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Staggia - Staggia (Torrente) - Via Clodia, Via Francesca, Francigena, Romea, Pontremolese

 

(Staggia - Torrente Staggia)

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    STAGGIA in Val d'Elsa. – Castello murato con rocca e chiesa plebana (S. Maria Assunta) già filiale di quella di S. Pietro in Castello, nella Comunità Giurisdizione e circa 4 miglia toscane a scirocco di Poggibonsi, Diocesi di Colle, una volta di Volterra, Compartimento di Siena.
    Il paese, che risiede in pianura, è attraversato dalla strada postale fiorentina, ed è fiancheggiato dal torrente omonimo della
    Staggia.
    Fu questo castello antica signoria de’nobili di Strove e di Staggia di legge
    salica, ossia di origine francese, dalla qual nazione essi presero il casato de'Franzesi, famiglia illustre che varj genealogisti fecero discendere dalla contessa Ava, la qual donna fu per i Senesi come divenne per i Toscani tutti la gran contessa Matilda.
    Uno de'documenti superstiti più vetusti relativi alla contessa Ava ed alla sua prole credo consista in un atto del 29 aprile 994 relativo alla donazione fatta a titolo di
    morgincamp da Tegrimo figlio del fu Ildebrando d'Isalfredo e della contessa Ava Zanobi a favore di Sindrada figlia di Guido Visconte sua futura sposa, alla quale assegnò la quarta parte dei beni che possedeva nei contadi volterrano, fiorentino, sanese e fiesolano; nella cui donazione eravi compresa la quarta parte della corte di Staggia. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte di S. Eugenio al Munistero).
    Lo stesso Tegrimo, sopracchiamato
    Teuzzo, figliuolo della contessa Ava, per rogito del 24 febbrajo 1026, stando nel suo castello di Staggia offrì in dono alla Badia di S. Salvatore dell'Isola alcune sostanze ivi disegnate.
    Sono della provenienza stessa i documenti seguenti; un istrumento del 4 febbrajo 1001 rogato nel castel di
    Staggia territorio volterrano, che dicesi di proprietà di donna Ava figlia del fu C. Zenobi e vedova d'Ildebrando d'Isalfredo, in occasione che essa,
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    col consenso di Tegrimo e di Benizzone suoi figli e mondualdi, donò alla Badia di S. Salvatore dell'Isola, da essa lei fondata, la chiesa di S. Cristofano presso il borgo dell'Isola con 42 case e cascine in quell'istrumento descritte, oltre le decime de’beni dominicali con otto servi e serve, il tutto compreso nella sua corte di Strove.
    Nel 30 aprile del 1048 il nipote di detto Tegrimo, per nome Guido del fu Gherardo, e la sua consorte Olivia del fu Vivenzio, stando in
    Terresano presso il Castello di Fumalgallo, territorio sanese, venderono a Sichelmo del fu Corrado la loro metà del castello e corte di Staggia, l'ottava parte de’castelli di Strove, di Buccignano e di varj altri luoghi in quel rogito indicati. – (loc. cit.)
    Fra i nipoti della citata contessa Ava, come signori di Staggia, rammenterò un Tegrimo che fu vescovo di Populonia, nato da un altro Tegrimo detto
    Teuzzo, il qual vescovo nell'11 marzo del 1061, stando nel Castello di Strove, ricevé da Sichelmo del fu Corrado per donna Adaileta sua sorella figlia di Tegrimo, ossia di Teuzzo, lire 40 per valuta della quarta parte del castello corte e chiesa di Strove che il loro padre Teuzzo aveva ceduto precariamente alla badia dell'Isola: per cui Tegrimo in quell'atto ne fece a Sichelmo quietanza. (loc. cit.)
