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Radicofani - Cave di Marmi

 

(Radicofani)

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    RADICOFANI fra la Val d’Orcia e la Val di Paglia. – Castello con Terra sottostante che siede sopra un monte omonimo, capoluogo di Comunità e di Giurisdizione, con pieve arcipretura (S. Pietro) nella Diocesi di Chiusi, Compartimento di Siena.
    Esiste la rocca sulla sommità del monte di Radicofani ad una elevatezza di 1558 braccia calcolata dalla cima del torrino della semidistrutta fortezza, la quale è posta a cavaliere della Terra, e questa al di sopra della strada regia romana, dove è una stazione postale con dogana di frontiera. – Trovasi nel grado 29° 26’ di longitudine e (ERRATA: 52° 54') 42° 54' di latitudine 46 miglia toscane a scirocco di Siena, 16 a libeccio di Chiusi, 7 miglia toscane a maestrale della
    Torricella di Pontecentino sul confine del Granducato e quasi altrettante a levante grecale dell’Abbadia S. Salvadore sul Monte Amiata.
    Fu questo luogo uno degli antichi feudi dei monaci della badia del Monte Amiata. – Infatti nelle pergamene appartenute a cotesto cenobio avvene molte che rammentano il Castello di Radicofani fino dal secolo XI. Fra le altre ne citerò una del gennaio 1075 scritta in Chiusi, relativa ad una donazione fatta a quella badia di varj effetti, fra i quali un predio situato nel piviere di
    S. Donato a Radicofani.
    Più importanti per altro per la storia di Radicofani reputo i cinque seguenti: il I.° è una bolla concistoriale del 23 febbrajo 1143 del Pontefice Celestino II diretta a don Ranieri abbate del Monastero di S. Salvadore al Montamiata, con la quale conferma a quei claustrali tutti i beni che possedeva la loro badia, comprese le chiese ed il castello di
    Radicofani, e dichiarando il monastero medesimo sotto la protezione della Santa sede apostolica, alla quale doveva retribuire annualmente 220 denari d’oro.
    Anche più
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    solenne è il 2.° documento, in cui si tratta di una convenzione fatta in Roma lì 29 maggio 1153, sottoscritta dal Pontefice Eugenio III e da diversi magnati e consoli dell’alma città, documento stato pubblicato dall’Ughelli nell’Italia sacra sotto i Vescovi di Chiusi. – E’un trattato concluso dall’abate Ranieri e dai monaci della badia Amiatina, i quali, previo il consenso scritto dei vassalli di Radicofani, cederono al Pontefice Eugenio III ed ai suoi successori la metà di cotesto paese con la sua corte e col sottostante borgo di Callemala, compresovi i diritti dei bandi, placiti eccetera, ad eccezione però del giuspadronato delle chiese situate nel castello e nel borgo di Radicofani, di cui i monaci si riservarono le rendite e le pensioni dovute a quelle chiese. In vigore di ciò la Camera apostolica si obbligò a pagare ai monaci Amiatini l’annuo censo di sei marche di argento, a condizione che mancando tre paghe successive, nel quarto anno s’intendesse annullato il trattato in guisa che il Castello col distretto di Radicofani ed il borgo di Callemala dovessero ritornare in pieno diritto dell’abbate e monaci della badia di S. Salvadore.
    A cotesto atto aggiungerò per 3.° una bolla concistoriale del 19 febbraio 1187, con la quale il Pontefice Clemente III confermò a Rolando abbate ed ai monaci della badia predetta i privilegj concessi dai suoi predecessori, oltre di ché riconosceva i medesimi in signori
    della metà del castello di Radicofani, e la Sante Sede debitrice dell’annuo censo di 6 marche d’argento per l’altra metà.
    Il quarto documento riguarda un breve del 13 maggio 1196 diretto dal Pontefice Celestino III al priore del Monastero del vivo e abbate della badia di S. Pietro in campo, cui inibisce l’edificazione di una chiesa che i suoi monaci volevano
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    erigere nel distretto di Radicofani in pregiudizio della badia di S. Salvadore, ai quali spettava la giurisdizione sul Castello e distretto di Radicofani.
    Il quinto documento che offre la storia di Radicofani è un abolla spedita lì 8 maggio del 1200 dal pontefice Innocenzo III, dalla quale si conosce che sino d’allora risiedeva in
    Radicofani un castellano, e che vi esercitava cotesto uffizio un accolito di Sua Santità; lo che armonizza con quanto registrò ne’suoi Annali Tolomeo lucchese, quando sotto il 1159 scrisse, che in quell’anno Papa Adriano (IV) fece in Radicofani il girone (cassero) che munì di torri.
