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Ripafratta, Librafatta - Via Regia Postale da Pisa a Lucca

 

(Ripafratta)

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    RIPAFRATTA, e LIBRAFATTA nella Valle del Serchio. – Castello semidiruto con sottostante borgata e dogana di 2a classe, già capoluogo di Comunità e di Giurisdizione, ora sotto quella de’Bagni di S. Giuliano, da cui dista 4 miglia toscane a settentrione maestrale. – Ha una chiesa plebana (S. Bartolommeo) stata filiale della pieve di Montuolo, Diocesi di Lucca, attualmente battesimale, nella Diocesi e Compartimento di Pisa.
    Le mura castellane con la torre di Ripafratta sono sulla pendice occidentale di un poggio che costituisce l’ultimo sprone occidentale del Monte Pisano, appellato
    Monte Maggiore, che scende quasi a dirupo sulla ripa sinistra del Serchio, avendo alla destra del fiume i poggi di Filettole e di Castiglioncello, in guisa che resta costà un angusto passaggio alle acque del rovinoso Serchio, ed alla strada postale, lungo la quale esistono le fabbriche del borgo, la dogana di frontiera e un grandioso mulino mosso dalle acque del Canale che staccasi costà dal Serchio per condurre un ramo del fiume ai Bagni di S. Giuliano e di là a Pisa.
    Da ciò ne consegue che
    Ripafratta ripete chiaramente la sua etimologia dalle acque correnti del Serchio e dell’Ozzeri, le quali costà ruppero la ripa de’poggi per aprirsi un passaggio alla marina di Pisa.
    Che il sovrastante Castello di Ripafratta fosse dato in feudo col suo distretto ad un’antica prosapia di nobili pisani, dai quali derivò l’attuale famiglia patrizia Roncioni, non vi è alcuno che lo contrasti.
    Portava questa contrada il nome generico di
    Ripa nei tempi più remoti, avendo già annunziato all’Articolo MONTUOLO, che una delle ville di quella chiesa battesimale appellavasi sino dal 970 Ripa, siccome prese il nome da Cerasomma il luogo del confine doganale lucchese derivato da Cella somma, ossia dalla Cella di Rupe
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    Cava.
    Giova pur anco avvertire che il Castello di
    Ripafratta, fu detto in Ottavo, forse dalla distanza da Pisa, come apparisce da una carta di quell’Arch. Arciv. del 6 aprile 987, in cui è rammentata la chiesa di S. Martino (poi feudo Martiniani) posta in loco Octavo a Ripafratta. – (MATTHAEI,Hist. Eccl. Pis.)
    Agli
    Articolo MONTUOLO e FLESSO indicai tre documenti relativi ai fratelli Ildebrando e Gherardo figli di Teuperto, tutti feudatari della mensa lucchese;il primo di essi scritto nel 9 aprile 970, il secondo nel 30 settembre 980 ed il terzo nel 12 agosto 983. Con quegli atti i vescovi di Lucca accordarono, quando a uno e quando all’altro de’fratelli prenominati, porzione dei beni, diritti ed angarie che alla pieve del Flesso, poi di Montuolo, dovevano gli abitanti delle ville di detto pievanato; fra le quali si contava la villa di Ripa. – Resta in ogni modo a sapere chi di quei fratelli, figliuoli di Teuperto divenisse poi l’autore della famiglia Roncioni di Pisa, stata per molto tempo signora del castel di Ripafratta, siccome essa è tuttora patrona della chiesa, delle mura castellane, e di molti beni annessi.
