rapporto al caso nostro, deve riflettersi alla natura stessa del terreno plutonizzato, che costituisse la massima parte dell'ossatura del promontorio Argentaro, come pure di quello da cui sono formate le isolette dirimpetto.
    Quindi a coloro che la pensano in tal guisa non recherà sorpresa qualora trovino ne'contorni dello stagno di Orbetello, tanto nel monte Argentaro quanto nel poggio dell'Ansedonia, e dove questo si stende verso l'istmo della Feniglia, rocce massicce e cavernose; né si maraviglieranno se i due istmi e la lingua di terra che stendesi in mezzo allo stagno Orbetellano sono coperti d'impasti antichi di sabbione, in cui rimasero avviluppati gusci di conchiglie, che mancano in detto stagno, e che vivono solamente nel mare. Tali sarebbero per esempio i gusci
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    dell' Ostrea jacobaea , e dell' Arca pilosa , stati già segnalati dal chimico Brocchi, il quale riscontrò ed io pur vidi 12 anni dopo lui in simili tufi sabbiosi conglutinati da cemento calcario non solo intorno alla sponda dello stagno salso, ma altresì dentro terra, sei miglia lungi da Orbetello tanto dalla parte della torre delle Saline, quanto nell'opposta direzione per andare all'Ansedonia, ed a tale altezza, cui non si potrebbe supporre che abbiano mai attinto le acque dello stagno Orbetellano.
    Coteste osservazioni autorizzarono il Brocchi ad emettere la conclusione seguente: “È assai probabile, che la formazione di tale arenaria (conchigliare dei contorni di Orbetello) risalga a remotissime epoche anteriori alla totale emersione dei continenti dalle acque del mare”.
    In quanto ai testacei che attualmente vivono in copia nello stagno di Orbetello, queli che maravigliosamente vi moltiplicano sono i così detti Galletti ( Cardium edule ). Vi si trovano anche, sebbene in minor numero, alcune qualità di buccini, come il Murex almoides , la Tellina lactea , e la Mactra pellucida .
    Rispetto ai pesci dello stagno, vi moltiplicano prodigiosamente le anguille , e vi entrano dal mare i muggini , le aguglie , le spigole , i calcinelli o datterini , i bavosi e le bottacchie .
    Parecchi uccelli acquatici sogliono frequentare lo stagno di Orbetello, come sarebbero le folaghe , i gabbiani , i marangoni , i sottanelli , i cucchiaroni , ed altre anatre dal volgo appellate capiverdi, o capineri.
    Il celebre botanico Gaetano Savi che sulla fine del secolo passato accompagnò nelle Maremme sanesi il geologo Giorgio Santi segnalò molte piante da lui raccolte nel territorio Orbetellano, nello stagno, e intorno alle sue sponde, fra le quali sono principalmente le seguenti
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    acquatiche: Chara vulgaris, Potamogeton gramineum , e maritimum , Conferva dichotoma , Ulva intestinalis, e l' U. Compressa . Alle predette piante due decadi dopo il Brocchi ne aggiunse altre quattro vedute da lui; cioè, l' Ulva lactuca , l' Ulva linza , la Ruppia marittima e la Conferva linum . – Quest'ultima pianta capillare porse motivo al sagace Brocchi di una curiosa osservazione, onde poté spiegare l'origine e la formazione di quelle frequenti masse sferoidali di sostanza stopposa che i flutti del mare spingono sulla spiaggia, eda alle quali fu dato il nome di pilae marinae . – Credevasi dai più che esse provenissero dalla parte filamentosa delle radici dell'alga, ossia della zostera ; mentre altri naturalisti immaginarono che quelle palle avessero origine nello stomaco de’pesci, e che fossero da essi rigurgitate. Ora, d'intorno alle sponde dello stagno di Orbetello, e specialmente lungo i due istmi, se ne incontrano moltissime composte, non già di alga, ma di filamenti di quella Conferva linum che vive in quantità nel fondo dello stagno e nel contiguo mare, sicché gli ammatassati suoi filamenti così verdi e freschi possono, dice il Brocchi, destramente sfilacciarsi anche intieri.