    Inoltre nelle carte della stessa Badia riunite a quelle di
    S. Eugenio al Munistero si leggono più nomi di Soarzo, i quali probabilmente diedero il castello ai nobili sanesi de’Soarzi che furono pur essi signori di Staggia e di Strove. –Tale è un atto del 22 settembre 1186, e del dì 8
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    ottobre seguente, coll’ultimo de’quali Soarzo, Rustico ed altri, stando nella chiesa di Scarna, territorio volterrano, rinunziarono alla Badia predetta ogni loro diritto sulla chiesa e beni di S. Maria di Staggia, mentre nell'anno stesso 1186, con diploma del 28 agosto, Arrigo VI a titolo di feudo rilasciava ad Ildebrando vescovo di Volterra fra gli altri paesi la metà dei castelli di Staggia e di Montagutoli sul Monte Maggio.
    Arroge la notizia di quattro istrumenti dell’Arch. Dipl. San. del 14 maggio 1137, 27 febbrajo 1156, del gennajo 1163 e del 27 aprile 1167. – Trattasi nel primo di una donazione fatta da Panzo di Gottolo, da Ugolino di Soarzo e da Ranieri di Guazzolino al Comune di Siena in mano di Ranieri vescovo di quella città della quarta parte di Monte Castelli, di una piazza dentro il Castello di Strove, e due nel suo borgo, di una piazza nel Castello di Monteagutolo e due altre piazze nel borgo di questo stesso castello. La qual donazione fu fatta coram omni populo in comuni colloquio in platea S. Cristophori civitatis Senarum. – Col secondo istrumento Ranuccio di Staggia con Bernardo e Guazzolino suoi figliuoli, ed Ottaviano con Rustico di Soarzo si obbligarono col governo di Siena davanti al vescovo Ranieri suo capo politico ed ecclesiastico di seco allearsi contro il Comune di Firenze, promettendo di consegnare ai Sanesi a titolo di pegno il castello di Strove, e la torre di Montagutolo sul Monte Maggio nel termine di 8 giorni dopo la richiesta fatta dalla Signoria. – Col terzo istrumento del gennajo 1163 Ubaldino del fu Ugolino di Soarzo rinunziò al Comune di Siena nelle mani del
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    vescovo predetto ogni diritto che aveva sulle terre, castella, e nominatamente sopra Staggia e sopra ogni altro luogo situato fra Poggibonsi e Porta Camullia a patto però di annullare cotesta rinunzia qualora lasciasse de’figli maschi. – Il quarto atto finalmente del 27 aprile 1167 è relativo ad una lettera sottoscritta nel Castello di San Quirico in Val d'Orcia da Rainaldo arcivescovo di Magonza e arcicancelliere dell'Impero a nome di Federigo I, con la quale viene confermata la donazione che fecero al Comune di Siena Ranuccio di Staggia e Guido di Soarzo de’signori di Montagutolo. – (ARCH. DIPL. SAN. T. I. delle Pergam. N.° 14, 24, 32 e 36.)
    Con tuttociò peraltro i signori di Staggia, di Montagutolo e di Strove dovettero ritenersi, o ritornare al dominio dei luoghi sopra indicati, tostochè nel 14 settembre del 1226 per parte dell'abate e monaci dell'Isola fu esibita petizione al Pontefice Onorio III contro i nobili Ranuccio, Gualterotto, Berengario e Ranieri signori di Staggia, onde obbligarli a restituire alla Badia dell'Isola i beni stati donati dai loro predecessori, e da essi medesimi a quei monaci confermati, beni che si dichiarano situati fra Siena e Poggibonsi da un lato, e dall'altro, a partire da
    Monte Vasone sul Monte Maggio fino al Borgo di Gena sulla strada Francesca. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Badia dell'Isola in quelle di S. Eugenio al Munistero).
    Durante cotesti reclami gli uomini di Staggia per mezzo di un atto pubblico del 10 agosto 1227 si unirono al Comune di Poggibonsi, fia cosa facile che in quell'epoca il distretto di Staggia rimanesse compreso in quest'ultima Comunità.
