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Monte Verdi, Monteverdi - (Gualda)

 

(Monteverdi Marittimo)

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    MONTE VERDI, o MONTEVERDI fra la Val di Cornia e la Val di Cecina. – Castello con chiesa plebana (S. Andrea) capoluogo di Comunità, già di Giurisdizione ora nel Vicariato R. di Campiglia, Diocesi di Massa Marittima, Compartimento di Grosseto, già di Pisa.
    Risiede sul dorso di un poggio che propagasi da libeccio a grecale da quelli di Campiglia e della Sassetta fra la
    Sterza di Cecina e il torrente Massero tributario del fiume Cornia. – Trovasi nel grado 28° 22’ 3” longitudine e 43° 10’ 6”latititudine 12 miglia toscane a settentrione di Campiglia, 21 a maestrale di Massa, 24 miglia a ostro-libeccio di Volterra, e 8 miglia toscane a ponente di Monte Rotondo.
    La storia di questo castello è collegata talmente con quella della sua Abazia di
    S. Pietro a Palazzuolo, o a Monte Verdi, fondata sino dall’anno 754, e le cui vestigia sono un miglio toscano e mezzo a scirocco di Monteverdi, da dovere rinviare il lettore a quell’Articolo (Vol. I pag. 19), cui aggiungerò quanto ha specialmente rapporto diretto col paese in discorso.
    Fu ivi detto, che dopo gl’insulti fatti nel (
    ERRATA: secolo XIV) secolo XIII da potenti magnati ai monaci di Palazzuolo, cacciandoli a forza dalla loro sede, questi assoggettarono il paese cogli uomini e beni all’accomandigia del Comune di Volterra, cui quei popoli per atto (ERRATA: del 19 gennajo) del 20 febbrajo 1282 prestarono giuramento di adesione. Allora i reggitori di Volterra fornirono a quei claustrali i mezzi per costruire un più sicuro asilo dentro il castello. Ma per quanto la nuova badia, o piuttosto il nuovo ospizio monastico, non si erigesse dentro Monte Verdi innanzi il 1561, peraltro que’claustrali nel 1308 fecero circondare di mura, e munire di una torre il castello predetto. Nel 24
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    novembre del 1340 don Domenico abate del Monastero di Monteverdi, in vigore di certi contratti fatti col Comune di Volterra, pose questo al possesso de’beni che detto monastero possedeva nei castelli e corti di Monteverdi e di Canneto; dondechè nel 1350 i castelli medesimi furono presidiati dai figli di Ottaviano Belforti tiranni di Volterra. – Monteverdi nel 1405 fu conquistato dall’oste fiorentina, assalito e preso nel 1431 dal Signor di Piombino, e nel 1447 dalle truppe napoletane del re Alfonso di Aragona; ricuperato nel settembre del 1449 dai Volterrani; ma sempre ricaduto in potere della Rep. Fior., alla quale gli uomini della comunità di Monteverdi fecero la loro formale sottomissione sotto il dì 18 luglio 1472 all’occasione della conquista di Volterra. Quindi è che nel 1552 il magistrato della Parte Guelfa della città di Firenze, con deliberazione del 18 ottobre di detto anno, confermò al monastero di Monteverdi la rocca o torre del castello omonimo con le sue pertinenze, per l’annuo tributo di una libbra di cera lavorata. – Il qual monastero in virtù di una bolla del pontefice Martino V sotto dì 21 agosto dell’anno 1423 fu confermato alla Badia di Vallombrosa, il cui abate d’allora in poi prese il titolo di Marchese di Monteverdi. Infatti a quei cenobiti apparteneva il dominio diretto di quasi tutto il territorio della sua comunità siccome apparisce da un contratto fatto nel 1592 fra gli uomini di Monteverdi e l’abate Andrea Cambi riguardante il livello perpetuo de’boschi e dei terreni di quella badia, con facoltà di venderli fra loro, e di darli per dote alle figlie mediante una recognizione al domino diretto, e un tenue censo annuo; solamente si riservarono i monaci il diritto della pastura e delle acque, in guisa che i fittuarj Monteverdesi, volendo pascolare le loro bestie, erano
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    obbligati pagare una fida.
    Peraltro sotto il Granduca Ferdinando II il territorio di Monteverdi con quello di Canneto, compresi i casali di
    Gualda e di Caselli, fu eretto in feudo granducale con diploma dei 7 dicembre 1665 a favore del Cav. poi senatore Ferdinando Incontri nobile volterrano; il qual privilegio fu rinnovato nel 1738 a favore del Marchese Ferdinando Incontri nipote del primo investito, cui restarono i beni allodiali di una sua fattoria omonima dopo l’abolizione de’feudi granducali.
    La pieve di S. Andrea a Monteverdi, cui da lunga età fu riunita la distrutta chiesa parrocchiale di S. Maria a Gualda, era di padronato dei monaci Benedettini, poi de’Vallombrosani, attualmente del Principe. Vi si conserva un’antica pila di marmo bianco, che serve per la benedizione del fonte, la cui iscrizione indica essere stata in origine dedicata da un Liberto di Augusto alla pagana divinità della dea Bellona. – (GORI,
    Inscript. Antiq. Tomo II. pag. 147)