    Inoltre aggiungasi un istrumento del 9 novembre del 1203, col quale lo stesso abbate Rolando, previo il consenso dei monaci della badia di S. Salvadore nel Montamiata dell’Ordine di S. Benedetto, considerando cosa utile al Monastero avere per
    feudatarj, ossia fittuarj e fedeli, i nobili uomini di Pietro con i suoi nipoti Arnolfo, Guilichino ed altri, concedé loro a titolo di feudo due mulini posti sul fiume Paglia, uno de’quali nei contorni di Callemala appellato il mulino de’Lambardi, e l’altro situato presso il borgo di Voltole, per l’annuo tributo di 24 staja di grano alla misura di Radicofani da recarsi al monastero sul Montamiata.
    All’
    Articolo MORRO (CASTEL) rinviai il lettore a questo di RADICOFANI per dirgli, che costà donde prese e conserva il nome la fonte di Castel Morro esisteva un fortilizio e fuvvi per molti secoli una chiesa sotto il titolo di S. Andrea. Essa è rammentata specialmente in una carta del 7 giugno 1241 della provenienza preindicata, nella quale si dichiarano manuali della pieve di Radicofani le chiese di S. Andrea del Castel Morro e di
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    S. Pietro del Borgo maggiore di Radicofani, tutte soggette all’abate del Montamiata. Che la chiesa di Castel Morro fino d’allora fosse parrocchiale, lo asseriscono altre 4 pergamene scritte tutte nell’anno 1255. Esse appellano ai reclami fatti dagli abitanti del borgo di Marmigliari, premurosi di avere una chiesa, perché la parrocchiale di S. Andrea di Castel Morro, dicevano essi, di notte non era accessibile agli uomini di detto borgo per motivo di tenere chiuse le porte di quel castello.
    Anche un istrumento del 13 ottobre 1248 fu rogato nel cassero di Radicofani mezzo secolo dopo che, al dire del Boccaccio, vi signoreggiò il nerboruto Ghino di Tacco da Torrita, quando fece rinchiudere e medicare lo stomaco in modo singolare al ricco abbate di Cluny nel passare che faceva egli ed il suo seguito di sotto a Radicofani per recarsi a far uso de’vicini bagni minerali di San Casciano.
    Alla stessa rocca di Radicofani ci richiama un altro istrumento del 12 aprile 1256, col quale Simone Albo castellano di Radicofani, di Proceno e di Acquapendente, di commissione avuta da Leone fortebracci rettore del patrimonio di S. Pietro in toscana, per lettere del 27 marzo, diede facoltà all’abate e monaci del Monastero amiatino di far ricostruire un mulino sul fiume Paglia nel luogo dove era stato portato via dalla inondazione del fiume.
    Al che arroge altro contratto del 1 febbrajo 1262, col quale l’abbate ed i monaci di detta badia nominarono un loro procuratore per recarsi a protestare davanti al vicario di don Manfredi vescovo eletto di Verona e rettore del patrimonio di S. Pietro in Toscana, non solo rispetto al loro possesso dei mulini sul fiume Paglia, ma ancora per il castello di Radicofani che insieme col suo distretto apparteneva al monastero amiatino.
    Passo sotto silenzio
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    molti documenti relativi al feudo delle Rocchette nel distretto di Radicofani, una parte del qual feudo dipendeva dalla badia amiatina, e di cui farò cenno all’Articolo ROCCHETTE DI RADICOFANI; bensì ne indicherò uno scritto lì 6 marzo del 1274 riguardante la procura fatta da quei monaci in testa don Gherardo loro abbate per riscuotere dalla camera apostolica le sei marche d’argento dell’annuo censo che la Santa Sede doveva per la metà del castello di Radicofani. – (loc. cit.).
    Alla qual procura vanno accoppiati quattro rotoli di carte relative ad atti giuridici fatti nella lite accesa nel 1276 sotto il pontificato d’Innocenzo V e continuata sotto Giovanni XXI, fra la Santa Sede ed i monaci amiatini, a cagione dei diritti sul castello e corte di Radicofani.
    Come cotesta lite andasse a terminare né la storia né le carte amiatine ce lo dicono; bensì una membrana del 2 gennaio dell’anno 1282, in cui trattasi della vendita fatta per conto del Monastero prenominato di un pezzo di terra posto nel distretto di Radicofani, fu rogata
    nel palazzo del conte in Radicofani.
