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Pitigliano - Acque minerali

 

(Pitigliano)

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    PITIGLIANO (Pitilianum) nella Val di Fiora. – Grossa terra che può dirsi nuova città per essere residenza costante del Vescovo di Sovana e del suo capitolo con chiesa insigne collegiata (Santi Pietro e Paolo) capoluogo di Comunità, residenza di un Vicario regio, nella Diocesi di Sovana, Compartimento di Grosseto.
    Riposa Pitigliano in mezzo ad una vasta pianura profondamente ricoperta da tufa vulcanica. Trovasi da tre lati isolata, mediante tre torrenti, il Meleta, ed il Prochio che ne corrosero intorno quel suolo, il primo dal lato di ostro, il secondo dirimpetto a settentrione, entrambi i quali confluiscono nel Lente che è il terzo maggiore torrente, il quale gli altri due riceve dirimpetto a maestro.
    Non ha mura castellane, rendendola forte la sua posizione, meno dalla parte di levante dove il suolo non è scavato da corsi d'acqua, ed è appunto da cotesto lato dove provvide l'arte, mediante i bastioni di un castello che forma baluardo al paese ed al palazzo abitato dai conti Orsini che furono per tre secoli continui signori di Pitigliano.
    Trovasi fra il grado 29° 19’5” longitudine, e il grado 42° 39’8” latitudine a braccia 580 circa sopra il livello del mare Mediterraneo due miglia a scirocco dalla deserta città di Sovana, intorno a 35 miglia toscane a levante scirocco da Grosseto, 18 miglia a libeccio di Acquapendente, 10 a grecale di Manciano e 30 miglia nella stessa direzione da Orbetello.
    Si distende questa Terra per lo lungo da levante a ponente, dove termina quasi a piramide. – E’attraversata nella sua lunghezza da tre strade fra loro parallele. Quella principale di mezzo passa per la piazza della chiesa collegiata, davanti alla quale è il palazzo pretorio, mentre alla sua base di fronte a levante s’innalza il solido palazzo, dove fu il castello annesso de conti Orsini, ridotto attualmente a residenza
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    del Vescovo di Sovana. – Vi si entra per tre porte, una dirimpetto a levante denominata Porta di sopra, l'altra a ponente detta Porta di sotto, e la terza che guarda ostro, per la quale s'introduce la strada provinciale e che né tempi andati serviva d'ingresso anco alla fortezza.
    Ignorasi tuttora l'origine di Pitigliano, per quanto questa terra sia la più popolata della Maremma Grossetana.
    Lascerò poi agli eruditi la cura d’indagare se Pitigliano, che non trovo nominate prima del secolo XI, si conoscesse sotto altro nome, e se poteva essere il finora ignoto casale di Tacciano posto dentro i confini territoriali di Sovana? Dico di quel Tacciano, dove possedevano una vasta tenuta con oliveti vigne e coloni i figli di Walperto, duca dei re Longobardi in Lucca, due dei quali, nell'aprile dell'anno 753, rinunziarono all'altro fratello Walprando vescovo di Lucca per una pezza di ora lavorato a guisa di torre la loro porzione della tenuta di Tacciano – (MURAT. Ant. M. Aevi e Memor Lucch., T. V. P. I.).
    Questo documento, che per avventura ci scuopre la ragione per cui la mensa vescovile di Lucca in quella remota età possedeva beni nella Maremma di Sovana, ci richiama eziandio ad un altro fatto storico, che potrebbe servir forse di chiave a scuoprire l’origine de’conti Aldobrandeschi di Maremma. Alla qual ricerca per avventura farebbero strada due carte dell'Arch. Arciv Lucch. con una delle quali, Jacopo vescovo di Lucca, nell'agosto dell’803, diede ad enfiteusi i beni della chiesa di S. Giorgio di Grosseto a Ildebrando figlio d'Ilprando abate, mentre colla seconda scritta nel 22 settembre dell’809 lo stesso vescovo Jacopo allivellò ad Alperto figlio d’Ilprando abate, e per conseguenza al fratello del suddetti Ildebrando, o Aldobrando, tutte le sostanze che la mensa vescovile lucchese possedeva, in Tacciano nei confini territoriali di Sovana con gli edifizi
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    annessi, terre incolte e lavorate, vigne, oliveti e selve spettanti alla chiesa di S. Eusebio situata nel predetto luogo di Tacciano dentro i confini territoriali della città di Sovana. – (BERTINI, e BARSOCCHINI, Memor. Lucch., T. IV. e V.)