    Già abbiamo indicato come, fino dal 1156, i Fiorentini tentassero di estendere da loro frontiera verso Siena, per cui gli storici più
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    antichi non nascosero, qualmente la guerra del 1155 fra il Comune di Firenze e l'altro di Siena si muovesse per cagione delle castella che confinavano col loro contado. (R. MALESPINI, Istoria fior. Cap. 80). – Lo stesso dicasi della guerra terminata nel 1166 per mediazione del Pontefice Alessandro III col trattato di S. Donato in poggio.
    Meno equivoca nel tratto successivo apparisce la storia politica di Staggia e dei dinasti che vi signoreggiarono.
    Uno de’più famosi tra i signori di Staggia si mostra quel Musciatto o Musatto di Guido Franzesi, che nel 1303 accolse nel suo cassero di Staggia il conte di Nogaret inviato segretamente da Filippo il
    Bello re della Francia con una mano di soldati travestiti in livrea per recarsi con essi per vie traverse a sorprendere il Pontefice Bonifazio VIII nel suo palazzo in Anagni.
    In premio della qual opera è credibile che, se Musciatto Franzesi non ricevè in dono da Carlo di Valois, appena fatto vicario R. de’Fiorentini, il fortilizio di Carmignano, ottenesse almeno dallo stesso re di Francia quel magnifico reliquiario della S. Croce, di che fu fatta menzione agli
    Articolo FIGLINE, e CERBONE (S.) nel Val d'Arno superiore.
    A quella età Musciatto Franzesi possedeva un palazzo dentro Siena, affittato ai Signori Nove nel tempo che si fabbricava quello della Repubblica nella piazza del Campo.
    Il qual fatto è dimostrato da una riformagione esistente fra le pergamene di quell’
    Arch. Dipl. (T. XVII N.° 1390), che porta l'indicazione seguente: Actum Senis (25 aprile 1310) in palatio Musciattorum in Concistoro Dominorum Novem.
    Lo stesso archivio sanese fra gli altri documenti relativi ai Franzesi di Staggia ne contiene uno del 20 dicembre, anno 1308, riguardante la promessa fatta ai Signori Nove governatori di Siena dal milite Niccolò di Guido Franzesi cittadino sanese,
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    di non consegnare ad altri che al governo di Siena il suo cassero di Trequanda, sotto pena di 20,000 lire. – Cotesto documento pertanto conferma ciò che fu detto all'Articolo FIGLINE.
    Era bensì figliuolo di Musciatto il nobile Roberto Franzesi di Staggia, sul conto del quale nel 31 maggio 1361 fu proferita sentenza in Siena dal giudice collaterale del conservatore di quella repubblica contro donna Angiola vedova di Sozzo Salimbeni, nella sua qualità di tutrice de’figli; colla quale sentenza fu deciso di dover riconoscere Roberto di Musciatto Franzesi pacifico possessore del Castello e corte di
    Vignone. Inoltre un atto del dì 11 marzo 1370 (stile comune) scritto in Pian Franzese sopra Figline, ci scuopre qualmente la moglie di Roberto di Musciatto Franzesi era della casa di Salimbeni, per nome Tarlata di Bambo. – (loc. cit. T. XVIII delle Pergam. N.° 1789).
    Una carta del 3 settembre 1396 fra quelle del Monastero di Nicosia nell'
    Arch. Dipl. Fior., scritta nel popolo di S. Maria a Soffiano, fa menzione di donna Antonia figlia di Pierozzo Strozzi restata vedova di un Musciatto di Roberto Franzesi, nella sua qualità di tutrice di Roberto Farnzesi di lei figlio, nel tempo che essa adiva l'eredità del marito.
    Dalla linea pertanto di questo Roberto sembra che derivassero i
    Franzesi della Foresta, signori di Pian Franzese, il cui ultimo fiato terminò in una monaca di S. Apollonia di Firenze. – Vedere CERBONE (S.) nel Val d'Arno fiorentino.
