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Dizionario Geografico Fisico
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Vernio

 

(Vernio, La Rocca - S. Quirico)

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    VERNIO nella Valle del Bisenzio. – Castello che diede il titolo ad una contea imperiale della dinastia de' conti Alberti di Prato, poscia dei conti Bardi di Firenze, ora capoluogo di una Comunità e di Giurisdizione con chiesa plebana (S. Ippolito, detto S. Poto di Vernio)oltre la parrocchia di S. Quirico a Vernio, nella Diocesi di Pistoja, Compartimento di Firenze.
    Risiede il Castello nel risalto di un poggio che scende a ostro dall'Appennino di Monte piano fra le sorgenti più settentrionali del Bisenzio, mentre la chiesa parrocchiale di S. Quirico a
    Vernio è situata sotto il Castello presso la confluenza dei due Bisenzi mezzo miglio toscano a settentrione del borgo di Mercalale di Vernio, e un miglio a settentrione-greco della pieve di S. Ippolito, dal volgo appellato S. Poto di Vernio.
    Trovasi il Castello fra il grado 44° 3' 5" lalitudine ed il grado 28° 19' longitudine, intorno a 14 miglia toscane a settentrione di Prato, 24 a maestrale di Firenze, 18 a grecale di Pistoja, e 8 a ponente maestrale di Barberino di Mugello.
    Della dinastia de' conti Alberti estinta nel secolo XVI, e perciò da non confondersi con quella de' conti Alberti di Firenze, fu detto abbastanza agli Articoli CAPRAJA, MANGONA e PRATO, dove vennero indicale fino dal secolo XI memorie relative a quei dinasti. Qui
    incombe rammentare prima di tutto un testamento rogato nel palazzo baronale di Vernio sotto di 4 gennajo del 1250 (stile comune) dal conte Alberto figlio di un altro conte Alberto signore di Vernio e della contessa Tabernaria; col quale testamento dopo varj legati e dopo avere assegnato la dote alle sue figlie, quel conte dichiarò la propria consorte donna Gualdrada usufruttuaria del castello e corte
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    di Vernio, ed istituì suoi eredi universali due dei Ire figli suoi, cioè, Guglielmo ed Alessandro con i loro discendenti legittimi, lasciando al terzo figlio Napoleone la sola decima parte della patrimoniale eredità.
    Era cotesto conte Alberto nato dal secondo matrimonio contralto dal di lui padre C. Alberto il vecchio con la contessa Tabernaria, del quale all’
    Articolo MANGONA citai il testamento scritto nel 1212 nel suo palazzo di Mangona, il quale vecchio C. Alberto raccomandò il figlio alla tutela dei consoli di Firenze, nell'alto che lo dichiarava erede di tutti i feudi e beni che possedeva fra l'Arno e l'Appennino, mentre ai figliuoli del primo letto, CC. Maghinardo e Rainaldo, nati dalla contessa Emilia, aveva destinato i feudi e beni posti sul lato sinistro dell'Arno fino in Maremma. – Vedere MANGONA, E MONTE ROTONDO in Val di Cornia.
    Quindi a me sembra, che il conte Alberto autore del testamento del 1212 dovesse essere quello stesso conte Alberti nato da un altro C. Alberto seniore e nipote di un terzo L. Alberto, che era ancora fanciullo quando l'Imperatore Federigo I, nel 1164 lo prese sotto la sua protezione, rinnovando a favor suo l' investitura dei feudi dei quali erano stati privati il di lui padre ed avo.
    La storia non da a conoscere il motivo di tali privazioni feudali, se pure non fu quello di essersi quei vecchi conti riconosciuti feudatarj della Chiesa, dopo che la gran contessa Matilde ebbe donato alcuni paesi della montagna pistojese e bolognese alla S. Sede, dalla quale poco dopo vennero conceduti in feudo al conte Alberto seniore i castelli, uomini e distretti di
    Mandorla, Treppio, Torri, Fossato, e Monticelli, con l'onere dell' annuo censo di un astorre e di due bracchi. – (SAVIOLI, Annal. Bologn.)
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    Vedere FOSSATO E TREPPIO DI CANTAGALLO ecc.
