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Dizionario Geografico Fisico
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Monte S. Savino, di Sansovino - Barbajano - Ajalta - Via Longitudinale, Via Cassia per la Val di Chiana

 

(Monte S. Savino)

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    AJALTA. Portava simil vocabolo un vico situato nel contado di Arezzo, e che Carlo il Calvo nell'875 donò alla cattedrale Aretina MURAT. Ant. M. Aevi.) – Vedere AJOLE sul monte di S. Veriano e AJOLE sull'Alta di S. Egidio in Val di Chiana.
    Altro luogo di Ajalta si trovava in Val di Pesa nel piviere di Sillano, sul crine del Poggio a Vento – (Carte di Passignano del secolo XI.)

    BARBAJANO
    nel Val d’Arno aretino. – Questo vocabolo pare che nel Medio evo servisse a designare una estensione di terreno fra i poggi orientali di Val d’Ambra e la Chiana sino al suo confluente in Arno.
    Molte pergamene dell’Archivio della Cattedrale di Arezzo e delle Badie di S. Flora, e di S. Maria in
    Gradis della stessa città, citano possessioni, bandite e corti del distretto aretino poste in Barbajano. Distinguevasi con lo stesso nome la Pieve del Monte S. Savino in Val di Chiana, rammentata a proposito della Chiusa Obertenga in una carta del 20 novembre 1072 pubblicata da Muratori (Ant. Esten.) ed in più altre della Badia di S. Maria in Gradis sotto gli anni 1078, 1083 e 1109. – Altre membrane dei Benedettini di Arezzo nei secoli XI e XII, trattano di possessioni sotto i nomi di terra martinense e barbaritana, forse dal titolo del piviere in cui erano situate le possessioni medesime, per le quali i monaci di S. Flora ebbero a sostenere varie liti. – Vedere CHIUSURA OBERTENGA.

