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Prato - Bisenzio - Vescovati della Toscana (Prato)

 

(Prato - Fiume Bisenzio)

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    PRATO nella Valle del Bisenzio. – Città nobile, industriosa e bella, già Terra cospicua, con insigne collegiata sotto il titolo de’SS. Stefano e Lorenzo, fatta cattedrale sotto il vescovo di Pistoja, capoluogo di Comunità e di Giurisdizione nel Compartimento di Firenze.
    Giace sulla riva destra del fiume Bisenzio, in amena, fertile e irrigata pianura, a 110 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo, fra il grado 28°46’ di longitudine e il 43°55’ di latitudine, circa mezzo miglio toscano a libeccio della base del Monte Calvana e due a scirocco del Monte Ferrato , 10 in 11 miglia toscane a maestrale di Firenze, quasi 10 miglia toscane a levante di Pistoja, 4 a settentrione del Poggio a Cajano, e 7 del Castello di Signa nella stessa direzione.
    Se l’origine di questa città fosse quella raccontata dal Malespini e dal Villani, che la dissero fondata da una popolazione vassalla emancipatesi dai conti Guidi, allora quando discese in frotta dal Monte Giavello per stabilirsi in una terra prativa da quel popolo comprata, appellando perciò Prato la nuova sua patria; se tale, io dico, fosse l’origine di questa città, un simile avvenimento potrebbe paragonarsi a quello del popolo romano, allorché, per indurre i senatori a restituire alla plebe l’autorità tribunizia, dissertò dal Monte Aventino, e recossi in massa a piantare i suoi alloggiamenti fuori di Roma sul Monte Sacro.
    Ma il fatto più vero si è, che il Castello di Prato esisteva molto innanzi l’epoca dal Malespini e dal Villani supposta, tostochè esso fino dal principio del secolo XI era qualificato castello di dominio de’conti Alberti di Vernio posto lungi dalla sua pieve di S. Stefano nel borgo di Cornio .
    Infatti del Castello di Prato è fatta menzione in un istrumento del capitolo della cattedrale di Pistoja ora nel R. Arch. Dipl. di Fir. , scritto in Prato presso il castello nel marzo del 1035, mentre
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    la sua pieve ed il Borgo Cornio sono rammentati in un privilegio dell’Imperatore Ottone III spedito da Roma li 26 giugno dell’anno 991 al vescovo di Pistoja, col quale fra le altre cose gli aveva confermato una sua corte nel Borgo Cornio e la pieve sotto il vocabolo del suddetto Borgo segnalata. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Vescovado di Pistoja ).
    Che però fino da quella età la pieve ed abitanti del Borgo Cornio fossero sotto la giurisdizione pistojese, fra i molti documenti atti ad attestare cotesta verità, mi limiterò ad uno solo del 24 novembre 1051, col quale Pietro del fu Roti offrì alla chiesa di S. Stefano e S. Giovanni Battista fabbricata nel Borgo Cornio un pezzo di terra posto in, luogo detto S. Paolo . Il quale atto fu rogato da Pietro notaro vicino alla predetta chiesa plebana che dichiara compresa in judicaria pistoriense . – ( località citata ).
    In quanto poi al castello di Prato ed ai suoi signori, all’ Articolo MANGONA citai un documento del 5 marzo 1092 quando abitavano dentro al loro castel di Prato (cioè, nel palazzo, o cassero) la contessa Lavinia vedova del conte Alberto figlio che fu di un altro Conte Alberto, e la contessa Sofia maritata ad uno de’conti Alberti, il qual istrumento fu rogato esso pure in Prato intus ipso Castello comitatus pistoriensis .
    Contuttociò vi fu, e vi è chi opina non essere stati i Pratesi vassalli né de’conti Guidi né dei conti Alberti né di altro qualsiasi barone imperiale, facendosi forti alcuni di essi della risposta che suppongono data dai magistrati pratesi al vicario dell’Imperaore Ridolfo, allorchè nel 1286 richiese loro il giuramento di fedeltà all’Imperatore prenominato, cui risposero: che il loro Comune non era della condizione degli altri Comuni di Toscana, perché fu compero il luogo, come
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    si compera un cavallo e un campo
    . – (ARCH. COMUN. DI PRATO, Diario n.°299).
    Ma chi annunziava tutto ciò era uno scrittore anonimo vissuto a dir poco sulla fine ( ERRATA : del secolo XIII) del secolo XVI, e senza alcun appoggio di documenti sincroni per potergli prestar fede.
    Merita bensì fede un placito della contessa Matilda, dato nel giugno dell’anno 1107, nel tempo che stava all’assedio di Prato; documento importantissimo come quello che ci scuopre la Terra di Prato sino d’allora in stato di assedio e conseguentemente difesa da fossi e forse anche da mura. Resta peraltro il dubbio se i Pratesi in quell’anno erano in stato ostile contro la gran contessa ed il vescovo di Pistoja che trovossi a quell’assedio, piuttosto che contro i Fiorentini. I quali ultimi al dire dei nostri antichi scrittori, per ribellione dei Pratesi fecero oste in quell’anno stesso contro il loro castello, che per assedio vinsono e disfeciono. – (RICORD. MALESPINI, Stor. Fior. cap. II. – G. VILLANI, Cronic. Lib. IV. Cap. 26).
    Cotesta mia dubbiezza acquista maggior peso tostochè uno voglia riflettere che le controversie per giurisdizione ecclesiastica fra i Pistojesi e Pratesi sono assai antiche, mentre rispetto alla giurisdizione civile i Pratesi al pari de’Fiorentini sostennero quasi sempre la parte Guelfa.
    Comunque fosse di tutto ciò, certo è che l’avvenimento qui sopra indicato coincide con i primi fatti marziali del popolo fiorentino ( Vedere MONT’ORLANDO); per quanto il biografo della gran contessa opinasse col Villani e col Malespini, che il Comune di Firenze in quel tempo fosse in arme per la ribellione dei Pratesi ; comunque fosse, giova a dimostrare, che il Borgo di Prato allora non doveva essere di tanto picciolo sito e podere come ce lo fanno comparire li storici di sopra rammentati; e ciò tanto più in quanto che i Pratesi 47 anni dopo (nel 1154) furono in
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    grado di tornare in campo per far guerra contro i Pistojesi a cagione del castello che pretendevano di Carmignano.
    Ma in quel tempo medesimo Prato per quanto fosse fornito di un castello, o antico palazzo torrito de’conti Alberti (quello forse convertito nell’attual Casone ereditato dai Conti Bardi) era sempre un paese difeso più dal coraggio degli abitanti che dalla sua posizione e dalle sue mura, non che dalle gore e dal fiume Bisenzio. A prova di cotesto vero si prestano molti istrumenti dei secoli XI e XII rogati nel Borgo di Prato nel quartiere di Capo di Ponte , corrispondente alla contrada della Porta fiorentina attuale. Di più cotesto paese nell’anno 1156 doveva essere già costriuito in Comune, siccome lo fa con cepire un documneto del luglio di dettoi anno, nel quale è rammentato lo stajo a misura pratese , donde si rileva che Prato aveva misure sue prorpie. La qual cosa è confermata da altra carta del 2 marzo 1181, appartenute entrambe al Monastero di S. Bartolommeodi Pistoja. – ( località citata ).
    Inoltre che quei terrazzani facessero guerre e paci per conto loro, mi sembra dimostrato non solo dalle azioni guerresche del 1107 e del 1154, che gli istorici più antichi raccontarono, ma ancora da una dichiarazione che leggesi in un istrumento del 24 febbrajo 1191, in cui si tratta del fitto perpetuo di due pezzi di terra posti in Agliana per l’annuo censo di sei staja di grano a stajo pratese da pagarsi nel mese di agosto, eccetto, dice il documento, in quegli anni che vi fosse la guerra tra Prato e Pistoja e che dette terre restassero invase e davastate . – ( località citata , Carte di S. Bartolommeo di Pistoja .)
    Frattanto a cotesta ultima età gli affari economici de’Pratesi dovevano prosperare, tostochè, accresciuto il
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    paese di borghi, di chiese e di abitanti, quel Comune provvide per circondare con un più vasto cerchio di mura e fortificare con torri le nuove porte della Terra di Prato. Al qual effetto fu deliberata una provvisione straordinaria per l’imposizione delle mura e delle porte del Comune di Prato . Appellano a cotesta provvisione diversi documenti dell’11 dicembre 1192; 1 dicembre 1193; del mese di settembre 1194, degli 8 aprile 1194 e 8 aprile 1196 tutti esistenti fra le pergamene del Monastero di S. Bartolommeo di Pistoja testè citato.
    Né sembra che da tale imposizione andasse esente il clero della chiesa maggiore di Prato, stantechè il Proposto col consenso del capitolo prese a mutuo lire 22 d’oro per pagare l’imposizione al Comune di Prato. – ( località citata Carte della Propositura ).
    Pochi anni corsero dacché le porte e le mura ( ERRATA : del cerchio attuale) del cerchio allora esistente di Prato restarono compite, mentre fra le membrane della provenienza più volte citata avvenne una del 30 aprile 1218 scritta in Prato fuori della Porta Faja . Ed a prova del fatto medesimo concorrono due altri istrumenti, il primo dei quali del 26 marzo 1224 rogato in Prato fuori di Porta Fuja , ed il secondo che segna la data del 9 settembre 1232, fatto fuori di Prato nella piazza di S. Maria nel greto di Bisenzio , mentre innanzi la costruzione del cerchio attuale un’atto pubblico dell’ottobre 1195 cita il Serraglio fuori di Prato . – ( località citata ).
    Finalmente si parla di una casa posta dentro i muri vecchi di Prato in una carta degli 11 aprile 1329. – ( località citata, Carte degli Ospedali di Prato ).
    Non meno importante per la storia civile di questo paese ci sembra una sentenza del 20 ottobre 1212 pronunziata in Prato dal giudice delle
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    cause residente nella curia di S. Donato, come delegato dai Consoli pratesi
    , con la quale sentenza si ordinava ad un tale Jacopo di Gherardino di restituire ai monaci di S. Bartolommeo di Pistoja, come patroni della chiesa di S. Maria a Capezzana, un pezzo di terra stato da lui a quella chiesa occupato.
    Infatti il Comune di Prato fino dal cadere del secolo XII governavasi dai Consoli, cui erano uniti i consiglieri, i militi, i mercanti e rettori delle arti. Dopo però l’anno 1250 i Pratesi ad imitazione dei Lucchesi riformando il loro governo civile sostituirono ai Consoli gli Anziani con un numero di consiglieri.
    A prova di tuttociò giova un atto del 21 dicembre 1246, col quale Ranieri Squarcialupi, col consenso de’Consoli, de’militi, dei mercadanti e rettori delle arti di Prato incaricati di pagare a Federigo di Antiochia figliuolo dell’Imperatore Federigo II e vicario generale in Toscana, certa somma di danaro, confessò di aver preso a mutuo soldi 40 ( ivi ).
    Che poi in cotesto tempo i Pratesi si governassero da un vicario imperiale lo dichiara un atto pubblico fatto in Prato li 21 dicembre del 1241 col quale il vicario imperiale di Prato per Messer Pandolfo da Fasianella capitano generale in Toscana per l’Imperatore Federigo II assolvè i monaci e badia di Vajano da un dazio di lire 40 impostogli dal Comune di Prato, contro un capitolo dello statuto pratese che incomincia “ Monasterium de Vajano et suas possessiones, etc. – ( località citata, Carte della Badia di S. Bartolommeo a Ripoli ).
    Sulla fine di quel secolo stesso nella riforma del 1289, se non prima, fu dai Pratesi adottato il regime popolare, introdotto in Firenze da Giano della Bella, retto dal gonfaloniere di giustizia e dai priori delle arti, che i Pratesi appellarono gli Otto difensori del popolo, uno per ogni quartiere, mentre sino d’allora la Terra di Prato era e si mantenne per molto tempo ripartita
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    in otto delle sue Porte . – Vedere appresso Cerchio antico di Prato ).
    Rammenterò inoltre un istrumento del 10 gennajo 1253, col quale gli Anziani vecchi e nuovi , il consiglio dei 24, e quello dei 40 del popolo di Prato, i rettori di tutte le arti ed i consiglieri de’mercandanti, deliberarono che dovesse assolversi un tale Giovanni del fu Ranuccino da una condanna pronunziata contro lui da Ranieri Liaza di Bologna stato potestà di Prato, dichiarando quel giudizio contrario alo statuto pratese ed al diritto delle genti. – ( località citata, carte degli Spedali di Prato ).
    Frattanto uno storico quasi contemporaneo scriveva che l’Imperatore Federigo II intorno all’anno 1220 fece edificare nella Terra di Prato un castello, chiamato perciò il castello dell’Imperatore – (RICORDANO MALESPINI, Istor. Fior . Cap. 112).
    Ma con buona pace di Ricordano in Prato esisteva molto tempo innanzi il castello, ossia il Palazzo dell’Imperatore. In riprova del qual vero mi si presentano due carte pratesi, che una della Propositura scritta nel 1191, e l’altra degli Spedali di Prato del maggio 1193, in entrambe le quali è ricordato il palazzo dell’Imperatore in Prato . – ( località citata ).
    Infatti da Prato passava nel 19 febbrajo 1191 l’Imperatore Arrigo VI quando di costà spedì un privilegio in favore del monastero di Passignano, e nel primo gennajo 1213 vi si trovava l’Imperatore Ottone IV che segnò un Diploma, col quale prendeva sotto la sua protezione la nobile famiglia pisana Ventilio signora del Castel di Tonda in Val d’Evola. – ( località citata, Carte della Badia di Ripoli e della Comunità di San Miniato. )
    Intanto, scriveva l’Ammirato il giovane, conoscendo i Pratesi quanto importasse alla lor quiete lo star bene coi Fiorentini, nel 1212 fecero promettere dai loro consoli ai reggitori del Comune di Firenze, che le persone e le mercanzie de’Fiorentini per
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    qualsivoglia causa non sarebbero ritenute nel castello e neppure nel distretto di Prato. – (AMMIR. Stori. Fior. Lib.I ).
    Appella poi a diverse ville del distretto occidentale del Comune di Prato un accordo fatto lì 28 aprile del 1281 tra l’abate e i monaci di S. Bartolommeo di Pistoja, da una parte, e Ranuccio del fu Enrico de’Rinaldeschi da Prato dall’altra, rispetto alla permuta di tutte le terre, case e fitti che il monastero predetto teneva nel distretto pratese, cioè, nelle ville di Narnali , di Ajolo (Jolo) e di Casale , terre, case e fitti da cedersi al detto Ranuccio a condizione che egli dentro due mesi acquistasse altrettante possessioni e fitti di un valore eguale alle cedute; cioè le terre a ragione di lire 10, e soldi 10 per ogni stioro di terra, e di lire tre per ogni stioro di fitto. – All’Articolo poi PARMIGNO fu indicato un documento dell’anno 1276 in cui sono rammenate molte ville spettanti al distretto pratese, oltre un atto del 24 marzo 1284 degli Spedali di Prato. – ( località citata ).
    Nel 1284, allorché nella Terra di Prato esercitava l’ufizio di capitano del popolo messer Fresco de’Frescobaldi di Firenze ( ERRATA : fu edificato) fu ampliato il palazzo pretorio già detto Palazzo del popolo, siccome ne avvisa una lapida ivi murata, ed un istrumento del 23 dicembre 1289 scritto nel palazzo del popolo di Prato . – ( località citata ). – Vedere MAMMEO (S.) o S. MOMMÈ DI SIGNA.
    Ad un più antico capitano del Comune di Prato corrisponde un certificato del marzo 1247, nel quale si asserisce che il capitano di Prato era stato esentato dal pagare le gravezze correnti imposte dal Comune predetto stante che egli godeva della protezione imperiale. Anche un decreto di Federigo di Antiochia dato presso Toscanella lì 21 febbrajo 1247
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    dichiara il Proposto ed i canonici di Prato sotto la protezione di quel vicario imperiale, graziando la loro supplica, affinché non venissero costretti a pagare le collette imposte dal loro Comune. – ( ivi ).
    Infatti la colletta imposta nell’anno 1247 al clero pratese nel tempo che era rettore e potestà di Prato messer Berlinghiero di Staggia, ascendeva a lire 300. – ( ivi ).
    A cotest’epoca, cioè verso la metà del secolo XIII, il magistrato comunitativo di Prato con il consiglio generale teneva le sue adunanze nella chiesa di S. Maria in Castello , per cui fu ordinata e fusa nel 1254 la campana, che poi venne appesa nella torre in prospetto al Castello dell’Imperatore ; mentre il Potestà abitava nella piazza de’Guazzalotti presso S. Donato al Cantone , dove fu per qualche tempo la Corte. – ( Diarii dell’Arch. Comunit. Di Prato ).
    A schiarimento di quanto opinarono alcuni autori rispetto al dominio imperiale sopra la Terra e distretto di Prato gioverà, io penso, una pergamena inedita del 5 gennajo 1283, nella quale si legge: che nella rocca imperiale di San Miniato si presentò a Rodolfo vicario generale in Toscana per conto dell’Imperatore Rodolfo un procuratore dell’abate e monastero di … (forse del monastero di S. Salvatore a Settimo) per rispondere ad una citazione mandatagli, la quale intimava l’abate di quel monastero a restituire i beni da esso occupati e che appartenevano all’Impero; cui il sindaco anzidetto rispose: essere falso un tale addebito, mentre i beni e diritti nella citazione rammentati erano posseduti dal suo monastero per giuste cause, e che provenivano da donazioni fatte dal fu conte Alberto figlio di altro Conte Alberto che li concedè in perpetuo a quel cenobio; per effetto della qual concessione, soggiunse il sindaco, pagava annualmente il suo monastero al popolo di Ugnano un canone di 16 staja d’orzo. – ( ivi ).
    Era appena corso un secolo
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    dalla deliberazione del cerchio attuale della Terra di Prato che quei governanti deliberarono di far lastricare a spese degli abitanti le vie interne, siccome apparisce da un appello fatto nel 2 settembre 1292 da un tal Galesio, il quale si reputò gravato dal Comune di Prato rispetto all’obbligo di far lastricare una di quelle strade. – ( ivi ).
    Frattanto i partiti, imperiale e liberale, avendo trovato in Pistoja e in Firenze nuovo fomite sotto il nome di Bianchi e di Neri , misero in apprensione i governanti fiorentini; sicchè per timore che in Prato non accadesse lo stesso, la Signoria poté indurre i reggitori di questa Terra a far consegnare, siccome fu fedelmente eseguito sotto dì 23 luglio 1301, ad un capitano guelfo fiorentino il Castello dell’Imperatore .
    Ma siamo giunti ad una età in cui Prato vanta per suo conterrazzaneo un uomo di vasta e profonda dottrina, che si rese celebre soprattutto in politica, voglio dire del Cardinal Niccolò da Prato già frate Domenicano, che Papa Benedetto XI nel 1304 inviò Legato apostolico a Firenze per pacificare fra loro i due opposti partiti.
    Costui, dice Machiavello, sendo uomo per grado, dottrina e costumi in gran reputazione, acquistò subito tanta fede, che si fece dare autorità di potere uno stato a suo modo fermare. E perché era di partito ghibellino, aveva in animo ripatriare i fuorusciti; e nel tentare varie vie, non solamente non gliene successe alcuna, ma venne in modo a sospetto a quelli che reggevano, che fu costretto a partirsi, e pieno di sdegno lasciò Firenze e Prato in mezzo alla confusione e all’interdetto. Avvegnachè rispetto ai Pratesi, i capi di parte guelfa veggendo che egli favoriva i Ghibellini per rimetterli in patria, la Signoria intesasi coi Guazzalotti, possente casa in Prato, ed allora molto guelfa, fece levar romore nella Terra: onde il Cardinale veggendo i suoi compatrioti mal disposti, se ne partì scomunicandoli. –
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    (MACHIAVELLI, Storie Fior. G. VILLANI Cronica Lib. VIII Cap. 69).
    Ciò nonostante non erano appena corsi 5 anni che ai primi di aprile del 1309 i Ghibellini di Prato cacciarono fuori i Guelfi, comecchè il giorno dopo da questi ultimi coll’ajuto de’Pistoiesi e de’Fiorentini fosse ricuperata al Terra cacciandone i Ghibellini. – (GIO. VILLANI, Cronica Lib. VIII Cap. 106).
    In benemerenza di ciò i Pratesi nel 1312 prestaronsi con impegno inviando 400 soldati a piedi e 50 a cavallo a Firenze, minacciata in quell’anno da Arrigo di Lussemburgo, che costà avviossi con le sue armate per punire i Fiorentini suoi ribelli. Più tardi i Pratesi altri soccrosi fornirono in pedoni e cavalieri alla grande armata della lega guelfa toscana, quando nel 1315 si raccoglieva in Val di Nievole per battagliare l’esercito di Uguccione della Faggiuola.
    A cotest’epoca i Pratesi seguitando a far parte della lega guelfa si posero con i Fiorentini, Pistojesi ed altri popoli della Toscana sotto la protezione del re Roberto di Napoli capo e difensore de’Guelfi in Italia, da primo per cinque anni che poi di tempo in tempo sotto lo stesso sovrano si raffermarono. E di certo, soggiunge il Villani, ciò fu lo scampo di questi paesi che senza il mezzo potente di quel re, guasti e stracciati ad ogni ora si sarebbero tra loro, e cacciata l’una parte dall’altra. – (G. VILLANI, Cronic. Lib. IX Cap. 59).
    Però la prima proposizione fatta lì 28 settembre del 1313 nel consiglio generale, di sottomettere la Terra e distretto di Prato al re Roberto, fu rigettata con 129 voti contro 54; ma nell’adunanza del 6 novembre successivo la proposta medesima fu accettata dal consiglio con 119 voti favorevoli e 13 contrarj, previe alcune condizioni che poi non furono religiosamente rispettate.
    Uno dei primi vicarii regii destinati al governo di Prato in nome del re Roberto fu messer Gregorio Guidacci di
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    Napoli, che comparisce in un atto del 20 marzo 1314; dal qual documento rilevasi che la sua residenza era contigua, ( ERRATA : se non fu lo stesso palazzo) che pur fu lo stesso palazzo del popolo, dove risiede tuttora il regio Vicario. Al Guidacci alla fine di quello stesso mese sottentrò in vicario regio un tal Matteo dell’Aquila.
    Giunti all’anno 1326 il Gonfaloniere e gli Otto difensori della Terra di Prato dettero liberamente il governo della loro patria a Carlo duca di Calabria figlio del re Roberto. Il qual duca, già riconosciuto dai fiorentini in loro signore, nell’ottobre di detto anno fece cavalcare a Prato quasi tutta sua gente, che era molta e ben armata con quella degli alleati guelfi, Sanesi, Perugini, Bolognesi, Orvietani e moltissimi altri della lega pe recarsi, parte nella Lunigiana e parte al Montale, con l’intenzione di battere le genti di Castruccio. Ma cotesta impresa tornò vana, con vergogna di quel duca e di tutta la lega. – Vedere LUCCA. – (GIO. VILLANI, Cronica Lib.X. Cap. 1 e 2).
    Quindi, nel novembre del 1328 essendo morto in Napoli il predetto Carlo figlio ed erede al trono del re Roberto, i Pratesi continuarono ad ubbidire come per lo passato al vicario regio, ( ERRATA : dopo averli retto) dopo averli retti per qualche anno un loro potestà. – (Diurni della Com. di Prato dal 1320 al 1328 . )
    Infatti fra le pergamene di quella Propositura trovasi una protesta del 13 febbrajo 1329 fatta dal pievano di Massa Piscatoria in Val di Nievole davanti a Bucco vicario regio di Prato, ed una procura del 3 novembre 1333 del capitano del popolo di Prato per trattare tutte le cause che il suddetto capitano potesse avere col vicario regio della Terra di Prato o con altri.
    In questo frattempo peraltro non solo il Comune di Prato venne compreso
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    nel trattato del 12 agosto 1329 stabilito tra la lega guelfa toscana ed i Pisani, ma i Pratesi furono dai Fiorentini assistiti con prontezza incredibile allora quando Castruccio degli Antelminelli, al primo di luglio del 1323, cavalcò con le sue genti in sul contado loro, perché, disse il Villani, quel popolo non gli voleva dare tributo come glielo avevano dato i Pistoiesi, onde egli accampatosi intorno alla villa d’Ajolo (Jolo) ( ERRATA : appena due miglia) circa tre miglia toscane a ponente di Prato, mostrava di volere questa Terra in ogni modo occupare. – (G. VILLANI, Cronic. cit .)