    L'acqua dello stagno di Orbetello doviziosissima di anguille , di aguglie e anche di muggini fornisce alla classe povera degli abitanti di Orbetello un vasto campo comunale mobile da poterne trar frutto con la pesca che vi si pratica, per lo più di notte, quasi da per tutto e in tutte le stagioni dell'anno. – Dissi quasi da per tutto , essendovi nello stagno degli spazii circoscritti da frasche e cannucce sorrette da pali che si conficcano nella melletta del suo basso fondo; e che una volta la Regia azienda appaltava, ma che ora la Comunità di Orbetello rilascia al maggior offerente
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    per un numero d'anni. – Dissi in tutte le stagioni dell'anno , mentre lo stagno è sempre quieto, né il troppo angusto canale della Peschiera , che si biforca in due rami per mettere lo stagno in comunicazione col vicino mare, reca la benché minima alterazione alle sue acque, le quali, ad eccezione dei venti impetuosi, sogliono essere tranquille a segno che negli inverni più freddi, sebbene salate quasi quanto quelle del mare, gelano al pari delle acque dolci, siccome avvenne nell'inverno del 1789, quando lo stagno di Orbetello si agghiacciò in tutta la sua estensione.
    Dissi pure che la pesca si pratica per lo più di notte ; e allora suol farsi nel modo seguente. Un solo pescatore monta la sua piccola barchetta di fondo piatto, e fornita di un lume in prua per vedere il pesce, che il cacciatore investe con una specie di forca di ferro dentata, ( fiocina ), dalla quale resta presa la preda. – È uno spettacolo per il viaggiatore che capita a Orbetello nelle notti serene il vedere centinaja di schifi, specie di canot , coi loro fuochi vagare e formare una illuminazione continuamente mobile per lo stagno.
     Per altro questo stagno, se da un canto fornisce gran lucro e molti vantaggi alla popolazione di Orbetello, dall'altro canto reca alla medesima non piccola molestia per la immensa copia di Conferve , di Ulve e di altre piante acquatiche, le quali gettate dai venti alla sponda dello stagno e intorno ai lembi della lingua di terra che lo fiancheggia, ingombrano il pomerio ed i contorni della città, in guisa che nell'estiva stagione, le acque dello stagno abbassandosi alquanto di livello, quelle sostanze fermentano, servono di fomite e danno origine a milioni d'insetti, tramandando al tempo stesso nell'atmosfera un fetore insopportabile.
    Di un altro svantaggio all'economia animale riesce nell'estate l'abbassamento del livello delle acque dello stagno,
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    poiché resta allo scoperto il così detto Stagnone , formatosi in un angolo a settentrione di Orbetello fra l'istmo del Tombolo, la torre delle Saline e la strada Aurelia; per modo che in quella stagione il sottostante limo si ricuopre di una copiosa efflorescenza di sal marino, causa di mal aria alle prime piogge, e di grande imbarazzo per le guardie incaricate a impedire che quel sale venga raccolto.
    Questo nome di Saline , che conserva da lunga mano la vicina torre situata sulla via Aurelia presso la ripa sinistra dell'Albegna, indica per se solo che costà presso anticamente doveva essere un qualche edifizio per il sale.
    Infatti da questo lato lo stagno anco nell'inverno è sì poco profondo che può guardarsi, non solo dai cavalli, ma ancora dalle vetture, e in certi tempi si potrebbe anche da un uomo attraversare quasi da per tutto, se il fondo non fosse troppo molle e limaccioso.
    Già agli Articoli CAPO MARTA e MARTA fu avvisato, che nel secolo X, circa 200 anni dopo la donazione del territorio Orbetellano attribuita a Carlo Magno, esisteva costà fra lo Stagnone e la torre delle Saline un paesetto, vico o castello appellato Marta , dove fu una chiesa dedicata al B. Abramo Patriarca . La qual chiesa sebbene ceduta dopo il mille dai conti Aldobrandeschi suoi patroni alla badia di Spugna in Val d’Elsa, nondimeno essa continuò a dipendere dai vescovi di Sovana. Ciò, se non è dimostrato, lo dà al certo a divedere una bolla del Pontefice Lucio III spedita nel 23 novembre 1183 all'abate e monaci di S. Salvatore di Spugna, quasi per accrescer peso alla congettura; cioè, che anche la chiesa priorale di S. Maria Assunta di Orbetello continuasse a dipendere dal vescovo di Sovana sino alla sentenza del 1230 pronunziata dal delegato del Pontefice
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    Gregorio IX a favore dell'abate e monaci Cistercensi di S. Anastasio alle Tre fontane .