    MONTE S. SAVINO, o DI SANSOVINO in Val di Chiana. – Grossa e nobil Terra, capo luogo di Comunità e di Giurisdizione con chiesa arecipresbiterale (SS. Egidio e Savino) nella Diocesi e Compartimento di Arezzo.
    Risiede sulla sommità di un colle facente parte del
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    monte di Palazzuolo che gli sovrasta dalla parte di maestro sulla strada Regia di Arezzo a Siena, a una elevatezza di 600 braccia fiorentine, fra il grado 29° 23’ di longitudine e il grado 43° 20’ 1" di latitudine, 13 miglia a libeccio di Arezzo; 6 miglia a maestro di Lucignano; 10 miglia a ponente di Castiglion Fiorentino, e 22 miglia a levante di Siena.
    Questa Terra, già castello, al pari di molti altri paesi dovè prendere il nome dal santo titolare della sua chiesa parrocchiale (S. Sabino).
    Della chiesa plebana di S. Savino si hanno notizie fino dal secolo XI, quando questo luogo si appellava in
    Barbajano, prima di tutto in un istrumento del novembre 1072 dell’Archivio della cattedrale d’Arezzo, in cui si tratta di una cospicua donazione fatta al capitolo aretino da due fratelli, figli, di un conte Benzolino, di varie possessioni ereditate da un loro fratello, forse uterino, cioè dal conte Rigone nel fu Conte Rodolfo; i quali beni si dichiarano compresi nel piviere di S. Savino sito Barbajano. Aggiungasi che nell’anno 1073 un tale Liutolfo figlio del fu Ildebrando offrì alla badia de’Benedettini di S. Fiora e Lucilla di Arezzo un manso posto infra plebem S. Savini in Barbajano; la qual donazione fu confermata dieci anni dopo da Costantino vescovo di Arezzo.
    Nel 1083 Ranieri di Teuzzone con altri due fratelli, Morando e Guglielmo, stando in Arezzo offrirono alla badia di S. Maria d’Agnano altre sostanze ch’essi possedevano nei pivieri di S. Maria al Toppo, di S. Felice a Lucignano, di S. Pietro in
    Ugello (a Marciano) e di S. Sabino in Barbajano, e segnatamente il giuspadronato delle chiese di S. Martino a Fabbrica in loco Quarantola, e di quella di S. Cristofano
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    a Nasciano con tutti i loro diritti e giurisdizioni.
    Nel 1109 Giovanni del fu Teuzzone (forse un altro fratello dei tre sopra nominati della consorteria degli Ubertini) donò al Monastero stesso d’Agnano alcuni beni del contado aretino situati nel piviere di
    S. Sabino in Barbajano, dove domandavasi al Colle; lo che accadeva nell’anno medesimo in cui altra pia persona donava all’Eremo di Camaldoli alcune terre situate nel distretto del piviere di S. Savino in Barbajano, e precisamente nella Corte di Vertighe.
    Anche nel 1131 Wuinildo del fu Pagano e Berta del fu Guglielmo sua moglie, mentre abitavano nel Castello di Marciano in Val di Chiana, donarono alla stessa badia d’Agnano la chiesa di S. Quirico a Vicione (Battifolle in Val di Chiana) con i beni ad essa annessi, situati nel piviere di S. Maria al Toppo, nelle corti o distretti dei due Vicioni, a partire dal torrente Vingone fino a Toro, e dal fiume Chiana fino a Barbajano. – (ANNAL. CAMALD. T. III.). Vedere BATTIFOLLE di Val di Chiana.
    Questi ultimi due documenti bastano essi soli per assicurare che la pieve di S. Savino a Barbajano corrispondeva alla chiesa battesimale da cui sembra che avesse origine e nome il castello, poi Terra del Monte S. Savino.
    Fino a che pertanto non s’incontreranno documenti relativi alla chiesa parrocchiale di S. Savino a Barbajano, o al Castello di Monte S. Savino di una più vetusta età, non si può senza tema d’ingannarci, o d’ingannare, azzardare di supporre come fece il monaco D. Agostino Fortunio, autore di una
    Cronichetta del Monte S. Savino in Toscana l’esistenza del castello in discorso anteriore al sec. XI.
    Progredendo verso il secolo XIII s’incontra nel 1228
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    una determinazione presa da Martino vescovo di Arezzo, il quale avendo trovato le chiese di S. Maria di Vertighe e di S. Agata, entrambe del pievanato del Monte S. Savino, male amministrate, le consegnò all’abate del monastero di S. Maria di Agnano, perchè d’allora in poi egli ed i suoi successori nominassero i respettivi rettori, salva però la dipendenza e il solito tributo di 4 soldi ai vescovi di Arezzo, e la dovuta reverenza al pievano del Monte S. Savino.
    Della chiesa di S. Maria di Vertighe, ora convento di Frati Francescani, se ne farà parola all’Articolo VERTIGHE. – Quella di S. Agata fuori del Castello di Monte S. Savino, fu parrocchia prima di padronato dei Camaldolensi di Agnano, poi di quelli degli Angioli di Firenze fino al 1791, epoca della sua soppressione.
    Dopo aver accennato di volo alcune notizie ecclesiastiche, dalle quali forse si debbono ripetere quelle poche civili che ne conseguitarono relativamente al paese del Monte S. Savino, passerò a far parola delle vicende politiche, cui dal 1200 fino alla nostra età fu esso soggetto. Dico dal 1200, poichè nulla di certo la storia ci ha lasciato di questo castello, checchè il monaco Camaldolense don Agostino Fortunio nella citata
    Cronichetta del Monte San Savino in Toscana dicesse cose maravigliose e stupende, attribuendone perfino la prima origine al patriarca Noè!!!
