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Dizionario Geografico Fisico
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Barga - Cave di Marmi

 

(Barga)

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    BARGA in Val di Serchio. Terra nobile popolosa, dalla natura più che dall’arte munita, capoluogo della Garfagnana Granducale, di Vicariato e di Comunità nella Diocesi di Pisa, già di Lucca, Compartimento Pisano.
    Risiede a mezzacosta dell’Appennino che scende dalla Valle del Serchio fra i torrenti
    Corsonna, ed Anio nel 28° 9’ longitudine 44° 4’ 6’’ latitudine 20 miglia toscane a settentrione di Lucca, 34 da Pisa, 64 a maestro di Firenze.
    È di figura sferoidale con un interrotto recinto di mura e tre porte, circondata da due burroni che fiancheggiano due opposti risalti del monte
    Romeccio, sul cui fianco (ERRATA: meridionale) settentrionale essa giace. Le sue strade sono per lo più scoscese, lastricate; è priva di grandi piazze, se si eccettui il Prato detto già l’Arringo, davanti alla chiesa maggiore. Vi sono però molte buone fabbriche, varj palazzi e chiese assai decenti e spaziose, delle quali la più ragguardevole e la più vasta è quella della Collegiata.
    L’origine di questa Terra è ignota, quantunque il suo nome sia di antica data, da non confondersi però col
    Saltus et praedia Bargae della Tavola Velejate, nè con altre Barghe, e Bargi situate in provincie e distretti diversi.
    Quindi rendesi incerto, se alla Barga di Garfagnana, o a quella già da lunga età distrutta nel Pietrasantino, riferisca il paese di Barga rammentato nell’istrumento di fondazione della Badia di Monteverdi all’anno 754, quantunque lo diano a sospettare i possessi che aveva in Garfagnana quell’illustre longobardo, e i luoghi
    Lupinaria, Siricagnana e altri della stessa valle ivi nominata.
    Ciò che indubitato apparisce si è, che di questa Barga si discorre in varie pergamene del secolo X dell’Archivio Arcivescovile di Lucca, quando era invalso l’uso di investire i secolari dei
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    più ricchi benefizi ecclesiastici, cedendo loro una gran parte delle rendite, decime e beni spettanti alle chiese. Per tal modo la potente famiglia lucchese dei Rolandinghi consorte dei nobili di Versilia signoreggiò sino da quella età nel territorio di Barga e di Coreglia, specialmente dopo avere ottenuto a enfiteusi dai vescovi di Lucca i beni, l’entrate e l’oblazioni che il popolo retribuiva alla pieve del Barghigiano distretto situata allora nel castello di Loppia.
    Sino dal 956 uno di questi Visconti (Gio. di Rodilando di Conimondo) permutò con Corrado suo fratello vescovo di Lucca beni posti in Val d’Arno a S. Maria a Monte, e nella maremma di Populonia.
    Nel 982 Gio. di Rodilando ricevè ad enfiteusi dal vescovo lucchese Teudegrimo molti beni spettanti alla pieve di Loppia, mentre 6 anni dopo il di lui figlio Rodilando ottenne dal vescovo Gherardo altre sostanze insieme con le oblazioni consuete farsi alla chiesa plebana dagli abitanti di
    Loppia, di Barga, Ariana, Sommacologna, Albiano, Trepignana, Gragno, Tiglio, Coreglia, Lupinaria, Pedona, Campo S. Pietro, Castelvecchio, e di altri villaggi e chiese dipendenti allora da quel piviere. – Mentre la famiglia lucchese de’Rolandinghi continuava a godere de’frutti, sostanze, decime col giuspadronato della pieve di Loppia, la Repubblica Lucchese esercitava la politica giurisdizione sopra il popolo di Barga con l’annuenza degl’imperatori o dei Marchesi di Toscana loro vicarj. Fu nel 1390 quando Giovanni vesvcovo di Lucca, con sua bolla spedita li 23 di Gennajo all’ultimo Pievano di Loppia traferì i titoli, giurisdizione e beni della pieve di Loppia nella chiesa de’SS. Cristoforo e Jacopo a Barga, per essere questa in luogo più domestico e assai popolato, cui già da gran tempo innanzi era stato accordato il fonte battesimale, mentre all’opposto l’antica pieve col castello stesso di Loppia trovavansi per cagione di guerre già da 50
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    anni devastati e deserti di abitanti. (PACCHI, Ricerche storiche della Garfagnana)
    Infatti la pieve ora collegiata di Barga, chiamata volgarmente il Duomo, è un tempio vasto e grandioso, il quale, sebbene dopo quel secolo sia stato ampliato in lunghezza, ciò non onstante, dallo stile architettonico e dalle rozze sculture dell’antico pulpito, vi è argomento da congetturarlo anteriore non poco alla bolla sopracitata, ed al secolo XIV.
