REPETTI ON-LINE

Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

cerca... .

Pian Castagnajo, Piano - Cave di Marmi

 

(Piancastagnaio)

  •   pag. 1 di 27
    PIAN CASTAGNAJO denominato anche semplicemente PIANO, nella Valle della Paglia. – Terra murata, già Castello e capoluogo di un feudo granducale siccome ora lo è di Comunità nella Giurisdizione dell'Abbadia S. Salvatore con chiesa arcipretura (S. Maria Assunta) nella Diocesi di Sovana, Compartimento di Siena.
    Posa Pian
    Castagnajo sopra una congerie di massi immensi di peperino (trachite) in linea quasi parallela alle lave basaltiche che cuoprono la cima del monte di Radicofani, vale a dire circa 1350 braccia sopra il livello del mare Mediterraneo quasi nel centro della gran terrazza meridionale che gira intorno a mezza costa del Monte Amiata, 3 miglia toscane circa a settentrione grecale delle scaturigini del torrente Senna, fra il gr. 29 21' 3" longitudine, e il 44 51' 2" latitudine.
    Dista appena miglia toscane 2 e 1/2 a ostro dell'Abbadia S. Salvadore, 6 miglia toscane a levante di S. Fiora; 10 a levante scirocco di Arcidosso, e 12 miglia toscane a scirocco di Castel del Piano, terre situate a mezza via intorno al Monte Amiata.
    Se vi è nome che abbia una etimologia ragionata è senza dubbio quello dato al castel di Pian Castagnajo, poichè la parte superiore dove esiste l'antico castello risiede sull'estremo lembo del pianoro che serve di limite tra il terreno stratiforme dell'Appennino e le masse trachitiche cristalline del Mont'Amiata; nel quale pianoro, specialmente dalla parte di Pian Castagnajo, veggonsi i più maestosi castagni di questa montagna, e dirò anche della Toscana. – Dissi l'antico castello situato in piano, poichè questo solo e sull'orlo del pianoro a capo di un ampia Strada pianeggiante che viene dalla chiesa della Madonna di S. Pietro posta sul trivio che a ostro guida alla Terra di Santa Fiora, a settentrione porta a quella dell’Abbadia S Salvadore, e a levante al Pian Castagnajo. Ma le case
  •    pag. 2 di 27
    di quest'ultimo paese sono quasi tutte edificate sul declive della piaggia orientale che dalla rocca pittoresca posta sul suo lembo incomincia a scendere verso la valle della Paglia.
    Pian Castagnajo è designato comunemente dagli abitanti e dalle scritture col solo nome generico di
    Piano, sotto il qual vocabolo trovasi pur anco rammentato nelle membrane della già insigne abbadia di S. Salvatore del Monte Amiata.
    Tale é un istrumento fatto in Chiusi li (
    ERRATA: 27 aprile) 27 agosto dell'890, ossia nell'anno secondo del regno di Guido in Italia, nel quale si tratta di una conferma di livello che Pietro abate del Mon. suddetto, previo il compenso dei suoi monaci, fece a favore di Lamprando figlio del fu Ildone, livello che consisteva in case e terre poste nel Casal Piano, in luogo appellato Cajo Moristaldo, oltre un pezzo di terra nel distretto di Casal Piano posto a confine col territorio di S. Fiora, e la metà di un mulino situato in luogo detto Comolo con la casa e terreno annesso, il tutto per il canone annuo di cinque vomeri, (specie di quattrino) della valuta di 4 denari l'uno di moneta romana. – (Arch. Dipl.. Fior. loc. cit.)
    Tale è un altro istrumento rogato pure in Chiusi il 21 settembre del 915 anno quinto dell'impero di Berengario, col quale lo stesso abate Pietro confermò a Tionizo figlio del fu Leone il livello di una casa massarizia o podere, posta nel Casal Piano in luogo chiamato
    Pietra Cabula, oltre un castagneto situato nel Casal di Lamule per l'annua pensione di ferramenta nove da recarsi nel mese di dicembre alla badia amiatina.
    Tale è un contratto scritto egualmente in Chiusi li 16 settembre del 927 col quale Erimfrido Abate della badia predetta confermò a Maimberto figlio di
  •    pag. 3 di 27
    Boniperga e a Boperga figlia di Ausolcari una casa e sorte situata nel Casal Piano, e una corticella posta nel Casale di Montacuto in luogo appellato sotto ripa per l'annua pensione di due denari d'argento.