    Che però la vittoria restasse dalla parte dei cenobiti amiatini lo danno a credere i due documenti seguenti: uno è del 20 ottobre 1294, col quale don Pietro abbate del Montamiata col consenso dei suoi monaci costituisce un suo confratello in procuratore per ricevere dal Papa, e per esso dalla Camera apostolica, le sei marche d’argento per l’annuo censo della metà del castello e corte di Radicofani. L’altro istrumento è del dì 8 dicembre dell’anno stesso 1294, il quale fu scritto nel palazzo del vicario e castellano di Radicofani. Esso ne avvisa, che allora un
    Fortebraccio esercitava costà l’ufizio di castellano in nome del governatore del patrimonio di S. Pietro in Toscana. Finalmente
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    per contratto del 21 agosto 1300 diversi uomini di Radicofani e del castello dell’Abbadia S: Salvadore convennero dell’utile da darsi al monastero amiatino all’occasione che quei cenobiti accordarono a quegli uomini licenza di vendere le vettovaglie ai passeggeri lungo la via Francesca della Paglia nel borgo di Callemala.
    Rispetto poi alla chiesa parrocchiale, ora arcipretura di S. Pietro a Radicofani, vien essa rammentata in un istrumento del 22 ottobre 1236 fatto in Radicofani nella chiesa di S. Pietro che dicesi
    posta nel Borgo maggiore. – (loc. cit.).
    Che la pieve di Radicofani al pari di tutte le chiese battesimali avesse per primo contitolare S. Giovanni Battista, si deduce anche da una bolla del Pontefice Innocenzo III del 18 aprile 1253 diretta da Perugia ai pievani di Radicofani, di Lamole, e di S. Maria del castello dell’Abbadia, e da un breve del Pontefice Onorio IV inviato nel 5 giugno 1285 al pievano di S. Giovanni di Radicofani. Nel 15 e 28 del novembre 1328 si esaminarono i testimoni per provare il padronato e giurisdizionale dei monaci Amiatini sulla chiesa di S. Maria Assunta del Castello di Contignano, e su tutte le altre chiese comprese nel distretto di Radicofani, fra le quali eravi pur quella di S. Andrea a Castel Morro, finché quei monaci per bolla del Pontefice Sisto IV dell’8 aprile, anno 1478, permutarono il padronato di quest’ultima con l’altro della chiesa di S. Maria nella Terra di S. Quirico spettante al vescovo di Pienza.
    Che la corte di Roma anche dopo la metà del secolo XIV seguitasse a tenere giurisdizione in Radicofani, e che i suoi soldati ne custodissero le fortezze a spese comuni con i monaci del Mont’Amiata, lo dimostrano fra gli altri i documenti del 29 agosto, 30 settembre, 10
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    ottobre, e 3 novembre dell’anno 1369 esistenti fra le carte di detta badia. I primi due spettano ad una quietanza del camarlingo del Comune di Radicofani fatta all’abbate di detto monastero di fiorini 27 e mezzo d’oro pagati in saldo dello stipendio mensuale di dieci soldati che il Comune predetto teneva di guardia alla Rocchetta d’ordine del Papa. La terza membrana del 30 settembre è una lettera di Arnaldo Arcivescovo di Osimo e camarlingo della Santa Sede, scritta da Viterbo in nome del Papa a Giovanni abbate del Monastero amiatino, perché questo ricusava di pagare al castellano di Radicofani lo stipendio per le dieci guardie della Rocchetta, sicché egli ingiunge all’abbate o di pagare detto stipendio mensuale di fiorini 27 e 1/2 di oro, o altrimenti permettere che si distrugga la detta Rocchetta. Finalmente il quarto documento del 3 novembre 1369 contiene copia delle lettere che l’abbate amiatino diresse al potestà e difensori del castello di Radicofani, ai quali fece intendere che il suo monastero non potendo sopportare l’aggravio dello stipendio per i custodi della Rocchetta, dopo ottenuto il consenso de’suoi monaci, accordava che quel fortilizio fosse abbattuto e diroccato. – (loc. cit.).
    Ma pochi anni innanzi i fuoriusciti di Radicofani, senza urtare l’autorità papale, tentarono di togliere la loro patria alla giurisdizione dei monaci amiatini, tostoché nell’
    Archivio Diplomatico di Siena si conservano due istrumenti dell’8 e 11 ottobre 1352, col primo de’quali varj membri del consiglio della Terra di Radicofani, adunatisi in Siena, elessero un sindaco per convenire con i Signori Nove sulle condizioni della sottomissione di Radicofani alla repubblica; ed il secondo contiene i patti di quelle capitolazioni, fra i quali vi era l’obbligo per parte di quei fuoriusciti di consegnare ai Sanesi la Terra di Radicofani,
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    eccettuando la rocca e il cassero, e di eseguire i comandamenti della repubblica, salve le regioni del pontefice, della corte romana e del capitano del patrimonio di S. Pietro in Toscana. Obbligando i fuoriusciti radicofanesi di mandare a Siena per la S. Maria d’agosto un palio di seta del valore di fiorini 15, eccetera. – (loc. cit.; Kaleffo Nero N°130 e 131).
