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Pontremoli (S. Maria) - Vescovati della Toscana (Pontremoli) - Apua

 

(Pontremoli)

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    PONTREMOLI ( Pons Tremulus e Pontremulus ) in Val di Magra. Città nobile, già borgo cospicuo con sovrastante castello e chiesa collegiata, che fu nella Diocesi di Luni-Sarzana, ora cattedrale e residenza di un vescovo suffraganeo del Metropolitano di Pisa, capoluogo di Comunità, con tribunale di Prima istanza ed un commissario regio, nel Compartimento di Pisa.
    È situata sulla confluenza del torrente Verde , che alla metà del paese si vuota e perde il suo nome nel fiume Magra, il quale bagna la città di Pontremoli dalla parte di grecale, mentre il Verde percorre le sue mura nell’opposto lato. – Passa per Pontremoli l’antica strada Francesca o Romèa , che Clodia e di Monte Bardone fu pure appellata, la quale attraversa il giogo dell'Appennino al varco della Cisa .
    Trovasi Pontremoli fra il grado 27° 33' di longitudine e 44° 24' di latitudine, circa 28 miglia a settentrione di Sarzana, 26 a maestale di Fivizzano, passando per la via rotabile, 34 a settentrine-maestro di Massa di Carrara, 58 nella stessa direzione da Pisa e 48 a ostro-libeccio di Parma.
    Pontremoli portava una volta il nome di borgo, sia perché è attraversata dall’antica ed unica strada della Cisa, sia perché le sue abitazioni sono disposte a guisa di un borgo lungo più di mezzo miglio.
    La parte superiore, ch’è pure la più antica, ed è posta come dissi, a destra dal Verde, a sinistra dalla Magra, risiede sul lembo meridionale del Monte Molinatico o della Cisa, mentre la parte inferiore, ossia la moderna, situata tutta alla sinistra della Magra, trovasi alla base occidentale dei vitiferi colli che al Monte Orsajo mediante lo sprone di Logarghena si congiungono.
    Il punto più elevato della città è quello del Castel Piagnaro che si alza nell’estremità superiore del paese circa 540 braccia più alto del livello del mare
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    Mediterraneo, mentre a 457 braccia fu riscontrata l’altezza delle finestre della torre del Pubblico presso la confluenza del Verde nella Magra.
    Situata in quell’unica gola che dà adito al più facile passaggio dell’Appennino lunense, circondala da fertili colline, in un clima temperato e salubre non fia da maravigliarsi (diceva il dotto autore del Calendario lunese per l’anno 1836) se molti favoleggiarono intorno all’antichità ed origine di Pontremoli, pretendendo alcuni che costà in tempi remotissimi esistesse la capitale del Liguri Apuani, stantechè su cotesti monti quella ligustica tribù tenne lungamente stanza. Ma l’ipotetica Apua scomparve dal novero delle antiche città della Liguria, tostochè l’istoria fu sottomessa all’impero della critica. – Vedere APUA.
    Lo stesso dicasi di coloro i quali pensarono, che Pontremoli fosse chiamata più tardi dai Romani così in memoria di un ponte fabbricato sulla Magra lungo la via maestra che da Luni conduceva in Lombardia, mentre altri congetturarono, fosse esistito costà un ponte lungo e tremulo fatto di legno nell'anno 526 dell’E. V. sotto Alarico re de’Goti.
    Coteste ed altre congetture sull'origine di Pontremoli furono rigettate dall’autore delle Memorie storiche di Lunigiana (Ab. Emanuele Gerini) quantunque egli ne ammetteva una non meno insussistente, tostochè proferiva quella che Pontremoli traesse nome e principio da Q. Marcio Tremulo nel tempo del suo consolalo con P. Cornelio Aruina (anno di Roma 447) per un ponte in quelle angustie di luoghi da esso fatto erigere ad oggetto di agevolare il passaggio degli eserciti romani contro ai Liguri. La qual congettura cade di per se stessa quante volte si pensa che i Romami non penetrarono nei confini occidentali dell’Etruria prima dell’anno di Roma 516. _ Vedere PISA Vol. IV pag. 299.
    Dondechè fia gioco forza concludere col Targioni che niente si ha di sicuro circa l’origine, e che niun indizio si trova di Pontremoli avanti il secolo XI dell’Era
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    Volgare. – Non fu scoperto tampoco costà il benché minimo avanzo di antichità che ne richiami al dominio romano o a quello dei Liguri, per quanto sia cosa facile a credere che in una situazione così importante, com’è cotesta di Pontremoli, vi si dovesse stabilire di buon’ora una riunione di abitanti.
    Si entra in Pontremoli per sei porte, dove tanto il Verde come la Magra si attraversano sopra due ponti. Il Castel Piagnaro , situalo nella parte superiore, difende il passo del primo ponte sulla Magra fuori della Porta Parmigiana, mentre alla parte inferiore accrescevano riparo alcune grandiose torri. Due di queste esistono tuttora presso la confluenza dei due corsi d'acqua più volte citati, e poste fra due piazze, una delle quali serve al palazzo del Comune e l’altra al campanile della cattedrale.
    Dissi il primo ponte sulla Magra, quello fuori della Porta Parmigiana, non solo per essere il primo a incontrarsi sulla strada maestra che scende dalla Cisa, ma perché esso credesi il più antico che cavalchi la fiumana dove da tempi assai remoti doveva sboccare la strada militare che servì come serve tuttora di comunicazione fra le provincie cisappennine della Liguria marittima e della Toscana occidentale, e quelle transappenniae della Lombardia.
    Queste medesime ragioni avvalorano la già espressa congettura che costà esistesse una stazione opportunissima e importante per fissarvi stanza una popolazione. E sebbene il buon Villani nella sua Cronica (Cap. 3. del Lib. II.) scrivesse che Totila re de’Goti distrusse in Toscana Arezzo, Perugia, Pisa, Lucca, Vollerra, Luni e Pontremoli, contuttociò di quest’ultimo paese non si può citare altro di antico che un privilegio dell’Imp. Arrigo III, o IV come re di Germania, mancante della fine e privo d'indicazioni croniche, col quale egli concedeva ai fratelli Ugo e Folco, figli del Marchese Azzo autore degli Estensi, alcuni castelli posti nei distretti di varie città della Lombardia e della Toscana, fri i quali viene specialmente annoverato Pontremoli nel contado lunense. –
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    (MURAT. Ant. Estens . P. I.)
    All’Articolo pero GRONDOLA in Val di Magra dissi, che non deve recare sorpresa se i marchesi Malaspina consorti degli Estensi, essendo divenuti padroni del poggio e Castello di Grondola , situato nel distretto di Pontremoli e quasi sullo sbocco di una strada maestra che varca l’Appennino per scendere in Borgo Taro e di là dirigersi a Piacenza, se il poggio, io diceva, ed il Castello di Grondola furono presi di mira tanto dai Parmigiani che vi scendevano dalla parte di grecale per la via della Cisa, quanto dai Piacentini che vi penetravano da maestro per Val di Taro. – Che se niuno contrasta ai March. Estensi trè ai Malaspina il dominio feudale sul castello e poggio prenominato, pochi altronde si accordano nel sentimento di coloro i quali vorrebbero che il borgo, ora città di Pontremoli, ed i suoi abitanti fossero stati soggetti a quei toparchi.
    Chi pensa in tal guisa si appoggia non solamente sopra l’atto d'investitura concesso nel 1164 dall'Imp. Federigo I al March. Obizzo, e da Federigo II nel 1220 confermato ai marchesi Corrado e Obizzo II Malaspina, ma ancora citano in loro difesa un lodo pronunciato nel 1202 fra Gualtiero vescovo di Luni ed i marchesi Alberto, Guglielmo e Corrado Malaspina, relativo alla cessione di alcuni luoghi di Lanigiana; al qual lodo prestarono il consenso anco i nobili ed il popolo di Pontremoli ( populus et milltes de Pontremulo ). – Ma oltredichè in quei due diplomi imperiali Pontremoli non venne nominato fra i dominj de’Malaspina, dirò che l’espressione stessa di popolo e militi Pontremolesi , chiamati a consentire al lodo del 1202, escludeva la condizione feudale della popolazione stessa.
    Per lo contrario molti sono i documenti di quel tempo, dai quali chiaramente risulta che Pontrerooli nei secoli XII e XIII govervasi a Comune, ripartito in popolo ed in ottimati ( milites ), e che qual paese
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    indipendente faceva trattati di pace, di alleanza e di accomandigia con le vicine città. Ad un simile scopo realmente doveva mirare non solo il lodo del 1202 di sopra citato, ma la concordia stabilita nel novembre del 1194 e giurata fra i marchesi Malaspina da una parte ed i Piacentini coi Pontremolesi dall’altra. – (MURATORI, Oper cit. e Annali d’Italia ad Ann. 1193).
    Fra le espressioni frattanto pili rimarchevoli della convenzione del 1194 avvi la promessa fatta dai marchesi Malaspina di difendere per le loro terre i Pontremolesi e gli abitanti del loro distretto (nota bene) in tota nostra Terra tum in strata , quam extra , nelle robe e nelle persone, e di concedere in perpetuo ai medesimi transito libero per le terre e corti di quei Marchesi tanto nell’ andare e nello stare, come nel ripassare.
    La qual concordia quattr'anni dopo (anno 1198) fu ratificata dal Marchese Corrado figlio del fu Marchese Obizzo I appena escito dalla minor età, e fu poi rinnovata nel 1200 fra i popoli predetti ed i marchesi Alberto, Corrado e Guglielmo Malaspina, anche riguardo a non dover eglino impedire il passagio per la Lunigiana ai negozianti ed alle loro merci, se non l’ impedivano i Pontremolesi. _ (POGGIALI, Memor. Istor. di Piacenza T. V.).
    Dai quali fatti emerge tal vero da concludere che gli abitanti di Pontremoli non ebbero mai nulla di comune col distretto e terre possedute dai marchesi Malaspina in Lunigiana tanto di sotto, come di sopra e lungo le strade maestre che dalla Cisa, o da Val di Taro scendevano in Pontremoli.
    A confermare sempre più che in cotesto paese non ebbero dominio i marchesi Malaspina, e che i Pontremoleai si reggevano a comune concorre un diploma dell’imperatore Federigo I dato in Reggio il primo febbrajo del 1167, col quale concedè ai Pontremolesi tutte le regalìe che alla sua corona
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    compe tevano nel castello e distretto di Pontremoli, compresovi il diritto imperiale di 14 denari pel passaggio che costà raccoglievano i suoi ufficiali, a condizione che quel Comune dovesse pagare annualmente alla camera imperiale in Pavia lire 50 nel giorno di S. Martino. Nella qual concessione trovansi comprese nel distretto di Pontremoli: Alpes similiter eis concedimus et donamus et privilegia a predecessoribus nostris Romanis Imperatoribus facta ipsis (ai Pontremolesi) confìrmamus et corroboramus.
    Ma se l'imperatore Federigo I fu generoso alle istanze fattegli dai rappresentanti di Pontremoli confermando loro non solo i privilegi antichi, ma ancora rilasciandogli le regalie tulle per l’annuo tributo di lire 50 ed il possesso dell’Alpe pontremolese, cioè il diritto lignandi , pascendi , etc., come dopo tali favori spiegare la sollecita ribellione dei Pontremolesi contro lo stesso Cesare, allorché nel suo ritorno da Roma in Lombardia passando da Pontremoli, nel settembre di qquello stasso anno gli fu impedito il passaggio per la montagna e per il paese loro? Come conciliare che Federigo I dovè per tale ostacolo fare un'altra strada e con la scorta del Marchese Opizzo Malaspina valicare più vicino al mare l'Appennino per arrivare in Lombardia? Come inlerpetrare il bando fulminato dallo stesso Federigo dieci giorni dopo giunto in Pavia contro tutti i popoli dell' Italia superiore che a lui si erano ribellati, non esclusi i Pontremolesi?
    Comunque andassero le bisogna, cotesto ultimo fatto basta a dichiarare apocrifo un diploma di Federigo I in favore dei nobili di Maona prodotto •dal Lami nel suo Odeporico e da noi citalo all' Articolo BORGO A BUGGIANO, il qual diploma porta la data di Pontremoli del dì 29 agosto dell'anno 1167.
    Ne questa fu già la prima volta che i Pontremolesi ardirono opporsi armata mano ad un potente Imperatore, mentre il vescovo di Frisinga, nel Lib. VII cap. 14 della sua istoria racconta un’altra avventura anche più clamorosa accaduta nel 1110, quando l’Imperatore