    Il casale peraltro di Tucciano doveva essere vicino ad altro ignoto vico appellati Lusciano. Avvegnachè fino del 17 maggio del 774 Peredeo vescovo di Lucca aveva affittato una casa massarizia, o dir si voglia un podere, posta nel vico Lusciano pressi il casale di Tucciano, territorio comunitativo di Sovana. – (ivi).
    Checché fosse di questo Tucciano, e de figli del potente abate Ilprando, mi limiterò a dire che, se un Pitiliano fino dal secolo VIII è rammentato nelle carte longobarde Turchesi, quello era assai lungi dal nostro di Val di Fiora, mentre esisteva sulla fiumana Versilia presso il luogo dove poi fu edificato il castello, ora città di Pietrasanta. –
    Vedere PIETRASANTA.
    Per quanto però del Pitigliano di Sovana manchino memorie anteriori al mille, pure si può credere che essendo cotesto paese il più popolato e il più vicino di tutti alla deserta città di Sovana, debba attribuire, se non l’origine, al certo il suo incremento e prosperità, alla qualità meno insalubre del clima, per cui vi accorsero gli abitanti fuggitivi dall'inospita e sempre più malsana città di Sovana, nella stessa guisa che nei confini occidentali della Toscana si andò popolando Sarzana dei cittadini dell’abbandonata e distrutta città di Luni. –
    Vedere SARZANA.
    La prima volta che mi è avvenuto di trovare rammentato il Pitigliano di Maremma è in una bolla del Pontefice Niccolò II diretta nel 27 aprile (
    ERRATA: del 1081) del 1061 al Preposto del capitolo della Cattedrale di Sovana, nella quale indicandosi le chiese battesimali di quella diocesi, si nomina anteriormente alle altre la pieve di
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    Pitigliano; lo che giova a dimostrare non solo l'esistenza nel secolo XI, ma ancora l’importanza del paese sino da quell'età. Un’altra consimile bolla concistoriale fu spedita nel 5 aprile del 1188 dal Pontefice Clemente III ai canonici della Cattedrale de’Santi Pietro e Paolo di Sovana. Vedere SOVANA.
    Rispetto alla storia politica dirò, che Pitigliano faceva parte fino dal secolo IX almeno meno della contea Aldobrandesca, tostochè un conte Ildebrando fratello di Geremia vescovo di Lucca, discendente probabilmente dall'abate Ilprando sopra indicato, lo troviamo in Lucca nell'anno 857 (MURAT. Ant. M. Aevi); e un di lui figlio, il Conte Ildebrando è ricordato all’anno 898 dallo storico Liutprando, mentre due fratelli, Ildebrando ed Alberto, nati da un conte Ildebrando, si trovano citati all'anno 1068 dalle pergamene dell'Arch. Arciv. di Lucca.
    Non starò adunque a muover questione sul frammento di una Cronica milanese riportato dal Muratori (Op. cit. Dissert. X I.) relativamente alla venuta dal Ticino in Toscana dei Conti di Santa Fiora al tempo dell'Imperatore Ottone IV, tostochè troviamo in a Maremma gli Aldobrandeschi conti Palatini molto innanzi quell'età. –
    Vedere MONTALTO DI ROCCASTRADA.
    Dirò solamente che nelle divise state fatte nel 1274 fra due rami della stessa stirpe, toccarono al conte Ildebrandino di Guglielmo i paesi di Sovana, Pitigliano, Vitozzo Sorano, Orbetello, Marsiliana ecc.