    Ma lasciando ne’loro abbandonati scaffali cotesta sorta di libri, dirò che Montesansavino nel 1282 era già paese di qualche considerazione come quello che aveva i propri magnati o cattani di fazione guelfa della consorteria degli Ubertini fondatori e patroni della badia d’Agnano. – (ANNAL. CAMALD. T. V.).
    Il Monte S. Savino a quel tempo doveva aver forma di castello tostochè vi si fortificarono i Guelfi discacciati d’Arezzo, i quali ottenuta ch’ebbero a loro sostegno l’amicizia della Signoria di Firenze, diedero occasione
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    ad una nuova guerra tra il Comune di Firenze di parte Guelfa e quello di Arezzo di parte ghibellina; guerra che fu il preludio della gran giornata di Campaldino, dove rimase oppresso e rotto l’esercito aretino. In conseguenza della qual giornata campale l’oste fiorentina innanzi che si riconducesse a casa, presidiò in Val di Chiana Castiglion Fiorentino, Montecchio, Civitella, Lucignano e Monte Sansavino, molte delle quali castella furono armata mano in quell’occasione conquistate, sebbene alcune di esse già guadagnate prima. Di questo numero era Monte San Savino, il quale riguardavasi dal governo di Firenze qual baluardo di frontiera anche nel 1306 quando i Tarlati cacciarono da Arezzo i Guelfi che erano stati rimessi in patria con l’aiuto di Uguccione della Faggiuola. Per la qual cosa i Fiorentini nel maggio di detto anno con 200 cavalieri, un certo numero di fanti e la masnada de Catalani col maliscalco del duca di Calabria vicario Regio della Repubblica fiorentiua, cavalcarono infino al Monte Sansavino, che infin da quel tempo era della repubblica, e di là andarono a danneggiare il contado d’Arezzo, ardendo e guastando il paese insino alle porte della città. – (G.VILLANI Cronica Lib.VIII.C. 110).
    Una delle pergamene della Certosa di Firenze, attualmente nel Regio archivio diplomatico ci fornisce la conferma che Monte Sansavino alla predetta epoca era sotto la custodia della Repubblica Fiorentina, mentre nel primo giugno 1310 fu data la consegna del castel del Monte Sansavino al nuovo capitano di guerra Monte figlio del fu Mannino Acciajoli cittadino fiorentino per mano di Nello della Torre notaro e ufiziale del Comune a Monte Sansavino.
    Ma giunti alla fine di settembre del 1335 cotesto paese cadde nelle mani di un tale che ne fece orribile scempio. Imperocchè appena gli abitanti di Monte Sansavino intesero la grave sconfitta de’Fiorentini all’Altopascio, spaventati dall’evento si
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    renderono alle intimazioni mandate da Guido Tarlati vescovo e signore di Arezzo, il quale, dopo essersi impadronito del castello, per asserto di Giovanni Villani istorico contemporaneo (Lib. IX Cap. 314 della sua Cronica), fece abbattere le mura alla detta terra, perchè v’erano molti guelfi e avevano mandato aiuto di loro gente all’oste de’Fiorentini.”
    “E poi a dì 11 maggio vegnente vi cavalcò il vescovo Guido con sua gente, e trasse del castello tutti i terrazzani, arse e fece disfare tutta la terra,
    che non vi rimase pietra sopra pietra; e sì v’avea più di mille abitanti, che tutti gli disperse quà e là, acciocchè mai non potessero rifare la terra.” (Opera cit.).
    Peraltro che lo scempio non fosse tanto grande quanto ce lo rappresenta lo storico fiorentino, e che Monte Sansavino tornasse in breve ad essere abitato di gente e di case, lo dà a conoscere il fatto del 1337, quando Pier Saccone Tarlati sottopose la città di Arezzo col suo contado alla potestà e dominio de’Fiorentini, cui poco dopo tenne dietro altro accordo, mercè del quale si rilasciarono ai Perugini per otto anni e mezzo le terre e distretti di Fojano, di Lucignano, del Monte Sansavino e di Anghiari. – (AMMIR. Istor. Fior. Lib. VIII.).
    Anche un istrumento dell’8 dicembre 1338 fu rogato nel castel di Civitella da Tuccio figlio di ser Guidone notaro del Monte Sansavino, cui assisterono fra i testimoni Naldo Grazioli di detto luogo e don Giovanni monaco e priore della chiesa di S. Gaudenzio presso il Monte Sansavino.
    Finalmente nel 1385 dopo esser tornato Arezzo e tutto il suo contado all’obbedienza del Comune di Firenze, e dopo essersi largamente disputato tra la stessa Repubblica ed i Sanesi per conto delle castella che questi tenevano del territorio di
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    Arezzo, ambedue le parti risolverono di rimettere all’arbitrio de’Bolognesi la vertenza sopra la terra di Lucignano che si era data ai Fiorentini, e che intanto i Sanesi rendessero alla Repubblica di Firenze le terre e castella del Monte Sansavino, di Palazzuolo, di Gargonza e di S. Pancrazio in Val d’Ambra. Appena che il Monte Sansavino fu per effetto del lodo suddetto rilasciato libero al Comune di Firenze, la Signoria concedè agli abitanti di detta Terra, che all’arme del paese inquartassero quella del giglio rosso in campo bianco della repubblica fiorentina, la quale poco dopo destinò Monte Sansavino sede di un capitano. – (AMMIR. Istor. fior. lib. XV).
    Fu in detta circostanza che il Comune di Firenze sotto dì 6 novembre 1385 accordò ai Montesansavinesi onorevoli capitolazioni, state in seguito dalla Signoria confermate negli anni 1481, e 1514.