    Cotesto fatto ci richiama alla memoria una più antica aggressione fatta dai Sanesi contro il castello e distretto di Radicofani, quando il Pontefice Gregorio IX con breve diretto da Perugia lì 25 giugno dell’anno 1235 al vescovo di Palestrina lo notiziava che, stante i danni apportati dai Sanesi agli abitanti di Radicofani sudditi della Santa Sede, egli aveva fulminato la scomunica contro gli aggressori accordando al vescovo medesimo facoltà di assolverli dalle censure tostoché i sanesi avessero dato cauzione del rifacimento dei danni apportati. – (
    Kaleffo Nero N°673).
    Infatti il sindaco del Comune di Siena nel 17 settembre dello stesso anno 1235 sborsò al sindaco del comune di Radicofani nella piazza di Monticchiello lire 1257 e soldi 16 in sconto dei danni recati a quel paese e suo distretto. – (
    loc. cit.).
    Cionnonostante le masnade della Repubblica di Siena dovettero tornare presto a danneggiare maggiormente il territorio di Radicofani, tostoché il Pontefice Bonifazio VIII nel 28 ottobre 1299 dirigeva da Rieti una bolla ai Signori Nove per dir loro che a cagione dei danni apportati dalle genti di quella repubblica al castello, corte ed uomini di Radicofani dello stato della Chiesa i Sanesi avevano meritato che dal Pontefice Urbano IV suo predecessore fossero condannati a pagare alla Santa Sede 8000 marche d’argento, e 2000 al Comune di Radicofani. In conseguenza di ciò il Pontefice Bonifazio VIII confermando la condanna per le 8000
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    marche pretese dalla Camera apostolica, accordava con questa bolla facoltà alla Repubblica sanese di comporsi con il Comune di Radicofani rispetto al pagamento delle altre 2000 marche assegnategli. – (ivi, Kaleffo Nero N°635.). quest’ultima clausula per altro fa conoscere che gli uomini di Radicofani erano già costituiti in comune siccome in eguale condizione apparisce che si mantenevano nel 1369 da un lodo del 31 aprile di quell’anno, pronunziato nel borgo maggiore del castello di Radicofani dentro il Palazzo del Comune. – Vedere SAN CASCIANO DE’BAGNI.
    Finalmente nel 1411 essendosi accesa la guerra fra i Sanesi da una parte ed il re Ladislao di Napoli dall’altra parte, appena entrato in campo il generale Tartaglia prese il castello di Radicofani, e, messo che l’ebbe a sacco, lo vendé ai Sanesi ai quali nel 24 maggio dell’anno stesso gli uomini di Radicofani prestarono giuramento di sudditanza, e nella circostanza medesima il suo popolo ottenne dalla repubblica larghi privilegj. Arroge a ciò come fu resa molto più valida tal dedizione dal Pontefice Giovanni XXIII tostoché egli con bolla del 27 maggio di quell’anno stesso concedé al Comune di Siena per 60 anni a incominciare dal 1412, il castello e il distretto di Radicofani, con l’obbligo di pagare alla Camera apostolica l’annuo censo di lire 40, e per una volta tanto 6000 fiorini d’oro. – (
    località citata Kaleffo Lupa N°172).
    Frattanto la Repubblica di Siena nel 1417 fece metter mano alla edificazione di una nuova fortezza sopra Radicofani servendosi di 4 capi maestri muratori Lombardi, cioè, di Aliotto di Cambio, Simone di Ciccarello, Giovanni del Gonfusia, e Francesco di Giovanni. – (
    ROMAGNOLI appunti storico- artistici Mss).
    Ed è quella stessa fortezza che inutilmente assalita nella primavera del 1555 da Chiappin Vitelli generale di Cosimo I, quindi
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    da questo primo Granduca resa più forte fu fatta saltare in aria nel secolo ultimo decorso insieme con l’uffiziale della guarnigione che diede fuoco alla S. Barbera.
    Per decreto della stessa repubblica di Siena (anno 1442) sotto la rocca di Radicofani fu guastata l’unica strada maestra rotabile, la
    Francesca, che guidava a Roma per il varco più depresso fra la Val d’Orcia e la Val di Paglia e vi fu sostituita da postale attuale che passa sotto la Terra di Radicofani, ad oggetto d’impedire più facilmente alle compagnie di ventura che dallo stato pontificio venivano ad infestare il territorio di Siena.