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    Arrigo IV (V re di Germania) passava con poderoso esercito l’Appennino di Pontremoli per recarsi a Roma, e che trovando opposizione ne’Ponlremolesi, fece espugnare e mettere a sacco quel paese benché dalla situazione, dalla natura e da altissime torri fin d’allora fosse difeso e guardato.
    Questa favorevole situazione di Pontremoli fu contemplata dallo gran contessa Matilda, la quale volendo impedire all’Imperatore predetto la sua discesa in Toscana, si era appositamente trasferita costà per eccitare quelle popolazioni ad opporsi animose contro un nemico fatale a S. Chiesa.
    Il Fiorentini nel citare cotesto passo del Frisingense al libro 2° delle Memorie della gran Contessa aggiunge di suo, che la Terra di Poniremoli era giurisdizione della Contessa, ed aggiunge a prova di ciò essersi conservato ricordo, qualmente quella principessa nel dì 4 d'ottobre del 1110 si trovava in Pontrpinoli nel palazzo chiamato della Corte, dove confermò alla pieve di Caslel Vecchio nella Garfagnana superiore (ora Pieve di Piazza) quelle decime che il conte Ugolinello de’Nobili di Dalli gli aveva dunalo. _ Vedere CASTELVECCHIO DI SALA.
    Qualcuno però non vorrà menar buona la proposizione del Fiorentini, nè credere che Pontremoli fosse di giurisdizione della Contessa Matilda per la ragione che essa era costà nel 4 ottobre dell’anno 1110, mentre la stessa cosa militerebbe per Lucca, Pisa, Firenze, Volterra, Poggibonsi e per tanti altri luoghi del la Toscana, nei quali la gran Contessa esercitò giurisdizione come governatrice imperiale, non mai però in conto proprio e come assoluta padrona di quelle città, terre e castella, dove ella emise cotante sentenze e placiti marchionali.
    Volendo benché in succinto scorrere alcuni periodi della storia Toscana del medio evo, mi è sembrato necessario qui al pari che in qualche altro articolo di soffermarmi alquanto più di quello che si richiede, per un Dizionario; e ciò nella mira di rischiarare se fìa possibile un’epoca che ebbe tanta parte nel successivo sviluppo del sistema po litico de'municipi italiani.
    Che se i pochi fatti
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    di sopra indicati non bastassero a rivendicare gli antichi abitanti di Pontremoli dall’addebito di essere stati signoreggiati dai marchesi Malaspina, dileguerà ogni dubbiezza la storia dei tempi posteriori quale percorrerò con passo più spedito onde accennare brevemente le sue vicende politiche dopo la morte di Federigo Barbarossa.
    Continuavano i Pontremolesi a mantenersi alleati de’Piaceritini quando Arrigo VI, figlio esuccessore nell'Impero a Federigo I, confermava ai medesimi nel 1191 il privilegio stato concesso loro nel 1167 dall’Angusto suo padre; in guisa che i Pontremolesi furono ammessi al benefizio della pace di Costanza (firmata fino dall’anno 1183); ed un egual privilegio fu accordato loro nel luglio dell’anno 1226 dall'Imperatore Federigo II nel suo passaggio da Pontremoli.
    In questo frattempo i Pontremolesi convennero nel 1205 con il Comune di Lucca, il quale allora estendeva la sua giurisdizione fino in Lunigiana, di custodire e mantenere la strada maestra della Cisa in tutto il distretto pontreraolese, e di non far pagare pedaggio ai cittadini lucchesi.
    Le quali condizioni nell’anno stesso ripetute furono mercè due trattati speciali; che uno fra i Lucchesi e Gualterotto vescovo di Luni per il suo dominio; e l’altro fra essi ed il Marchese Guglielmo Malaspina per i suoi feudi di Lunigiana, mentre due anni dopo si fecero li stessi patti fra i Lucchesi ed il Marchese Andrea di Massa.—(TOLOMEI, Annal. Lucens. ad ann . 1205, e 1207).
    Continuò Pontremoli per tutto il secolo XIII a governarsi a comune riformando all’uopo i suoi statuti municipali, che ogni potestà nel prendere possesso del suo ufficio doveva giurare di mantenere in pieno vigore.
    E sebbene li statuti municipali di Pontremoli stampati in Parma portino la data del 1571, pure da molte di quelle rubriche si rileva che furono compilati innanzi il 1284, mentre si rammenta Egidio Arcelli da Parma stato potestà di Pontremoli in quell'anno.
    Nel correre peraltro del sec. XIII lo spirito delle fazioni guelfa e ghibellina anziché rallentarsi si rinforzò più che mai in
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    Pontremoli, sicché durante il dominio di Federigo II questo paese fu soggetto a calamitose vicende. Avvegnaché quell’Imperatore nel 1245, mentre il Marchese Uberto Palavicino esercitava l'ufficio di suo vicario in Lunigiaina, volendo favorire i Parmigiani, con privilegio di quell’anno per ampliare la giurisdizione del loro territorio, ristrinse quella de'Pontremolesi per essere allora questi alleati de'Piacentini e seguaci della fazione Guelfa. Sennonché tré anni dopo i Parmigiani essendosi fatti partitanti della Chiesa, furono privati dallo stesso Cesare della porzione del distretto antico di Pontremoli dopoché i Pontremolesi ebbero trucidato il presidio lasciato dai Parmigiani nel castello di Grondola.
    Che in quei tempi di turbolenze politiche i Pontremolesi a seconda delle circostanze aderissero ora ai Guelfi ed ora ai Ghibellini, lo manifestano le cronache ed i documenti delle citta lombarde, e specialmente di Modena, di Parma e di Piacenza, in guisa che eglino a somiglianzà di queste città, facevano leghe ed eleggevano magistrati proprj, formavano leggi o statuti, e reggevansi a comune a guisa di repubblica.
    Infatti nel giugno del 1271 i Pontremolesi inviarono a Parma i loro ambasciatori per stringere alleanza con quei cittadini allora seguaci della parte ghibellina; dalla qual città presero per più anni il potestà, mentre nel 1293 erano tra i fuorusciti di Pontremoli i seguaci del ghibellinisimo; e ciò perfino a che, ristabilita la pace con il partito Guelfo dominante allora in Pontremoli, e accordatesi questo con i Ghibellini del paese per allearsi insieme con i Piacentini, elessero di comune accordo il potestà da Lucca, città allora eminentemente guelfa.
    Ma appena disceso in Toscana ArrigoLussemburgo (anno 1312), questi dichiarò suo vicario imperiale in Lunigiana ed in Pontremoli il Cardinale Luca di Fiesco.
    Ciò per.altro non bastò per assicurare la quiete a cotesta contrada, poiché non corse molto che il Marchese Franceschino Malaspina di Mulazzo, stato ospite del divino Alighieri, coll’assistenza del proprio cognato, Gliberto da Correggio signor di Parma, ebbe a guerreggiare contro il cardinale ed i Pontremolesi per alcuni suoi villaggi
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    limitrofi a quel distretto. Finalmente per la mediazione del re Roberto di Napoli nel marzo del 1319 fu concluso in Genova un atto di concordia mercé cui restò convenuto di ammettere le genti di Ghiberto da Coreggio a presidiare Pontremoli a condizione che una figlia di lui si maritasse ad un nipote del cardinale Luca del Fiesco.
    Continuava Pontremoli ad esser divisa in due fazioni quando Castruccio Antelminelli capitano generale di Lucca, dopo aver riportato vittoria sopra i Genovesi ed i Fiorentini fautori del Marchese Spinetta Malaspina, penetrò coi suoi armati fino a Pontremoli. Fu allora che alla testata del ponte detto di Nostra Donna situato sopra la confluenza del Verde nella Magra, donde si passa dal borgo vecchio nel borgo nuovo; fu costà fra la piazza della Collegiata e quella del Comune dove il capitano lucchese fece innalzare due torri, una delle quali appellò, ed appellassi costantemente di Cacciaguerra , e l'altra lì presso ridotta ad uso di campanile della vicina cattedrale. Avevano queste due torri comunicazione fra loro e con una terza che più non è, mediante rivellini e cortine, sotto uno de’quali esiste tuttora un arco che serviva d'ingresso al borgo superiore, con l'iscrizione seguente: ANNO 1322 DEI 26 APRILIS. HOC OPUS FACTUM FUIT TEMPORE MAGNIFICI CASTRUCCI DE ANTELMINELLIS LUCANI, ET PARTIS IMPERIALIS PONTREMULI DOMINI GENERALIS, EXISTENTE SUPERSTITE (soprastante) DICTI OPERIS VANNE TENDI DE SANCTO MINIATO DICTI DOMINI SANISCALCO. _ FUNDATUM FUIT HAC DIE 26 MENSIS APRILIS, JUSSU DOMINI CACCIAGUERRA VOCATUM. AMEN.
    I fondamenti pertanto di cetesta torre furono gettati sei mesi dopo che i Pontremolesi della parte inferiore o Guelfa, nel consiglio generale del 13 febbrajo 1322 tenuto nella casa dei marchesi Malaspina posta nel Borgo di Pontremoli nel popolo di S. Colombano avevano eletto in procuratore o sindaco Corradino Spagnoletto de’Filippi di Pontremoli per riconoscere a nome loro e di tutti i popoli e ville del distretto Pontremolese in loro signore Castruccio degli Antelminelli capitano generale della città e
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    distretto di Lucca, e della parte imperiale di Pistoja. La quale ricognizione realmente fa fatta nello stesso giorno, davanti a Mess. Ugolino da Celle vicario generale e rappresentante di Castruccio, in Pontremoli nella casa di Mess. Opimo de’Mazoli.
    Un egual mandato sotto dì 18 febbrajo dello stesso anno avevano tutto gli abitanti della parte superiore, ossiano i Ghibellini di Pontremoli, i quali nellachiesa di S. Gemignano di consenso di tutto il parlamento investirono il Pontremolese Orabono de’Bernardi in loro rappresentante e nuncio speciale per riconoscere (come egli fece due giorni dopo) in signore generale Castruccio degli Antelminelli signor di Lucca e della parte imperiale di Pistoja. _ Vedere Compendio storico della Lunigiana, Documenti .
    Da quell'epoca in poi la Terra di Pontremoli portò per insegna del suo sigillo un ponte a quattro archi con alta torre merlata nella sua testata orientale, cioè alla sinistra del fiume Magra, la qual torre anche al dì d'oggi esiste sulla testata del Ponte appellato di Nostra Donna.
    Da tuttociò sembra poter conchiudere che si debba riferire al 1322, e non già al 1316 come i biografi di Castruccio riportarono, l’elezione fatta dai Pontremolesi delle due fazioni del capitano lucchese in loro signore, dopo cioè aver questi riportata vittoria sopra i Fiorentini, i Genovesi ed il marchese Spinetta Malaspina, vale a dire nell’anno stesso in cui Castruccio fu acclamato protettore dei Pistojesi.
    Aldo Mannucci nella vita di Castruccio aggiunse, che cotesto signore nell'anno 1323 comprò un palazzo in Pontremoli dove si compiaceva talvolta recarsi ad abitare e che a tal fine lo adornò di tutte le comodità.
    Concorreva in questi tempi alla corona imperiale con Federigo duca d’Austria Lo-dovico duca di Baviera, il quale ultimo per avere dal suo partito Castruccio gli regalò un diploma col quale lo eleggeva suo vicario imperiale in Lucca, in Val di Nievole, in Val di Lima, in Garfagnana, in Lunigiana ecc., e più tardi, ripassando il Bavaro per Pontremoli,
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    nell'agosto del 132 7, anche maggiormente quel privilegio ampliò.
    Mancato però Castruccio, il di lui figlio Arrigo tenne per poco il dominio di Pontremoli, poiché il Bavaro ripassando da quaesta Terra, con diploma del 12 novembre 1329 restituì ai Pontremolesi cogli antichi diritti la libertà, confermando ai medesimi i privilegi e giurisdizioni concesse loro da Federigo I. e II. _ ( loc. cit .)
    Però cetesta restituzione di libertà era limitata assai, tosloché i Pontremolesi dovettero accettare per governatore un vicario imperiale che poi cacciarono via appena il Bavaro ebbe valicato le Alpi. Ciò peraltro non giovò gran fatto a cotesto popolo involto costantemente nella discordia delle fazioni, sicché di prima giunta i Pontremolesi spedirono messaggi al Comune di Parma, influenzato allora dalla, potente famiglia de’Rossi, affinchè essi e la terra loro accettasse in accomandigia. A tale invito i Rossi mandarono a Pontremoli per vicario Galvano della stessa famiglia, alla testa dei quali Galvano stesso corse ad assalire il presidio che nel Cast. Piagnaro vi teneva la fazione guelfa de’Correggeschi di Parma e che cacciata di là, fu disfatto il castello.
