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Badia Tedalda

 

(Badia Tedalda)

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    BADIA TEDALDA. Piccolo castello ch’ebbe nome da un’antica Badia di Cassinensi nella Valle della Marecchia, capoluogo di Comunità e di Potesteria nel Vicariato di Sestino, Diocesi di Sansepolcro, Compartimento di Arezzo.
    Situato sopra un poggio fiancheggiato a ostro e levante dal torrente
    Presale, a settentrione e ponente dal fiume Marecchia, fra le Balze, Monte Feltro, il Sasso di Simone, e l’Alpe della Luna, nel grado 29° 51’ di longitudine 43° 42’ 5” di latitudine presso alle sorgenti del Metauro e della Foglia, quasi nel centro dell’Appennino, si potrebbe a questo alpestre luogo, con più ragione che alla valle di Amsanto negl’Irpini, applicare quel verso di Virgilio (Eneide libro VII)
    Est locus Italiae in medio sub montibus altis.
    Purchè non si prosegua a dire con l’epico mantovano:
    Nobilis et fama multis memoratus in oris.
    Conciosiacchè oscura, intralciata e ignobile mostrasi anziché nò la storia sulle vicede politiche del paese in questione, a chi non ama di razzolare favole e fra le leggende; siccome sembra essere tale quella del supposto fondatore della Badia Tedalda, e di alcuni regoli che nei secoli di mezzo in codeste aspre giogane su miseri guardiani di armenti e taglialegne tiranneggiarono.
    Né io confido di recare un barlume di luce maggiore di quella che derivare potrebbe da deboli e interrotte faville in mezzo a una cupa notte, e alla trista sorte che nei tempi andati quasi sempre toccò ai popoli situati presso i limiti di due o più nazioni e governi diversi.
    Furono i contorni della Badia Tedalda, al pari di quelli di Verghereto e di Bagno, sugli estremi confini della nazione Umbra nei tempi romani, sino a che l’imperatore Costantino, o piuttosto Giustiniano, dopo l’espulsione dei Goti, formò di questa montuosa regione fra Urbino, Monte Feltro e il Trivio una
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    nuova Provincia, appellata delle Alpi Appennine, la quale fu posteriormente incorporata alla Pentapoli dipendente dall’Esarcato. Paolo Diacono forse fu il primo a descriverla in questi termini: “Nona denique Provincia in Appenninis Alpibus nuncupatur… Hae Apenninae Alpes per mediam Italim pergentes… Thusciam ab Aemilia, Umbriamque a Flaminia dividunt, in qua sunt civitates Ferronianum et Montepellium, Bobium, et Urbinum, nec non et oppidum quod Verona appellatur.” (De Gest. Langob. 1. II, c. i 5) Berretti e Maffei mutarono quest’ultimo oppido in Vetona, temendo che lo storico longobardo avesse preso abbaglio col porre una Verona nell’Appennino. – Un diploma però di Ottone il Grande, dato in Ostia li 7 dicembre dell’anno 967, prova abbastanza che Paolo Warnefrido non si era ingannato.
    È la concessione a titolo di feudo fatta da quell’imperante a favore di un nobile suo fedele, per nome Goffredo figlio d’Ildebrando, cui confermò i possedimenti occupati da quel vassallo nei monti di Chiusi Casentinese, nell’Alvernia, nelle Valli superiori del Tevere, dell’Arno della Marecchia e del Savio, Compresa la selva del Corezzo, quelli del Trebbio e la Massa Verona. – Che la Massa Verona abbracciasse una porzione della Badia Tedalda, come anche della Comunità di Verghereto, di Caprese e della Pieve di S. Stefano, si manifesta dalle parole del diploma, dove dice, che la Massa Verona ha per confine, da un lato la foresta che dicesi Caprile (villaggio e contrada della Badia Tedalda); dal secondo lato Monte Feltro; dal terzo lato il territorio di Bagno, mentre dal quarto lato si estendeva sino in Pietra Verna e alle Calvane, vale a dire, sino all’Appennino del Bastione, fra l’Alverna e Camaldoli. (Ann. Camald. Append. T. I)
    Resta però a sapere, se Goffredo figlio d’Ildebrando fosse uno dei progenitori dei conti di Chiusi e di Montedoglio, quantunque il nome d’Ildebrando si trovi