    Più ricco di notizie si mostra il ramo di Niccolò di Guido franzesi, fratello non solo di Musciatto, ma ancora di mess.
    Riccio, del quale ultimo personaggio non conosco altro documento, meno una sentenza di scomunica fulminata nel 1322 da Donusdeo vescovo
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    di Siena delegato dal papa Giovanni XXII contro gli uffiziali di quel Comune. La quale scomunica provocò un appello al Pontefice scritto nel cassero di Staggia contro la sentenza del vescovo Donusdeo, che aveva ordinato di vendere i beni appartenenti a Niccolò Franzesi fratello dedefunti Riccio e Musciatto, e non tanto quelli situati dentro Siena quanto anche altri del suo territorjo, e ciò ad oggetto di rimborsare la Camera apostolica di 7642 fiorini d'oro. Nella qual somma era stato condannato Niccolò Franzesi in Corte romana: e quindi scomunicato per non averla pagata, tanto più che in vista di cotesta mora il debitore dava sospetto di eresia ecc. – (loc. cit. T. XVIII delle Pergam. N.°1506).
    A maggiore intelligenza della causa del debito preindicato è da sapere, che nella banca della società di Musciatto Franzesi e compagni mercanti fiorentini sino dal 1296 si depositava il denaro che alcuni collettori delle decime apostoliche solevano raccogliere in Toscana. – (ARCH. DIPL. FIOR.
    Carte deRoccettini di Pistoja).
    Fra i figli di Niccolò Franzesi varie membrane appartenute allo spedale di Bonifazio di Firenze, oltre quelle dell'
    Arch. Dipl. San., rammentano un Antonio, o Antonino, particolarmente allorché questi alla presenza del di lui padre Niccolò Franzesi il procuratore della sua futura sposa donna Cina d'Ugo (Cinughi) cittadino sanese.
    Da cotesto matrimonio di Antonio de’Franzesi e di
    Cina deCinughi nacque non solo donna Caterina che fu moglie di Bonifazio Lupi Marchese di Soragna e fondatore dello spedale di Bonifazio in Firenze, ma ancora un maschio appellato Ranieri, il quale lasciò quattro figli pupilli, cioè, Stefano, Verde, Lorenza, Piera. Può servire di prova a ciò un istrumento rogato in Padova lì 24 febbrajo 1375, pel quale donna Caterina de’Franzesi accettò l'eredità di
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    Cina sua madre e di Ranieri suo fratello; e segnatamente lo prova un atto di procura scritto in Firenze lì 26 febbrajo 1383 (stile comune), dove sono nominati i quattro figli di Ranieri nipoti di Caterina Lupi. Inoltre mediante lodo proferito dagli arbitri nel 24 aprile del 1383 fra donna Caterina del fu Antonino di Niccolò Franzesi da una parte, e Betto del fu Tano del Bene tutore de’4 figli del fu Ranieri di Antonino Franzesi dall'altra parte, furono aggiudicati a donna Caterina de’Franzesi diversi predj situati nel popolo di S. Maria a Lecchi distretto di Staggia, a titolo di rimborso di 400 fiorini d'oro che la stessa donna Caterina aveva dato per dote a Verde sua nipote figlia del di lei fratello Ranieri con animo però di rivalersene.
    Un mese dopo donna Caterina era tornata a Padova, tostochè con atto del 20 maggio 1383 rogato in quella città essa, a tenore del lodo pronunziato in Firenze nel 24 aprile precedente, qualifica i veri possessori dei suoi predj situati nel popolo di S. Maria a Lecchi. Il quale atto fu ratificato da donna Verde sua nipote nel 19 maggio del 1384. – (
    loc. cit.)
    Inoltre fra le membrane degli Agostiniani di Siena avvenne una del 20 giugno 1314 scritta nel Castello di Staggia, con la quale il nobile Niccolò del fu Guido de’Franzesi rinunziò a favore di Tignaccio di Baldo de’Tolomei di Siena ad ogni diritto che avesse contro gli eredi di Biagio di Tolomeo de’Tolomei per dipendenza di 1100 fiorini d'oro, e per altre lire 200 di sua pertinenza. – (ARCH. DIPL. FIOR.