    Contuttociò nel 1331 la fazione guelfa di Pontremoli essendo riescita a vincere la ghibellina, imprese a restaurare il disfatto castel Piagnaro comecché quel popolo non si Staccasse dall’accomandigia de’Parmigiani. Questi ultimi però eransi posti sotto la protezione di Giovanni re di Boemia, che ai Rossi di Parma fino dal dì 5 marzo 1331 aveva concesso un diploma dichiarandoli suoi vicarii imperiali nelle città di Parma e di Lucca, come anco in Pontrerooli. Poco stette peraltro Lucca col suo distretto in potere dei Rossi, mentre quello stesso re vendè la città di Lucca.con tutto il suo disiretto a Mastino della Scala, signor di Verona, sicché un esercito dello Scaligero, dopo aver conquistato Parma e Borgo S. Donnino, si diresse verso Pontremoli, luogo che tuttavia si manteneva devoto ai Rossi ed ai loro fautori. In conseguenza le truppe di Mastino e de’suoi alleati avendo assediato questa
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    Terra, Pietro Rossi con un buon numero di soldati a cavallo e a piedi mosse da Firenze per liberare i Pontremolesi e molti di sua fimiglia ivi rinchiusi, ma essendo stati i suoi sorpresi nei colli orientali di Lucca e disfatti dalle truppe di quel signore (5 settembre 1336), i Pontremolesi allora disperando di poter essere altrimenti soccorsi e liberati dall’assedio che i soldati di Simone da Correggio, de’Malaspina e di Mastino della Scala strettamente vi tenevano, chiesero ed ottennero un’onorevole capitolazione, e mercé lo sborso di 4000 fiorini d'oro, la liberazione de'due fratelli Andreazzo e Palavicino de'Rossi che uscirono con le loro genti da Pontremoli con facoltà di potersi recare a Firenze.
    Peraltro Pontremoli non si mantenne gran tempo sotto il signore di Verona, poiché tre anni dopo (nel 1339) quegli abitanti, istigati probabilmente da Antonio del Fie-sco vescovo di Luni, si posero sotto l'accomandigia del di lui cognato Luchino Visconti signor di Milano. Infatti cotesto dinasta, dacché per l'acquisto di Pontremoli potè dominare senza ostacolo il passo della Cisa, spediva francamente in Toscana le sue masnade, ora a favore dei Pisani per l'assedio di Lucca (anno 1341) ora contro di essi nella guerra di Pietrasanta e di Lunigiana (anno 1344) per assistere Antonio vescovo di Luni suo cognato. _ Vedere LERICI, MOTRONE e PIETRASANTA.
    Mercé cotante visite militari riescì facile a mess. Luchino di piegare i Pontremolesi ai suoi voleri, in guisa che sotto l’aspetto di valida protezione egli acquistò il dominio di tutto il distretto di Pontremoli che i Visconti, prima come signori, poi come duchi di Milano, ritennero fino al 1404.
    Avvegnacchè a mess. Luchino Visconti succedè nel dominio milanese e pontremo-lese l’arcivescovo Giovanni di lui fratello, quinidi i nipoti di lui, Matteo, Galeazzo e Bernabò, l'ultimo de'quaili fece rinforzare la torre di Cacciaguerra. A Bernabò essendo succeduto il nipote suo Gio. Galeazzo conte di Virtù, da questo principe i Pontremolesi nel 1388 ottennero facoltà
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    di poter formare un collegio di giudici e notari, come risulta dal libro V de'loro statuti municipali e dall’illustrazione del sigillo della matricola di quei nolari rappresentante un ponte con a1ta torre merlata (oggi detta del Campano del pubblico di Pontremoli) avente il campo coperto di stelle con la biscia de' Visconti sopra quel ponte. _  (MANNI, Sigilli antichi Vol. XXII).
    Venuto a morte nel 2 settembre del 1402 Giovan Galeazzo duca di Milano, Pontremoli con Sarzana, Pisa e Livorno fu lascialo al figlio suo naturale Gabbriello Maria. Ma o che fossero le troppe vessazioni dal nuovo tiranno contro i suoi sudditi adoperate, o lo spirito di parte di cui i Pontremolesi erano senimpre agitati specialmente per la geografica loro situazione, fatto stà che cotesto popolo neppure allora si trovò d'accordo, nè per reggersi indipendente, e neppure per lasciarsi governare da un vicario del nuovo padrone. Quindi avvenne che la porzione superiore del borgo acclamò in suo signore Pietro de'Rossi, in nome del quale venne da Parma a prenderne il possesso un di lui fratello vescovo di Verona, mentre la porzione al di sotto della torre di Cacciagiuerra chiamò al governo Luca del fu Carlo del Fiesco di Genova. Qurst'ultimo appena arrivato in Pontremoli col favore de’suoi partitanti si recò armato ad assediare il superiore castello di Grondola benché presidiato dai soldati di Pietro Rossi; coi quali essendo venuto a battaglia con esito a lui felice, gli riescì di lar prigioniero lo stesso Pietro Rossi. Dopo tale sventura della fazione parmigiana, i Fieschi divennero padroni assoluti non solo di Pontremoli e del suo distretto, ma ancora di Zeri e di Borgo Taro, il di cui dominio fu ripartito fra il figlio ed i nipoti di Luca del Fiesco. I quali furono accolti sotto l’accomandigia e difesi nel loro dominio dai Fiorentini fino a che nel 1430 Filippo Maria duca di Milano col mezzo di Niccolò Piccinino suo capitan generale, calando
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    con molti armati in Lunigiana spogliò nel suddetto dominio Gio. Luigi del Fiesco. Quindi lo stesso Piccinino dopo liberata Lucca dall'assedio de’Fiorentini, rivoltò tutte le sue forze in Val di Magra e nel cadere dell’anno stesso pose gli accampamenti in Pontremoli, donde distaccava parte de'suoi a prendere e saccheggiare i paesi di Nicola, di Orlonovo, di Carrara e molti castelletti de'Marchesi Malaspina ch’erano raccomandati de’Fiorentini, sicché ogni cosa n’andava in potere del duca di Milano. A questo infatti, alla pace di Ferrara del 26 aprile 1433, fu confermato il dominio di Pontremoli e deciso che i conti del Fiesco si avessero il danno della perdita di quello e degli altri paesi da essi nel 1430 per ragion di guerra perduti. _ (AMMIR. Stor. Fior. Lib. XX.).
    E qui cade in acconcio di rammentare un fatto relativo ad una delle turpi prodezze di Francesco Maria Visconti duca di Milano, allora quando nel 1436 teneva prigioni di guerra fra quelli fatti ai Fiorentini uno de’più famosi condottieri della sua età, quale si fu Niccola Tolentino. Avvegnaché quel duca figurando di volerlo scambiare con altri che dal canto loro ritenevano i Fiorentini, mentre da un luogo della Val di Taro sopra l’Appennino di Pontremoli quel prode veniva condotto, per ordine segreto del duca così a cavallo com’egli era fu fatto gettare giù da certe altissime balze frequenti in quel disastroso passaggio dando egli a credere che a caso fosse caduto. Per la qualcosa fu mandato per il suo corpo, e quindi fatto il Tolentino condurre a Firenze con segui maravigliosi di gratitudine e di pietà in S. Maria del Fiore ai 20 d'aprile i Signori lo fecero magnificamente seppellire e fra gli altri loro capitani da Andrea del Castagno dipingere nelle pareti interne della chiesa il suo ritratto a cavallo. _ (AMMIR. Stor. Fior. Lib.  XXI).
    Fra questa ed altre molte sceleratezze del duca Francesco Maria notissime sono quelle fatte al conte Francesco Sforza
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    capitano egregio, cui a seconda dei tempi prometteva e poi negava di dargli per sposa la sua figlia Bianca. Dondechè lo Sforza più volte dal lusinghiero suocero ingannato si volse in favore della lega Guelfa per militare contro quel duca e contro il generale Niccolò Piccinino. Essendo frattanto quest'ultimo con molte genti nell'ottobre del 1336 ritornato in Lunigiana e verso Lucca vi scese il conte Sforza alla testa di un'armata fiorentina, sicché s’impegnò un fiero combattimento sotto Barga in Garfagnana dove il Piccinino rimase disfatto. Per effetto di ciò caddero in potere dello Sforza tutti i castelli e terre della Lunigiana, eccettuato Pontremoli, sicché il conte vi si pose a campo, nel tempo che ordinò ai figli del Tolentino ed a Leone Sforza di lui fratello che andassero ad espugnare Ghivizzano castello della Garfagnana. Ma la Terra di Pontremoli essendo ben fornita di gente e di vettovaglie, lo Sforza non potè far cosa alcuna di momento. _ ( Oper. cit .)
    Finalmente cotesto paese pervenne libero al conte Francesco, allorché nel 1441 Filippo Maria lo assegnò in dote a Bianca sua figlia naturale altra volta promessagli in sposa. Sennonché il duca di Milano pentitosi di nuovo dell’accordo concluso colla mediazione de'Veneziani e de'Fiorentini, spedì nell'anno 1446 un esercito sopra Pontremoli, già in mano dello Sforza, con intenzione di togliere al genero ciò che gli aveva assegato. Ma ad onta delle replicate intimazioni, non riescì alle truppe del Visconti di entrarvi dentro per la vigorosa difesa fatta dal popolo Pontremolese e dal presidio fiorentino. _ (AMMIR. Stor. Fior. Lib. XXII. _ MURATORI, Annali d’Italia anno 1446 ).
    Venuto poi a morte il duca Filippo Maria (133 agosto 1447) ed essendo corsa voce che il governo di Milano cercasse a riacquistate Pontremoti, i suoi abitanti vollero premunirsi da una sorpresa prendendo al loro servigio tanta gente dal Genovesato, che mandò a vuoto ogni tentativo. Ma tre anni appresso essendo stato eletto in
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    duca di Milano lo stesso conte Francesco Sforza, i Pontremolesi ebbero tanta minore ragione di temere, in quanto che il loro compatriotta Nicodemo Trincadini era divenuto il favorito del Duca, dal quale fu inviato fra il 1450 e il 1455 suo ambasciatore a Napoli, a Venezia, a Firenze, a Siena e a Luicca, ed al Pontefice Niccolò V. Finalménte il Trincadini dopo essere stato ascritto alla cittadinanza lucchese, parmense e sanese, fu mandato nel 1457 dal medesimo duca Sforza ambasciatore in Austria all’Imperatore Federigo III, che innalzò esso e la sua discendenza all'onorevole titolo di conte palatino; quindi un consimile onore venne a lui compartito due anni dopo dal Pontefice Pio II, cui era stato inviato in qualità d'incaricato di affari del duca. Colla morte dello Sforza non venne però meno nel Trincadini la sua carriera diplomatica, mentre il duca Galeazzo Maria Sforza successo nel ducato a Francesco suo padre, nominò lo stesso conte Nicodemo suo ambasciartore a Roma; in rimunerazione de' quali servigj egli fu creato senatore, consigliere intrimo di stato, quindi inviato arbitro per appianare le vertenze sui confini fra i Comuni di Bologna ed'lmola. Finalmente tornò ambasciatore a Roma al Pontefice Sisto IV nel tempo in cui il duca Galeazzo Maria e Bona sua consorte passavano a Firenze a ricevere feste da Lorenzo de’Medici e dalla Signoria percorrendo la strada di Pontremoli.
    Nell’anno 1476, mancalo ai vivi il duca Galeazzo Maria, salì sul trono di Milano il giovinetto suo figlio Giovan Galeazzo Maria sotto la reggenza di Bona sua madre; durante la qual minorità, i Fieschi, riconciliatisi col capitano Roberto S. Severino, si recarono con gente armata ad assediare Pontremoli; sebbene senza ottenere il loro intento. Indi sottentrato all’amministrazione del ducato di Milano Lodovico Sforza zio del pupillo Gio. Galeazzo Maria dopo la mal riescita congiura de’Pazzi furono inviate truppe milanesi per la via di Porrtremoli in soccorso de’Fiorentini contro a quelle del Pont. Sisto IV e di Ferdinando d’Aragona re di Napoli.
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    Terminata la guerra nel 1480 fra il re Ferdinando da una parte, e la Rep. Fior. dall'altra, cui aderirono quasi tutti i potentati d'Italia, si accese un altro più vasto e più dannoso incendio cagionato dall’ambizione di Lodovico Sforza, il quale per innalzare se stesso, crede necessario l'abbassamento di Alfonso re di Napoli e suocero di suo nipote Gio. Galeazzo Maria duca di Milano. Io non ridirò i danni che l’Italia in generale e Pontremoli in particolare ebbero a risentire dalla discesa di Carlo VIII e dal ripetuto passaggio del suo numeroso esercito per la via della Cisa. Nè ridirò quanto riescisse fatale ai Pontremolesi l’insolenza degli Svizzeri uniti a quell' esercito, i quali misero a sacco e a fuoco gran parte del paese, tostochè è noto abbastanza come allora molte chiese, il palazzo del Comune e gli archivii pubblici di Pontreinoli restassero incendiati. Rammenterò bensì una lapida che conservasi nell’esterna parete di una casa contigua alla chiesi parrocchiale del villaggio di Mignegno sulla strada maestra della Cisa, a piè del monte e meno di un miglio lungi da Pontremoli, dove sembra che al ritorno da Napoli pernottasse Carlo VIII. Essa è concepita ne’termini seguenti:

    HELVETIIS FOEDIFRAGIS
    CIVIBUS INCAUTIS
    URBE SUCCENSA
    CAROLUS VIII FRANCORUM REX
    REPETENS INSUBRIAM
    ANNO MCDVC. MENS.  JUNII D. XXIV.

    Furono i Pontremolesi solleciti a restaurare le chiese, le case ed i palazzi, nella quale circostanza il Comune di Pontremoli fece alcune riforme intorno alle condannagioni e confische, come anche rispetto al magistrato de’sindaci.
    Lodovico Sforza, divenuto duca nel 1497 per la morte propinata del suo nipote, nominò per commissario a Pontremoli Carlo Anguissola di Piacenza, e nel 1500 il conte Pier Francesco Noceti corredando questi di estesi poteri governativi.
    Ma in quell'anno stesso 1500 Lodovico Sforza, rimasto prigione del re di Francia alla battaglia di Novara, fu privato del male acquistato governo e di tutti gli altri stati dei duchi di Milano, compreso Pontremoli. La qual Terra col
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    suo distretto quattr’anni dopo fu ceduta a Gio. Galeazzo Pallavicini sua vita durante col titolo di governatore perpetuo pel re di Francia. Allora dal nuovo signore vennero ordinate nuove stime catastali in tutta la sua giurisdizione, e fatte alcune riforme agli statuti di Pontremoli.
    Fu altresì nel 1513 risoluto che si chiamassero gli Ebrei per stabilire in cotesta Terra, previa sempre l’approvazione del Pontefice, un banco usurario, stante la scarsezza che vi era di denaro.
    Venuto a morte nel 1520 il gorernatore perpetuo Gio. Galeazzo Pallavicini, i ministri del re di Francia ripigliarono il possesso di Pontremoli, finchè quel monarca lo concedè al Pontremolese Gio. Francesco Noceti alle condizioni e forme medesime con le quali era stato investito Galeazzo Pallavicini.
    Poco peraltro giovò al governatore nuovo di aver vinto i rivali che gli contrastavano la signoria di Pontremoli, poiché nel 1522 la fortuna abbandonò il re di Francia suo protettore quando il di lui esercito fu vinto presso Milano dalle genti di Carlo V. Allora i Pontremolesi elessero in loro padrone Francesco II Sforza duca di Milano, in conseguenza di che nel 23 maggio del 1522 quel duca inviò un commissario ducale a prendere possesso di Pontremoli, al quale Jacopo Noceti, allora luogotenente di Pier Francesco suo fratello, tosto consegnò il castello di Piagnaro, e poscia nel primo di giugno i Pontremolesi prestarono al duca Francesco II, detto lo Sforzino giuramento di fedeltà.
    Finalmente dopo accaduta nel febbrajo del 1525 la sconfitta de’Francesi sotto Pavia colla prigionia del loro re Francesco I, i Noceti, i quali assistiti dai Fieschi in quel trambusto di guerra erano tornati al dominio di Pontremoli, abbandonarono la Terra e posero il castel di Piagnaro in mano degli abitanti.
    Ne devesi trapassare in silenzio, come pochi mesi innanzi la rotta di Pavia era venuto in Lunigiana con 1200 cavalieri al soldo del re di Francia il valoroso Giovanni de’Medici, appellalo delle Bande Nere ,
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    il quale prese e disfece molti castelli dei marchesi Malaspina di Villafranca e di Aulla seguaci degl’imperiali, ma non gli fu permesso dai Pontremolesi di entrare nel loro paese, sicché il Comune per facilitare alle sue truppe il passo della Magra vi fece costruire provvisoriamente un ponte di legno. _ (TARGIONI, Viaggi T. XI)
    La vittoria riportata sotto Pavia avendo reso Carlo V padrone di Milano e di tutti i paesi di quel ducato, i Pontremolesi sino dai primi giorni dell’anno 1526 riconobbero Cesare in loro sovrano ed accolsero come amiche le truppe spagnuole, ai di cui capitimi consegnarono la guardia della torre di Cacciaguerra e del Castelnuovo, che fu alla confluenza del Verde in Magra, non potendo avere il castello di Piagnaro per esser sempre presidiato e difeso dalle genti di Sforzino Sforza figlio del defunto duca finché poi il castellano nel 1527 lo consegnò a Sinibaldo del Fiesco genovese comandante degli assedianti. Il quale Sinibaldo l’anno dopo fu investito da CarloV del governo di Pontremoli e di tutto il suo distretto per sé, per i suoi figli e successori in linea mascolina; e ciò con un diploma a lui concesso nel dì 8 ottobre 1528. Sinibalbo pertanto signoreggiò in Pontremoli fino alla sventata congiura de’Fieschi in Genova; quando cioè i Pontremolesi nel gennajo del 1547 si ribellarono al conte, e acclamarono un’altra volta Carlo V in loro legittimo sovrano.
    Quindi don Ferrante Gonzaga governatore imperiale del ducato di Milano, nel 10 gennajo del 1547 fece prendere possesso di tutti i luoghi dello stato milanese, nei quali fino allora avevano signoreggiato i conti Fieschi, fra i quali la Terra e territorio di Pontremoli dove nel giorno 17 gennajo dello stesso anno fa inviato il nuovo governatore ducale.
    Un anno dopo accadde in Pontremoli l’arresto del Marchese Giulio Cybo di Massa, accusato complice di una seconda congiuria per far risorgere la fazione de’Ficschi in Genova, con la speranza del
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    sospirato possesso di Massa e Carrara, come figlio primogenito della marchesa Ricciarda Malaspina ne’Cybo. Il qual Marchese Giulio passando incognito da Pontremoli fu riconosciuto, preso e condotto nel castello di Milano e là dopo breve processo militare, nella notte del 18 maggio 1548, venne fu decapitato e lasciato esposto in mezzo a due fiaccole.
    Nel 1549 il Comune di Pontremoli elesse due savj giureconsulti del paese ad oggetto di riformare gli statuti in quella parte che avessero creduto utile; finalmente nell’anno 1555 il dominio di Pontremoli dall’Imperatore Carlo V passò in suo Filippo II re delle Spagne. Domignava questo re quando videro la luce per la prima volta nel 1571 gli statuti e i decreti del Comune di Pontremoli stampati sul MS. fornito dall’erudito Antonio Costa notaro pontremolese, quello medesimo che nel 1587 riformò il collegio de’notari di Pontremoli, della di cui celebrità trattarono l’abate Puccinelli di Pescia nella sua opera della nobiltà del Notariato ed il MANNI nell' illustrazione di un sigillo nel Vol. XXII de'suoi Sigilli Antichi .
    Nello stesso anno 1587, a fine di togliete l’occasione alle inimicizie che partoriva l’intervento de’dottori alle discussioni davanti al banco del potestà di Pontremoli, dal consiglio di quel Comune fa deliberato che i legali non dovessero più prendere parte a piatire, ma che i soli notari del collegio potessero esercitare la procura a favore degl’interessiti in causa.
    Il governo si mantenne spagnuolo fìno al 1647 quando Filippo IV essendo in guerra con la Francia, si crede che autorizzasse don Bernardo Fernandez de Velasco contestabile di Castiglia e suo governatore in Milano ad alienare per denari ogni annesso del ducato milanese. Checché ne sia di ciò, fatto è che Fernandez nel novembre del 1647 vendè Pontremoli col suo distretto ed i feudi di Giovagallo e Castagnetolo alla Rep. di Genova, colla promessa che Filippo IV avrebbe ratificata la stessa vendita dentro il termine di sei mesi, e che per parte del re medesimo si sarebbe
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    impetrato in detto intervallo l'opportuna approvazione imperlale per l'investitura; alle quali condizioni il senato di Genova obbligossi a sborsare la somma di 200.000 pezze da otto, e pagarle all’ambasciatore di Spagna residente in Genova, e per esso ad Ottavio Pallavicino di lui procuratore.
    Nell'istrumento di detta vendita per finale conclusione si dichiarava, che non impetrandosi la ratifica del re di Spagna, e l’assenso e investitura dell'Imperatore dentro il termine prefisso di sei mesi, fosse lecito ai governanti della Rep. di Genova di recedere dal contratto, e ad ambe le parti, convenendo, di prorogare il tempo stabilito de’sei mesi, oltre alcune altre dichiarazioni incluse nell'istrumento citato del novembre 1647.
    Ma spirò il termine di sei mesi senza ottenersi nè consenso regio, nè investitura imperiale,  e per conseguenza la Rep. genovese ricusò di pagare il prezzo convenuto delle 200.000 pezze. Giova peraltro avvertire che la stessa somma era stata già sborsata a titolo d’imprestito da Ottavio Pallavicino e da altri seco lui interessati in simile intrigo a Fernandez contestabile di Castiglia e governatore di Milano.
    Quindi si comprende il perché nel detto istrumento fu convenuto che la Rep. di Genova, giunta che fosse la ratifica del re di Spagna e linvestitura dell’Imperatore, dovesse pagarne il prezzo ad Ottavio Pallavicino, e che nel caso di annullazione del contratto lo stato di Pontremoli restasse oppignorato in favore del Pallavicino medesimo.
    Contro cotal Vendita però reclamarono i Pontremolesi a Milano e a Madrid, oltre che il re Filippo l’annullò col dichiararla espressamente irrita ed invalida. Pur non ostante dal novembre del 1647 al marzo del 1650 la Rep. di Genova seguitò a ritenere il possesso di Pontrermoli, allorché, previa la revoca e annullazione del contratto di vendita precitato, con istrumento del dì 4 ma rzo 1650 fatto in Madrid, la maestà di Filippo IV rè delle Spagne, come duca di tutto lo Stato di Milano, per mezzo de’suoi incaricati ad hoc alienò Pontremoli con tutto il distretto
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    a Ferdinando II Granduca di Toscana ed ai suoi successori mediante la vistosa somma di 500.000 scudi da lire sette fiorentine l’uno, la qual vendita essendo stata ratificata sotto dì 26 marzo di detto anno dalla medesima maestà Cattolica, e quindi dall'Imperatore Ferdinando III concessa investitura feudale nel 12 settembre del 1650, fu preso possesso di Pontremoli e del suo Stato sotto dì 18 dello stesso mese di settembre per mezzo del senatore Alessandro Vettori eletto dal Granduca di Toscana Ferdinando II in suo commissario generale per Pontremoli e sua giurisdizione. Nella quale circostanza S. M. Cattolica nell'esposizione della ricupera fatta di Pontremoli dalla repubblica genovese, e sua successiva alienazione al Granduca ili Toscana, dichiarava di aver fatto ciò per giovare maggiormente a quei popoli col porli sotto la protezione di un Principe assai benigno e di singolare affezione verso i suoi sudditi.
    Se si considera che il territorio Pontremolese allora non forniva alla R. Depositaria di Firenze che 3000 scudi l'anno incirca, chiaramente si comprende che il suo acquisto fu fatto per scopo politico piuttosto che per utilità finanziera. Arroge a ciò che la Comunità di Pontremoli non pagava alcuno emolumento al governatore granducale, e poco retribuiva al suo auditore e agli altri impiegati dello Stato, nel tempo stesso che i Pontremolesi, oltre di essere stati esentati dalle gabelle, parteciparono tosto degli altri privilegj già fatti comuni ai sudditi del territorio disunito del Grandncato.
    Uno dei primi favori concessi ai Pontremolesi dal Granduca Ferdinando II fu la conferma de’loro statuti e decreti municipali, quando con sovrano rescritto graziò una supplica in data del 29 marzo 1651 con la quale quel popolo domandava di essere mantenuto in possesso di alcuni privilegj comunitativi. _ (ARCH. DELLE RIFORMAG. DI FIRENZE).