    Ma di cotesta ostilità discorrono più a lungo i diurni della Comunità di Prato, sia allorché con provvisione del 25 giugno fu deliberato nell’anno 1322 il cerchio attuale delle mura di Prato circondato e difeso da fossi nuovi mediante l’acqua delle gore, sia allorché il magistrato comunitativo nel 20 ottobre del 1322 stanziò alcuni ordini sopra le guardie notturne alle porte e ai borghi nuovi e vecchi; come ancora allorché nel 20 luglio del 1323 fu presa la deliberazione di fortificare le pievi di Ajolo e di S. Ippolito in Piazzanese, e mettervi guardie opportune per difendere gli uomini e le robe delle ville d’Ajolo, Galciana, Tobbiana, Casale, Vergajo, Capezzana ed altre del distretto pratese, le quali erano state abbandonate da’loro lavoratori a cagione delle scorrerie fatte dalle genti di Castruccio; ed affinché gli abitatori di quelle ville vi tornassero, con deliberazione del 16 agosto dello stesso anno furono esentati dalle gabelle e dazj comunitativi per un’anno, e quelli di Ajolo per tre anni. Contuttociò i fuorusciti del Comune nell’aprile del 1325 essendosi fortificati nella pieve di S. Giusto a Piazzanese con deliberazione del 26 di quel mese il magistrato comanitativo proibì a chiunque di Prato di accostarsi a detta pieve, e molto meno di portarvi vettovaglie ed armi; quindi nel 6 giugno successivo il consiglio generale autorizzò il gonfaloniere e gli
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    Otto difensori del popolo di assoldare quanti più uomini a piedi ed a cavallo avessero creduto opportuni alla difesa e guardia di Prato.
    Nell’estate di quello stesso anno 1325 Castruccio, ch’era stato accolto dai Pistojesi in loro signore, cavalcò verso il distretto di Prato dalla parte di Val di Bisenzio, dove con le sue genti devastando, incendiò e fece prigioni molti uomini delle ville di Schignano e di Vajano, sicchè nel dì 11 settembre del 1325 il consiglio generale del Comune di Prato provvide che per tre anni le dette ville e persone fossero esenti da ogni dazio, cui erano tenuti gli altri uomini e ville del distretto pratese. – ( Diurni di detto anno pag. 341. )
    Finalmente dopo la vittoria nel 25 settembre 1325 da Castruccio riportata all’Altopascio, i vincitori ritornando nell’ottobre verso Prato devastarono una parte del suo distretto, tal chè molte di quelle genti essendosi ritirate nel capoluogo, lì 3 dicembre del 1325 esposero a quel magistrato la necessità di aprire delle strade dentro il cerchio nuovo di Prato, e accordare terreno, necessario a chi avesse voluto lungo esse fabbricare case, tostochè le abitazioni di campagna erano state loro distrutte dalle genti di Castruccio. ( ivi pag. 349.)
    Durante la signoria del duca d’Atene in Firenze sembra che i Pratesi continuassero ad essere retti da un vicario del re Roberto col titolo di Conservatore della giurisdizione. Avvegnachè lo storico fiorentino di sopra citato al capitolo 2 del Libro XII della sua Cronica racconta: che nel giorno di S. Jacopo di luglio, negli anni 1342, essendo molti Pratesi iti alla festa a Pistoja, Rodolfo di messer Tegghia de’Pugliesi venne per entrare in Prato, che n’era ribelle, con forza degli Ubaldini e del conte Niccolò Alberti da Cerbaja e con certi suoi fedeli, nemici de’Guazzalotti, oltre un numero di contadini fiorentini sbanditi, in quantità di 40 a cavallo,
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    e di circa 300 fanti, perocchè gli doveva essere data l’entrata della Terra. Ma per sua diavventura non gli venne fatto, sicché egli fu preso con 20 fiorentini sbanditi andandosene per Mugello agli Ubaldini, e menatone in Firenze insieme con gli altri, il duca d’Atene lasciò i nostri sbanditi, sopra i quali avea la giurisdizione, e al detto Rodolfo, che non gli era suddito, né sbandito del Comune di Firenze, a torto fece tagliare la testa; e dissesi che n’ebbe moneta da’Guazzalotti di Prato ecc.
    Questo fatto ci richiama per sventura alla memoria lo spirito di parte dal quale sotto il manto di Guelfi o di Ghibellini in quella età le famiglie principali e magnatizie di un paese si facevano atroce guerra; al che gioverà aggiungere qualmente in venti giorni, sotto il gonfalonierato di messer Bettino Guardini da Prato, fra l’11 ed il 28 febbrajo dell’anno 1822, furono ribanditi e rimessi in Prato 811 fuorusciti.
    Arroge a ciò una sentenze del 1 aprile 1343, stata pronunziata dall’ufiziale sopra i beni dei ribelli, in cui è rammentato un giudizio precedente dato dal Conservatore dei diritti della regia maestà di Napoli sopra Prato, col quale si riconobbero giusti i titoli di donna Valvina vedova di Tegghia Pugliesi di Prato a possedere alcuni beni da essa lei con la sua dote acquistati, non dovendo la donna venire molestata dal magistrato di quel Comune per qualsiasi delitto politico di Rodolfo Pugliesi suo figliuolo.
    E qui cade il destro di far conoscere il testamento di Rodolfo di Tegghia Pugliesi, il quale chiamò erede universale dei suoi beni l’ospedale di S. Maria della Scala di Siena; per cui quei frati adunati capitolarmente nel dì 8 novembre dell’anno 1348 accettarono l’eredità di detto Pugliesi nel tempo che rilasciarono mandato di procura al rettore dello spedale della misericordia di Prato, affinché a nome di quello della Scala di Siena egli prendesse possesso dei beni
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    lasciati dal prenominato Rodolfo Pugliesi . – ( località citata Carte degli Spedali di Prato. )
    Nello stesso anno 1348 essendo stata riconosciuta dai baroni di Napoli in loro regina Giovanna figlia di Carlo duca di Calabria, anche i Pratesi prestarono omaggio ai ministri di quella principessa, cui si mantennero fedeli fino al 1350. Avvegnachè nel 1350 i Fiorentini per opera del gran Siniscalco Niccolò Acciajoli con trattato del febbrajo di detto anno ottennero dalla regina di Napoli a del re Luigi di lei consorte la Terra e distretto di Prato con lo sborso di 17500 fiorini d’oro; la qual somma fornì al Comune in imprestito senza frutto Francesco di Cino Rinuccini di Firenze. – ( Ricordi Storici di Filippo Rinuccini pag. 112. ) ,
    A dare pertanto esecuzione al contratto suddetto la Signoria di Firenze mandò a Prato Giovanni di Alamanno de’Medici e Paolo degli Altoviti per prenderne solenne possesso, e così manifestare ai Pratesi che la loro Terra e contado d’allora in poi restavano incorporati al contado della repubblica fiorentina. Infatti da quel tempo in poi la Signoria di Firenze incominciò a mandarvi i suoi ufficiali, recando le cause superiori criminali e le altre faccende politiche più gravi davanti alla corte del potestà a Firenze.
    Contuttociò il governo fiorentino per assicurarsi meglio di cotesta Terra appena acquistata in compra nel 1350 ordinò si costruisse accosto al castello dell’Imperatore una via coperta, la quale mediante due ali di muro per parte con una volta ad uso di corridojo univa, ed unisce tuttora, il castello predetto alle mura castellane non molto lungi dalla Porta Fiorentina. Allora fu che si accrebbero le fortificazioni con una porta di sicurezza riducendo la testa di quel corridore a modo di castello, corrispondente alla Rocca nuova più volte dai documenti del tempo rammentata (MATT. VILLANI , Cronic. Lib.
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    III
    Cap. 96).
    Trovo infatti che nel dì 11 gennajo del 1351 ( stile comune ) entrò castellano nel castello detto dell’Imperatore in Prato Francesco di Tano Guasconi di Firenze, che poi consegnò al nuovo castellano Carlo del fu Braccino di Figline con atto del 16 agosto 1351, e questi diede la consegna a Salvino del fu Simone Beccanugi di Firenze eletto in di lui successore. Quindi sotto dì 27 novembre 1351 Gregorio di Ranieri Rinuccini del popolo di S. Jacopo d’Oltrarno castellano della Rocca nuova di Prato la consegnò al suo successore Tommasino del fu Geppe d’Empoli; al quale ultimo nel 7 luglio del 1352 sottentrò nella stessa Rocca nuova per castellano Francesco Arrigucci di Firenze.
    Finalmente di entrambe le rocche, vecchia e nuova, incontrasi menzione in un accesso del 29 luglio 1358 fatto alla Rocca nuova di Prato da Giovanni di Ser Tano Guasconi suo castellano, mentre nel primo ottobre dello stesso anno prese la consegna della Rocca vecchia di Prato il castellano Amerigo del fu Giovanni Strozzi di Firenze.
    Lascerò per brevità altri accessi di castellani alle due rocche, nuova e vecchia di Prato, fatti nell’anno 1354, 10 maggio; nel 1360, sotto dì 29 luglio e 12 marzo; nel 6 aprile e 6 ottobre del 1358; nel 2 marzo e 14 ottobre del 1362; nel 15 marzo, 14 settembre e 20 novembre del 1362; nel 14 marzo, 26 aprile e 12 novembre del 1363; nel 10 maggio e 20 ottobre del 1364; nel 17 marzo del 1365; nei 21 e 24 aprile del 1368; sotto il 24 ottobre del 1371, e nel 30 aprile del 1380, oltre molti altri documenti atti a dimostrare che in Prato sino dal 1351 esistevano due rocche e due castellani diversi inviati costà ogni semestre dalla Signoria di Firenze . – ( loc. cit. Carte dell’Arch. gen. )
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    Fra le dimostrazioni di parzialità usate del Comune di Firenze a favore dei Pratesi, oltre quella del 29 gennajo 1384, quando i Fiorentini incaricarono gli otto difensori ed il Gonfaloniere di giustizia del Comune di Prato di eleggere a piacere un contestabile con venti paghe per recarsi alla custodia della loro rocca d’Arezzo, oltre le esenzioni ed immunità concesse agli abitanti dopo avere acquistata dalla regina di Napoli la Terra e distretto di Prato; oltre che uno dei più benefici mercanti, il Datini fondatore del Ceppo de’poveri, ripeter dové le sue ricchezze dall’industria commerciale associandosi ai Fiorentini; è noto che Signori di questa repubblica nel 30 agosto del 1409 incaricarono un loro delegato, Marcello Strozzi, perché facesse istanza al Pontefice Alessandro V, acciò volesse erigere in città vescovili ed in cattedrali le chiese collegiate di Prato e di Sanminiato accompagnando all’istanza una nota dei luoghi da assegnarsi alla diocesi pratese. – Alessandro V annuì alle preci dei Fiorentini, in guisa che da Pisa, dove allora il Pontefice stanziava, si recò a Prato e costà si vuole che dettasse il breve d’erezione di questo vescovado. Ma il breve rimase senza effetto, o fosse per la morte di quel papa accaduta poco appresso in Bologna, oppure per effetto delle vicende calamitose de’tempi che succedettero, senza dire degli ostacoli che vi dovettero opporre i vescovi di Pistoja. – Vedere DIOCESI DI PRATO.
    Peraltro l’allegrezza dell’acquisto fatto dai Fiorentini di questa Terra, venne amareggiata dall’annunzio che Bologna fosse caduta in potere dell’arcivescovo di Milano Givanni Visconti e si accrebbe l’allarme quando si sentì l’oste medesima avere attraversato l’Appennino di Pistoja, e di là essersi inoltrata nella pianura prossima a Firenze tra Campi, Brozzi e Peretola.
    Oltredichè rispetto a Prato aumentava inquietudine la famiglia dei Guazzalotti assai potente in essa Terra sua patria, della quale era capo uno che fu Guelfo, Jacopo figliuolo di Zarino e ultimamente potestà in Ferrara, poscia fattosi Ghibellino. Era quell’Jacopo di Zarino
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    che nel 25 agosto del 1349, deputato in arbitro dalle parti, pronunziò in Prato un lodo, mercé del quale furono aggiustati gl’interessi fra Michele di Datuccio mallevadore di Giovanni di Chiarentino de’Chiarenti di Pistoja debitore principale da una parte, e Giancarlo di Zarino di Vanni de’Lazzeri con Bartolo suo fratello pistojesi creditori dall’altra parte. – (ARCH. DIPL. FIOR . Opera di S. Jacopo di Pistoja ) .
    Ma cotesto Jacopo Guazzalotti appena tornato da Ferrara a Firenze essendo stato per alcuni dubbj dalla signoria confinato a Montepulciano, né potendo egli soffrire cotanta ingiuria, ruppe il confine, e accordatosi coll’Oleggio signore di Bologna, nel febbrajo del 1353 ( stile comune ) calò per Val di Bisenzio al Borgo di Vajano, dove egli teneva case, terre e fedeli, e di costà con molti amici e fuorusciti si preparava di rientrare armata mano in patria. Allora fu che i Dieci di balìa di guerra inviarono a Prato gente d’armi per assicurare la Terra; quindi scoperti alcuni colpevoli di tradigione, ne fece condannare nove a perdere il capo, sei dei quali appartenevano all’antica famiglia dei Guazzalotti, mentre ad Jacopo fuoruscito furono rovinate le case, confiscati i beni e postogli taglia di 2000 fiorini d’oro . – (MATT. VILLANI Cronica, Lib. II, Cap. 62.)
    In grazia però della pace di Sarzana fatta lì 31 marzo 1353, Jacopo Guazzalotti con i suoi consorti essendo stato compreso in quel trattato, come uno degli aderenti dell’arcivescovo Visconti, poté insieme ai suoi colleghi rimpatriare e riavere le sue sostanze.
    Fra le membrane appartenute alla Comunità di Prato riguardanti la storia politica ed economica della contrada merita, io ( ERRATA : mi suppongo) mi do a credere, di essere rammentata una del 23 giugno 1193, dalla quale si rileva, che il vescovo di Worms Legato dell’Imperatore Arrigo VI venendo a Prato ordinò che si atterrassero le case e si
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    distruggessero i possessi dei Paterini e Paterine che ivi dimoravano, con bando che proibiva a chiunque di detta Terra e suo distretto di dare a quegli eretici consiglio o ajuto di sorta, e nel caso d’inobbedienza li condannava in lire cento pisane .
    Lo stesso Legato imperiale inoltre ingiungeva ordine agli uffiziali del Comune di Prato di non recare impedimento qualora egli comandasse di prendere alcuno de’ Paterini sotto pena in caso di contravvenzione di mille marche d’argento Ordinava infine al magistrato pratese sotto la penale stessa, di non offendere in cosa alcuna il Proposto della collegiata di S. Stefano di Prato, il quale era anche cappellano dell’Imperatore, egualmente che i Proposti che a lui succederebbero e loro capitolo.
    Un’altra carta del dì 8 settembre 1337 tratta di un bando mandato da Acciajolo Acciajoli vicario pel re Roberto di Napoli riguardante la libertà accordata in quell’anno nella festa del S. Cingolo ai carcerati per affari civili del Comune di Prato.
    In un terzo istrumento del 21 luglio 1400 si contengono diversi capitoli di provvisioni della Signoria del Comune di Firenze riguardanti l’elezione degli Otto difensori del popolo di Prato e loro ingerenze. Ai quali atti aggiungasi altra deliberazione del dì 20 maggio 1469, mercé cui la stessa Signoria di Firenze diede facoltà agli Otto difensori del popolo e Comune di Prato di continuare la nuova riforma degli statuti relativamente ai doveri dei suoi ufficiali, i più antichi de’quali dovevano risalire al secolo XII, comecchè non si trovino rammentati statuti pratesi innanzi il 1208.
    Le riforme pertanto aggiunte alli statuti comunitativi di Prato le più conosciute portano le date degli anni 1289, 1297, 1330, 1335, 1350, 1400, 1469, 1501, ecc. – ( loc. cit., Carte della Comunità di Prato. )
    Era morto di pochi mesi a Careggi Piero di Cosimo de’Medici che a Tommaso Soderini i figliuoli aveva caldamente raccomandato, quando
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    nel dì 6 aprile del 1470 accadde in Prato un grave ed impensato tumulto, il quale quanto in sul primo avviso apparì pericoloso, tanto poi riescì vano e di niun momento. Bernardo di Andrea Nardi ribelle della città di Firenze col consenso del suo fratello Silvestro e di altri fuorusciti venne la mattina di detto dì con circa 50 compagni pure sbanditi del contado di Prato e Pistoja, e con l’ajuto di certi messi del potestà, Cesare Petrucci, entrò in Prato, e prese la rocca, una porta della Terra ed il palazzo pretorio, dove appena fatto prigione lo stesso potestà corse con quelle genti la Terra gridando : Viva il popolo di Firenze e la libertà. Ma non avendo soccorsi come quei ribelli si aspettavano, furono presi ed impiccati in sul fatto circa 12 di loro, ed a Firenze ne vennero condotti circa 15, oltre il detto Bernardo Nardi, al quale nel dì 9 aprile fu poi mozza la testa, e alquanti di quegli altri presi furono impiccati. – (RICORDI STORICI di Filippo di Cino Rinuccini e figli ) .
    L’Ammirato nella sua storia vi aggiunse, (Lib. XIII) che trovavasi per avventura in quell’occasione in Prato Giorgio Ginori cittadino fiorentino e cavaliere di Rodi, il quale inteso questo movimento del Nardi, e accortosi che egli non aveva che pochi compagni, e come della Terra non era alcuno che avesse le armi preso in suo favore, risolvè di raffrenare il furore di cotesto pazzo. Per il che radunati molti altri fiorentini ed alcuni pratesi, assaltò con questi il Nardi, il quale dopo corta difesa restò ferito e preso, e a capo di 5 ore la sedizione mossa rimase terminata.
    All ’Articolo PISTOJA , Vol. IV pag. 423, rammentai una laurea dottorale data in Prato, nel 28 febbrajo 1485 mentre l’Università di Pisa per causa di pestilenza era stata traslocata provvisoriamente in questa Terra, e che
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    la persona laureata in diritto fu Giovanni Vittorio figlio di Tommaso Soderini, quello stesso che nel 1512 andò ambasciatore della sua repubblica alla dieta che tenevano i suoi nemici in Mantova, mentre il di lui fratello Piero cuopriva in Firenze la carica di gonfaloniere perpetuo.
    Ma ci siamo avvicinati ad un’epoca assai lacrimevole per Prato, quale fu quella accaduta nel 1512; voglio dire, del miserabile ed orribile sacco, accompagnato da strage immanissima di molte persone di ogni classe, età e sesso per opera de’barbari atrocissimi Spagnuoli, dai quali la stessa città di Roma 14 anni dopo ebbe a soffrire un consimile crudelissimo e furibondo saccheggio.
    Dalle descrizioni del sacco di Prato lasciate da vari scrittori, tre delle quali testè pubblicate nel Vol. I dell’Archivio storico italiano, da quelle descrizioni, io diceva, apparisce piuttosto che un sacco di robe e di effetti, una tragedia d’innocenti persone, un cumulo di violenze e di martori dati da cannibali; comecchè non fia totalmente improbabile che in quel frangente di troppo lunga durata tenessero mano agli assalitori anche de’fuorusciti pratesi, pistojesi e fiorentini. – Al qual dubbio mi fornisce motivo, fra gli altri, il fatto seguente: È noto che Prato fu preso nel 29 agosto del 1512, da una mandata di soldati spagnuoli, dai quali furono messi a ruba le case ed uccise stranamente le più rispettabili persone, per sino a che que’famelici nemici nel 19 settembre successivo partirono di là.
    Ma non saprei dire che sia egualmente noto che nel 13 dicembre dell’anno medesimo il Pontefice Giulio II segnò tre bolle; una delle quali diretta all’arcivescovo di Firenze, l’altra al proposto della chiesa di Prato e la terza al vicario del vescovo di Pistoja, in tutte le quali il Papa autorizzava quei prelati a fulminare la scomunica contro coloro che non avessero restituito agli ospedali di Prato i beni mobili, immobili o altre cose state ad essi tolte nel sacco.
    In conseguenza di ciò nel 14 gennajo del
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    1512 , stile fiorentino, ossia 1513 stile comune, il proposto della collegiata di S. Stefano di Prato emanò un monitorio di scomunica contro que’suoi popolani che dentro un dato termine avessero continuato a ritenere beni mobili, immobili o semoventi di proprietà degli spedali di S. Maria Maddalena, di S. Silvestro (del Dolce), della Misericordia di Prato e del Ceppo (ARCH. DIPL. FIOR . Carte degli Spedali di Prato ) .
    Dall’anno 1512 in poi Prato come Firenze dové sottoporsi ai comandi di quel cardinale Giovanni de’Medici, che aveva impinguato il suo patrimonio con le ricche rendite di molti benefizj ecclesiastici, fra i quali furonvi quelli della chiesa collegiata di Prato e della badia di Vajano; di quel cardinale che aveva fornito agli Spagnuoli i due cannoni presi da Bologna per potere aprire la breccia alle mura castellane di Prato e irrompere più presto alla rovina di que’pacifici abitanti.
    Che se li scrittori non si trovano su di ciò pienamente d’accordo; se molti ingrandirono oltre il vero cotesta sventura, certo è che in conseguenza di quel sacco i Pratesi risentirono per lunga età i tristi effetti per l’uccisioni di molte persone, e per la perdita d’immense fortune, cui si aggiunsero le grosse taglie imposte dagli Spagnuoli a coloro più benestanti che vivi rimasero; cosicché questi bramando redimersi dalla prigionia, dovevano ribellarsi all’indiscrete esigenze e crudeltà dei loro sgherri, qualora eglino essere afflitti, tormentati e uccisi in vario modo non volevano.
    Nel tempo che Firenze era assediata dalle truppe dell’Imperatore Carlo V e del Pontefice Clemente VII, dopo che i di lei reggitori ebbero fortificato la Terra di Prato come uno degli antemurali della loro città, e messovi alla guardia il capitano Otto da montauto, e per commissario Lottieri Gherardi, fu poi nel principio del 1530 presa la deliberazione di abbandonare Prato e Pistoja per non poterle reggere in tanta spesa, e così i commissrj che
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    v’erano per la Repubblica Fiorentina se ne partirono coi loro soldati, lasciando in libertà i Pratesi al pari de’Pistojesi, i quali si accordarono con Papa Clemente, ricevendo alla cura e governo della loro patria cittadini medesimamente fiorentini, ma di fazione Pallesca o Medicea. – (BERNARDO SEGNI, Stor. fior. Lib. IV. )
    In cotesto tramezzo di anni la Signoria di Firenze per supplire alle gravi spese aveva deliberato di vendere i beni de’Ceppi di Prato e di Pistoja; ma appena entrato in seggio costà il nuovo governo pontificio tali vendite furono annullate, dondechè molti che li avevano per grossa somma comprati, e pagatone anche le gabelle, perdendo ogni cosa vi rimasono quasi disfatti . – ( Oper. cit. Lib. V )
    Realmente ne’diurni del 1531 di cotesta Comunità havvi una deliberazione fatta lì 23 febbrajo dell’anno 1532 ( stile comune ) , affinché il gonfaloniere e gli Otto difensori del popolo di Prato accettassero senza difficoltà di ricevere la commissione dal Pontefice di annullare le vendite de’beni di luoghi pii fatte al tempo dell’ultima guerra. Nello stesso mese ed anno essendo rovinato il palazzo del Potestà e del Comune di Prato, fu determinato che da lì in avanti per adunare il consiglio si suonasse la campana del cassero. Frattanto il magistrato per le sue adunanze e per l’abitazione del potestà e famiglia prese a pigione una casa di Bartolommeo Cortesi posta nella piazza di S. Francesco. – ( Diarj per l’anno suddetto pag. 929 . )
    Sotto il primo Granduca i reggitori del Comune di Prato, lasciato il titolo degli Otto difensori, presero quello di Priori preseduti come innanzi dal Gonfaloniere di giustizia. Il numero de’Priori fu conservato di otto come quello de’difensori del popolo pratese, tostochè la Terra continuò per molto tempo anche sotto il governo Mediceo a tenersi repartita in otto porte, le quali
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    sebbene non tutte fossero rimaste aperte, né con lo stesso nome di quelle del vecchio cerchio, pure si chiamavano sempre coi vocaboli antichi. Ciò è dimostrato non solo dall’informazione del 26 febbrajo 1555 richiesta dal duca Cosimo e per esso dagli uffiziali del balzello per sapere, se i subborghi concorrevano insieme con la Terra di Prato alle gravezze, o sivvero con le 45 ville del suo contado, ma anche meglio apparisce ciò dalla popolazione di Prato dell’anno 1551 descritta per le otto porte, e non per parrocchie. Lo stesso dicasi dei sei subborghi di essa Terra come può vedersi qui appresso.
    Dalla dinastia attuale ebbe anche Prato molti mezzi d’eccitamento, sia nei soccorsi forniti all’industria di quegli abitanti, sia nelle leggi protettrici della libertà commerciale, sia nelle aumentate e facilitate vie di comunicazione.
    Risiedono in Prato un vicario regio, un ingegnere di Circondario, un ricevitore dell’ufizio del Registro, un cancelliere Comunitativo e un comandante di Piazza.
    La conservazione delle Ipoteche è in Pistoja, il tribunale di Prima Istanza a Firenze.

