REPETTI ON-LINE

Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

cerca... .

S. Marcello, Marcello

 

(S. Marcello Pistoiese)

  •   pag. 1 di 28
    SAN MARCELLO, già MARCELLO nella Val di Lima. – Terra cospicua, capoluogo di Comunità e di Vicariato regio con chiesa ptebana e prepositura (S. Marcello) nella Diocesi di Pistoja, Compartimento di Firenze.
    Risiede in valle lungo la strada regia Modanese circa
    braccia 1090 sopra il mare Mediterraneo, fra il monte del Cerreto che resta alle sue spalle settentrionali, e quello della Croce di Monte che si alza al suo ostro, nascondendo entrambi la loro base nel torrente Limestre le cui acque scorrono a mezzodì della Terra di San Marcello, che è circa miglia toscane _ a levante della Lima ed altrettante a ponente del castello di Cavinana, celebre per l'ultima giornata campale perduta dalla Repubblica Fiorentina. Trovasi fra il grado 28° 27' 3'' longitudine ed il grado 44° 3' 8" latitudine, 17 miglia toscane a maestrale. di Pistoja, 15 a libeccio della Sambuca, 13 miglia toscane a scirocco dell' Abetone, ossia del Bosco Lungo, circa 4 miglia a settentrione di Piteglio, due miglia toscane a scirocco del Ponte della Lima e della gran Cartiera Cini, e appena un miglio a maestrale del nuovo edifizio de' Panni Feltri. I nomi di Mammiano, Pupilio, Piteglio, cavinano ecc. rimasti a molti paesi e contrade della Montagna e dell' agro pistojese danno diritto a supporre che anche la Terra di San Marcello tragga la sua origine dai possessi che ebbero costà i coloni o liberti della casa patrizia romana de' Marcelli, fino a che propagatosi il Cristianesimo, fu preso per patrono dagli abitanti di cotesta contrada il pontefice S. Marcello I, il quale ottenne la palma del martirio nel gennajo dell'anno 310 dell'Era volgare.
    S'ignora tuttora l'epoca in cui la
  •    pag. 2 di 28
    chiesa parrocchiale di San Marcello fu dedicata a cotesto santo e dichiarata pieve, dondechè resta sempre a sapere quando i Sanmarcellesi sostituirono al vocabolo romano di Marcello quello del santo loro patrono, nel modo che fecero altri paesi della Toscana, come Cassiano a Decimo convertito in S. Casciano, Terenzio in Lunigiana attualmente appellato San Terenzio ecc. ecc.
    Che la contrada di San Marcello sino dai tempi del paganesimo fosse abitata non vi ha chi lo metta in dubbio, tanto più che in coteste parti esistere doveva fino d'allora una strada per la quale si passava dalla Toscana nella Gallia Togata. –
    Vedere l’ Articolo seg. Comunità di San Marcello.
    Può servire di conferma a ciò la scoperta fatta nel 1740 da Giovanni Cini, avo dei Fratelli Giovanni e Cosimo Cini viventi, di un sepolcreto in un loro predio denominato Basilica, posto fra San Marcello e Mammiano, dove si scopersero riuniti sei o sette sepolcri romani con ceneri, carbone ed ossa abbruciate in piccole urne oltre una quantità di monete di rame coi ritratti di M. Agrippa, di G. Cesare, di Augusto, di Tiberio, di Claudio e di Nerone, fra le quali una ben conservata del tribuno Druso Cesare fratello di Tiberio. Cotesto ritrovamento fornisce anche qualche appoggio ad un diploma concesso nel 27 aprile 997 dall'Imperatore Ottone III a Giovanni, e non Antonino, vescovo di Pistoja, col quale privilegio fu confermata alla cattedrale di Pistoja fra le altre corti quella di Mucillo, che credo debba leggersi Marcello. Imperocché nell' Arch. Vescovo di Pistoja mancando la carta originale, quella pubblicata dal Muratori, dal Padre Zaccaria e da altri, non è che una copia autenticata da Rainuccio stato giudice e notaro sotto il vescovo Ildebrando, vale a dire
  •    pag. 3 di 28
    cento e più anni dopo. Arroge a ciò qualmente i vescovi pistojesi non possederono, che si sappia, alcuna corte nel Mugello, come ancora il riscontrarsi in quel diploma la corte di Mucillo nominata dopo quella di Lizzano, che è un paese vicino a San Marcello; e finalmente per la ragione di sentirvi rammentate molte pievi della diocesi pistojese senza che si faccia menzione alcuna di quella di San Maraello. – (ARCH. DIPL. FIOR., Carte del Vescovado di Pistoja.)
    Cotesto paese peraltro di Marcello nel 1134 aveva la sua pieve col titolo del santo omonimo, mentre essa è rammentata, forse per la prima volta, nella bolla del dì 21 dicembre di quell'anno spedita da Pisa dal Pontefice Innocenzo II ad Atto santo vescovo di Pistoja, né in quella né in altre bolle dei pontefici suoi successori si nomina più la corte di Mucillo, o dir si voglia di Marcello.
    Nel secolo medesimo XII il paese di San Marcello con la sua corte o distretto fu concesso in feudo dall' Imperatore Arrigo VI (25agosto 1191) al conte Guido Guerra discendente di quel conte Teudegrimo nel 927 ottenne un benefìzio dal re Ugo. – Vedere (SAN SALVATORE IN) e MODIGLIANA.
    Il qual feudo di
    San Marcello venne confermato al conte prenominato ed ai di lui figliuoli dall' Imperatore Federigo II mercé due diplomi degli anni 1220, e 1247.
    Il capitano Domenico Cini autore dei tre volumi MSS. intitolati;
    Osservazioni istoriche dello stato antico, del medio evo, e moderno della Montagna pistojese, ragionando de'conti Guidi è dell'origine di quella casa, fu probabilmente il primo a dire (P. II. Cap. 5 pag. 134) che il ceppo dei conti Guidi anteriormente alla
  •    pag. 4 di 28
    venuta di Ottone Magno in Italia esser doveva toscano di origine e non di Germania; ed in prova di ciò egli citava una donazione del 942 alla cattedrale di Pistoja fatta da Ranieri diacono e dal di lui fratello Guido, figliuoli del conte Tegrimo e della contessa Ingetrada.
    Quindi egli con tutto il fondamento ne deduceva, che quei conti non solo dimoravano nel pistojese, ma che fino da quel tempo e forse molto prima possedevano nella Montagna di Pistoja varie signorie e feudi, come erano quelli dei diplomi testé rammentati. – (
    MSS. Cini presso i signori Vannucci di San Marcello.)
    Che però questi dinasti non esercitassero sopra gli abitanti di San Marcello un dominio assoluto, si deduce dai fatti relativi alla storia pistojese del sec. XIII e seguenti. Ma innanzi che entrasse il 1300 gli uomini di San Marcello avevano abbracciato il partito ghibellino, di cui erasi fatto capo Arrigo Tedici di Pistoja che nel 1293 si ritirò con i suoi seguaci in questo paese.
    È altresì vero che San Marcello aveva allora una piccola popolazione, tostochè il capitano Cini nel MS. citato riportando la statistica della Montagna dell'anno 1255, dice, che la popolazione della pieve di San Marcello con la cappella di S. Biagio (ora pieve di S. Biagio a Mammiano) non contava più di 120 fuochi, 26 dei quali spettavano alla cura di Mammiano, mentre nell'età antecedente non si noveravano dentro il castello di San Marcello che 34 fuochi, i quali a ragione di 5 persone per famiglia avrebbero formato una popolazione di 120 abitanti.
    I loro discendenti però nel principio del 11300, dopoché nacquero in Pistoja le tremende divisioni di famiglia fra i Bianchi ed i Neri, non cambiarono divisa, per modo che quando nel 1323 Castruccio Antelminelli, capo ghibellino, si mosse con le
  •    pag. 5 di 28
    sue genti da Lucca avanzandosi per Val di Lima nella Montagna pistojese, il popolo di San Marcello fu dei primi ad accogliere le truppe del capitano lucchese, ed a prestare a lui giuramento di fedeltà e sudditanza che mantenne anche in mezzo alle sollevazioni della Montagna contro i Ghibellini, allorché le armi dell'Antelminelli, tre anni dopo, furono alle prese con le popolazioni di Cavinana e di Mammiano. – Vedere PISTOJA. Mancata però la vita a Castruccio (anno 1328); e tornata Pistoja con gran parte della Montagna a reggersi dai Guelfi Neri, gli abitanti di San Marcello costanti nelle loro massime si dichiarano per i Panciatichi capi della fazione contraria, armandosi a sostegno di questi ultimi contro quei Cancellieri ch'erano di parte guelfa.
    Quindi non corsero molti anni, allorché i Panciatichi, rimasti superiori nel fazioso conflitto, fecero eleggere uno di loro famiglia in capitano della Montagna residente nella Terra di San Marcello, sia per essere questo il paese più centrale, sia perché più decisamente di parte ghibellina. Dallo stesso capitano allora dipendevano i giusdicenti civili, o podestà di San Marcello, Mammiano, Cavinana, Piteglio, Pupiglio, Lizzano e Spignano, Crespore e Lanciole, Calamecca, Sambuca e Brandeglio, ossia Cireglio.