    Poiché la stessa chiesa è costruita di pietre squadrate di travertino, a tre navate, divisa in due piani con archi a sesto intero, i quali riposano sopra pilastri, con finestre in origine lunghe e strette a guisa di feritoje. Oltre agli accennati due piani, vi è un terzo divisorio più elevato, sull’idea di alcune basiliche e antiche chiese del Cristianesimo. Quest’ultimo è separato dai piani inferiori mediante un alto parapetto di marmo posato sopra l’ultimo scaglione del secondo ripiano con un’apertura o cancello per ciascuna navata. Siffatto disegno indica agli artisti che la fabbrica possa rimontare ai primi secoli dopo il mille, e innanzi che fosse in voga la costruzione di archi a sesto acuto. – Fra gli oggetti di maggior pregio, oltre il battistero antico di marmo bianco di figura esagona in forma di gran vasca, merita di essere citato un pulpito parimenti di marmo, sorretto da colonne che hanno per base de’leoni ed altri animali, sull’idea dei pulpiti di Siena e Pisa, sebbene per merito di arte a questi di gran lunga inferiore.
    Vi è un bellissimo ciborio di terra della Robbia ad uso degli olj santi, e un quadro gigantesco all’altar maggiore, rappresentante S. Cristoforo al passaggio del Giordano, opera pregevole del lucchese Stefano Tofanelli, sostituita alla colossale figura di legno che rappresentava un più che straordinario Santo.
    Il capitolo delle Collegiata di Barga è composto di 12
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    canonici con tre dignità e 10 cappellani, oltre quelli ab extra. La prima dignità è quella del Preposto che è pure il Pievano, la cui giurisdizione ecclesiastica da gran tempo è circoscritta alla Garfagnana Granducale, ossia al Vicariato di Barga consistente in sette parrocchie. – Vedere il Quadro in calce al presente articolo.
    Come vicaria dei re d’Italia, piuttosto che signora assoluta della Garfagnana, la famosa contessa Matilde spedì a favore dei Barghigiani un privilegio rammentato e confermato nel 1185 (4 luglio) dall’imperatore Federigo I al comune e consoli di Barga, ben diverso dal castello di
    Bargi, che Federigo II, nel 1220, rilasciò al pontefice Onorio III come parte delle terre appartenute alla contessa Matilde. Il quale castello di Bargi, nell’anno appresso (1221) dallo stesso pontefice fu ceduto in feudo con altri luoghi dell’Appennino pistojese al conte Alberto di Mangona, non senza ostacolo del Comune di Pistoja che pensò a rivendicarli. (Vedere Fossato, Treppio e Torri sulla Limentra). – Che la Terra di Barga dipendesse dal governo lucchese anche sotto i marchesi di Toscana successori delle nominata Contessa lo provano le cronache, e gli annali pisani e lucchesi, specialmente all’anno 1169, allorchè i Barghigiani impresero a sostenere il partito dei loro cattani fatti ribelli alla madre patria, e da essa ben presto puniti con la demolizione delle loro torri. Tentarono nuovamente di emanciparsi da quella città all’anno 1185, epoca alla quale Federigo I esentò i paesi della Garfagnana e i loro nobili dalla soggezione dei Lucchesi, affidandone il governo a un vicario regio nella persona del suo cortigiano Guglielmo marchese di Pallodi.
    Il diploma contemporaneamente da quel sovrano accordato ai Barghigiani è diretto ai consoli di quella Terra, ed è una prova non dubbia che sino ai tempi della contessa Matilde esisteva
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    in Barga un corpo decurionale, una civile magistratura, indipendente da signorie baronali e dalla stessa Repubblica di Lucca. Alla quale ultima per altro il popolo di Barga per influenza politica ed ecclesiastica per varj secoli fu soggetto, e ad essa conservossi ligio e devoto. – Che i lucchesi innanzi e dopo l’anno 1885 esercitassero l’alto dominio sul territorio Barghigiano, lo dice il fatto del 1209, quando i consoli di Lucca in presenze dell’imperatore Ottone IV dichiararono a nome del loro Comune di annullare tutti i patti, i giuramenti e ogni politica giurisdizione sopra i popoli della Garfagnana, mentre pochi mesi innanzi i barghigiani avevano dovuto per giuramento obbligarsi di pagare i dazi e le collette imposte o da imporsi dalla Repubblica medesima.(PTOLOM., Annal. Lucens. PACCHI, Op. cit.)