    Residuata la famiglia dei conti Aldobrandeschi di Sovana nella contessa Margherita unica figlia ed erede universale del conte Ildebrandino prenominato, e la stessa donna non avendo ottenuto dal conte Guido di Monfort suo consorte altro che una femmina (Anastasia), questa nel 1293 fu sposata a Romano dei conti Orsini di Roma. Dondechè alla morte della contessa Margherita succedé in tutta la contea di Sovana la sua figlia contessa Anastasia, e poscia il figliuolo Guido che portò nella famiglia Orsini con le ragioni della casa Aldobrandesca il titolo
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    di conte di Pitigliano.
    La storia peraltro di cotesta dinastia per lungo corso di anni non ci offre che fatti crudeli e lacrimevoli violenze di figli contro il padre, di padre contro i figli, di fratelli contro fratelli, insomma di continue divisioni intestine, alimentate da opposti partiti ch’essi presero, ora a favore, ora contro il governo di Siena, ma che terminarono sempre con danno specialmente dei vassalli Pitiglianesi, il di cui paese in grazia della situazione servì di antemurale a quei signori.
    Nel tempo pertanto delle divisioni domestiche e politiche il conte Bertoldo di Niccola Orsini per atto pubblico del 4 settembre 1389 fu ricevuto in accomandigia per anni cinque dalla Repubblica Fiorentina.
    Le più spesse volte però i conti di Pitigliano costretti dalla forza piuttosto che dalla buona volontà dovettero sottomettersi all’accomandigia della Signoria di Siena, come quella che nel 22 giugno 1442 fu concessa al conte Ildebrandino Orsini per sé e suoi successori, per gli uomini di Pitigliano, di Sorano e loro territorio, mediante l'annuo tributo da recarsi alla cattedrale di Siena di un palio del valore di 25 fiorini d'oro.
    Ma il conte Ildebrandino Orsini avendo mancato ai patti, richiamò contro di sé e dei suoi vassalli le milizie senesi, sicché vinto, dové ricorrere a chiedere perdono e pace, che ottenne con lodo pronunziato nel 7 maggio 1455, tuttora esistente nel Kaleffetto dell’Arch. Dipl. di Siena.
    Le stesse condizioni di accomandigia furono rinnovate nel 19 novembre 1472 per anni 5 ad istanza del conte Niccola II figlio del predetto conte Ildebrandino di Pitigliano.
    Nell'anno 1529 per mezzo dell’ambasciatore cesareo fu firmata in Roma un’altra convenzione di accomandigia con Lodovico Orsini figlio di Niccola III conte di Pitigliano, mercé la quale il raccomandato si i obbligava di offrire annualmente a Siena, oltre il solito palio, una gran tazza d'argento del peso di cinque libbre.
    Ma
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    cotesto tributo non fu pagato che pochi anni, comecchè la Repubblica di Siena nel giorno dell'Assunta continuasse, a chiamare fra i suoi tributarj i conti di Pitigliano fino a che cotesta Terra nel 1553 fu concessa dal re di Francia al maresciallo Pietro Strozzi per i servigi che prestava alla sua corona nella guerra di Siena. Sennonché alla caduta di questa repubblica la Terra di Pitigliano con tutta la contea ritornò agli Orsini.
    Peraltro tanti, lunghi e sì cattivi furono i trattamenti che il conte Niccola IV adoprò verso i suoi vassalli, tanta fu atroce ed iniqua l'azione di aver egli spogliato della contea il di lui padre Giovanni Francesco, che gli uomini di Pitigliano sotto dì 11 gennajo del 1561 si ribellarono ai loro conti, offrendosi spontaneamente al duca Cosimo I. Il quale nel dì 27 dello stesso mese vi spedì un corpo di truppe col delegato Francesco Vinta a prendere provvisoriamente possesso e a custodire i castelli di Pitigliano e di Sorano.
    Dopo di che il duca di Firenze avendo riconsegnato al legittimo signore, il conte Giovanni Francesco Orsini, i paesi di Pitigliano e Sorano, questo dopo essere stato ben accolto da quei terrazzini sottopose sé, i suoi eredi e sudditi con titolo di accomandigia perpetua alla corona di Toscana. Un simil atto venne rinnovato dopo mancato il conte Giovanni Francesco Orsini dal prenominato suo figlio Niccola IV mediante convenzione del 3 giugno 1570. Finalmente lo stesso conte Orsini con rogito del 9 novembre 1588 rinunziò al Granduca Francesco I il castello di Pitigliano con la villa di Monte Vitozzo, le pertinenze e territorii annessi nel tempo che con altro istrumento del giorno medesimo Alessandro Orsini figlio del Conte Niccola IV ratificava la cessione paterna aggiungendo la donazione al prefato Granduca della rocca e terra di Sorano.