    A questo luogo di Marta , detto poi delle Saline , allude una iscrizione in marmo che vedesi murata nella facciata dell'edifizio, posta in memoria della costruzione di quel fortilizio, e del distrutto vico di Marta di Talamone, presso il quale fu innalzato il forte della Torre delle Saline . – Eccone la copia:

    PHILIPPO • AUSTRIACO
    REGUM  • MAXIMO • HISPANO  • GOTHICO  • GERM.  • SICULO  • ITAL.  • ASIATICO  • AFRICANO  • INDIGO  • NOVI  • OCCIDENT.  • ORBIS  • MONARCH.  • OPT.  • CATHOLICO  • PIO  • FELICISSIMO  • PRINCIPI  • SEMPER  • AUG. Ad    • Propulsandas  • Turc.  • Et  • Pirat. Iniuras  • Oramque  • Thusciae Tuendam   • HANC  • SALINAE  • Et   • Quam AD  • TELAMONEM  • MARTHAM  • Vocant   • ARCEM  • Cum  • Propugnaculis  • Suo  • Jussu  • THOMAS  • ZUALIUS  • Calaber  • Ejus  • Copiarum  • Praesidiorumque  • Moderator  • Construxit  • Ideo  • Suo  • Nomini  • Majestatique  • Devotus  • Hoc  • Monum.  • D. ac  • P. 1630.

    Recapitolando, gioverà il poco fin qui detto a sempre più convincere, che la superficie del mare Mediterraneo non deve aver sofferto una differenza sensibile di livello nei luoghi caduti qui in esame, dappoiché vi esiste lo stagno salso, nonostante che si mostri sommerso dall'acqua un edifizio romano, situato presso la torre di S. Liberata, il quale ha il suo impiantito quadrilungo di mosaico coperto dai flutti del mare; stanteché quell'edifizio dovè servire di Pescina per uso della senatoria famiglia de’Domizi Enobarbi, stata lungo tempo padrona del territorio Cosano; la qual Pescina dagli autori di antichi Itinerarj sembra che fosse contrassegnata col
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    nome di Cetaria Domitiana .
    Un altro rilievo non meno giusto fu fatto dal chimico Brocchi, quando disse, che lo Stagno di Orbetello è una viva rappresentanza di quello che fu nei tempi antichi il piano delle Paludi Pontine, al che io aggiungerei anche il piano del Lago Prile o Prelio , ora Padule di Castiglione della Pescaja.
    Avvegnaché tanto alle paludi Pontine, come al Padule di Castiglione della Pescaja il mare vi penetrava meglio e per più larga apertura di quella per la quale entra nello Stagno di Orbetello, sennonché là più assai che quà confluivano le acque dalle vicine montagne. Milita per essi la stessa ragione rapporto ai sedimenti marini esistenti in molti luoghi delle Paludi Pontine, al pari che nel bacino del Padule di Castiglione, i quali si manifestano ogni volta che si escava il suolo alla profondità di poche braccia.
    Così, come vediamo lo stagno di Orbetello fronteggiato dal promontorio Argentaro, anche le Paludi Pontine lo sono dal promontorio Circeo, nella stessa guisa che il Lago Prelio dovette restare in gran parte insenato dentro terra mediante quella specie di baja o lingua di terra che dalla bocca d'Ombrone alla fiumara di Castiglione si distende in una larghezza, la quale diminuisce in ragion diretta della distanza dalla foce del fiume, e viceversa. Quindi è che il tombolo fra la torre di S. Rocco e il canale di Castiglione rappresenta una piccola penisola che dalla parte di levante fu disgiunta dalla terraferma, mediante il fiume Ombrone, e dal lato di ponente dalla così detta Fiumara di Castiglione, già Salebruna degli Itinerarj.
    Quanto alla costituzione fisica del territorio Orbetellano essa varia sensibilmente a seconda delle località; poiché la porzione situata in pianura trovasi coperta dalla rena del mare, o dai tufi conchigliari, oppure dai depositi terrestri ivi lasciati dai fiumi, mentre la parte montuosa riducesi per lo più a
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    rocce stratiformi per la maggior parte calcaree, e pel restante arenarie o argillose, più o meno nella loro struttura alterate, e diremo anche platonizzate dalle masse serpentinose e dai filoni metalliferi che vi penetrarono.
    Infatti se si percorre la pianura Orbetellana dal fosso di Collecchio fino alla torre di Macchia tonda , fra il lido e il poggio s'incontrano frequenti ristagni di acque dolci arrestate fra i tomboli e le gibbosità di quel suolo, cui serve di letto una cuora di sostanze organiche fermentanti, o fermentate e incarbonite.