    Popolazione della TERRA di PRATO distribuita in otto Porte nell’anno 1551.

    Popolazione della Terra dentro le mura
    Nome delle otto antiche Porte della Terra di Prato e numero delle famiglie e degli abitanti.

    1. Porta S. Giovanni ( non esiste più )
    famiglie n° 150, abitanti n° 1039
    2. Porta al Travaglio poi Serraglio ( esiste tuttora )
    famiglie n° 206, abitanti n° 1044
    3. Porta Gualdimare ( ora appellata Pistojese )
    famiglie n° 175, abitanti n° 1055
    4. Poera Fuja, poi di S. Paolo, o a Lione ( non esiste più )
    famiglie n° 105, abitanti n° 717
    5. Porta a S. Trinita ( è sempre aperta )
    famiglie n° 149, abitanti n° 687
    6. Porta a Corte ( non esiste più )
    famiglie n° 59, abitanti n° 241
    7. Porta a
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    Capo di Ponte ( ora Fiorentina )
    famiglie n° 134, abitanti n° 663
    8. Porta Tiezi ( ora Mercatale )
    famiglie n° 117, abitanti n° 554
    - Somma famiglie n° 1095
    - Somma abitanti n° 6000

    Popolazione de’sei subborghi di Prato

    1. Subborgo di Porta Gualdimare
    famiglie n° 37, abitanti n° 236
    2. Subborgo di Porta Serraglio
    famiglie n° 26, abitanti n° 114
    3. Subborgo di Porta a Lione
    famiglie n° 11, abitanti n° 86
    4. Subborgo di Porta S. Trinita
    famiglie n° 12, abitanti n° 79
    5. Subborgo di Porta Capo di Ponte
    famiglie n° 35, abitanti n° 283
    6. Subborgo di Porta a Tiezi
    famiglie n° 22, abitanti n° 147
    - Somma famiglie n° 143
    - Somma abitanti n° 945

    TOTALE della Terra di PRATO con i suoi Subborghi
    - famiglie n° 1238
    - abitanti n° 6945

    Lunga poi sarebbe la lista degli uomini illustri pratesi, se tutti si dovessero qui annoverare; per cu io mi limiterò a indicarne i più celebri.
    Nelle scienze tecnologiche figurò nel principio del secolo XIV il Cardinale Niccolò degli Albertini, preceduto di un secolo da Fr. Arlotto da Prato, il quale ultimo è creduto il primo autore delle Concordanze bibliche. Nel secolo poi XVI riescì bravo canonista il proposto Giminiano Inghirami, mentre sul declinare del secolo passato e nei primi anni di quello che corre fu celebre per ecclesiastica dottrina e per solide virtù Antonio Martini Arcivescovo di Firenze. – In politica figurarono il nominato Cardinale e poco dopo Jacopo Guidalotti. – Nelle scienze fisiche e matematiche Prato conta molti uomini distinti in varie età; tale fu nel secolo XIV Paolo Dagomari soprannominato il Geometra, Francesco Buonamici amico del celebre Galileo, Jacopo Bettazzi autore dell’ Opus Pascale , ossia delle correzioni al calendario Gregoriano; ma pochi forse pareggiarono
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    in dottrina ed ingegno il Professor Francesco Pacchiani ed il dottor Giovacchino Carradori, uno che scrisse molto,e l’altro troppo poco . Entrambi fiorirono nella fine del XVIII e sul principio dell’attuale. In belle lettere Prato conta tra i primi il Convenevole, maestro del Petrarca, e Giovanni di Gherardo espositore in Firenze della Divina Commedia, morto il primo nel secolo XIV, l’altro nel secolo XV. – In economia e nelle arti industriali figurò il mercante Francesco Datini che mancò nel principio del sec. XV, mentre sul finire del XVIII si rese benemerito della sua patria Vincenzio Mazzoni perché v’introdusse l’arte lucrosa dei berretti all’uso di Levante, cui fu compagno nelle imprese opificiarie l’altro benemerito pratese Giovacchino Pacchiani. In fine in erudizione e storia sono noti più degli altri nel secolo passato come autori distinti di varie opere l’abate Giovan Battista Casotti ed il dottor Giuseppe Bianchini.
    Nelle arti belle poi, se Fra Bartolommeo della Porta non ripete i suoi natali in Prato, li ebbe senza dubbio in una sua villa (Savignano), e fu nel convento di Prato dove egli vestì l’abito Domenicano.

    Fondazione delle Chiese più cospicue o per merito artistico più segnalate.