    In questo tempo, essendo capitano mess. Angiolo Panciatichi, la Montagna pistojese (anno 1330) ebbe a soffrire molti danni dai fuorusciti di Pistoja refugiatisi nel territorio limitrofo lucchese. Fu traquesti Filippo Tedici, il quale benché messo al bando della sua patria, volle tentare l'anno dopo di sollevarla inoltrandosi dalla parte della Val di Lima verso il Castello di Pupiglio nella mira d' impadronirsi di primo slancio della Montagna; sennonché assalito da quei montagnoli venne ucciso, e reciso il capo dal busto del traditore, fu portato in trionfo a Pistoja.
    Venuto in seguito in Italia Carlo IV figlio di Giovanni re di Boemia e nipote di Arrigo VII
  •    pag. 6 di 28
    (anno 1355), gli affari politici della Montagna pistojese, stante l'aver confinato i capi delle due fazioni, passarono con qualche quiete fino a che nel principio del 1358 i seguaci più turbolenti de' Panciatichi e de' Cancellieri si sollevarono di nuovo contro il governo di Pistoja. Dondechè gli anziani di questa città deliberarono d'inviarvi un esercito con l'ordine d'impadronirsi delle torri e di tutti i fortilizi sparsi per quei paesi. Ci richiama a cotesta epoca una provvisione del 21 marzo 1358, con la quale dal consiglio generale e dagli anziani di Pistoja furono ammesse alla cittadinanza pistojese alcune delle primarie famiglie di San Marcello, Lizzano, Cutigliano e Pupiglio. Ma nel 1370 essendo risuscitate a danneggiarsi nei paesi della Montagna le infeste divisioni fra i Bianchi ed i Neri, fu deliberato di fortificare meglio la città di Pistoja innalzandovi nuove torri e restaurando la rocca stata fatta da Castruccio presso la Porta Lucchese. Finalmente per distornare i più faziosi dalla guerra, la Signoria fece venire a stabilirsi in Firenze Bernardo Panciatichi che allora era dei capi Bianchi in San Marcello. – Vedere l’Articolo PISTOJA.
    Maggiori assai furono i danni recati agli abitanti della Montagna nel principio del 1400, quando due potenti pistojesi, fuorusciti con Riccardo e Lazzaro de'Cancellieri, le loro masnade mantenute segretamente dal duca di Milano s'impadronirono di San Marcello, della Sambuca, di Piteglio, di Cavinana e di altri castelli della Montagna, i quali non furono resi (novembre 1402) alle truppe, inviate colà se non a condizione di essere liberati da ogni bando con tutti i loro partigiani, e che stesse a carico del Comune di Pistoja il rifacimento dei danni fatti dai Cancellieri al partito dei Panciatichi tanto a San Marcello come in altri paesi.
    Dopo simili turbolenze passarono i San marcellesi in quiete molti anni del secolo XV, ma
  •    pag. 7 di 28
    nel 1455 nuove insorgenze per risse di famiglie faziose ridestarono in tutto il territorio pistojese lo spirito di vendetta fra i Cancellieri ed i Panciatichi, ai quali ultimi aderirono costantemente i Sanmarcellesi; e quasiché ciò non bastasse a falcidiare la popolazione, sopraggiunse un lungo e terribile contagio, cui tenne dietro una desolante carestia. In mezzo a tante sciagure pubbliche è cosa da inorridire (esclamava uno storico pistojese) il sentire che i creduti più santi esortassero gl’ insolenti a suscitare le sedizioni.
    Arrivati all'anno 1488 occorsero nella Terra di San Marcello gravi tumulti che produssero non poche uccisioni; quindi il castello di Cavinana fu fatto ricovero de' facinorosi. Allora i Fiorentini che presidiavano Pistoja insieme con altre milizie della città accorsero nella Montagna, e se la prima volta furono di là respinti, tornarono ben presto con maggior rinforzo ad assalire quella Terra che saccheggiarono, ed alle abitazioni dei capi faziosi posero il fuoco. – (FIORAVANTI,
    Memor. Istor. di Pistoja, Cap. XXVI.)
    Non dirò delle tregue, che sotto il più largo titolo dì pace, spesse volte tra quelle turbolenti fazioni si rinnovarono, giacché
    in mezzo alle alternative di risse, di pestilenze, di uccisioni e di controversie passò tutto il secolo XV; e sebbene nell’ ottobre del 1501 fra i Cancellieri ed i Panciatichi fosse stato firmato un trattato di pace, non tardarono molto a scuoprirsi segni della vecchia cancrena, in guisa che nel febbrajo dell'anno successivo le due fazioni essendo tornate in campo, si batterono accanitamente in città, nella campagna e nella Montagna di Pistoja, donde avvenne che nel luglio dell' anno stesso la fazione Cancelliera raccoltasi a Cavinana, si mosse armata verso la pieve vecchia di Piteglio per dare l' assalto a quel castello di fazione contraria, ma temendo del soccorso che gli abitanti di San Marcello preparavano in
  •    pag. 8 di 28
    aiuto dei loro vicini, le forze dell'opposto partito ritirandosi dalla pieve vecchia di Piteglio decamparono.
    All'articolo PISTOJA, Vol. IV. pag. 424, fu detto che dopo le misure prese d'ordine de' reggitori della Repubblica Fiorentina, e dopoché questi nell'estate del 1502 inviarono a Pistoja 13 commissarj con piena balia sopra gli affari pubblici della città, del contado e della Montagna, i Pistojesi tutti furono temili in freno dalla forza piuttosto che dalla stanchezza delle passioni.
    Ma alla morte di Papa Giulio II essendo stato eletto pontefice (11 marzo 1513) il cardinale Giovanni de' Medici col nome di Leone X, divenne arbitro nello stato pistojese mess. Goro Geri di Pistoja; dal quale fu inviato a San Marcello in capitano della Montagna mess. Lorenzo di Pier Francesco de'Tosinghi di Firenze che la governò a nome del Pontefice piuttostochè della Repubblica fiorentina.
    Accadde ciò nell'anno 1516, quando il Tosinghi a spese dei popoli al suo governo soggetti fece apporre nella facciata del palazzo pretorio di San Marcello l'arme di Papa Leone X scolpita da perito scalpello ed esistente tuttora. Lo stemma è sorretto da due graziosi putti , mentre l'arme Medicea coronata dal triregno pontificio posa sopra un ben lavorato giogo; contornando il tutto un grazioso festone di frutti con l'iscrizione seguente a pie dell'arme: HAEC ARMA FACTA FUIT TEMPORE LAURENTII DE TOSINGHIS DICNISSIMI CAPITANEI EXPENSIS TOTIUS MONTANEA A. M D. XVI
    .
    Lo stesso capitano Tosinghi, che risedeva sei mesi dell'anno in San Marcello e altri sei mesi in Cutigliano, fece murare in quest' ultimo pretorio l'arme propria con le seguenti parole: MARIOTTUS ANTONI ET PIPPUS DOMINICI CURATORES ISTIUS OPERIS; e nello stesso anno 1516 fu posto nel medesimo palazzo pretorio di Cutigliano un altro stemma in pietra serena con l’appresso iscrizione: JOHANNES BAPTISTA DE LIPPIS MATTHEI FILIUS CUM DECRETO TOTIUS MONTANAE HOC OPUS
  •    pag. 9 di 28
    FACIUNDUM CURAVIT A. M. D. X. V. I
    Ma nel 1527 avendo i Fiorentini cacciaTo di nuovo i Medici dalla loro città, inviarono a Pistoja e nella Montagna i loro magistrati, fino a che l’ Imperatore Carlo V nel 1529, accordatosi con il Ponitefice Clemente VII di casa Medici, prese l'impegno di rimettere in Firenze l'espulsa famiglia. Al qual fine ordinò che un grosso esercito di Tedeschi, Spagnoli ed Italiani si recasse all'assedio di quella città, poco innanzi che i Pistojesi inviassero i loro ambasciatori a Bologna per offrirsi di buona voglia ligj a Clemente VII. Il quale Pontefice sulla fine del 1529, mandò a Pistoja un suo luogotenente accompagnato da buon numero di soldatesca per governare e presidiare la città, il suo distretto ed i paesi della Montagna. – Era innoltrato l'anno 1530 quando i reggitori di Firenze riconoscendo il valore militare e l'acutezza d'ingegno di Francesco Ferrucci loro concittadino, per pubblico decreto, mentre questi comandava in Volterra, venne eletto commissario generale di guerra con piena autorità. Il Ferrucci infatti, per ardimento, per carità verso la patria, per prontezza d'ingegno, per animo indomito e per bravura a niun capitano secondo, nella bramosia di liberare al più presto possibile Firenze dall' assedio, si diresse da Volterra a Pisa e quivi avendo raccolto e provvisto del bisognevole un esercito di 3000 fanti, e di 600 cavalli, mosse il cammino verso la Montagna pistojese per le ragioni delle all'Articolo FIRENZE, Vol. II pag. 217. Ma condotto dalle guide, forse maliziosamente, da Calamecca a
    San Marcello, questa popolazione ben affetta ai Medici ed ai Panciatichi ebbe a soffrire crudelissimi trattamenti. – (loc. cit.)– Vedere. CAVINANA.
    Si legge tuttora sulla facciata di un'umile casetta nel borgo orientale, fra la costa del monte ed il paese di San Marcello, il luogo
  •    pag. 10 di 28
    dove il Ferrucci nella mattina del dì due agosto dell'anno 1530 tenne consiglio di guerra. Eccone le parole:

    BELLI CONSILIO DUX SIC FERRUCCIUS ACTO
    PERCITUS IN ORANGEN OCIUS ARMA
    NEC PROCUL HINC MORITUR CENTUM PER VULNERA
    QUARTO AUGUSTI NONAS VERSIBUS ANNIS INEST.

    Più moderna è la lapida posta dal Marchese Massimo D' Azelio sul muro esterno della pieve di Cavinana alla memoria di Francesco
    Ferrucci ivi sepolto con l'ultima speranza della Repubblica fiorentina.
    La Terra di San Marcello, disse il capitano Domenico Cini nel MS citato, era
    Cinta intorno di mura con 5 porte, ponti levatoj e due munitissime fortezze, una delle quali (la torre campanaria) situata nel centro del primo cerchio, e l'altra nella sommità deil monte detto del
    Cerreto, della quale esistono tuttora poche sustruzioni.
    Ma sebbene si nomini ora in San Marcello la
    Porta delle Fornace, la Porti Arsa e la Porta Viti, per vero dire non restano nella Terra di San Marcello indizi di porte né di mura castellane, tanto più che gli statuti commutativi, e le memorie storiche pistojesi non rammentano, ch' io sappia, rispetto a San Marcello altro fortilizio fuori di quello della torre campanaria fabbricata di grosse pietre conce, e aumentata sulla fine del secolo XVI nella parte superiore di un piano con cupolino di muro intonacato di calcina.
    Che se i Sanmarcellesi indicano al forestiero alcuni muri di case antiche stati arsi dalle guerre avute, si rammentino che gl’incendj innanzi la visita del Ferrucci furono assai frequenti nella loro contrada, tostochè per disserto, degl' istorici pistojesi fra il 17499 e l'agosto dell'anno 1502 nel solo contado intorno a Pistoja i faziosi arsero più di 1600 abitazioni. –
    Vedere l’Articolo PISTOJA.
    La morte della repubblica fiorentina fu vita per i Pistojesi
  •    pag. 11 di 28
    ghibellini, amici per conseguenza dei magnati e di coloro specialmente che consideravano la casa de' Medici qual talismano della loro prosperita; sicché ad onta che i fautori di Leone X avessero fatto scolpire a spese delle Comunità della Montagna l' arme grandiosa sopra un bellissimo giogo da bovi, eglino tennero di buona fede quel giogo con tale gradimento da ripetere col salmistat: iugum meum suave.
    Tale fu riguardato pure da cotesti popoli il giogo di Clemente VII e del duca Alessandro; alla morte di quest'ultimo nella città di Pistoja, trovandosi bersagliata fra il partito liberale e quello Mediceo, la fazione Panciatica si riaffacciò più potente e più vendicativa che mai col perseguitare i seguaci del partito contrario tanto in città come ne' castelli di Cavinana, di Cutigliano, ecc– Ma appena salito sul trono di Palazzo vecchio il duca Cosimo, appena disfatti i capi fuorusciti di Montemurlo, riescì a questo arguto principe di trovare modo da piegare gli animi, e ridurre Pistoja ed il suo territorio a stato tranquillo, mediante un governo militare. Allora fu posto un forte freno ad ognj sorta di facinorosi privandoli d'ogni impiego pubblico, togliendo alle Comunità l'amministrazione delle loro entrate, e spogliando di ogni sorta d'arme le case de' cittadini, contadini e terrazzani. Cotesto sistema infatti giovò a tenere ferme e fedeli al governo di Cosimo e a quello dei di lui successori e popolazioni di tutto il dominio pistojese.
    San Marcello ottenne il benefizio del mercato settimanale dal Granduca Cosimo III nell' anno 1712 secondo il Fioravanti, e forse tre anni innanzi secondo il capitan Cini, mentre dalla dinastia attuale tutti i paesi della Montagna superiore pistojese riportarono un immenso benefizio dalla strada regia Modanese ordinata nel 1766 dal Granduca Leopoldo I sotto la direzione del Pad. Ximenes, la quale costò la vistosa somma
  •    pag. 12 di 28
    di 2,672,895 di lire toscane. – Vedere l'Articolo FIRENZE, Vol. II pag. 347.
    La pieve prepositura di San Marcello è a un solo corpo con facciata di pietre conce tronca però dal lato sinistro a cagione della sua torre campanaria che ivi si alza pur essa di pietre squadrate fino al piano delle campane. Essa era di proprietà della casa Panciatichi patrona della pieve.
    La prepositiva di San Marcello fu ridotta alla grandezza attuale mezzo secolo prima che si fabbricasse la parte superiore del suo campanile.
    Aveva allora nove altari, i quali all'epoca del famoso sinodo di Pistoja furono ridotti ad uno solo, l'altar maggiore; e fu questa di San Marcello la prima chiesa della diocesi pistojese che adottasse la riforma del vescovo Scipione Ricci, sotto il cui regime nel 1788 venne ridotta internamente nel modo indicato. La qual cosa è anco rammentata da una iscrizione in marmo posta nel suo vestibulo che dice:

    QUOD PETRI LEOPOLDI AUSTRIACI
    M. E. DUCIS FAVORE
    SCIPIONUS DE RICCIS PONTIFICIUS PRIST. ET PRATEN
    STUDIO VIGILANTIA TEMPUM VETUSTATE
    LABEFACTUM IN NOBILIOREM FORMAM RESTITUERIT
    PETRUS CINI PRAEPOSITUS P. Q. MARCELLENSIS
    IPSA QUAM DEDICATUM EST DIE PRIDIE NONAS
    JULIAS ANN. 1788 PIETATIS AC RELIGIONIS
    MONUMENTUM PP.

    Vi è nel paese la tradizione, ma priva di prove sufficienti a dimostrare che la pieVe più antica di San Marcello esistesse nel poggio superiore
    del Cerreto, alquanto più bassa delle rovine di una rocca, per cui si crede che prendesse il vocabolo di Santi Chiesori.
    Il proposto di San Marcello è uno de'vicarii foranei del diocesano, che abbraccia venti popoli della Montagna, ma la sua pieve non aveva per succursale altro che la parrocchia di S. Biagio a Mammiano, innanzi che questa fosse eretta in battesimale.
    Il monastero di S. Caterina sotto la regola di S. Domenico esistente in San Marcello ebbe il suo principio da alcune terziarie nel
  •    pag. 13 di 28
    1531 e fu risotto a clausura nel 1653.
    Attualmente è convertito con rendita fissa in conservatorio, dove si accettano fanciulle educande con l’obbligo a quelle oblate di istruire nei lavori donneschi e nei doveri religiosi le fanciulle del paese che vi recano a scuola.
    Inoltre è stata aperta in San Marcello ne dì 11 marzo del 1841 una cassa di risparmio affiliata a quella di Firenze, la quale proporzionatemente alla popolazione può dirsi copiosa anzichè nò di depositi, comecché la maggior parte di essi no spettino alla classe del popolo indigeno, sibbene a quella degli operanti forestieri impiegati nei due grandiosi stabilimenti,
    cartario e dei panni feltri, eretti dai signori Cini a levante e a maestrale di San Marcello. – Vedere l’Articolo seguente.
    Dal prospetto dei depositi e delle restituzioni fatte dalla cassa di risparmi di San Marcello apparisce che nel corso di mesi nove e giorni venti (dall’ 11 marzo a tutto dicembre del 1841) vi furono depositati da 285 individui 1990 fiorini, pari a lire toscane 3316, soldi 13 e denari 4, non compresi i fiorini 121,60 di frutti; mentre furono restituiti fiorini 629,95, pari a lire 1049 toscane.

    MOVIMENTO della Popolazione della TERRA DI SAN MARCELLO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -, femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 203; totale della popolazione 961.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 119; femmine 82; adulti maschi 191, femmine 204; coniugati dei due sessi 128; ecclesiastici dei due sessi 37; numero delle famiglie 151; totale della popolazione 761.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 209; femmine 198; adulti maschi 153, femmine 189; coniugati dei due sessi 346; ecclesiastici dei due sessi 34; numero delle famiglie 184; totale della popolazione 1129.
    ANNO 1840: Impuberi maschi
  •    pag. 14 di 28
    206; femmine 201; adulti maschi 180, femmine 159; coniugati dei due sessi 334; ecclesiastici dei due sessi 34; numero delle famiglie 195; totale della popolazione 1114.