    Quindi è che i luoghi più depressi lungo il lido sono sparsi o di laghi comunicanti col mare, come son quelli di Burano e di Orbetello , ovvero di paduline e di ristagni d'acque dolci in gran parte mineralizzate dallo zolfo e dall'acido carbonico che in copia si sviluppa da quel suolo. Tali sono i Lagaccioli di Capalbio , cioè, il Lago Acquato , il Lago Secco , quello di S. Floriano , e il Lago del Cutignolo .– Vedere LAGACCIOLI DI CAPALBIO. – La stessa cosa accade rapporto alle padulette interposte fra l'Osa e l'Albegna e la strada Aurelia o Maremmana tracciata sul tombolo che trovasi tra i due fiumi. Tale attualmente è divenuto il fondo della cala che servì di porto a Talamone; tale anco può dirsi la pozzanghera nascosta dietro al poggio di Talamone lungo la stessa Aurelia alla destra del fiume Osa, senza star quì ad aggiungere la nota di altri minori ristagni, tutti dannosi alla cultura de'campi e più che altro perniciosi alla vita di chi tra il luglio e l'ottobre gli avvicina, e perfino pregiudicevoli a coloro che abitano molte miglia lungi da quei fomiti malaugurati di mal' d'aria. Dondeché i paduli ed i marazzi di Talamone sono riguardati in estate, massime allorché dominano i venti australi,
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    come nemici malefici delle popolazioni di Magliano , di Montiano , di Pereta ed anche più oltre di là.
    Di grande importanza per i geologi è il promontorio Argentaro. – Esso è composto di due o tre eminenze; la più alta delle quali, situata sopra il forte di Port'Ercole, è chiamata del Telegrafo in memoria di un telegrafo costruitovi sotto il governo francese. Alquanto più bassa della testè nominata è quella de' Ronconali , la più centrale di tutte, e la cui sommità è coperta di grandi rupi, aguzze, scoscese, smosse dal tempo e smantellate. Terza per elevatezza è la punta del monte detto dell' Argentiera che si alza fra Porto S. Stefano e la torre di S. Liberata, sulla cui vetta apparisce una sdrucita rocca. Fanno corona a queste altri più umili poggi intersecati da valloncelli, come quello dove risiedono le fabbriche del noviziato, della chiesa e convento de'Passionisti, che vi fondò il Padre Vincenzio della Croce genovese, autore di quell'ospitaliero monastico istituto.
    Uno de’maggiori valloni dell'Argentaro si apre verso la spiaggia settentrionale in forma di un seno che termina nel corso sinistro sotto il monte di S. Pietro e che abbraccia diverse cale, la più profonda delle quali serve di porto al popolato paese, già meschino villaggio, di S. Stefano.
    Un anche più vasto vallone scende biforcato verso levante dal monte del Telegrafo dove costituisce due seni, il primo fra la punta dell'Avvoltojo e quella del forte Stella, e l'altro fra il forte Stella e il Monte Filippo, e questo seno serve alla profonda cala di Port'Ercole.
    La lunghezza del promontorio Argentaro, presa dalla criniera de'monti, si può calcolare di circa sette miglia, e la sua maggior larghezza di cinque miglia o poco meno. Dondeché Rutilio Numaziano non andò molto lungi dal vero quando determinò la sua larghezza a sei miglia romane, ed il giro del suo perimetro a 36 miglia;
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    vale a dire, quelle della traversa corrispondenti a miglia 5 e 4/5 e tutto il suo giro a miglia 28 e 4/5 toscane.

    Transversos colles bis ternis millibus arctat;
    Circuitu ponti ter duodena patet.
                                            RUTILII, Itin. Lib . 1.

    Dalla parte che guarda il mare, di faccia alle isole di Giannutri e del Giglio, il promontorio Argentaro ha una pendice molto frastagliata alla base e interrotta da più sproni, i quali lasciano in mezzo varii seni difesi da torri e da fortini di custodia, distintamente designati all' Articolo LITTORALE TOSCANO, mentre il mare che l'avvicina resta sparso di scogli, come quelli che furono segnalati da Rutilio nel Itinerario marittimo de’quali è fatto parola all' Aricolo ARGENTARO (MONTE) e PROMONTORIO.