    Si rinnovarono però in quel popolo le angosce, sia nel 1440 all’occasione della guerra mossa ai Fiorentini dal re Alfonso d’Aragona, sia quando nel 1478 con maggior rabbia e più poderosa oste i Papalini ed i Napoletani invasero la Val di Chiana ed il Chianti, accampandosi fra Civitella e la Castellina. Avvegnachè l’esercito fiorentino per quanto fosse propinquo tre miglia al Monte Sansavino, per la disunione de’suoi capitani perdè l’occasione di soccorrere quegli abitanti, i quali per timore di un saccheggio a dì 4 novembre di detto anno inviarono i loro sindaci a intavolare capitolazioni col nemico con la promessa di arrendersi, salvo l’avere e le persone, ogni qualvolta dentro gli otto dì della tregua non fossero stati occorsi. Terminato il tempo prescritto, i nemici di fronte alle genti nostre (dice il Machiavelli) quel castello occuparono. Ma essendo sopraggiunto il verno, quell’oste per ridursi alle stanze in luoghi comodi, dentro il territorio sanese si ritirò. Frattanto per opera di Lorenzo il Magnifico riconciliatisi
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    i Fiorentini col re di Napoli, e quindi col Papa, furono loro restituite col Monte Sansavino le castella che il duca di Calabria, generale dell’esercito napoletano, alla custodia de’Sanesi aveva affidato. – (MACHIAVELLI, Istor. Fior. Lib. VIII).
    Due altre volte finalmente il Monte Sansavino aprì le porte al primo romore di ostilità; vale a dire nell’estate del 1502, quando senza aspettare nè assedio, nè assalto li rese a una mano di armati inviati costà da Vitellozzo Vitelli, che poco innanzi aveva cacciato la guarnigione fiorentina dalla città d’Arezzo, sebbene al 20 settembre dello stesso anno Montesansavino tornasse alla devozione della Repubblica, dalla quale i suoi abitanti impetrarono le consuete esenzioni.
    La seconda volta che il popolo di Montesansavino accolse truppe straniere, fu pochi giorni innanzi la battaglia di Scannagallo presso Marciano sulla fine di luglio del 1554) quando quel magistrato comunitativo, più ardito del comandante del castello, il quale non sapendo che partito prendersi, se n’era fuggito, negò all’intimazione avuta di somministrare vettovaglie all’esercito franco-sanese comandato dal maresciallo Strozzi, onde questo voltosi contro il castello non durò molta fatica a costringere quei di dentro a discrezione; e che peggio non gli avvenisse, aggiunge l’Ammirato, fu causa il rispetto portato al Papa Giulio III nativo del luogo. – (AMMIR.
    Istor. Fior. Lib. XXVIII).
    Già quattr’anni innanzi la capitolazione di Siena questo paese dal duca Cosimo era stato dato in feudo con titolo di contea a Baldovino
    di Monte, fratello del Pontefice allora creato. L’elezione del quale (20 giugno 1550) appena conosciuta dal Cosimo I, egli distaccò dal suo governo il paese e territorio di Montesansavino insieme con Gargonza, Palazzuolo e Alberoro per farne una contea, della quale fa investito il prenominato fratello del Pontefice Giulio III coi di lui successori.
    Il privilegio era a favore di Baldovino,
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    de’figli e de’discendenti legittimi, da passare in mancanza di questi nella linea di Fabiano di Monte, quindi del Cardinale Innocenzo, detto il Bertuccio, suo figlio adottivo, a condizione che estinte coteste tre linee il feudo del Monte Sansavino dovesse tornare alla corona di Toscana, col patto al feudatario di non erigervi alcuna fortificazione, e d’inviare ogn’anno a Firenze l’omaggio di una tazza di argento il giorno festivo di S. Giovanni Battista.
    Godè appena sei anni Baldovino di questa contea, il quale con suo testamento nel caso dell’estinzione di sua famiglia chiamava all’eredità dello stesso feudo Giambattista Simonelli di Orvieto nato da una sua figlia, ed i di lui figliuoli maschi per ordine di primogenitura con obbligo di prendere il cognome e lo stemma
    del Monte.
    Estinto il conte Baldovino (anno 1556) fu rinnovato l’atto feudale nella persona di Fabiano di Monte figlio legittimato del conte, a cui gli uomini del Monte Sansavino prestarono giuramento di fedeltà, salva la preeminenza di dominio del duca di Firenze.
    Ma il conte Fabiano appena maritato a Vittoria d’Jacopo Appiani signor di Piombino si recò in Francia comandante di un corpo di truppe inviato da Cosimo I in aiuto del re contro gli Ugonotti; dai quali nel 1569 in una giornata campale il Conte Fabiano fu ucciso. Alla sua morte pertanto si estinse la famiglia di Giulio III, ed il feudo del Montesansavino ritornò al Granduca, chiamato per testamento dal Conte Fabiano medesimo all’eredità di tutti i suoi beni; lo che aprì il campo a lunga fierissima lite con i
    Simonelli di Orvieto, che in mancanza di eredi erano stati nominati alla successione dal conte Baldovino primo feudatario.
    La seconda infeudazione del Montesansavino seguì nel 1604, quando il Granduca Ferdinando I, volendo stabilire una permuta con la contea di