    All’Articolo CERBAJA in Val di Bisenzio fu aggiunto; che se Dante pose nel suo Inferno (Canto XXXII) i due fratelli CC. Napoleone e Alessandro figli del C. Alberto nato da altro C. Alberto, dové conoscere la causa del fratricidio, derivata da discordie domestichi per cagione di eredità, siccome la conobbe il suo commentatore Benvenuto da Imola. Alla qual notizia può servire di corredo l'altra dataci da uno storico fiorentino allora vivente. Io parlo di Ricordano Malespini, il quale scriveva, che l'oste fiorentina nell'anno 1259 si recò sotto il castel di Vernio de' conti Alberti e quello per assedio ebbe: quindi dall' oste medesima fu preso il castel di Mangona. E poco sotto lo stesso A. aggiungeva, qualmente la cagione di ciò fu, perché il conte Alessandro dei conti Alberti (che di ragione n’ era signore) essendo ancora piccolo garzone, sotto la tutela del Comune di Firenze, il collie Napoleone suo consorto (anzi fratello e ghibellino gli tolse le dei le castella,e guerreggiava contro i Fiorentini, dai quali per lo modo dello furono quelle castella riconquistate, e quindi il C. Alessandro ne venia rinvestito. Al che si aggiunga un documento del 22 aprile 1273, col quale il conte medesimo ordinò, che se i suoi due figli, Nerone ed Alberto, (ossero mancati senza figli e successori maschi, egli chiamava all’eredità de' castelli di Verino, Mangona e Montaguto di Val di Bisenzio il Comune di Firenze. – (ARCH. DIPL. SAN. – RICORDANO MALESPINI, Stor. Fior. Cap. 160.)
    Che però la successione del conte Alessandro non si estinguesse nei due figliuoli leste nominati lo dichiara fra gli altri una membrana archetipo del 17 dicembre 1296 scritta in Bologna da Odilo del fu Benincasa notaro fiorentino riguardante diversi capitoli fra il
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    Comune di Bologna ed il conte Alberto del fu conte Alessandro di Mangona rispetto al castello e fortezza dì Bari gazza. – (ARCH. DIPLOM. SAN. T. XIV. delle Pergamene N.° 1204).
    Citerò inoltre un allo di quietanza del dì 11 novembre 1346 esistente nell'
    Arch. Dipl. Fior. fra le carte degli spedali di Prato scritto nel villaggio di Migliano in Val di Bi senzio da donna Margherita moglie di Contino del fu conte Nerone dei conti Alberti di Mangona a favore di Cino del fu Todesco, il quale aveva pagato alla donna medesima il fitto di un podere.
    Avvertasi però che quel
    Contino figlio del conte Nerone, e conseguentemente fratello di donna Margherita erede della contea di Vernio, era stato condannato dalla Signoria di Firenze con sentenza del 14 ottobre 1321 e di nuovo nel 24 settembre del 1328 come ribelle e fuoruscito.
    A quell’ epoca medesima pertanto dominava in Vernio donna Margherita sorella di
    Contino e figlia del conte Nerone maritata al nobile messer Benuccio Salimbeni di Siena, quando cioè il Castello di Mangona col suo distretto fu venduto alla Repubblica Fiorentina da Spinello bastardo e nipote del conte Alberto nato dal C. Alessandro degli Alberti, dopo avere egli ucciso a tradimento (si crede col consenso della contessa Margherita di lui parente) nella sua camera in Mangona (lì 19 agosto 1325) il conte Alberto suo zio, quello stesso del 1296 di sopra citato. – GIO. VILLANI, Cronic. Lib. IX Cap. 313. In conferma del qual vero la Signoria di Firenze coti provvisione del 14 settembre 1325 destino gli ufficiali per recarsi a prendere possesso del castello di Stangona e di quelli di Migliarii, di Casaglia e di Monte Vivagni con le
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    loro corti, distretti e contadi compresi nel piviere di S. Gavino Adimari, e di ricevere dagli abitanti il giuramento di ubbidienza con la dichiarazione ch' essi tutti erano stati vassalli dei conti Alberti di Mangona.
