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e Storico della Toscana

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Romena

 

(Castello di Romena - Pieve di Romena)

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    ROMENA nel Val d'Arno casentinese. – Castello semidiruto con sottostante chiesa plebana (S. Pietro a Romena) già capoluogo di un feudo de’Conti Guidi, adesso nella Comunità Giurisdizione e un miglio toscano circa a libeccio di Pratovecchio, Diocesi di Fiesole, Compartimento di Arezzo.
    Risiede sulla cresta di un poggio alla cui base orientale scorre il fiume Arno, mentre dal lato di ponente e libeccio esso è bagnato dalle acque del fosso delle
    Pillozze.
    Prese il titolo da questo castello un ramo de’conti Guidi di Modigliana, che si dissero anche da Monte Granelli e di Raginopoli, a partire dal C. Aghinolfo, uno de’4 figli superstiti del C. Guido Guerra di Modigliana ed avo di un C. Guido del fu C. Aghinolfo di Romena che nel 1247, ottenne privilegio dall'Imperatore Federigo II, e nel 1254 insieme con la moglie aderì alla vendita del Castello di Montevarchi; quello stesso conte Guido di Romena che, nel 1256, fu testimone ad un contratto di matrimonio di famiglia; che nel 1263, e nel 1271 permutò alcuni luoghi della sua contea con i suoi cugini CC. di Dovadola. Fratello dei suddetto C. Guido di Romena era quel C. Alessandro rammentato con il soprannoininato e con un terzo fratello dall'Alighieri nel C. XXX dell’Inferno come falsarj del fiorino d'oro che per essi coniò maestro Adamo da Brescia, sicché l'ombra di lui, cacciata nella bolgia fra i sitibondi, esclamò:
    Ma s'io vedessi quì l'anima trista
    Di Guido, o di Alessandro, odi lor frate,
    Per Fonte Branda non darei la vista.
    Cotesto maestro Adamo probabilmente corrispondeva a quello spenditore di fiorini falsi de’conti di Romena, di cui fece menzione all'anno 1281 Paolino di Piero nella sua Cronica dicendo «che in detto anno si trovarono in Firenze fiorini d'oro falsi in
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    quantità per un fuoco che si appese in Borgo S. Lorenzo in casa degli Anchioni. E dicesi che li faceva fare uno de’conti di Romena, e funne preso un loro spenditore, il quale per cose che confessò fu arso».
    Dal conte Guido d'Aghinolfo I nacque un altro Aghinolfo che chiamerò II conte di Romena, e di cui si conosce il testamento fatto nel 1338
    dove si nominano sei o sette figliuoli suoi, fra i quali furono un C. Alberto, un C. Guido Uberto di Romena e Monte Granelli, un Bandino (Ildebrandino) vescovo di Arezzo, ecc.
    Ad uno di quei figli del conte Aghinolfo II, o giuniore, nacque il conte Piero di Romena rammentato con il C. Bandino di lui cugino in due contratti del 14 e del 21
    ottobre 1357, allorché essi venderono al Comune di Firenze il castello, distretto e giurisdizione di Romena comprese tre altre villi per il prezzo di fiorini 9600 di conio fiorentino. La qual compra fu ratificata dai Signori e Collegi della Repubblica Fiorentina, mediante provvisione del 23 ottobre di detto anno. In grazia di ciò i due conti prenominati furono ricevuti in accomandigia perpetua e stipendiati dalla Signoria con l'obbligo del palio. La stessa vendita del Castello di Romena fu anche confermata con successivo contratto del 24 aprile 1381 dal conte Niccolò figlie del C. Bandino predetto. – Uno degli ultimi conti di Romena fu quel conte Roberto del C. Giovanni di Monte Granelli, il quale nel 10 giugno del 1410 stando in Monte Granelli nominò un suo rappresentante, per recarsi a Firenze a presentare il palio consueto la mattina della festa di S. Giovanni. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte dell’Arch. gen.) – Vedere RAGINOPOLI.
    Per effetto pertanto di cotesta vendita
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    di Romena, la Signoria di Firenze nel 23 ottobre dell'anno 1357 fece una deliberazione, con la quale esentò per 5 anni da ogni dazio, gabella e prestanze gli uomini di Romena e del suo distretto, con l’obbligo per altro di comprare dal Comune di Firenze il sale necessario al loro consumo, e dichiarò, che l'estimo del Castello e territorio di Romena ascendeva alla somma di 150 fiorini d'oro l'anno da pagarsi dopo il quinquennio a quei popoli accordato. – (ARCH. DELLE RIFORMAGIONI DI FIRENZE.)
    Fra le pergamene
    dell'Arch. Dipl. Fior. ve ne sono di quelle relative agli accessi de’castellani di Romena, il di cui territorio con la rocca fu aggregato alla potesteria di Raggiolo compresa, al pari di Castel S. Niccolò, nella Montagna fiorentina. – (Vedere Carte del 9 dicembre 1358, 10 gennajo 1360, e 22 ottobre 1371 dell'Arch. gen. nel loc. cit.)
    La rocca attuale di Romena consiste in due torri semidirute circondate da mura castellane esse pure cadenti. Alquanto sotto le mura, dalla parte di scirocco esiste la sua antica pieve di S. Pietro a Romena costruita a tre navate fino dal secolo XII.
    Entrando dalla sagrestia e nel sotterraneo si veggono i vestigi della sua confessione sopra la quale riposa l'altar maggiore alla romana. La tribuna tutta di pietra lavorata è ornata tanto di dentro come esternamente. Ivi esistono colonnine di pietra serena con capitelli ed archetti rotondi sopra strette e lunghe finestre a strombo.
