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Talamone, Telamone - Capo, Punta di Talamone

 

(Talamone)

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    CAPO DI TALAMONE o PUNTA DI TALAMONE. Promontorio sul cui fianco orientale risiede il castello di questo nome.

    TALAMONE, e TELAMONE sul lido del mare toscano. – Castello con porto dirimpetto al promontorio Argentario, ossia
    Promontorio di Talamone, la cui chiesa arcipretura (S. Maria Assunta) è compresa nella Comunità Giurisdizione e circa 12 miglia toscane a maestrale di Orbetello, Diocesi di Soana, Compartimento di Grosseto.
    Risiede il castello di Talamone sopra una rupe che sporge in mare, e che dal lato di ponente serve di sprone al suo antico porto a circa 70 braccia sopra il livello marino. Nel corno orientale del porto nel medio evo fu innalzata una torre di difesa, situata fra Talamone e la foce della fiumana
    Osa, appellata oggidì la torre di Talamonaccio.
    Il castello è circondato di mura, con rocca sovrastante. Il porto sebbene sia formato da una grande ansa capace di ricoverarvi un dì i navigli dalle fortune di mare, trovasi attualmente in tal guisa colmato da tanta rena ed ingombro da alghe in guisa che le feluche stesse, quando sono cariche, difficilmente possono approdarvi.
    Inoltre presso ed intorno al porto o cala di talamone suol ristagnare una quantità di acque terrestri stantechè le arene e le piante marine spinte dalle traversie vi rialzano continuamente le gronde, in modo tale che nella calda stagione que’ristagni tramandano un fetore insopportabile, corrompendo l’aria intorno che i venti trasportano ad una lontananza incalcolabile a danno delle popolazioni, e specialmente di quella di Magliano.
    Sarebbe un mancare alla storia se io passassi sotto silenzio un autore moderno che col finto nome di Ferdinando Cerchidio raccolse in mezzo all’oscurità ed alla scarsezza delle memorie spettanti a Talamone materia tanta da formarne due volumi in 8.°, il primo dei quali solamente è stato pubblicato in Firenze nel 1824 sotto
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    il titolo di MEMORIE STORICHE DELL’ANTICO E MODERNO TALAMONE, ecc.
    Volendo egli discorrere dell’orogine di Talamone, cui ha dato l’epiteto di
    città antica, distingue il vecchio dal nuovo paese.
    L’A. per altro riprova non tanto il detto di Diodoro Siculo là dove asserisce, che questo porto ebbe il nome da un
    Telamone compagno degli Argonauti, ma ancora le parole del Volterrano che lo faceva derivare da un Talamone trojano approdatovi dopo la guerra di Troja. Il nostro Carchidio è di sentimento che il nome di Telamone, o Talamone, possa essere derivato dal verbo caldeo siro, Telam, cioè, opprimere, diripere, nome che si confà (secondo lui) sopra ogni altra cosa ai corsari.
    “Dunque (soggiunge egli)
    Telamo, così il Porto come il Promontorio, era il nido ed il forte de’corsari.”
    Ma il chierico abate Lanzi, lungi dall’adottare simili favolose derivazioni opinava, che il nome fosse etrusco, e dato a questo luogo dall’incurvatura del suo porto. – (
    Saggio di Lingua Etrusca Vol. II.)
    Infatti Carchidio si occupa nella prima parte ad illustrare alcune monete etrusche, in una delle quali riconobbe la testa dell’eroe, creduto fondatore di
    Talamone; città dove ebbe special culto il dio Giove.
    Anche nel cronico monetario del passeri si riportano monete della zecca di Talamone coniate nell’anno 490 di Roma.
    Ma lasciate da parte tante congetture ed etimologie, la meno dubbia sembra quella che Talamone sia di fondazione etrusca; su di che furono concordi Polibio, Strabone, Diodoro Siculo, Tolomeo e Plutarco fra i Greci; Plinio e Pomponio Mela fra i Latini.