    Non è per altro che i reggitori di Lucca intendessero di buona voglia rinunziare ai loro diritti; o almeno non lo lascia credere la storia, la quale ci avverte di nuovi giuramenti di obbedienza prestati dai Barghigiani durante la ribellione promossa nella Garfagnana dalla Corte di Roma per l’eredità della contessa Matilde. Per effetto di che il pievano di Loppia fomentò nel 1230 i popoli del suo piviere (del Barghigiano) ad allontanarsi dall’obbedienza del proprio vescovo e del governo lucchese. Lo che fu cagione che da Lucca accorressero armati a vendicarsi del pievano e dei ribelli che posero in catene, e il paese di Loppia con il suo contado a ferro e fuoco. (PTOLOM. e BEVERINI,
    Annal. Lucens. Libro 3)
    Era troppo naturale che ciò dovesse eccitare l’ira del pontefice Gregorio IX, il quale fulmino dal Laterano (28 marzo 1231) una bolla d’interdetto contro i Lucchesi; per cui Barga in quell’anno assistita dai Pisani e dai Pistojesi si ribellò e sostenne un ripetuto assedio, sino a che nel 1234,
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    il Comune di Lucca riconciliatosi con Gregorio IX, momentaneamente gli rilasciò la Garfagnana con la Terra e il distretto di Barga. La quale provincia fu dai Lucchesi riottenuta per danari da Federigo II, con tutto che questi ne avesse investito Enzio suo figliuolo naturale. (PETR. De VINEIS, Epist.). – Le torbide fazioni di quel secolo suscitarono nuove dissensioni fra i popoli della Garfagnana; e Barga per un istante ricusò obbedienza ai Lucchesi, cui si sottomise nel 1272 dopo la minaccia di un altro assedio. Con tutto ciò il dominio della medesima Terra non fu per lungo tempo tranquillo; e nuova occasione di dissapore, e di rivolte, nel 1298, si suscitò fra la Vicarìa di Barga e l’altra di Castiglione, per motivo di confini tra il distretto Barghigiano e dei limitrofi popoli di Trepignana e di Silico. Per le quali sommosse i Lucchesi diressero 2700 soldati alla volta di Barga che assediarono, assalirono e quindi le sue mura castellane smantellarono. (PTOLOM. Annal. Lucens.)
    Dal 1298 sino alla morte di Castruccio (1328) Barga restò tranquilla e sottoposta al governo di Lucca che ne aveva già costituita una Vicarìa governativa.
    Mancato però quel famoso capitano, i Barghigiani si diedero sotto l’accomandigia de’Fiorentini che vi spedirono un presidio, assediato ed espulso ripetutamente di là dall’oste lucchese nel 1331, e nel 1332. (
    AMMIR. Istor. fior.)
    Ritolta nel 1340, barga restò liberamente ai Fiorentini dopo il trattato di compra stipulato nel 1341 con Mastino della Scala allora signore di Lucca. Non ostante ciò tentarono di travagliare Barga cingendola di assedio, ora Francesco Castracani (1352), ora i Pisani (1359 e 1363) con numerosa soldatesca, sempre valorosamente battuti e fugati non solamente dai militi fiorentini, ma dal popolo stesso Barghigiano assistito negli assalti più feroci dalle sue donne (AMMIR. Op. cit.) Raro esempio di virtù
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    che onora la costante fedeltà di un popolo verso i suoi governanti, ad onta degl’intrighi politici e dei partiti che sino d’allora sotto nome di guelfi e ghibellini, di liberali e aristocratici, di papalini e imperiali mettevano a socquadro l’Italia intiera!
    Fu appunto uno di questi partiti seguace del ghibellinismo quello che al principio del scolo XV tentò di sollevare e sorprendere Barga per toglierla al Comune di Firenze; ma ben presto riparò all’ardita trama de’fuorusciti il capitano di Barga col pronto castigo dei sediziosi.
    Un più poderoso esercito condotto da valentissimo Capitano era corso dalla Lombardia in Garfagnana per espugnare Barga nell’inverno del 1438, ma gli assedianti soccorsi dai Fiorentini diedero al Piccinino una tale lezione sotto le mura di questa Terra, che lo costrinsero a levarsi dal campo in rotta, con vergogna e con perdita di molta sua gente. (AMMIR. l. c.) – Un solenne elogio della fedeltà e valore de’Barghigiani tramandarono ai posteri li storici fiorentini all’anno 1554, allorchè Piero Strozzi corse con le sue squadre dal senese contado in Garfagnana, dove mise ogni cosa in pericolo col timore soprattutto che Barga, per essere spiccata da tutto il dominio fiorentino e accerchiata dai Lucchesi e dai Modenesi, non venisse in mano de’Francesi.