    Quasi due secoli dopo compariscono in Pian Castagnajo i conti Aldobrandeschi quando questi rinunziarono a favore della badia amiatina il giuspadronato della chiesa di S Martino, posta nella Villa di Piano, ossia nel suo territorio.
    Giova a dimostrar ciò un'altra membrana della badia di sopra nominata, che si citò all'Articolo
    MAGLIANO, dove essa fu scritta nel 27 marzo 1108 un istrumento col quale la contessa Adelasia figlia che fu de: C. Ranieri di Ugo da Siscano, rimasta vedova del C Ranieri Malebranca della casa Aldobrandesca, col consenso dei CC. Malagaglia e Ildebrandino suoi figli, dopo aver ricevuto lire 145 da Gherardo abate del Mon. del Mont'Amiata promise di non muovergli questione sul possesso della villa di Albineta e sue pertinenze, eccettuando però la pensione ivi assegnata alla Badia di Spugna. Parimente la contessa medesima ed i figli prenominali promisero all'abate stesso di non contendergli la metà del possesso di Castel Marino e sua corte, la metà del Castel Buceno, il padronato delle chiese di S. Martino nella Villa di Piano, e di S. Vittoria di Stablo (forse di Monte Laterone).
    Ma questo
    Casale o Villa di Piano la trovo indicata, forse per la prima volta, sotto il vocabolo di Pian Castagnajo in un istrumento della provenienza medesima in data del 2 luglio 1212 rogato dal notaro Leonardo di Giovanni da Pian Castagnajo, il quale scriveva il rogito nel claustro della badia di S Salvatore.
    Quindi l'Ughelli nella sua ltalia sacra, in
    Episc. Soanens.) riporta una carta del
  •    pag. 4 di 27
    2 settembre 1227 copiata dall'originale tra quelle del convento de'Frati Minori di Pian Castagnajo, relativa alla consagrazione della chiesa di S Bartolommeo al Pian Castagnajo fatta da Galerino vescovo di Sovana.
    Quindi essendo nata vertenza tra l'abate e monaci del Mont'Amiata da una parte e il vescovo di Sovana ed altri chierici delle diocesi di Sovana e di Chiusi dall'altra parte a cagione che questi ultimi avevano fabbricato una cappella nel distretto della parrocchia di S. Maria di Pian Castagnajo, i monaci essendo ricorsi al Pont. Gregorio IX questi delegò a tal uopo due canonici di Siena in giudici; i quali nel 22 agosto di detto anno inviarono lettere citatorie, affinchè le parti nel termine di tre giorni comparissero in Siena a produrre le loro ragioni.
    Per effetto di ciò, sotto di 9 febbrajo del 1233, fu rogato un compromesso fatto nella chiesa di S. Maria di Pian Castagnajo nelle persane di maestro Vitale pievano della pieve di Proceno, e di Fr. Alberto sottopriore della badia di S. Galgano ad oggetto di terminare le controversie fra Galerino vescovo di Sovana da una e Ranieri abale del mon. amiatino dall'altra parte per conto dei diritti che entrambi pretendevano sulle chiese di
    S. Maria di Pian Castagnajo, di S. Pietro in Castagneto, della Chiesa nuova nel Borgo di Piano e delle decime e proventi dovuti dai popolani a quelle mire.
    Che poi la chiesa di
    S. Pietro in Castagneto fosse nel distretto del Pian Castagnajo, anche quando questo paese era stato ridotto a castello con mura e porta d'ingresso, lo dichiara un istrumento della stessa provenienza scritto sotto li 8 giugno del 1233 in Castagneto fuori la Porte di Pian Gastagnajo. Ma le prove maggiori che alla suddetta epoca i monaci della badia amiatina avessero
  •    pag. 5 di 27
    giurisdizione e signoria costà si deducono dai documenti seguenti: 1 da un atto rogato nel Castel di Pian Castagnajo, col quale don Manfredi abate del Mon. amiatino fa inibizione di continuare la fabbrica di una chiesa nuova che s'innalzava nel Castel di Pian Castagnajo in luogo detto la Rocca, e ciò in pregiudizio de'privilegii della sua badia; 2 da una lettera del 27 agosto 1244 inviata dall'Imperatore Federigo II a Pandolfo di Fasianella suo capitano generale in Toscana, a cui ordinava di far citare i Visconti , di Campiglia e gli Aldobrandeschi conti di Sovana come usurpatori di Monte Nero e di Pian Castagnajo contro i diritti della badia e de'monaci del Mont'Amiata, comandando a que'signori di comparire dentro il termine di giorni 60 nella corte imperiale per rispondere giuridicamente agli obbietti, ed esporvi le ragioni che potessero avere contro il Mon. amiatino.