    La guerra fra i Lucchesi ed i Pisani incominciata nel 1003 fu ripresa un secolo dopo (anno 1104) quando a Ripafratta, vinti i Pisani, furono condotti prigioni a Lucca gli abitanti del castello di Ripafratta. Ma quella guerra terminò con la vittoria dei Pisani, siccome lo dichiara un atto del 21 novembre anno 1110 (
    stile comune) pubblicato dal Muratori. In quel trattato pertanto Ubaldo del fu Sismondo, e Matilda di lui moglie alla presenza del Ven. Pietro Moriconi arcivescovo pisano, di molti visconti, degli operaj della Primaziale e dei consoli della
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    città di Pisa, si obbligarono di riconoscere per signora diretta e patrona del castello e del poggio di Ripafratta la chiesa maggiore e la mensa arcivescovile pisano, con la promessa di non mettere nel detto castello il Torrigiano (capitano della torre, o rocca) senza l’approvazione dell’arcivescovo, come pure di non alienare, né permutare il detto feudo con il Comune di Lucca o con quella mensa vescovile, e obbligandosi nel caso che fossero per fare qualche acquisto nel poggio di Ripafratta di ammettere la chiesa archiepiscopale pisana per metà alla compra qualora lo volesse; e finalmente di non dar refugio nel castello di Ripafratta ad alcuna persona contro il volere degli arcivescovi, e del Comune di Pisa ecc.
    Da cotesto documento inoltre risulta che non già per intiero, ma una sola parte del castello e poggio di Ripafratta nel 110 fu data in feudo ad
    Ubaldo Sismondi di Pisa.
    Sicché resterebbe a sapere da chi l’altra porzione dello stesso poggio, castello e distretto di Ripafratta posteriormente fu acquistata.
    A schiarimento di ciò non sembrerà inopportuna una carta del 30 maggio 1151 testè pubblicata nell’Appendice del Vol. V P. III delle
    Memor. Lucch. – È un lodo per il quale il vescovo di Lucca Gregorio, a nome anche de’suoi successori, rinunziò per lire 430 di denari lucchesi ad ogni diritto sui beni che due figli di Ugo, un Tasca di Adimaro, Uberto di gherardo e Ubaldo del fu Ranieri in qualsiasi modo avevano acquistato ad enfiteusi dai vescovi di Lucca nei confini della Val di Serchio, a partire da Ripafratta fino al mare.
    È altresì vero che Ottone III con diploma dato in Pavia li 3 agosto 996, e se si vuol anco con quello dato in Roma li 20 dicembre del
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    1001, lo stesso imperante concedè a Manfredo Roncioni di Pisa molti predj della Corona situati a Lugnano, a Rupe Cava e presso le mura di Pisa con una casa dentro la stessa città. Ed è altresì vero che a tenore dello statuto pisano del 1161, alla Rubr. 54 del Lib. I, i Pisani deputarono alla custodia del Castello di Ripafratta un castellano col salario di 60 lire e non più.
    Inoltre nel libro dei giuramenti prestati dagli uffiziali del potestà di Pisa (Lib. I. Rubr. 57) si legge, che quelli cui si commetteva la guardia del Castello di Ripafratta dovevano essere nativi di Pisa o del suo
    antico distretto. – (DAL BORGO, Dissertazione VI sulla Stor. Pis.)
    Ma questo castello di frontiera tornò nelle mani de’lucchesi all’occasione che i Pisani, dopo la rotta dell’agosto 1254 alla Badia S. Savino, dovettero sottoscriversi ad una pace onerosa e cedere ai Fiorentini piuttosto che il Castello di Piombino questo di Ripafratta, il qual castello poco dopo dai vincitori fu regalato ai Lucchesi loro alleati. – (R. MALASPINI.
    Istor. Fior. Cap. 155.)
    Però in grazia della vittoria riportata dalla Lega Ghibellina ne’campi di Montaperto, i Pisani con altri alleati un’anno dopo (
    ERRATA: nel settembre del 1260) nel settembre del 1261 marciarono contro alla Lega avversa, togliendo di prima giunta ai Lucchesi S. Maria a Monte nel Val d’Arno inferiore e di mano in mano riacquistando sopra i nemici stessi non solo i castelli del Pont’a Serchio e di Ripafratta, ma ancora quelli di Castiglione, di Nozzano ed altri paesi del territorio di Lucca ; sicché i Lucchesi per riavere dai nemici cotesti luoghi dovettero obbligarsi col vicario regio conte Guido Novello, di cacciare dalla loro città i guelfi refugiati. Ma il castello di Ripafratta, essendo già stato da gran
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    tempo riunito al distretto pisano, non venne compreso in quella convenzione; e fu solo nella nuova guerra che mossero ai Pisani i Fiorentini ed i Lucchesi quando questi nel 1285 riacquistarono Ripafratta e Viareggio, col sospetto di una segreta annuenza del conte Ugolino della Gherardesca capitano del popolo e del Comune di Pisa, addebitato di aver venduto ai nemici quelle ed altre castella.