    Comunità di San Marcello. – II territorio di questa Comunità occupa una superficie di 25034 quadrati dei quali quadrati 571 spettano a corsi d' acqua ed a pubbliche strade. – Nel 1833 la stessa superficie era abitata da 4805 persone, a ragione di quasi 158 individui per ogni miglio quadrato toscano di suolo imponibile.
    Confina con tre Comunità del Granducato, e mediante la giogana dell’Appennino si tocca con il territorio bolognese dello Stato pontificio e con quello del ducato di Modena.
    Dirimpetto a grecale fronteggia con il territorio della Legazione bolognese, a partire dalla sponda australe del
    Lago Scafavolo presso il Corno alle Scale, luogo appellato il Passo della Calanca, donde si dirige sopra le prime fonti del torrente Verdiana, e passa sul giogo del monte dell'Uccelliera, nel cui fianco meridionale nascono i torrenti Orsigna e Maresca. Al fosso del Laghetto, uno dei più alti confluenti dell'Orsigna, il territorio comunitativo di San Marcello trova la prima Comunità granducale della Porta al Borgo di Pistoja, di conserva alla quale piegando da grecale verso levante scende la montagna per mezzo del fosso del Laghetto fino all'Orsigna che presto lascia a levante onde incamminarsi sul contrafforte del monte Grosso che diramasi dall'Appennino dell'Uccelliera avanzandosi fra i valloni dell'Orsigna e della Maresca: nel quale ultimo torrente s' introduce uno de' suoi tributari superiori, il fosso del Ronco, che il territorio comunitativo di San Marcello attraversa per salire sulle spalle del monte Crocicchio. Costassù piegando a ostro e poi a levante percorre
  •    pag. 15 di 28
    quel vallone per andare incontro al rio Sirobbio, col quale ritorna sul ponte della Maresca nella strada regia Modanese poco lungi dalle ferriere di Malconsiglio.Di là per l'osteria del Ponte Petri i due territorii dirigendosi a levante entrano col torrente Maresca nel fiume Reno dove la nostra Comunità formando un angolo acuto rimonta per breve tragitto verso ostro libeccio l’ alveo del Reno sempre di fronte a quella della Porta al Borgo, con la quale passa alla destra della strada regia Modanese per salire sul poggio del Pian d'Olmo che trova al suo ponente libeccio e proseguendo per monte Ghelardi giunge su quelli della Capanna di Ferro e del Bagno, che restano a setttentrione del monte Piastrajo.
    In cotesta sommità, sulle cui spalle ha origine il fiume Reno, cessa la Comunità della Porta al Borgo e sottentra a confine quella di Piteglio, con la quale la nostra percorre nella direzione di scirocco a maestro la criniera de' poggi che separano le acque transappennine fluenti nel Reno da quelle cisappennine che scolano nella Lima, finché i due territorii giunti sulla Croce al Monte, che para il vento di libeccio a San Marcello, scendono pel rio Pagano nel vallone del torrente Limestre, lungo la ripa sinistra del quale le due Comunità arrivano nella fiumana della Lima. Allora la nostra voltando direzione da ponente a grecale rimonta la Lima per il tragitto di circa tre miglia toscane, nella qual traversa accogliedalla parte di levante i torrenti Limestre, Verdiana e Volata avendo sempre dal lato di ponente il territorio della Comuntà di Piteglio, da primo mediante la Lima poscia rimontando il rio della Torbida,
  •    pag. 16 di 28
    uno de' suoi confluenti a destra, entrambe le Comunità salgono sul poggio ch' è dirimpetto a quello di Lizzano, quindi per termini artificiali giungono alle sorgenti del rio Botrajo, dove cessa la Comunità di Piteglio e sottentra quella di Cutigliano. Con quest'ultima l’ altra di San Marcello riscende di fronte a maestrale nella Lima che attraversa sopra lo sbocco in essa del torrente Volata per poi salire di conserva con l' altra Comunità lo sprone che scende a destra di quel vallone dalla cima dell' Appennino dove arrivano entrambe presso il Lago Scafajolo. In cotesta sommità il territorio di San Marcello trova quello del ducato di Modena,col quale fronteggia per corto cammino dirimpetto a settentrione grecale lambendo la gronda occidentale del Lago Scafajolo, oltrepassata la quale al Passo della Calanca ritrovai il territorio bolognese.
    Fra i maggiori corsi d' acqua che passano o che rasentano i confini del territorio di San Marcello si contano, a levante per breve corso il Reno, ed a ponente per più lungo cammino la Lima, mentre hanno origine e percorrono costantemente dentro lo stesso territorio il torrente
    Maresca tributario del Reno, il Limestre a levante del capoluogo, la precipitosa Verdiana e la Volata al suo settentrione tutti e tre influenti come dissi nella fiumana della L'ima.
    Le più elevate montuosità di questo territorio sono; 1.° il
    Corno alle Scale, la cui altezza fu trovata dal P. Inghirami di braccia 4322,5 superiore al livello del mare Mediterrano; 2.° il Cupolino presso il Lago Scaffajolo dell' altezza di braccia 3166,9; 3.° il monte dell’ Uccelliera di braccia 3079; 4.° quello del Crocicchio di braccia 2330,3; 5° e la sommità della
  •    pag. 17 di 28
    Croce al Monte di braccia 1821,1 sopra il livello del mare.
    Innanzi il 1766 la Comunità di San Marcello non aveva strade rotabili, mentre oggidì oltre la strada regia Modanese ordinata dal Granduca Leopoldo I, ne conta per ora non meno di quattro, ordinate dal Granduca Leopoldo II, o da Fenlinando III. Una di queste staccasi dalla regia predetta sulla sommità del monte
    dell’Olmo, che conduce quasi pianeggiando fra ombrosi castagneti al castello di Cavinana. Di costà parte un secondo tronco di strada comunitativa rotabile per scendere nella regia Modanese al ponte alla Ragnaja, mezzo miglio innanzi di arrivare a San Marcello.
    Sbocca poi sulla strada regia fra il Castello di Mammiano e la Lima la nuova strada provinciale di Pescia, che entra nel territorio di San Marcello di là dal bel ponte di pietra che cavalca il torrente
    Limestre presso le Ferriere di Mammiano. La quarta strada comunitativa rotabile parte dalla regia Modanese sulla destra della Lima per attraversarla sul nuovo ponte di Lizzano avviandosi a quest' ultimo paese.
    Le altre strade comunitative, o sono per breve cammino rotabili o totalmente pedonali e mulattiere. Tale è quella più antica tracciata, o riaperta fino dal 1225 per la Montagna pistojese, varcando il torrente
    Verdiana sopra il solido ponte che lo cavalca presso il suo sbocco nella Lima, la qual via conduceva pel Frignano a Modena nel modo descritto in una convenzione stabilita in detto anno nell'ospedaletto di Val di Lamula fra i Modanesi ed i Pistojesi e riportata dal Muratori (Ant. Med. Aevi, T. IV.)
    Questa strada maestra fu in qualche modo restaurata nel 1698 sotto il Granduca Cosimo III che fece rifare il ponte sulla
    Verdiana esistente tuttora con un' iscrizione in marmo che leggesi in una
  •    pag. 18 di 28
    sua spalletta, mentre dal canto suo il governo di Modena rese carrozzabile il tronco da Modena a Paulle e di là finalmente sino allo spedaletto di Fanano in Val di Lamula.
    Nel 1732 fu a tal uopo dal Granduca Gian Gastone spedito sulla Montagna pistojese l'ingegnere Gio. Maria Fantasia che tracciò la strada progettata, la quale fu resa rotabile da Pistoja a Capo di Strada; per il restante fu fatta mulattiera. Essa sull’ Ombrone passava dal Ponte a Beriguardo per salire l’ Erta minuta sino al primo ponte sul Reno, di là alle Panche, a Ponte Petri, a Maresca, Cavinana e San Marcello; quindi girando intorno al poggio del giudeo, ossia del Cerreto, scendeva al ponte nuovo della Verdiana, volgarmente appellato di Fiorenzola, e con due voltate avviavasi pel Piano del Fonte verso Lacinsa costeggiando il monte fra Lizzano ed Andia per l'Altopasso, finchè giungeva sul varco dell'Appennino detto dell'Alpe alla Croce presso l’Acqua Marcia al confine della Comunità di Cutigliano.