    Questa piccola città innanzi il 1780 poteva dirsi un seminario di conventi e di monasteri, dei quali anche dopo le soppressioni accadute sul declinare del secolo passato, o nel principio del presente, sono restati tanti claustri da dover accordare ai Pratesi una gran propensione verso i regolari, al pari che per molte altre opere pie.
    Cattedrale . – Quantunque le memorie di questa chiesa matrice di Prato, già Propositura collegiata sotto il titolo di S. Stefano in Borgo Cornio, risalgano al secolo X, la sua riedificazione non sembra più vetusta del milleduecento. Cotesto tempio ha la facciata volta a ponente e l’altar maggiore a levante come le cattedrali di Pisa, di Lucca, di Firenze, di Pistoja, ed in generale di tutte le chiese
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    di costruzione assai vetusta.
    Nel 1317 per allungare cotesta pieve verso il presbiterio, ossia dal lato orientale, furono acquistate le case che gli erano più vicine mediante una deliberazione capitolare del 2 agosto 1312, cioè, 5 giorni dopo il tentato furto del S. Cingolo. A cotesto secolo pertanto rimontano gli archi a mezzo sesto, le colonne ed i capitelli della crociata superiore dell’attuale cattedrale di Prato, mentre il restante spetta alla primitiva costruzione delle tre navate inferiori che conservano il pristino carattere. – L’edifizio tanto interno come esterno è incrostato tutto di un bel serpentino verde e nero del vicino Monteferrato a strisce alternanti con quelle di pietra alberese di tinta biancastra. – Le colonne della navata di mezzo sono totalmente di serpentino, così le basi, le quali nelle navate inferiori sono interrate mezzo palmo circa nel pavimento. È opinione che restasse incombesato dell’accrescimento della fabbrica il celebre Giovanni di Niccola pisano, e si crede egualmente opera sua la grandiosa torre quadrata ad uso di campanile. Cotest’ultima doveva essere quasi compita nel primo terzo del secolo decimoquarto, poiché havvi una lettera diretta del vescovo di Pistoja lì 4 febbrajo 1340 ai fedeli della sua diocesi, onde esortarli a contribuire con l’elemosine per le nuove campane da farsi alla torre della pieve di S. Stefano a Prato. – (ARCH. DIPL. FIOR .,Carte del S. Cingolo ) .
    La facciata però di cotesta chiesa non sembra che restasse terminata prima della metà del secolo XV, avvegnachè nel 26 luglio dell’anno 1457 il magistrato civico di Prato deliberò di pagare i maestri che avevano compita l’opera della facciata della Collegiata . – ( loc. cit. Carte della Comunità di Prato ) .
    Sulla porta principale dello stesso tempio ammirasi un bellissimo bassorilievo di terra invetriata, di cui il famoso Luca della Robbia è reputato l’autore. Di un autore anco più certo è il pergamo di marmo esistente sull’angolo della facciata della chiesa,
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    da cui si mostra al popolo la sacra Cintola, dove ne’sette spartimenti a basso rilievo, mediante contratto del 27 maggio 1435, che stabiliva il prezzo in 25 fiorini d’oro per cadauno di quegli spartiti, fu scolpita da maestro Donatello fiorentino con maraviglioso artifizio una bella corona di fanciulli reggenti festoni . – ( loc. cit. )
    Nella cappella maggiore di cotesta cattedrale fu dipinta a fresco la storia di S. Stefano e quella di S. Giovanni Battista da Fr. Filippo Lippi con tale maestria che innamora a vedere quel capo d’opera stato a dì nostri magistralmente restaurato dal meritissimo pittore pratese Antonio Marini.
    Il presbitero lungo quanto l’intiera crociata e fabbricato in buona simetria contemporaneamente all’altare maggiore; opere entrambe eseguite nel 1638 col disegno del Cavalier Bernardino Radi, sebbene da alcuni credute di Bernardo Buontalenti.
    Né qui si limitano gli oggetti di belle arti che adornano la cattedrale di Prato, mentre il nominato Fr. Filippo Lippi dipinse ivi in tavola la morte di S. Bernardo, Vincenzio Danti scolpì il cenotafio del Proposto Carlo de’Medici figlio naturale di Cosimo il vecchio, e Pietro Tacca fuse il crocifisso in bronzo di grandezza al naturale collocato sopra l’Altar maggiore.
    Le pareti poi della ricca cappella del S. Cingolo furono pitturate da Angiolo Gaddi, e restaurate dallo stesso abilissimo Antonio Marini. La statuina di Maria Vergine sull’altare e di Giovanni Pisano, e i lavori dell’altare antico riposti nella sagrestia annessa del S. Cingolo spettano alla scuola pisana. Anche il cancello di bronzo fu ( ERRATA : disegnato da Filippo Brunellesco) diretto da Lorenzo Ghiberti.
    Nel terrazzino interno sulla porta maggiore esiste una bella tavola di Ridolfo Ghirlandajo ed anco nelle cappelle laterali non mancano buoni quadri, fra i quali una tela di Carlo Dolci, ed altra del Balassi, ecc.
    Chiesa della Madonna delle Carceri . – Se si dovessero noverare le chiese di Prato per ordine di merito
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    artistico, questa della Madonna delle Carceri avrebbe sull’altre il primato; poiché sebbene non vasta né antica essa è il gioiello fra tutte; tanta è l’armonia e la grazia nelle sue parti architettoniche da non cedere al paragone agli edilizi sacri de’tempi migliori sia Greci, come Romani. È un felice modello disegnato ed eseguito a foggia di croce greca da Giulano da S. Gallo; il quale artista se in tutte le sue opere dimostrò genio, in questa può dirsi che superasse se stesso. I membri architettonici sono lavorati in solida pietra arenaria, e sopra i quattro pilastri si alza una ben condotta cupola contornata da un balaustrato, la cui forma si avvicina a quella del tempio di M. Agrippa di Roma .
    Infatti all’Articolo Montepulciano , mentre discorreva di quella della Madonna di S. Biagio fuori di Montepulciano, sovvenendomi io di cotesta bella chiesa, dissi, che a quel sublime edifizio architettonico disegnato da Antonio fratello di Giuliano da S. Gallo non si potrebbe porre a confronto se non che il tempio della Madonna delle Carceri a Prato, opera divina di Giuliano.
    Ma anche in questa delle Carceri lasciò memoria dell’opera sua Antonio da S. Gallo, tostochè a lui spetta l’altar maggiore, mentre è disegno di Bernardo Buontalenti la balaustra del presbitero.
    ( ERRATA : Gli stalli di marmo) Gli stalli di legno a intaglio e tarsie del piccolo coro furono fatti pochi mesi dopo l’orrendo sacco a spese di Monsignor Baldo Magini pratese.
    Chiese di S. Domenico e di S. Francesco . – Fra le chiese più grandi e più antiche contansi quelle di S. Francesco già de’Minori Conventuali, e di S. Domenico de’PP. Predicatori, entrambe esternamente incrostate di pietre a strisce bianche e nere. Quella di S. Domenico, ora abitata dagli Zoccolanti, si crede opera di Giovanni Pisano. Essa non era compita nel 1322, tostochè nel 10 febbrajo di quell’anno Fra Lapo dell’Ordine
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    di S. Domenico, uno degli esecutori testamentarj del Cardinal Niccolò, espose al magistrato del Comune di Prato, qualmente il suddetto porporato aveva lasciato una somma di denaro ad oggetto di edificare in Prato e dotare un monastero di donne dell’ordine Domenicano (S. Niccolò) e di far compire in detta sua patria la chiesa ed il convento di S. Domenico.
    Nel 1647 per riparare i guasti interni di cotesta chiesa, a cagione di un fulmine che l’incendiò, fu riedificata col disegno di Baccio del Bianco quasi tutta la parte interna la quale, se non accorda con l’esterna, non cessa di essere grandiosa e di bell’effetto. – In questa come pure nell’altra chiesa non meno antica di S. Francesco esistono alcune buone tavole; e nel capitolo del convento annesso a quest’ultima, ora abitato dai PP. Teresiani, furono dipinte nel 1400 da Niccolò di Pietro di Firenze le storie di S. Matteo apostolo.
    In cotesta stessa chiesa è stato collocato un bel cenotafio messo dai figli alla memoria del benemerito e industrioso pratese Vincenzio Mazzoni, opera lodevole dello scultore fiorentino Stefano Ricci.
    Oltre i suddetti due conventi tuttora abitati dai regolari esistevano in Prato quelli di Agostiniani in S. Agostino, di Serviti nel convento dello Spirito Santo, di Vallombrosani nella badia di S. Fabiano, di Carmelitani in S. Bartolommeo, e di Gesuiti nel collegio Cicognini.
    Erano poi nel suburbio i frati dell’Osservanza al Palco, i Teresiani alla Pietà, ora in S. Francesco, i Leccetani a S. Anna, e gli Olivetani alle Sacca. ( Si aggiunga ) Esiste tuttora nel suburbio settentrionale anche un convento di Cappuccini.
    Di monasteri di donne non se ne contavano meno di dieci, cioè quello di S. Caterina, dell’Ordine domenicano, ridotto attualmente a conservatorio detto delle Pericolanti; i monasteri di S. Chiara, di S. Margherita e di S. Giorgio, tutti e tre abitati da Francescane; quelli di S. Matteo e di S. Trinita delle Agostiniane; i
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    monasteri di S. Clemente, di S. Niccolò e di S. Vincenzio delle Domenicane; e l’altro di S. Michele delle Benedettine.
    Fra i superstiti si contano attualmente i monasteri di S. Vincenzo dell’Ordine di S. Domenico, di S. Michele delle Benedettine, di S. Clemente delle Clarisse, e di S. Niccolò ridotto ad uno di Conservatorio.
    Sono fra le fabbriche pubbliche di antica costruzione il castello dell’Imperatore, detto ora la Fortezza, il palazzo pretorio, già del Popolo, restaurato più volte, e rifatto nel secolo XVI, il Casone de’conti Alberti , in luogo detto all ’Ajale, già castello, alienato dai conti Guicciardini eredi de’conti Bardi di Vernio, il palazzo di Francesco di Marco Datini, ridotto nel 1410 a residenza del Ceppo de’Poveri; mentre fra le buone fabbriche moderne può contarsi il monastero e la chiesa di S. Vincenzo, straricca di ornati, il grandioso edifizio del collegio Cicognini e l’elegante teatro costruito nel 1830 col disegno del barone de’Cambray Digny, senza dire di molti palazzi dei particolari, come quello de’signori Vaj che ha un bel cortile ed un grazioso oratorio annesso, ecc.
    Servono poi di ornamento e di utilità cinque fonti pubbliche di acqua potabile, la più copiosa delle quali nella piazza del Duomo, e la più scarsa in quella del Comune, dove si ammira un grazioso putto di bronzo che spreme dei grappoli d’uva, generalmente reputata una delle opere felici di Pietro Tacca.
    Stabilimenti di beneficenza. – È degno di ammirazione e di lode lo spirito di pietà e beneficenza, dal quale furono animati i facoltosi pratesi. Un Monte di casa Pugliesi nel 1272 fondò il Ceppo vecchio, al cui patrimonio venne unito l’altro più rispettabile di Francesco Datini, ricco negoziante nativo di Prato, il quale mediante testamento del 31 luglio 1402 volle che il suo dovizioso patrimonio servisse a mantenere in Prato un Ceppo
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    nuovo
    col nome de’Poveri di Francesco Datini, per amministrarsi dai secolari eleggibili dal magistrato comunitativo di Prato; intendendo il testatore, che quel ceppo o casa privata per niun modo fosse soggetta alle persone ecclesiastiche; tantochè in fine del testamento egli dichiara: di aver avuto consiglio e far cauti i suoi esecutori testamentarj (i consoli dell’Arte di Calimala di Firenze) ed i governatori del Ceppo che si eleggeranno, di non dirizzare altare nella detta Casa o Granajo, né di costruirvi oratorio, o altro fare che il detto Ceppo potesse mai dirsi luogo ecclesiastico, e da poi per malevoli con titolo di benefizio venisse invaso ed occupato. – ( Copia autentica di quel testamento appartenuto alla Libreria di Domenico Moreni, ora presso Pietro Bigazzi in Firenze. )
    All’amministrazione dei due Ceppi (Pugliesi e Datini), ossia vecchio e nuovo, venne in seguito affidata l’amministrazione di altre rendite di legati pii, in guisa che cotesta rispettabile cassa di beneficenza, oltre il recare soccorso alle famiglie povere, serve anche a sovvenire diversi stabilimenti utili, comecchè alcuni di essi abbiano un patrimonio in proprio.
    In tal guisa montato il conservatorio delle Pericolanti aperto nel 1785, dove si accolgono specialmente le orfane, per fino a che non trovano collocamento, ricevendo allora una dote.
    Nello stesso locale di S. Caterina con amministrazione e direzione particolare furono accolte fino dal 1816 le fanciulle povere delle città e del suburbio, le quali costà trovano lavoro di lanificio, di tessuti diversi e di altre manifatture con discreta mercede, ed è loro assegnato un sussidio dotale nel caso del loro collocamento.
    Altri soccorsi abbondano anche per le altre fanciulle della città, e del contado, talchè ogn’anno dalle diverse amministrazioni pie per estrazione fatta dalla civica magistratura, o dagli amministratori de’diversi luoghi pii, si distribuiscono non meno di 40 doti da scudi 10 fino a 60; oltre un
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    sussidio dotale a tutte le fanciulle miserabili della città e del contado che fornisce loro la pia casa de’Ceppi allorché esse prendono uno stato.
    Fra gli stabilimenti più recenti di beneficenza deve contarsi una cassa di risparmio affiliata a quella di Firenze, e che essendo una delle più pingui potrebbe indicare lo stato prosperoso di cotesto paese.
    Né deve tacersi fra gli uomini benemeriti per lasciti di beneficenza il Proposto pratese Pier Francesco Ricci, stato pedagogo di Cosimo I, il quale dopo aver ottenuto al capitolo di Prato le rendite della ricca pieve di Cerreto Guidi, della quale egli era pievano commendatario, ebbe anche la grazia di poter testare degli avanzi dei suoi benefizi ecclesiastici che all’epoca del suo testamento, dettato in Firenze li 5 febbrajo 1563, ammontavano all’annua entrata di seimila ducati d’oro di camera: ragione per cui egli poté lasciare un vistoso legato allo spedale della Misericordia di Prato; ogni anno la dote di 25 fiorini di lire 7 l’uno a due povere fanciulle pratesi nubili, e un posto di studio all’Università per un giovane alunno di Prato . – ( loc. cit., Carte de’Ceppi e degli Spedali di Prato ) .
    Spedali riuniti
    . – Lo Spedale tuttora esistente sotto i nomi della Misericordia e Dolce risulta dalla riunione dei molti ospizj fondati nei secoli decorsi per ricevere e curare diverse qualità d’infermi.Tali erano quello antichissimo di S. Giovanni, riunito alla Collegiata, esistito fuori della Porta omonima; tale lo spedale della Misericordia e S. Barnaba, nel quale sino dal secolo XIII si ricevevano e si curavano tutti gl’infermi poveri, si accoglievano e si allattavano gl’innocenti o abbandonati; tale l’altro di S. Silvestro chiamato del Dolce, quello sotto il titolo di S. Martino, e lo spedale dell’Altopascio, senza dire di quelli del Maleseti e dei Lebbrosi al Ponte Petrino posti nel suburbio settentrionale e orientale di Prato .
    Lo spedale attuale della Misericordia è un vasto edifizio, situato
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    in un angolo appartato della città in mezzo a spazjosi orti ed in tranquillo ventilato soggiorno, presso una delle porte del cerchio attuale, da lungo tempo chiusa che denominossi Porta Leone, o di S. Paolo. – Il patrimonio di questo spedale cospicuo por tante largizioni di benefici cittadini, fu notabilmente arricchito dalla munificenza del Granduca Leopoldo I, che nel 1788 riunì al medesimo i beni del vicino monastero soppresso di S. Caterina.
    Modernamente vi sono state aperte due nuove infermerie per gl’incurabili maschi e femmine, cui provvide con disposizione testamentaria del 6 dicembre 1823 il pratese Gaetano Meucci, che lasciò una somma assai vistosa a quest’utilissima opera pia.
    Monte Pio . – Se non è antica al pari de’Ceppi e degli Ospedali l’istituzione del Monte di Pietà, tampoco non può dirsi moderna, tostochè il primo Monte fu fondato nel 1476. Dopo varie vicende cui soggiacque questo luogo pio, sia all’occasione del sacco de’Spagnuoli, nel 1512, come alla prima comparsa de’Francesi in Toscana (anno 1799) in conseguenza di che il Monte di Pietà cessò per due volte di esistere, attualmente è risorto ed è già in florido stato, mentre in breve corso di anni ha potuto costituire in proprio un capitale di scudi 20.000 per effetto specialmente d’imprestiti ottenuti dall’azienda del ricco Patrimonio ecclesiastico di Prato formato dai luoghi pii riuniti dal Granduca Leopoldo I. Tali furono i beni dei molti monasteri soppressi, tali il patrimonio dell’Opera del S. Cingolo, quello della Madonna delle Carceri, e di molte altre chiese e conventi, dei quali, dice il Vasari, la Terra di Prato era piena.
    Con cotesti resti del Patrimonio ecclesiastico si provvede non solo ai bisogni delle chiese di Prato e del suo distretto, ma ancora si somministra un’annua sovvenzione per il mantenimento della Confraternita della Misericordia, altrimenti detta
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    del Pellegrino, perché nata nel 1588 da alcuni Pratesi reduci dal pellegrinaggio della S. Casa di Loreto, ed il cui oggetto precipuo consiste nel trasporto degl’infermi allo spedale e nell’accorrere nei casi fortuiti.
    Fra tante utili istituzioni sarebbe ingiurioso trascurarne una recentemente fondata e diretta da privato e virtuoso cittadino del ceto degli artigiani. Ognuno che per poco visiti la città di Prato non può lasciarla senza vedere l’orfanotrofio della Pietà creato quasi per incantesimo dallo zelo singolare di Gaetano Magnolfi. Cotest’uomo avendo ottenuto nel dicembre del 1839 dal benemerito vescovo Rossi il convento della Pietà, lasciato dai Padri Teresiani che nel 1818 vennero in quello di S. Francesco dentro la città, vi ha aperto con sovrana approvazione un asilo per fanciulli maschi miserabili e privi di genitori, i quali non solo trovano costà lavoro, lucro e alimento ma apprendono il modo di essere educati ed istruiti nella buona morale, e nelle arti più utili e più comuni al popolo.
    Il convento fu ridotto per loro abitazione con refettorio comune, stanze decenti, dormentorj, oratorio, scuole di leggere, di scritto, di abbaco, di disegno e di geometria piana applicabile alle arti.
    A contatto del convento il Magnolfi ha innalzato in un baleno un vasto edifizio provvisto d’acque perenni e potabili con orto e giardino, disposto con bella simmetria, dove sono diversi telaj per tessitori di tele di canapa, di cotone e lana, di panni lana, e questi separati da una gran sala destinata ai lavori diversi di ferro, di bronzi e ottoni, la quale officina è parimente disgiunta da un’altra non meno vasta sala pei lavoranti in legno.
    Quest’istituto, che onorerebbe qualunque città la più manifatturiera, se dura la vita al suo fondatore, il quale vi consacra se stesso e tutti i suoi averi, col favore dell’Augusto e munificentissimo Principe che regge i destini della Toscana, e dal quale il Magnolfi ha ottenuto dimostrazioni di fatto e incoraggimenti importantissimi, potrà per avventura divenire
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    modello ad altri Orfanotrofj. – Ivi concorrono adesso non solo i fanciulli orfani, ma ancora da alcuni padri di famiglia si mandano i loro figli costà, dove abitano un sacerdote incaricato della disciplina religiosa ed alcuni maestri dell’arti che vi s’insegnano, convivendo con essi il fondatore e direttore. Il quale per condurre allo scopo la sua intrapresa ha posto mano con animo eroico ad un’altro vasto fabbricato dirimpetto all’Orfanotrofio in cui egli ha intenzione di fare tante abitazioni per comodo di tutti i maestri e delle loro famiglie, onde averli contigui e assistere costantemente al traffico.
    Istruzione pubblica. –
    Fino dal principio del secolo XIV il Comune di Prato, come apparisce dai suoi diurni e da altre scritture inedite, ebbe scuole pubbliche di grammatica e belle lettere, le quali coll’andar del tempo furono aumentate, e nel 1831 riunite in un apposito locale nel centro della città. Attualmente sono otto maestri che dal leggere, scrivere e abbaco insegnano fino alla rettorica inclusive. Per recente decreto comunitativo vi si aggiungerà una scuola di matematiche elementari applicate alle arti, scuola importantissima per cotesta città manifatturiera. Per li studi superiori di scienze fisiche e di diritto, la Comunità conferisce quattro posti nelle Università del Granducato ai giovani più studiosi per lasciti fatti da varj benefattori, più due posti nell’Accademia di Firenze per coloro che si vogliono dedicare alle belle arti e uno di essi per lo studio teorico pratico della chirurgia. Anco le fanciulle di agiata condizione possono ricevere adattata cultura nel conservatorio di S. Niccolò, dove oltre le paganti si ricevono in educazione tre fanciulle pratesi, mentre per le povere della città vi sono scuole nel conservatorio delle Pericolanti.
    Rispetto ai giovinetti diretti per la via ecclesiastica, si contano le scuole de’chierici in cattedrale e quelle più numerose del seminario, ch’è capace di circa 40 convittori, ed a favore dei quali per diverse fondazioni stanno sette posti gratuiti.
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    Si trovano costà maestri di lingua latina e lingua greca, di rettorica e umanità, di filosofia e matematica, di sacri canoni, di morale e di teologia dogmatica.
    Ma il magnifico collegio Cicognini si distingue sopra tutti gli altri istituti destinati all’istruzione. Porta il nome del di lui fondatore, canonico Francesco Cicognini, perché con la sua pingue eredità i Preti Gesuiti, verso il 1700, lo costruirono e ne diressero l’educazione e istruzione degli alunni del ceto cittadino e nobile che vi si ricevono anche dagli stati esteri. Dopo però la soppressione di quella Compagnia la direzione di questo collegio fu affidata alla cura di un prete secolare col titolo di rettore, assistito da un vice-rettore.
    Anche in questo stabilimento che gode la protezione speciale dell’I. e R. governo, sono sette posti gratuiti da conferirsi dal magistrato comunitativo ai giovani pratesi.
    A coteste istituzioni si aggiunge una copiosa biblioteca pubblica fondata da un Marco Roncioni di Prato con suo testamento del 30 agosto 1676, aumentata nel 1748 dal canonico Giannini che vi lasciò i suoi libri, e più modernamente da Monsignor Alessandro Lazzerini bibliotecario della Corsiniana di Roma ( Si aggiunga ) che lasciò la sua privata Biblioteca alla Comunità di Prato. Finalmente si provvedono dal suo bibliotecario alcune fra le opere più importanti moderne con i fondi a tal uopo destinatile. Che più! anche Prato non manca di un’accademia scientifico letteraria benché riunita a quella de’filarmonici.
    Industria manifatturiera, e commerciale. –
    Prato può dirsi la Manchester del Granducato, e l’emporio manifatturiero della Toscana. Infatti le arti industriali fino dal secolo XIII furono con favore dai Pratesi coltivate, poiché trovasi in quel tempo il consiglio de’mercadanti, ed i rettori delle arti di Prato far parte essenziale di quel magistrato comunitativo.
    Molti poi sono i documenti superstiti nei quali si rammentano le gore che attraversavano fino d’allora la Terra di Prato, per non dire delle numerose gualchiere, delle case e
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    botteghe che per uso di tintori si affittavano in Prato.
    Ma sul declinare del secolo XIV fra i Pratesi aveva dato prove di maestria nell’arte dei panni forestieri, ossia di Calimala, il pio fondatore del ricco Ceppo de’poveri, voglio dire, Francesco di Marco Datini, capo di una comandita mercantile fiorentina che teneva fondachi non solo nella città di Avignone, ma in molte parti del mondo, siccome il Datini asseriva nel codicillo del 1 agosto 1402 aggiunto al suo testamento fatto nel giorno antecedente.
    Il lanificio pertanto e la lavorazione dei panni per uso de’campagnuoli dové ricevere maggiore impulso nel popolo pratese, di natura sua attivo e dedito al traffico, dopo l’orrendo saccheggio del 1512, per lo che alla perdita degli averi convenne supplire con la mano d’opera, cui dové concorrere la decadenza dell’arte della lana in Firenze .
    Vi furono poi nei tempi moderni ingegni di cittadini pratesi atti a promuovere miglioramenti nei vecchi metodi e ad introdurre nuove manifatture. Il primo di tutti fu Vincenzio Mazzoni che portò a Prato sua patria e perfezionò la fabbricazione de’berretti rossi all’uso di Levante; per la quale impresa egli nel 1785 unitosi all’accreditato tintore suo concittadino Giovacchino Pacchiani domandò ed ottenne protezione e favore dall’immortale Leopoldo I. Il qual Sovrano offrì alla scelta del supplicante, o un imprestito di diecimila scudi senza frutto, o un regalo di una lira per dozzina sui berretti che avesse consegnati alla dogana per l’estero. Mazzoni ricusò la prima ed accettò la seconda offerta, che fu generosamente continuata per più anni anche dal suo Augusto figlio e successore il Granduca Ferdinando III.
    L’arte de’berretti fino dal suo principio fece fare un passo avanti anche al tessuto dei panni lani, ma il maggiore progresso devesi ad un altro Mazzoni, dottor Giovanni Battista, il quale nel 1818 reduce da un giro di tre anni fatto in Francia e nel Belgio diede ai fabbricatori pratesi nozioni utilissime nell’arte tintoria, e nel 1822
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    egli stesso attivò la prima macchina per cardare e filare la lana, cui successe poco dopo la montatura di altre macchine relative all’apparecchio e cimatura de’panni; macchine mosse tutte dalle acque del Bisenzio, che per tre gore attraversano in varia direzione la città di Prato. – Vedere PRATO COMUNITA’.
    Fra i fabbricanti di panni lani e berretti di maggiore attività si distinguono attualmente Alessandro Pacchiani, Giovacchino Gelli, il Cardoso ed il Crocini, le fabbriche dei quali forniscono esse sole per circa 1200.000 lire fiorentine per anno di quei tessuti ben condizionati.