    Ma i Pisani nel 1314 sotto il governo di Uguccione della Faggiola ricuperarono non solo i castelli di Quosa, di Asciano e del Ponte a Serchio, ma tolsero ai Lucchesi quelli di Nozzano di Castiglione e di Ripafratta, che tosto fortificarono.
    Il Dal Borgo nella sesta dissertazione dell’istoria pisana fu di parere che i suoi concittadini non già dopo il 1314 fabbricassero la rocca di Ripafratta, ma che ciò accadesse fino dall’anno 1161, fondando il suo giudizio nell’espressione del giuramento che facevano in quell’anno i consoli della Repubblica pisana, di dover, cioè, spendere mille soldi durante il tempo del loro governo nei muri e barbacani del castello di Ripafratta. Così nello
    Statuto d’uso di quell’anno i Pisani stabilirono che il mantenimento de ’castellani della guardi di Ripafratta dovesse levarsi dalla tassa delle gabelle sul bestiame, mentre nelle riforme fatte mezzo secolo dopo da quel governo stabilì che quella spesa della guarnigione militare di Ripafratta dovesse essere a carico del patrimonio ecclesiastico; ragione per cui il Pontefice Onorio III anche su di ciò trovò motivo da scomunicare i Pisani. – (Oper. cit.)
    Poco dopo cotesta epoca fu emanato dall’Imperatore Federigo II un privilegio con la data di Pisa, agosto 1244, alla presenza di Riccardo conte di Caserta, di Pandolfo da Fasianello vicario imperiale in Toscana, di Alberto marchese e cittadino pisano, di Tegrimo conte Palatino in Toscana, del conte di Monte Feltro e Urbino, di maestro Pietro
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    delle Vigne giudice della gran curia dell’Imperatore e di molti altri, a favore dei nobili di Ripafratta, confermando il diploma di Federigo I, e concedendo a Marco di Roncione, a Gherardo di Ciconia, ed a Jacopo di Bonaccorso l’imperiale protezione su tutti i beni che eglino possedevano in Pisa e nel suo territorio, esentandogli da ogni dazio e convalidando il feudo di Martiniana e di Leccia con la giurisdizione del foro ed ogni altro diritto spettante al trono. – Il P. Cianelli che riportò nel Vol. III delle Memor. Lucch. una parte di questo e de’precedenti diplomi estratti dall’insigne archivio Roncioni di Pisa, ha dato ancora una serie progressiva di nomi di quell’illustre prosapia discesa da quel Manfredo di Roncione che fu il privilegiato nel 996 e nel 1001 dall’Imperatore Ottone III fino ai tre individui rammentati nel diploma di Federigo II testè annunziato; fra i quali si trova il nome di Bonaccorso figlio di un altro Bonaccorso de’signori di Ripafratta. Lo che ci richiama forse al Bonaccorso rammentato dall’annalista Tolomeo lucchese, quando nel 1291 fu levato dalle carceri di Lucca Ubaldino degli Ubaldini della Pila, che era stato fatto prigione in Buti col nobile Bonaccorso da Ripafratta.
    Checché ne sia, per quanto i signori Roncioni acquistassero padronanza sopra alcuni luoghi e abitanti di Ripafratta e su quella chiesa parrocchiale, siccome l’avevano sull’eremitorio di
    Lupo Cavo, contuttociò la giurisdizione politica e militare sul castello di Ripafratta prima e dopo quell’età continuava a dipendere dalla Repubblica di Pisa.
    Citerò fra gli altri un documento del 4 giugno 1234 scritto nel senato degli anziani del Comune pisano residente nella torre d’Ildebrandino del Nicchio presso la chiesa di S. Pietro d’Ischia,
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    col quale i sindaci e revisori della gestione di Ugo Lupo marchese di Soragna stato poco innanzi potestà del Comune di Pisa, ed i sindaci di tutti i giudici, notari, camarlinghi, che per il corso di cinque anni ultimi decorsi non avevano ancora reso conto della loro amministrazione, così i castellani di Ripafratta e di altri castelli, dovevano essere sottoposti al sindacato al pari di quelli che avevano coperto impieghi durante il tempo che Ugo Lupi fu potestà di Pisa.(Arch. Roncioni di Pisa).