    L'anno 1743 l'ingegnere Lorenese
    Giadod d'ordine del conte di Richecourt, allora capo della Reggenza lasciata in Toscana dal Granduca Francesco II e primo Imperatore di questo nome, fece aprire quasi per l' antica traccia una strada che da Pistoja conducesse nel ducato modanese della larghezza di braccia 4/2 alquanto ripida ed in conseguenza non carreggiabile.
    Finalmente nel 1766 si trattò di aprirne una più docile con ampia carreggiata e renderla postale fino ai confini del ducato di Modena, mentre dal canto suo quel Duca deliberò di fare altrettanto. – Questa bella strada infatti fu corredata di
  •    pag. 19 di 28
    solidi e magnifici ponti, di colonnini migliali, di comode fabbriche per alberghi e per le poste de' cavalli. Lo che fu eseguito sotto il regno di Pietro Leopoldo e la direzione dell'Ab. Leonardo Ximenes, nel tempo che ne sorvegliava i lavori l'ingegnere de' capitani di Parte Anastasio Anastagi. L'opera fu continuata e compita nel giro di circa dieci anni, ed il bel ponte sulla Lima fu aperto nell'anno 1772.
    Cotesta via inoltre io credo che passi in mezzo al campo fatale dove Catilina ribellatosi ai consoli di Roma con tutto il suo esercito lasciò la vita. – Molti furono gli scrittori che in più tempi ed in più luoghi con Sallustio alla mano ricercarono dove mai poteva essere quel campo di battaglia; ma, se io non m'inganno a partito, altra località più confacente alle parole dello storico romano mi si presenta fuori di quella che all' occhio del passeggero offre la strada regia modanese lungo il vallone della
    Maresca, dov' è la ferriera di Mal Consiglio, fra Ponte Petri ed il poggio del Bardellone, vallone circoscritto dal lato di settentrione dai monti del Crocicchio e dell' Orsigna, e dalla parte di ostro da quelli della Capanna di Ferro e del Bagno. – Termina quel piano, scriveva Sallustio, da mano manca nei monti, mentre dal lato destro è impedito da una montagna discoscesa.
    Lo chè avvenne a Catilina dopo essere penetrato col suo esercito dal territorio fiesolano nel pistojese, in una età, nella quale non era stabilita ancora dai Triumviri la colonia fiorentina che le tolse ai Fiesolani gran parte del loro territorio. Fu allora che Q. Metello Celere comandante di un esercito romano, essendo venuto in chiaro della via che quei ribelle teneva, scese prontamente con
  •    pag. 20 di 28
    le sue tre legioni dall'Appennino modenese verso quei monti, donde Catilina doveva passare innanzi di sboccare nella Gallia Togata, mentre dalla parte di Toscana, dal console C. Antonio per vie meno discoscese nell'agro stesso pistojese con poderosa oste veniva inseguito. In tal guisa Catilina trovandosi rinchiuso fra i monti che aveva di fianco, e incalzato di fronte e alle spalle da forze poderose in guisa che chiudevano a lui la strada della Gallia e quella della Toscana, gli fu gioco forza schierare il suo esercito in quel piano per tentare l’ ultima fortuna. Fu pertanto, io faccio il conto, costà fra l' 11.° ed il 13.° miglio sopra Pistoja, lungo la strada regia Modanese, dove disperatamente, nell'anno 691 di Roma e 62 innanzi l'Era cristiana, accadde la sanguinosa strage descritta da Sallustio, nella quale fu poi ritrovalo nel mezzo de' nemici cadaveri il corpo di Catilina ancora palpitante, e che spirava nel volto la prisca ferocia.
    Rispetto poi alla fisica struttura del territorio comunitativo di San Marcello posto nell'Appennino fra i due mari (Adriatico e Mediterraneo), quella de' contrafforti acquapendenti nel Reno bolognese, appartiene quasi esclusivamente a rocce di macigno, di pietra forte e di schisto marnoso, ossia
    bisciajo. Sono in strati più o meno potenti, alternanti fra loro, e che variano assai d'inclinazione, giacché nella pendenza di uno stesso poggio s'incontrano perfino quattro inclinazioni diverse delle rocce medesime. Anche il Pad. Pini nel suo viaggio geologico di Modena e della Toscana (Lett. 2.a) ebbe occasione di osservare a non molta distanza da San Marcello una singolare stratificazione con doppia inclinazione, che una quasi orizzontale e l'altra quasi verticale, caso che incontrasi frequente fra Boscolungo e l’ Ombrone per la strada regia Modanese.
    Ma dal poggio del
    Bardellone salendo per la strada medesima verso
  •    pag. 21 di 28
    il varco del monte dell'Oppio, varco che divide le acque dei due mari, si perdono le rocce di macigno, quelle di pietra forte e di schisto marnoso e si affacciano invece strati potenti di calcarea compatta, o alberese, di cui si trovano aperte grandi cave sulla destra di chi sale, non tanto per farne calcina, ma per rifiorire con quella pietra la strada regia, a partire dal piano del Reno sino al Ponte a Sestajone, di sopra al quale s'impiega la calcarea compatta che cavasi dall' Appennino di Bosco Lungo, o dell'Abetone. Per tutto altrove scendendo dall'opposta pendice del monte dell' Oppio che acquapende nella Lima ricomparisce il macigno alternante con lo schisto marnoso e con strati di pietra forte (arenaria calcare) non solamente nel vallone del Limestre, ma in quello settentrionale della Verdiana fino alla sommità dell'Appennino, sul Corno alle Scale. – La qualità poi del macigno varia in grossezza di elementi, poiché vi si trova l'arenaria di grana fina e ricco di mica, rassomigliante per i lavori di quadro alla pietra fiesolana, mentre non molto lungi da quella sino alla cima dell' Appennino la stessa qualità di pietra contiene de' frammenti smussati di altre rocce, e talvolta de' resti di vegetabili carbonizzati. La potenza de' suoi strati al pari dell'inclinazione e direzione loro varia da 4 soldi fino a 5 e 6 braccia. – Peraltro sul fianco de' sproni dell'Appennino del Corno alle Scale, rimontando il torrente Verdiana, si riaffaccia la calcarea compatta di colore plumbeo, attraversata da filoni di spato candido, alternante talvolta con straterelli di schisto marnoso, o bisciajo, i quali ultimi aumentano e quasi soli si affacciano quanto più uno, passando sopra al paese di Lizzano, si avvicina al
  •    pag. 22 di 28
    torrente Volata, la qual cosa assai chiaramente si manifesta nel luogo denominato le Lame di Lizzano, il cui paese per lo scoscendimento di quel poggio in gran parte franò nel gennajo del 1814. –Vedere LIZZANO.
    Rispetto ai prodotti agrari di questa comunità, essi sono limitati piuttosto che variati di qualità; tostochè le viti, se vegetano, non vi maturano i loro grappoli, meno in alcune poche e meglio difese esposizioni dei monti, dove alligna altresì qualche pianta di olivo. Non vi abbondano tampoco come potrebbero i gelsi per estendere costà l'educazione de' filugelli. Più frequenti sono i campi di cercali, di patate, di piante baccelline e filamentose; ma la risorsa territoriale maggiore sta nei castagni, nei prati e nei boschi, i quali ultimi sebbene vadano diminuendo forniscono legname da fuoco e da lavoro oltre l'alimento che trovano nelle ghiande gli animali neri, mentre i castagni danno col loro frutto il pane quasi quotidiano a quei montgnuoli, e molto carbone alla città.
    Una delle foreste più cospicue di questa montagna è la bandita delle RR. Possessioni del
    Teso, una parte della quale è destinata per la razza dei cavalli e l'altra per le pecore meline spagnole, mentre i poggi superiori sono ridotti a foresta per impedire il discoscendimento de' terreni e lasciare un vasto manto contro le burrasche ed i venti alle pasture inferiori. Oltre di ciò nel così detto Monte Grosso è stata fatta di recente una piantagione di Larici (circa 4000) tutti messi da 7 anni in qua per esperimentare se per mezzo di questa specie di legname si poteva rivestire quella grande superficie di monte spogliato.