    PROSPETTO SOMMARIO della quantità, qualità e prodotti delle FABBRICHE OPIFICIARIE, della CITTA’ di PRATO dall’anno 1840 all’anno 1841.

    - Qualità delle Manifatture:
    Fabbriche di Panni lani e Berretti all’uso di levante n° 18
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Berretti rossi, dozzine n° 64,100
    Panni in sorte, pezze n° 2,900
    Flanelle e Peloni, pezze n° 1,700
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 338, femmine: n° 1074

    - Qualità delle Manifatture: Filande in lana n° 2
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Lana ridotta in filo, dalle libbre 60,000 alle libbre 80,000
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 55, femmine: n° -

    - Qualità delle Manifatture: Trattura di seta alla Piemontese n° 1
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Seta tirata, libbre 1,800
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 4, femmine: n° 36

    - Qualità delle Manifatture: Fabbrica di Nastri alla macchina n° 1
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Nastri di Seta e di Cotone, pezze di 100 braccia 1,150
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 2, femmine:
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    1

    - Qualità delle Manifatture: Fabbriche di Tessuti misti di lana e cotone, di cotone e canapa, di canapa e di lino n° 16
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Tessuti di lana e cotone, pezze n° 4,200
    Tessuti di cotone e canapa, pezze n° 1,300
    Tessuti di pannolino e di canapino, pezze n° 800
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 18, femmine: n° 1298

    - Qualità delle Manifatture: Fabbriche di Cappelli di paglia, n° 2
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Cappelli di paglia, dai 20,000 ai 36,000
    Trecce di paglia, dalle pezze 14,000 alle pezze 22,000
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 183, femmine: n° 1222

    - Qualità delle Manifatture: Ramerie con 4 fonderie e magli, n° 5
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Caldaje ed utensili da cucina, circa libbre 130,000
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 56, femmine: n° -

    - Qualità delle Manifatture: Cartiere, n° 2
    Qualità e quantità de’Prodotti :
    Carta in sorte, Cartoni ecc, balle 341
    Quantità dei Lavoranti maschi: n° 10, femmine: n° 19

    -Totale manifatture n° 51
    - Totale lavoranti maschi n° 666, femmine n° 3650

    N. B. Inoltre esistono in Prato una Fornace di vetri, una Fabbrica di concia di pelli, una di ombrelli di seta e d’incerato, due Fabbriche di cappelli di feltro, cinque stamperie, la maggior delle quali de’Fratelli Giachetti, distinta per le opere classiche pubblicate, per i buoni caratteri e per i torchi da calcografia e da tipografia di ferro fuso inglesi e francesi; la qual fabbrica fornisce lavoro a 70 persone
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    fra tipografi, calcografi, incisori in rame, in acciajo e in legno, e scritturali.

    Cerchio antico moderno di Prato. – Una nuova gita da me fatta in questa città nel tempo in cui erano già stampate le prime pagine riguardanti la sua parte storica, avendomi messo a portata di esaminare nuovi documenti ivi raccolti, mi ha fatto avvertito che il cerchio antico sulla fine del secolo XII era ben diverso dal cerchio attuale, il quale ultimo fu deliberato sulla seconda decade del secolo XIV e continuato a fabbricarsi anche nella decade successiva, siccome ho di già indicato. Ignorasi, come dissi, se l’antico borgo di Prato avesse fossi con mura o senza al tempo dell’assedio postovi dalla contessa Matilda, per quanto di mura vecchie non fosse fatta menzione allorché si decretarono quelle del cerchio che chiamerò antico .
    Che il borgo di Prato però fosse circondato fino d’allora da fossi per cui scorrevano le acque delle gore del Bisenzio o il fiume stesso, lo fanno credere la parola assedio data dalla gran contessa Matilda a questo borgo nel principio del secolo XII e quella di Capo di Ponte conservata ad una delle porte del cerchio antico , la qual cosa fa conoscere qualmente davanti a cotesta porta passava la gora che tuttora dal lato orientale attraversa la città di Prato. Infatti il Capo di Ponte esisteva costà anche innanzi l’assedio del 1107, tostoché un’atto pubblico dell’ottobre del 1105 fu rogato nel borgo di Prato in Capo di Ponte . – ( loc. cit. Carte della Propositura ).
    Cotesto cerchio antico sembra che passasse a un dipresso per i seguenti luoghi. Prendendo il punto di partenza dalla porta settentrionale al principio dell’attual via del Serraglio si trovava la così detta Porta Travaglio; di là
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    le mura andavano in linea quasi retta verso grecale passando per l’orto della Propositura dov’esiste una grossa torre mozza, innanzi alla quale aprivasi la strada che sboccava alla Porta S. Giovanni . Costà cambiando direzione le mura indirizzavansi a scirocco dietro la strada di Borgo Cornio, la quale restava inclusa nella Terra, ed in cotesta traversa davanti alla via che conduce alla piazza Mercatale trovavasi la Porta Tiezi, della quale fino ai tempi nostri esisté una parte dell’arco con torre annessa, demolita questa e quello nella riduzione fatta di alcune case contigue al palazzo Vaj. – Quindi prendendo la direzione di ostro le mura castellane passavano per l’attuale palazzo Vaj, e di là per il luogo dove sorge il teatro nuovo presso la strada fiorentina, presso cui dubito che fosse la Porta di Capo di Ponte.
    Di costà innoltrandosi nello direzione di ostro le vecchie mura sembra che passassero fra la chiesa della Madonna delle Carceri e la fortezza lasciando fuori quest’ultima detta il Palazzo, poi Castello dell ’Imperatore ; e costà presso era una delle otto porte di Prato, appellata Porta a Corte. Continuando per la stessa direzione le mura castellane attraversavano la clausura attuale de’Frati di S. Francesco, e di là proseguivano dietro la chiesa di S. Jacopo per la piazzetta degl’Innocenti. Ivi sotto la casa Bonamici formavano angolo in guisa che, voltando faccia da ostro a ponente dirigevansi nella piazza dell’antica badia di Grignano dove ora sorge il collegio Cicognini, e colà presso la chiesa, ora profanata di S. Trinita, esisteva la vecchia Porta che nel cerchio attuale conserva il nome di Porta S. Trinita; al di là della quale le muta dirigevansi verso Porta Fuja, passata la chiesa di S. Pier Forelli, nota anche sotto nome di S. Pietro a
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    Porta Fuja. Presso cotesta chiesa le mura castellane voltando faccia da ostro a ponente incamminavansi verso settentrione fra la strada di Val di Gora e le Case contigue fino allo sbocco della via di Gualdimare, e là dove esistono tuttora alcuni torrioni mozzi trovavasi la prima Porta Gualdimare, portata nel cerchio moderno al luogo dell’attuale Porta Pistojese. Da quel punto il giro delle mura proseguiva nella direzione di settentrione fino al principio della via del Serraglio, dove ritrovava la Porta Travaglio di sopra rammentata.
    Che cotesto cerchio antico fosse più ristretto di giro dell’attuale, oltre l’ispezione oculare di molti avanzi di mura castellane superstiti, ne tolgono di dubbio diversi istrumenti pratesi, fra i quali uno del 9 settembre dell’anno 1241, in cui si dichiara fuori delle mura (vecchie) di Prato il borgo di Palazzuolo situato dalla parte di levante e che nel principio del secolo XIV rimase incluso nel più moderno giro. Rispetto poi al cerchio vecchio dalla parte di ostro giova un breve spedito da Firenze li 30 maggio del 1257 da Fr. Ugo spagnuolo Cardinale del titolo di S. Sabina al potestà, capitani e consiglieri del Comune di Prato, col quale li avvisava di prendere sotto la sua protezione lo spedale della Misericordia posto fuori le mura di Prato in luogo detto Grignano . – ( loc. cit., Carte degli Spedali di Prato. )
    Che poi dal lato di settentrione la Porta Travaglio dell’antico giro restasse più indietro dell’attuale Porta al Serraglio lo manifesta un atto pubblico dell’ottobre 1195 rogato fuori di Prato nel luogo appellato al Serraglio . – ( loc. cit. Carte della Prepositura di Prato ).
    Rispetto al giro attuale delle mura e dei fossi posti a difesa di
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    Prato durante le guerre mosse ai Fiorentini ed ai Pratesi da Castruccio signor di Lucca, ho già citato qui innanzi molte deliberazioni a tal uopo prese dal magistrato comunitativo, a partire dal 1317 al 1330, cui importerebbe aggiungerne alcune altre, come quella del 2 giugno 1325, colla quale il consiglio generale del Comune di Prato ordinò che nessun forestiero ardisse entrare ne’nuovi cerchi della Terra di Prato contro la volontà delle guardie delle porte di detti nuovi cerchi, ecc . – ( Diurni di detto anno, pag. 323 ) .

    CENSIMENTO della Popolazione della CITTA’ di PRATO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 1095; totale della popolazione 6000.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 800; femmine 720; adulti maschi 1106, femmine 1592; coniugati dei due sessi 1364; ecclesiastici dei due sessi 678; numero delle famiglie 1514; totale della popolazione 6620.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 1688; femmine 1543; adulti maschi 1482, femmine 2073; coniugati dei due sessi 3721; ecclesiastici dei due sessi 272; numero delle famiglie 2392; totale della popolazione 10779.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 1440; femmine 1501; adulti maschi 1945, femmine 2333; coniugati dei due sessi 3794; ecclesiastici dei due sessi 314; numero delle famiglie 2401; totale della popolazione 11325.