    Concorre poi a corroborare cotesto fatto la situazione del porto circoscritto fra l’attual Talamone e la torre di Talamonaccio, punto centrale dell’Etruria marittima, luogo adattissimo al commercio innanzi che cotesto seno di
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    mare si rendesse malsano ed incapace al riparo delle navi che valeggiavano nel Tirreno.
    Di Talamone frattanto e del suo porto si fa menzione eziandio in Fabio Pittore verso gli anni di roma 528 o 529, allorchè avvenne non molto lungi di costà la battaglia fra un orda immensa di galli e gli eserciti riuniti dei due consoli romani C. Attilio Regolo e L. Emilio Papo. –
    Vedere gli Articoli COLONNA DI BURIANO e ORBETELLO.
    Ma la spedizione marittima più segnalata per Talamone accadde 87 anni innanzi l’era volgare quando vi approdò una flotta di C. Mario reduce dall’Affrica in Italia per abbattere con il suo partito quello dell’implacabile di lui competitore L. Silla. Appena smontato a terra con la cavalleria Mauritana e molti italiani a lui fedeli, Mario pubblicò in Talamone un editto che prometteva libertà ai servi purché fossero venuti ad arruolarsi sotto le sue bandiere. Dondechè il celebre capitano in pochi giorni raccolse una quantità de’più giovani ed animosi che caricò in 40 navi. Allora esibì la sua opera a Cinna, il quale dopo cacciato dal consolato con poderoso esercito raccolto in varie parti dell’Italia aveva mosso guerra ai consoli di Silla. Frattanto Mario con quaell’armamento non solo incrociava per mare onde impedire il passo ai viveri, e impadronirsi di quelli, ma inoltrandosi verso la spiaggia di Roma, sbarcò le sue truppe in Ostia, e di là s’incamminò con esse a Roma; e di prima giunta avendo preso il monte Gianicolo, quindi impadronitosi dell’eterna città, Mario fece orribile macello di quelli che reputava suoi nemici, o poco amici.
    All’avvenimento di C. Manio fu di qualche anno posteriore quello di L. Domizio Enobarbo senatore di Roma, la cui famiglia signoreggiava nel territorio Cosano. Imperocchè fu ai tempi di G. Cesare, quando quest’ultimo assediava Marsiglia che Domizio Enobarbo spedì dai
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    porti di Subcosa e di Talamone navigli armati a soccorso de’Marsigliesi.
    Alla stessa famiglia patrizia si debbono non solo le
    Cetarie Domiziane esistite nei contorni di porto S. Stefano, ma ancora varie lapidi relative a L. Domizio Enobarbo, ai suoi servi e liberti, nonché ad una officina di terraglie (figuline Domitiane) per non dire di una vasta conserva d’acqua, della quale esistono tuttora grandiosi avanzi presso la Torre dell’Uomo, dove posteriormente si vuole che fosse posta una bugiarda iscrizione, nella quale si leggeva Thermae Diocletiani. – (CARCHIDIO, Oper. cit.)
    Ora quel fabbricato è residuato ad una stalla, che ha una facciata lunga braccia 28, tripartita e corrispondente ad altrettante stanze della lunghezza di 47 braccia e larghe 8; divise da muri reticolati, nei quali vi è una porta di comunicazione che termina nell’ultimo recinto con emissario, donde escivano le acque per entrare in una conserva tuttora esistente circa 200 braccia distante. In cotesto edifizio raccoglievasi l’acqua potabile per uso pubblico, la quale vi scendeva dai monti che le sovrastano dalla parte di maestrale, oggi appellati i poggi della
    Bella Marsilia.
    Dopo tuttociò una laguna di molti secoli interrompe la storia di Talamone, talchè fino al 1300 questo paese non torna a rammentarsi, se non quando il Castello col porto e distretti di Talamone erano pervenuti in dominio dei monaci della Badia di S. Salvadore sul monte Amiata.