    Infine essendo stato innalzato alla cattedra di S. Pietro il Pontefice sanese Pio II Piccolomini, questi con bolla del 1469 concedé Radicofani col suo distretto in vicariato perpetuo al Comune di Siena, previo il consueto tributo annuale, senza far più menzione in quella bolla degli antichi padroni di cotesto paese, come lo furono i monaci del Montamiata.
    D’allora in poi Radicofani seguitò la sorte politica di Siena fino alla caduta di Montalcino, poco innanzi dalla qual epoca il castello di Radicofani soffrì molto ed in particolar modo nel 1555 allorché Chiappino Vitelli generale di Cosimo I tentò con grossa artiglieria ogni maniera sebbene inutilmente, di espugnarlo. Caduta però con Montalcino l’ultima sede dei repubblicani sanesi, anco gli abitanti di Radicofani nel 17 agosto del 1559 prestarono giuramento alla corona di Toscana, la quale per censo di cotesta Terra continuò a pagare alla Camera apostolica scudi nove da paoli dieci a scudo rinnovando il trattato nel 1580 fra il Granduca Francesco I e il Pontefice Gregorio VIII. – (ARCH. DELLE RIFORMAG. DI FIR.).
    Poco innanzi coteste vicende, gli uomini di Radicofani avevano riformato lo statuto comunitativo, ch’è nell’Archivio delle Riformagioni di Siena. In quello del 1574 si fa
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    menzione del soppresso convento di S. Francesco de’Minori Conventuali edificato in Radicofani nel 1257, siccome lo dichiara un’iscrizione nella facciata della chiesa di S. Agnese.
    Sussiste bensì fuori di Radicofani altro convento di cappuccini presso la strada regia, lungo la quale avvi la posta delle lettere, quella de’cavalli ed una buona locanda.
    Fu da Radicofani uno sperimentato militare, Guasta di Messer Jacopino, che nel 1311 venne eletto dal Comune di Firenze in capitano del popolo, e nel 1325 dalla Signoria ricevé il comando delle sue genti per difendere Firenze dall’irruzione ostile che portò fino alle sue mura il lucchese Castruccio Antelminelli. – Anche un Dino da Radicofani che dopo essere stato arcivescovo di Genova fu innalzato alla sede di Pisa che resse dal 1342 al 1349, è qualificato dall’Ughelli per uomo di animo grande e peritissimo nel trattare gli affari della Santa Chiesa e fu lo stesso arcivescovo Dino quegli che elesse in suo vicario in Pisa il celebre Guido
    Septe, l’amico intrinseco del Petrarca, arcidiacono poi arcivescovo di Genova.

    CENSIMENTO della Popolazione della TERRA di RADICOFANI a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1640: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici secolari e regolari -; numero delle famiglie 257; tatale della popolazione 1580.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 175; femmine 159; adulti maschi 207, femmine 224; coniugati dei due sessi 159; ecclesiastici secolari e regolari 33; numero delle famiglie 193; tatale della popolazione 957.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 385; femmine 341; adulti maschi 334, femmine 312; coniugati dei due sessi 686; ecclesiastici secolari e regolari 20; numero delle famiglie 380; tatale della popolazione 2078.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 393; femmine 357; adulti maschi 355, femmine 385; coniugati dei due sessi 700; ecclesiastici secolari e regolari 19; numero delle famiglie 481; tatale
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    della popolazione 2209.

    Comunità di Radicofani. – Il territorio di questa Comunità occupa una superficie di 33215 quadrati, 1433 dei quali sono presi da corsi d’acqua e da strade. – Nel 1833 vi abitavano 2412 persone, a proporzione di 61 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Confina con cinque comunità del Granducato, poiché dirimpetto a grecale fronteggia col territorio comunitativo di Pienza, mediante il fiume Orcia, a partire dal suo confluente
    Formone fino alla confluenza del torrente Spineta. Costà di fronte a settentrione sottentra a confine la comunità di Sarteano, con la quale prosegue a percorrere contr’acqua l’alveo dell’Orcia rimontando verso la sua sorgente che trova sul Monte Presis, ossia sulla schiena del monte di Cetona, e di là sulla strada provinciale di Radicofani a Sarteano. Ivi succede in faccia a grecale il territorio comunitativo di S. Casciano de’Bagni, e con esso l’altro fronteggia, correndo verso scirocco; dove passa per il poggio Bianco, di là dal quale i due territorj entrano nel torrente Rigo, col quale scendono fino al fiume Paglia. Costì alla Novella sottentra il territorio comunitativo dell’Abbadia S. Salvadore, col quale il nostro dirigendosi a ponente- libeccio varca i poggi che scendono dal Montamiata fra la valle della paglia e quella dell’Orcia per entrare in quest’ultima mediante il torrente Formone, finché a mezza via di detto torrente incontra il territorio della Comunità di Castiglion d’Orcia. Con quest’ultimo il nostro si accompagna lungo il torrente medesimo fino al suo sbocco in Orcia dove dirimpetto al fiume ritorna la Comunità di Pienza.