    Alcune fonti d'acqua dolce scaturiscono dalle pendici meno discoscese del promontorio, cioè dal lato volto fra maestrale e levante, la più ricca delle quali è la fonte detta di S. Antonio . Essa sgorga presso la Nunziatella, e scende nello stagno di Orbetello per la così detta Terra rossa , rasentando gli antichi acquedotti in gran parte distrutti. – È un'opera pubblica che per munificenza dell'Augusto Sovrano che regge i destini della beata Toscana sarà ripristinata più utile e più grandiosa; poiché mentre sta pubblicandosi il presente Articolo circa 160 lavoranti sono già all'opera destinata a innalzare sullo stagno di Orbetello una diga che taglierà in mezzo il detto stagno fornita di tre ponti per congiungere la città di Orbetello al promontorio Argentaro, e fornire a que’cittadini, mediante un acquedotto, la facilità di servirsi delle acque potabili e salubri di detto promontorio.
    Riguardo poi alla struttura geognostica e alle rocce diverse che incontransi nei monti Orbetellani, esse per la massima parte spettano a que’terreni che costituiscono la catena metallifera lungo il littorale toscano, che il ch. geologo pisano Prof. Paolo Savi prima degli altri indicò nella sua terza e quarta serie delle
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    masse serpentinose che alterarono in Toscana le rocce stratiformi, o di origine nettuniana.
    Per non abusare di parole, né dell'indulgenza cortesemente accordatami dai lettori io gl'inviterò su questo proposito a voler rileggere gli Articoli ARGENTARO (MONTE), COSA , e ISOLA DEL GIGLIO, dove fu dato un cenno della qualità e distribuzione geognostica delle rocce costituenti la crosta visibile di quelle tre montuosità, state tutte più o meno potentemente plutonizzate; siccome sarebbe inutile ch'io ripetessi quanto fu detto innanzi tutto dai naturalisti Giorgio Santi circa 44 anni e da G. B. Brocchi 22 anni addietro relativamente agli stessi luoghi, dai medesimi con diligenza percorsi e studiati.
    Della struttura e qualità delle rocce che cuoprono il poggio di Talamone, ultimo sprone australe del monte dell'uccellina, diede notizia il prelodato naturalista Giorgio Santi, il quale riconobbe in quella rupe una breccia a cemento siliceo, simile a quella che riscontrò assai frequente nei monti della Maremma grossetana, talvolta intersecata da strati o da filoni quarzosi. Alla stessa breccia nel poggio di Talamone serve di mantello verso la base una specie di galestro schistoso, che a luoghi prende l'aspetto di diaspro con minuti cristalli di quarzo jalino.
    Nella linea opposta il poggio dell'Ansedonia che a guisa di piccolo promontorio si alza fra il lago di Burano, lo stagno di Orbetello e l'istmo della Feniglia, può considerarsi qual'estremo risalto dei monti Orbetellani che scendono da settentrione per il colle di S. Angelo e per quello delle Tombe o di Capalbiaccio sino al mare.
    La roccia dominante che lo riveste consiste in una calcarea che appena conserva l'aspetto della stratificazione originaria, presentandosi per lo più di struttura massiccia, di tinta bigia e di grana cristallina penetrata da vene metallifere. Cotesta roccia è spesso traforata da cavità bollose, o da cellule ramificate e contenenti tracce copiose di ossido di ferro rosso. La stessa pietra, che percossa col martello tramanda odore di gas idrogeno-solforato, suole essere attraversata da
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    grandi screpolature, e in molti luoghi ricoperta o tramezzata da una breccia calcarea.
    Per esempio dalla parte della Torre della Tagliata si formò in questa roccia un larghissimo e lunghissimo spacco, conosciuto volgarmente sotto nome di Spacco della Regina , ed è quella Cava di cui fece ridevole menzione Fazio degli Uberti nel Libro III del suo Dittamondo, quando cantò:

    Ivi è ancor ove fue la Sendonia,
        Ivi è la Cava ove andarno a torme
        Si crede il tristo, ovvero le Demonia.

    Sebbene lo spacco della Tagliata venga indicato ai viaggiatori come oggetto di maraviglia, esso peraltro mostra le interne pareti esattamente corrispondenti con i concavi i convessi della stessa rupe calcarea; talché non lascia dubbio essere lo Spacco della Regina altro che l'effetto naturale di un terremoto o di un qualche altro cataclismo, per cui fu squarciata da capo a piedi la parte del promontorio volta a scirocco e sulla cui sommità girano le mura dell'etrusca città di Cosa de’Volscienti , la quale nel medio-evo cambiò il suo nome in quello dell' Ansedonia .
