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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Bagni Vetuloniesi, Bagno del Re - Acque minerali

 

(Bagnaccio)

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    BAGNI VETULONIESI (Aquae calidae ad Vetulonios), forse il BAGNO detto tuttora del RE in Val di Cornia, sulla pendice occidente dei poggi che da Monte Rotondo si dirigono verso la confluenza del torrente Milia nella Cornia, lungo il fosso Malguado,15 miglia lontano dalla sua foce in mare, due miglia a ostro del poggio di VETULONIA, alias di CASTIGLION BERNARDI, nella parrocchia di S. Maria del Frassine, Comunità Giurisdizione e Diocesi di Massa Marittima, la quale città non è più di 10 miglia toscane circa a scirocco levante, Compartimento di Grosseto.
    Una questione di grande importanza per gli archeologi fu rimessa in campo pochi anni fa intorno alla controversa situazione geografica della perduta città di Vetulonia, della quale incombe quì dare un cenno approposito delle
    Acque calde Vetuloniensi rammentate da Plinio.
    Tre eruditissime lettere sulle ricerche di Vetulonia furono rese di pubblico diritto all’anno 1832 dal cavaliere Francesco Inghirami nelle Memorie dell’Istituto di Corrispondenza archeologica di Roma. Esso mercè diligenti indagini locali, confortate da documenti del medio evo, ha potuto decidere la questione intorno al sito dell’antica Vetulonia, per quanto la mancanza delle rovine e l’angustia del poggio che ne porta il nome stiano mal d’accordo con la decantata magnificenza della Vetulonia capo di origine degli Etruschi.
    Che però senza contare molto sulle ampollose frasi di Silio Italico, rapporto alla magnificenza e celebrità di Vetulonia, mentre di essa tacciono Tito Livio, e Strabone, al pari di molti altri scrittori più veterani, e dei poeti più veritieri, noi ci atterremo al sito dimostratoci dal cavaliere Inghirami per stabilire assolutamente in Val di Cornia la città, il contado e la colonia dei Vetuloniesi, nel modo che costà convien rintracciare quelle acque termali che Plinio disse situate non molto lungi dal mare.
    Nè molto lungi dal mare sono i grandiosi
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    vetusti avanzi delle Terme situate presso il poggio di Vetulonia, da tempo immemorabile chiamate il Bagno del Re, ed il cui fabbricato ha tutta l’apparenza di rimontare alla decadenza del R. Impero, quantunque possa credersi posteriormente riattato. Sono tuttora visibili tre edifizi, uno chiamato la Botte o la Cantina del Re, che è di figura elittica, coperto da una volta a guisa di cupola, dal cui centro riceveva la luce e sul cui pavimento esiste tuttora una vasca, donde scaturiscono le polle termali. Vicino ad esso, salendo il poggio, si trovavano gli avanzi di un’altra fabbrica di maggiore estensione, denominata il Casone, o palazzo del Re; e poco lungi di là un altro casamento rettangolare assai magnifico di Bagno Regio o del Re, il quale nel secolo passato potè servire di abitazione ai RR. ministri delle vicine allumiere di Monte Leo. Forse in quest’ultimo edifizio si racchiudevano altre polle termali, siccome per tradizione e per testimonianza fu assicurato Gio. Targioni sino dal 1745. Le quali polle, dopo essere state deviate dal Bagno Regio, si aprirono la via nell’alveo del vicino fosso che dicesi Malguado, dove molti abitanti limitrofi vanno a bagnarsi per mali cutanei e dolori artritici, essendo esse acque caldissime e di natura acidula- solforosa.
    Il prelodato Targioni, dopo contemplati i magnifici avanzi di antichità in luogo ora quasi deserto e selvoso, mise in campo il dubbio, che a questo Bagno potesse riferire la Tavola Itineraria Peutingeriana, dove col nome scorretto di
    Aquae Populaniae è segnata una Mansione lungo la via traversa fra Maniliana e Siena passando per queste Terme.
    Avvegnachè le
    Aquae Populaniae sono segnate nel terzo Segmento di detta Tavola dentro terra, e sette miglia distanti dalla
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    mansione di Maniliana sulla via Aurelia fra Saleborna (la Bruna) e le città di Populonia. Se dobbiamo pertanto attenerci a tale indicazione, a voler cercare le Terme in questione non possiamo deviare dalla Valle della Cornia, ne dal rimontare verso le sorgenti di questo fiume che è probabilmente il Linceo di Licofrone, le cui acque da tempi remotissimi erano calde. – Vedere Cornia fiume e Contado Cornino.
    Per quanto non sia da fidarsi molto sopra uno straccio di antichità scritto non prima del secolo V dell’Era Volgare, pure merita di essere considerato un fatto, quello cioè, che nella Valle superiore della Cornia, non trovandosi bagni termali con vestigie di edifizi antichi meno che al
    Bagno del Re, ne induce a credere che a queste Terme volesse riferire la stazione suindicata piuttosto che applicarla con Cluverio ad Aquas Volaterranas. Il quale autore invece preferì per le acque calde ad Vetulonios la situazione di Caldana sotto Campiglia, al mare e a Populonia vicinissima. – Che se nei primi tempi del R. Impero non si parlava più di Vetulonia, come città da lunga mano diruta, non ne consegue perciò che restasse nel tempo stesso eliminato dalla memoria degli uomini il nome del territorio, ossia il contado della città perduta, dove pure seguitava a stansiare una romana colonia coi suoi magistrati senza che più esistette l’etrusca città. Di ciò ne fa fede non tanto il curatore della Repubblica dei Vetuloniesi, di cui parla un marmo aretino, quanto Plinio stesso allorchè novera tra le colonie mediterranee dell’Etruria, quella dei Vetuloniensi nella quale corcostanza non fa commemorazione alcuna della città, siccome non la fece all’occasione delle acque termali situate nel contado di Vetulonia (ad Vetulonios in Etruria non procul a mari).