    Né si temeva (sono le parole dell’Ammirato) dei Barghigiani, uomini avvezzi alla guerra e soprattutto animosi e fedeli: ma questo non bastava per essere la muraglia vecchia e debole, e perché essendo alcun fuoruscito di fuori avria avuto caro che la sua patria si volgesse a parte francese. Ciò non ostante nulla potè smuovere i Barghigiani dalla loro fedeltà; e vane furono le ampollose parole del generale Foreaux allora che tentò gli animi di quei terrazzani, promettendo loro libertà e grandi cose. (AMMIR., Istor. fior. Libro 34)
    Assicurato il trono
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    Granducale alla casa Medici, i Barghigiani non ebbero più occasione di temere per essi nè per i destini politici della loro patria, sì che questa, rispettata dai popoli e dai vicini potentati, aumentava ognora più d’industria, di commercio e di popolazione; non essendo di gran conto alcuni passeggieri dissapori con i Modenesi e i Lucchesi per diritti di pascoli sopra alcuni appezzamenti di territorio posti sulla schiena dell’Alpe di Barga e sul monte di Gragno.
    L’amore per le belle arti distinse di buon’ora i Barghigiani nei monumenti della loro patria. Lo dice la loro chiesa maggiore, e molti altri edifizi pubblici e privati; lo dicono tanti oggetti pregevolissimi di scultura di terra detta della Robbia, sparsi in varie loro chiese, e più che altrove in quella suburbana di S. Francesco. Ma il capo lavoro in questo genere è nel gran quadro dell’altar maggiore al Conservatorio delle Clarisse.
    Un argomento plausibile, che questo genere di plastica si lavorasse anche in Barga, ce lo fornisce un quadro incompleto murato in una parete del chiostro del soppresso convento di S. Francesco, il quale non ebbe che una sola cottura, e conseguentemente restò privo della successiva vernice invetriata.
    Questa Terra diede alla diplomazia lucchese un Simone detto da Barga, che concluse la pace nel 1364 fra i Lucchesi, i Fiorentini ed i Pisani. Figurò nelle armi quel Galeotto che fu nel 1527 comandante delle fortificazioni di Livorno, e fautore del partito repubblicano contro Cosimo I. Nelle lettere è celebre quel Pietro
    Angelio che dalla patria fu detto Bargeo, autore della nobile famiglia pisana dei marchesi Angeli, possessori del più grandioso palazzo di Barga. Finalmente derivò di costà quel Bolognino di Barghesano, che da Lucca portò l’arte della seta a Bologna, dove ottenne licenza nel 1341 di costruire il primo filatojo. (ALIDOSIO,
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    Stor. di Bologna.)
    Comunità di Barga. – Il territorio comunitativo di Barga occupa una superficie di 22375 quadrati, dei quali 1043 sono occupati da alvei di fiumi e torrenti e da pubbliche strade. Ha una popolazione di 6790 abitanti, a ragione di 252 persone per ogni miglio quadrato di suolo imponibile. La figura topografica del suo territorio si accosta a quella di un parallelogramma, i cui lati minori sono volti, uno a maestro sulla schiena dell’Appennino, l’altro a scirocco costeggiato dal fiume Serchio, mentre le più estese fiancate guardano dal lato orientale, i paesi di Coreglia e dei Bagni di Lucca in Val di Lima, e dalla parte occidentale la Garfagnana modenese. Confina con il Ducato di Lucca e con la Garfagnana estense per tutti i lati che acquapendono nella valle del Serchio: il solo dorso dell’Appennino Barghigiano tocca la comunità della Pieve a Pelago spettante alla provincia lombardo-modenese del Frignano.
    A partire dall’Alpe di Barga, serve di linea di demarcazione, dal lato occidentale la via modenese detta del
    Casone, la quale viene da S. Anna di Pelago e da S. Pellegrino, esce dal confine Barghigiano alle sorgenti del rio della Foce, dove lascia la Garfagnana estense e trova quella lucchese compresa nella comunità di Galicano. Con questa scende dal monte dell’Uccellina lungo il torrente di Trepignana sino al suo sbocco nel fiume Serchio dirimpetto al villaggio di Fiattoni. Di là seguitando la corrente dello stesso fiume attraversa dopo un miglio la confluenza del torrente Corsonna e prosegue per altre 4 miglia sino alla foce dell’Ania nel Serchio di fronte a quella del torrente di Torrita Cava.
    Costà ripiega da libeccio a scirocco per rimontare verso la sorgente dell’
    Ania medesimo, il qual torrente oltrepassa al poggio di
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    Bacchionero per accostarsi presso alla sommità dell’Alpe di Cacciaja al giogo del Saltello, avendo in tutto questo tragitto a confine le Comunità lucchesi del Borgo a Moriano e di Coreglia.