    Inoltre presso lo spacco anzidetto esiste un'altra apertura anticamente eseguita dalla mano dell'uomo per traforare la rupe e penetrare a fior d'acqua nel mare poco lungi dalla Torre della Tagliata . È altresì credibile che quest'apertura artificiale servisse ad uso di bagni di mare, tanto più che vi restano de'sedili scolpiti sulla viva pietra; dondeché il Brocchi assomigliò cotesto bagno a quel recesso delle Ninfe descritto da Virgilio nel libro I dell'Eneide, tranne le scaturigini d'acqua dolce che mancano nel così detto Bagno della Regina .
    Ma passando dalla topografica alla fisica costituzione del promontorio Argentaro a quanto dissi brevemente al suo Articolo , aggiungerò, che le rocce ofiolitiche serpentinose sottostanti, o penetrate fra mezzo alle stratiformi di cotesto monte, metamorfizzarono quest'ultima
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    talmente che la calcarea compatta, la quale costituisce la roccia predominante del monte Argentaro, fu convertita in calcarea cavernosa, di tinta nerastra e fetida, ovvero fu ridotta in calcarea marmorea e cristallina, come quella che cuopre la più alta cima del promontorio. Così lo schisto marnoso, altra roccia appenninica, quanto più si trova costà vicina alle rocce ofiolitiche, tanto più si vede acquistare una grana finissima, un luccicore madreporico, e un tatto come untuoso. Se poi si tratta dell'arenaria-macigno, terza delle tre grandi rocce appenniniche, questa dell'Argentaro, a proporzione che si accosta alle masse serpentinose diminuisce e termina col perdere affatto i suoi nativi caratteri mineralogici e le sue stratificazioni, sino al punto da figurare, dove un diaspro, dove uno schisto argillo rossastro sparso di noccioli di quarzo e dove una qualità di gabbro rosso-scuro. – Coi frammenti poi di quella calcaria plutonizzata, dello schisto madreporico e della roccia quarzosa si formò costà una specie di verrucano, consistente in una breccia legata insieme da un sugo siliceo, la quale s'impiega per macine. Tale è quella che cuopre il poggio alle spalle di Port'Ercole, sulla cui eminenza esiste la fortezza della Stella, e nel suo fianco furono aperte le cave per le stesse macine.
    Il gesso è un'altra pietra insinuatasi nel promontorio Argentaro, come ne’monti del Fivizzanese, fra la calcaria fetida e cavernosa ( Vedere FIVIZZANO Comunità ), oppure in filoni fra la breccia suddetta. Tale è il gesso candidissimo che manifestasi nel fianco esterno dell'Argentaro, alla cala delle Colonne , di Calapiatti , Cala grande ecc.
    Dal lato interno del promontorio voltato dalla parte dello stagno e del continente le rocce nettuniane veggonsi meno alterate di quello che lo siano dirimpetto al mare; poiché dal lato dello stagno quelle massicce sono rarissime o vi mancano affatto. Se a tali circostanze geologiche, ripetute in molti poggi lungo il littorale toscano, voglia accoppiarsi l'altro fenomeno, che le isole dirimpetto all'Argentaro
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    sono formate di rocce eminentemente cristalline, di graniti, serpentine ecc., presentasi alla mente del naturalista l'idea che il fatto della plutonizzazione delle rocce nettuniane lungo il littorale toscano possa essere provenuto dalla parte del mare Mediterraneo, e che il promontorio, i due istmi e la lingua di terra, quelli che circondano, questa che serve di base alla città di Orbetello, siano tutti contemporanei all'emersione delle isole dell'Elba, di Monte Cristo, del Giglio, di Giannutri ecc., dalle quali sue ultime il promontorio Argentaro non è diviso che mediante un avvallamento, da cui si formò e che costituì un canale marittimo della larghezza di 10 a 12 miglia.
    Il clima del territorio Orbetellano è temperato in quasi tutte le stagioni dell'anno, saluberrimo nel promontorio Argentaro, sufficientemente sano negl'istmi che alla terraferma lo congiungono, e dentro la città di Orbetello, siccome può vedersi dal Quadro della sua popolazione, la quale nel breve periodo di 24 anni si è quasi raddoppiata. E tutto ciò ad onta che la città manchi di buone cisterne e di fonti pubbliche, ragione per cui molte comode famiglie finora si provvidero con dispendio attingendola e trasportandola in barili dal vicino promontorio.