    All’Articolo MANGONA fu poi aggiunto, qualmente in vigore di altra provvisione del 26 febbrajo 1128 (stile comune) fu consegnato al dello Benuccio Salimbeni ed alla sua consorte donna Margherita figlia del fu conte Nerone di gli Alberti anco il castello col contado di Mangona; la qual consegna venne eseguita nel 28 aprile dell'anno medesimo. Ivi inoltre fu aggiunto, qualmente pochi anni dopo il 1328, il Castello di Mangona come quello di Vernio con i respettivi contadi furono venduti a mess. Andrea di Gualle-rollo dei Bardi di Firenze.
    Imperocché nel 1332 la contessa Margherita essendo restata vedova di Benuccio Salimbeni, stando nel Castello di Santa Fiora insieme con due suoi figli (Nerone e Niccoluccio) vendé a Palla d' Jacopo Strozzi ed a Chiavello di Boninsegna Machiavelli la signoria di Vernio per 12000 fiorini d'oro; i quali due cittadini fiorentini dissero di comprare per terza persona da nominarsi, e questa fu mess. Andrea di Guallerotto de' Bardi, cui venne consegnato cotesto feudo nel 1335. Sennonché Andrea de' Bardi per causa di ribellione nel 1340 fu assediato in Vernio e quindi spogliato della contea dal Comune di Firenze, mentre l'anno appresso la riebbe nel 15 genajo del 1341 sborsando il prezzo di 7750 fiorini d'oro, per il Castello e contea di Mangona e 4960 fiorini per il Castello e contea di Vernio. Il qual distretto di Vernio dalla parie di settentrione confinava con le comunità bolognesi di
    Barigazza, di Castiglion de' Gatti, e di Bargi, state feudi dei conti Alberti, dal lato di levante con la contea di Mangona,
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    allora del Comune di Firenze; dirimpetto a ostro con la Comunità di Prato, e di faccia a libeccio e ponente con la Comunità di Cantagallo.
    In conseguenza di questi e di molti altri fatti il dotto economista Pagnini ebbe a formalizzarsi nel sentire sostenere come indipendente dalla Corona granducale di Toscana il feudo di Vernio, quando sullo stesso argomento nel 1788 scriveva il Prof. avv. Migliorotto Maccioni.
    Non bisogna ommettere peraltro, che il conte Piero Bardi fratello di Andrea e figlio pur esso di Gualterotto non molto dopo di avere il fratello di lui riacquistato la contea, fu dal Comune di Firenze, messo in possesso di quella per deliberazione della Repubblica fiorentina del 1343. – Giova eziando alla storia di questo luogo un decreto del 10 dicembre 1342 emanato in Firenze sotto il Duca d'Atene, nel quale si narra: che vertendo molte controversie fra un conte Fazio di Alberto de' conti di Mangona fedele della Repubblica Fiorentina da una parte, ed il conte Piero di Guallerotto de' Bardi dall' altra parte, rispetto alla giurisdizione sul Castello e distretto di Vernio, il Duca d'Atene commise l'esame e la decisione di quella causa ad alcuni giudici, a condizione di doverne proferire la sentenza davanti lo stesso principe.
    Arroge a ciò, qualmente dopo la cacciata del Duca d'Atene (26 luglio 1343 essendo ricorso alla Signoria di Firenze il conte Fazio figlio che fu di un conte Alberto di Monte Carelli, perché il Comune di Vernio riteneva nelle carceri di quel castello nove persone de' suoi fedeli, la Signoria predetta, con lettere del 7 e del 29 settembre dello stesso anno, esortava gli uomini del Comune di Vernio a voler rilasciare liberamente quei carcerali, e nello stesso tempo scriveva al conte Piero de' Bardi per avvertirlo di rimettere nel grado in cui era la fortezza di
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    Monte Lucianese (Luciano.) che possedeva in comune con i conti di Monte Carelli riconosciuti signori del poggio di Montagnana nel popolo di Cavorzano.