    Ma dopo che per viltà fu venduta Pisa a Giovanni Galeazzo duca di Milano, (anno 1399) essendo morto questo signore nel 1402, lasciò in appannaggio al figlio suo naturale Gabbriello Maria la città di Pisa con tutto il suo distretto, più Sarzana e Carrara. Quindi la reggenza di Milano destinò il generale Giovanni Colonna alla difesa di Gabbriello Maria, sia per la città di Pisa come per la Lunigiana.
    Sennonché il Colonna ad esempio de’condottieri di compagnie, colse l’opportunità per agire da signore anzi che da tutore; poiché non erano decorsi che pochi mesi quando egli reclamò dalla reggenza di Milano un arretrato di salario per la somma di fiorini d’oro 26475, sicché con decreto del 19 febbraio 1403 la reggenza medesima assegnò provvisoriamente al general Colonna in conto di frutti Carrara e Ripafratta. Quest’ultimo castello pertanto con atto del 3 agosto 1404 fu oppignorato per 4000 fiorini d’oro a Paolo Guinigi signor di Lucca. – Si risentì contro un tal procedere Gabbriello Maria, sicché fu rimesso il giudizio agli arbitri, i quali nel 24 settembre dell’anno stesso decisero, che il Guinigi dovesse rilasciare al signor di Pisa il castello e distretto di Ripafratta, e ricevere in cambio la terra di Carrara coi castelli di Avenza e Moneta, e con tutte le ville di quel vicariato
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    a condizione però di pagare al Colonna 15000 fiorini d’oro. Il lodo ratificato tre giorni dopo ricevè la sua esecuzione negli 8 e 9 del mese di ottobre successivo. – (MEMOR. LUCCH. T. II.) – Vedere l’Aricolo CARRARA.
    Ripafratta però si mantenne poco tempo in potere di Gabbriello Maria, poiché nel Luglio del 1405 cotesto signore fu costretto da una ribellione di popolo a fuggire nella cittadella e poi da Pisa, dopo avere segretamente venduto ai Fiorentini la stessa città col suo contado. –
    Vedere l’Articolo PISA.
    In quel conto poi all’occasione dell’assedio di Pisa tenessero i Fiorentini il castello di Ripafratta, lo disse il commissario Capponi ne’suoi commentarj; e quanto cotesto castello si valutasse dall’oste fiorentina all’epoca del secondo assedio di Pisa fatto cent’anni dopo, lo danno a conoscere le deliberazioni prese in quel tempo dalla Signoria di Firenze, e le lettere riportate dal
    Gaye nel Vol. II del Carteggio inedito di artisti. Fra le quali due del 2 e 3 giugno 1504 furono scritte da Antonio Giacomini commissario fiorentino al campo davanti a Pisa. Serve la prima ad informare i signori Dieci della Balia di guerra che il commissario andò col governatore e con Antonio da S. Gallo a Ripafratta per pigliare nota come s’avesse ad acconciare quel castello. Nella seconda lettera si aggiunge: come “nel dì 3 giugno lo stesso Antonio da S. Gallo essendo tornato al Castello di Ripafratta e avendo il tutto ben considerato, niente di manco non poteva risolvere il modo di averlo a fortificare oltre quello che era”
    E siccome i Dieci della Balia insistevano rapporto alle fortificazioni da farsi al Castello di Ripafratta, Niccolò Capponi commissario generale nel 17 maggio del 1508 rispondeva dal campo de’Fiorentini davanti a Pisa quanto appresso: “Quanto al disegno di “
    Librafatta et
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    quello che accadesse fare “ per fortificarla, domani andrò sino là col “ sig. Marcantonio et Antonio da S. Gallo, “ et esamineremo quello che sia da fare et ne darò avviso”. (ivi).