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    ripetuto nei secoli susseguenti fra i nobili della consorteria dei conti di Galbino, di Chiusi e di Montedoglio, già patroni e fondatori di quelle tante badie e monasteri esistiti fra il Tevere, il Savio, l’Arno e la Marecchia.
    Forse tra questi contatasi pure la Badia Tedalda, tanto più che i conti di Montedoglio vi tennero ragione sino a che un abate di questa stirpe cedè la giurisdizione della Badia Tedalda ad altri consorti, i quali, ora di prepotenza, ora di ragione si usurparono una gran parte dell’Appennino centrale. – Fu dei tanti tra questi il potente Uguccione di Ranieri da Corneto della Faggiula, il quale da castellano e potestà di poche bicocche spettanti ai monaci del Trivio, scese di là in Toscana a terrore dei Guelfi, per tiranneggiare ad un tempo le Repubbliche di Pisa e di Lucca. – In grazia del padre potè il figlio di Uguccione signoreggiare anch’esso nel territorio della Badia Tedalda, finchè ebbe l’appoggio dei governi nemici del Comune di Firenze. – Prova ne fa il trattato di pace concluso nel 1353 tra la Repubblica fiorentina e l’Arcivescovo Visconti di Milano, in cui fra i seguaci di quest’ultimo è compreso Nieri della Faggiola, confermando a lui tutti i castelli, luoghi e possedimenti della casa Faggiolana. Tra le 72 ville e castelli di sua giurisdizione sono notati quasi tutti quelli che fanno parte delle Comunità della Badia Tedalda, di Sestino, di Verghereto, e delle adiacenze di Monte Feltro, di Sarsina, di Castel S. Agata, e di Mercatello nello stato Pontificio. – Quelli spettanti alla Badia Tedalda, divenute parte della Massa Trabaria, come lo fu della Massa Verona, erano: la Rocca di Pratieghi, Montefortino, Stiavola, S. Sofia di Marecchia Montebottolino, Roffelle, Castel S. Angelo ecc. Quest’ultimo probabilmente riferiva al castello della Badia Tedalda che ha per titolare
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    appunto S. Angelo. – I signori di Montedoglio, i Faggiolani, i Tarlati, gli Ubaldini di Apecchio, i conti di Montefeltro, e tanti altri tirannetti furono espulsi per sempre dall’Appennino della Badia Tedalda dopo che la Repubblica fiorentina ebbe conquistato la terra ora città di S. Sepolcro, e quindi una gran parte della Massa Trabaria, dall’Alpe della Luna sino al Sasso di Simone. – In tale occasione la Badia Tedalda fu ammensata a quella dei Cassinensi di Firenze. Fino a qual tempo la tenessero i monaci, e quando fosse nuovamente concessa in commenda e quindi soppressa, non ne potè rintracciare notizie precise, nemmeno il cronista della Badia fiorentina. Nella qual cronaca per altro si trova notato, che ai tempi di Leone X l’aveva in commenda il monaco Certosino Leonardo Bonafede spedalingo di S. Maria Nuova, il quale dopo qualche tempo rinunziò nel 1522 la Badia di S. Angelo della Tedalda, situata nella Massa Trabaja alle radici del Monte Maggiore, già detto Monte della Luna, riserbandosi certa pensione. (Puccinelli Cronaca della Badia fiorentina) – Deve a questo ricco e generoso Certosino l’attuale chiesa della Badia Tedalda i tre basso – rilievi di scultura della Robbia che adornano i suoi altari. Tornato il patrimonio della Tedalda, sotto l’amministrazione dei Cassinensi di Firenze, il loro abate Tommaso da Piacenza spese una cospicua somma per ridurre a coltura quei terreni, parte dei quali furono nuovamente acquistati nel 1525 dall’abate suo successore. – Pochi anni dopo fu accesa una lite nei tribunali di Firenze, trasportata nel 1537 alla Ruota di Roma, per causa dei possessi e giurisdizioni della Badia Tedalda, ritenuti dai conti di Montedoglio, contro i quali fu pronunciato il giudizio. In vigore di ciò, nel 1540 l’abate del monastero di Firenze entrò al possesso di dieci poderi nella comunità della Badia Tedalda dove innalzò
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    una vasta abitazione, detta tuttora il palazzo della Badia.
