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Riparbella, Ripalbella

 

(Riparbella)

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    RIPARBELLA, o RIPALBELLA in Val di Cecina. – Terra già Castello con chiesa plebana (S. Giovanni Evangelista, già detta a Vallinetro), capoluogo di Comunità, nella Giurisdizione di Rosignano, Diocesi e Compartimento di Pisa.
    Questo luogo, un dì malsano, scarso ed ora copioso di abitazioni e di abitatori, risiede sotto la cresta di un colle che ha il
    Botro delle Donne alle sue spalle, e davanti a se il torrentello di Rialdo.
    Trovasi fra il grado 28° 15’ 6” di longitudine ed il grado 43° 22’ di latitudine, circa 9 miglia toscane a scirocco levante di Rosignano, 4 a ostro della Castellina Marittima; 6 a grecale dal Fitto di Cecina; 24 a ponente di Volterra, e 36 a ostro scirocco di Pisa.
    La più antica memoria superstite di questo castello trovasi indicata all’anno 1034 in una bolla di Guido vescovo di Volterra. – (TARGIONI,
    Viaggi, T. IV.)
    Fra le carte del monastero di S. Paolo all’Orto in Pisa, ora nell’
    Arch. Dipl. Fior. avvenne una del 28 ottobre 1177 scritta in Riparbella appartenevano al monastero di S. Felice di Vada.
    All’Articolo BOVECCHIO e BELORA dissi, che in contesti due castelletti, ora deserti, un dì residenza di popolazioni etrusche, ebbero podere nei secoli intorno al mille i conti della Gherardesca; un individuo della qual prosapia, il conte Gherardo figlio che fu di altro C. Gherardo, insieme con la sua cognata Mingarda vedova del conte Ugo e figlia del fu Ildebrando Visconti di Pisa, mediante contratto del 29 agosto 1121 scritto nella canonica della pieve di S. Lorenzo in Piazza, fece transazione con Graziano visdomino della Primaziale di Pisa, come sindaco dell’arcivescovo Attone, alla cui mensa quel conte rilasciò 5 parti delle corti di Belora e Bovecchio, obbligandosi per se, per Mingarda, per i figli ed eredi rispettivi, sotto
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    pena di 50 lire d’argento, di non contendere più alla mensa arcivescovile di Pisa la suddetta cessione, per la qual cosa il prefato visdominio gli regalò una spada. – (MURAT. Ant. M. Aevi. T. III.)
    Dallo stesso
    Arch. Arciv. Pis. il Muratori ebbe copia di un altro istrumento scritto nel claustro di quell’arcivescovato li 14 settembre del 1126 (stile pisano) e riguardante un editto pubblicato da Ruggieri I Arciv. di Pisa, nel quale si ordina ai parrocchiani della pieve di Riparbella di pagare le decime e le oblazioni al loro pievano Lamberto che aveva porto querela all’arcivescovo contro i monaci di certo monastero a cagioni che essi alienavano dal loro dovere i suoi popolani. – (loc. cit.)
    Cotesto documento pertanto ne persuade che la pieve di
    Vallinetro anche innanzi il secolo XIII appellossi di Riparbella.
    Con altro istrumento rogato nell’episcopio di Pisa li 30 agosto 1153 (stile pisano) l’abbate della badia di Morrona vendé a Villano arcivescovo di Pisa tuttociò che il suo monastero possedeva in Monte Vaso e di là fino al confine di Colle Montanino girando intorno al monte di
    Mortajolo, in grazia della qual vendita l’abbate ricevé in un anello d’oro 400 soldi pisani. – Quindi quattr’anni dopo lo stesso arcivescovo Villano, per atto scritto in Pisa li 18 novembre del 1157, ottenne dal Cardinale Gualfredo, figlio del fu conte Arrigo della Gherardesca la porzione di beni che a lui appartenevano nei contorni di Riparbella, e precisamente a Monte Vaso, Strido ecc.
    In seguito essendo insorte differenze fra Ubaldo arcivescovo di Pisa ed il Comune di Volterra a cagione de’castelli e distretti di Monte Vaso, di quelli de’Meli, di Riparbella e di Strido, fu rimessa la lite al giudizio degli arbitri nominati dalle parti, i quali nel 27 agosto del 1199
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    stando in Lajatico decisero a favore della mensa arcivescovile pisana, a condizione che gli Arcivescovi non vi ricettassero fuorusciti e ribelli del Comune di Volterra. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Comunità di Volterra.)
    Da tante compre fatte in Riparbella sembra rilevare che gli arcivescovi di Pisa nel secolo XII avessero acquistato sopra Riparbella e sui castelletti del suo territorio, oltre l’antica giurisdizione ecclesiastica, anco un tal quale diritto temporale.
    Infatti nel 1282 Giovanni di Lucino da Como potestà di Pisa e Guido degli Accarigi di Faenza capitano del popolo pisano accordarono all’arcivescovo Ruggeri II il diritto de’malefizj sopra i popoli di diverse Comunità delle Colline superiori pisane, fra le quali
    Riparbella.
    Cotale sentenza però avendo suscitato un appello, essa venne nell’ottobre del 1282, confermata dal giudice Bacciomeo Dodori, il quale stando nella canonica di Santa Luce decise, che l’arcivescovo pisano godesse del diritto de’malefizj nei Comuni di