    L'aria però è infesta tra il luglio e l'ottobre quasi da per tutto altrove nel territorio di terraferma spettante alla Comunità di Orbetello; dondeché all'Ansedonia, a Talamone, alla Torre delle Saline, a quella della Tagliata o di S. Biagio, e in tutta la contrada di Macchia Tonda, al pari che ne’poggi prossimi a quella spiaggia, nell'estate restano quasi deserti di abitanti, e quei pochi che vi stanziano si gonfiano come otri e si fanno gialli come ramarri.
    Quindi è che la coltivazione della campagna Orbetellana, se si eccettua il poggio di S. Angelo in terraferma ch'è sparso di vigneti, e nel promontorio i contorni di Port'Ercole, ma specialmente quelli del Porto S. Stefano, i cui colli, a fatica e con grande industria coltivati ad anfiteatro, sono ricchi di frutta e di agrumi squisitissimi, tutto
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    il restante della campagna Orbetellana quando non è arata per la sementa del grano, resta abbandonata alla natura per alimentare molte vacche braide, e vaganti mandre di cavalli.
    Però il bestiame lanuto vi trova copioso e buon nutrimento; sicché la pecuaria costituisce costà uno dei maggiori prodotti agronomici, cui succede per fruttato secondo quello delle piante boschive d'alto fusto. Consistono esse per la maggior parte in querce Sughere , piante antiche ed indigene della Maremma, dalle quali era coperta una vasta porzione del territorio orbetellano sino al torrente Chiarone ; innanziché molte foreste venissero tagliate per farne dogherelle, e bruciate onde convertirle in carbone o in cenere da potassa.
    Non parlerò delle copiosissime, spinose ed incomode marruche, di cui il littorale in discorso, per asserto di Polibio, fino dal sesto secolo di Roma era sparso; mentre la Maremma nei primi secoli dell'impero era ridotta tutta selvosa o agreste, nel modo che fu asserito da Flavio Vospisco nella vita dello Imperatore Aureliano.
    Non meno antiche lungo il littorale sono le selve di Pini, tuttora superstiti nei due istmi e in qualche altro punto della spiaggia orbetellana.
    Fra le piante selvatiche più rigogliose del promontorio Argentaro sono da annoverarsi le Sabine, ( Juniperus Sabina ) le quali dalla parte della marina vi crescono in copia e cotanto vigorose da gareggiare con gli alberi assai vegeti di alto fusto.
    Altronde nei luoghi più depressi ed umidi di terraferma alligna la pianta del Saracchio ( Arundo Ampelodesmos ) pianta utilissima, che gli Orbetellani lavorano e impiegano in molti usi; cioè, le foglie per fabbricarne corde e reti ed i suoi fusti per uso di spazzole, stoje, tappeti, pianelle ecc.
    Entrasi nella città di Orbetello per la porta di terra difesa da antiporto da un canale e dalla fortezza contigua, isolata mediante ponte levatojo; la quale porta essendo di piazza d'armi si chiude alla
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    prima ora di notte. Anche nell'altra estremità dov'è la porta a mare avvi una piazzetta d'armi recinta da caserme militari. – Una larga e diritta strada divide per lo lungo la piccola città fornita di due altre vie quasi parallele. Nel centro esiste una piazza quadrata detta il Bivacco . In altra piazza più piccola detta della Colonna vi è la casa del Comune. La più grande di tutte è la piazza d'armi presso la porta di terra ; e poco lungi di là sulle mura della città che guardano a levante sorge lo spedale da pochi anni ingrandito, meglio amministrato e reso capace di cento e più letti. Fu questo spedale eretto verso il 1500, dotato e diretto da una Compagnia laicale di S. Croce; che poi vi richiamò i Frati de’Ben Fratelli, stati soppressi nel principio di questo secolo, quando vi subentrò il magistrato comunale.
    Vi erano in città due conventi di religiosi, uno di Francescani Conventuali, l'altro di Clarisse, il primo soppresso, l'altro esistente e fondato nel 1615, oltre un terzo di Passionisti situato sul Monte Argentaro con disgiunto locale pel Noviziato. I quali ultimi religiosi aumentarono sensibilmente dopo la ripristinazione; poiché nel 1833 erano 36, e nel 1840 se ne contavano 50.