    L’ anno medesimo 1343, a mediazione di Bartoldo de' Guazzalotti di Prato la Signoria di Firenze concedè licenza al conte Piero Bardi di poter andare a dimorare con la sua famiglia nelle parti di Vernio, a condizione di starvi ad ogni buon piacere della repubblica. Inoltre nell' anno susseguente la stessa Signoria invitò il conte Piero Bardi a mettere in ordine la campana della fortezza di Vernio, perché non essendo essa compresa nella cessione che il Comune di Firenze aveva fallo di quella rocca, intendeva di farla condurre a Firenze. Aggiungasi un decreto del 17 agosto 1351 diretto dalla Signoria ai figli del conte Piero Bardi, cui ordinava di risarcire e mettere in grado di difesa la rocca di Vernio per motivo della guerra sopravvenuta con Giovanni Visconti arcivescovo di Milano, sul dubbio che i nemici non scendessero da quella parte ad attaccare la città di Pistoja.
    E perché il Comune di Firenze fu avvertito, che i figliuoli del conte Piero Bardi avevano guastata la strada per la quale dal territorio fiorentino si entrava nella loro contea, i reggitori della Repubblica con lettera del 30 gennajo 1312
    (stile comune) ordinarono loro di rimetterla nel primiero stato.
    Non dirò come poi per istrumento del 22 maggio 1361 la repubblica fiorentina ricevesse in accomandigia il conte
    Pazzino fratello del C. Niccolo, nati da Aghinolfo di Orso di Napoleone de' CC. Alberti, poiché ne fu parlalo all’ Articolo MONTAGUTO in Val di Bisenzio.
    Frallanto i conti Bardi si andavano assicurando il dominio feudale di Vernio tostochè tentarono di collegare il diploma di Federigo I, concesso nel 1164 al conte Alberto, con
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    quelli degl'Imperatori Carlo IV e di Leopoldo I, l'ultimo de' quali fu rinnovato ai conti Bardi nel 1697. Di tutti quei diplomi i Bardi si giovarono quando reclamarono nel 1778 presso la corte Cesarea i loro diritti feudali sul territorio di Vernio, diritti che sostennero indipendenti dal Granducato; mentre a difesa della Corona granducale, il chiar. giureconsulto Prof. Migliorotto Maccioni scriveva perché fosse abolita una sentenza del consiglio Aulico del 16 ottobre 1787, siccome leggesi in un'opera pubblicata in Firenze nel 1788.
    Motivò quella difesa contro la sentenza che dichiarava i conti Bardi non solo vicarj imperiali nel feudo di Vernio, ma ancora rispetto ai beni lasciati dal testamento del conte Ridolfo de' Bardi, scritto lì 17 febbrajo 1693, in favore di una compagnia secolare di S. Niccolo da Bari eretta in Vernio, beni che restituiva ai loro successori ed eredi.
    Con tutto ciò i reclami del Grauduca di Toscana non ebbero effetto, ed i conti Bardi si ritennero il feudo di Vernio, finché esso nell'anno 1797 venne soppresso dai Francesi che.lo riunirono alla repubblica Cisalpina, e nel 1811 al dipartimento dell'Arno. Dopo di che i suoi antichi feudatarj non poterono continuare ad esigere l'impugnato diritto che avevano sulle
    rendite, fìtti, livelli, responsioni, ossia mercedi state per più secoli percette da quei vassalli.
    Ritornato però alla sua sede il Granduca Ferdinando III, si promosse, fra. i conti Bardi da una parte e la Comunità e compagnia di S. Niccolo da Bari eretta in Vernio dall'altra parte una causa celebre nel foro toscano per la materia alla quale apparteneva, clamorosa per l'impegno de' litiganti e per lo zelo di dottissimi difensori, e finalmente grave per l’
    importanza del soggetto in disputa portato in terzo giudizio davanti a tre sapientissimi giurisperiti dal Granduca con dispaccio del 12 maggio 1821
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    a ciò delegati; i quali giudici nella sentenza che proferirono lì 12 giugno 1822 conservarono a favore de' conti Bardi e dei Guicciardini ogni diritto livellano dipendente dal dominio diretto, fundario, allodiale e onninamente privato.
    Dopo il trattato del 1814, mercé del quale il territorio di cotesta ex-contea fu riunito al Granducato di Toscana, costituendola in corpo di Comunità con residenza di un podestà, il quale ha il pretorio nel sottostante borgo di Mercatale, dipendente nel politico e nel criminale dal Vicario R. di Prato.