    Delle strade rotabili che passano per Radicofani, o che attraversano la sua montagna se ne contano due; cioè, la regia postale Romana e la strada provinciale che da Radicofani conduce a
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    Sarteano. Rispetto all’antica via Francesca tracciata alla base meridionale del monte di Radicofani nel varco più depresso, disfatta, come dissi, dai Sanesi nel 1442, non vi sono rimaste quasi più tracce.
    Fra i maggiori corsi d’acqua citerò le due fiumane della Paglia e dell’Orcia, le cui acque bagnano in due lati opposti le falde della montagna di Radicofani scorrendo quasi intermedio ad entrambe il torrente
    Formone.
    Ma la montagna di Radicofani si rende più d’ogni altra interessante alla storia naturale, specialmente per i geologi che trovano costà sopra il cratere di un antico vulcano spento, un cono di lave e di tufi basaltici che si alza in rupi quasi perpendicolari sulle spalle di un monte, i di cui fianchi sono rivestiti di terreno marnoso terziario, insieme con la parte inferiore della Valle dell’Orcia.
    Infatti il cono basaltico che si alza al di sopra di una montagna di origine marina offre un’apparenza assai caratteristica di un cataclismo ivi accaduto in tempi remotissimi; nella quale emergenza si aprì costà sopra un vero cratere, donde la forza de’fluidi gassosi compressi spinsero fuori con violenta esplosione ceneri, lave fuse, lave che in seguito raffreddate acquistarono una struttura spugnosa come quella delle masse vulcaniche esistenti sul picco di Radicofani, cui fanno corona grandi rupi di colonne basaltiche.
    Sopra infatti al pinnacolo dove esistono gli avanzi della fortezza veggonsi grandi masse di lava rossastra esternamente cellulosa, internamente più dura e tanto più compatta quanto più si interna e si avvicina al letto inferiore, in guisa da servire questa ad uso di macine da mulino.
    Il Santi che nel suo secondo Viaggio per le Provincie senesi volle riconoscere i limiti fino dove si estendeva, non dirò il picco vulcanico di Radicofani, ma il
    detritus delle sue rocce laviche e basaltiche, riscontrò
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    che dalla parte di ostro i suoi detritus terminavano al fosso della Quercia, e di là fino alla Corbaja, due miglia circa lungi dalla loro sede; a levante li seguitò dal poggio Casano fino a quello del Fibbia; a settentrione fino al poggio Sassetta, dove fu una delle Rocchette di Radicofani, un miglio circa distante dal paese; ed a libeccio sino al poggio Nebbiali, che è sulla diritta della strada postale Romana venendo da Siena più di due miglia lungi dal cono di Radicofani. Ai luoghi di sopra indicati cessano le rocce vulcaniche trascinate dalla loro sede ed ivi apparisce totalmente scoperta la marna conchiliare cerulea subappennina del Brocchi, la quale, eccettuando la porzione che spetta al monte Amiata costituisce quasi sola parte inferiore della Val d’Orcia. All’Articolo MONTAMIATA (Vol. III pagina 319) credei a proposito indicare, essere a un dipresso all’altezza medesima il picco vulcanico di Radicofani ed il brusco passaggio delle rocce nettuniane alle trachitiche del Montamiata. – Nella stessa circostanza aggiunsi l’altra avvertenza che sebbene vicini, uno può dirsi dall’altro monte isolato, e niuna delle due formazioni vulcaniche, cioè, la cupola trachitica del Montamiata, ed il picco basaltico di Radicofani, trovasi vestita da terreni nettuniani della seconda o della terza epoca. Da ciò mi sembrò poter concludere che quella cupola o quel picco dovette traboccare dal suolo di un’epoca posteriore a quella de’depositi terziarj marini di cotesta contrada. – Vedere MONTAMIATA.
    La marna conchiliare cerulea che cuopre i fianchi del monte di Radicofani, specialmente dalla parte di Val d’Orcia, vedesi di tratto in tratto interrotta da banchi di minuta ghiaja sciolta o cementata da un glutine insieme con dei frammenti di rocce
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    calcaree e arenarie stratiformi compatte, le quali costituiscono il corpo inferiore del Montamiata.