    Comunità della Badia Tedalda. – Il territorio comunitativo della Badia Tedalda occupa una superficie di 34803 quadrati (circa 43 miglia toscane) di cui 1195 quadrati sono occupati da alvei di fiumi, e torrenti e da alcune poche strade. – Comprende 13 popoli, due dei quali staccati dal territorio unito del Gran Ducato, con una popolazione di 1925 abitanti, corrispondenti a un dipresso a 40 individui per ogni miglio quadrato. – Confina per due lati con lo stato Pontificio, e negli altri con 4 Comunità. – A settentrione – maestro tocca per il tratto di un miglio e mezzo la Comunità di Verghereto, a partire dal poggio dei Tre Vescovi, nome sorto dalla località che fu a contatto di tre Diocesi cioè Sarsina, Montefeltro e Arezzo. – Al Poggio del Castagnolo presso al vertice del poggio che dicesi Poggio della Zucca trova la Comunità della Pieve di S. Stefano, con la quale il territorio della Comunità di Badia Tedalda costeggia lungo la criniera dell’Alpe della Luna nella direzione da maestro a scirocco. Presso al giogo settentrione di quest’Alpe subentra la comunità del Borgo S. Sepolcro con la quale prosegue a percorrere nella stessa criniera sino alla così detta Ripa al Becco. Quivi trova lo stato Pontificio e una sorgente del fiume Metauro, col quale si volge da scirocco a levante lungo la destra ripa, che varca dopo due miglia, a ostro del Monte la Breve, e di Castellucciola, là dove il fiume abbandona il territorio Granducale, e riceve il tributo di altri rivi nello stato Papale, lungo il quale per termini artificiali confina per 4 miglia sino dirimpetto al Castel de’Fabri. Di là si ripiega nella direzione di settentrione passando vicino alle scaturigini del fiume Foglia sulla pendice orientale di Monte
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    Fortino, avendo sempre a contatto la Comunità di Sestino, dove s’interna per qualche tratto con angolo sporgente verso levante innanzi di ripiegare nell’opposto lato verso il Castello della Badia Tedalda sino al torrente Presale, il di cui alveo serve di limite alle due Comunità. Al confluente del Presale con la Marecchia, dopo 5 miglia di contatto col territorio di Sestino, varcato il fiume trova nuovamente lo Stato Pontificio, che dal lato grecale s’interna nel territorio della Badia Tedalda, e ne stacca la porzione più settentrionale consistente in miglia toscane 3 e 1/2 di superficie territoriale in circa: dove risiede il castello di S. Sofia in Marecchia, e il villaggio di Cicognaja sul monte Rotondo, il primo dè quali è situato alla sinistra e l’altro alla destra del fiume soprannominato.
    Da questo lato, volto a greco poscia a settentrione la Comunità della
    Badia Tedalda, cointinua per 5 in 6 miglia toscane a costeggiare lungo termini artificiali lo Stato della Chiesa, finché ritrova al poggio de’Tre Vescovi, la Comunità di Verghereto, non più che tre miglia a ostro delle sogenti del Tevere, e due dalla pieve delle Balze.
    Il suolo della Comunità Tedalda trovasi per ogni parte coperto, contornato e in vari sensi attraversato da monti, dove prendono origine tre fiumi tributari dell’Adriatico, il Metauro cioè, la Foglia e la Marecchia. È perciò di difficile accesso, poco praticabile nell’interno, sempre impedito da aspri, angusti e profondi valloni con poche sassose piagge presso la confluenza dei vari corsi di acqua. La parte più elevata è la giogana che diramasi dal monte delle Balze e da settentrione a scirocco si dirige fra il Tevere e il Metauro per la giogana dell’Alpe della Luna, la di cui
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    sommità più elevata trovasi a 2314 braccia sopra il livello del Mediterraneo, mentre il Poggio della Zucca che è una continuazione della stessa montagna, si trova all’elevatezza di sole 2131 braccia. – Scaturiscono nel dorso di questo stesso Poggio le prime polle della Marecchia; dalla sommità dell’Alpe della Luna, alla Ripa al Becco nascono le prime sorgenti del Metauro, e dal Monte Fortino quelle dell’antico Isauro, oggi il fiume Foglia.
