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Querceto di Monte Catini

 

(Querceto)

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    QUERCETO. Moltissimi casali portano il nome di Querceto dalla qualità delle piante che rivestivano quel suolo. Tale è il Querceto di Bagnoro sopra Arezzo, quello di Loro nel Val d’Arno superiore, il Querceto di Montecatini in Val di Cecina; il Querceto di Casole in Val d’Elsa; il Querceto di Sesto nel Val d’Arno fiorentino; il Querceto di Staggia; quelli di Tosi sotto Vallombrosa, di San Casciano, di Roccalbegna ecc. ecc.

    QUERCETO DI MONTE CATINI in Val di Cecina.
    Villa signorile dove fu un castello con esteso distretto che ha dato il titolo ad una chiesa plebana (S. Giovanni Battista) nella Comunità e circa 8 miglia a ostro libeccio di Monte Catini, Giurisdizione e Diocesi di Volterra, Compartimento di Firenze.
    Trovasi (
    ERRATA: sulla destra) sulla sinistra del fiume Cecina sopra uno sprone del Poggio al Pruno fra due torrenti, la Trossa a levante e la Sterza a ponente lungo la nuova strada provinciale, la Traversa della Camminata, la quale, staccandosi dalla via di Val di Cecina, passa il ponte Ginori di Tegolaja, e di là per Querceto e Val di Sterza, attraversando il collo più depresso del Poggio al Pruno, conduce per Bibbona nella via Emilia, o R. Maremmana.
    Della storia del castel di Querceto diede un sunto
    Giovanni Targioni Tozzetti nel volume III de’suoi Viaggi, dove cita un atto del 25 marzo 1200, col quale Ildebrandino e Inghiramo di lui fratello figli del fu Bonaccorso da Querceto, stando in Firenze nella chiesa di S. Michele in Orto, promisero ai Fiorentini che, facendo questi guerra a Semifonte, eglino sarebbero venuti in loro ajuto come alleati.
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    All’Articolo poi delle POMARANCE citai un documento inedito dell’archivio Inghirami di Volterra, dal quale apparisce che il sunnominato Inghiramo del fu Bonaccorso da Querceto nel 3 settembre del 1236 rinunziava al Comune di Volterra i diritti che aveva sopra il castello delle Pomarance; mentre con altro istrumento del 17 febbrajo 1237 rogato nel castello medesimo di Querceto il prenominato Inghiramo del fu Bonaccorso con i figli e con Ugolino ed Inghiramo giuniore venderono per lire 200 a Belforte del fu Bonfidanza di Volterra la terza parte dei beni che possedevano nel Castello di Serrazzano con i terreni, coloni e fedeli annessi.
    Dondechè chiaro apparisce che Bonaccorso padre dell’Ildebrandino e d’Inghiramo era lo stipite dei nobili da Querceto, i quali vi signoreggiavano forse sino da quando l’Imperatore Arrigo VI con privilegio dell’anno 1186, assegnò in feudo a Ildebrandino Pannocchieschi vescovo di Volterra, anche questo Querceto, e che nel 1224 fu confermato dall’Imperatore Federigo II al vescovo Pagano di lui successore, e poscia nel 1355 dal’Imperatore Carlo IV al vescovo Filippo Belforti.
    Che peraltro assai poco valessero tutti cotesti diplomi di baronia feudale lo dichiarano i fatti raccolti dal sunnominato Targioni, e quelli di Cecina nelle sue Notizie storiche di Volterra riportati, dai quali risulta che due anni dopo la morte dell’Imperatore Federigo II gli uomini del castello di Querceto nel 20 agosto del 1252 si sottoposero liberamente al Comune di Volterra.
    Il qual giuramento di sottomissione, dopo le vittorie ottenute dal re Carlo d’Angiò sopra i Ghibellini, fu rinnovato dai sindaci dei popoli del contado di Volterra, fra i quali nel 17 gennajo 1273 comparvero quelli del Comune di
    Querceto. A tuttociò accresce fede il sapere che nel 1288 fu impostato al libro della lira catastale il Comune di Querceto per la somma di lire
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    2975. (ARCHIVIO DIPLOMATICO FIORENTINO Carte della Comunità di Volterra.)
    Lo stesso Targioni nei suoi Viaggi pubblicò la copia di un codice, ora fra le carte della Comunità di Volterra nell’