    CENSIMENTO della Popolazione del Castello di MONTEVERDI a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO (ERRATA: 1351) 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -; femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 87; totalità della popolazione 342.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 47; femmine 33; adulti maschi 66; femmine 90; coniugati dei due sessi 63; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 66; totalità della popolazione 304.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 75; femmine 88; adulti maschi 64; femmine 37; coniugati dei due sessi 196; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 94; totalità della popolazione 505.
    ANNO 1839: Impuberi maschi 104; femmine 124; adulti maschi 81, femmine 89; coniugati dei due sessi 220; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 108; totalità della popolazione 621

    Comunità di Monteverdi. – Il territorio
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    di questa comunità occupa una superficie di 27727 quadrati agrarj, dei quali 694 quadrati sono percorsi d’acqua e strade.
    Vi abitavano nel 1833 numero 768 individui, a ragione di quasi 23 abitanti per ogni miglio toscano quadrato di suolo imponibile.
    Confina con sei Cotanuità. – Dal lato di libeccio ha di fronte il territorio comunitativo della Sassetta, a partire dalla confluenza del borro
    Pelosino in quello detto delle Ville, col quale entra nel torrente Sterza di Cecina, e con esso entrambi i territorii rimontano per breve cammino nella direzione di settentrione a ostro il torrente stesso della Sterza per attraversarlo presso il varco della strada pedonale che da Monteverdi mena alla Sassetta. Di là voltando direzione da ostro a levante poi a scirocco passano sopra le sorgenti del fosso Corsaja, il cui alveo fiancheggiano, e poi vi entrano sotto il mulino di Gualda per scender con esso nel torrente Lodano, e seguitarlo finchè quest’ultimo rio si vuota nel torrente Mossera. A tale sbocco sottentra dal lato di ponente la Comunità di Suvereto, che presto l’altra di Monteverdi abbandona sul vicino fiume Cornia; là dove di fronte a scirocco trova la Comunità di Massa Marittima, con la quale cammina per quasi un miglio contr’acqua nell’alveo del detto fiume, che poscia abbandona per salire le pendici de’poggi alla destra della valle andando incontro al torrente Gualdicciolo. Costà cessa la Comunità di Massa e sottentra a confine dal lato di levante quella delle Pomarance mediante il torrente predetto Gualdicciolo, che insieme rimontano sino presso al bivio della strada pedonale proveniente da Canneto, e che ivi biforca per Lustignano e per Serazzano. Al di là della qual via scendono pel
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    fianco mediante il torrente Ritasso sul fianco dei poggi che chiudono a levante la vallecola della Sterza di Cecina; e dirigendosi lungh’essa verso maestrale, da primo lungo il torrente Ritasso, di poi per termini artificiali, trapassa la strada pedonale che da Canneto và alle Pomarance; e finalmente ritornando nell’alveo del torrente predetto dopo un altro buon miglio toscano il territorio comunitativo di Monteverdi trovasi a confine con quello della Comunità di Montecatini di Val di Cecina, col quale ritorna ben tosto nell’alveo della Sterza, mercè cui le due Comunità si dirigono da scirocco a maestrale fino al borro del Confine, che discende dal Poggio al Pruno, sul quale s’inoltrano sino alla via di Bolgheri. Giunti sulla cima del monte viene a confine dal lato di ponente la Comunità di Bolgheri situata di fronte alla nostra lungo la via predetta sino alle sorgenti del Rivivo. A questo botro sottentra la comunità della Gherardesca, con la quale questa di Monteverdi fronteggia, da primo mediante il botro suddetto nella direzione di levante e quindi dirimpetto a scirocco per ritornare nella Sterza di Cecina. Con cotesta fiumana si toccano le due Comunità per circa miglia toscane 1 e 1/2 di cammino nella direzione di libeccio sino al Vado alle Lame, mercè cui salgono il poggio di Segalari sino al verco della strada pedonale che da Monteverdi và a Castagneto. A questo punto trovasi il torrente Pelosino, col quale, cambiando direzione da ponente a ostro, le due Comunità vanno a ritrovare quello delle Ville, dove ritorna a confine il territorio comunitativo della Sassetta.
    I maggiori corsi d’acqua che lambiscono, o che passano per la Comunità di Monteverdi, sono il fiume
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    Cornia, i torrenti Sterza e Sterzuola, il Mossera e il Ritasso.
    Non s’incontrano strade rotabili per questa comunità, e tutte le vie aperte finora nel suo territorio sono mulattiere e pedonali.
    Fra le maggiori montuosità contasi quella del
    Poggio al Pruno, il quale presso al confine de’tre termini con la Comunità di Bibbona, di Montecatini e di Monteverdi si alza 1043 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo.
    Uno dei documenti più curiosi, se non più importanti, relativamente ai limiti territoriali della Comunità in discorso, io ritengo sia quello del 31 marzo 1296 esistente nell’Arch. Dipl. Fior. fra le pergamene della Comunità di Volterra. Trattasi ivi dell’esame giuridico di testimoni scelti fra i vecchi abitanti di Monteverdi, del Sasso, della Leccia, Serazzano e Castiglion Bernardi, castelli tutti del contado volterrano, che fiancheggiavano in Val di Cornia da più lati il territorio comunitativo del distrutto Castel di Cornia, per riconoscerne i perduti confini.
    Se poi dovessi fare una parola delle qualità fisiche, varietà e indole delle rocce che cuoprono la maggior parte de’poggi di questa comunità, direi che, sebbene costà il suolo mostri di essere appartenuto in generale al terreno secondario dell’Appennino, come sarebbe il macigno, il calcare compatto, ecc., pure niuna delle rocce facienti parte dell’ossatura di cotesti monti può dichiararsi assolutamente identica ad alcuna di quelle; essendochè tanto il calcare, quanto il macigno trovansi costà alterati non solo dalle masse ofiolitiche che separano la Valle della Cornia dal valloncello dalla
    Sterza, come per esempio, dalle grandi masse di gabbri che emersero fra Serazzano, e Monte Rufoli ecc. ma ancora dai potenti filoni di spato calcare, e talvolta di quarzo semitrasparente che in forma di calcedonio attraversano in varia direzione e riempiono in più luoghi le rocce stratiformi secondarie state alterate negli elementi e
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    struttura.
    Anche la parte geoponica di questa comunità indietreggia assai in proporzione di altre sue vicine, tostochè i boschi di leccio, di sughero, e di scopa, le selve di castagno ecc. cuoprono 1a massima parte della sua superficie territoriale, dove alle opportune stagioni abbondano i funghi e specialmente i prugnoli; mentre assai piccola è la porzione del suolo coltivato a vigneti, a alberi fruttiferi e a sementa. Così il legname, il carbone e la pastura per gli animali bovini, cavallini, majali, pecore e capre, costituiscono la massima risorsa dei possidenti terrieri costà dove i volatili ed i quadrupedi salvatici somministrano frequenti occasioni di caccia copiosa per molti mesi dell’anno.
    La Comunita di Monte Verdi ebbe la sua organizzazione dalla legge del primo aprile 1776. – Essa mantiene un medico chirurgo e un maestro di scuola. Con motuproprio del 21 ottobre 1837 fu soppressa la potesteria di Monteverdi, ed il suo territorio fu staccato dal Compartimento di Pisa per riunirlo a quello di Grosseto insieme con l’altro della Sassetta, dipendenti entrambi dal Vicario R. di Campiglia, dov’è l’ingegnere di Circondario, mentre la cancelleria comunitativa sta alle Pomarance, l’ufizio di esazione del Registro a Piombino, la conservazione delle Ipoteche in Volterra e il tribunale di prima e seconda Istanza in Grosseto.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di MONTEVERDI a tre epoche diverse (*).