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    Pitigliano, erose nuovamente in feudo con titolo di contea il Monte Sansavino a favore del conte Gianantonio Orsini e della sua discendenza mascolina legittima e naturale, ed in mancanza chiamava quella de’Conti Bertoldo e Cosimo Orsini, fratelli dello stesso Conte Gianantonio, loro eredi e discendenti maschi. Altronde il conte Orsini con atto pubblico del 9 giugno 1604 si obbligò cedere al Gran Duca Ferdinando I la sua contea Pitigliano salvo l’assenso di Sua Maestà Cesarea. E perchè l’approvazione non venne prima del 1608, 1’effettuazione del contratto ebbe luogo solamente nel 1609. – Ma nel 1640 per morte del conte Alessandro di Bertoldo Orsini senza discendenza, il feudo del Monte Sansavino ritornò al Granduca Ferdinando II, dal quale per atto pubblico del 19 maggio 1644 fu concesso vita durante al principe Mattias fratello dello stesso sovrano; alla grata memoria del quale signore i Montesansavinesi eressero quell’obelisco che vedesi nella piazza del loro mercato.
    Mancato nel 1666 il principe Mattias, Monte Sansavino con suoi annessi fu dal Granduca medesimo con motuproprio del 24 febbrajo 1668 lasciato in amministrazione alla Granduchessa sua moglie, Vittoria d’Urbino madre e direttrice dell’educazione di Cosimo III. La quale Granduchessa, resse per 20 anni questo paese, essendo mancata ai vivi nel marzo del 1697, senza che i suoi feudatari nè gli altri sudditi Toscani manifestassero alcun sentimento di dolore per tale perdita. Ciò non ostante il governo del Montesansavino continuò anche dopo ad amministrare separatamente dagli altri paesi del Granducato fino a che per motuproprio del Granduca Francesco II in data dell’8 febbrajo 1745 (
    stile fior.) la Terra del Montesansavino con tutta l’antica contea fu riunita al Granducato, e costituitane una comunità di questo nome.
    Chiese e Stabilimenti pii. – L’antica chiesa battesimale di S. Sabino era situata fuori
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    del castello nel luogo denominato tuttora la pieve; quindi col progredire del tempo ne fu fabbricata una dentro il paese, e dichiarata arcipretura, i cui titoli finalmente a tempi nostri sono stati traslocati nella chiesa assai più vasta di S. Agostino dopo la soppressione di quella famiglia di religiosi Romitani. La qual chiesa di S. Agostino conta la sua prima fondazione dal principio del secolo XIV, stata però ingrandita nel sec. XVI, avendovi concorso per la parte architettonica il celebre Andrea scultore che dalla patria ebbe il sopranome di Sansovino, e per la parte pittorica Giorgio Vasari, che dipinse nella tribuna.
    Nella chiesa dell’antica arcipretura esiste il deposito di Fabiano e di Pier Paolo di
    Monte, il primo de’quali abbandonò il cognome Ciocchi per quello di Monte, derivativo della sua patria.
    Da Pier Paolo
    di Monte nacquero fra gli altri figli Giammaria che fu poi Pontefice col nome di Giulio III, e Baldovìno nominato primo conte del Montesansavino.
    Lo stesso Pier Paolo
    di Monte fu gonfaloniere della sua patria nel 1512, un anno dopo la promozione alla sacra porpora del di lui fratello Antonio, di colui che aprì la strada alla grandezza de’suoi nipoti, ed al quale Monte Sansavino deve il palazzo di Monte, attualmente pretorio con la gran loggia che gli sta dirimpetto, ambedue opere di Antonio da Sangallo.
    Oltre il convento degli Agostiniani e gli antichi priorati o chiese di S. Agata, di S. Cristofano e di S. Angelo in
    Pranzatojo che i Camaldolensi possedevano a Monte Sansavino o nel distretto, vi erano molti altri monasteri; fra i quali la soppressa badia di Badicorte de’Camaldolensi, rammentata all’Articolo BADICORTE, e il convento de’Cappuccini fondato dal Conte Baldovino a mezzo miglio circa a libeccio della Terra.
    Fra
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    i conventi tuttora esistenti nella stessa comunità vi è quello di S. Maria delle Vertighe, la cui collina diede il nome a una delle antiche porte del castello; il qual convento, continuamente abitato dai Frati Francescani della Riforma, è posto un miglio a levante del Montesansavino, mentre dentro il paese esiste sempre un monastero di monache Benedettine.
    Tra le pie instituzioni è da rammentarsi un Monte Pio fondato nel 1578, cui somministrarono i primi capitali due compagnie secolari, che una appellata de’
    Bianchi e l’altra de’Neri.
    In luogo aperto, comodo e ben ventilato è stato fabbricato fuori delle mura il nuovo spedale capace di 34 letti, comeccchè uno spedaletto esistesse fino dal secolo XII, siccome lo dimostra un istrumento del febbrajo 1203 fatto in Montesan Savino in cui si tratta di un pezzo di terra ortiva posto presso la porta di Vertighe venduta allo spedale di S. Giovanni di detto castello. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte de’Domenicani di Arezzo).
    In una contrada separata gli Ebrei ebbero in Montesansavino, dal secolo XV fino al principio del XIX, abitazioni e una
    scuola, o sinagoga. Tra le famiglie più cospicue del Monte primeggia quella de’Ciocchi, ossia di Monte, la quale non solamente ha dato un Pontefice, e il primo conte di Montesansavino, ma ancora quel Cardinale Antonio mercè cui Montesansavino possiede le due più belle fabbriche testè rammentate. – Anche le casate de’Cattanei, de’Guidalotti, de’Cungi, de’Purazzi e de’Bucci Mattei, sono originarie e benemerite del paese, perchè da quest’ultima ottennero i Montesansavinesi il benefìzio di poter far uso della biblioteca privata di quella casa, e alle pie disposizioni de’Cungi e de’Puruzzi devesi la fondazione
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    di alcuni posti gratuiti allo studio di Siena e di Arezzo in favore dei giovanetti loro concittadini.