    Però dai fatti che
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    ne conseguirono sembra apparire che il dominio sopra i popoli di Pitigliano, di Sorano e di tutta la contea continuasse a mantenersi negli Orsini. – Avvegnachè nel 9 giugno dell'anno 1604 si celebrò un istrumento di permuta fra il Granduca Ferdinando I da una e Giovanni Antonio Orsini conte di Pitigliano, Sorano e Monte Vitozzo dall'altra parte, col quale Ferdinando I rilasciò con titolo di contea feudale per ordine di primogenitura al conte Giovanni Antonio Orsini la Terra di Morte S. Savino, Gargonza, Palazzuolo, Verniana e Alberoro con tutte le loro appartenenze e giurisdizioni, oltre la R. villa e fattoria di Lappeggi, un palazzo con giardino annesso dentro Firenze nel popolo di S. Lucia sul Prato (ora palazzo Stiozzi) ed una prestazione di 11664 scudi d'oro. In vece di che il Conte Giovanni Antonio Orsini cedé al Granduca di Toscana ed ai suoi successori in perpetuo, salvo l'assenso di S. M. Cesarea, la contea di Pitigliano e Sorano con i fortilizj, territorii e ville dentro i seguenti confini, cioè, di Valentano nel ducato di Castro, della signoria di Latera e di Onano nel marchesato di Proceno, di Montorio e di Castell' Ottieri de’signori Ottieri di Castellazzara, della contea di Monte Buono e dell’Elmo nel ducato di Sovana, della stessa città di Sovana e sua corte, di Monte Nero, Monte Merano e Manciano, tutti tre nel già nominato ducato di Sovana, finalmente aveva a confine i paesi di Castelfranco, Castro e Castelferrante nel ducato di Castro.
    La qual permuta venne ratificata due anni dopo dal conte Bertoldo Orsini fratello del prefato conte Giovanni Antonio mediante istrumento del 10 ottobre 1606.
    Cotesti atti però non ebbero completa esecuzione se non dopo un altro istrumento del giugno 1608, cosicché fu solo negli ultimi giorni di vita che il Granduca Ferdinando I poté unire alla sua
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    corona la contea di Pitigliano e Sorano, stata fino allora il pomo della discordia, o piuttosto, come diceva Cosimo I, il solfanello delle guerre d’Italia.
    Finalmente nel 1640 essendo accaduta la morte del conte Alessandro di Bertoldo Orsini senza successione, la Corona di Toscana restò libera da ogni onere, a cui in vigore dell'istrumento del 9 giugno 1604, dirimpetto agli Orsini erasi obbligata. –
    Vedere MONTE S. SAVINO.
    Posteriormente per atto pubblico del 9 giugno 1635 il Granduca Ferdinando II concedè ad usufrutto al principe Giovanni Carlo di lui fratello, suoi figli e discendenti maschi le contee di Pitigliano, Sorano, Castell'Ottieri e S. Giovanni delle Contee unitamente al bestiame e masserizie della Corona di Toscana.
    Sotto i Principi Medici cadetti risedeva in Pitigliano un vicario per amministrare la giustizia civile criminale verso gli abitanti di Pitigliano, Sorano, Castell' Ottieri e S. Giovanni delle Contee. Vi era anche un giudice d’appello per le cause civili ed il cancelliere della Comunità, mentre il Principe teneva in Firenze un’auditore della contea.
    Stette anco in Pitigliano un governatore d’armi o castellano finché quella fortezza non fu sguarnita de' 12 pezzi di cannone e delle munizioni che aveva al pari dell'altra di Sorano.
    Per comodo de' terrieri fu aperto in Pitigliano un Monte Pio, con tutto che i maggiori imprestiti si facciano dagli Ebrei che hanno costà un ghetto, una bella sinagoga ed una buona scuola di reciproco insegnamento.