    Lorenzana, di Santa Luce, di Pomaja e di Riparbella, escludendo però dal medesimo diritto i Comuni di Nugola, di Colle Montanino, e di Bellora.
    Ma non sembra che l’insistente arcivescovo Ruggieri II si acquietasse alla predetta sentenza di appello, e che volesse qualcosa di più, mentre non molto dopo ottenne varie lettere dal Pontefice Martino IV, che una in data di Orvieto del 3 gennajo 1283, e non molto dopo ne ricevè due altre del 3 aprile e 17 maggio anno IV del suo pontificato (1284); che le prime due dirette ai priori di S. Frediano e di S. Bartolommeo in Selce presso Lucca e la terza al pievano di Cascina. Con quest’ultima presentata a Bellomo pievano di Cascina nel giorno 15 luglio del 1284 se gli ordinava da S. S. d’interporsi presso il Comune di Pisa per ultimare la
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    lite sopra la giurisdizione temporale de’castelli di Meli, Riparbella, Bellora, Pomaja, Santa Luce, Lorenzana, Colle Alberti, Nugola, Filettole di Val di Serchio, Avane, Bientina, Usigliano, Colle Montanino e sopra altri luoghi, ville e possessioni spettanti alla mensa archiepiscopale pisana; per cui il Pontefice Martino IV ingiungeva al pievano di Cascina di far citare le parti per recarsi presso Lucca, ed ivi insieme ai priori di S. Ferdinando e di S. Bartolommeo in Selce, dopo sentite le ragioni respettive, deliberare quella causa senza altro appello.
    Quel pievano peraltro ricusò la commissione costituendo in sua vece un canonico di Lucca. – (ARCH. ARCIV. DI PISA.)
    Fra le membrane dell’epoca medesima e dello stesso archivio avvi un istrumento del 27 luglio 1286 (stile pisano) rogato in Pisa nella chiesa di S. Cristofano in Chinzica, in cui si rammenta il paese di Riparbella nel piviere di
    Vallinetro; all’occasione che maestro Pietro pievano di Rosignano cameriere e procuratore dell’Arcivescovo Ruggieri in nome della sua mensa con quel contratto concedeva ad enfiteusi a Maghinardo di Orlandino da Certaldo ed a donna Iacobina sua moglie, restata vedova di Minetto da Riparbella, un podere consistente in varj appezzamenti di terra posti nel distretto di questo castello delle Colline pisane, piviere di Vallinetro, compresovi un mulino, il tutto per l’annuo canone di soldi 5 pisani.
    La pieve infatti di S. Giovanni di
    Vallinetro nel registro del 1277 è designata matrice della chiesa di S. Maria di Riparbella, e di S. Andrea di Bellora; mentre nel catalogo del 1372 oltre le due filiali sunnominate, vi si trovano quelle di S. Michele di Riparbella e di S. Michele de’Meli. – Vedere MELE, già Castello de’Meli.
    Che nei secoli XIV e XV esistesse in
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    Riparbella un’altra cappella dedicata a S. Michele, lo dichiarano due altre membrane della provenienza medesima, una delle quali scritta li 15 febbraio del 1304 nella chiesa anzidetta, e l’altra del 3 giugno dell’anno innanzi rogata nel sacrario ecclesiae S. Michaelis de Riparbella.
    Attualmente non vi è altra cura fuorché la chiesa plebana sotto il titolo di S. Giovanni Evangelista di Riparbella.
    Il popolo di questo castello si diede la prima volta ai Fiorentini per capitolazione del 21 marzo 1406 (
    stile comune), cioè sette mesi innanzi la resa di Pisa.
    Il Castello di Riparbella fu assalito e preso nel 1445 dall’oste napoletana quando scorreva le volterrane Maremme; alla stessa oste poco tempo dopo fu ritolto da un corpo di armati Fiorentini, che si accampò costà sotto il comando di Bernardetto de’Medici e di Neri Capponi. In quella circostanza si crede che il castello di Riparbella fosse disfatto. – (AMMIR.
    Stor. Fior. XXII.)
    Tornarono i Fiorentini a perdere questo paese allorché i Pisani lusingati dalle parole del re Carlo VIII non solo ricusarono di stare all’ubbidienza della Signoria di Firenze, ma attesero validamente a richiamare alla loro devozione le castella del proprio contado, fra le quali fuvvi anco Riparbella; e ciò fino a che quegli abitanti all’invito de’commissari fiorentini, Pier Capponi e Bernardo Nasi, si riposero sotto gli ordini di quella repubblica, della quale seguitarono dal 1508 in poi i destini.
    Finalmente Riparbella col suo distretto nel 1635 fu eretta in marchesato dal Granduca Ferdinando II che con diploma degli 11 agosto di detto anno lo concedè in feudo al nobile Andrea Carlotti di Verona per se, suoi figli e discendenti fino a che nel 1737, previo il sovrano assenso di S. M. I. Francesco I come Granduca di Toscana, cotesto marchesato fu venduto da Alessandro e Andrea fratelli Carlotti al
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    senatore Carlo Ginori di Firenze, cui venne confermato con diploma del 16 luglio 1738.
    Nello stesso anno 1738 sotto dì 27 novembre il prenominato senator Ginori comprò dallo scrittojo delle RR. Possessioni la