    Dal giogo del
    Saltello presso le Tre Potenze s’inoltra nella provincia modenese del Frignano per termini artificiali sino alla sponda orientale del Lago Santo, il cui emissario gli serve di confine per il retto tramite di quasi un miglio, e quindi lo abbandona per dirigersi da scirocco a grecale correndo per circa miglia 2 e 1/2 sulle spalle di monte Spicchio, e cavalcando il rio delle Fontacce, che è il più remoto e più alto tributario del fiume Scoltenna.
    Oltrepassato di mezzo miglio le
    Fontacce, ripiega ad angolo retto verso la serra detta di Mont’Alto per una linea artificiale della lunghezza di un miglio, donde per lo sprone medesimo s’innoltra da ostro a ponente sino alla via del Casone per congiungersi al luogo del distacco sopra designato.
    Sulla destra ripa del Serchio dirimpetto alla borgata delle Fornaci avvi lo scosceso poggio denominato
    Monte di Gragno. Esso è attraversato dal fosso di Bolognana e dalla strada che conduce per Gallicano nella Garfagnana. La sua parte superiore coperta di pascoli e di selve è il luogo contenzioso per antichi diritti di pascolo e di legnatico fra il popolo di Barga e quello del Comune lucchese di Gallicano.
    Fra le diverse strade che attraversano il territorio Barghigiano due sole sono rotabili. Queste partono da quella che dai Bagni di Lucca per Fornoli e rasenta la sinistra sponda del Serchio, passa l’Ania sopra un ponte di pietra, e giunta al borgo delle Fornaci si dirama in due tronchi, uno dei quali piega a settentrione rimontando
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    sul destro lato (ERRATA: del torrente Tiglio) del Castello di Tiglio alla pieve antica di Loppia, di dove si volge a maestro sino a Barga, mentre l’altro ramo continua per la pianura lungo il Serchio sino presso a S. Pietro al Campo. – Le altre vie comunali sono mulattiere, compresa l’antica strada che dalle Fornaci per il poggio di Giovicchia porta al capoluogo.
    Il territorio di Barga conta 4 castelli, Albiano, Castelvecchio, Sommo Cologna, e Tiglio. Quelli di Calavorno, di Catarozzo, e di Loppia sono diroccati.
    Ha inoltre due borghi, le Fornaci, nella pianura del Serchio, e il Giardino, che forma il popoloso subborgo occidentale di Barga, diviso dalla Terra mediante il profondo canale di
    Fontana Maggio cavalcato da un altissimo ponte.
    I villaggi di Seggio, di Pedona e di S. Pietro al Campo traggono profitto con i loro mulini, polveriere e ferriere dalle acque che fornisce ai due primi il torrente Ania, al terzo il Corsonna.
    Gettando un colpo d’occhio sulla natura del terreno che riveste la superficie montuosa di questa parte di Appennino, sebbene si riconosca il di lui suolo appartenere in generale alle tre rocce fondamentali che costituiscono la struttura visibile delle nostre montagne, consistenti in macigno, cioè, galestro o marna schistosa e calcareo compatto, pure questi monti sono tra i pochi della catena principale, dove s’incontrano tali alterazioni dalla natura in quel terreno operate, che ne restarono sorpresi i naturalisti toscani i più insigni della nostra e della passata età.
    Io non dirò di quei ciottoli conglomerati che ricuprono costà come in molte altre località della Toscana la parte esteriore dei poggi ed anche le loro sommità, senza indizio di correnti superiori e di agenti meteorologici che potessero costassù trascinarli; comecchè essi soli siano un segnale quasi sicuro di subita catastrofe fisica del suolo, o, di un
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    vicino passaggio di rocce di formazione, qualità e struttura diversa. Dirò solamente di quei diaspri sanguigni venati e conspersi di candido quarzo, resi celebri per i lavori della preziosa Cappella Reale di S. Lorenzo a Firenze.
    L’arenaria calcarifera a grossi frammenti (
    pietra forte dei Fiorentini) costituiesce la porzione più estesa e superiore del Barghigiano. Questa roccia alterna qui, come altrove, con strati più o meno sottili e ripetuti di schisto marnoso (bisciajo dei Toscani), il quale a luoghi si carica di calce e prende l’aspetto di ciò che fra noi appellasi galestro, mentre a queste due rocce comunemete sottentra e resta ad esse inferiore il calcareo compatto (alberese o colombino).
    In mezzo a questo terreno si è formato il diaspro in questione, il quale, disposto a strati di varia inclinazione, colore e qualità, trovasi allo scoperto un miglio o poco più a levante di Barga lungo il canale corroso dalle acque della
    Loporella e della Lopora, sotto il poggio di Giuncheto. – Ascendere dal soppresso romitorio di S. Ansano, la disposizione geognostica di tali rocce mi conparve nell’ordine seguente, a cominciare dall’alto in basso.