    In grazia dell'aumento della popolazione e dell'angustia delle case la Comunità di Pitigliano ha acquistato, o va acquistando uno spazio di terreno pianeggiante fuori della Porta di sopra per donarne tante preselle a chi verrà fabbricare nei descritti modi e termini nuove abitazioni.
    La parrocchia di Pitigliano, in origine semplice chiesa plebana dedicata a S. Maria, nel settembre del 1500 fu eretta in collegiata, e nel 1509 fu riedificata dai fondamenti
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    dal conte Niccola III Orsini nel luogo dov'è attualmente, sotto l'invocazione stessa della Cattedrale di Sovana.
    Il suo capitolo, che ha una sola dignità, l'arciprete e pievano, componesi di otto canonici tutti di collazione del Principe. Attualmente cotesta chiesa collegiata fai le veci di concattedrale in luogo dell'antica chiesa matrice di Sovana.
    Pitigliano possiede una bella fonte pubblica nella piazza davanti al castello, opera del conte Giovanni Francesco Orsini che ve la fece condurre nel 1545 dopo essere state allacciate varie sorgenti nel poggia di S. Angelo alla distanza di circa 4 miglia.
    Oltre la dignità ecclesiastica del Vescovo e la secolare del Vicario regio, risiedono in Pitigliano un ricevitore del Registro, un cancelliere comunitativo ed un ingegnere di circondario, i quali abbracciano anco i territorii comunitativi di Marciano e Sorano. Vi è di più un doganiere di prima classe, dal quale dipendono le dogane di terza classe di Marciano e Pescia. Il Tribunale di Prima Istanza è in Grosseto.
    Esiste in Pitigliano uno spedale capace di 20 letti. Il medico condotto della Comunità fa le funzioni dell’infermiere.
    Pitigliano ha dato nel secolo XVIII in Francesco Zuccherelli un abile paesista, ed un letterato nel prelato Maria Ugolini

    CENSIMENTO della popolazione della Parrocchia e Comunità di PITIGLIANO a tre epoche diverse (1).

    ANNO 1745: Impuberi maschi 333; femmine 331; adulti maschi 341, femmine 466; coniugati dei due sessi 678; ecclesiastici dei due sessi 63; ebrei dei due sessi 114; numero delle famiglie 579; tatalità della popolazione 2326.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 525; femmine 529; adulti maschi 325, femmine 369; coniugati dei due sessi 1083; ecclesiastici dei due sessi 30; ebrei dei due sessi 332; numero delle famiglie 634; tatalità della popolazione 3193.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 591; femmine 555; adulti maschi 365, femmine 388; coniugati dei due sessi 1145; ecclesiastici dei due sessi 30;
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    ebrei dei due sessi 346; numero delle famiglie 730; tatalità della popolazione 3420.

    (1) N. B.
    Manca la popolazione di Pitigliano sotto i Conti Orsini, e sotto il dominio Mediceo, poiché fino allora questa Terra fu contemplata feudale.

    Comunità di Pitigliano
    . – Il territorio di questa Comunità è limitato dall'estensione della sua parrocchia, che occupa una superficie di 29285 quadrati dei quali 617 spettano a corsi d'acqua e a strade. – Nel 1833 vi abitavano 3193 persone, a ragione repartitamente di 90 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    La figura iconografica del suo territorio è quasi conica con la punta a levante grecale e la base a ponente libeccio. – Confina da quest'ultimo lato con il territorio comunitativo di Manciano, a partire dalla confluenza nel fiume Fiora del fosso di Catarciano, il cui corso rimonta nella direzione di settentrione maestro per circa un miglio, e di là entrando in altro fossatello suo tributario sinistro s'inoltra nella stessa direzione per quasi due miglia sino alla strada provinciale che da Manciano guida a Pitigliano. – Costà dopo aver voltato faccia da ponente libeccio a maestrale sottentra la Comunità di Sorano, colla quale l'altra di Pitigliano percorre nella direzione di grecale una linea di circa undici miglia da primo mediante la strada provinciale suddetta, lascia per il fosso della Querciola, per l'altro in cui si vuota di Montenero, col qual ultimo dopo un miglio di cammino scende nel fiume Fiora che presto attraversa per entrare nel torrente suo tributario, il Lente, il quale rimonta per il corso di un altro miglio, fino a che lo lascia a destra per entrare nel fosso detto di S. Pietro, e di là in altri fossatelli che passano mezzo miglio a maestro di Pitigliano, rimontando a poca distanza la ripa destra del torrente Lente, finché a
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    due miglia a grecale di detta Terra il suo territorio comunitativo voltando faccia da maestro a settentrione attraversa il torrente predetto, quindi la strada provinciale tra Pitigliano e Sorano per dirigersi uno dopo l'altro sui fossi del Prochio, del Sambuco e di Orticaja. Passati i quali piega da settembre a grecale per salire sul crine de’poggi alla sorgente del fosso di Mantignana punto estremo della Comunità di Pitigliano e del territorio Granducale.