    La qual piantagione avendo ottenuto un felice resultato ha fatto sì che nel presente anno 1843 si sono cominciate semente in grande
  •    pag. 23 di 28
    di detti Larici.
    Le bandite del
    Teso e del Melo sono riunite alla reale foresta di Boscolungo, ossia dell’Abetone, entrambe nella Comunità di Cutigliano.
    La bandita del
    Teso, posta nel popolo della Maresca, confina a levante con la foresta dell'Orsigna compresa nella Comunità della Sambuca, ed a ponente con la foresta Mandromini dei fratelli Vivarelli Colonna.
    Quest'ultima che trovasi fra il Corno alle Scale e la bandita del
    Teso, la quale spetta al territorio comunitativo di San Marcello, è vestita di boschi di cerri, di faggi e di copiose pasture nel popolo essa pure della Maresca.
    Non parlo della piante di meli, di noci, noccioli, e ciliegi frequenti nella Montagna pistojese che forniscono frutti serotini saporitissimi; né faccio parola delle fragranti fravole, dei lamponi e delle copiose raccolte di ottimi funghi. Passo in silenzio le delicatissime trote, che si pescano nella Lima, e nel Sestaione per dire che nelle praterie naturali di cotesta porzione di Appennino trovano copioso alimento nell'estate e nei primi mesi di autunno le mandre reduci dalle Maremme toscane unitamente a molti abitanti che vi ritornano col lucrato salario.
    Industrie manifatturiere. – Ma ciò che nega il terreno vien procurato dall'industria manifatturiera, la quale riceve vita dalle acque perenni de' suoi torrenti e fiumane. Che se i corsi d'acqua che attraversano i valloni della Comunità di San Marcello, stante l'impeto della loro discesa, se l’indole dei terreni che attraversano in tempi procellosi, sono capaci di trascinare seco alberi, campi, case e perfino spaziose selve, cotanto furore resta in qualche modo ricompensato dal servigio che quelle acque meno furibonde sogliono prestare nella loro pendenza alle mulina, alle cartiere, alle ferriere, ed al grandioso edifizio inalzato di corto sul torrente Limestre per i panni feltri.
    Gio. e
  •    pag. 24 di 28
    Cosimo Cini tengono in San Marcello tutto ciò che riguarda l'amministrazione della fabbrica della carta, e di quella de' panni feltri, non meno che i magazzini di generi necessari per tali manifatture. Cotesti generi dovendo ivi subire alcune delle prime operazioni necessarie a mettergli in opera, danno lavoro giornalmente a circa un'ottantina di persone, compresi gl'impiegati gli quello scrittojo.
    La fabbrica della carta si trova alla distanza di due miglia presso il ponte alla Lima e sulla destra della fiumana nella Comunità di Piteglio, dov'è stata descritta. Dopo l'epoca in cui fu stampato l'articolo che ad essa referisce, cotest'edifizio ha ricevuto importanti aggiunte, fra le quali è da notarsi principalmente quella di 8 cilindri da tritare gli stracci, e due da lavargli. Per modo che con 22 cilindri e due macchine da
    carta continua si è formata in questo genere una delle manifatture maggiori di quante altre se ne conoscono ora nell'Italia.
    Abitano adesso in questa fabbrica 240 individui, oltre i 20 ai 30 che vi vengono a lavorare di fuori.
    L'edifizio de'
    panni feltri è situato presso il ponte del Limestre, circa un miglio a scirocco di San Marcello. Ivi esistevano delle cartiere incominciate ad erigere dai Cini nel 1809 e quindi successivamente ampliate, sempre però secondo l' antico sistema della fabbricazione a mani.
    Nel 1841 si sparse per l'Europa la fama di un nuovo ritrovato, mediante il quale si può formare il panno senza esservi duopo di filare e tessere la lana, e che perciò appellasi
    panno feltro. I Cini mossi dal desiderio di giovare per quanto potevano al progresso dell'industria toscana, entrarono in trattato con gl' inventori delle macchine che servono a tale oggetto, e mercé una società, riuniti i forti capitali necessari, stabilirono l'acquisto di esse macchine e di quant’ altro fosse
  •    pag. 25 di 28
    stato opportuno per montare una gran fabbrica di panni secondo il nuovo sistema. E poiché le cartiere suddette del Limestre rimanevano di gran lunga inferiori per qualità e quantità di prodotto a quella più moderna della Lima, stabilirono di togliere di là la fabbricazione della carta a mano per convertirne il locale all'uso della nuova de’ panni feltri.
    A ciò fare sono abbisognate lunghe ed ardite costruzioni, fra le quali è da notarsi la seguente. L'acqua del
    Limestre essendo nell' estate in piccola quantità fu pensato che per trarne il maggior profitto possibile non dovevasi perdere nulla della straordinaria caduta di braccia 45 che la situazione del luogo concedeva. A tale oggetto fu costruito sopra l' ultimo piano della fabbrica il canale che porta l'acqua fino ad un punto estremo, dove fra due muri che la rinchiudono e le sovrastano gira la più gran ruota idraulica che, per quanto sappiamo, si trovi in Europa. Essa ha il diametro di braccia 44 1/6, ed è stata costruita tutta in ferro dal rinomato ingegnere inglese Bryan Donkin, il quale ha saluto in cotesta enorme mole riunire alla solidità una leggerezza singolare. Alla circonferenza di questa ruota trovasi un ingranaggio che trasmette il movimento ad altra piccola ruota dentata, dalla quale per mezzo di assi e ruote e cigne si comunica la forza motrice molto ingegnosamente fino ai più lontani punti della fabbrica. Cosi vengono messe in moto le nuove macchine, le quali, ricevuta la lana senz' altra preparazione che la lavatura, vanno da per loro sole disponendone i peli, e incrociandoli, e feltrandoli in modo da costituire in breve tempo una pezza di panno. Questa viene poi sottoposta non solo alle altre operazioni di gualcatura e cimatura, ma ancora a quelle di tintura, per la quale è stata eretta
  •    pag. 26 di 28
    nella manifattura stessa una tintoria fornita di tutti gli ajuti che la moderna chimica ha portato in simile ramo d'industria. Reca compimento a tutto ciò la stamperia per i tappeti, dei quali ogni giorno si preparano parecchie pezze, notabili per la varietà e ricchezza dei disegni, e per la vivacità e solidità dei colori che sono garantiti contro qualunque lavatura. – Infine una gran caldaja a vapore, munita di un cammino alto 50 braccia, è costruita sopra un nuovo sistema, mediante il quale l'acqua costretta a girarvi dentro continuamente presenta alla sorgente calorifica una nuova superficie, somministrando nei varj punti della fabbrica la quantità di calore che in quasi tutte le operazioni testé accennate si richiede
    II prodotto di questa grandiosa manifattura, ogni 12 ore di lavoro, fornisce 16 pezze di 40 braccia di lunghezza e braccia e 2 _ a 3 di larghezza fra panno e tappeto.
    Le persone che vi lavorano ascendono a circa 150, ma sembra che queste vedano di mano a mano aumentando.
    Cosi l'industriosa famiglia Cini ha trovato la maniera di ravvivare nella sua patria con più efficacia che non faceva nei secoli della Repubblica il lanificio a favore dei suoi concittadini, facili ad apprendere e ad esercitarsi senza le scuole industriali in simili lavori.
    Un altro benefizio è prodotto all'industria dalle acque del torrente
    Limestre, quello cioè di mettere in moto i magli e di dar vento ai mantici di tre ferriere sotto Mammiano, mentre le acqua della Moresca operano lo stesso nella ferriera del Ma lConsiglio presso Ponte Petri.
    La Comunità mantiene un medico chirurgo, e due maestri di scuola.
    Risiedono in San Marcello un Vicario R. ed un Cancelliere comunitativo che abbraccia anche le Comunità di Piteglio, di Cutigliano e della Sambuca. – Vi si trova pure un ingegnere di
  •    pag. 27 di 28
    Circondario ed un uffizio per l’ esazione del Registro. La conservazione delle Ipoteche, ed il tribunale di Prima istanza sono in Pistoja.