    CENSIMENTO della Popolazione della Terra di MONTESANSAVINO a tre epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1745: Impuberi maschi 202; femmine 331; adulti maschi 376, femmine 499; coniugati dei due sessi 997; ecclesiastici dei due sessi 143; ebrei dei due sessi 104; numero delle famiglie 597; totalità della popolazione 2652.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 622; femmine 569; adulti maschi 584; femmine 703; coniugati dei due sessi 1273; ecclesiastici dei due sessi 74; ebrei dei due sessi -; numero delle famiglie 691; totalità della popolazione 3825.
    ANNO 1839: Impuberi maschi 599; femmine 517; adulti maschi 735, femmine 839; coniugati dei due sessi 1321; ecclesiastici dei due sessi 87; ebrei dei due sessi -; numero delle famiglie 718; totalità della popolazione 4098.

    Comunità di Montesansavino. – Il territorio di questa comunità abbraccia una superficie di 26365 quadrati, 597 dei quali spettano a corsi d’acqua e a strade.
    Nel 1833 vi si trovavano 6695 abitanti a ragione di circa 218 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    La figura del di lei territorio è assai irregolare e bislunga, poichè da levante a ponente attraversa tutta la parte occidentale della Val di Chiana a partire dal Canal maestro sino al di là del giogo di Palazzuolo, nel totale 12 miglia toscane di tragitto, mentre da settentrione a ostro oltrepassa di poco le tre miglia toscane e mezzo, e in alcuni punti non arriva alla metà. – Confina con sei Comunità.
    Dal lato di levante ha di fronte il territorio comunitativo di Arezzo mediante il Canal maestro della Chiana, il di cui corso seconda da ostro a settentrione; cioè, dalla strada di
    S. Giovanni, o de’Viallesi, fino ai Ponti d’Arezzo sulla strada R. di Siena. Costì
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    lasciando a levante il Canal maestro prende la direzione di ponente avendo di fronte la Comunità di Civitella, da primo mediante il fosso Tegoleto poi per termini artificiali sale il poggio di Oliveto, attraversando la strada rotabile che va da Civitella al Monte Sansavino, quindi davanti a Verniana entra nel torrente. Esse che rimonta di conserva con la suddetta comunità sino alla confluenza del fosso Trove sotto Montaltuzzo. A questo punto sottentra a confine la Comunità del Bucine di Val d’Ambra, colla quale l’altra seguita a salire sul monte per un mezzo miglio contro il corso dell’Esse, poi mediante un suo influente il borro Rogheto fino presso la strada provinciale che scende da Palazzuolo in Val d’Ambra. In questa eminenza piegando verso libeccio passa sulla schiena del poggio di Palazzuolo alto dove entra nel borro di Bonello, poi nel torrente di Lusignano, indi nel borro di Balta suo tributario sino alla strada regia sanese. Qua sottentra a confine il territorio della Comunità di Rapolano, col quale l’altro del Monte Sansavino dirimpetto a libeccio entra nel ramo della Foenna detta de’Boschi che percorre sino passata la confluenza dell’altro ramo della Foenna che scende a ostro di Palazzuolo basso. A questo punto, lasciando a libeccio la Foenna, sottentra di fronte a ostro la Comunità di Lucignano, di conserva alla quale si dirige, da primo per termini artificiali, poi mediante il torrente Vescina alla base orientale del poggio de’Cappuccini, lungo il quale taglia la strada rotabile fra il Montesansavino e il Calcione. Di là girando col torrente stesso da maestrale a libeccio e quindi a piè del poggio di Pastina da libeccio a levante attraversa la strada rotabile da Lucignano a Montesansavino per ritornare sull’Esse a scirocco del capoluogo, là dove confluisce il torrente Rialto. Passato l’
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    Esse lungo la strada che corre sulla ripa sinistra dell’Esse, presentasi a confine la Comunità di Marciano, colla quale la nostra taglia il fosso Gargiolo, passando a ostro delle Vertighe entra nel fosso Leprone. Mediante questo volta faccia da scirocco a levante per andare incontro al rio del Fossatone, dirigendosi a grecale, e poscia per termini artificiali ripiglia la direzione di scirocco. In quest’ultimo tragitto passa davanti la fattoria di Tanaceto per entrare nella via de’Viallesi, con la quale incamminandosi a levante attraversa la strada Longitudinale per tornare nel Canal maestro della Chiana dirimpetto alla comunità di Arezzo.
    Molte strade rotabili sono aperte in questo territorio; 1. la via regia fra Siena e Arezzo che l’attraversa nella sua maggior lunghezza passando pel capoluogo; 2. la provinciale
    Longitudinale che corre al suo levante 3. le comunitative che dal Montesansavino dirigonsi a Marciano, a Civitella, a Lucignano, a Montagnano, a Gargonza e a Calcione, senza dire dei tronchi di vie rotabili per Alberoro, Tanaceto, Badicorte, Vertighe e Tremoleto.
    Fra i corsi maggiori d’acqua, oltre il Canal Maestro della Chiana, la
    Foenna e l’Esse di Fojano attraversano una porzione del territorio di Montesansavino, nel cui capoluogo sono state condotte alcune fonti perenni.
    Il monte più elevato spettante a questa comunità è quello di Palazzuolo, il quale calcolato dalla
    Torre di Belvedere dei Casini, esistente sopra un risalto del monte di Palazzuolo basso, fu trovato dal Pad. Inghirami braccia 1046,6 superiore al livello del mare Mediterraneo. – La seconda montuosità misurata è quella del Castello di Gargonza, ch’è all’altezza di braccia 951,2 sopra lo stesso livello.
    In quanto alla natura del terreno che costituisce la superficie di questa comunità,
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    esso può riguardarsi come una continuazione di quello già descritto all’Articolo LUCIGNANO Comunità, vale a dire, che dalle falde del poggio dove siede la terra del Montesansavino sino alla sommità del monte di Palazzuolo que’poggi consistono in rocce secondarie del nostro Appennino, e specialmente in varie modificazioni dell’arenaria-macigno, di tinta più o meno giallastra o cerulea, di consistenza più o meno solida, di grana più o meno fine, e in molti luoghi simile alla pietra serena di Fiesole, e sempre in strati tramezzati dallo schisto marnoso (biscajo).
    All’incontro l’alti-piano della sottostante valle, che nasconde la base de’poggi predetti, e che a guisa di una serie di corrose colline ricuopre una grande estensione di paese fra l’
    Esse e il Canal Maestro della Chiana, consiste in marne argillose e tufi di origine marina, coperti essi pure ne’fianchi alla e base da terra alluviale e di trasporto; ed è in questa qualità di terreno dove si trovano avanzi fossili di quadrupedi terrestri di razze perdute. – È poi singolare fra le altre la collina di Montagnano per essere in gran parte formata di altissimi depositi di ghiaja e di ciottoli derivati da rocce di arenaria e di calcarea compatta. Del qual deposito ghiajoso si giovano gl’ingegneri di Circondario per rifiorire le larghe e frequenti vie della Val di Chiana occidenlale. – Vedere MONTAGNANO.
    La più bassa pianura di questa comunità fu già per la massima parte bonificata dalle colmate dell’
    Esse e del Canal Maestro della Chiana, mercé cui sono stati aumentati e restituiti all’industria molti bassi fondi della fattoria di Tegoleto de’duchi Salviati, ora de’principi Borghesi, e di quella della Fonte a Ronco spettante alle RR. possessioni. – Vedere FONTE A RONCO, e TEGOLETO.
    I principali
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    prodotti di suolo si riducono a granaglie, olio, vino, seta, legname da lavoro e da carbone; ma specialmente a bestiami vaccino, pecorino e porcino.
    Gli animali (dice il Prof. Giulj nella sua Statistica agraria della Val di Chiana) gli animali che alleggeriscono la fatica, all’uomo nei lavori del campo nel territorio di questa comunità, all’anno 1825 ascendevano a 2094, e lo spazio del suolo coltivabile fu calcolato dallo stesso autore a circa 18 miglia quadrate. Finalmente chi bramasse una nota di quanto bestiame domestico nello stesso anno trovava nutrimento nel territorio del Montesansavino, eccone la nota somministrata dal prenominato scrittore.