    In cotesta sommità sottentra a confine lo Stato Pontificio della Legazione di Viterbo, col quale voltando faccia da grecale a scirocco e quindi a ostro il territorio comunitativo di Pitigliano retrocede per termini artificiali ed in parte mediante il fosso del Malpassino, finché lascia questo a settentrione per dirigersi a ostro lungo la via del Voltone attraversando quella che da Pitigliano guida a Valentano. Di là piegando la fronte a scirocco trova le fosse delle Castiglione che attraversa alla loro confluenza nella Fossa nuova. Ivi torcendo verso levante scirocco si dirige nel fosso Crognoleto e di là per termini artificiali, e poscia ritornando più abbasso nello stesso fosso Crognoleto, lo attraversa per incamminarsi dirimpetto a libeccio e poscia a maestro sul fiume Fiora; il quale rimonta dal lato meridionale per circa due terzi di miglio, finché arriva alla confluenza del fosso Catarciano, dove ritrova la Comunità granducale di Manciano dopo aver costeggiato quasi 11 miglia con lo Stato Pontificio.
    Fra le strade malamente rotabili vi è quella provinciale da Manciano per Pitigliano e Sorano. Per corto tratto può dirsi rotabile un altro pezzo di strada comunitativa che staccasi dalla confluenza del Lente nella Fiora per dirigersi a ostro di Pitigliano prima di scendere nel torrente Meleta, e che di costà s'inoltra verso la Rotta per andare a Valentano. Tutte le altre strade sono pedonali.
    Fra i maggiori corsi d'acqua che passano
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    per il territorio comunitativo di Pitigliano, dopo il fiume Fiora che lo attraversa da settentrione a ostro per il tragitto di tre buone miglia, si contano i torrenti del Lente e della Fossa nuova, il primo dei quali riceve quasi tutte le acque a levante e grecale di Pitigliano, e l'altro quelle che scorrono al suo ostro e scirocco per scaricarle entrambi nel fiume Fiora dentro i confini di questa stessa Comunità.
    Importantissima a conoscersi è la qualità fisica del suolo di cotesto territorio, perché coperto costantemente di tufa o di altri prodotti di antichi vulcani sottomarini.
    All’Articolo MANCIANO Comunità (Volume III. pagina 40) dissi, che al torrente Stellata presso al confine orientale del territorio di Manciano e della Valle di Albegna il terreno stratiforme e nettuniano vedesi a luoghi ricoperto di arene lucenti spettanti a stritolamenti cristallini di rocce vulcaniche, le quali cominciano a trovarsi fuori del loro posto sulla ripa destra del torrente prenominato, talvolta sottostanti, tale altra sovrapposte a de’banchi di ciottoli e di grosse ghiaie di calcare compatto. Consimili banchi continuano a incontrarsi quasi senza interruzione in mezzo a crostoni di calcare cavernoso concrezionate da chi percorre la base orientale delle colline donde scende il fosso Rubiano sino al fiume Fiora. La spiegazione di cotesto fenomeno si deve alle acque fluviatili, o di alluvione terrestre, ed alle deposizioni del carbonato calcare che suole abbondare costà nelle acque d’infiltrazione mescolandosi fra i ciottoli nettuniani ed i prodotti vulcanici. Giunti però alle testate del ponte che cavalca il fiume Fiora sulla strada provinciale, cessa il conglomerato incumbente alla tufa vulcanica, e comparisce una vasta pianura elevata da sessanta e più braccia sopra il letto profondissimo del fiume, la cui ripa è coperta di tufa, di arene cristalline, di cristalli e di ceneri vulcaniche, rocce che largamente si estendono alla sinistra
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    della Fiora, verso i confini meridionali del Granducato e di là sopra una gran parte dello Stato Pontificio della Legazione di Viterbo.