    Carte cit.)
    Ma che cotesti individui della stirpe de’franzesi di Staggia non fossero i soli dinasti di essa famiglia ce lo scuopre fra gli altri un istrumento rogato in
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    Firenze, e conseguentemente di un fratello di Antonino, zio di Caterina Lupi, fece menzione una provvisione della Signoria di Firenze dell'anno 1361, nella quale si ragiona della vendita fatta da esso Guido unitamente ad altri consorti Franzesi al Comune di Firenze per 18000 fiorini d'oro del castello, giurisdizione e ragioni tutte che i Franzesi avevano sopra Staggia, sua popolazione e territorio. La qual compra fu poi approvata dai collegj della Repubblica con decreto in data del 27 ottobre dell'anno stesso 1361. – (ARCH. DELLE RIFORMAG. DI FIR.)
    Però non tutti i beni allodiali dovettero comprendersi in quel contratto, tostochè nel 1385, per atto del 12 maggio rogato in Padova, donna Caterina de’Franzesi moglie del Marchese Bonifazio Lupi suo mondualdo donò fra i vivi allo spedale di S. Gio. Battista edificato in Firenze dal di lei consorte in via S. Gallo un pezzo di terra posto nel Comune di Staggia, contado fiorentino. – (
    loc. cit. Carte dell'Arte di Calimala.)
    Nell'anno stesso (31 dicembre 1385) la repubblica di Venezia inviò a donna Caterina moglie del Marchese Bonifazio Lupi un diploma che l'ammetteva alla cittadinanza veneziana. – (
    loc. cit. Carte dell'Ospedale di Bonif.)
    È poi cosa notoria che i due coniugi suddetti dichiararono erede universale dei loro beni l'Ospedale di Bonifazio, cui assegnarono per esecutori testamentarj i consoli dell'Arte di Calimala.
    Finalmente un atto del 4 febbrajo 1548, esistente fra le carte di S. Marta di Pisa, pure nell'
    Arch. Dipl. Fior., ci scuopre un Musciatto de’Franzesi stabilito in San Gimignano, canonico di quella collegiata e rettore della chiesa de’SS. Matteo e Biagio di detto Comune, il quale possedeva terreni nel popolo della vicina villa di Casale. – Infatti l'antica linea superstite de’Franzesi di Staggia traslocata a San Gimignano si mantiene tuttora decorosamente in questa ultima
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    Terra.
    Rispetto alle istituzioni di pietà esiste in Staggia ricorderò un ospedaletto presso la chiesa parrocchiale ammensato con i suoi beni all’Arcispedale di S. Maria Nuova nel 1514 per breve del Pontefice Leone X.
    Era però cosa naturale che i Fiorentini dopo l'acquisto del castello di Staggia pensassero a fortificare cotesto punto importante di loro frontiera circondandolo di mura castellane, comecchè da alcuni storici sanesi si attribuisca la prima edificazione del Comune di Siena, allorché nel 1273 era in pace con i Fiorentini.
    Infatti la Signoria di Firenze con provvisione del 15 febbrajo 1431 ordinò agli operaj di S. Maria del Fiore di far fortificare sollecitamente i muri di Staggia temendo delle truppe che conduceva in Toscana il capitano Niccolò Piccinino. – (GAYE,
    Carteggio di Artisti ined. Vol. I. Append. II.)
    In realtà nell'anno 1432 si accampò davanti Staggia non presenta memorie di rilievo, seppure non si voglia tener conto della guerra mossa nel 1476 ai Fiorentini dal re Alfonso d'Aragona e dal Pontefice Sisto IV, senza dire delle munizioni accresciute al Castello di Staggia in occasione dell'assedio ultimo di Siena.