    MOVIMENTO della Popolazione della Cura di S. Quirico al CASTEL DI VERNIO a tre epoche diverse, divisa per famiglie (1).

    ANNO 1833: Impuberi maschi 200; femmine 179; adulti maschi 149, femmine 135; coniugati dei due sessi 380; ecclesiastici dei due sessi 3; numero delle famiglie 193; totale della popolazione 1046.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 209; femmine 203; adulti maschi 190, femmine 194; coniugati dei due sessi 398; ecclesiastici dei due sessi 6; numero delle famiglie 200; totale della popolazione 1200.
    ANNO 1843: Impuberi maschi 180; femmine 184; adulti maschi 215, femmine 150; coniugati dei due sessi 412; ecclesiastici dei due sessi 5; numero delle famiglie 196; totale della popolazione 1146.

    (1)
    Mancano le prime due epoche solite quando Vernio era feudo imperiale.

    Comunità di Vernio. –
    Il territorio di questa Comunità occupa una superficie di 16719 quadrato 745 dei quali sono presi da corsi d' acqua e da pubbliche strade.
    Nel 1833 vi abitavano 3617 persone, a proporzione di circa 190 individui per ogni miglio quadrato di suolo imponibile.
    Confina dirimpetto a settentrione con le Comunità di Bargi, di Castiglion de' Gatti e di Barigazza dello Stato Pontificio, e per il lato di levante sino a ostro con la Comunità di Barberino di Mugello, mentre da libeccio fino a maestrale ha di
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    fronte la Comunità di Cantagallo, entrambe del Granducato.
    Si tocca con il territorio di Barberino di Mugello a partire dal giogo dell'Appennino presso le sorgenti del rio delle
    Coltete che si vuota nel torrente Biscia, e precisamente dal segnale di Tavianella, di dove scende nella direzione di libeccio passando per il termine di Colle Basso, fino a che per via di fossetti entra nel fosso del Fondatojo.
    Costì trova la strada di Montepiano, colla quale continua a scendere dall' Appennino cambiando direzione da libeccio a ostro scirocco, finché, passata l'incrociatura della strada pedonale della Torricella e di Celle, percorre il crine di Montetiglioli, sulla cui pendice meridionale trova il fosso di Macciano che lo accompagna nel torrente Torbola. A cotesta confluenza il territorio di Vernio si dirige con il Torbola a ponente nella fiumana del Bisenzio, il cui corso seconda nella direzione di libeccio lungo le falde del poggio di S. Ippolito, e della strada provinciale che viene da Prato.
    Alla confluenza del fosso di
    Confine, che sbocca alla destra nel Bisenzio, sottentra il territorio di Cantagallo, col quale l'altro rimonta nella direzione di ponente il poggio di S. Ippolito, a settentrione di Gricigliana per attraversare la strada comunitativa pedonale di Mercatale ed avviarsi col rio di S. Quirichello nel Bisenzio di Cantagillo. Mediante cotesta fiumana riscende nella direzione di grecale fino alla confluenza del Carigiola; il quale ultimo torrente rimonta per circa 4 miglia toscane nella direzione di settentrione fino sopra te sue sorgenti salendo nella sommità dell'Appennino, dove sottentra di faccia a settentrione la Comunità bolognese di Bargi.
    Fra i maggiori corsi d'acqua, oltre i due
    Bisensi, cioè quello che scende dal Castello di Vernio e
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    l'altro da Cantagallo, può annoverarsi il torrente Carigiola.
    Niuna delle montuosità di questo territorio è stata trigonometricamente misurala onde dedurre con qualche sicurezza l'altezza di quella giogana. Però uni delle prominenze maggiori di questa sezione dell' Appennino è quella del Monte Casciajo che si alza a maestro delle praterie di Monte Piano, doviziosa di piante officinali alpine, che ivi vegetano fra le faggete, mentre nei contorni della Badia di Montepiano incominciano a trovarsi gigantesche piante di castagni.
    Fra le strade maestre vi è quella provinciale di Vernio, carrettabile fino a Mercatale, mulattiera per il resto della montagna, la quale sale a Monte-Piano
    , piccolo borgo con dogana di confine di terza classe instituitata con legge del 25 ottobre 1814 insieme all'altra sua subalterna di Cavarsano, e ciò all'occasione che fu soppressa la dogana feudale di Usella, ecc. – Vedere l’Articolo DOGANE DI FRONTIERA.
    Con la legge del
    1 agosto i838 furono riuniti alla potesleria di Vernio i popoli di Fossato, Migliami e Usella.
    La cancelleria Comunitativa, l'ingegnere di Circondario e l'ufizio di esazione del Registro sono in Prato. La conservazione delle Ipoteche ed il tribunale di Prima istanza si trovano in Firenze.