    In questo frattempo i monaci di detta badia, vigente sempre la lite contro i due fratelli Visconti di Campiglia, con partito del 18 aprile dell'anno 1245 fatto nel parlatorio della badia più volte no minata, deliberano di creare un debito di lire cento per pagarne 76 alla corte imperiale in prezzo del tributo feudale del Castello di Pian Castagnajo, e supplire col restante a urgenti spese.
    Qnindi con altre lettere commissionali dell'Imperatore Federico II presentate in Casole dall’abate Manfredi della badia amiatina a maestro Filippo da Brindisi giudice per Pandolfo da Fasianella capitan generale dell'Imperatore in Toscana, si ordinava di esaminare i testimoni sopra diversi articoli riguandanti le ragioni di dominio della badia di S.
    Salvadore sul castello di Pian Castagnajo e sue adiacenze.
    Finalmente con sentenza data in Teramo del regno di Napoli nel marzo 1247 i giudici imperiali condannano Federigo e Pepone fratelli e figli del fu Jacopo de’Visconti di Campiglia cittadini
  •    pag. 6 di 27
    sanesi alla recostruzione del castello di Pian Castagnajo e suo distretto, da farsi alla badia del Monte Amiata, oltre una penale di lire 140 mon. pisana.
    Ma i Visconti di Campiglia non si acquetarono a tal sentenza, poiché si appellarono a un tribunale di seconda istanza. Ciò lo dichiara una lettera del giudice imperiale Amico da Sulmona del 25 marzo 1248 scritta al notaro della corte imperiale in San.Quirico a cui a nome dell’Imp Federigo II ordina di citare i fratelli Pepone e Federigo cittadini sanesi, acciò dentro il termine di giorni 30 essi compariscono alla curia imperiale per la causa di appello vigente col Mon. del Mont'Amiata a motivo del
    Cast. di Pian Castagnajo. – Rogò quest'atto pubblico ser Adamo da Sulmona notaro.
    Infatti la sentenza in seconda istanza fu pronunziata, benché senza effetto, pochi mesi dopo in favore dei monaci amiatini contro i Visconti di Campiglia, i quali furano dichiarati e confermati feudatari di quell'abate.
    Lo che resta dimostrato da una lettera dell'Imperatore Federigo II diretta da Fucecchio li 20 aprile 1249 a Ticcio da Colle vicario imperiale nel contado sanese, cui ordina di far citare Jacopo Baroncelli come procuratore dei fratelli Federico e Pepone Visconti cittadini sanesi, per essersi questi ultimi appellati della prima sentenza, dopo della quale i Visconti erano stati condannati alla restituzione del Cast. di Pian Castagnajo e sue appartenenze da farsi al monastero del Mont'Amiata.
    In conseguenza di ciò nel di 9 maggio dell'anno 1249 don Manfredi abate del Mon predetto stando presso lo spedale del Vivo nel distretto di San Quirico promise a nome della badia di S. Salvadore e del suo capitolo di conceder ai fratelli Federigo e Pepone figli d'Jacopo Visconti cittadini senesi a titolo di feudo il castel di Pian Castagnajo con la sua curia, giurisdizione e distretto, della qual rinnovazione
  •    pag. 7 di 27
    di feudo doveva stipularsi l'istrumento a forma della sentenza data nella curia imperiale degli articoli e convenzioni in quella contenuti.
    Ma che dopo due sentenze contrarie, i Visconti di Campiglia a un tale accordo non devenissero, lo dice chiaro l'atto pubblico fatto nel 23 luglio del 1249, quando lo stesso abate amiatino presentò al vicario imperiale del contado senese residente allora nel cassero di San. Quirico lettere dell'Imperatore Federigo II, con le quali si ordinava l'esecuzione della sentenza pronunziata contro i due fratelli Visconti sopra la restituzione di Pian Castagnajo non ostante il loro appello, e ciò per causa di contumacia.