    QUADRO della Popolazione della COMUNITA’ DI SAN MARCELLO a quattro epoche diverse.

    - nome del luogo: Bardellone, titolo della chiesa: S. Paolino (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 472, abitanti anno 1840 n° 525
    - nome del luogo: Cavinana, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 679, abitanti anno 1745 n° 1497, abitanti anno 1833 n° 661, abitanti anno 1840 n° 674
    - nome del luogo: Lizzano e annessi, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 1405, abitanti anno 1745 n° 953, abitanti anno 1833 n° 797, abitanti anno 1840 n° 835
    - nome del luogo: Mammiano, titolo della chiesa: S. Biagio (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 345, abitanti anno 1745 n° 136, abitanti anno 1833 n° 335, abitanti anno 1840 n° 353
    - nome del luogo: SAN MARCELLO, titolo della chiesa: S. Marcello (Prepositura), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 961, abitanti anno 1745 n° 761, abitanti anno 1833 n° 1129, abitanti anno 1840 n° 1114
    - nome del luogo: Maresca, titolo della chiesa: S. Gregorio Magno (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 749, abitanti anno 1840 n° 725
    - nome del luogo: Ponte Petri (*), titolo della chiesa: S. Maria e S. Isidoro (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° -, abitanti anno 1745 n° -, abitanti anno 1833 n° 383, abitanti anno 1840 n° 435
    - nome del luogo: Spignana, titolo della chiesa: S.
  •   pag. 28 di 28
    Lorenzo (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1551 n° 220, abitanti anno 1745 n° 192, abitanti anno 1833 n° 279, abitanti anno 1840 n° 273