    La natura del terreno consiste per la maggior parte in schisto-marnoso di colore ora giallastro, ora verdognolo: in macigno e in calcareo appenninico a strati inclinatissimi. In alcune località queste rocce sono attraversate da venature di manganese, e di spato. Presso al varco settentrionale dell
    ’Alpe della Luna fra Viamaggio e la Pieve S.Stefano s’incontrano gli ultimi filoni di gabbro serpentinoso penetrati fin là dalla Valle Tiberina che l’attraversano, a partire da Montauto.
    Il clima di questa contrada è rigido e coperto di neve nell’inverno, dominato dai venti che soffiano con impeto da tutte le parti e per tutte le foci, soggetto alle nebbie, e incostante nell’estate, per cui gli abitanti vanno soggetti più che altro a malattie inflammatorie.
    Le produzioni del suolo sono in gran parte spontanee, se si eccettuino le seminagioni di granella, consistenti in orzuola, in segala e poco
    mais. Del resto ad eccezione dei faggi, cerri e carpini i di cui boschi occupano quasi un terzo della superficie territoriale della Comunità, non vi sono altri alberi da frutto, giacchè manca la pianta più utile della montagna col castagno, e i noci, i ciliegi, i meli e le fungaje recano risorsa di poca entità a quei montagnuoli, la cui industria maggiore si riduce alla
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    pastorizia, di bestiame lanuto, bovino e porcino che nutriscono nell’estate nei prati naturali, e nei boschi, dopo aver passato l’inverno nella maremma grossetana, e che vendono e commerciano nei mercati della Pieve S.Stefano e di Sansepolcro, e nello stato limitrofo. – Oltre gli animali salvatici comuni alle altre sezioni dell’Appennino, trovansi costà lupi, e fra i volatili uccelli di rapina che nidificano nelle balze più elevate dell’Alpe della Luna, una delle quali cime si distingue col nome di Poggio dell’Aquila, per quanto questo re dei volatili non vi abbia domicilio.
    Mancano strade rotabili; aspre e assai faticose sono le poche pedonali che attraversano il territorio della Tedalda. La migliore di tutte è quella che presso alla Pieve S.Stefano sale sull’Alpe della Luna rimontando alle sorgenti del torrente Canigiola, e per la foce di Viamaggio porta alla Badia Tedalda e di là a Sestino.
    Non vi hanno luogo mercati settimanali né fiere, ad eccezione di una fiera di bestiame di concorso nel piano della Marecchia al borghetto di
    Ranco, il giorno del santo titolare della Badia (29 settembre).
    Con Motuproprio emanato il 24 luglio 1775 LEOPOLDO I decretò l’organizzazione della Comunità della Badia Tedalda, quando si riunirono in un sol colpo per interesse reciproco i diversi comunelli compresi in quella potesteria. Essi consistevano in 12 popoli, ai quali fu aggiunto dopo l’abolizione dei feudi quello di
    S.Sofia in Marecchia, che da Cosimo III era stato eretto in marchesato sino dal 1615 per i conti Colloredo di Milano.
    Il popolo di
    S.Sofia e quello di Cicognaja, situati nel territorio staccato della Badia Tedalda lungo la Marecchia, per lo spirituale appartennero sino al secolo XVIII avanzato alla Diocesi di Montefeltro, e quello di Monte Fortino, di Stiavola, di Castellacciola, di
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    Monte la Breve dipendevano dalla Diocesi Nullius di Sestino.
    Il Potestà della Badia Tedalda che è di terza classe, dipende nel criminale e per gli atti di governo dal Vicario R. di Sestino, dove risiede pure la cancelleria comunitativa. Il suo ufizio per l’esazione del Registro è in San Sepolcro, quello delle Ipoteche in Arezzo.
    Dal quadro che qui appresso si riporta della popolazione di questa Comunità a tre epoche diverse si rileva un fatto rarissimo nella storia economica del Gran Ducato, dove quasi tutti i paesi hanno aumentato con i mezzi di risorse il numero delle famiglie, e degli individui, mentre nella Comunità della Badia Tedalda è accaduto il contrario. Quale ne sia stata la causa, lascio ai lettori l’indagarla. –
    Vedere SESTINO.