    A questa nuova minaccia sembra che i Visconti di Campiglia cedessero, e si riconoscessero feudatarj dell'abate amiatino per il Cast. di
    Pian Castagnajo. Il qual vero si scuopre in un atto pubblico del 20 agosto 1250, fatto in Viterbo nel palazzo di S. Lorenzo, col quale don Manfredi abete del Mon. del Mont'Amiata, stando alla presenza di un notaro e di vari testimoni protestò che il suo monastero aveva dato in subfeudo il castel di Pian Castagnajo col suo distretto di fratelli Federigo e Pepone di Campiglia, e che quel Cast. alla detta badia era stato concesso in feudo dall'Imperatore Federico II. In conseguenza di che tanto i Visconti di Campiglia, come gli uomini e abitanti di Pian Castagnajo non erano tenuti di giurar fedeltà all'Imperatore, ma bensì all'abate e Mon. prenominato.
    Nell'anno successivo 1251, nel giorno 18 aprile, l'abate Manfredi a nome del Mon. amiatino, come patrono, diede l’investitura al prete Rainaldo di Pian. Castagnajo della chiesa di S. Pietro di detto castello, accordandogli nel tempo stesso in benefizio la metà della chiesa di S. Maria posta essa pure nel distretto di Piano, in luogo ora detto la Madonna di S Pietro, delle quali due chiese riunite
  •    pag. 8 di 27
    fu conceduta al prete medesimo anco l’amministrazione temporale dei loro beni.
    Arroge a ciò un istrumento del 4 luglio 1276, il cui originale con tutti gli altri qui sopracitati esiste nell'Arch Dipl. Fior. fra le pergamene della badia del Mont'Amiata; istrumento il quale si raggira sopra alcuni patti e condizioni stabilite tra il vescovo di Sovana ed i monaci dell'Abbadia S. Salvadore all’occasione della traslazione fatta del battistero dalla pieve di S. Benedetto della diocesi di Sovana nel castello di Pian Castagnajo, in guisa che i diritti su quel battistero dovevano esser comuni fra il vescovo ed i monaci amiatini rispetto all'elezione de’pievani e alle loro propine.
    Sino a quella età gli abitanti di Pian Castagnajo erano stati sottoposti nel politico al governo della Rep. di Orvieto, mentre per la parte civile il paese medesimo era stato ora sotto i CC. Aldobrandeschi, ora sotto i monaci del Mont'Amiata, e talvolta a questi tolto o dai monaci ceduto in subfeudo ai Visconti di Campiglia.
    Del qual ultimo fatto si sono teste esibite prove autentiche incotrastabili.
    Rispetto poi al dominio dei conti Aldobrandeschi sopra Pian Castagnajo citerò l'istrumento di divise stabilito fra la consorteria de'CC. di Sovana da una parte e quella de'CC. di Santa Fiora dall'altra parte. A conferma di tal fatto citerò un partito capitolare nel 13 maggio 1284 deliberato dai monaci dell'Abbadia di S. Salvadore, che costituirono don Pietro loro abate in rappresentante del capitolo affinchè dimostrasse al potestà e consiglio del Comune di Orvieto nel Patto di sottoporsi alla protezione e difesa di quella repubblica i diritti che aveva il loro Mon. sul castel di Pian Castagnajo.
    Ma in questo frattempo il castello medesimo venne assalito arbitrariamente e ritenuto dai conti Aldobrandeschi di Sovana, siccome apparisce dagli annali de’Frati Minori del Wadingo, che riporta all'anno 1278 la fondazione della chiesa nuova di S.
  •    pag. 9 di 27
    Bartolommeo, e all'arme de'conti di Pitigliano patroni della medesima e del convento de Frati Minori traslatato più d'appresso al castello dal luogo vecchio di S. Bartolommeo che era circa due miglia lungi da Pian Castagnajo. – Lo dichiara il contratto di divisione del di 11 dic 1272 cui assistè Fra David vescovo di Sovana, nel quale si dice che a Ildebrandino di Guglielmo C. di Sovana e Pitigliano fra gli altri paesi toccò di parte Pian Castagnajo. Il qual conte di Sovana essendo morto nel mese di maggio del 1284 lasciò sua erede universale la contessa Margherita unica figlia ed ultima discendente di quella linea Aldobrandesca, la quale vivente il padre si era maritata al C. Guido di Monteforte.