    COMUNITA’ DI PRATO. – Il territorio Comunitativo di Prato nel 1833 occupava una superficie di 38821 quadrati, dei quali 1936 spettavano a corsi d’acqua ed a pubbliche strade. – Allora vi abitavano familiarmente 30390 persone, che corrispondono ragguagliatamente a 800 individui per ogni miglia toscane quadrate di suolo imponibile.
    Cotesto territorio fronteggia con quello di otto Comunità. Dal lato di ostro e di scirocco confina con la Comunità di Campi a partire dalla testata orientale del ponte sull’Ombrone che cavalca la strada regia
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    pistojese a levante del Poggio a Cajano, di dove s’inoltra per la Gora Bonzola fino alla via di Castel nuovo, mercé la quale percorre per breve tratto quelle delle Scaffe e del Salciolo fino a che trova la via delle Tozze. Lungo quest’ ultima i due territorj comunitativi si dirigono da libeccio a grecale sulla strada comunitativa del Confine tagliando quella di Colonica per arrivare sulla postale pratese che incontrano alla nona pietra migliare da Firenze . Di costà i due territorj si accostano alla ripa destra del fiume Bisenzio, che per breve tratto rimontano sino alla strada comunale di Pontano, donde s’inoltrano nel torrente Marinella. Costì cessa il territorio della Comunità di Campi e viene a confine quello comunicativo di Calenzano, col quale l’altro di Prato costeggia mediante la via che resta a ponente del torrente Marinella, finché entrambi arrivano sulla strada di Calenzano . Di là dirigendosi a settentrione passa il poggio di Pizzidimonte, quindi attraversando la via di Cavagliano salgono sul fianco occidentale della diramazione australe del monte Calvana, passando pel Canto ai Grilli sino a che arrivati al giogo sopra la chiesa di Savignano, sottentra a confine il territorio della Comunità di Barberino di Mugello, con il quale il nostro di Prato proseguendo la direzione di settentrione percorre la criniera delle Calvane a cavaliere della pieve di Sofignano e di là s’inoltra fino sul poggio di Valli Bossi. Ivi piegando la fronte da levante a settentrione scendono entrambi il fianco occidentale del monte Calvane mediante il canale detto il Vallino della Costa finché alla confluenza del Fosso del Cotone nel fiume Bisenzio viene a confine dal lato di maestrale la Comunità di Cantagallo , con la quale la nostra scende
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    per poco il Bisenzio nella direzione di libeccio che lo abbandona alla confluenza del fosso Rilajo. Quindi dirigendosi a ponente attraversa la strada provinciale di Vernio passato il borgo di Vajano per salire sul fianco orientale del monte Giavello nella cui sommità cessa la Comunità di Cantagallo e sottentra dirimpetto a ponente quella di Montemurlo. Con quest’ultima l’altra di Prato percorre per termini artificiali una lunga linea da settentrione a libeccio passando per le due creste del Monteferrato, di là dalle quali scende nella pianura mediante il fosso del Ficarello. Di costì i due territorj comunitativi entrano nella strada postale di Pistoja e continuano per quella fino al ponte dell’ Agna, il cui torrente discendono di conserva per arrivare alla confluenza dell’Agna nel Calice pratese, dove entra a confine dirimpetto a ponente la Comunità del Montale mediante il Calice predetto, con la quale l’altra costeggia fino al fiume Ombrone. Ivi la nostra trova di fronte a libeccio la Comunità di Tizzana con la quale seguita il corso del fiume testé nominato finché alla confluenza del fosso d’ Jolo incontra il territorio di Carmignano, col quale il pratese percorre un altro tratto del fiume Ombrone nella direzione da maestrale a scirocco e con esso arriva alla testata orientale del ponte d’Ombrone sulla strada regia sotto il Poggio a Cajano, dove ritrova la Comunità di Campi.
    Fra i maggiori corsi d’acqua che attraversano il territorio di questa Comunità si contano, dal lato di settentrione e grecale il fiume Bisenzio, dal lato di ponente il fosso Bardine, e ne lambiscono i suoi confini, dalla parte medesima il fosso Bagnolo ed il Calice, mentre dal lato di libeccio scorre l’Ombrone pistojese.
    Molte strade rotabili fanno capo a Prato, o s’innestano nel suo territorio con quella regia postale di Pistoja e Lucca che passa
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    in mezzo a Prato. – Conterò per ora fra le principali, a levante la strada provinciale che da Firenze si avvia per Castello, Sesto e Calenzano; a ponente la via pure provinciale detta Montalese, perché attraversa la Comunità del Montale e guida a Pistoja; a ostro le vie comunitative di Colonica e Piazzanese, e quella del Poggio a Cajano, e a settentrione la strada provinciale che rimonta quasi pianeggiando la ripa destra del fiume Bisenzio fino al Mercatele di Vernio, di dove è sperabile che in mezzo a tanto movimento commerciale la strada medesima continui il suo cammino facilmente carrozzabile per la non lunga salita di Monte Piano, onde scendere anco da quel lato la valle meridionale del Reno bolognese e mettere Prato in direzione più diretta e più breve con Bologna.
    Fra le montuosità più eminenti del territorio compreso in questa Comunità contasi, a grecale il monte delle Calvane che si alza 1309 braccia sopra il livello del mare, e dal lato di maestrale il Monte Ferrato, la cui punta maggiore trovasi braccia 704 superiore al mare Mediterraneo.
    Tre specie di terreni diversi costituiscono l’insieme del territorio in questione, cioè il compatto secondario dell’Appennino, quello di alluvione, e il cristallino o metamorfosato di serpentino e granitone.
    Spetta quasi generalmente alle tre rocce stratiformi appenniniche (macigno, alberese e bisciajo) l’ossatura visibile de’contrafforti che fiancheggiano il corso del fiume Bisenzio tanto sul monte Calvane alla sinistra del Bisenzio, dove abbonda l’alberese, quanto nel monte della Costa e dell ’Altociglio alla destra del fiume medesimo, dove predomina il macigno.
    Dissi quasi generalmente alle tre rocce sopraindicate poiché sulle spalle settentrionali dell’ Altociglio, là dove questo si congiunge con lo sprone australe del monte Giavello, e donde sgorgano le prime acque del fosso Bardine, al pari che nel colle di Cerreto le rocce di macigno e di schisto marnoso veggonsi alterate
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    e ridotte le une in una specie di diaspro ed in gabbro diallogico, le altre in una varietà di schisto lucente, o di ardesia, le quali rocce servono anche di mantello al serpentino nero e verde di Prato ed al granitone o pietra da macine di Figline, due qualità di pietre cristalline delle quali è formato il Monte Ferrato. – Vedere MONTE FERRATO .
    Spetta poi al terzo terreno, cioè a quello di alluvione, tutta la pianura pratese, la quale è coperta profondamente di ciottoli, di ghiaje e di renischio delle rocce prenominate, e sovrappone alle medesime una terra vegetale su cui prosperano i cereali, il mais , le piante leguminacee, la vite, i frutti e copiosissime praterie mantenute sempre verdi dai molti fossi d’acque lentamente correnti che irrigano tutta la pianura Pratese e le vaste e fruttifere Regie Cascine del Poggio a Cajano in cotesto territorio comprese.
    Il clima di Prato e temperato, le acque ottime e l’aria salubre; così pure nel suo territorio, più però verso il monte che nella pianura meridionale.
    Le produzioni di suolo e quelle dell’industria manifatturiera traggono una grande risorsa dalle acque che incanalandosi dal fiume Bisenzio circa due miglia sopra Prato, mentre la maggior parte di quelle Fabbriche riceve un grandissimo movimento dai frequentati mercati settimanali che in Prata possono paragonarsi ad altrettante fiere, non tanto per l’affluenza de’concorrenti quanto anche per la quantità e qualità delle merci che vi si spacciano.
    Rispetto alla divisione diramazione del fiume Bisenzio dirò che una parte delle sue acque s’incanalano due miglia sopra Prato al luogo detto il Cavalciotto, intorno alla quale opera scrisse il celebre Galileo. Di là si conducono per canale alle mura della città in linea quasi parallela alla strada provinciale di Val di Bisenzio fra essa ed il fiume. Davanti alla chiesa di Cojano, un miglio toscano lungi da Prato, cotesto
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    canale di deviazione si divide in due rami per dar movimento a diversi edifizi nel recinto di quel popolo, quindi si riuniscono di nuovo in un solo fino a che in breve distanza dalla Porta al Serraglio le acque si spartiscono in quattro gore. – La più occidentale non entra in città, ma dopo aver rasentato il subborgo di Porta al Serraglio, le sue acque attraversano la campagna per inaffiare que’terreni, passano mediante ponti sotto lo strade provinciale e regia di Pistoja, per poi avviarsi a S. Giusto in Piazzanese, e di là perdersi nei fossi delle Regie Cascine del Poggio a Cajano. In cotesta traversa le acque della gora preindicata non solo giovano all’inaffiamento degli orli, ma danno moto a varj mulini, e ad una filanda di lana presso le mura della città.
    Gli altri tre canali o gore entrano in Prato, uno dal lato occidentale per attraversare la città nella linea di Porta al Serraglio, e per la piazza S. Agostino fino allo Spedale; quindi escono fuori delle mura meridionali, dove servono agli orti di quella campagna innanzi di entrare come quelle della prima gora nei fossi delle Regie Cascine.
    Il terzo canale taglia la città verso la parte orientale, passando rasente la base orientale della fortezza, quindi sbocca tra la Porta S. Trinita e quella Fiorentina, di dove continua per Grignano e Cafaggio fino alle stesse Regie Cascine. – Finalmente il quarto ramo rasenta la gran piazza di Mercatale, ed appena escito di città fra la Porta Fiorentina e la sponda destra del Bisenzio, si suddivide in due rami, uno dei quali piegando a ostro-scirocco percorre la pianura australe pratese nella direzione di Paperino e Castel nuovo, finchè si perde nell’Ombrone sopra il ponte del Poggio a Cajano; il secondo ramo poi corre parallelo al fiume Bisenzio fino alla villa di Mezzana, donde si avvia per colonica, al di là dalla qual chiesa (passando fra
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    Mezzana e Cafaggio) esce dal territorio della Comunità di Prato per andare a vuotarsi e rendere finalmente le sue acque al Bisenzio nelle vicinanze di Campi.
    Coteste tre ultime gore o canali nel passaggio loro dalla città danno moto a molte macchine di lanificj, non che a due mulini, e giovano anche a diverse tintorie e ad una concia di pelli, mentre fuori di città esse mettono in movimento molte macine da mulino e da frantojo.
    Nel 1840 fu costruita sul Bisenzio sopra il Cavalciotto una grandiosa pescaja dal cavalier Legnetti Gianni per condurre le acque del fiume ad una fabbrica da lui fatta edificare, e provvista di otto macine da grano, di un frantojo, di una gualchiera e di una filanda di lana; oltre di ciò è sperabile che cotesto nuovo canale di acque del Bisenzio sia per servire anche ad altre non meno utili operazioni.
    Degli edifizi messi in moto da questo fiume fu dato un cenno all’Articolo BISENZIO, così dei ponti antichi e nuovi, cui giova aggiungere qualmente in un diurno della Comunità di Prato dell’anno 1573 a pag. 33 sotto dì 11 luglio si legge: “che s’informi Firenze, come per rifare il Ponte Arzana che era sopra Bisenzio, sarebbe necessario che il Comune di S. Pier a ponti restituisse gli scudi 310 che gli furono dati dalla Comunità di Prato per rifare il suo ponte, e che per il resto concorressero gl’interessati.”
    L’uso del mercato in Prato è più antico della Porta a Mercatale, cioè del 1320 circa, perchè costà innanzi l’attuale ingrandimento delle mura urbane, doveva esister il piazzale per il mercato, il quale in origine aveva luogo due volte al mese: ma con deliberazione del 21 ottobre del 1421 il magistrato comunitativo ordinò uno statuto apposito, e stabilì che il mercato si facesse, come si fa tuttora, ogni settimana nel giorno di lunedì.
    All’opposto, ( ERRATA : delle due le fiere) delle due
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    fiere che si tenevano in Prato, una nei primi di luglio, e l’altra per la festa della S. Cintola, non è rimasta che quest’ultima, la quale però dura tre giorni (dopo il dì 8 settembre) e supplisce per ambedue mediante le molte contrattazioni che vi si fanno, specialmente in vendite di pannine ed in tessuti di ogni qualità.
    Dal regolamento speciale de’29 settembre 1774 rispetto all’organizzazione economica della Comunità di Prato apparisce, ch’essa allora consisteva nella città coi suoi tre subborghi, cioè; 1° della Chiesa nuova o di Maleseti; 2° di S. Maria a Narnati; 3° e di S . Maria del Soccorso con altre 45 ville, in, tutto 48 popolazioni di campagna. Ma 9 delle 45 ville all’anno 1774 non avevano più parrocchia, cioè, la villa di S. Paolo (a Petricci), la villa di Gello, riunita alla chiesa del Soccorso, quella di Meretto, riunita all’altra di Faltugnano ; la villa di Solano, ( ERRATA : annessa a Figline ) annessa a Cerreto ; la villa di Maglio, riunita a Fabio; di S. Godenzo, annessa a Sofignano, e l’altra di Grisciavola, ammensata a Pupigliano.
    La Comunità di Prato mantiene due medici, due medico-chirurghi e due chirurghi, oltre le scuole ed istituti sopra indicati.

    QUADRO della Popolazione della COMUNITA’ di PRATO a quattro epoche diverse.
               
    - nome del luogo: Cafaggio, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 354, abitanti anno 1745 n° 590, abitanti anno 1833 n° 771, abitanti anno 1839 n° 781
    - nome del luogo: Canneto, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 54, abitanti anno 1745 n° 76, abitanti anno 1833 n° 85, abitanti anno
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    1839 n° 86
    - nome del luogo: Capezzana, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 53, abitanti anno 1745 n° 78, abitanti anno 1833 n° 92, abitanti anno 1839 n° 85
    - nome del luogo: Carteano, titolo della chiesa: S. Paolo (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 67, abitanti anno 1745 n° 45, abitanti anno 1833 n° 64, abitanti anno 1839 n° 68
    - nome del luogo: Casale, titolo della chiesa: SS. Biagio e Giorgio (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 279, abitanti anno 1745 n° 339, abitanti anno 1833 n° 499, abitanti anno 1839 n° 558
    - nome del luogo: Castelnuovo, titolo della chiesa: S. Giorgio (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 296, abitanti anno 1745 n° 451, abitanti anno 1833 n° 459, abitanti anno 1839 n° 481
    - nome del luogo: Cavagliano, titolo della chiesa: S. Baigio (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 74, abitanti anno 1745 n° 56, abitanti anno 1833 n° 49, abitanti anno 1839 n° 46
    - nome del luogo: Cerreto, titolo della chiesa: S. Michele (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 95, abitanti anno 1745 n° 181, abitanti anno 1833 n° 237, abitanti anno 1839 n° 248
    - nome del luogo: Chiesanuova, o a Maleseti, titolo della chiesa: Vergine dell’Umiltà (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° 449, abitanti anno 1833 n° 699, abitanti anno 1839 n° 719
    - nome del luogo: Cojano, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 232, abitanti anno 1745 n° 548, abitanti anno 1833 n° 872, abitanti anno 1839 n° 911
    - nome del luogo: Collina, o in Monte, titolo della chiesa: S. Leonardo (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 50, abitanti anno 1745 n° 62, abitanti anno 1833
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    n° 97, abitanti anno 1839 n° 87
    - nome del luogo: Colonica, titolo della chiesa: S. Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 187, abitanti anno 1745 n° 287, abitanti anno 1833 n° 383, abitanti anno 1839 n° 414
    - nome del luogo: Colonica, titolo della chiesa: S. Giorgio (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 263, abitanti anno 1745 n° 427, abitanti anno 1833 n° 570, abitanti anno 1839 n° 681
    - nome del luogo: Fabio e Maglio, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 119, abitanti anno 1745 n° 60, abitanti anno 1833 n° 94, abitanti anno 1839 n° 102
    - nome del luogo: Faltugnano con gli annessi di Mereto o di Parmigno, titolo della chiesa: S. Giusto con S. Clemente (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 160 e n° 54 (S. Giusto) e n° 33 (S. Clemente), abitanti anno 1745 n° 244 (S. Giusto) e n° 35 (S. Clemente), abitanti anno 1833 n° 234, abitanti anno 1839 n° 220
    - nome del luogo: Figline, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 316, abitanti anno 1745 n° 454, abitanti anno 1833 n° 617, abitanti anno 1839 n° 655
    - nome del luogo: Filettole, titolo della chiesa: S. Maria (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 254, abitanti anno 1745 n° 337, abitanti anno 1833 n° 469, abitanti anno 1839 n° 500
    - nome del luogo: Galciana, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 459, abitanti anno 1745 n° 669, abitanti anno 1833 n° 1369, abitanti anno 1839 n° 1452
    - nome del luogo: Gello di Prato, titolo della chiesa: S. Bartolommeo in S. Maria del Soccorso (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 1110, abitanti anno 1745 n° 781, abitanti anno 1833 n°
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    1288, abitanti anno 1839 n° 1432
    - nome del luogo: Gonfienti, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 211, abitanti anno 1745 n° 231, abitanti anno 1833 n° 277, abitanti anno 1839 n° 304
    - nome del luogo: Grignano, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 219, abitanti anno 1745 n° 291, abitanti anno 1833 n° 658, abitanti anno 1839 n° 642
    - nome del luogo: Jolo, o Ajolo, titolo della chiesa: S. Pietro (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 662, abitanti anno 1745 n° 765, abitanti anno 1833 n° 1404, abitanti anno 1839 n° 1442
    - nome del luogo: Jolo, o Ajolo, titolo della chiesa: S. Andrea (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° 117, abitanti anno 1833 n° 227, abitanti anno 1839 n° 282
    - nome del luogo: Mezzana, titolo della chiesa: S. Pietro (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 268, abitanti anno 1745 n° 540, abitanti anno 1833 n° 792, abitanti anno 1839 n° 740
    - nome del luogo: Montalbiolo (1), titolo della chiesa: S. Lorenzo (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 79, abitanti anno 1745 n° 96, abitanti anno 1833 n° 137, abitanti anno 1839 n° -
    - nome del luogo: Monte (in), titolo della chiesa: S. Lucia (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 157, abitanti anno 1745 n° 133, abitanti anno 1833 n° 326, abitanti anno 1839 n° 361
    - nome del luogo: Narnali, titolo della chiesa: S. Maria (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 247, abitanti anno 1745 n° 368, abitanti anno 1833 n° 673, abitanti anno 1839 n° 659
    - nome del luogo: Paperino, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 270, abitanti anno 1745 n° 360, abitanti anno
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    1833 n° 433, abitanti anno 1839 n° 427
    - nome del luogo: Piazzanese, titolo della chiesa: S. Ippolito (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 240, abitanti anno 1745 n° 311, abitanti anno 1833 n° 384, abitanti anno 1839 n° 421
    - nome del luogo: Piazzanese, titolo della chiesa: S. Giusto (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 549, abitanti anno 1745 n° 716, abitanti anno 1833 n° 1065, abitanti anno 1839 n° 1140
    - nome del luogo: Pimonte, titolo della chiesa: S. Cristina ( ERRATA : Prioria) (Arcipretura semicollegiata), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 217, abitanti anno 1745 n° 194, abitanti anno 1833 n° 215, abitanti anno 1839 n° 223
    - nome del luogo: Pizzidimonte, titolo della chiesa: S. Lorenzo (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 259, abitanti anno 1745 n° 298, abitanti anno 1833 n° 448, abitanti anno 1839 n° 520
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: SS. Stefano e Lorenzo (Collegiata e Cattedrale) con l’annesso di S. Giovanni Battista, diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 2284 (SS. Stefano e Lorenzo) e n° 8 (S. Giovanni Battista), abitanti anno 1833 n° 2128, abitanti anno 1839 n° 2359
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: S. Agostino (Rettoria) già in S. Fabiano, diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 338, abitanti anno 1833 n° 1561, abitanti anno 1839 n° 1612
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: S. Bartolommeo (Prioria semicollegiata) già in S. Marco, diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 626, abitanti anno 1833 n° 1560, abitanti anno 1839 n° 1559
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: S. Domenico già in S. Vincenzio martire (Cura), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 595, abitanti anno 1833 n° 1004, abitanti anno 1839 n° 987
    - nome del luogo: PRATO città,
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    titolo della chiesa: S. Donato ora in S. Francesco (Cura), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 302, abitanti anno 1833 n° 601, abitanti anno 1839 n° 616
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: S. Maria in Castello, S. Giorgio e S. Tommaso alla Cannuccia, in S. Maria delle Carceri(Prioria semicollegiata), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 243 (S. Maria in Castello), n° 636 (S. Giorgio) e n° 299 (S. Maria delle Carceri), abitanti anno 1833 n° 1921, abitanti anno 1839 n° 1922
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: S. Pier Forelli (Cura), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 614, abitanti anno 1833 n° 817, abitanti anno 1839 n° 951
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: SS. Trinità dello Spirito Santo (Prioria), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° 588, abitanti anno 1833 n° 1187, abitanti anno 1839 n° 1319
    - nome del luogo: PRATO città, titolo della chiesa: Madonna della Pietà (Cura suburbana), diocesi cui appartiene: Prato, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 235, abitanti anno 1839 n° 258
    -Totale abitanti anno 1551 delle Parrocchie di PRATO città: n° 6000

    - nome del luogo: Pupigliano, titolo della chiesa: S. Miniato (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 87, abitanti anno 1745 n° 171, abitanti anno 1833 n° 225, abitanti anno 1839 n° 203
    - nome del luogo: Savignano, titolo della chiesa: SS. Andrea e Donato (Prioria), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 84, abitanti anno 1745 n° 79, abitanti anno 1833 n° 120, abitanti anno 1839 n° 115
    - nome del luogo: Schignano, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 134, abitanti anno 1745 n° 267, abitanti anno 1833 n° 330, abitanti anno 1839 n° 371
    - nome del luogo: Sofignano (2), titolo della chiesa: SS. Vito
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    e Modesto (Pieve), diocesi cui appartiene: Firenze, abitanti anno 1551 n° 153, abitanti anno 1745 n° 464, abitanti anno 1833 n° 568, abitanti anno 1839 n° 521
    - nome del luogo: Tavola, titolo della chiesa: S. Maria Maddalena (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 279, abitanti anno 1745 n° 542, abitanti anno 1833 n° 903, abitanti anno 1839 n° 956
    - nome del luogo: Tobiana, titolo della chiesa: S. Silvestro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 252, abitanti anno 1745 n° 210, abitanti anno 1833 n° 398, abitanti anno 1839 n° 422
    - nome del luogo: Vajano, titolo della chiesa: S. Salvatore (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 149, abitanti anno 1745 n° 224, abitanti anno 1833 n° 502, abitanti anno 1839 n° 567
    - nome del luogo: Vergajo, titolo della chiesa: S. Martino (Prioria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 189, abitanti anno 1745 n° 238, abitanti anno 1833 n° 343, abitanti anno 1839 n° 363
    -Annessi provenienti da Comunità limitrofe: abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° -, abitanti anno 1839 n° 228
    - Totale abitanti anno 1551 n° 15224
    - Totale abitanti anno 1745 n° 19307
    - Totale abitanti anno 1833 n° 30390
    - Totale abitanti anno 1840 n° 32016

    (1) N. B. La Parrocchia di S. Lorenzo a Montalbiolo nel 1833 fu staccata dalla Comunità di Prato e data a quella di Carmignano.
    (2) La Parrocchia plebana di Sofignano nel 1840 mandava nella Comunità di Barberino di Mugello 108 abitanti qui sopra detratti dalla sua popolazione effettiva.