    In prova del qual vero citerò due istrumenti, col primo de’quali, del 15 aprile 1303, l’abate del Monastero predetto, consentendovi il suo capitolo, costituì in sindaco il monaco don Pietro da Corneto con facoltà di vendere al Comune di Siena
    il porto, la corte e beni di Talamone, ad eccezione di una chiesa di S. Pietro,
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    che dicevasi fondata in luogo Capao. In conseguenza di ciò, nel 12 settembre dell’anno stesso 1303, i reggitori della repubblica sanese, stando nel palazzo abitato dalla Signoria, ricevettero il Mon. Amiatino con i suoi beni sotto la protezione del Comune di Siena, promettendo difendere il loro abate, e monaci con i suoi beni e castelli dalle violenze specialmente dei conti di S. Fiora. In conseguenza di ciò fu ordinato di segnalare mediante confini la giurisdizione di Talamone da qualunque altra corte o castello che appartenesse ai conti prenominati. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte Amiatine e ARCH. DIPL. SANESE.)
    Col secondo istrumento del 20 luglio 1310 l’abate stesso in nome dei suoi monaci, attesa l’accettazione fatta dal Comune di siena del monaco Amiatino don Benedetto in pievano
    di S. Maria di Talamone, rimuove il suo antecessore don Ildebrandino e conferma in detta pieve il nuovo parroco, investendolo ancora dell’amministrazione de’beni spettanti alla parrocchia plebana di S. Maria di Talamone. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte Amiat.)
    Era già da qualche anno il porto di Talamone tornato in potere de’Sanesi, quando nel giugno del 1326 vi giunsero da Provenza sopra 10 galere 400 soldati di cavalleria, i quali passarono a Firenze col duca di Calabria. – Una nuova visita ebbe Talamone nel 1328 da Piero d’Aragona allorché d’accordo con Lodovico il Bavaro investì e prese cotesto porto e castello.
    Innanzi quel tempo però il Castello di Talamone era stato conquistato da alcuni nobili ribelli di Siena seguaci del partito di Arrigo VII, per cui il potestà della repubblica sanese nel 4 novembre del 1312 ebbe a pronunziare sentenza di morte contro coloro che si erano impadroniti della rocca di Talamone. – (ARCH. DIPL. SAN.
    Kaleffo dell’Assunta n.° 957.)
    Inoltre nello stesso
    Arch. Dipl.
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    San. esiste una provvisione del 7 settembre 1321 scritta in Siena da sei deputati eletti dai Signori Nove ad oggetto di provvedere in modo che il castel di Talamone fosse abitato da quelli che avevano ottenuto dal Comune di Siena il terreno dentro il paese col ricevere terre, casalini ed altri incoraggiamenti allo scopo di stabilirvi il loro domicilio.
    Che nel progredire del secolo XIV Talamone divenisse lo scalo principale marittimo della Repubblica di Siena lo dichiara il trattato da essi concluso nel 1357 coi Fiorentini, i quali ultimi si risolvettero di abbandonare il Porto Pisano e voltarsi invece a Talamone. In vigore di quelle convenzioni i Sanesi promisero acconciare il porto col mettervi le guardie, restaurare le strade che da Siena vi conducevano e fabbricarvi gli alberghi. Arroge a tuttociò la nota delle gabelle per i generi d’introduzione e di estrazione che in quel tempo si conducevano a Talamone; nota che fu pubblicata dal Pagnini nel Vol. IV
    della sua Opera sulle Decime.
    Già fino dal giugno 1410 incontrossi nei paraggi del monte Argentario una flotta di Ladislao re di Napoli dove incontrò quella della Repubblica Fiorentina; ma quest’ultima essendo stata rotta e dispersa, Talamone cadde in potere del vincitore, sebbene fosse ben presto recuperato per opera del conte Francesco Sforza capitano de’Fiorentini.
    Che poi le concessioni del governo di Siena a benefizio degli abitanti di Talamone si estendessero anco in favore di coloro che si recavano a stabilirsi familiarmente in Orbetello, dopo che quest’ultimo paese era caduto in potere della loro Repubblica, lo dichiara una deliberazione presa nel concistoro sanese lì 27 marzo del 1433, con la quale fu provveduto, che a bonificamento e conservazione di Orbetello chiunque si fosse recato stabilmente ad abitarlo avrebbe goduto delle franchigie medesime di quelli che abitavano nel porto e Castello di
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    Talamone, eccettuata la pensione che il Comune di Siena accordava alle persone che abitavano dentro il paese di Talamone. – (ARCH. DIPL. SAN. T. XXVII delle Pergamene n.° 2097.)