    Ma che i conti di Sovana avessero occupato arbitrariamente ai monaci del Mont'Amiata il castel di Pian Castagnajo lo decide per tutti una bolla autentica del Pont. Onorio IV diretta li 5 giug. 1286 al pievano di S. Giovanni di Radicofani, nella quale si dice di aver data commissione a maestro Simone da Castel Gandolfo suo cappellano per esaminare la lite fra il Mon. di S. Salvadore del Mont'Amiata da una parte ed il conte Guido di Monforte con la contessa Margherita sua moglie dall'altra parte, a motivo di ritenere questi ultimi ingiustameute il castello di Pian Castagnajo e sue pertinenze. Che però in questa bolla il Pontefice ordina al pieveno di Radicofani di citare il conte Guido di Monteforte e la contessa Margherita sua consorte, acciocché dentro il termine di un mese comparissero davanti a S. Santità per sentir pronunziare su questo rapporto quanto fosse per essere conforme alla giustizia.
    Cotesta causa pertanto fu agitata nella curia romana, siccome risulta dagli atti riuniti in un protocollo registrato fra le pergamene della badia Amiatina nell’Arch. Dipl. Fior. sotto di 17 marzo 1287.
    Da quelle
  •    pag. 10 di 27
    carte però non apparisce quale fosse di tal causa la sentenza finale; ma se non fu trionfante per i monaci rispetto alla temporale, sembra che riescisse loro favorevole almeno relativamente alla giurisdizione spirituale, siccome la da a divedere un istrumento rogato nel monastero del Mont'Amiata sotto il 22 giugno dell'anno 1292; col quale don Pietro abate di quella badia, previo il consenso del suo capitolo concede in commenda a Petruccio Carboni chierico di Pian Castagnajo la pieve di S. Maria, la chiesa di S. Pietro e tutte le altre chiese poste nel Cast. di Pian Castagnajo e suo distretto con i beni, tributi e offerte spettanti alle chiese medesime per il tempo e termine di vent'anni, accordando inoltre al detto chierico Carboni la cura delle chiese pre nominate tosto che egli fosse giunto all'età del sacerdozio.
    Nel secolo XIV però rapporto alla pieve di Pian Castagnajo erano nate alcune differenze tra Niccolò vescovo di Sovana e i suoi canonici da una parte, e l'abate della badia S. Salvatore dall'altra parte, i quali per istrumento dato in Siena nel 1 dicembre 1349, fecero compromessi nel sacerdote Pietro pievano di Proceno; e quindi un altro compromesso fu firmato in Proceno stesso li 5 aprile 1356 da Niccolò vescovo di Sovana da una parte, e da don Bernardo abate del Mon. amiatino dall'altra parte, col quale fu nominato in arbitro Azzolino vescovo di Siena, affinché egli decidesse la stessa lite motivata dall'inesecuzione di alcuni concordati antecedentemente fatti rapporto al diritto di percepire una tassa sui testamenti dagli abitanti di Pian Castagnajo.
    Rispetto alla storia sul dominio temporale, se Pian Castagnajo dopo la causa
    agitata in Roma ritornasse verso il 1287 ai monaci del Mont'Amiata o si convalidasse nei conti di Sovana e Pitigliano non ho davanti documenti autentici e sincroni da poterlo dichiarare. Ma che la
  •    pag. 11 di 27
    sua giurisdizione restasse ai conti me lo farebbe credere una lettera del commissario Paolozzi pubblicata dal Manui nella sue osservazioni istoriche sopra il sigillo (Vol VIII), nella quale sull'asserto di un MS. di Dario Stanchi basato sopra scritture originali vedute dall'autore relativamente alla discendenza dei conti Orsini di Pitigliano apparisce, che Gentile del fu Bertoldo Orsini padre di Romano che fu marito della contessa Anastasia unica figlia ed erede della contessa Margherita degli Aldobrandeschi di Sovana, con una compagnia di cavalieri andò al servizio della città di Orvieto contro il conte di S. Fiora, e che nel 1301 fra gli altri luoghi tenuti dalla casa Aldobrandesca ricuperò anco Pian Castagnajo.