    Nel coro vi è una tavola creduta dipinta dal Morandini, detto il
    Poppi, sebbene a piè del quadro si legga Franciscus Mati F. An. Dai MDCLXXXVIII.
    Di mano assai più antica e di merito anche superiore è un'altra tavola all’ultimo altare della navata a Corno Evangelii rappresentante la Nostra Donna in mezzo a due
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    angeli con S. Pietro e S. Paolo, e nella parte inferiore in abito da cittadino il pievano Jacopo da Mandrioli che ordinò quella pittura l'Anno Domini MCCCLXXXV.
    Fu
    opinione di molti arco ai tempi nostri, che questa al pari delle chiese plebane di Stia, Vado e Montemignajo, edificate a un dipresso sullo stesso modello, fossero opera della gran contessa Matilda, alla cui pietà sogliono attribuirsi quasi tutte le chiese della Toscana di struttura un poco vecchia. Ma facilmente ognuno potrà disingannarsi quando esamini nella pieve di Romena i capitelli delle due colonne di pietra serena più vicine alla porta d’ingresso; giacché in quello a mano destra entrando, dove furono scolpiti rozzamente i simboli dei quattro Evangelisti con la figura del Redentore nell’atto di porgere le chiavi a S. Pietro leggesi intorno alla fascia di quel capitello:
    Quaecumque ligaveris super terram
    Quaecumque solveris super terram ».
    e poi «ALBERICUS PLEB. FECIY HOC OPUS»
    Che se uno imprenderà ad esaminare il capitello della colonna dirimpetto vi leggerà queste parole: TEMPORE FAMIS ANNO 1152; vale a dire che quella chiesa fu riedificata dal pievano Alberico 37 anni dopo la morte della contessa Matilda.
    Ma cotesta chiesa, che attualmente è residuata a 5 archi per parte, ne contava sette innanzi che due arcate nel novembre del 1678 rovinassero insieme con la facciata per una smotta del terreno corroso dal sottostante fosso delle
    Pillozze.
    Del qual fatto trovasi ricordo in un libro della soppressa cura di S. Bartolommeo a Strapetognoli, in cui il parroco del tempo, Angiolo Ciapetti, scrisse: «Di novembre 1678 rovinò dalla parte davanti un terzo della pieve di S. Pietro a Romena cascando quattro colonne, essendo pievano il Sig. Giuseppe Basilj che sollecitarmente restaurò il tutto lì ed altrove».
    Nel 1729 sopraggiunse un
    terremoto che scompose di
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    nuovo la facciata e divise da capo a piè la tribuna con una larga fessura, ne la quale occasione rovinò una parte del campanile stato d'allora in poi sbassato.
    In una delle sue campane dopo le parole
    Mentem Sanctam Deo Placentem sta impresso l'anno in cui fu fusa, cioè, nel MCLXXVI.
    In conseguenza del citato terremoto rovinò dentro le mura castellane di Romena l'oratorio di S. Maria Maddalena con la casa del cappellano ed uno spedaletto annesso per i poveri passeggeri. Eravi pure dentro il castello altra chiesa dedicata a S. Maria Assunta, oltre le seguenti 20 chiese suffraganee dell'antico piviere di Romena; cioè, 1. S. Margherita
    a Campolombardo; 2. S. Bartolommeo a Castel Castagnajo ; 3. SS. Jacopo e Cristofano alla Villa 4.. S. Biagio a Pomponi (soppressa); 5. S. Maria a Pietrafitta (idem); 6. S. Bartolommeo a Strapetognoli (unita alla seguente); 7. S. Jacopo a Tartiglia; 8. S. Donato a Coffia; 9. S. Lorenzo alla Collina (annessa alla seguente); 10. S. Ilario a Sala; 11. S. Donato a Brenda; 12. S. Croce a Sprugnano; 13. S. Clemente al Ponte (soppressa); 14. S. Paolo al Ponte; 15. S. Maria a Gricciano; 17. S. Maria a Porrena; 17. S. Jacopo a Mandrioli; 19. S. Angelo a Pratiglione (soppressa); 20. e S. Donato al Borgo alla Collina.
    Attualmente la pieve di Romena conservasi matrice di sole sette parrocchie, che sono; 1. S. Donato al Borgo alla Collina; 2. S. Maria a Porrena; 3. S. Croce a Sprugnano ; 4. S. Donato a Brenda ; 5. S.
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    Lorenzo a Sala; 6. Jacopo a Tartiglia; 7. e S. Paolo al Ponte.
    Il Castello di Romena con quasi tutto il svio distretto è posseduto in oggi dal conte Luigi Goretti di Stia, il quale, dopo aver introdotto nei suoi predi parecchi miglioramenti agrari, ebbe in mira di stabilire a sue spese in Romena una scuola di reciproco insegnamento. Quindi nel Giornale agrario toscano (N.° 67) fu fatto un giudizioso confronto storico tra i conti di Romena del secolo XIII, che facevano confare le monete false, ed i conti Casentinesi del secolo XIX che impiegano le loro cure e facoltà per giovare al popolo.
    Romena, oltre vari illustri soggetti, della stirpe de 'CC. Guidi stati suoi signori, fu patria di maestro Rinaldo professore in sacra teologia spedito dal Comune di Firenze nell'aprile dell'anno 1365 a Francesco Petrarca ad Avignone con lettere in
    dita del dì 8 di detto anno al Pontefice Urbano V ad oggetto d’indurre quell’illustre letterato a venire a stabilirsi in Firenze per svio riposo e per onore della città. – (GAJE, Carteggio inedito ecc. Vol. I.)
    La parrocchia della pieve di Romena nel 1833 contava 83 abitanti