    Tutti i torrenti di cotesta pianura, a proporzione della quantità di acque che raccolgono, corrono più o meno profondamente incassati in coteste ceneri grigie friabili e cellulose; ragione per cui i paesi situati come Pitigliano alla confluenza di più torrenti, per quanto siano posti in pianura, vengono quasi isolati dai corsi d’acqua che li avvicinano, in guisa da riescire difficile e faticoso l'accesso.
    Infatti è alla confluenza de’più grossi torrenti dove si vede meglio il taglio geognostico di cotesta contrada. Tale per esempio si mostra alla confluenza del Meleta col Prochio e il Lente a chi scende da Pitigliano per la Porta da basso dove si presenta un taglio di circa 180 braccia; avvegnachè costà possono vedersi le ripetute stratificazioni di tufa gialla, tufa cenerina e scoriacea , sparse di piccoli cristalli d'ani igene, di frammenti di pirossena, e di feldspato ridotti allo stato terroso. La tufa al dì sotto della Porta da basso abbonda più che altrove di masse tondeggianti, della grossezza di un pugno sino a quella di una palla da 40, formate di lava scoriacea nera, avente un lustro che simula l’aspetto del carbon fossile.
    Masse tondeggianti più consistenti dentro la tufa sono quelle che s'incontrano circa due miglia a grecale di Pitigliano, segnatamente al luogo appellato la Corte del Re passato il torrente Prochio. È una specie di pianoro che offre quasi a fior di terra un profondo banco di sonoro travertino (calcare concrezionato) poco lungi dalla strada provinciale e da un burrone, a piè dei quale scaturisce un’acqua termale leggermente acidula. Ma i campi della Corte del Re forniscono varie masse di tufa ricche di cristalli di melolite, di pirossena, d’idocrasia nerastra, di feldspato fibroso, di
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    quarzo e di mica a frattura scagliosa, colorita in grigio, in roseo, e talvolta in verdognolo da simulare quasi una varietà di trachite.
    Più singolare ancora è il pianoro situate appena un miglio a levante di Pitigliano fra il Prochio e il Meleta, appellato il Pozzo dell’Orco da un'apertura artificiale che ha circa 120 braccia di circonferenza fatta anticamente per cavarne il travertino ad una profondità a un dipresso di 30 in 40 braccia, mentre il terreno palustre che lo ricuopre porta il nome di Pantano, essendochè vi scorre sopra un'acqua termale ricca di carbonato calcare, che deposita per via la calce sottocarbonata a guisa di quella che lasciano lungo il loro letto il fiume Elsa sotto Colle, il torrente delle Venelle sotto la città di Massa Marittima, molte acque delle Maremme, ecc.
    Per quanto adunque la superficie di questo suolo venga ricoperta da terreno recentissimo, non vi mancano però ciottoli erratici spettanti a rocce di vulcani spenti; ed è in coteste vicinanze, dove abbondano più che altrove quelle contenenti cristalli di melanite, di quarzo jalino, di granati, o colofonite di Giorgio Santi.
    Di là ritornando verso Pitigliano per la cappellina di S. Lorenzo si passa perla strada eletta del Gradone, scavata a guisa di galleria discendente dentro una ripa di tufa color cenerognolo ora soda, ora tenera e friabile. É un luogo segnalato dal Santi per la ripetuta e varia sovrapposizione di strati di ceneri vulcaniche formate da tufa grigia in piccolissimi cristalli e quasi sciolta, che racchiude palle tondeggianti di scorie cellulose con grani di lava scoriacea bigia, a somiglianza di quelle che appariscono sotto Pitigliano scendendo dalla Porta da basse.