    Bovi aranti, N° 1644
    Vacche, N° 1062
    Vitelli, N° 600
    Cavalli, N° 50
    Cavalle , N° 200
    Pecore, N° 8000
    Capre, N° 200
    Majali, N° 600
    Somari, N° 50
    Somare, N° 150.
    Totale de’Capi, N° 12556.

    La quantità poi del terreno, che annualmente in tutta la comunità allora si destinava alla sementa delle graniglie fu valutata dal Prof. Giulj a stajate 13000.
    Le seconde semente, stando alla statistica medesima, ascendevano nel poggio a mille stajate per gli orzi e fave, 200 stajate per i prati annui invernali, e 300 stufate per quelli estivi.
    L’altra metà del terreno montuoso che resta a seminarsi e che costà suol lasciarsi a
    maggese, fu calcolato dallo stesso autore potesse ammontare a quadrati 3000 e avere sopra di se 20,000 viti.
    Nel totale il terreno della parte montuosa che il Prof. Giulj assegna a questa comunità, ascende a quadrati 11,936; sicché gli 8936 quadrati che avanzano dai 3000 coltivati sono tutti a bosco ceduo, o di alto fusto, compresavi però una buona porzione di selve di castagni.
    Nella collina, che egli calcolava essere di quadrati 8000, tra i quali quadrati 3000 incolti, si destinano per le semente estive mille stajate a orzo, 500 a fave, mille a prati annui estivi, 500 a prati invernali, ed il restante
    a
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    maggese; e così nei quadrati 5000 di suolo coltivato si computarono d a 300,000 viti, e 15,000 olivi. – Rispetto poi alla porzione pianeggiante, ovvero alla così detta pianura, essa fa valutata di circa quadrati 6000. Cotesta pianura suol essere coltivata mediante la rotazione qui appresso. Nella stagione estiva, a sementa di gran turco stajate cento; per i legumi i stajate 500, a canapa e lino stajate mille, a prati annui invernali stajate mille, e altrettante stajate per i prati estivi, e quadrati 500 lasciati a maggese.
    Le viti fu calcolato che potessero essere in detta pianura 1,224,000, e le piante di gelsi 3700. Non sono registrati in quella statistica gli altri alberi da frutto, sebbene non manchino nella stessa comunità.
    In Montesansavino non esistono orti ne industrie manifatturiere che non sieno comuni a quelle di molti altri paesi, fra le quali si può citare una tintoria e una buona fabbrica di cappelli di pelo.
    Con Motuproprio del dì 14 novembre 1774, in aumento a quanto fu dichiarato con quello del dì 8 febbrajo 1747 che riunì l’antica contea del Montesansavino al Granducato di Toscana, costituendone una delle comunità distrettuali del territorio fiorentino, fu deliberato, che sotto la medesima amministrazione economica oltre i popoli e comuni di Alberoro, di Gargonza e di Palazzuolo costituenti per l’innanzi insieme con quello del Montesansavino la contea di questo nome, venisse staccata della comunità e giurisdizione di Civitella la popolazione di Montagnano, la quale dal 1775 in poi fa parte della Comunità in discorso.
    La comunità provvede alle scuole elementari e di belle lettere. All’educazione delle fanciulle prendono cura alcune maestre pie.
    Si tiene in Montesansavino un copioso e frequentato mercato settimanale, il quale cade nel giorno di mercoledì. – Vi si praticano pure diverse fiere annuali, che hanno luogo nel lunedì dopo la Pasqua di
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    Pentecoste, e nel 13 agosto; ma la fiera di maggior concorso è quella che cade dal 26 sino a tutto il di 29 novembre.
    In Montesansavino risiedono un medico e un chirurgo condotti, e un secondo medico pure condotto sta in
    Alberoro.
    La giurisdizione del vicario R. del Montesansavino abbraccia quattro comunità; cioè, Montesansavino, Civitella, Lucignano e Fojano.
    Vi si trova una cancelleria comunitativa, la quale serve a questa sola comunità, dove risiede un ingegnere di Circondario ajuto di quello d’Arezzo. – L’ufizio dell’esazione del Registro è in Lucignano, la conservazione dell’Ipoteche e il tribunale di Prima Istanza sono in Arezzo.