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    – Ma questa colonia e questo contado dovettero sparire anch’essi al pari della città dopo la prima invasione gotica; quando per asserto di un contemporaneo scrittore soffrirono un orribile devastazione le maremme (Rutil. Numat. Itiner.) E forse il territorio de’Vetuloniesi era già stato incorporato a quello di Populonia, all’epoca in cui l’autore della Tavola delineava il suo Itinerario, onde potè senza tema di errore registrare le Terme di Populonia, dove furono già le Acque calde de’Vetuloniesi.
    A contemplare altronde la natura delle acque che attualmente scaturiscono dai contorni del Bagno del Re, ci si dimostrerebbe impossibile che in esse abbia vissuto mai alcuna specie di pesce, siccome ne assicura Plinio rapporto a quelle di Vetulonia. Ma quando si riflette alle vicende fisiche accadute nelle Toscane maremmane, e specialmente nella Valle superiore della Cornia, donde emersero lagoni e fumacchi in epoche posteriori alla romana, non fia meraviglia se alterossi egualmente la qualità di quelle acque minerali. Altronde non sono costà perdute le tracce di acque termali e potabili, tosto che una polla consimile scaturisce tuttora nel Bagno elittico chiamato la
    Botte o Cantina del Re.
    Perchè si appellino coteste fabbriche il
    Bagno del Re è facile cogetturarsi da chiunque conosca essere stata questa parte di Maremma posseduta dai Duchi Longobardi sino da quando il territorio di Populonia fu messo a ferro e fuoco dal Duca Gummarit. La terza parte delle quali conquiste essendo pervenute per ragion di legge al Re de’Longobardi vi è motivo di credere che risalga a detta epoca o a quella de’Goti loro predecessori, il nome di Gualdo Regio, ossia del Bosco spettante al patrimonio del Re, nel cui circondario,esistevano appunto le Acque termali, e il Bagno in questione.
    Fanno fede di ciò varie pergamene lucchesi pubblicate nel Tomo IV
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    delle Memorie per servire alla storia di quel Ducato. Mi limiterò qui a citarne una dell’anno 779, 25 febbrajo, la quale riferisce a una permuta di terreni fra Peredeo vescovo di Lucca e un possidente del Bagno del Re, che cede al vescovo terreni posti in Pastorale e in luogo Cornino, e ne riceve in cambio altri situati in loco Paterno finibus Balneo Regis. – Le acque termali della Valle superiore della Cornia, distinguevansi col nome di Aquae Albulae e di Aquae Calidae sino dai secoli longobardici. In una carta dell’Archivio Arcivescovile di Lucca dell’anno 754, di aprile, si tratta della vendita di alcuni terreni fatta alla ch. di S. Regolo posta nel Gualdo del Re dove allora si conservava il corpo di questo martire; le quali terre avevano a confine, da un lato il Gualdo del Re e S. Regolo, dall’altro il territorio del perduto castello di Tricasi, e da un terzo lato le Acque Albule. – Al 20 Gennajo 1105 la contessa Gisla vedova del conte Rodolfo, e madre di Uguccione della Gherardesca, stando nel castello della Leccia, territorio Volterraneo, fece donazione alla Badia di Monte Verdi di alcune terre che possedeva in Cafaggio, in Acque Albule, in luogo appellato Gordena, e in Vecchiena, nomignoli tutti dei contorni di Monte Rotondo, mentre in un’altra carta del 6 marzo 1222 della stessa provenienza (Archivio di Massa) si specifica il Bagno di Gordena.
    Erano le
    Acque Calde sulla linea di demarcazione fra la Diocesi di Volterra e quella di Massa marittima sino dal secolo XI. Il qual vero apparisce dalla bolla di Gregorio VII spedita ai 20 novembre 1075 a Guglielmo vescovo di Populonia, dove non solamente
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    si accennano le Acque calde, ma un altro bosco, o Gualdo del Re, posto alla destra del fiume Cornia, dove fu un castelletto omonimo fra Monte Verdi e la Sassetta. – Finalmente le Acque calde di Val di Cornia sono citate in una procedura del 1296 riguardante iconfini dei castelli di Monte Verdi, Sasso, Leccia, Serrazzano e Castiglion Bernardi, tutti compresi nel contado Volterrano, e tutti confinanti per qualche lato con il piccolo distretto del già da gran tempo distrutto castello di Cornia. (Archivio Diplomatico Fiorentino Comunità di Massa e di Volterra).
Localizzazione
ID: 368
N. scheda: 4750
Volume: 1
Pagina: 229 - 231
Riferimenti: 4850, 14180
Toponimo IGM: Bagnaccio
Comune: MONTEROTONDO MARITTIMO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 119-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1643508, 4776174
WGS 1984: 10.76504, 43.12627
UTM (32N): 643572, 4776349
Denominazione: Bagni Vetuloniesi, Bagno del Re - Acque minerali
Popolo: S. Maria del Frassine
Piviere:
Comunità: Massa Marittima
Giurisdizione: Massa Marittima
Diocesi: Massa Marittima
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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