    Fattoria di Cecina di S. A. I. e R. con le terre del piano nel distretto di Bibbona per il prezzo di scudi 71440 da lire sette a scudo, il quale ultimo acquisto attenne il Ginori per R. rescritto del 27 giugno 1739 con licenza di riunirlo al marchesato di Riparbella. – Vedere FITTO DI CECINA, dove si accennarono le opere ivi fatte dal senatore Carlo Ginori, innanzi che il governo per certe vedute credesse proprio di redimere il tutto, siccome fece per istrumento del 25 novembre 1755.
    A cotest’epoca Riparbella fu eretta in comunità sotto la potesteria di Chianni, ed attualmente sotto la giurisdizione civile e criminale del Vicario R. di Rosignano.
    Dal
    Movimento della sua popoolazione, posto in calce all’Articolo Comunità, si vedrà quale aumento abbia fatto dopo il 1745.
    Nel 1833 la pieve di S. Giovanni Evangelista a Riparbella noverava 1112 abitanti.
    Comunità di Riparbella. – Il territorio di questa Comunità occupa una superficie di 22160 quadranti agrarj, 837 dei quali sono presi da corsi di acqua e da strade. – Nel 1833 vi abitavano familiarmente 1112 persone, a proporzione a un dipresso di 42 individui per ogni miglia toscana quadrata di suolo imponibile.
    Confina con sette Comunità, e per il tratto di un buon miglio toscano col mare. – Quest’ultima lambisce il territorio di Riparbella dirimpetto a libeccio a partire dalla bocca della Cecina, fino passato il Capo cavallo alla foce del fosso del
    Tripesco vecchio, in guisa che resta compreso in cotesto spazio il casone con la tenuta della Cinquantina.
    Allo sbocco del
    Tripesco
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    il territorio comunicativo di Riparbella mediante il fosso predetto, trova dirimpetto a ponente maestrale quello della Comunità di Rosignano fino al ponte sulla strada regia Maremmana che incontra nel bastorovescio della collina. Così sottentra il territorio della Castellina Marittima, col quale l’altro di Riparbella fronteggia dirimpetto a maestrale da primo mediante il borro del Confine, tagliando la via che porta alla fattoria del Terriccio, tocca la Porcareccia e quindi per termini artificiali sale sul poggio di Colmezzano, finché arriva sulla strada volterrana diretta alla Castellina. Entrando per breve tragitto per quella via si dirige a levante finché trova le prime sorgenti del botro di Rialdo, dove lascia la strada volterrana per dirigersi a settentrione entrando per poco nel botro detto di Malconsiglio sino al fosso della Faggeta; col quale va incontro al torrente Sterza di Val d’Era scendendo dal poggio di Strido, nella direzione di greco levante. Giunta presso la Sterza trova un suo confluente appellato il Borro di S. Cerbone, al qual punto sottentra al confine dirimpetto a grecale la Comunità di Lajatico, mediante il borro prenominato sino alla sua confluenza nella Sterza. Costì sottentra la Comunità di Montecatini di Val di Cecina, con la quale la nostra rimonta il torrente Sterza per dirigersi verso libeccio sino alla via mulattiera che guida al podere di Strido. Ivi piegando direzione dal libeccio al levante trova il borro del Albatrucino, col quale le due comunità incamminandosi a ostro nel torrente Lopia arrivano sul fiume Cecina. A cotesta confluenza cessa dirimpetto al levante la Comunità di Monte Catini, e voltando faccia a ostro viene a confine l’altra di Monte Scudajo mediante il corso
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    della Cecina sino al ponte del Fitto, dove sottentra sulla ripa sinistra del fiume la Comunità di Bibbona, con la quale l’altra di Riparbella si accompagna sino al mare.
    Nel territorio di questa Comunità non vi sono prominenze montuose da meritare distinzione, comecchè in gran parte esso sia coperto da poggi e da colline.
    “Immagini il lettore, diceva il redattore dell’Articolo
    Corsa Agraria nelle Maremme pisane e volterrane inserito nel N.° 31 del Giornale agrario (Firenze 1834), immagini il lettore una valle, o per dir meglio un pozzo nascosto in un andirivieni di poggi, che si soprappongono uno all’altro, le di cui pareti sieno erte e sassose, e dove esse hanno giacitura meno ripida, poste a cultura con sementa e viti, ed avrà l’idea di quella strada che conduce”a Riparbella lungo un torrente stretto e chiuso in gran parte fra colline dirupate fino ai piedi di un’ardua salita.”
    “Pure cotesta strada è stata modernamente ridotta in maniera da potervi passare con le ruote non ostante la sua gran pendenza.”
    “Giunti ad un certo punto piuttosto elevato si cominciano a trovare degli oliveti, l’orizzonte mano a mano va slargandosi finché si giunge ad una spianata dove risiede Riparbella.”
    “Da quella posizione si gode a levante della veduta di Monte Scudajo e di Guardistallo, ma il mezzogiorno resta impedito da poggi più elevati di quelli dove è fabbricato il capoluogo.”