    Qual fosse il regolamento della Comunità di Pontremoli sotto il Granducato è dimostrato dalle ultime riforme de’loro statuti, dalle deliberazioni comunitative e dalla nuova organizzazione della Comunità di Pontremoli attivata nel 1777.
    Molti anni innanzi però dal ministro
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    di Stato Pompeo Neri fu umiliato al trono di Leopoldo I il progetto di dividere in tre vicariati tutta la provincia della Lunigiana granducale, accompagnando lo scritto con il quadro delle comunità, popolazioni e ville della stessa provincia ordinato al marchese Alessandro Dumesnil allora governatore della Lunigiana granducale residente in Pontremoli.
    L’anno dopo il Granduca Leopoldo I con motuproprio del 1 agosto 1778 eresse in città nobile Pontremoli designandola sede di un nuovo vescovo per gli stati della Lunigiana granducale sino a che il Pontefice Pio VI, con bolla del 18 luglio 1787, compi l’opera erigendo la chiesa pontreraolese in nuova cattedrale, il di cui vescovo fu fatto suffraganeo del metropolitano di Pisa. _ Vedere l’ Articolo seguente DIOCESI DI PONTREMOLI.
    Breve fu il governo dell’ottimo Granduca Ferdinando III innanzi la discesa in Italia dell’armata francese, che assegnò Pontremoli al regno di Etruria, quindi lo riunì al Dipartimento del Taro, e poi a quello dell'Appennino, formando di questa città una sotto-prefettura, fino a che col trattato di Vienna fu restituita con tutto il restante della Lunigiana granducale al suo legittimo sovrano, ritornato desideratissimo fra i suoi sudditi amati. Fu Ferdinando III quello che a benefizio generale ordinò il nuovo Catasto di tutti i beni immobili, compito e messo in opera dall'Augusto suo figlio e successore il Granduca LEOPOLDO II.
    Sono pure opera di quest’ultimo le strade aperte in Lunigiana per Pontremoli e la Cisa, e il Tribunale di Prima Istanza stabilito in cotesta città. Fra le opere di sua munificenza contasi quella di avere esentato i Pontremolesi dal 1834 a tutto il 1836 dalle tasse regie a sollievo dei gravi danni cagionati loro dal terremoto del 1834.
    Chiese principali di Pontremoli . _ Giovandomi di quanto fu raccolto e scritto di Pontremoli nel Calendario lunese per l’anno 1836 dal ch. Girolamo Gorgiolli, dirò che questa città non ha cosa alcuna d’insigne nei pubblici edifizj profani, mentre il Pretorio,
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    il Palazzo del Comune e l’Episcopio sono opere nelle quali non trovasi nè la ruvida magnificenza de’bassi tempi, nè l’utile eleganza dei giorni nostri. Sopra tutte queste però si distinguono la nuova fabbrica del Tribunale collegiale ed il Teatro di recente ricostruzione.
    Meno povera al contrario è cetesta città per gli edifizi sacri. _ La Cattedrale è grandiosa ad una sola navata in croce latina con cupola molto svelta ed ardita. è un’opera dell’architetto Capra deliberata nel 1620 dal consiglio generale della Comunità che ne è la patrona. Il tempio è adorno di belli altari di marmi biunchi e mischi con buoni quadri. Ricca sopra tutto di oggetti in argento e di arredi sacri è la sua sagrestia.
    La chiesa di S. Gemignano, antica parrocchia, fu soppressa quando fu eretta in pieve collegiata la chiesa dell'Assunta, ora cattedrale, dalla qual epoca in poi la prima fu destinata per suo battistero.
    Seconda per ampiezza, e forse prima per merito architettonico, è la chiesa della SS. Annunziata eretta nel 1471 nel subborgo meridionale con clausura già abitata dai PP. Agostiniani. Senza dar fede alla voce che attribuisce la sua facciata a Giulio Romano, bisogna convenire che per molti rapporti questo tempio è degno di lode.
    Di grazioso disegno e di squisita fattura è il tempietto ottagono di marmo bianco posto in mezzo alla chiesa medesima; la di cui erezione risale al 1493, lo che basta per non crederlo, come alcuni scrissero, del Sansovino. Le statuette sorrette dal cornicione di quel tempietto ed il bassorilievo rappresentante la SS. Annunziata sono lavorati con molto garbo; ma il S. Ambrogio pittura a fresco, sebbene incompleta, che vedesi in una delle sue facce laterali, e la tavola del piccolo altare rappresentante l’adorazione de’Magi, sono opere, per quanto malconce e incomplete, fatte nel 1558 da Luca Cambiasio genovese, uno de'primi pittori della sua età, che fu pure l’autore di altro dipinto in una lunetta sopra la porta di sagrestia della chiesa
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    grande, rappresentante la Creazione.
    Contigua all'antico convento di S. Francesco, edificato nel 1219 fuori di Pontremoli sulla ripa destra della Magra, ed ora ridotto ad uso di Seminario vescovile, esiste un’altra chiesa non meno grandiosa a tre navate, cui accresce pregio un vasto dipinto del Cignaroli rappresentante le stimate del serafico S. Francesco fondatore dell’Ordine, e si crede anco del convento stesso.
    Nella chiesa di S. Colombano vedesi una tela del Procaccino rappresentante la Crocifissione, barbaramente danneggiata per farla servir di coperta ad un’immagine di legno.
    La chiesa di S. Cristina sebbene piccola è a tre navate di ordine dorico. _ L'oratorio di Nostra Donna di forma elittica, che dà il nome al vicino ponte sulla Magra, per quanto sia carico di ornati e dorature, è adorno di qualche dipinto moderno non affatto dispregevole.
    Dei quattro ordini di religioni diverse (Agostiniani, Francescani, Carmelitani e Cappuccini) non restano al presente in Pontremoli che questi ultimi; il convento de'quali edificato nel 1641 giace sulla gioconda collina della Costa che sovrasta al nuovo passeggio della città di Pontremoli, detto del Borgovecchio , fiancheggiato da doppia fila di alberi alla sinistra del fiume fra i due ponti della Magra preindicata.
    Stabilimenti di beneficenza e di pubblica Istruzione . — Lo spedale degli infermi fu stabilito nel soppresso convento dei Carmelitani fuori di Porta parmigiana, essendo stato insufficiente l’antico locale dell'ospedale di S. Antonio. è una fabbrica meritevole di esser rammentata per le comode e ben ventilate corsie, per l’opportunità delle sue officine, per la nettezza e l’ordinamento economico-sanitario, per l’aria salubre che vi si respira, e per i mezzi di sussistenza dei quali cotesto spedale è provvisto.
    Nou uno ma due spedarli in Pontremoli  avevano lo stesso titolo di S. Antonio, che uno appartenuto alla fazione Ghibellina nella parrocchia di S. Niccolò, e l'altro alla Guelfa nella parrocchia di S. Cristina; ma dopo cessati i partiti il primo rimase per gli infermi e 1’altro
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    fu convertito in un convento di monache, che poi fu soppresso dal governo francese (anno 1809) e ridotto, come lo è attualmente, a casa di arresto.
    Oltre i suddetti due esistevano in Pontremoli due altri spedaletti, uno dei quali sotto il titolo di S. Leonardo e S. Maria nel borgo settentrionale, e l'altro sotto il titolo di S. Lazzaro pei lebrosi, il cui fabbricato trovasi nel borgo di Pontremoli fuori di Porta fiorentina. Ma dopo cessata in Italia quella schifosa malattia i suoi beni furono incorporati a quelli della Comunità.
    Il Seminario vescovile, che ebbe dote e incremento per le provvide cure del vescovo Venturini, può riguardarsi come uno de’buoni e dirò il migliore istituto in simile genere di cotesta Provincia, aumentato recentemente di locale per l’affluenza de’convittori, attualmente in numero di 92, corredato di buone macchine di fisica per l’operosità del Prof. Luigi Marsilj che quel gabinetto dal suo nulla creò e che una scuola relativa con lustro sostiene.
    Per altro Pontremoli ebbe scuole pubbliche sino dal sec. XIV. _ Non dirò del cieco veneratore del Petrarca, il quale professava rettorica e umanità in Pontremoli, mentre li statuti di cotesta città avvisano, che innanzi la peste fatale del 1348, la quale quasi sterminò ni gente la Lunigiana, essendo morti in Pontremoli (dice la rubrica 36 del Lib. I.) anco gli scienziati in legge e in medicina, il Comune ordinò la condotta di varj maestri forestieri per insegnare il latino dalla prima all’ umanità e rettorica , oltre la logica e le istituzioni notariali . Della riputazione poi della scuola d’ istituzioni e del collegio notariale di Pontremoli fondato in quello stesso secolo XIV si è fatta menzione poco sopra.
    Il Conservatorio di Pontremoli sotto il titolo di S. Giacomo d’Altopascio per munificenza di Leopoldo I provvede all’educazione delle fanciulle. Era innanzi un monastero di monache Agostiniane aperto nell’anno 1513, quando vi
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    entrò (19 novembre) per prima badessa suor Lorenza Martini di Firenze, alla di cui morte succedè suor Agata Coppini con l’approvazione di fra Ugolino Grifoni maestro generale dell’ospedale di S. Giacomo dell’Altopascio e ordinario di cotesto monastero; il qual vero risulta da un istrumento del 14 gennajo 1565 rogato in Pontremoli da ser Gio. di Rolando Villani.
    Avvi inoltre in Pontremoli l’archivio de’pubblici contratti, per quanto i suoi atti siano posteriori all’incendio del 1495 di già rammentato. _ Un altro archivio spettante alla Cancelleria Comunitativa può interessare per i suoi registri la storia di cotesta contrada dopo il secolo XV.
    I monaci Benedettini di S. Colombano di Bobbio, e quelli di S. Salvatore e S. Benedetto di Leno nel Bresciano, ai quali l’Imperatore Arrigo I, con diploma del 1014 sembra che concedesse fra le altre cose, et duas partes de strata in Ponte Tremulo , ebbero giurisdizione sopra diverse,chiese di Pontremoli e del suo distretto. Tali erano in città quelle di S. Giorgio, e dell'ospedale di S. Leonardo e S. Maria, la cui antica chiesa profanata esiste tuttora fuori della Porta parmigiana. Tale fu la chiesa di S. Giovanni distrutta e riunita a S. Colombano, oltre lo spedaletto di S. Giacomo nel villaggio di Pracchiola, la chiesa di Montelungo e quelle di Cavezzana d’Antena e Cargala. I beni di coteste chiese e spedaletti, appartenuti fino dal sec. X, se non prima, ai monaci Benedettini, passarono per la maggior parte all’ordine militare de’cavalieri Gerosolimitani, o a quello degli Ospitalieri dell’Altopascio, siccome apparisce da quanto si disse all'Articolo MONTELUNGO, e dai rogiti di ser Gio. Rolando Villani, sotto l’anno 1545, e di ser Gio. Paolo Ferrari ali'anno 1564. _ (ARCH. PUBBLICO DI PONTREMOLI).
    Fra li slabilimenti di pubblica istruzione e diletto Pontremoli conta un grazioso teatro recentemente restaurato. _ Havvi inoltre un’Accademia filarmonica sotto il titolo poetico dei Risorti Apuani , ed una banda civica di dilettanti.
    Fu Pontremoli patria di
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    non pochi uomini illustri sì per dignità come per dottrina, dei quali diede fuori non ha guari una lunga lista l'Ab. Emanuele Gerini nel Vol. II delle sue Memorie Istoriche di Lunigiana , e innanzi di lui con più discretezza Giov. Targioni-Tozzetti nel Tomo X de’suoi Viaggi per la Toscana, ai quali autori si rimandano i curiosi al pari di coloro che bramassero sapere quali e quante famiglie magnatizie ebbero cuna in Pontremoli, mentre quelle che si mantengono tuttora in splendore costà trovansi indicate dal ch. autore del Calendario Lunese per l’anno 1836.