    Nel 1833 la parrocchia di S. Maria a Staggia contava 633 abitanti.

    STAGGIA
    Torrente in Val d'Elsa. – È il corso d'acqua dal quale prese il nome il castello di Staggia, cui il torrente stesso bagna le mura da grecale a maestrale.
    Esso nasce nella sommità orientale del poggio di Fonte Rutoli, due miglia toscane a levante della Castellina dirigendosi verso ostro. Davanti a Querce grossa attraversa la strada rotabile della Castellina per accogliere dal lato di ponente il tributo che gli reca il borro di
    S. Leonino in Conio; quindi scende a piè del poggio di Resciano, dove voltando faccia, prima a ponente poscia a maestrale, s'incammina lungo il fianco orientale del poggio di Monteriggioni. Di costà
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    rasentando a destra la strada postale di Roma passa fra Rencine e Castiglioncello per accogliere dal lato della Castellina i torrenti Gena e Gagliano. Arricchito da questi e da altri minori fossi passa davanti alla villa dePini divergendo per breve tratto il cammino da scirocco a maestrale e poi a libeccio per attraversare sotto un ponte di pietra la strada postale Romana che ripassa un miglio sotto per tornare a levante della medesima, e che per l'ultima volta attraversa di là da Poggibonsi poco innanzi di vuotarsi nell'Elsa sotto la via regia Traversa Romana, dopo un giro tortuoso di circa 17 miglia.

    VIA FRANCESCA, FRANCIGENA, ROMEA E PONTREMOLESE. – A moltestrade raaeslre, che all’ epoca della discesa de' Franchi in Italia attraversavano la Toscana conducendo a Roma, fu dato il nome generico di
    Via Francesco. La più nota e forse anche la più antica di esse è quella che in origine fu aperta da M. Emilio Scauro nel territorio di Parma e Piacenza, la quale marcava l’ Appennino del Monte Bordone, o della Cisa, per scendere a Pontremoli in Lunigiana, donde dirigevasi in Toscana per Villafranca, Sarzana, Lutti, il Frigido, Salto della Cervia, Lacca, Altopascio ed il Galleno. Di là sotto Fucecchio passava l'Arno per entrare nella Via traversa di Castel Fiorentino, prima di arrivare a Certaldo e di là per Poggibonsi, Staggia, Siena, Buonconvento, S. Quirico, allo Spedaletto di Briscole, Radicofani, Acquapendente, Bolsena, Monte fiascone, Viterbo, e Sutri, finché entrava in Roma da Porta Castello. – Tale fu la istrada praticata alla fine dell'anno 1191 da
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    Filippo Augusto re di Francia, mentre tornava dall' impresa delle Crociate passando per Roma e la Toscana, di dove per l'Italia superiore recossi in Francia – (Vedere ANTOLOGIA, Giugno 1823 pag. 16 in nota.)
    Cotesto itinerario, il più breve di tutti per passare da Roma in Lombardia, e vice versa, corrispondere doveva per il tratto da Pontremoli sin presso a Massaciuccoli con l’ andamento della VIA EMILIA DI SCAURO, alla quale sulla decadenza dell'Impero fa dato il nome di VIA CLODIA, e dopo di VIA ROMEA, ossia FRANCIGENA, quando già per l' Appennino di Pontremoli, o per Borgo Taro, vi era un varco assai antico praticato dai Franchi; siccome apparisce non solamente dall' itinerario di Filippo Augusto ma da quello di un Islandese scritto nel 1154 e da noi riportato nell' Antologia predetta del Giugno alta pag. 15 in nota.
    Non starò a ripetere che l'andamento della VIA FRANCESCA nella parte estrema della Toscana a confine con la Lombardia, esser doveva comune a quello della VIA EMILIA, la quale chiamasi tuttora in varj punti Via Selcia, Francesco, Romèa ecc. mentre un altro tronco della VIA FRANCESCA si staccava da questa alla base meridionale del monte di Quiesa, la quale dopo varcato il Serchio alla torretta attraversava la città di Pisa per avviarsi sotto il vocabolo di Via Romea per il Portone nel subborgo meridio-nale di detta città dove rientrava nella VIA EMILIA DI SCAURO.