    1. Arenaria-calcarifera fissile in strati che presentano un’inclinazione dal S. al N. variabile dai 25 sino ai 45 gradi.
    Essa roccia alterna con strati di argilla-calcare, colore grigio olivastro.
    2. Schisto calcareo-argilloso aderente alla lingua, di colore rosso paonazzo e più compatto del precedente, dal quale talvolta è intersecato, ma esternamente friabile.
    3. Schisto ardesiaco di colore piombino a contatto con quello del n.° precedente.
    4. Diaspro sanguigno con vene e macchie di quarzo bianco a contatto immediato dello schisto ardesiaco del n.° 3; a cui fa passaggio per una visibile graduazione.
    5. Pudinga diasprina composta di ciottolj arenari e calcarei conglutinati dal sugo quarzoso infiltratovi dai superiori o dai più interni strati
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    di quel terreno. – Ciò chiaramente si mostra nel torrente Loporella, e alla sua confluenza con il Lopora grande, sotto a cui subentra la seguente roccia:
    6. Arenaria calcarea consimile al n.° 1.
    7. Calcarea stratiforme compatta.
    8. Pudinga diasprina a grandi massi.
    9. Cave abbandonate che fornirono alla Cappella de’Principi di Firenze il diaspro sanguigno e agatato sparso di vene e di macchie di quarzo candido, con cavità e geodi ripiene di terra argillosa rossigna.
    Una metamorfosi geologica, un fenomeno importantissimo, che può dirsi tuttora un mistero della natura, come si è questo del visibile passaggio di una roccia di natura argillo calcarea compatta a quello di una massa quarzosa e cristalliana, non è l’unico esempio che ci offrano i monti della Toscana relativamente a una simile pietrificazione.
    Nell’Appennino di Pontremoli, fra questa città e il distretto di Zeri lungo il vallone del fiume Gordana, nel giugno del 1832, riscontrai questo stesso fenomeno al luogo conusciuto col nome di
    Stretti di Giareto, circa 3 miglia toscane a libeccio di Pontremoli. È costà dove vedesi alli strati di arenaria-calcarifera subentrare una breccia con frammenti angolari di argilla calcareo-schistosa di colore olivastro, la quale gradatamente si colorisce in lilla e quindi in paonazzo, indurando di più in piu, sino a che la stessa roccia, alla grotta de’Saracini, fa passaggio alla selce cornea e finalmente al diaspro color lacca ricco di venature e di macchie di quarzo candido con ingemmamenti e filoncini di ferro ossidulato. (Vedere Pontremoli Comunità; una memoria del professore P. SAVI, nel Giornale Pisano n.° 50, e una mia nota sulla solubilità naturale della silice nei terreni calcarei, nell’Antologia del dicembre 1824.)
    Una delle circostanze meritevoli di essere quì avvertite si è quella di trovare nei monti di Barga molte concrezioni stalattitiche e tartarose a segno
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    da porle in uso per materiale nelle fabbriche.
    Ciò che dà a congetturare la preesistenza nelle viscere di quel suolo di acque acidule termali, causa di decomposizioni reciproche e di emanazioni di acido carbonico, acido riconosciuto suscettibile di sciogliere la silice, massimamente quando vi si unisce il concorso di alcuni ossidi terrosi e metallici, fra i quali è nel caso nostro da valutarsi precipuamente la presenza dell’ossido di ferro. –
    Quindi si comprende in qual modo possa essersi insinuato il solfato di calce (gesso) in alcuni strati di schisto rosso nel terreno diasprino di Barga, siccome ve lo riscontrò il celebre Giovanni Targioni ne’suoi Viaggi per la Toscana.
    Infatti è noto ai Barghigiani che nei contorni di Giuncheto presso le sergenti della
    Loppora sgorgava nei tempi andati una consimile acqua acidula-termale, oggi perduta. – Segni visibili di depositi tartarosi si trovano tuttora nell’alveo stesso del torrente Corsonna, i cui ciottoli veggonsi ad acque basse incrostati da un tartaro candido farinaceo.
    Fra Barga (
    ERRATA: e il torrente Tiglio) e il Castello del Tiglio sotto un grès secondario si nascondono straterelli di lignite impregnati di solfo e di bitume, in uno stato incompleto di carbonizzazione. Essi conservano tutte le tracce fibrose, e la struttura delle piante alpine cui appartennero.
    Alla distruzione delle selve, che in epoche remotissime operò la natura, si unì a’tempi nostri quella sollecitata dagli uomini col tagliare le boscaglie di faggi e di abeti a danno della sottostante valle, latamente invasa da immense pietre rotolate e disperse nell’ampio letto del torrente Corsonna.