    Alla tufa grigia friabile sottentra la tufa gialla compatta con cristalli di minuti cristalli opachi e di feldspato, quindi un banco di pomici grigie e biancastre sovrastanti ad altro banco profondo
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    di terra granulosa con minuti cristalli di lapilli.
    In qualche altra parte le varie qualità di tufa racchiudono ciottoli e ghiaje di rocce stratiformi compatte. Ma cotesta promiscuità non suole affacciarsi che verso il lembo estremo del terreno vulcanico, e specialmente lungo il fiume Fiora, che può qualificarsi, come dissi, quasi il limite geologico di quella estesissima eruzione di vulcani estinti.
    Al pari della indicata strada del Gradone molti cammini pedonali ed anco mulattieri sono stati tagliati a scaglioni per entro alle balze profondissime di tufi nei contorni di Pitigliano.
    Alcune qualità di tufa grigio cerulea, sogliono lavorarsi per uso di pietrame da edilizi, perché esposte all'aria prendono maggior consistenza; quindi avviene che nel suolo su cui riposa Pitigliano si scavano strade, grotte, ripostigli, cantine ed abitazioni.
    Ciò non ostante la massima parte di coteste ceneri vulcaniche riescono adattatissime alla vegetazione, dopo essere state dagli agenti meteorici disgregate e convertite in una terra specialmente ferace per le viti e per gli ulivi.
    Il Santi pubblicò una nota di 185 piante naturali incontrate per via nel territorio di Pitigliano. Ma le vigne, per le quali i Pitiglianesi usano molta cura, somministrano vini bianchi spiritosi ed accreditati in tutta la Maremma orbetellana e grossetana, dove sono trasportati e venduti.
    Rispetto agli ufliziali ecclesiastici, politici, ed economici esistenti in Pitigliano fu detto nell'Articolo precedente della sua storia, dove è stata riportata anche la popolazione della parrocchia che è pur quella della sua Comunità. Così indicheremo all’Articolo SOVANA le vicende della sua Diocesi.
    La Comunità mantiene un medico ed un medico chirurgo, con due maestri di scuola.

    PITIGLIANO (città) nella Val di Fiora. – Dove si parla della bolla del Pontefice Niccolo II diretta al preposto del capitolo della città di Soana, deve leggersi,
    dal Pontefice diretta nel 27 aprile del 1061.
    La bolla pontificia che erige la Terra
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    di Pitigliano in città, e la sua chiesa collegiata in concattedrale è del dì 11 gennajo 1844. Col decreto poi vescovile che succede a quella bolla nel 5 febbrajo 1844 fu soppressa la chiesa parrocchiale della cattedrale di Soana, e trasportato il suo capitolo in quella di Pitigliano con due dignità, preposto ed arciprete.
    Con altro posteriore decreto vescovile del gennajo 1845 fu eretta in Pitigliano una nuova parroccchia nella chiesa di S. Maria Assuntala quale è stata aperta dopo la Pasqua di detto anno.
    Nel 1833 la COMUNITA’ DI PITIGLIANO contava senza altri annessi 3193 individui, e nei 1845 compreso un annesso ne aveva 3883, cioè:

    PITIGLIANO, Concattedrale,
    Abitanti N. ° 3804

    Annessi

    S. Quirico della Comunità di Sorano, Abitanti N. ° 79

    TOTALE
    Abitanti N.° 3883
Localizzazione
ID: 3291
N. scheda: 40800
Volume: 4; 6S
Pagina: 470 - 476; 192
Riferimenti: 4850
Toponimo IGM: Pitigliano
Comune: PITIGLIANO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 136-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1718702, 4723638
WGS 1984: 11.66818, 42.6357
UTM (32N): 718766, 4723812
Denominazione: Pitigliano - Acque minerali
Popolo: SS. Pietro e Paolo a Pitigliano
Piviere: SS. Pietro e Paolo a Pitigliano
Comunità: Pitigliano
Giurisdizione: Pitigliano
Diocesi: Sovana
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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