    CENSIMENTO della Popolazione della Città di PONTREMOLI a tre epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1745: Impuberi maschi 409; femmine 403; adulti maschi 469; femmine 655; coniugati dei due sessi 866; ecclesiastici dei due sessi 260; numero delle famiglie 611; totale della popolazione 3062.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 570; femmine 545; adulti maschi 572; femmine 620; coniugati dei due sessi 1296; ecclesiastici dei due sessi 82; numero delle famiglie 782; totale della popolazione 3685.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 675; femmine 552; adulti maschi 533, femmine 685; coniugati dei due sessi 1471; ecclesiastici dei due sessi 122; numero delle famiglie 808; totale della popolazione 403

    Comunità di Pontremoli
    . – La superficie territoriale della Comunità di Pontremoli nell’ultimo Catasto ascendeva a 39649 quadrati agrari, 1615 dei quali quadrati spettavano a corsi d’acqua e a pubbliche strade, talchè restavano soggetti alla imposizione fondiaria miglia 47 e 1/2 toscane. Vi si trovavano nel 1833 abitanti 9250, a ragione repartitamente di 196 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile. Confina con quattro Comunità della Lunigiana granducale, oltra una quinta quinta spettante agli exfeudi Malaspina, e mediante la giogana dell’apppennino ha di fornte il Ducato di Parma e Piaceza. Dirimpetto a ostro alla destra della Magra fronteggia con il territorio dell’ex-feudo di Mulazzo ora del Duca di Modena, a partire dalla confluenza del torrente
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    Teglia , o della Capraia destra sino a che sbocca in essa il canale o rio dell’ Erta e quello di Rofinale provenienti da settentrione-maestro. A cotesto sbocco sottentra a confine di faccia a ponente libeccio il territorio della Comunità granducale di Zeri, con il quale l’altro di Pontremoli rimonta i canali di Rofinale e di Novole , entrando mediante l’ultimo nel torrente Mezzana . Allora merc è questo di Mezzano salgono entrambi il monte nella direzione di ponente finchè trovano il canale di Saffo e con esso arrivano sul monte Burello . Costà piegando direzione da ponente a settentrione i territori delle due Comunità si dirigono verso la fiumana della Gordana , mediante il cui letto, voltando faccia da ponente a grecale e poi a levante pervengono sul fosso denominato del Tufo che influisce nella Gordana predetta due miglio circa a ponente della città di Pontremoli.
    Quindi attraversano la via di Zeri per entrare nel torrente Betigna che viene dall’Appennino del Monte Rotondo , merc è del quale torrente la Comunità di Pontremoli continua ad avere di fronte per circa tra miglia dirimpetto a ostro l’altra di Zeri.
    Alla via di Quartaia la nostra Comunità abbandona l’alveo del Betigna per dirigersi verso grecale sul monte Molinatico passando per la Foce Crociata sino al canale del Prato al Prete, col quale scende nella fiumana del Verde dirimpetto al Castello di Grondola.
    Di costà i territori comunitativi di Pontremoli e di Zeri salgono contr’acqua il Verde fino alla confluenza della Verdesina , che insieme attraversano per dirigersi mediante termini artificiali sulla cresta del Monte Molinatico. Su cotesto schienale dell’Appennino sottentra dirimpetto a maestro il territorio del Ducato di Parma e Piacenza per una lunga
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    linea di confine che percorre la giogana del Monte Molinatico, prima dirimpetto a maestro, poi di fronte a settentrione, dove trova la foce della Cisa, ed ivi attraversa la strada provinciale di Parma. Di la si dirige verso scirocco al Monte Orsaio, col quale dirimpetto di grecale si annesta il poggio della Cisa, e questo al Monte Molinatico, fino a che sul Monte Orsaio sottentra a confine dal lato di levante il territorio granducale della Comunità di Caprio. Con  questo l’altro di Pontremoli scende il monte nella direzione di libeccio finch è arriva nel canale di Palaia ; il quale per qualche tratto serve di limite alle due Comunità, cui sottentra più in basso il fosso di Orzanetta per dirigersi nel fiume Magra sotto la chiesa di Scorcetoli. Quindi secondando il corso della Magra nella direzione di maestro a scirocco i due territori arrivano allo sbocco del torrente Capria alla sinistra del fiume, dove dal lato stesso sottentra a confine la Comunità di Filattiera. Con questa la Comunità di Pontremoli prosegue il corso della Magra fino dirimpetto alla confluenza del torrente Teglia , o Capria destra, dove ritorna a confine della destra del fiume l’ ex-feudo di Mulazzo.
    L’Appcnnino, che accerchia a guisa d’arco i territori comunitativi di Pontremoli, di Zeri, di Bagnone e di Caprio, costituisce tutte le prominenze del Monte Molinatico, il giogo della Cisa e parte del Mont’Orsaio con molti de’loro contrafforti. Di alcuni de’quali, mediante le operazioni trigonometriche del prof. P. Gio. Inghirami, venne determinata l’elevatezza sopra il livello del mare Mediterraneo come appresso :
    Monte Orsaio, Comunità di Bagnone,   Br. fior. 3166, 2
    Monte Molinatico, Comunità di Pontremoli, Br. fior. 2651, 3
    Monte Rotondo, Comunità di Zeri,   Br. fior.  1984, 7
    Varco della Cisa, Comunità di Pontremoli, Br. fior.  1783, 3
    Monte Lungo (
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    finestre del Campanile ), Comunità di Pontremoli , Br. fior. 1442, –
    Arzelato ( finestre del Campanile ), Comunità di Zeri, Br. fior. 1301, 5
    Zeri ( finestre del Campanile ) Comunità di Zeri, Br. fior. 1173, 5

    I fiumi e torrenti maggiori del territorio di Pontremoli sono la Magra , la Magriola , il Verde , la Gordana , la Capria destra ossia la Teglia , e la Capria sinistra .
    La Magra ha la s’ua origine sul poggio detto Borgognone , dal quale precipita col nome di canal di Piella , che presto cambia in vicinanza della chiesa di Prachiola nell’altro della Magra , forse perch è passa per un luogo detto ai Magresi . Di là scende la Magra fra profondi dirupi fragorosa e spumante in guisa da formare nella stagione delle piogge uno spettacolo consimile a quello delle cascate  di Terni e delle cuscatelle di Tivoli. Quindi in Val d’Antena arricchita da vari rivi scorre maestosa fra le balze del poggio di Loarghena e quelle di Monte Lungo sino al villaggio di Mignegno che è quasi sulle porte della città di Pontremoli, le cui mura orientali la Magra percorre, e quindi attraversa la città sotto il ponte di Mostra Donna. Quindi dopo essersi accoppiata al Verde , la Magra bagna la parte inferiore di questo lungo e stretto paese, e poi del suo subborgo meridionale, denominato della Nunziata , finch è unita al grosso torrente della Gordana , tributario alla destra della Magra, cotesto fiume si apre la via tra le balze di due poggi per poscia scorrere nel sottoposto piano fino allo sbocco delle due Caprie che costituiscono il confine meridionale del territorio di Pontremoli.
    In
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    cotesta traversa di circa miglia 12, affluiscono in Magra dal lato destro, 1.° la Magriola che nasce per tre scaturigini dalla parte di grecale scendendo sul fianco destro del monte della Cisa e che entra in Magra dopo iver percorso un cammino di circa 7 miglio bagnando lo scosceso vallone di Succisa innanzi di giungere al ponte di Mignegno; 2.° la fiumana del Verde che nasce nell’Appennino di Zeri circa 9 miglia a maestro di Pontremoli in luogo detto la Foce Crociata, umile in origine, ma che ingrossa di mano in mano accogliendo per via vari canali e torrenti il maggior de’quali, la Bettigna , scende dal Lago Peloso , fino a che il Verde si congiunge alla Magra dentro Pontremoli. Il 3.° è la Gordana che acquista un tal nome nel territorio di Zeri là dove il canal di Codolo accoppiasi al Moriccio che dalla Pelata di Zeri fra profondi burroni discende ristretto e serpeggiante dal Monte Colombo e dal poggio di Pradelinara finchè trova li stretti di Giaredo cui danno rinomanza gli ottimi vini di quella costa, e le roccie ofiolitiche e diasprinechevi s’incon rauo. Quindi innoltrasi di là a pie del colle di S. Genese, dove dopo un tragitto da ponente a levante non minore di 9 miglia le acque della Gordana si confondono con quelle della Magra; 4.° Il torrente Teglia , o Capria destra , che si parte dalle pendici orientali del Monte Rotondo in luogo appellato il Prato fiorito, circi 10 miglio a libeccio di Pontremoli, e scorre presso a poco parallelo alla Gordana , sotto alla quale circa un miglio e mezzo vuotasi nella Magra.
    Pochi e di minore importanza sono gli affluenti della riva sinistra della Magra dentro il territorio di Pontremoli, fra i
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    quali; 1.° il Canale d’Angiolo che entra in Magra sotto le lame della Nunziata dopo la discesa di tre miglia; 2.° il Canale di Pala che scende parallelo all’antecedente fino alla villa omonima, e che di là affluisce in Magra un miglio sotto al già citato, e 3.° l’ Orzanella che percorre lo spazio di circa tr è miglia e mezzo per unirsi alla Magra passata la chiesa di Scorcetoli.
    Niuna strada rotabile si contava 10 anni fa nel territorio di Pontremoli; ed ora oltre la via provinciale della Cisa che viene dall’Aulla, e che attraversa la città di Pontremoli (cui diede impulso il zelo del pontremolese Giovanni Pizzatti per congiungerla a quella maestra rotabile che guida per Fornovo a Borgo S. Donnino e a Parma) il magistrato comunale di Pontremoli ha reso praticabili alle ruote due altri tronchi di strade comunitative che rimontano, uno la Capria sinistra per andare a Caprio, e l’altro il Teglia ossia la Capria destra . – La strada di Zeri, e quella per Borgo Taro restano sempre a desiderarsi per accrescere vita all’industria ed al traffico coi popoli limitrofi.
    Nel tempo che andava sotto il torchio il presente Art. è stato pubblicato dal ch. ingegnere pisano Sig. Ridolfo Castinelli sotto il titolo d’ Idee un grandioso progetto sulle strade ferrate in Toscana considerate come tronchi di strade italiane, nel quale si danno delle buone ragioni per prendere di mira una strada ferrata, che movendo da Pisa, per dove già è diretto il lavoro della strada Leopoldo, passando da Viareggio, Pietrasanta, Massa, Sarzana arriva a Pontremoli, dove sbocca la strada rotabile dell’Appennino della Cisa, o Parmigiana, strada che Napoleone nel 1808 con decreto dato in Baionna ordinava che fosse aperta per conginngere, com’egli divisava, per Pontremoli e Parma Napoli con Milano.
    «Lentamente ubbidito nella esecuzione della strada da Sarzana a Parma, Napoleone ci
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    lasciò nel 1813, oltre il decreto infisso nel muro del palazzo pubblico di Pontremoli, poco più che la traccia maestrevolmente abbozzata» del IX Cantone della strada n.° 213 da Pontremoli al crinale della Cisa, con qualche disegno d’ingrandimento di cotesta citta, e poi qualche taglio di poggio incominciato in qua e in là lungo la Magra, e qualche brano di muro che si addita dagli abitanti come ciclopeo, e qualche tradizione di bei pensieri.»
    « Cotesto germe di sì gran benefizio giacque infecondo fino all’anno 1834, in cui finalmente riuscì ad alcuni benemeriti cittadini di questa valle di ottenere che si rannodasse l’accesso di essa, non già con 1a strada postale di Sarzana, ma con una strada di diramazione che dal Portone di Caniparola per Fosdinovo e Tendola negli Stati Estensi si è recentemente indirizzata a Fivizzano. Dalla quale via militare si diparte un altro ramo al Ponte del Bardine che per Aulla, Terra Rossa, Villafranca e le Ghiare di Filattiera giunge a Pontremoli, e di là per l’Appennino continua ad esser carrozzabile per la Cisa donde è continuata buonissima per Parma ».
    « E frattanto, esclama l’autore del progetto, quale linea è più di questa adatta ad una strada ferrata? Se nella carta della Penisola guardo l’Italia centrale, non so immaginare in essa altra linea che sia per fecondare quanto questa cospicui rapporti e per crearne molti dei nuovi, strada che darebbe vita alla provincia della Lunigiana, quasi vergine pel nostro commercio, perchè stata priva finora di comunicazione; strada che porta al piede di un varco appenninico, assai placido, di là dal quale è Parma, Piacenza e la regal Milano. »
    Rispetto alla struttura fisica del suolo di questa Comunità, esso in genera le spetta alle tre rocce stratiformi dell’Appennino o ai loro detritus . Vi sono per altro alcune località, come sarebbe quella degli Stretti di Giaredo sulla Gordana , i di cui macigni schisti marnosi furono metamorfositi in
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    gabbro e in diaspro. – Ved . gli Art. BARGA E GORDANA, dove è stato accennato coteste fatto da me incontrato nell’estale del 1832 alli Stretti di Giaredo in compagnia del Prof. Luigi Marsili e di altro dilettante della storia naturale.
    Lo stesso fenomeno geologico vedesi ripetuto a Civezzana d’Antena dove si trovano dei gabbri diallagici alla sinistra della Magra, e poco lungi di là una sorgente di acqua solfurea fredda.
    Il suolo pontremolese offre poco piano, molte colline facenti spalliera ai monti più o meno alti, che circondano 1’area bislunga sulla quale risiede la città. Vi sono borgate riunite nei punti più scoscesi, e tali a un dipresso come al tempo de’Liguri Apuani alle sorgenti della Magra nel modo che fu la contrada stessa descritta da Livio fino a che vinti que’montanari furono trasportati dai vincitori nel Sannio innanzi che i monti intorno alle sorgenti della Magra fossero ripartiti ai coloni romani dedotti a Lucca. – Ved . gli Art . GARFAGNANA e LUCCA
    Nonostante che il territorio montuoso del Pontremolestì per vari mesi dell’anno sia rigido e coperto dalla neve, pure nella buona stagione tolte quelle montuosità veg gonsi smaltate di erbe e di piante, mentre il terreno vegetale che ricuppre quei monti fornisce ricompensa sufficiente alla colonica industria. – I suoi prodotti consistono massimamente nella raccolta di castagni, in erbe da pastura, in legname, in segala, grano, orzo, e nei luoghi più bassi in fave, fagiuoli, vini, ed erbaggi di ottima qualità.
    Bench è 1’Appennino pontremolese non sia de’più elevati, e che non vi abbia fra i suoi contrafforti alcuno che vada spoglio di vegetazione, ciò non ostante i castagni, le vili e i gelsi non giungono qui ali’altezza in cui si trovano nel vicino appennino fivizzanese, dove i primi arrivano ad’altezza di circa 1600 braccia fiorentine sopra il livello del mare, le viti fino a braccia 1160, e il gelso a braccia 900.
    Secondo
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    le osservazioni meteorologiche fatte dal Prof. Marsili, nel 1836 il grado massimo del termometro al seminario di Pontremoli alle ore due pomeridiane del 18 luglio salì a 23 gr., mentre nel giorno più freddo alle 7 di mattina del 18 dicembre di quello stesso anno cadde a gr. 4 sotto il zero.
    Nelle campagne del Pontremolese come in quelle di quasi tutta la Lunigiana s’incontrano rare abitazioni isolate, giacc è o sia la poca sicurezza sotto il governo marchionale ossia la facilità maggiore di ripararsi dalle aggressioni ostili, fatto è che gli abitanti del contado pontremolese sono aneli’essi, come dissi, raccolti in villate. – (G. gabgiolli, Calendario Lunese per gli anni 1834 e 1836 )
    Industrie manifatturiere del Pontremolese . – Se si eccettuano i mulini ed i frantoi, pochi opifici sono messi in moto dalle aeque che scendono dai canali, torrenti e fiumane di cotesto Appennino, le quali sarebbero da adoprarsi non solo a profitto delle manifatture, ma ancora nei bisogni dell’agricoltura sia per l’irrigazione de’campi, sia per le colmate, come ancora per la difesa delle ripe fluviali.
    Infatti le acque correnti che precipitano a Pontremoli hanno talmente rialzato quel l’angusta pianura da trovarsi gli archi coi piloni de’vecchi ponti e perfino alcuni avanzi di vecchie abitazioni sotto i fondamenti delle abitazioni attuali.
    Fra gli opilici mossi dalle acque del fiume Magra e da quelle del Verde esistono attualmente 4 fabbriche da polvere da munizione e due cartiere, una delle quali abbandonata è situata nella Comunità di Caprio, ed è mossa dalle acque della Magra, e non da quelle del torrente Capria come dissi all’Art. CAPRIO. Vi si contano inoltre 3 tintorie, 3 fabbriche di cera, e una di conce di pelli, tre fabbriche di cappelli di feltro e due di rosoli, una di ombrelli d’incerato, tre fornaci di mattoni, due fabbriche di paste, e una fatta secondo i metodi più recenti
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    e di gran lunga alle altre superiore.
    Al che fia duopo aggiungere, qualmente che in quasi tutte le case di campagna vi sono telai per tessere tele di lino, o bordatini di canapa e cotone. Il di cui uso antichissimo sotto nome di pignolati si deduce dagli statuti di Pontremoli per il copioso smercio che ne’facevano quegli abironti con i popoli confinanti della Lombiardia.
    Il commercio attuale del paese consiste massimamente in bestiame, lana, seta, gra nagli,  olio e generi coloniali che si portano alle fiere ed ai mercati, per altro i più per transito che per il consumo interno.
    Sei fiere vi si tengono nel corso dell’anno, che la prima dopo la domenica in Albis, la seconda dopo la Pentecoste, la terza dopo la prima domenica di luglio, la quarte nel giorno dopo l’Assunta, la quinta nel giorno 9 settembre, e l’ultima ch’è di maggior concorso, nei giorni 4, 5 e 6 di ottobre. Havvi inoltre un grosso mercato di bestiame per S. Andrea Apostolo, e due mercati nei giorni di mercoledì e sabato di ciascuna settimana, dove concorrono molti Lombardi e Liguri con poco profitto delle dogane estere.
    I contratti in Pontremoli solevano sempre stipularsi collo scudo ideale della Provincia equivalente a lire sette di Parma, circa lire due fiorentine.
    La mancanza della moneta fiorentina in cotesta provincia della Lunigiana granducale fa si  che il suo valore vada soggetto a frequenti oscillazioni e che sia di continuo alterato con pregiudizio degli abitanti ed a solo profitto di pochi simulatori. è perciò che lo scudo di Parma non equivale più come per lo passato a lire due fiorentine.
    Il governo, le leggi e l’ordine amministrativo in nulla differiscono da ciò che regola il rimanente del Granducato, tranne qualche franchigia che gode tutto il territorio disunito in materia di finanze, la più importante delle quali è l’esenzione dalle gabelle e il prezzo mite del sale.
    Dal quadro della popolazione della
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    Comunità di Pontremoli che segue a tergo chiaramente apparisce l’aumento progressivo della medesima cresciuta in questo territorio dal 1746 al 1840 di 1917 abitanti
    La Comunità di Pontremoli oltre il concorrere al mantenimento dei professori  del Seminario, le cui scuole sono comuni anche ai secolari di tutta la Comunitià, mantiene due medici e due chirurghi.
    Risiede in Pontremoli un Commissario di Governo, dal quale dipendono nei rapporti di polizia e buon governo i Vicari regi di Fivizzano e di Bagnone. Il suo tribunale già assistito da un auditore giudice ed in seguito da un regio procuratore e da due cancellieri, aveva la giurisdizione Civile sulle Comunità dì Pontremoli, di Zeri, di Caprio e di Filattiera, come pure nei Vicariati di Fivizzano e Bagnone per le cause, il di cui merito era superiore alla competenza de’giudici minori. Ed in quanto alla giurisdizione criminale, oltre alle predette Comunità l’estendeva sopra la podesteria di Calice. Ma con motuproprio del 22 agosto 1840 il Granduca ordinò, che, a incominciare dal dì 11 novembre di quell’anno fosse attivato un tribunale collegiale di Prima istanza con tutte indistintamente le attribuzioni civili e criminali degli altri tribunali collegiali di Prima istanza del Granducato e la di cui giurisdizione comprendesse tutto il territorio su cui si estendevano quelle del’ auditore di governo giudice in Pontremoli.
    La Cancelleria civile di questa Comunità serve anco alle Comunità di Zeri, di Caprio e di Calice.
    Vi è un ufizio di esazione del Registro, un ingegnere di Circondario, un eoiwcomandante militare, ed una conservazione delle ipoteche. – Le cause civili in seconda istanza, e quelle criminali sono portate alla Corte Regia in Firenze.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di PONTREMOLI  a tre epoche diverse.