    Quindi con altra del 26 maggio dello stesso anno Niccolò Capponi avvisava la Balia, che “ Antonio da S. Gallo se ne verrà do”mattina (a Firenze) et da lui intende”ranno quello bisogna fare
    a Librafatta, per potervi tenere più numero di cavalli.”
    Non si conoscono le disposizioni date, né le opere dai Dieci di Balìa ordinate rispetto alle fortificazioni richieste in Ripafratta; ma siccome poco dopo l’epoca dell’ultima lotta era la città di Pisa dové rendersi agli assedianti, è credibile che non succedesse altro.
    Rispetto poi alla chiesa parrocchiale di S. Bartolommeo a Ripafratta, sebbene essa sia di pietra concia, può dirsi al disotto della mediocrità per la nettezza come per la capacità.
    Il Targioni riportò nei suoi Viaggi due iscrizioni ivi murate, che una nella facciata della pieve, indicante l’anno 1325 della sua riedificazione sotto tre operj.
    L’altra è un’iscrizione sepolcrale esistente nel pavimento della chiesa, posta alla memoria di Matteo figlio del magnifico uomo Pietro Gambacorti capitano generale e difensore del popolo pisano, il quale Matteo morì nel dì 5 luglio dell’anno 1375.
    Cotesta chiesa venne eretta in battesimale nel 1789, allorchè fu staccata dal piviere di Montuolo e dalla diocesi di Lucca. Essa non comprende nel suo distretto altro che l’oratorio di Nostra Donna di
    Rupe Cava, una volta Eremo di frati Agostiniani detti di (ERRATA: Rupo Cavo) Lupo Cavo, di cui furono patroni fino almeno dal sec. XIII i signori di Ripafratta.
    Trovasi in Ripafratta una dogana di frontiera di seconda classe, il cui doganiere soprintendente ancora a quella di Filettole ch’è di terza classe.
    Delle vicende idrauliche del
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    Serchio, e delle grandi variazioni accadute costà presso nelle deviazioni del suo alveo, Vedere l’Articolo SERCHIO, e solo ci limitiamo a rammentare l’alluvione terribile accaduta costà nel gennajo dell’anno corrente 1843 per la rottura degli argini alla sinistra del Serchio, per i molti danni cagionati, e le munificenze prodigate dal padre del suo popolo l’Augusto LEOPOLDO II che vi accorse dalla capitale.
    La parrocchia plebana di S. Bartolommeo a Ripafratta nel 1833 noverava 692 abitanti.

    VIA REGIA POSTALE DA PISA A LUCCA. – È dichiarata STRADA REGIA POSTALE quella che esce da Pisa per Porta Lucchese e passa peri Bagni di S. Giuliano, di là per Rigoli e Riprafatta esce dal Granducato ed entra nello Stato Lucchese presso Cerasomma quasi 4 miglia innanzi di arrivare a Lucca.
    Una strada non postale, ma bene spesso preferita dalle vetture per essere alquanto più breve della prima, è quella che staccasi dal ili
    regio, postale appena escita da Pisa nel subborgo di Porta Lucchese, la quale via prendendo il cammino a ponente lungo le mura della città volgesi a settentrione per entrare nella Via delle Prato, pia padule dell'Oseri, finché ritorna sulla Via regia postale suddetta sopra Rigoli.
    Si paga doppia posta da Pisa a Lacca e viceversa, per un cammino sempre pianeg-giante di circa miglia toscane 14 e 1/2.
Localizzazione
ID: 3616
N. scheda: 44760
Volume: 4; 5
Pagina: 767 - 771; 722
Riferimenti: 45930
Toponimo IGM: Ripafratta
Comune: SAN GIULIANO TERME
Provincia: PI
Quadrante IGM: 104-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1613846, 4852493
WGS 1984: 10.41646, 43.81831
UTM (32N): 613909, 4852668
Denominazione: Ripafratta, Librafatta - Via Regia Postale da Pisa a Lucca
Popolo: S. Bartolommeo a Ripafratta
Piviere: (S. Giovanni Battista a Flesso, a Montuolo) S. Bartolommeo a Ripafratta
Comunità: Bagni a S. Giuliano
Giurisdizione: Bagni a S. Giuliano
Diocesi: (Lucca) Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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