    QUADRO della Popolazione della COMUNITA’ di VERNIO a tre epoche diverse
    (1).

    - nome del luogo: (
    ERRATA: Cavorzano) Cavarzano, titolo della chiesa: S. Pietro (Cura), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 720, abitanti anno 1840 n° 807, abitanti anno 1843 n° 762
    - nome del luogo: S. Poto a Vernio, titolo della chiesa: S. Ippolito (Pieve), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 268, abitanti anno 1840 n° 516, abitanti anno 1843 n° 503
    - nome del luogo: Mercatale di Vernio, titolo della chiesa: S. Antonio (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 291, abitanti
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    anno 1840 n° 318, abitanti anno 1843 n° 345
    - nome del luogo: Montepiano, titolo della chiesa: S. Maria (già Badia), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 605, abitanti anno 1840 n° 734, abitanti anno 1843 n° 762
    - nome del luogo: Poggiole con Luiciana, titolo della chiesa: S. Michele (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 486, abitanti anno 1840 n° 496, abitanti anno 1843 n° 508
    - nome del luogo: VERNIO
    castello, titolo della chiesa: SS. Leonardo e Quirico (Rettoria), diocesi cui appartiene: Pistoja, abitanti anno 1833 n° 1046, abitanti anno 1840 n° 1200, abitanti anno 1843 n° 1146

    - Totale abitanti anno 1833: n° 3617
    - Totale abitanti anno 1840: n° 4019
    - Totale abitanti anno 1843: n° 3998

    (1)
    Mancano le prime due epoche quando Vernio era feudo imperiale.

    VERNIO Comunità. – In fine si aggiunga. – Nel 1833 la Comunità di Vernio noverava 3617 Abitanti e nel 1845 ne aveva 4127, cioè:

    Cavarzano
    Abitanti N° 789
    S. Ippolito, o S. Poto,
    Abitanti N° 525
    Mercatale (di Vernio),
    Abitanti N° 348
    Monte Piano,
    Abitanti N° 740
    Poggiole,
    Abitanti N° 513
    S. QUIRICO A VERNIO,
    Abitanti N° 1212
    TOTALE
    Abitanti 4127
Localizzazione
ID: 4339
N. scheda: 53910
Volume: 5; 6S
Pagina: 696 - 700; 268
Riferimenti: 53911, 53912
Toponimo IGM: Vernio, La Rocca - S. Quirico
Comune: VERNIO
Provincia: PO
Quadrante IGM: 098-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1672843, 4880415
WGS 1984: 11.15873, 44.05809
UTM (32N): 672906, 4880590
Denominazione: Vernio
Popolo: SS. Leonardo e Quirico a Vernio
Piviere: S. Ippolito a S. Poto a Vernio
Comunità: Vernio
Giurisdizione: Vernio
Diocesi: Pistoja
Compartimento: Firenze
Stato: Granducato di Toscana
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