    Quest’ultima qualità di terreno riesce sterile anzichenò; al contrario è fertile il suolo intorno al paese di Radicofani, come quello che sino ad un miglio sotto al capoluogo è ricoperto
    dai detritus di rocce vulcaniche. Realmente è nella porzione superiore della montagna dove abbondano le produzioni agrarie, e donde scaturiscono fonti perenni, copiose e salubri, come sono quella ai Cappuccini e a Castel Morro, la fonte grande, e la fonte Antese.
    Rispetto alla costituzione fisica ed economica del clima di Radicofani e sue adiacenze, né fu dato un sunto in una lettera del dottor Luigi Vilifranchi, stato medico condotto in Radicofani, e pubblicata nel 1832 in Pisa nel Nuovo Giornale de’Letterati.
    Da quella lettera pertanto si apprende, che il clima di Radicofani, per quanto il paese sia alto va soggetto alle nebbie ed è umido, ch’è dominato dai venti australi, mentre i settentrionali sono riparati dal picco vulcanico superiore al caseggiato.
    In essa lettera si aggiunge la notizia economica rispetto ai cammini delle case, in poche delle quali il fumo viene diretto opportunamente fuori dai tetti. Inoltre spiace di sentire all’età nostra che molte di quelle abitazioni manchino di latrine.
    Rispetto alla coltivazione del suolo vi si dice, che a tre miglia di distanza dal paese sono le sue vigne il cui prodotto serve a due terzi della popolazione; pochi altri vigneti suppliscono al restante. Vi si aggiunge la notizia che la raccolta media del grano, il prodotto maggiore di cotesta Comunità, ascende a circa 1600 stja; che la porzione più estesa della montagna è tenuta a pascoli naturali, dove si nutrono mandre di pecore e di capre, le quali fruttano caci saporiti e carni squisite in
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    agnelli e capretti; ma il granturco è la vettovaglia più ricercata dal popolo di Radicofani, che lo semina in alcune parti del territorio, dove mancano affatto e per ogni dove gli ulivi.
    Fra le malattie dominanti sono ivi indicate, all’età dell’infanzia le ostruzioni glandulari; nelle fanciulle adulte la clorosi; ed in ambi i sessi i mali provenienti da ostruzioni, le febbri periodiche ecc.
    Dal regolamento del 3 giugno 1777, relativo all’organizzazione economica delle Comunità della Provincia superiore sanese, si rileva che questa di Radicofani allora era composta da due Comunità, cioè di questa di Radicofani e dell’altra di Contignano, alle quali due Comunità spettavano i tre comunelli di Castelvecchio del Sasso delle Rocchette e del Palazzo d’Orcia.
    Risiede in Radicofani un vicario regio di terza classe che estende la sua giurisdizione tanto civile come criminale anche sulla comunità di S. Casciano de’Bagni.
    Inoltre vi è un ingegnere di circondario, un cancelliere comunitativo che abbraccia, oltre la Comunità di Radicofani, quelle dell’Abbadia S. Salvadore, di Pian Castagnajo e di S. Cascian de’Bagni. Vi è un doganiere di seconda classe che soprintende alla dogana di 3.° classe di S. Giovanni delle Contee. La conservazione delle ipoteche è in Montepulciano, l’ufizio de’l’esazione del Registro in Sarteano ed il tribunale di Prima istanza in Siena.

    QUADRO della Popolazione della COMUNITA’ di RADICOFANI a quattro epoche diverse.

    - nome del luogo: Castelvecchio (*), titolo della chiesa: S. Eustachio (Pieve), diocesi cui appartiene: Pienza (già di Chiusi), abitanti anno 1640 n° 125, abitanti anno 1745 n° 183, abitanti anno 1833 n° 210, abitanti anno 1840 n° 226
    - nome del luogo: Contignano, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve), diocesi cui appartiene: Pienza (già di Chiusi), abitanti anno 1640 n° 195, abitanti anno 1745 n° 144, abitanti anno 1833 n° 204, abitanti anno 1840
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    n° 243
    - nome del luogo: RADICOFANI, titolo della chiesa: S. Pietro (Arcipretura), diocesi cui appartiene: Chiusi, abitanti anno 1640 n° 1580, abitanti anno 1745 n° 957, abitanti anno 1833 n° 2078, abitanti anno 1840 n° 2209

    - Totale abitanti anno 1640: n° 1900
    - Totale abitanti anno 1745: n° 1284
    - Totale abitanti anno 1833: n° 2492
    - Totale abitanti anno 1840: n° 2678

    N. B.
    La parrocchia di Castelvecchio contrassegnata con l’asterisco (*) negli anni 1833 e 1840 mandava nella Comunità limitrofa di Castiglion d’Orcia

    -
    anno 1833 abitanti n° 80
    - anno 1840 abitanti n° 82

    RESTANO
    - anno 1833 abitanti n° 2412
    - anno 1840 abitanti n° 2596

    RADICOFANI fra la Val d'Orcia e la Val di Paglia. – Dove si da la posizione geografica di questo paese si corregga e si dica situato nel grado 29° 26' di longitudine e 42° 54' di latitudine.