    L'epoca della riedificazione della chiesa principale di Orbetello risale all'anno 1370. Essa fu eretta in collegiata nel settembre del 1582 con bolla del Cardinale Alessandro Farnese, abate Commendatario delle Tre Fontane , con una dignità, quella cioè dell'arciprete priore, e quattro canonici coadiutori. In seguito vi fu aggiunta la dignità del vicario dell'abate Commendatario. – Questa pieve ha una sola chiesa filiale nella cura di S. Stefano. Essa fu più volte abbellita anco sotto il governo della Repubblica sanese, cui ci richiamano gli affreschi del Cavalier Nasini. Vi è una cappella interna molto ricca d'ornati, il tutto stato recentemente restaurato.
    Risiedono in Orbetello un medico ed un
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    chirurgo infermiere con due maestri di scuola, uno per gli elementi, l'altro per le belle lettere. Inoltre un medico e un chirurgo sono in Porto S. Stefano e in Port'Ercole, e un medico-chirurgo a Talamone.
    Oltre i capi d'Ufizio da principio rammentati esiste in Orbetello una cancelleria comunicativa, che serve a questa sola Comunità. – La conservazione delle Ipoteche e i tribunali di prima e seconda Istanza sono nella città di Grosseto.

    QUADRO della popolazione della Comunità di ORBETELLO a tre epoche diverse dopo la sua riunione al Granducato.

    - nome del luogo: ORBETELLO, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Prioria, Arcipretura, Collegiata), diocesi cui appartiene: Abate delle Tre Fontane- Nullius , popolazione anno 1818 n° 1859, popolazione anno 1833 n° 2291, popolazione anno 1840 n° 2848
    - nome del luogo: Port’Ercole (Prioria, Arcipretura, Collegiata), titolo della chiesa: S. Erasmo (Prioria), diocesi cui appartiene: Sovana, popolazione anno 1818 n° 370, popolazione anno 1833 n° 391, popolazione anno 1840 n° 491
    - nome del luogo: Porto S. Stefano, titolo della chiesa: S. Stefano (Prioria), diocesi cui appartiene: Abate delle Tre Fontane- Nullius , popolazione anno 1818 n° 1459, popolazione anno 1833 n° 1984, popolazione anno 1840 n° 2578
    - nome del luogo: Talamone, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve Arcipretura), diocesi cui appartiene: Sovana, popolazione anno 1818 n° 105, popolazione anno 1833 n° 157, popolazione anno 1840 n° 164

    - Totale abitanti anno 1818 n° 3793
    - Totale abitanti anno 1833 n° 4823
    - Totale abitanti anno 1840 n° 6081

    ORBETELLO città ecc. All’Articolo Com unità si aggiunga. –  Dopo la legge del 2 settembre 1842 che eresse la nuova Comunità del
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    Monte Argentario, staccandola dalla Gora, di Orbetello, in compenso fu dato a quest’ultima il distretto di Capalbio levato dalla Comunità di Manciano; sicché la superficie quadrata del suo territorio attualmente ammonta a Quadr. 120603, dai quali sono da detrarre circa 2000 Quadr. per corsi d’acqua e pubbliche strade, dove nel 1845 si trovava una popolazione di 3536 individui, a proporzione ragguagliatamente di circa 24 persone per ogni miglio toscano quadrato di suolo imponibile. –  La parrocchia di Orbetello nel 1833 aveva 2291 Abitanti, e nel 1845 ne contava 3129, dei quali escivano dalla sua Comunità 77 individui. –  Vedere Monte Argentaro e Manciano nel Supplemento.
    La sua Comunità noverava, come dissi, 3536 Abitanti come appresso:

    Capalbio ( porzione ), Abitanti N.° 312
    ORbetello ( la maggior parte ), Abitanti N.° 3052
    Talamone, Abitanti N.° 172
    Totale, Abitanti N.°  3536
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Localizzazione
ID: 3041
N. scheda: 36460
Volume: 3; 6S
Pagina: 665 - 681; 170
Riferimenti: 10770
Toponimo IGM: Orbetello
Comune: ORBETELLO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 135-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1681895, 4700812
WGS 1984: 11.21236, 42.43986
UTM (32N): 681959, 4700986
Denominazione: Orbetello
Popolo: S. Maria Assunta a Orbetello
Piviere: S. Maria Assunta a Orbetello
Comunità: Orbetello
Giurisdizione: Orbetello
Diocesi: (Sovana) Nullius delle Tre Fontane
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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