    DIOCESI DI PRATO. – La brama del clero della pieve e propositura di Prato di emanciparsi dal suo diocesano è molto antica, talché mi resta dubbio, se le prime guerre portate dalla gran contessa Matilda, quando nell’anno 1107 si
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    recò col vescovo di Pistoja all’assedio di Prato, nascessero da dissapori ecclesiastici piuttosto che da vertenze politiche.
    Che i pievani della chiesa di S. Stefano nel Borgo Cornio di buon’ora si liberassero in una certa guisa dall’autorità feudale dei conti Alberti, lo indica a parer mio una dichiarazione del 25 agosto 1133 fatta presso la pieve suddetta, per la quale il conte Bernardo chiamato Nontigiova, ed il conte Malabranca, fratelli e figli del fu conte Alberto, promisero a Ildebrando pievano proposto della chiesa di S. Stefano posta nel borgo di Prato, che eglino non avrebbero permesso si fabbricasse nel territorio della pieve predetta alcuna chiesa senza licenza espressa, consiglio e volere del proposto e de’suoi canonici, ed in caso d’inosservanza quei conti si sottoponevano alla penale di lire cento d’oro. – (ARCH. DIPL. FIOR . Carte della Comunità e della Propositura di Prato ) .
    Li stessi due fratelli conti di Prato e di Vernio quattr’anni innanzi, per atto pubblico rogato in duplicato sotto dì 24 e 25 settembre del 1129, cederono allo stesso proposto Ildebrando, mediante la retribuzione di un canone annuo di 24 staja di grano, il diritto della gora che dal Bisenzio conduceva l’acqua al mulino della villa di S. Lucia. – Vedere LUCIA (S.) in MONTE.
    Nel 1158 per istrumento del dì 8 marzo, Benedetto spedalingo, rettore e riedificatore del Ponte ch’è sopra il Bisenzio, considerando il vantaggio del ponte medesimo e dello spedale da lui fabbricato, e temendo che dopo la sua morte l’uno e l’altro andassero in rovina, volle con quell’atto donare in perpetuo alla pieve di S. Stefano di Prato, e per essa ad Uberto suo proposto, tanto il ponte come lo spedale con un pezzo di terra annesso . – ( loc. cit., Carte della Propos. )
    Infatti in un rogito dell’agosto 1160 trattasi
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    del livello perpetuo di un pezzo di terra fatto dal prete Ildebrando rettore dello Spedate di S. Stefano per l’annuo canone di 12 staja di grano alla misura dello stajo fittuale, oltre un laudemio di soldi 9. ( ivi ) .
    Però le prime controversie fra i proposti di Prato ed i loro vescovi di Pistoja incominciano a comparire nelle carte di quella Propositura all’anno 1207; una delle quali riguarda una sentenza data da due canonici pistojesi deputati dal Pontefice Innocenzo III per una causa vertente fra il proposto Jacopo e suo capitolo di Prato da una parte, e Bono vescovo di Pistoja dall’altra, rispetto al padronato della chiesa di S. Giovanni Evangelista di Pistoja, la quale vertenza continuò per molti anni, siccome apparisce da un lodo pronunziato dagli arbitri nel 17 aprile 1212 favorevole al capitolo e proposto pratese.
    Che poi cotesta pieve fino d’allora si contasse la prima della diocesi di Pistoja, eccettuata la cattedrale, lo dimostra una protesta fatta nel 1230 dal procuratore del proposto, il quale di consenso del suo capitolo avendo richiesto al vescovo di Pistoja che fosse revocato il gravame di non considerare la pieve di Prato la prima nella distribuzione degli olj santi e del crisma, il vescovo ordinò che in avvenire nel giorno del giovedì santo alla distribuzione predetta fosse preferita la pieve pratese a tutte le altre chiese battesimali della sua diocesi .
    A quel tempo però il capitolo della collegiata di Prato era limitato a sei canonici oltre il proposto, unica dignità di quel clero, con un numero di cappellani e due ma sionarj a forma de’statuti di quel capitolo approvati nel 14 maggio del 1272.
    Ma le vertenze fra il vescovo di Pistoja e il proposto pratese divennero assai più lunghe e più serie nel principio del secolo XIV e segnatamente negli anni 1316, 17 e 18, siccome può vedersi da
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    un rotolo di pergamene di quegli anni esistente fra le carte della Propositura di Prato nell’Archivio Diplomatico Fiorentino dove contengonsi varii atti scritti a difesa della giurisdizione del proposto e della collegiata di Prato contro Ermanno vescovo di Pistoja ed il suo vicario.
    Anche fra le cartapecore del vescovato di Pistoja riunite nell’archivio precitato trovasi una deliberazione presa nel 30 maggio del 1318 dal clero di quella città adunato d’ordine del vescovo Ermanno, in conseguenza della proposta fatta dal prelato stesso, a quel consesso: di essere stata mossa questione dal proposto e capitolo di Prato contro i diritti e giurisdizione episcopale. Per effetto di che il clero suddetto decise, che il vescovo Ermanno eleggesse 12 ecclesiastici con facoltà di nominare due delegati per recarsi a Roma, uno a spese del Comune, l’altro per parte del clero di Pistoja ad oggetto di difendere cotesta causa a onore della chiesa e città di Pistoja. Come terminassero allora coteste vertenze non è scritto; sembra però dagli atti posteriori che in qualche modo vi si fosse riparato, tostochè nel 1340 sotto la signoria di Roberto re di Napoli il vescovo di Pistoja diresse lettere ai fedeli della sua diocesi per esortarli a contribuire con l’elemosine per le campagne da farsi nel campanile della pieve di Prato .
    Ma non corsero molti anni che si riaccesero dissenzioni fra il proposto di Prato e il vescovo di Pistoja, in guisa che nel 12 maggio del 1356 il procuratore di Giovanni da Palma medico del Papa e proposto della pieve di Prato protestò in faccia al vescovo pistojese che egli non doveva intromettersi per l’avvenire nella giurisdizione di quella Propositura, allegando una sentenza data a favore della sua collegiata dal Conservatore apostolico. – ( loc. cit. Carte della Propositura di Prato ).
    Anche di maggiore strepito fu la protesta rogata nella sagrestia della pieve di S. Stefano dal notaro Amelio di Lapo de’Migliorati agli 8 settembre
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    del 1406, vale a dire nel giorno della solennità del S. Cingolo di Maria, quando il proposto Andrea e il sagrestano Alessio innanzi a Matteo vescovo di Pistoja dichiararono: che non era di suo diritto mostrare al popolo in tal giorno la sacra Cintola, essendo quello un loro privilegio.
    Ma due anni dopo essendo lo stesso vescovo Matteo essendo tornato a Prato, per rogito del dì 7 settembre 1408 dichiarò contro il prenominato proposto Andrea di avere diritto e di cantare la messa in pontificale, e di mostrare la S. Cintola.
    Nello stesso giorno ed anno il clero della pieve di Prato elesse un sindaco per comparire davanti a Matteo vescovo di Pistoja a discutere sulle ragioni del capitolo pratese a causa di giurisdizione. – ( loc. cit. )
    Finalmente si tratta di un appello sotto dì 20 settembre del 1408 umiliato al Pontefice Gregorio XII contro una sentenza pronunziata nel dì 14 dello stesso mese dal vescovo di Pistoja a pregiudizio del proposto e del capitolo di Prato per cagione della visita e delle funzioni sacre che il vescovo intendeva di fare in detta pieve nel giorno della Natività della Madonna.
    Che il pontefice Gregorio XII dichiarasse la pieve di Prato esente dalla visita del diocesano, e conseguentemente Nullius Diocesis lo darebbe a divedere altro documento della provenienza medesima rogato dal notaro Amelio di Lapo de’Migliorati da Prato, dal quale risulta che lì 2 novembre del 1416 il vicario vescovile di Pistoja essendosi portato in visita alla pieve di Prato, il rappresentante del proposto gli mostrò un privilegio di esenzione del Pontefice Gregorio XII, per effetto del quale egli ricusò di permettergli la visita diocesana in alcuna chiesa del suo piviere.
    Frattanto la Signoria di Firenze desiderosa di togliere fra i due popoli vicini sì grave scandalo sino dall’agosto del 1409 aveva presentato preghiera al Pontefice Alessandro V affinché si degnasse erigere in città vescovile la Terra di Prato, al
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    cui vescovo si assegnavano rendite sufficienti e molte chiese plebane. – (UGHELLI, Ital. Sacr. in Episcopis Prat. )
    In vista pertanto dei grandi privilegj in più tempi a questa insigne collegiata concessi, la pieve di Prato mediante bolla del 3 settembre 1463 edita dall’Ughelli ( in Episcopis Pratens. ) fu qualificata dal Pontefice Pio II Nullius Diocesis, esentando così il suo clero dalla giurisdizione del vescovo di Pistoja.
    Finalmente nel 1653 Innocenzo X con privilegio del 22 settembre di quell’anno in vigore della potente mediazione del Cardinale Carlo de’Medici decano del Sacro Collegio, e ( ERRATA : proposto commendatario) proposto commendatario e rettore ordinario della pieve di Prato, nel tempo in cui regnava in toscana il di lui fratello Ferdinando II, elesse in cattedrale la prepositura di Prato, e la Terra fu dichiarata città per decreto sovrano, a condizione che lo stesso prelato di Pistoja dovesse essere aeque principaliter tanto vescovo della vecchia cattedrale, come della nuova di Prato, la cui giurisdizione però venne limitata entro i confini delle sue mura urbane.
    Ben presto il capitolo pratese ebbe cura di richiamare i suoi chierici dal capitolo di Pistoja fondando un seminario, il quale fu aperto nel 1680 sotto il vescovo Gherardi, vale a dire innanzi che il vescovo ( ERRATA : Basi) Leone Strozzi fondasse quello di Pistoja.
    Dopo diverse traslazioni il seminario di Prato nel 1780 fu stabilmente collocato nell’antico monastero di S. Fabiano, i cui beni dal pontefice Leone X erano stati assegnati al capitolo di quella collegiata. – Cotesta attualmente è costituita da 26 canonici con 5 dignità, cioè, primicero, arciprete, arcidiacono, decano e tesoriere, oltre il canonico teologo e il penitenziere ab extra , ed oltre 29 cappellani con 12 chierici provvisionati.

    QUADRO delle Parrocchie e Popolazione della DIOCESI DI PRATO all’anno 1745, divisa per stati.

    1. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città
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    di Prato:
    SS. Stefano e Lorenzo Martiri (Cattedrale, già Collegiata e Prepositura)
    Impuberi maschi n° 322, femmine n° 262; adulti maschi n° 360, femmine n° 483; coniugati dei due sessi n° 643; ecclesiastici dei due sessi n° 214; totale n° 2284
    2. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Giovanni Decollato (riunita alla Cattedrale)
    Impuberi maschi n° -, femmine n° 1; adulti maschi n° -, femmine n° 4; coniugati dei due sessi n° 2; ecclesiastici dei due sessi n° 1; totale n° 8
    3. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Fabiano (ora in S. Agostino)
    Impuberi maschi n° 47, femmine n° 42; adulti maschi n° 57, femmine n° 68; coniugati dei due sessi n° 104; ecclesiastici dei due sessi n° 20; totale n° 338
    4. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Donato (ora in S. Francesco)
    Impuberi maschi n° 29, femmine n° 27; adulti maschi n° 88, femmine n° 110; coniugati dei due sessi n° 38; ecclesiastici dei due sessi n° 10; totale n° 302
    5. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Maria in Castello (ora in S. Maria delle Carceri)
    Impuberi maschi n° 24, femmine n° 26; adulti maschi n° 40, femmine n° 95; coniugati dei due sessi n° 29; ecclesiastici dei due sessi n° 29; totale n° 243
    6. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Giorgio (ora in S. Maria delle Carceri)
    Impuberi maschi n° 69, femmine n° 71; adulti maschi n° 131, femmine n° 253; coniugati dei due sessi n° 101; ecclesiastici dei due sessi n° 11; totale n° 636
    7. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Tommaso alla Cannuccia (ora in S. Maria delle Carceri)
    Impuberi maschi n° 31, femmine
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    n° 30; adulti maschi n° 50, femmine n° 113; coniugati dei due sessi n° 39; ecclesiastici dei due sessi n° 36; totale n° 299
    8. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Marco (ora in S. Bartolommeo)
    Impuberi maschi n° 70, femmine n° 71; adulti maschi n° 63, femmine n° 281; coniugati dei due sessi n° 118; ecclesiastici dei due sessi n° 23; totale n° 626
    9. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Pier Forelli (esistente)
    Impuberi maschi n° 62, femmine n° 50; adulti maschi n° 141, femmine n° 185; coniugati dei due sessi n° 65; ecclesiastici dei due sessi n° 111; totale n° 614
    10. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: SS. Trinità (ora nello Spirito Santo)
    Impuberi maschi n° 71, femmine n° 78; adulti maschi n° 106, femmine n° 130; coniugati dei due sessi n° 148; ecclesiastici dei due sessi n° 55; totale n° 588
    11. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Jacopo (ora nello Spirito Santo)
    Impuberi maschi n° 8, femmine n° 7; adulti maschi n° 12, femmine n° 45; coniugati dei due sessi n° 11; ecclesiastici dei due sessi n° 4; totale n° 87
    12. Titolo della chiesa parrocchiale dentro la città di Prato: S. Vincenzio Martire (ora in S. Domenico)
    Impuberi maschi n° 67, femmine n° 55; adulti maschi n° 58, femmine n° 185; coniugati dei due sessi n° 66; ecclesiastici dei due sessi n° 164; totale n° 595
    - TOTALE impuberi maschi n° 800, femmine n° 720; adulti maschi n° 1106, femmine n° 1952; coniugati dei due sessi n° 1364; ecclesiastici dei due sessi n° 678; totale n° 6620

    N. B. Alle suddette 12 parrocchie fu aggiunta nel secolo passato, ma dopo l’anno suddetto 1745, la cura suburbana della Madonna della
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    Pietà, già cappella curata dipendente dal parroco della Cattedrale di Prato.

    PRATO città nella Valle del Bisenzio. – Si corregga e si aggiunga alle respettive località quanto appresso. – Non starò ad aggiungere altre parole a quelle che dissi inquanto alla supposta origine di Prato, comecché ad un recente scrittore piaccia meglio quello che né scrisse Ricordano Malespini e Giovanni Villani copiò: E Prato, cioè, lo appellarono per ché dov’è oggi la terra era uno bello prato.
    Alla qual sentenza si mostra affatto contrario altro erudito Pratese nell’Articolo che segue a quello della sua Origine, pubblicati entrambi nell'ottimo Calenda rio Pratese per l’anno 1846, stantechè quest'ultimo farebbe risalire il governo municipale della sua patria fino al secolo X, e forse prima!!
    Né tampoco io feci caso in quell’ Articolo (Vol. IV pag. 637) di una risposta che taluni supposero data dal magistrato civile di Prato al vicario dell’ImperatoreRidolfo (anno 1286) tostochè, senza altre ragioni, chi disse ciò viveva molto tempo dopo il fatto da esso, o da altri, ideato.
    Alla pag. 638, dove si rammenta il cerchio attuale delle mura di Prato, dicasi piuttosto il cerchio allora esistente.
    Alla pagina seguente, fra il 1268 ed il 1269, si aggiunga la notizia di un atto pubblico del 7 settembre 1369 col quale le due figlie del fu Jacopo di Giovanni da Carmignano giurarono al Comune di Prato in mano del suo potestà di pagare tutti i dazj e di sopportare qualunque fazione o peso pubblico, come gli altri Pratesi rispetto ai beni di un loro parente stato condannato nella metà de'suoi averi dal consiglio del Comune di Prato nella precedente cacciata de’Ghibel lini, – (Arch. Dipl. Fior. Carte degli Spedali di Prato. )
    Otre quanto fu stampato in quel Volume all’Articolo Pistoja, pag. 420 del conte Fenzio degli Albertini di Prato, nepote del celebre Cardinal Niccolo, mi si presenta una membrana del
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    14 gennajo 1375 pervenuta nell’ Arch. Dipl. Fior. dalle carte  del Monastero di S. Silvestro di Pisa, mercé cui Francesco del fu conte Fenzio degli Alberimi di Prato abitante allora in Mantova, stando sotto il portico del palazzo di Lodovico Gonzaga vicario imperiale, fece quietanza ad Albizzo del fu Giacomo Lanfranchi cittadino pisano dell’amministrazione da esso tenuta de' suoi beni pel tempo che ne ebbe procura.
    Rispetto poi alla repartizione della Comunità di Prato distribuita nel 1551 in 8 quartieri quante erano le porte di detta Terra, ed in sei subborghi dissi, ch’erano 45 e non 48 le ville del suo contado, perché tante solamente si trovavano enumerate nell’informazione esibita dai potestà di Prato a richiesta del Duca Cosimo I.
    Talché non conoscendosi il nome delle altre tre ville, credei proprio di assegnarle ai sei, e non già come credono alcuni ai nove poco popolati subborghi di Prato; avvertimento da me ripetuto sotto varj articoli di quelle Ville e segnatamente sotto quello di Prato (pag. 658). Ecco la copia autentica del Manoscritto inviato dal Comune di Prato a Cosimo I:

    La Terra di Prato repartita nei suoi Quartieri all’anno 1551 dava:



    1. Quartiere della Porta Gualdimare, famiglie n° 175, abitanti n° 1055
    2. Quartiere della Porta a Serraglio,                  famiglie 206, abitanti n° 1044
    3. Quartiere della Porta Tiezi o Tiezzi, famiglie 117, abitanti n° 554
    4. Quartiere della Porta a Capo di Ponte, famiglie 134 , abitanti n° 663
    5.Quartiere della Porta al Lione, famiglie 105, abitanti n° 717
    6.Quartiere della Porta S.Trinità, famiglie 149, abitanti n° 687
    7.Quartiere
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    della Porta a Corte, famiglie 59, abitanti n° 241
    8. Quartiere, famiglie 150, abitanti n° 1039

    1095
    TOTALE  abitanti n° 6000

    NEI SUBBORGHI DI PRATO

    1. Subborgo di Porta Gualdimare , famiglie 37, abitanti n° 236
    2. Subborgo della Porta al Serraglio,   famiglie 26, abitanti n° 114
    3. Subborgo della Porta a Tiezzi,   famiglie 22, abitanti n° 147
    4. Subborgo della Porta a Capo di Ponte, famiglie 35,  abitanti n° 283
    5. Subborgo della Porta Lione,   famiglie 11, abitanti n° 86
    6. Subborgo della Porta S. Trinità,   famiglie 12, abitanti n° 79

    e non più
    TOTALE,   famiglie 143
    TOTALE abitanti n° 945

    II contado poi di Prato componevasi delle 45 ville e parrocchie seguenti 1 .Vil la di Gello 2. Villanvova; 3. di Grignano, 4. di Montarbiolo 5. di Tobbiana; 6. di Filettole 7. di Schignano; 8. di   S. Poto (a Piazzanese); 9. di Armignano, 10 di Carteano 11. di Pizzidimonte;  12. di Canneto; 13. di S. Lucia al Monte; 14 di Soffignano. 15. di Solano ; 16 di Cafaggio; 17. di Mezzana; 18.
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    di Co jano; 19. di S . Leonardo in   Monte; 20. Villa di Cerreto ; 21. di Vajano ; 22 di Tavola ; 23 di Pupigliano; 24 di S. Giusto (in Piazzanese); 25. Calciana 26. di Figline: 27. di Castelnuoro; 28 di Parmigno 29 . di Colonica; 30. di Savignano, 31. di Meretto; 32. di Faltu gnano; 33 di Gonfienti ; 34 di Paperino; 35. di Capezzana; 36. di Grisciavola 37  di Fabio; 38. di Maglio; 39. d’Jolo ; 40 di S. Giorgio a Colonica; 41. di S. Cristina a Pimonte 42 . di Vergajo; 43. di Carag liano; 44. di S. Gaudenzio;  45 e di Casale. (Si desiderano i nomi delle Ville che qui mancano.)
    Nella  qnale statistica numerica del il contado con i sei subborghi di Prato contava 1683 famiglie con 9224 Abitanti. – TOTALE Famiglie 2921, Abitanti 15224.