    Che però nella parte superiore dell’alpe di Barga altro non restano che le antiche ceppaje di faggi coi loro rampolli in mezzo a pascoli naturali popolati nell’estate da mandre di pecore reduci dalle maremme.
    La lana, il cacio e la vendita degli agnelli costituisce un ramo importante della
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    pastorizia di quella popolazione. – La parte inferiore dei monti è generalmente coperta di selve di castagni, che è la maggiore risorsa e il vitto quasi unico dei campagnoli Barghigiani, ai quali non resta che poca pianura lungo il Serchio, coltivata a cerali, a canapa, a mais, a panico ecc. mentre nelle colline tufacee presso al capoluogo, e nelle vicinanze dei villaggi si veggono molti vigneti, qualche oliveto, terreni appoderati e sparsi di gelsi, e di altri alberi da frutto. – Di tutti questi prodotti avanzano al consumo la farina dolce, il legname di castagno e di faggio ridotto ad uso di vari lavori, il vino, e la canapa.
    La quale ultima si esita in parte all’estero convertita in tela canapina o in mezza lana, unita in questo caso alla lana indigena.
    Il popolo Barghigiano è di una costituzione robusta, di aspetto lieto, vivace, attivo, industrioso e contento del suo stato. Offre a lui motivo di essere tale l’aria elastica che respira, la qualità e semplicità dei cibi di che si nutre, la copia e salubrità delle acque che beve, accompagnata non di rado dal vino sincero delle loro cantine, e finalmente le leggi benefiche e liberali che patrocinano la sua industria, nel tempo stesso che sgravano ogn’individuo dai pesi doganali e da altre regalìe in vista appunto delle posizione di questo distretto isolato dal territorio riunito del Granducato.
    Alla poca fertilià del suolo, che è insufficiente all’attuale popolazione, supplisce l’industria e il commercio; imperocchè i villici del Barghigiano, ad imitazione dei loro vicini, vanno a procurarsi lavoro nelle parti meridionali della Toscana, dove un buon numero di quegli alpigiani sogliono svernare e riportare lucro ai propri lari nella calda stagione.
    In Barga esistono varie tratture di filugelli, la cui propagazione va ognor più prendendo piede fra quegli abitanti. Vi si trovano inoltre
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    molti telaj da tessere canapine e mezze lane, tre tintorìe, diverse fabbriche di cappellidi feltro, una concia di pelli, un mangano, e lungo i torrenti Ania e Corsonna tre polveriere e una ferriera con diversi mulini.
    Nella montagna si lavorano seggiolami ed altri utensili domestici col legno di faggio o di castagno.
    Vi è ogni venerdì un mercato, al quale concorrono gli abitanti dei paesi limitrofi. L’esenzione delle gabelle ravviva il traffico di questa Terra, dove hanno luogo due fiere annue sotto il dì 16 e 30 agosto.
    Dopo che Barga col suo territorio venne aggregata al dominio fiorentino, essa fu dichiarata residenza di un Capitano, quindi di un Vicario R. di 5. classe, il quale giudica in prima istanza nel civile e nel criminale coll’appello alla Rota di Pisa. Vi è una cancelleria comunitativa di 3. classe che serve a questa sola Comunità. – Risiedono pure in Barga un ricevitore del Registro, un ajuto ingegnere e un ministro di Posta. La conservazione delle Ipoteche è in Pisa
    La Comunità mantiene due medici e un chirurgo, e per l’istruzione elementare dei giovinetti due maestri, mentre le fanciulle hanno gratuito ammaestramento dalle Clarisse di quel conservatorio. Vi è inoltre un piccolo teatro e un’accademia letteraria.
    Esistevano in Barga due conventi di Regolari. Uno era di Agostiniani Eremitani scesi nel 1369 dentro Barga dall’antico romitorio di Giuncheto, soppressi nel 1783, e convertita la loro casa nel palazzo comunitativo. L’altro convento fu abitato dai frati zoccolanti sino al 1809. Esso esiste fuori dalla porta detta Mancianella, dove il forestiere può tuttora contemplare tre belli quadri e due statue di terra della Robbia.