    - nome del luogo: Canneto con l’annesso di
    Caselle, titolo della chiesa: SS. Lorenzo e S. Quirico (Pieve), diocesi cui appartiene: Volterra, popolazione anno 1551 n° 230, popolazione anno 1833 n° 263, popolazione anno 1839 n° 226
    - nome del luogo: MONTEVERDI con l’annesso di
    Gualda, titolo della chiesa: S. Andrea e S. Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Volterra, popolazione anno 1551 n° 342, popolazione anno 1833 n°
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    505, popolazione anno 1839 n° 621

    - Totale
    abitanti anno 1551 n° 572
    - Totale
    abitanti anno 1833 n° 768
    - Totale
    abitanti anno 1839 n° 847

    (*) N.B.
    Manca la popolazione del 1745, per essere a quell’epoca la Comunità di Monteverdi sotto la giurisdizione marchionale.

    MONTE VERDI in Val di Cornia. – In fine si aggiunga. – Nel 1833 la Comunità di MONTE VERDI contava 768 Abitanti e nel 1845 ne aveva 974, cioè:

    Canneto,
    Abitanti N.° 293
    MONTEVERDI,
    Abitanti N.° 681
    TOTALE
    Abitanti N.° 974
Localizzazione
ID: 3173
N. scheda: 34630
Volume: 3; 6S
Pagina: 552 - 555; 162
Riferimenti:
Toponimo IGM: Monteverdi Marittimo
Comune: MONTEVERDI MARITTIMO
Provincia: PI
Quadrante IGM: 119-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1639376, 4781901
WGS 1984: 10.71571, 43.17859
UTM (32N): 639440, 4782076
Denominazione: Monte Verdi, Monteverdi - (Gualda)
Popolo: S. Andrea a Monteverdi (con annesso S. Maria a Gualda)
Piviere: S. Andrea a Monteverdi (con annesso S. Maria a Gualda)
Comunità: Monteverdi
Giurisdizione: (Monteverdi) Campiglia
Diocesi: Massa Marittima - Volterra
Compartimento: (Pisa) Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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