    Il solo fiume Cecina può dirsi il corso maggiore di acque fra quelli che passano o che lambiscono il territorio di questa Comunità, tostochè il torrente della
    Sterza di Val d’Era è assai piccola cosa dentro i confini territoriali di Riparbella.
    Rispetto alla struttura fisica del suo territorio, essa in gran parte è di roccia sedimentaria alterata da quella ofiolitica che costituisce al suo settore il Monte Vaso, e che alle sue pendici
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    inferiori è anche ricoperta da rocce serpentinose che fanno passaggio alla diorite, roccia che incontrasi bene spesso mista alla marna conchigliare cerulea, la quale ultima cuopre la base de’monti e costituisce il mantello della Valle inferiore della Cecina fino presso alla spiaggia.
    Anche il ch. Giovanni Targioni Tozzetti osservò il gabbro, il serpentino e la breccia di queste due rocce nella Comunità di Riparbella; egli vide nelle rosure e ne’dirupi orribili del botro di
    Riparbella manifestamente la deposizione delle colline sopra de’filoni tortuosi del monte, consistente in un tufo impuro frammischiato di ghiaja e di altre sostanze.
    Né mancò di avvertire che vi sono eziandio degli strati di tufo quasi bianco, e altri del solito color cenerino con moltissimi corpi marini, tanto animali come vegetabili.
    Le quali osservazioni ci farebbero quasi credere che il plutonizzamento del Monte Vaso fosse di un’epoca anteriore a quella del deposito terziario del mattajone (marna conchigliare cerulea del
    Brocchi), seppure un’anomalia propria a distruggere tale opinione non si presentasse nelle osservazioni fatte da Giovanni Targioni, il quale trovò costà fra i filoni di serpentino una breccia formata da frammenti delle stesse rocce ofiolitiche collegate da spato o da quarzo, breccia che egli stesso indicò come subalterna ad altri ammassi di pietra serpentinosa.
    Quando nel 1742 vi capitò il prelodato naturalista, i poggi della Comunità di Riparbella erano coperti di boscaglie che impedivano la ventilazione e ne rendevano in estate l’aria umida e insalubre, talchè non fu sorpreso di vedere il paese scemo di popolazione (292 abitanti nell’anno 1745, mentre nel 1840 era aumentata fino a 1253).
    Il trovare oggi in quel luogo così poco favorito dalla natura molta popolazione sana; il trasporto giornaliero di generi diversi; il moto continuo di barocci; l’osservare che per ogni dove in cotesta contrada si vanno innalzando fabbriche;
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    il sapere che per edificarle è ricercatissimo il terreno, tuttociò desta sorpresa, paciere e curiosità nel viaggiatore, per cui (soggiunge il relatore della Corsa agraria preaccennata, Commendator Lapo de’Ricci), ci parve interessante rintracciarne la storia economica, che può dare un’idea de’progressi e delle gradazioni nei miglioramenti dell’agricoltura.
    “Non vi esistono miniere, mancanvi eziandio manifatture, né i suoi terreni sono fertilissimi; la sola industria agricola ha operato questi miracoli dopo che essa trovossi liberata dai ceppi che innanzi Leopoldo I l’avvolgevano e che fu lasciata camminare pacificamente per tutte le sue gradazioni”.
    “imperocché i terreni di questa Comunità appartenevano per la massima parte a pubbliche amministrazioni, al feudatario, alle corporazioni, o al patrimonio della Corona, senza dire che tutti i boschi erano sottoposti al servizio forzato della R. Magona”.
    “Il gran Leopoldo fece vendere a bassissimi prezzi i terreni delle corporazioni e della Corona ai particolari rilasciando loro il prezzo in mano per il piccolo frutto del tre percento l’anno, e quindi liberò i terreni venduti dalle antiche servitù che gli gravavano. Ciò accadde circa il 1780, allorché si cominciavano a provare gli effetti benefici della libertà frumentaria, e quando da ogni parte si strappavano i vincoli che tenevano inceppato ogni movimento industriale.”
    “Si cominciò dunque dal dissodare i terreni anche nel territorio di Riparbella, atterrando le macchie che li ricoprivano, e sostituendovi semente, vigneti e uliveti”.
    “La popolazione che una volta soltanto in tempo d’inverno discendeva dalle lontane montagne a lavorarli divenne stazionaria. Le abbondanti raccolte di cereali sopra quei terreni di nuovo acquisto unitamente al loro prezzo elevato, ed al sobrio modo di vivere, diedero a quei proprietari il mezzo di eseguire i lavori campestri, sicché non comparve più temerario speculatore colui che aveva ardito di acquistar terreno senza avere un soldo in tasca”.
    Non vi sono mercati settimanali né fiere annuali. –
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    La comunità mantiene un medico chirurgo ed un maestro di scuola.
    Il giusdicente e la cancelleria comunicativa sono in Rosignano, l’ingegnere di circondario e l’uffizio di esazione del Registro in Lari, la conservazione delle Ipoteche ed il tribunale di Prima istanza in Livorno.