    (Tutti questi popoli attualmente fanno parte della Diocesi di Pontremoli. Essi innanzi il 1787 dipendevano da quella di Luni-Sarzana, meno due, cioè S. Pietro dentro Pontremoli, e la cura di S. Maria Assunta in Teglia, i quali appartenevano
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    alla Diocesi di Brugnato)
               
    - nome del luogo: Arzengio,  titolo della chiesa: S. Basilide (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 119,
    abitanti anno 1833 n° 122,
    abitanti anno 1840 n° 127
    - nome del luogo: Braja,  titolo della chiesa: S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 77,
    abitanti anno 1833 n° 156,
    abitanti anno 1840 n° 183
    - nome del luogo: Bratto,  titolo della chiesa: S. Giorgio (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 179,
    abitanti anno 1833 n° 228,
    abitanti anno 1840 n° 243
    - nome del luogo: Careola,  titolo della chiesa: S. Gemignano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 121,
    abitanti anno 1833 n° 88,
    abitanti anno 1840 n° 109
    - nome del luogo: Cargalla,  titolo della chiesa: S. Lorenzo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 242,
    abitanti anno 1833 n° 263,
    abitanti anno 1840 n° 293
    - nome del luogo: Cavezzana d’Antena,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 232,
    abitanti anno 1833 n° 206,
    abitanti anno 1840 n° 223
    - nome del luogo: Cavezzana Gordana,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 87,
    abitanti anno 1833 n° 157,
    abitanti anno 1840 n° 193
    - nome del luogo: Ceretoli,  titolo della chiesa: S. Martino (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 136,
    abitanti anno 1833 n° 170,
    abitanti anno 1840 n° 172
    - nome del luogo: Dozzano,  titolo della chiesa: S. Lorenzo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 92,
    abitanti anno 1833 n° 189,
    abitanti anno 1840 n° 182
    - nome del luogo: Gravagna,  titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 436,
    abitanti anno 1833 n° 737,
    abitanti anno 1840 n° 812
    - nome
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    del luogo: Grondola,  titolo della chiesa: S. Nicodemo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 196,
    abitanti anno 1833 n° 285,
    abitanti anno 1840 n° 354
    - nome del luogo: Mignegno,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 145,
    abitanti anno 1833 n° 98,
    abitanti anno 1840 n° 127
    - nome del luogo: Monte Lungo,  titolo della chiesa: S. Benedetto (Prioria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 230,
    abitanti anno 1833 n° 285,
    abitanti anno 1840 n° 298
    - nome del luogo: Oppilo,  titolo della chiesa: S. Felicita (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 92,
    abitanti anno 1833 n° 95,
    abitanti anno 1840 n° 95
    - nome del luogo: PONTREMOLI città,  titolo della chiesa: SS. Annunziata subborgo , diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° -,
    abitanti anno 1833 n° 402,
    abitanti anno 1840 n° 488
    - nome del luogo: PONTREMOLI città,  titolo della chiesa: S. Colombano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 375,
    abitanti anno 1833 n° 672,
    abitanti anno 1840 n° 785
    - nome del luogo: PONTREMOLI città,  titolo della chiesa: S. Cristina riunita a S. Giacomo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 702 (S. Cristina) e n° 73 (S. Giacomo),
    abitanti anno 1833 n° 559,
    abitanti anno 1840 n° 599
    - nome del luogo: PONTREMOLI città,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Cattedrale), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 998,
    abitanti anno 1833 n° 1074,
    abitanti anno 1840 n° 1102
    - nome del luogo: PONTREMOLI città,  titolo della chiesa: S. Niccolò (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 505,
    abitanti anno 1833 n° 658,
    abitanti anno 1840 n° 751
    - nome del luogo: PONTREMOLI città*,  titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 409,
    abitanti anno 1833 n° 320,
    abitanti
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    anno 1840 n° 313
    - nome del luogo: Pracchiola,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 182,
    abitanti anno 1833 n° 203,
    abitanti anno 1840 n° 223
    - nome del luogo: Saliceto,  titolo della chiesa: SS. Ippolito e Cassiano (Pieve), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 509,
    abitanti anno 1833 n° 158,
    abitanti anno 1840 n° 166
    - nome del luogo: Soccisa,  titolo della chiesa: SS. Felicita e Perpetua (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 314,
    abitanti anno 1833 n° 383,
    abitanti anno 1840 n° 435
    - nome del luogo: Teglia*,  titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 91,
    abitanti anno 1833 n° 116,
    abitanti anno 1840 n° 101
    - nome del luogo: Torano,  titolo della chiesa: S. Gemignano (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 239,
    abitanti anno 1833 n° 207,
    abitanti anno 1840 n° 237
    - nome del luogo: Tra Verde,  titolo della chiesa: SS. Filippo e Jacopo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 140,
    abitanti anno 1833 n° 107,
    abitanti anno 1840 n° 106
    - nome del luogo: Val d’Antena,  titolo della chiesa: S. Matteo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 632,
    abitanti anno 1833 n° 722,
    abitanti anno 1840 n° 748
    - nome del luogo: Vignola,  titolo della chiesa: S. Pancrazio (Pieve), diocesi cui appartiene: Pontremoli,
    abitanti anno 1745 n° 710,
    abitanti anno 1833 n° 570,
    abitanti anno 1840 n° 693
    - TOTALE abitanti anno 1551 n° 8263

    N. B. Nelle ultime due epoche entravano in questa Comunità di Pontremoli dalla parrocchia di Castagnetoli che è compresa nell’ex-feudo di Mulazzo
    - anno 1833 abitanti n° 20
    - anno 1840 abitanti n° 22

    - TOTALE abitanti anno 1833 n° 9250
    - TOTALE abitanti anno 1840
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    n° 10182

    Le parrocchiedi S. Pietro in Pontremoli e di S. Maria di Teglia contrassegnate con l’asterisco ( * ) innanzi l’anno 1787 spettavano alla Diocesi di Brugnato.