    Archivio Diplomatico Fiorentino, donde apparisce, qualmente nell’anno 1298, sotto dì 23 giugno, diversi individui della consorteria de’nobili di Querceto per il prezzo di lire 200 rinunziarono in pubblica forma al Comune di Volterra il libero dominio, la piena signoria e proprietà che loro pervenivasi del castello e distretto prenominato, compresi i pascoli, li corso delle acque, le selve, le ghiande de’lecci e querci (d’onde il castello ebbe il nome), le terre campive, le miniere, che vi fossero o che vi si trovassero, e tutti i singoli redditi e proventi dovuti a quei nobili con le macchie della Sterza situata dentro i confini di Querceto. Il di cui distretto era cole si conserva tuttora circoscritto dalla sua parrocchia, perché fronteggiava, dal 1.° lato, con la corte del castel di Casale; dal 2.° lato, con la corte del Castello di Sassa; dal 3.° lato, con la corte del Castello di Guardistallo; e dal 4.° lato, con la via pubblica posta tra il piano e la costa fuori della macchia. Con codest’atto peraltro i nobili di Querceto si riservavano la proprietà di alcuni terreni lavorativi, oltre quelli esenti da aggravj perché spettavano alla pieve di S. Giovan Battista di Querceto. (G. TARGIONI lib. Cit.)
    Forse quei signori, col rinunziare anche alle miniere scoperte o da scuoprirsi, intesero riferire non solo ai metalli ivi specificati, quanto ancora a qualsiasi prodotto minerale.
    Tale sarebbe stato quel combustibile fossile che trovasi nascosto nelle colline di marna fossile conchigliare cerulea, sotto alla quale il
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    diligente Targioni scuoprì le rocce di gabbro nericcio, di cui vide formate le tortuose radici del vicino Monte Neo. Fu là dove egli distinse due qualità di quel combustibile fossile, una delle quali racchiudente de’piccoli gruppi di fero solfurato, e l’altra di fibra più dura che aveva per matrice una crosta dell’apparenza di una arenaria (consimile probabilmente a quella del combustibile fossile di Monte Bamboli). Costest’ultima qualità era assai più impregnata e ricoperta di bitume, e tale da comparire per un vero Litantrace.
    Inoltre a questa contrada (soggiunge Targioni) appartengono molte altre produzioni naturali di cui furono andate le mostre al museo Ginori di Doccia.
    Tali sono l’
    Alabastro bianco, il Calcedonio del poggio delle Signore e della Sterza, l’Amianto e Galattite di varie qualità, la Lavagna bigia e turchina, ecc. A proposito del Calcedonio, il Targioni avvisa, che nel letto della Sterza di Val di Cecna si trovano e si formano ne’monti vicini di Gabbro moltissimi Diaspri e Calcedonj che calano di là nel torrente prenominato.
    Ma per tornare alla storia civile di Querceto giova aggiungere, come fra le pergamene della Comunità di Volterra avvenne una dell’8 marzo 1293 scritta nel castel di Querceto, nella quale si tratta del possesso preso dal sindaco del Comune di Volterra del castello, dei borghi, distretto e signoria di Querceto, vale a dire 5 anni innanzi la vendita fatta nel 1298 da quei nobili ai magistrati della stessa città. Finalmente nel 1319 sotto dì 3 gennajo la Comunità di Querceto mediante i suoi sindaci tornò a giurare sottomissione al Comune di Volterra.
    Ma nel 1407 dopo la conquista di Pisa e del suo contado essendo insorte
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    delle controversie fra le Comunità di Gello e di Querceto comprese nel contado Volterrano, per cagione di confini, con le Comunità di Casale e Montescudajo appartenute al contado pisano e allora soggette a Firenze, fu rimesso l’affare agli arbitri, i quali nel 13 gennajo del 1410, stando nella curia di Querceto, pronunziarono il lodo relativo.
    Io non starò qui a ripetere come cotesto paese nel 1430 fosse malmenato dalle truppe dei Visconti di Milano condotte costà da Niccolò Piccinino, né come ricevesse un’altra visita anche più molesta, allorché nel 1447 venne ostilmente assalito e malmenato dalle truppe napoletane di Alfonso re d’Aragona, talché invalse la tradizione che fossero allora distrutte o smantellate le case di Querceto e le sue mura castellane.