    QUADRO della popolazione della Comunità e Vicariato di BARGA a tre epoche diverse

    Popolazione
    del 1551

    - La Terra di Barga e sua Giurisdizione, abitanti n° 3511
    - Sommo Cologna,
    abitanti n° 384
    - Totale
    abitanti
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    n° 3895

    Popolazione del 1745 per parrocchie

    - nome del luogo: Albiano, titolo della chiesa: S. Michele (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 196
    - nome del luogo: BARGA, titolo della chiesa: S. Cristofano (Colleg.), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 1830
    - nome del luogo: Campo, titolo della chiesa: S. Pietro al (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 575
    - nome del luogo: Castelvecchio, titolo della chiesa: S. Niccolò (Prioria), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 278
    - nome del luogo: Loppia, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (già Pieve), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 834
    - nome del luogo: Sommo Cologna, titolo della chiesa: S. Frediano (Prioria), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 582
    - nome del luogo: Tiglio, titolo della chiesa: S. Giusto (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Lucca,
    abitanti n° 635
    - Totale
    abitanti n° 4930

    Popolazione del 1833

    - nome del luogo: Albiano, titolo della chiesa: S. Michele (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguìta nel 1789),
    abitanti n° 243
    - nome del luogo: BARGA, titolo della chiesa: S. Cristofano (Colleg.), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789),
    abitanti n° 2510
    - nome del luogo: Campo, titolo della chiesa: S. Pietro al (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789),
    abitanti n° 792
    - nome del luogo: Castelvecchio, titolo della chiesa: S. Niccolò (Prioria), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789),
    abitanti n° 353
    - nome del luogo:
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    Loppia, titolo della chiesa: S. Maria Assunta (già Pieve ora Prioria), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789), abitanti n° 1473
    - nome del luogo: Sommo Cologna, titolo della chiesa: S. Frediano (Prioria), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789),
    abitanti n° 536
    - nome del luogo: Tiglio, titolo della chiesa: S. Giusto (Cura), Diocesi cui a detta epoca era soggetto: Pisa (per permuta seguita nel 1789),
    abitanti n° 883
    - Totale
    abitanti n° 6790

    BARGA nella Valle del Serchio. Terra posta sulla faccia settentrionale del monte detto Romeccio. – All’ Articolo
    Comunità, si aggiunga quanto appresso: «Era controversia di confini, scriveva l'Adriani nella storia de' suoi tempi sotto il Granduca Cosimo I, nelle montagne di Garfagnana del dominio fiorentino e quello della Pieve a Pelago della giurisdizione di Sestola nel ducato di Modena, già più di cent' anni innanzi infin al tempo di Borso I Duca di Ferrara terminata, allorchè furono posti in quella montagna i confini tra i due Stati. I quali essendo stati perduti di qua e di là, spesso in quelle vicinanze si era venuto a contesa. Finalmente (nel 1566) si convenne, che vi si mandassero di nuovo giudici, e vi furono inviati da Firenze l'avvocato mess. Giulio del Caccia, ed in sul luogo fu col commissario del Duca di Modena, che non voleva in alcun modo consentire alla terminazione de' confini altra volta fatta. In ultimo la contesa fra i due popoli si ridusse a tale che poco mancava a venire all'armi; per cui si convenne col cardinal di Ferrara in assenza del Duca (Ippolito d'Este), il quale governava, della scelta di un terzo giudice, e fu eletto a tal uopo il Duca di Savoja, il quale
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    dopo aver mandato persona intelligente sul luogo della differenza e non avendo questa potuto indurre i litiganti ad alcuno accordo, pronunziò nella causa che i contratti fatti al tempo del Duca Borso I dovessero osservarsi e perciò starsi ai termini che venissero posti dalla Signoria di Siena eletta arbitra in quella causa. Ma fu che fare, soggiunge l’ Adriani (Lib. XIX cap. 2) condurre il Duca di Ferrara ed i suoi popoli a contentarsi di quella sentenza ecc. ecc »
    La popolazione della Comunità di Barga nel 1833 era di 6790 Abitanti e nel 1845 ne contava 7194 come appresso, cioè:

    Albiano,
    Abitanti N° 297
    Barga,
    Abitanti N° 2540
    Campo,
    Abitanti N° 804
    Castelvecchio,
    Abitanti N° 387
    Loppia,
    Abitanti N° 1692
    Summocologna,
    Abitanti N° 557
    Tiglio,
    Abitanti N° 927
    Totale
    Abitanti N° 7194
Localizzazione
ID: 424
N. scheda: 5340
Volume: 1; 6S
Pagina: 273 - 280; 23 - 24
Riferimenti: 53410
Toponimo IGM: Barga
Comune: BARGA
Provincia: LU
Quadrante IGM: 097-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1619001, 4881063
WGS 1984: 10.48694, 44.07464
UTM (32N): 619064, 4881237
Denominazione: Barga - Cave di Marmi
Popolo: S. Cristofano a Barga
Piviere: (S. Maria Assunta di Loppia) S. Cristofano a Barga
Comunità: Barga
Giurisdizione: Barga
Diocesi: (Lucca) Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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