    Del metodo praticato dalla Repubblica di Pisa per restaurare e mantenere cotesta via nella Maremma presso Scarlino è fatta menzione nel
    Breve pisano del 1285, noto sotto nome di Breve del conte Ugolino e segnatamente alla rubrica 18 del Lib. IV, intitolala: De ampliando viam, qua
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    itur de Vignali Scherlinum. – Vedere SCARLINO (PADULE DI).
    Riferiscono alla prima e più frequentata VIA FRANCESCO, O ROMEA, la quale esciva di Toscana sotto Radicofani varie pergamene della Badia del Mont'Amiata, ora nell'
    Arch. Dipl. Fior, due delle quali del secolo IX. dell'E. V. – Vedere CALLEMALA.
    Col progredire de' secoli ad altre strade maestre della Toscana attuale fu dato il vocabolo stesso di Via Francesco , o Francigena, e perfino ad una strada mulattiera che sopra Pistoja varcava l'Appennino venendo da Bologna e della Lombardia. – Vedere l’ Articolo PISTOJA, (Vol. IV pag. 428.) (Si aggiunga) Vedere anche lo STUDIO TOPOGRAFICO ec. Pubblicato nel maggio del 1845. dall’ Avv. Carlo Monti, nel quale a pag. 38 e 39 egli aggiunge: “Forse l’antichità remota ne offre un indizio; ed i monumenti etruschi non ha guari dissotterrati a Marabotto (sulla strada fra i Bagni Porrettani e Bologna) lasciano sospettare che per questa via fossero un tempo a contatto fra loro l’Etruria centrale colle sue colonie dell’Etruria circumpadana”.

    STAGGIA in Val d’Elsa – Si aggiunga al suo luogo. Anche fra le carte dell’Archivio
    Gen. ora nel Dipl. Fior. esiste un atto del 20 giugno 1363 rogato nel Castel Guineldi presso Figline riguardante un mandato di procura per rinunziare alla Signoria di Firenze l’uffizio di potestà di Monte Vettolini, a cui era stato estratto Guido del fu Francesco Franzesi della Foresta. Inoltre sulla fine dello stesso secolo XIV trovo un Musciatto Franzesi figlio di Roberto che lasciò alla sua morte (1396) un figlio di nome Roberto nato da donna Antonia di Perozzo Strozzi, la quale con scrittura del 3 sett. 1396 fatta nel popolo di S. Maria
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    a Soffiano presso Firenze accettò l’eredità del marito defunto, e si qualificò tutrice del figliuolo Roberto assegnando in procuratori all’eredità il padre di lei Pierozzo Strozzi con Antonio di Alessandro degli Albizzi, e Guido del fu Francesco Franzesi della Foresta di sopra nominato. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Conv. di Nicosia).
Localizzazione
ID: 4005
N. scheda: 49370
Volume: 5; 6S
Pagina: 455 - 459, 459 - 460, 709, 715 - 716; 236, 272
Riferimenti:
Toponimo IGM: Staggia - Torrente Staggia
Comune: POGGIBONSI
Provincia: SI
Quadrante IGM: 113-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1676670, 4810201
WGS 1984: 11.18339, 43.42544
UTM (32N): 676734, 4810376
Denominazione: Staggia - Staggia (Torrente) - Via Clodia, Via Francesca, Francigena, Romea, Pontremolese
Popolo: S. Maria a Staggia
Piviere: (S. Giovanni Battista a Castello) S. Maria a Staggia
Comunità: Poggibonsi
Giurisdizione: Poggibonsi
Diocesi: (Volterra) Colle
Compartimento: Siena
Stato: Granducato di Toscana
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