    Dove poi si dà il Prospetto Sommario della quantità, qualità e prodotti delle fabbriche opificiarie di Prato all’anno 1840, giova riportare il sunto stato inserito nel Calendario Pratese sull' industria commercio di quella città e Comune nel 1845, in cui fu avvisato, che una sola parte della popolazione di detta Città si occupa della coltura dei campi, e che il restante ( circa 26500 abitanti, ) è data alle manifatture ed al commercio.
    Per mostrare poi l’importanza di questo commercio, sono ivi indicati in numero,
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    peso e quantità i principali generi manifatturati, o commerciati dentro le mura urbane, centro precipuo del commercio di questa Comunità.

    Capelli di Paglia N° 105,000
    Treccie di paglia N° 300,000
    Cappelli di feltro N° 30,000
    Lana ( lavorata )Lib. 1,300,000
    Cotone ( lavorato ) Lib. 1,150,000
    Canapa ( lavorata ) Lib. 1,000,000
    Lino ( lavorato ) Lib. 40,000
    Seta tratta Lib. 3,500
    Rame ( lavorato ) Lib. 350,000
    Ferro ( lavorato )   Lib. 280,000
    Cojami Lib. 610,000
    Grasso e lardo Lib. 800,000
    Corebelli  N° 30,000

    alle quali cifre sarebbe da aggiungere il prodotto di sei tipografie, quello delle numerose tintorie, dei caffè, dei negozj di rivendite di generi coloniali, dei fornai, delle cento botteghe di sottigliumi ecc.
    Che se all’industria e commercio della città si vuole unire quello delle borgate e villaggi, si troverà, che Jolo, Cafaggio e Galciana forniscono pellami greggi, animali da frutto, cereali, ecc. e che il villagio di Figline da' vasi di terra cotta in tambelloni da forno, e 400 macine da molino, una di cui metà scavasi annualmente dalle vicine cave di granitone, mentre l'altra metà è di pietra alberese.
    Alla pag.648, dove si parla della cappella del S. Cingolo nella cattedrale di Prato e del cancello di bronzo che dissi disegnato dal Brunellesco, correggasi, e dicasi diretto da Lorenzo Ghiberti ; ed in quanto alla bellissima chiesa della Madonna delle Carceri, discorrendo degli stalli di quel piccolo coro, non sono essi come dissi di marmo, ma d'intagli e di tarsie.
    All’ Articolo stesso Comunità di Prato è da correggersi un errore solenne di calcolo malfatto e peggio stampato col dare ad una superficie ridotta a miglia toscane 45,85, nella quale nel 1833 vivevano 30390 persone, un reparto di 800 Abitanti per miglio quadrato, mentre doveva dirsi di 663 persone per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Fra i maggiori corsi di acqua che attraversano il territorio di
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    questa Comunità, il più copioso e dirò anche il più importante di tutti per l'agricoltura e per l'industria pratese è il fiume Bisenzio, che non diede mai come taluni credettero, il suo nome alla Terra ora città di Prato, la qual fiumana strada facendo reca un. benefizio immenso a quelle popolazioni non tanto durante il corso fluviatile, quanto dal punto del Cavalciotto di dove vengono in parte deviate le sue acque per attraversare la città, e la sua pianura in varie direzioni. Avvegnaché il Bisenzio dalla sua origine fino al confine del territorio comunicativo di Prato mantiene in costante movimento 48 molini ( ERRATA : con 57 gualchiere) con 7 gualchiere; 10 lanificj, 4 ramerie, 3 cartaje, una ferriera e due frantoj – Vedere anche l’Articolo Bisenzio.
    Un altro minor corso d'acque appellato il Calice separa dalla parte di ponente la Comunità di Prato da quella del Montale; rispetto al qual Calice Pratese ed alla strada Montalese che lo attraversa, citerò una membrana del 30 dicembre 1407, allorchè il magistrato di Torre e dei Beni dei Ribelli deliberò di far riattare il ponte sopra il Torrente Calice che divide i territori tra il Comune di Prato e quello di Pistoja posto sulla strada, per la quale da Prato si va a quest' ultima città. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. Gen ) .
    Già dissi che nella sua pianura i terreni sono assai fertili, sementati e vitati, e producono biade e grano squisito, granturco, legumi ecc. ecc. La vite è stata introdotta ovunque, sebbene in pianura i vini che produce siano piuttosto deboli; non così nella parte del poggio, dove principalmente si ottengono vini spiritosi, ed olio in gran copia. Por ogni dove si veggono alberi da frutto, fra i quali si moltiplicano i gelsi per il governo de'filugelli.
    Da alcuni riscontri stati di
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    recente pubblicati nel Calendario Pratese dall’autore dell'Articolo Agricoltura rilevasi, che è da ritenersi l'annuale prodotto dei cereali di tutta la Comunità per 100,000 sacca circa, quello del vino per barili 120,000, quello dell'olio per barili 5000 e che dei bozzoli se ne ottengono ora da libbre 200,000 a un circa.
    Rispetto agli uomini chiari che ha fornito questa città potrebbe il lettore trovarne una lunghissima lista nella Biblio grafia Pratese compilata nel 1814 per un da Prato, ma dovendoci contentare di alcuni più celebri che sopra tanti altri si distinsero, rammenterò, in politica il Cardinal Niccolo da Prato; in dottrine ecclesiastiche un Monsignor Martini; in fisica un dottor Carradori; in erudizione un Casotti: in scienze fisiche un Pacchiani, e non pochi altri.
    Finalmente in calce all’Articolo Prato Comunità (Vol. IV pag. 658) discorrendo del regolamento speciale del 29 settembre 1774 ordinato dal Granduca Leopoldo I, rispetto all'organizzazione economica di questa Comunità, si disse, a quali popoli furono uniti i tre sobborghi superstiti di Prato, quando le 45 ville erano già raccolte in 36 popoli, fra le quali deve correggersi la villa di Solano annessa a Cerreto, e non a Figline.
    Nel 1833 la COMUNITA’ DI PRATOcontava 30,330 individui, e nell' aprile del 1845 ne aveva 33,237, come appresso:

    Cafaggio, Abitanti N.°  841
    Cioneto, Abitanti N.°  90
    Capezzana, Abitanti N.°  121
    Carteano, Abitanti N.°  71
    Casale, Abitanti N.°  565
    Castelnuovo ( porzione ), Abitanti N.°  457
    Civagliano, Abitanti N.°  48
    Cerreto, Abitanti N.°  251
    Chiesa nuova, Abitanti N.°  715
    Cojano, Abitanti N.°  950
    Collina, Abitanti N.°  88
    Colonica (S. Giorgio) , Abitanti N.°  652
    Colonica (S.
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    Maria) , Abitanti N.°  429
    Fabio, Abitanti N.°  100
    Faltugnano, Abitanti N.°  252
    Figline, Abitanti N.°  703
    Filettole (pieve) compreso il Convento de’Cappuccini, Abitanti N.°  483
    Galciana, Abitanti N.°  1574
    Gonfienti ( porzione ), Abitanti N.°  319
    Grignano, Abitanti N.°  625
    Jolo ( S. Andrea ), Abitanti N.°  243
    Jolo (S. Pietro), Abitanti N.°  1497
    Mezzana, Abitanti N.°  780
    Monte, Abitanti N.°  386
    Narnali, Abitanti N.°  698
    Paperino, Abitanti N.°  429
    Piazzanese (S. Giusto a), Abitanti N.°  1239
    Piazzanese (S. Ippolito a) , Abitanti N.°  427
    Pimonte, Abitanti N.°  215
    Pizzidimonte, Abitanti N.°  507
    PRATO(città) (S. Agostino compreso il convento di S. Michele), Abitanti N.°  1584
    PRATO (S. Bartolommeo), Abitanti N.°  1618
    PRATO (Cattedrale), Abitanti N.° 2386
    PRATO (S.Domenico compresi tre conventi), Abitanti N.°   1116
    PRATO (S. Donato col convento di S. Francesco), Abitanti N.°  643
    PRATO (Madonna della Pietà), Abitanti N.°  304
    PRATO (S. Maria delle Carceri), Abitanti N.°  1977
    PRATO (S. Pier Forelli con due conservatorj), Abitanti N.°  1032
    PRATO (SpiritoSanto), Abitanti N.°  1410
    Pupigliano, Abitanti N.°  198
    Savignano, Abitanti N.°  123
    Schignano, Abitanti N.°  380
    Soccorso, Abitanti N.°  1509
    Sofignano ( porzione ), Abitanti N.°  533
    Tavola, Abitanti N.°  992
    Tobbiana, Abitanti N.°  436
    Vajano Abitanti N.°  638
    Vergajo, Abitanti N.°
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     383

    Annessi

    Bonistallo; dalla Comunità di Carmig nano , Abitanti N.°  121
    Seano; dalla Comunità di Carmig nano , Abitanti N.°  88
    Lecori (S. Angelo a); dallaComunit à di Signa , Abitanti N.°  31

    TOTALE Abitanti  N°  33,257


    VESCOVATI DELLA TOSCANA. – Nella Toscana cisappennina della presente Opera contansi attualmente 22 Vescovati e quattro Arcivescovati; dieci dei quali Vescovati esistevano sino dalla prima età di Giovanni Villani. Tali sono le diocesi di Arezzo, di Chiusi, di Fiesole , di Roselle (Grosseto), di Luni (Sarzana) di Pistoja, di Populonia (Massa Marittima) di Soana, di Volterra e di Brugnato. – Spettano ai 12 Vescovati più moderni quelli di Cortona, di Montepulciano, di Pienza, di Montalcino, di Colle, di Prato, di Sansepolcro, di Sanminiato, di Pescia, di Pontremoli, di Livorno e di Massa Ducale. – Delle 22 diocesi tre sono rette dai vescovi delle diocesi vicine più antiche, come sarebbe il vescovo di Chiusi che regge la chiesa di Pienza; quello di Pistoja che è parimente vescovo di Prato, e l'altro di Luni Sarzana che ora è diocesane di Brugnato.
    Sono suffraganei dell'arcivescovo di Firenze i vescovi di Fiesole, di Pistoja e Prato, di Colle, di Sanminiato e di Sansepolcro. – L' arcivescovo e primate di Pisa è anche metropolitano delle diocesi di Livorno e di Pontremoli. –
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    Sono suffraganei dell’arcivescovo di Siena quelli di Chiusi e Pienza, di Grosseto, di Massa Marittima e di Soana; e di corto fu dato per suffraganeo all’Arcivescovo di Lucca il vescovo di Massa Ducale; mentre quello di Brugnato, innanzi l'unione della sua diocesi all'antica di Luni Sarzana, era suffraganeo dell'arcivescovo di Genova.
    Dipendono immediatamente dalla S. Sede i Vescovi di Arezzo, di Volterra, di Luni Sarzana , di Cortona, di Montalcino, di Montepulciano, e di Pescia. – Vedere l'Articolo ARCIVESCOVATI della Toscana Granducale.
    Entrano poi nella Romagna Granducale quattro diocesi dello Stato Pontificio, cioè, quelle di Bertinoro, ili Faenza, di Forlì e di Sarsina, l’ultima delle quali per l’amministrazione ecclesiastica è stata affidata di corto al vescovo di Bertinoro.

    BISENZIO ( Bisentium flumen ). La Valle onde Bisenzio si dechina è formata dai contrafforti che, nella direzione da settentrione a ostro, scendono dall’Appennino di Monte piano e di Vernio, le quali branche prolungandosi, a destra per Monte Giavello fino a Monte Murlo , a sinistra per Monte Cuccoli e la Calvana, prendono in mezzo la pianura e la città di Prato.
    Scaturisce il Bisenzio da umili rigagnoli sopra Treppio fra Vernio e Cantagallo; alcuni di essi corrono per breve tragitto nella direzione da settentrione a ostro, alcuni altri da ponente a greco per riunirsi tutti insieme a Mercatale, dove confondono con le loro acque oscuri vocaboli per quello più dignitoso del fiume Esso allora spumante discende fra le balze di macigno fino ai piedi della rupe serpentinosa di Montecuccoli. Angustiato fra le serre dello stesso
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    monte e dell’opposto poggio di Gricigliana, si svincola serpeggiando da quella gola, e quindi più libero e meno furioso prosegue il cammino per Osella, Vajano e Pupigliano, fiancheggiato da una duplice linea di poggi sino presso alle porte di Prato. Giunto costà piega quasi ad angolo retto da libeccio a scirocco, rasentando le mura orientali della città lungo la strada Regia fiorentina. Passa a 5 miglia toscane di là sotto il nuovo ponte di Campi, già congiunto al torrente Marina; col quale si volge nuovamente a ostro con S. Piero a Ponti, e S. Moro, dove accoglie il fosso Reale del piano di Sesto, e poco appresso il fosso Macinante delle Regie Cascine di Firenze, dechinando un’altra volta a libeccio per entrare nell’Arno presso il Ponte a Signa.
    Il Bisenzio dalla più lontana scaturigine sino alla sua foce in Arno, percorre un tragitto di circa 32 miglia, venti delle quali con il suo alveo incassato in un’angusta valle fra solide rocce, nella massima parte stratiformi e compatte, mentre per le ultime dodici miglia esso passeggia sopra una spaziosa fertilissima pianura formata con le sue alluvioni, e sempre fiancheggiato da alti e larghissimi argini artificiali.
    Dodici ponti cavalcano questo fiume nel corso sopra descritto, 5 nella Valle superiore sino alle mura di Prato, e 7 da Prato alla sua foce. Le opere di difesa che esige quest’ultima sezione, ad oggetto di riparare dalle minaccianti piene del fiume le adiacenti campagne poco o punto al suo letto superiori di livello, formano un oggetto di gran considerazione per le assidue cure e gravi spese della sua manutensione: talché si potrebbe quasi confrontare il Bisenzio rapporto ai Pratesi, come il Serchio relativamente ai Lucchesi.
    Varj e sommi idraulici furono su tal proposito dalla Repubblica fiorentina, dal Governo Mediceo e dalla Dinastia felicemente regnante consultati. Nel numero dei matematici più insigni che scrissero sui provvedimenti da pigliarsi per rimediare ai danni del Bisenzio, si contano Galileo, Viviani, Giulio Parigi
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    e Fantoni. Sono opere di quest’ultimo le riduzioni di alcune sinuosità tolte al corso del Bisenzio lungo la pianura fra Prato e Campi, contro il parere di chi progettava un canale diritto, stimando di potere in tal modo ovviare le inondazioni.
    Se però da un canto il Bisenzio reca timori e dispendio ai possidenti frontisti nel piano di Prato, altrettanto benefico riesce nella Valle superiore alla classe industriale per gli edifizi messi in moto dalle sue acque. – Senza dire dei molti mulini situati nella pianura inferiore, non meno di 12 se ne contano a destra e a sinistra della Valle superiore, dove esistono inoltre due cartiere e quattro fabbriche di rame; una delle quali stata eretta di recente presso il ponte di Gabbolana per fondere e fabbricare caldaje, mezzine, vasi , lamiere, canne di rame, di bronzo e di piombo di ogni maniera.
    Immenso è il benefizio recato da una gora che prende le acque del Bisenzio allo sbocco della pianura, per l’opera di una solida e imponente pescaja, denominata il Cavalciotto , stata eretta da varj secoli due miglia al di sopra di Prato, ad oggetto d’introdurre una porzione di acque correnti dentro la città, a servigio specialmente delle tintorie, e dei numerosi lanificj di quell’industriosa popolazione.
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Localizzazione
ID: 3438
N. scheda: 42610
Volume: 1; 4; 5; 6S
Pagina: 328; 636 - 662; 705; 203 -207
Riferimenti:
Toponimo IGM: Prato - Fiume Bisenzio
Comune: PRATO
Provincia: PO
Quadrante IGM: 106-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1668574, 4860891
WGS 1984: 11.09927, 43.88341
UTM (32N): 668637, 4861065
Denominazione: Prato - Bisenzio - Vescovati della Toscana (Prato)
Popolo: SS. Stefano e Lorenzo a Prato
Piviere: SS. Stefano e Lorenzo a Prato
Comunità: Prato
Giurisdizione: Prato
Diocesi: Prato
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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