    N. B
    . Nel QUADRO che segue manca la popolazione della prima epoca della Comunità di Monte Sansavino, perché nel 1551 dipendeva già da un anno dal conte Baldovino di MONTE suo primo toparca.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTESANSAVINO a tre epoche diverse.

    - nome del luogo: Alberoro, titolo della chiesa: S. Marco (Pieve), diocesi cui appartiene: Arezzo, popolazione anno 1745 n° 1019, popolazione anno 1833 n° 1290, popolazione anno 1839 n° 1450
    - nome del luogo: Gargonza, titolo della chiesa: S. Tribuzio (Pieve), diocesi cui appartiene: Arezzo,
    popolazione anno 1745 n° 412, popolazione anno 1833 n° 564, popolazione anno 1839 n° 547
    - nome del luogo: Montagnano, titolo della chiesa: S. Prospero (Rettoria), diocesi cui appartiene: Arezzo,
    popolazione anno 1745 n° 463, popolazione anno 1833 n° 807, popolazione anno 1839 n° 758
    - nome del luogo: MONTESANSAVINO, titolo della chiesa: SS. Egidio e Savino (Pieve Arcipretura), diocesi cui appartiene: Arezzo,
    popolazione anno 1745 n° 2652, popolazione anno 1833 n° 3825, popolazione anno 1839 n° 4098
    - nome del luogo: Palazzuolo, titolo della chiesa: S. Giusto già S.
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    Pietro (Pieve), diocesi cui appartiene: Arezzo, popolazione anno 1745 n° 104, popolazione anno 1833 n° 209, popolazione anno 1839 n° 232

    - Totale
    abitanti anno 1745 n° 4650
    - Totale
    abitanti anno 1833 n° 6695
    - Totale
    abitanti anno 1839 n° 7085

    MONTE S. SAVINO in Val di Chiana. – Infine si aggiunga, che fino dal 1838 il vicario regio del Monte S.Savino sopravvede anche nel civile alla Comunità di Civitella, stante la soppressione di quella potesteria.
    Il suo cancelliere Comunitativo al pari dell’ingegnere di Circondario abbraccia oltre la Comunità omonima, quelle di Lucignano e di Civitella.
    Nel 1833 la popolazione della Comunità del MONTE S.SAVINO ascendeva a 6695 individui, e nel 1845 contava 7009 Abitanti, come appresso:

    Alberoro (Pieve di),
    Abitanti N.° 1404
    Gargonza (
    porzione), Abitanti N.° 581
    Momagnano (
    porzione), Abitanti N.° 677
    MONTE S. SAVINO,
    Abitanti N.° 4121
    Palazzuolo,
    Abitanti N.° 226
    TOTALE
    Abitanti N.° 7009

    MONTE S. SAVINO in Val di Chiana. – Infine si aggiunga, che fino dal 1838 il vicario regio del Monte S.Savino sopravvede anche nel civile alla Comunità di Civitella, stante la soppressione di quella potesteria.
    Il suo cancelliere Comunitativo al pari dell’ingegnere di Circondario abbraccia oltre la Comunità omonima, quelle di Lucignano e di Civitella.
    Nel 1833 la popolazione della Comunità del MONTE S.SAVINO ascendeva a 6695 individui, e nel 1845 contava 7009 Abitanti, come appresso:

    Alberoro (Pieve di),
    Abitanti N.° 1404
    Gargonza (
    porzione), Abitanti N.° 581
    Momagnano (
    porzione), Abitanti N.° 677
    MONTE S. SAVINO,
    Abitanti N.° 4121
    Palazzuolo,
    Abitanti N.° 226
    TOTALE
    Abitanti N.° 7009

    VIA LONGITUDINALE o CASSIA PER LA VAL DI CHIANA. – Questa strada, appellata anche
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    Via Cassia, corre lungo la ripa sinistra del Canal Maestro, a partire dalla Biffa di là da Chiusi fino ai Ponti di Arezzo, passando lungo le falde estreme de’ poggi di Montepulciano, Torrita, Asinalunga, Fojano, Lucignano, Monte S. Savino, Cesa e Marciano, sulle tracce per le quali a un di presso passava l’antica Via Cassia lungo la Val di Chiana toscana. Essa poi si riunisce alla via postale Romana di Arezzo al luogo denominato il Cerro presso Prato Antico dopo aver attraversato i colli che chiudono a maestro il Val d’Arno aretino dalla Val di Chiana ed il cui cammino è valutato circa miglia 40 e 1/2 fiorentine.

    La VIA LONGITUDINALE. – Staccasi dalla R. Romana di Arezzo al
    Cerro ed arriva fino alla Biffa sul confine con lo stato pontificio passando per il Bastardo, il Tappo, Montagnana, Fojano, Bettole, Acquaviva e le adiacenze di Chiusi.
Localizzazione
ID: 3159
N. scheda: 34490
Volume: 1; 3; 5; 6S
Pagina: 59, 256 - 257; 519 - 527; 733 - 734; 160, 273
Riferimenti:
Toponimo IGM: Monte S. Savino
Comune: MONTE SAN SAVINO
Provincia: AR
Quadrante IGM: 121-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1721054, 4801135
WGS 1984: 11.7275, 43.33212
UTM (32N): 721117, 4801310
Denominazione: Monte S. Savino, di Sansovino - Barbajano - Ajalta - Via Longitudinale, Via Cassia per la Val di Chiana
Popolo: SS. Egidio e Savino a Monte S. Savino
Piviere: SS. Egidio e Savino a Monte S. Savino
Comunità: Monte S. Savino
Giurisdizione: Monte S. Savino
Diocesi: Arezzo
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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