    A tenore poi di quanto asseriva il Monaldeschi nella storia di Orvieto, risulta che nel 1301 dal Pont. Bonifazio VIII fu creato conte di Sovana e dello Stato della contessa Margherita Ablobrandeschi il di lui nipote Benedetto Gaetani; o che essendo stato riconquistato Pian Castagnajo i suoi abitanti giurarono fedeltà al nuovo conte che vi destinò podestà il predetto milite Gentile Orsini, e ciò nel tempo che Pian Castagnajo pagava al Comune di Orvieto un annuo tributo.
    Nell'Arch. Dipl. di Siena Balzana n. 14 esiste un istrumento rogato in Orvieto nel 22 giugno del 1314, col quale Benedetto Gaetani conte Palatino in Toscana diede iu feudo ai nobili uomini Buonconte del fu mess. Ugolino, ed a Manno del fu mess. Corrado de'Monaldeschi cittadini di Orvieto il castello di Pian Castaguajo con il suo distretto, ragioni e pertinenze mediante alcune condizioni in quella pergamena registrate. Cotesta carta giova a rettificare la storia del Monaldeschi che confonde il C.Benedetto Gaetani nipote di Bonifazio VIII con un individuo immaginario, com'era quel Benedetto Monaldeschi dallo stesso Papa creato nel 1301 conte dello stato Aldobrandesco.
    Quindi quello storico aggiunge (Lib. XI) che nel 1338 fu preso Pian Castagnajo
  •    pag. 12 di 27
    da Corrado di mess. Ermanno Monaldeschi; e che dopo essendo stato preso nel 1345 quel castello da Benedetto di Buonconte, il predetto Corrado d'accordo con i conti Jacopo e Guido di Santa Fiora in compagnia di gente a cavallo e a piedi vennero a campo a Pian Castagnajo, mentre il castello si teneva da Benedetto di Buonconte, e costì fu firmato un trattato che repartiva in terzo la giurisdizione e possesso di detto Cast. e del suo distretto.
    Che poi Pian Castagnajo ritornasse in potere de'conti Orsini di Sovana lo dichiara il MS. dello Stanchi e la storia del Monaldeschi, dai quali scrittori sotto gli anni 1357 o 1358 è indicato un privilegio concesso dal cardinal Egidio legato pontificio che confermò la contea Aldobrandesca a favore del C. Niccola Orsini figlio di Roberto del fu conte Romano perse, per i figli e loro successori.
    Ma chi meglio del dominio de'conti Orsini in Pian Castagnajo ne assicura è una sentenza del di 4 ott. 1381 pronunziata da Jacopo di Paolo da
    Gallese vicario in Pian Castagnajo per i conti di Sovana, nella quale si dichiara appartenere all'abazia del Mont’Amiata una vigna con casa e terreni annessi situata nel distretto di Pian Castagnajo, annullando le pretensioni del Nobil uomo Bernardo di Corrado de'Monaldeschi di Orvieto. – (Arch. Dipl. Fior. Carte della Badia Amiatina).
    Che il popolo di Pian Castagnajo dopo essersi messo nell'anno 1360 sotto l'accomandigia della Rep. di Siena si dasse liberamente nel 1415 a quel Comune lo manifestano le capitolazioni e statuti parziali del 1416, firmati un anno dopo che cotesto castello fu tolto al conte Bertoldo Orsini. Nella qual circostanza i Sanesi mandarono a Pian Castagnajo per giusdicente ser Santi di Giovanni da Lucignano di Val di Chiana.
    Infatti nell'anno 1416 si riformarono gli statuti della comunità
  •    pag. 13 di 27
    di Piano copia de'quali conservasi nell'archivio delle Riformagioni di Siena. Nel primo libro scritto in lingua latina vi é una rubrica che ordina di solennizzare ogn'anno con la spesa di due fiorini la festa di S. Massimino nel giorno 19 di ottobre per ricordanza della vittoria dal Comune di Siena in quello stesso di riportata sui conti di Pitigliano, e mercè con la Rep. Sanese entrò al dominio di Pian Castagnajo.
    Inoltre nelli statuti medesimi è fatta menzione di un'elemosina ai Frati minori di S. Bartolommeo, allo spedale ed alla confraternita della SS. Annunziata. Vi si parla ancora dell'abetina del
    Pigelleto. Negli altri libri scritti in volgare trattasi fra le altre coso dei mulini e delle gualchiere della Comunità di Piano, non ché delle arti più frequentate, come quelle dei lanajoli e dei fabbricatori di lance, il costo delle quali ultime era fissato soldi 10 l'una a favore del Comune di Siena, della lunghezza determinata di dieci piedi. Fanno parte di quelli statali molte leggi prammatiche, come una che ordinava non più di 20 uomini ne più di 12 donne s'invitassero alle nozze ecc.