    Nel 1526 per difetto di opere di difesa il Castello di Talamone fu preso da una flotta Pontificia sotto gli ordini dell’ammiraglio Andrea Doria. – (MALAVOLTI,
    Stor. San. P. III. Lib. I.)
    E qui cade il destro ricordare una relazione fatta nel 1531 alla Signoria di Siena dall’ingegnere Baldassarre Peruzzi incaricato di esaminare e riferire il suo parere intorno ai ripari da farsi in diversi luoghi della Maremma sanese. Nella quale relazione, rispetto alle mura del Castello di Talamone il Peruzzi dichiarava, che dalla parte d’
    Affrico esse non superavano l’altezza di un braccio circa sopra terra, per cui il relatore faceva sentire il bisogno di terminarle per essere di facile scalo verso il mare ai Turchi ed ai Mori “né vi andranno a finirle, diceva il Peruzzi, più che canne 150 di muro”. – (GAYE, Carteggio ined. di Artisti. Vol. II.)
    Non corse però gran tempo, dacchè il paese di Talamone nel 1543 fu scalato e saccheggiato dai Turchi della flotta comandata dal Barbarossa. –
    Vedere ORBETELLO.
    Finalmente nel 1554 il Castello col porto e distretto di Talamone, e la maggior parte de’paesi che per due secoli e mezzo hanno formato lo Stato de’RR. Presidj, fu preso da una flotta spagnuola, in nome della qual potenza, poscia di quella di Napoli, Talamone fu presidiato fino a che alla restaurazione del governo granducale (1814) Talamone con tutte le altre terre e castelli de’RR. Presidj venne consegnato alla Corona granducale di Toscana. –
    Vedere ORBETELLO.
    La pieve arcipretura di Talamone sino dal 1310 era, come si è indicato, sotto l’invocazione di S. Maria, ed alla medesima
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    ne appella una causa insorta nel 1348, all’occasione che i monaci Amiatini pretendevano il giuspadronato della medesima: per cui con atto del 20 maggio di detto anno essi nominarono un procuratore per difendere le ragioni di quel monastero davanti al Cardinale Pietro Bertrand vescovo di Ostia, a ciò delegato dalla S. Sede. – (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Badia Amiat.)
    Rispetto allo stato fisico, ed alle cause più plausibili della malaria di Talamone e dei paesi che dal lato di terra lo avvicinano vedansi gli Art. MAGLIANO e ORBETELLO,
    Comunità.
    La parrocchia arcipretura di S. Maria Assunta a Talamone nel 1833 noverava 157 abitanti.

    TELAMONE nella Maremma Orbetellana. –
    Vedere oltre il suo Articolo quello della VIA TRAVERSA DAL MONTAMIATA ALL’AURELIA passando da Magliano, nel cui ultimo territorio furono trovate le tracce sotterranee di antiche mura di una città da lunga mano perduta, supposta da alcuni la città di Caletta che diede il nome all’agro o distretto Caletrano, dispensato dai Romani ai coloni di Saturnia. – Vedere anche SATURNIA.
Localizzazione
ID: 4062
N. scheda: 50020
Volume: 1; 5; 6S
Pagina: 458; 496 - 499; 241
Riferimenti:
Toponimo IGM: Talamone
Comune: ORBETELLO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 135-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1675273, 4713408
WGS 1984: 11.13575, 42.55475
UTM (32N): 675336, 4713583
Denominazione: Talamone, Telamone - Capo, Punta di Talamone
Popolo: S. Maria Assunta a Talamone
Piviere: S. Maria Assunta a Talamone
Comunità: Orbetello
Giurisdizione: Orbetello
Diocesi: Sovana
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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