    QUADRO della Popolazione della Comunità della BADIA TEDALDA a tre epoche diverse

    Popolazione dell'anno 1833

    - nome del luogo: BADIA TEDALDA, titolare della chiesa: S. Michele (Prioria, già Abazia), popolazione n° 420
    - nome del luogo: Caprile, titolare della chiesa: S. Bartolommeo (Prioria),
    popolazione n° 196
    - nome del luogo: Castellacciola, titolare della chiesa: SS. Stefano e Lorenzo (Cura),
    popolazione n° 145
    - nome del luogo: Cicognaja, titolare della chiesa: S. Arduino (Cura),
    popolazione n° 110
    - nome del luogo: Fresciano, titolare della chiesa: SS. Pietro e Paolo (Pieve),
    popolazione n° 155
    - nome del luogo: Monte Battolino, titolare della chiesa: S. Tommaso (Cura),
    popolazione n° 64
    - nome del luogo: Montefortino, titolare della chiesa: S. Andrea (Cura),
    popolazione n° 70
    - nome del luogo: Monte la Breve, titolare della chiesa: S. Martino (Cura),
    popolazione n° 128
    - nome del luogo: Pratieghi, titolare della chiesa: S. Maria (Pieve),
    popolazione n° 134
    - nome del luogo: Roffelle, titolare della chiesa: S. Maria (Cura),
    popolazione
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    n° 185
    - nome del luogo: S. Sofia in Marecchia, titolare della chiesa: SS. Maria e Sofia (Cura),
    popolazione n° 121
    - nome del luogo: Stiavola, titolare della chiesa: S. Cristofano (Cura),
    popolazione n° 64
    - nome del luogo: Via Maggio, titolare della chiesa: S. Emilio (Cura),
    popolazione n° 133
    - Totale n° 1925

    Popolazione della Comunità della BADIA TEDALDA

    - nell'anno 1551: n° 3734
    - nell'anno 1745: n° 1908

    BADIA TEDALDA nella Valle della Marecchia – In fine. – Dopo la pubblicazione di quest’Articolo la potesteria della Badia Tedalda fu riunita alla nuova potesteria di Sestino sostituita a quel R. vicariato soppresso, dipendente per gli atti di polizia e pel criminale dal Vicario regio del Borgo San Sepolcro.
    La popolazione della Comunità della Badia-Tedalda nel 1833 ascendeva a 1925 persone, e nel 1845 contava 2074 abitanti cioè:

    BADIA TEDALDA,
    Abitanti N.° 499
    Caprile,
    Abitanti N.° 163
    Castellacela,
    Abitanti N.° 167
    Cicognaja,
    Abitanti N.° 110
    Fresciano,
    Abitanti N.° 162
    Monte Labreve,
    Abitanti N.° 138
    Montebottolino,
    Abitanti N.° 72
    Montefortino,
    Abitanti N.° 94
    Pratieghi,
    Abitanti N.° 157
    Roffelle,
    Abitanti N.° 203
    S. Sofia a Marecchia (
    porzione), Abitanti N.° 125
    Stiavola,
    Abitanti N.° 80
    Viamaggio,
    Abitanti N.° 104
    TOTALE
    Abitanti N.° 2074
Localizzazione
ID: 343
N. scheda: 4430
Volume: 1; 6S
Pagina: 195 - 199; 18
Riferimenti:
Toponimo IGM: Badia Tedalda
Comune: BADIA TEDALDA
Provincia: AR
Quadrante IGM: 108-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1756888, 4844262
WGS 1984: 12.18927, 43.70846
UTM (32N): 756951, 4844437
Denominazione: Badia Tedalda
Popolo: S. Michele a Badia Tedalda
Piviere: S. Leone ai Palazzi
Comunità: Badia Tedalda
Giurisdizione: Badia Tedalda
Diocesi: (Città di Castello) - Sansepolcro
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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