    In quanto al sigillo della Comunità di Pian Castagnajo illustrato dal Manni, ho ragione di dubitare che sia anteriore alla sottomissione di Pian Castagnajo alla Rep. di Siena, cioè all'anno 1415, tostoché oltre l'emblema parlante, come è l'albero di castagno, vedesi appoggiato al suo fusto un leone rampante che era l'arme dei conti Aldobrandeschi, poi de'CC. Orsini, stati signori di Piano, comecché il Paoluzzi in quella illustrazione del Manni supponga il leone sia stato innestato nell'arme di Pian Castagnajo all'occasione della sua sottomissione a Siena, essendo che quella fiera formava l'insegna di quel L. Repubblica, sebbene all’arme del leone sanese si accoppiasse quella notissima della balzana bianca e nera.
    Dal 1415 in poi la Terra di Pian
  •    pag. 14 di 27
    Castagnajo restò costantemente suddita di Siena, e fu solamente dopo la distruzione della sua repubblica in Montalcino, quando gli abitanti di Pian Castagnajo con atto pubblico del 20 agosto 1559 si sottomisero alla sovranità del duca di Firenze Cosimo dei Medici.
    Dopo 42 anni la Terra di Piano dal Granduca Ferdinando I con diploma del 20 novembre 1601 fu eretta in feudo a favore del generale Giovan Battista Bourbon dei marchesi del Monte da passare nei figli suoi e disecendenti in linea mascolina. Due anni dopo quel marchese fece edificare fuori delle mura australi di Piano un magnifico palazzo con bella scala e con grandiose scuderie annesse, il tutto lavorato di peperino (
    trachite) delle cave del Crocifisso. Sotto al palazzo marchionale in una piaggia chiamota Belvedere esiste tuttora una gran vasca di un sol pezzo di peperino con altri non pochi avanzi di acquedotti, di frammenti di statue, di vasi ecc, cose tutte che già adornarono il giardino ora campo rustico dei marchesi del Monte, i di cui discendenti possiedono costantemente in Piano una fattoria.
    La Terra di Pian Castagnajo dopo la soppressione de’feudi granducali dellaToscana fu costituita in Comunità come lo era innanzi che fosse feudo; la quale a tenore del regolamento consisteva nel distretto territoriale dall'unica sua chiesa parrocchiale, cui da lunga mano erano state riunite le distrutte chiese parrocchiali di S. Martino e di S. Benedetto, senza rammentare la chiesa tuttora esistente poco lungi da Piano sotto il titolo di Madonna di S. Pietro. Nulla dirò del soppresso spedale che fu una percettoria de'Canonici regolari di S. Antonio del Fuoco, dei quali è fatta parola all'anno 1416 negli statuti di Pian Castagnajo; nè della chiesa di S. Bartolommeo già de'Frati Conventuali di S. Francesco che trovasi un quarto di miglio a destra della strada rotabile che da
  •    pag. 15 di 27
    Piano guida all'Abbadia S. Salvadore, giacchè queste due non furono mai chiese curate.
    Ebbe i natali in questa Terra il cardinal Pier Maria Pieri uomo di merito e frate Servita, nato nel 1677 e morto nel 1743; e costà in Piano nacque pure Fra Antonio Feira che fu fatto Vesc. di Marsico dal Pont. Gregorio XIII.
    Nel secolo attuale figurò nelle scienze naturali fisicochimiche ed in medicina il dott. Giacomo Barzellotti, Prof. all'Università di Pisa mancato nel 1839, e di cui è fratello il vivente Mons. Francesco Maria vescovo di Sovana.
    La parrocchia di S. Maria Assunta a Pian Castagnajo nel 1585 contava 1785 abitanti nel 1640 era ridotta a 1205 individui;
    Nel 1745 ne noverava 1507; nel 1833 ne faceva 2623 e nel 1840 aveva 2849 abitanti.

    Comunità di Pian Castagnajo. – Il territorio di questa Comunità occupa una superficie di 19,647 quadri dei quali 665 quadr. sono presi da corsi d'acqua e da pubbliche vie.Nel 1833 vi abitavano 2623 imdividui, a ragione di 113 persone per ogni migl. quadro di suolo imponibile.