    ROMENA nel Val d’Arno casentinese. – Si aggiunga al suo luogo che nei versi dì Dante relativi a maestro Adamo da Brescia l’Alighieri discorrendo ivi:
    Di Guido, di Alessandro, o di lor frate, dà egli in certo modo a conoscere come se vi fossero stati tre fratelli conti di Romena. Resta però a sapere se quel loro frate era fratello carnale o piuttosto cugino, mentre essi pure fratelli si appellarono. Tale fu quel Conte Guglielmo Spadalonga de’ Conti Guidi di Romena, che nel 26 febbrajo del 1328 con l’ajuto di 300 cavalieri
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    tedeschi prese il castel di Romena, salvo la rocca; il qual castello dice Gio. Villani (Cronica Lib. X. Cap. 12) era de’ suoi consorti Guelfi figliuoli del conte Aghinolfo. Aggiungasi che mediante atto pubblico del 18 ottobre 1343 rogato in Firenze fu ratificata la pace conclusa in Pisa fra il Duca di Atene, come principe generale di Firenze da una e la Repubblica di Pisa dall’altra parte, cui si firmarono come testimoni il Conte Pietro di Romena ed i Conti Giovanni e Francesco figli del conte Ildebrandino o Bandino di Romena. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Bigallo). Era quel Conte Bandino di Romena, al quale riferisce altra membrana dello stesso Arch., fra quelle dell’Arte di Calimala, scritta li 16 settembre del 1377, in cui tre fratelli, conte Antonio, Conte Giovanni, e Conte Niccolò figli del Conte Bandino stando nel cassero di Romena nominarono il sindaco per recarsi in Firenze a presentare nel giorno della festa di S. Giovanni Battista il palio convenuto fra il conte Bandino di Romena loro padre ed il Comune di quella città.
Localizzazione
ID: 3672
N. scheda: 45390
Volume: 4; 6S
Pagina: 812 - 814; 218 - 219
Riferimenti:
Toponimo IGM: Castello di Romena - Pieve di Romena
Comune: PRATOVECCHIO
Provincia: AR
Quadrante IGM: 107-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1718569, 4850903
WGS 1984: 11.71693, 43.78046
UTM (32N): 718632, 4851077
Denominazione: Romena
Popolo: S. Pietro a Romena
Piviere: S. Pietro a Romena
Comunità: Pratovecchio
Giurisdizione: Pratovecchio
Diocesi: Fiesole
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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