    DIOCESI DI PONTREMOLI. – I Pontremolesi fecero di buon’ora premurose istanze per staccarsi dalla diocesi di Sarzana; ed affinchè le chiese del loro contado fossero dichiarate soggette alla pieve di S. Maria Assunta di Pontremoli stata già dichiarata Nullius Dioecesis . – Al quale effetto sino dal 1570 fu proposta nel consiglio del Comunità di Pontremoli e quindi nel 1612 e 1646 rinnovata l’istanza per ottenere da Roma un vicario apostolico residente in Pontremoli.– Riuscirono per altro vani cotesti ed altri simili tentativi, fino a che non venne in Toscana il gran Leopoldo, cui i Pontremolesi fra i tanti altri benefizi debbono quello di aver dichiarato la loro patria città nobile, e quindi di avere ottenuto dal Pontefice Pio VI che la stessa città fosse innalzata a sede vescovile di una nuova diocesi.
    Innanzi che fosse eretta in collegiata insigne (anno 1732) e poi in cattedrale (anno 1787) la chiesa di S. Maria Assunta di Ponentetremoli, serviva da chiesa battesimale l’antica pieve arcipretura suburbana de’SS. Ippolito e Cassiano a Saliceto , per quanto nel privilegio concesso nel 1202 dal Pontefice In nocenzo III al vescovo di Luni si trovi una chiesa batttesimale sotto il titolo di S. Alessandro a Pontremoli.
    Quella che oggi è ridotta a battistero è la chiesa di S. Geminiano, che fu una delle parrocchiali del borgo di sopra.
    La cattedrale ha un capitolo insigne con dignità e un numero sufficiente di canonici e di cappellani. La prima dignità è quella del proposto, il quale innanzi l’erezione della Diocesi pontremolese godeva della prerogativa di vicario foraneo del vescovo di Luni Sarzana e presedeva a 34 parrocchie, fra le quali la pieve antichissima di S. Cassiano a Saliceto
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    , oltre le 3 parrocchie dipendenti dal diocesano di Brugnato, sottoposte alla giurudizione politica di Pontremoli.
    Al’epoca in cui la chiesa di S. Maria Assunta di Pontremoli fu innalzata alla dignità d’insigne collegiata restò in vestito del titolo di proposto il parroco di S. Geminiano, alla cui morte successe l’arciprete della pieve di S. Cassiano a Saliceto. La qual pieve riportata dall’Ughelli nell’Italia Sacra sotto i Vescovi di Luni Sarzana, corrisponde probabilmente a quella di S. Cassiano a Urceola rammentata nelle bolle de’Pontefici Eugenio III (anno 1149) e Innocenzo III (anno 1202). – Ved . SALICETO.
    Il soppresso convento de’Minori Conventuali fu ridotto ad uso del Seminario vescovile, il quale però non venne aperto prima del 1806. Il suo reddito ascendeva allora a sole 3500 lire fiorentine, cui in seguito furono aggiunte lire 826 per il mantenimento di un maestro di filosofia.
    La Diocesi di Pontremoli all’epoca della sua erezione era composta di 129 parrocchie, 8 delle quali spettanti alla Comunità di Serravezza furono staccate nel 1798 e date alla Diocesi di Pisa mediante bolla del Pontefice Pio VI. – Vedere PISA. Diocesi.
    Le 121 parrocchie della Diocesi attuale pontremolese abbracciano tutti e tre i vicariati attuali di Bagnone, Fivizzano e Pontremoli, i quali estendono la loro giurisdizione sulle undici Comunità del territorio granducale della Lunigiana.
    Si contano nelle 121 parrocchie testè  accennate 17 chiese battesimali, oltre la cattedrale di Pontremoli; cioè, 7 pievi prepositure, 6 pievi arcipreture e 4 pievi semplici. Fra queste 17 sottomatrici furono decorate del titolo di prepositura le chiese di Bagnano , di Coprigliela , di Codiponte , di Comano , di Fivizzano , di Rocca Sigillina e di Zeri . Hanno il titolo di arcipreti i pievani di Crespiano , di Filattiera , di Sossano , di Saliceto , di
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    Saliera e di Ugliancaldo ; e sono semplici pievi quelle presso Bagnano , di Calice , di Offiano o di Vendaso ,
    Coleste 121 parrocchie nel 1833 contar vano abitanti 40725, e nel 1840 avevano 44373 abitanti – Ved. il Quadro a tergo riportato, nel quale non si da il numero totale della popolazione che nelle ultime due epoche mentre varie Comunità di cotesta Diocesi all’anno 1745 e molte più all’anno 1551 non erano state incorporate al dominio granducale della Toscana.

    QUADRO della Popolazione delle undici Comunità della LUNIGIANA GRANDUCALE con il numero complessivo delle Parrocchie spettanti alla Diocesi già di Luni-Sarzana, meno tre state della Diocesi di Brugnato, ora di Pontremoli, che quattro di esse a quattro epoche, nove a tre e tutte alle ultime due epoche .

    1. Nome della Comunità: ALBIANO
    numero delle parrocchie: 2
    popolazione: anno 1551 abitanti n° 704, anno 1745 abitanti n° 924, anno 1833 abitanti n° 1051, anno 1840 abitanti n° 1123
    2. Nome della Comunità: BAGNONE (col perimetro del 1833, scemato nel 1834)
    numero delle parrocchie: 20 (nel 1834 ridotte a 18)
    popolazione: anno 1551 abitanti n° 3236, anno 1745 abitanti n° 4554, anno 1833 abitanti n° 5667, anno 1840 abitanti n° 4705
    3. Nome della Comunità: CALICE
    numero delle parrocchie: 5
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° -, anno 1833 abitanti n° 2733, anno 1840 abitanti n° 3018
    4. Nome della Comunità: CAPRIO
    numero delle parrocchie: 4
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° 1128, anno 1833 abitanti n° 1163, anno 1840 abitanti n° 1307
    5. Nome della Comunità: CASOLA
    numero delle parrocchie: 9
    popolazione: anno 1551 abitanti n° 2062, anno 1745 abitanti n° 1874, anno 1833 abitanti n° 2568, anno 1840 abitanti n° 2534
    6. Nome della Comunità: FILATTIERA
    numero delle parrocchie:
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    1
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° 989, anno 1833 abitanti n° 835, anno 1840 abitanti n° 853
    7. Nome della Comunità: FIVIZZANO
    numero delle parrocchie: 42
    popolazione: anno 1551 abitanti n° 9644, anno 1745 abitanti n° 9915, anno 1833 abitanti n° 12672, anno 1840 abitanti n° 13380
    8. Nome della Comunità: GROPPOLI
    numero delle parrocchie: 1
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° -, anno 1833 abitanti n° 712, anno 1840 abitanti n° 774
    9. Nome della Comunità: PONTREMOLI
    numero delle parrocchie: 28 (due delle quali già della Diocesi di Brugnato)
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° 8263, anno 1833 abitanti n° 9250, anno 1840 abitanti n° 10182
    10. Nome della Comunità: TERRA ROSSA (aumentata di perimetro dopo il 1833)
    numero delle parrocchie: 4 attualmente (e prima del 1834 una sola)
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° 388, anno 1833 abitanti n° 407, anno 1840 abitanti n° 1849
    11. Nome della Comunità: ZERI
    numero delle parrocchie: 7 (una delle quali già della Diocesi di Brugnato)
    popolazione: anno 1551 abitanti n° -, anno 1745 abitanti n° 4028, anno 1833 abitanti n° 4068, anno 1840 abitanti n° 4648

    - Totale parrocchie n° 121

    - Totale abitanti anno 1551: n° 15646
    - Totale abitanti anno 1745: n° 31763
    - Totale abitanti anno 1833: n° 40725
    - Totale abitanti anno 1840: n° 44373

    PONTREMOLI (città) in Val di Magra. – All’Articolo DIOCESI DI PONTREMOLI,  si corregga il N.° 17, e si dica 18 chiese battesimali, fra le quali 7 prepositure, 6 arcipreture e 5 pievi, cioè Bagnone, Calice, Offiano, Vendaso e Tignola.
    Nel 1833 la popolazione della COMUNITA’ DI PONTREMOLI  ascendeva a 9250 Abitanti e nel 1845 a 10322, come appresso:

    Arzenzio, Abitanti  N.° 152
    Braja, Abitanti  N.° 84
    Bratto, Abitanti  N.°
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    259
    Careola, Abitanti  N.° 139
    Cargalla, Abitanti  N.° 301
    Cavezzana d'Antena, Abitanti  N.° 230
    Cavezzana Gordana, Abitanti  N.° 195
    Ceratoli, Abitanti  N.° 187
    Dozzano, Abitanti  N.° 181
    Gravagna, Abitanti  N.° 774
    Grondola, Abitanti  N.° 366
    Mignegno, Abitanti  N.° 123
    Monte Lungo, Abitanti  N.° 315
    Oppilo, Abitanti  N.° 97
    PONTREMOLI (Cattedrale), Abitanti  N.° 1218
    PONTREMOLI, SS. Annunziata, Abitanti  N.° 519
    PONTREMOLI, S. Colomhano, Abitanti  N.° 613
    PONTREMOLI, SS. Jacopo e Cristina, Abitanti  N.° 632
    PONTREMOLI, S. Niccolò, Abitanti  N.° 800
    PONTREMOLI, S. Pietro, Abitanti  N.° 348
    Pracchiola, Abitanti  N.° 205
    Saliceto, Abitanti  N.° 159
    Soccisa, Abitanti  N.° 431
    Teglia, Abitanti  N.° 110
    Torano, Abitanti  N.° 215
    Tra Verde, Abitanti  N.° 128
    Val d’Antena, Abitanti  N.° 690
    Vignola, Abitanti  N.° 722

    Da Parrocchie estere

    Castagnetoli, Abitanti  N.° 29

    Totale  Abitanti N.° 10322


    VESCOVATI DELLA TOSCANA. – Nella Toscana cisappennina della presente Opera contansi attualmente 22 Vescovati e quattro Arcivescovati; dieci dei quali Vescovati esistevano sino dalla prima età di Giovanni Villani. Tali sono le diocesi di Arezzo, di Chiusi, di Fiesole, di Roselle (Grosseto), di Luni (Sarzana) di Pistoja, di Populonia (Massa Marittima) di Soana, di Volterra e di Brugnato. – Spettano ai 12 Vescovati più moderni quelli di Cortona, di Montepulciano, di Pienza, di Montalcino, di Colle, di Prato, di Sansepolcro, di Sanminiato, di Pescia, di Pontremoli, di Livorno e di Massa Ducale. – Delle 22 diocesi tre sono rette dai vescovi delle diocesi vicine più antiche, come sarebbe il vescovo di Chiusi che regge la chiesa di Pienza; quello di Pistoja che è parimente vescovo di Prato, e l'altro di Luni Sarzana che ora è diocesana di Brugnato.
    Sono suffraganei dell'arcivescovo di Firenze i vescovi di Fiesole, di Pistoja e Prato, di Colle, di Sanminiato e di Sansepolcro. – L' arcivescovo e primate di Pisa è anche metropolitano delle diocesi di Livorno e di Pontremoli. – Sono suffraganei dell' arcivescovo di Siena quelli di Chiusi e
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    Pienza, di Grosseto, di Massa Marittima e di Soana; e di corto fu dato per suffraganeo all' Arcivescovo di Lucca il vescovo di Massa Ducale; mentre quello di Brugnato, innanzi l'unione della sua diocesi all'antica di Luni Sarzana, era suffraganeo dell'arcivescovo di Genova.
    Dipendono immediatamente dalla S. Sede i Vescovi di Arezzo, di Volterra, di Luni Sarzana, di Cortona, di Montalcino, di Montepulciano, e di Pescia. – Vedere l'Articolo ARCIVESCOVATI della Toscana Granducale.
    Entrano poi nella Romagna Granducale quattro diocesi dello Stato Pontificio, cioè, quelle di Bertinoro, ili Faenza, di Forlì e di Sarsina, l’ ultima delle quali per l'amministrazione ecclesiastica è stata affidata di corto al vescovo di Bertinoro.


    APUA . Quanto apparisce chiara l’antica sede dei Liguri Apuani nei monti di Pontremoli, altrettanto è immaginaria la città di Apua, che alcuni, prestando fede ai falsi frammenti di Catone, la dissero esistita nel luogo di Pontremoli. – Né anche oggidì manca chi ha convertito Apua nell’ignobile casale di Appella presso il giogo di Camporaghena. – Vedere PONTREMOLI.
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Localizzazione
ID: 3387
N. scheda: 42040
Volume: 1; 4; 5; 6S
Pagina: 102; 543 - 562; 705; 198 - 199
Riferimenti: 25940, 46190
Toponimo IGM: Pontremoli
Comune: PONTREMOLI
Provincia: MS
Quadrante IGM: 084-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1570315, 4914474
WGS 1984: 9.88351, 44.38171
UTM (32N): 570378, 4914649
Denominazione: Pontremoli (S. Maria) - Vescovati della Toscana (Pontremoli) - Apua
Popolo: S. Maria Assunta a Pontremoli
Piviere: (SS. Ippolito e Cassiano a Saliceto) S. Maria Assunta a Pontremoli
Comunità: Pontremoli
Giurisdizione: Pontremoli
Diocesi: (Luni - Sarzana) Pontremoli
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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