    Fatto sta che il caseggiato maggiore attualmente si riduce ad una villa signorile della casa Lisci di Volterra, ora Ginori Lisci sua erede e padrona di una gran parte di quel territorio, dovizioso sempre di macchie di lecci e di querci, oltre le case coloniche sparse in mezzo ai poderi.
    Una provvisione della Signoria di Firenze del 27 ottobre 1430 dispone relativamente all’elezione da farsi degli uffiziali componenti il governo economico di questa comunità e cotesta in modo che inviavasi a Firenze dal vescovo di Volterra una terna, dalla quale la Signoria sceglieva il capo. Accadeva ciò molto innanzi che la città e distretto di Volterra fossero riuniti al dominio fiorentino, nella qual circostanza anche Querceto, mediante un atto del 28 luglio 1472, si sottomise alla Signoria.
    Vedere VOLTERRA.
    L’archivio Lisci Ginori conserva le copie autentiche delle riforme dello statuto del Comune di Querceto, dall’anno 1472 sino al 1717, per rapporto unicamente alle rubriche relative al pascolo.
    La nobil casa Lisci di Volterra, dalla quale proviene l’estesa fattoria Ginori Lisci, possiede
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    anche il luogo dove fu il castello di Querceto, sebbene i primi acquisti di quella famiglia fossero di poco anteriori al 1543. Essendoché il più antico atto è dell’8 ottobre di detto anno, dal quale risulta che Cino di Mariotto Lisci possedeva beni in Querceto, dove però il bestiame degli antichi nobili di Querceto allora andava arbitrariamente a pascolare.
    All’Articolo
    PARENTINO (PIEVE DI) dissi che la chiesa plebana de’SS. Pietro e Giovan Battista a Parentino da lunga età distrutta, era posta presso il fiume Cecina fra Querceto e Montescudajo, ed ivi accennai un documento del 1218 che rammenta un ponte esistito allora sul fiume Cecina nel piano di Parentino con la casa del pontonario, il quale mediante quell’atto costituiva un censo perpetuo per alcuni beni spettanti all’Opera di quel ponte, che pure è rammentato nello statuto pisano del 1286.
    Il nuovo ponte di materiale a undici arcate costruito sulla Cecina nel luogo detto la
    Tegolaja, porta il nome del suo intelligente fondatore Carlo Ginori che lo fece costruire fra Fello e Querceto negli anni 1831 al 1835, sul quale ora passa la nuova strada provinciale della Camminata che staccasi dalla Val di Cecina per condurre a traverso della Val di Sterza nella Via Emilia.
    La parrocchia di S. Giovanni a Querceto nei secoli bassi confinava, verso il poggio con la distrutta chiesa parrocchiale di S. Salvatore sul Poggio al Pruno, talchè essendo nate controversie fra i due parrochi, con atto del 14 febbrajo 1231, eglino compromisero in Alberto pievano della pieve di
    Slaida, il quale nel 16 giugno 1232, stando sotto il portico della piazza di Bibbona, dettò al notaro un lodo con soddisfazione delle parti sia in materia di confini come di possessioni.
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    Vedere BIBBONA e POGGIO AL PRUNO.
    La pieve di S. Giovan Battista a Querceto all’epoca del sinodo volterrano del 1356 contava per filiali la chiesa predetta di
    S. Salvatore nel Poggio al Pruno, ed un’altra chiesa sul Monte Nero, ora Monte Neo.
    La parrocchia di S. Giovan Battista a Querceto nel 1833 noverava 401 abitanti.

    QUERCETO DI MONTE CATINI in Val di Cecina. – Si corregga. – Trovasi sulla sinistra, e non sulla destra del fiume Cecina.
Localizzazione
ID: 3500
N. scheda: 43430
Volume: 4; 6S
Pagina: 696 - 698; 210
Riferimenti: 37920
Toponimo IGM: Querceto
Comune: MONTECATINI VAL DI CECINA
Provincia: PI
Quadrante IGM: 119-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1640209, 4794986
WGS 1984: 10.72928, 43.29621
UTM (32N): 640273, 4795161
Denominazione: Querceto di Monte Catini
Popolo: S. Pietro e S. Giovanni Battista di Parentino in Querceto
Piviere: S. Pietro e S. Giovanni Battista di Parentino in Querceto
Comunità: Montecatini Val di Cecina
Giurisdizione: Volterra
Diocesi: Volterra
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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