    - Totale abitanti anno 1551: n° 3610
    - Totale abitanti anno 1745: n° 3539
    - Totale abitanti anno 1833: n° 4805
    - Totale abitanti anno 1840: n° 4934

    N. B.
    Dalla parrocchia di Ponte Petri contrassegnata con l’asterisco (*) nell’ultima epoca entravano nella Comunità di Porta al Borgo Abitanti n° 271

    - Totale abitanti anno 1840: n° 4663

    SAN MARCELLO nella Val di Lima. – In fine si aggiunga alla popolazione della sua Comunità che ascendeva nel 1833 a 4804 persone quella del 1845 che fu di 4705 Abitanti, vale a dire

    Bardalone,
    Abitanti N.° 507
    Cavinan,
    Abitanti N.° 622
    Lizzano,
    Abitanti N.° 837
    Mammiano,
    Abitanti N.° 367
    Maresca,
    Abitanti N.° 781
    Ponte Petri (
    porzione), Abitanti N.° 159
    SAN MARCELLO,
    Abitanti N.° 1143
    Spignana,
    Abitanti N.° 289
    TOTALE
    Abitanti N.° 4703
Localizzazione
ID: 3768
N. scheda: 46560
Volume: 5; 6S
Pagina: 66 - 77; 222
Riferimenti:
Toponimo IGM: S. Marcello Pistoiese
Comune: SAN MARCELLO PISTOIESE
Provincia: PT
Quadrante IGM: 097-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1643538, 4879669
WGS 1984: 10.79286, 44.0577
UTM (32N): 643602, 4879844
Denominazione: S. Marcello, Marcello
Popolo: S. Marcello a S. Marcello
Piviere: S. Marcello a S. Marcello
Comunità: S. Marcello
Giurisdizione: S. Marcello
Diocesi: Pistoja
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
  trova nel testo
 
  scarica scheda
  aggiungi note