    MOVIMENTO della Popolazione del CASTELLO e COMUNITA’ di RIPARBELLA a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 59; tatale della popolazione 330.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 35; femmine 42; adulti maschi 56, femmine 65; coniugati dei due sessi 92; ecclesiastici dei due sessi 2; numero delle famiglie 82; tatale della popolazione 292.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 217; femmine 199; adulti maschi 142, femmine 108; coniugati dei due sessi 443; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 223; tatale della popolazione 1112.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 204; femmine 190; adulti maschi 212, femmine 183; coniugati dei due sessi 461; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 234; tatale della popolazione 1253.

    RIPARBELLA in Val di Cecina. Si aggiunga infine. – La Comunità di Riparbella nel 1823 noverava 1112 Abitanti e nel 1845, compresi gli annessi, era salita a 1865 individui, cioè:

    Riparbella,
    Abitanti N° 1374

    Annessi

    Casaglia; dalla Comunità di Monte Catini in Val di Cecina, Abitanti N° 49
    Castellina;
    dalla Comunità di Castellina Marittima, Abitanti N° 22
    Fitto di Cecina;
    dalla Comunità di Bibbona, Abitanti N° 326
    Miiemo;
    dalla Comunità di Montecatini in Val di Cecina, Abitanti N° 94

    TOTALE
    Abitanti N.° 1865
Localizzazione
ID: 3619
N. scheda: 44790
Volume: 4; 6S
Pagina: 771 - 776; 216 - 217
Riferimenti:
Toponimo IGM: Riparbella
Comune: RIPARBELLA
Provincia: PI
Quadrante IGM: 112-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1629594, 4802548
WGS 1984: 10.60026, 43.36618
UTM (32N): 629658, 4802723
Denominazione: Riparbella, Ripalbella
Popolo: S. Giovanni Evangelista a Vallinetro, a Riparbella
Piviere: S. Giovanni Evangelista a Vallinetro, a Riparbella
Comunità: Riparbella
Giurisdizione: Rosignano
Diocesi: Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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