    Quindi si aggiunga al suo luogo la visita fatta nel di 7 aprile del 1558 dai commissarj della Repubblica sanese in Montalcino per conoscere le entrate ed uscite della Comunità di Radicofani, dalla quale risulta, che fino d'allora risiedeva in cotesta Terra un potestà (ossia vicario) al quale la Comunità di Radicofani pagava lire 1488 l’anno, mentre al castellano prima della guerra soleva dare lire 244, oltredichè il paese levava ogni anno da Grosseto dieci moggia di sale.
    In quanto all'entrata, parlando ivi del macello pubblico che si vendeva l'anno per lire 280, soggiunge la quale entrata la Comunità l'ha data per due anni per elemosina ai Frati di S. Francesco per edificare un convento dentro la Terra per essergli stato guasto il loro che avevano di fuori (sino dal 1257) è ciò per causa della guerra; e la detta donazione si è fatta in questo medesimo anno 1558.
    In generale colesta Terrà dal 1833 in
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    poi è migliorata assai nel suo materiale e la chiesa principale mercé un benefico sussidio sovrano di lire 8000 venne ingrandita ed in ogni parte restaurata. Rispetto alle condizioni agràrie della sua Comunità io mi giovai di una lettera del Dottor Luigi Vilifranchi, il quale stette per varj anni medico condotto in Radicofani. Che se appoggiandomi a quello scritto pubblicato nel 1832 nel Giornale de' Letterali pisano, io diceva, che la raccolta media del grano in questa Comunità ascendeva a circa 600 staja annue, confesso esservi corso errore di numero, giacché mi fu fatto osservare, che l'annua sementa di granaglie di questa Comunità ascende attualmente a circa 6500 staja, cosicché quegli Abitanti non dovrebbero avere più la necessità asserita dall'Autore della lettera testé citata, di nutrirsi a preferenza di farina di granturco. Erroneo pure fu trovato l'asserto, che vi manchino gli ulivi, mentre vi è chi si prese la cura di contarne dentro quel territorio fino a 6270 piante. Né ora si può più dire che non vi siano i gelsi.
    Infine si aggiunga e si corregga. – La Comunità di Radicofani mantiene un medico, un chirurgo ed un maestro di scuola, oltre un medico–chirurgo che ora risiede in Contignano.
    Non vi sono mercati settimanali, e solo due fiere in tutto l'anno, le quali cadono nel terzo martedì di giugno, ed alla metà di settembre.
    Quattro doti annue di 24 scudi romani l'una furono instituite nei tempi andati da pia persona forestiera per le povere fanciulle costumate di Radicofani.
    Vi è un doganiere di seconda classe che sopraintende ai posti doganali di Celle, di San Cascian de' Bagni, di Pian–Castagnajo, e di S. Giovanni delle Contee. – Dopo l'istituzione della Cancelleria comunitativa alla Badia S. Salvadore, questa di Radicofani comprende ora la sola Comunità omonima e quella di San–Cascian de' Bagni.
    Nel
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    1833 la Comunità di Radicofani noverava 2412 Abitanti e nel 1845 ne aveva 2554, come segue:

    Castelvecchio (
    porzione), Abitanti N.° 136
    Contignano,
    Abitanti N.° 250
    Radicofani,
    Abitanti N.° 2168

    TOTALE
    Abitanti N.° 2554
Localizzazione
ID: 3525
N. scheda: 43690
Volume: 4; 6S
Pagina: 709 - 716; 211 - 121
Riferimenti: 53410
Toponimo IGM: Radicofani
Comune: RADICOFANI
Provincia: SI
Quadrante IGM: 129-1
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1726084, 4753269
WGS 1984: 11.76997, 42.9001
UTM (32N): 726147, 4753443
Denominazione: Radicofani - Cave di Marmi
Popolo: S. Pietro a Radicofani
Piviere: S. Pietro a Radicofani
Comunità: Radicofani
Giurisdizione: Radicofani
Diocesi: Chiusi
Compartimento: Siena
Stato: Granducato di Toscana
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