    Confina con tre Comunità del Granducato, e per una più breve linea con quella di Acquapendente dello Stato pontificio. – Trova quest'ultima di fronte a levante scirocco lungo una linea di circa due miglia toscane regnata da 30 termini artificiali, a partire dalla ripa sinistra del torrente
    Siele di rimpetto alla villa della Sforzesca fino alla confluenza del torrente Senna nel fiume Paglia. A questa confluenza sottentra di rimpetto a grecale il territorio granducale della Comunità di San Casciano de'Bagni, col quale l'altro di Pian Castagnajo fronteggia per corto tragitto mediante il fiume predetto, che lascia a levante dopo due terzi di miglio per entrare nel torrente Menastrone, il quale vi confluisce dal lato occidentale. Mediante quest'ultimo viene a confine dirimpetto a grecale la Comunità dell'Abbadia S. Salvadore
  •    pag. 16 di 27
    ed entrambe montano sulla montagna, fino a che i due territorj lasciano il torrente Menastrone per entrare nel suo tributario il fosso indovina che viene dal lato destro. Mercè il quale le due Comunità voltando direzione da maestrale a ponente attraversano sopra un ponte la strada rotabile fra l'Abbadia S. Salvadore e Pian Castagnajo, e da li in sù rimontando il borro di Valle Gelata salgono verso il vertice del Mont’Amiata sino al masso piramidale. Costì il territorio di Pian Castagnajo piegando quasi ad angolo retto volta faccia da settentrione a ponente fronteggiando da quest'ultimo lato con la Comunità di Santa Fiora; di conserva alla quale percorre il fianco australe del monte passando per termini artificiali sul poggio Bonzino, per il masso del Fontanino, per i poggi di Valle nera, de'Bruciati delle Petricciolaje e dello Scoglietto, finchè arriva al borro Abetoso Mediante cotesto borro il territorio della Comunità di Pian Castagnajo piega direzione da ponente a libeccio sino alla confluenza del fosso zolforale che fluisce nel fiume Fiora; e costì girando intorno al poggio del Nibbio volta la fronte da libeccio a ostro per andare incontro alle prime sorgenti del torrente Siele. D'allora in poi l'alveo del Siele serve di limite alle due Comunità che scendono la montagna, prima dal lato di ostro e poi di libeccio sino alla via così detta di Dogana, dirimpetto alla Sforzesca, dove sottentra il territorio Pontificio e la linea di confinazione stabilita fra i due governi con istrumento pubblico del 24 ottobre 1832.
    Dei corsi d'acqua principali, che rasentano, oppure attraversano la Comunità in discorso, si contano, a settentrione il
    Menastrone e l'Indovina a ostro il torrente Siele, e
  •    pag. 17 di 27
    nel centro il torrente Senna, tutti tributarii del fiume Paglia.
    Fra le strade rotabili che passano pel territorio comunitativo di Pian Castagnajo si conta quella già provinciale ora comunitativa, la quale staccasi dalla regia postale romana alla posta di Ricorsi per salire la montagna all'Abbadia S. Salvadore, e di là a Pian Castagnajo dove si unisce alla strada provinciale.
    Quest'ultima è stata aperta or sono due anni col nome di strada del Monte Amiata, la quale staccasi dalla via regia romana alla posta della Poderina, passa per il territorio di Castiglion d'Orcia, di la si dirige a Castel del Piano, rasenta le mura di Arcidosso e quelle di Santa Fiora, e alla Madonna di S. Pietro presso Piancastagnajo si unisce alla suddescritta strada comunitativa che viene dall'Abbadia S. Salvadore; dopo di che entra in Pian Castagnajo, per dirigersi a pie della Montagna sui fiumi Paglia che trapassa, finchè al Ponte a Rigo rientra nella strada regia romana dopo aver salito e poscia da maestrale a ostro sino a levante girato intorno al gran pianoro del Monte Amiata.
    Ma importantissima a mio parere riesce dal lato della storia fisica l'ispezione del territorio di Pian Caitagnajo il di cui capoluogo riposa sull'estremo lembo fin dove arriva il terreno stratiforme e di deposito della catena dell’Appennino, e dove incominciano le rocce trachiticho massicce; il primo opera lenta dell'acqua, le seconde opera impetuosa del fuoco.
    Giovandomi del poco che registrai nel mio giornaletto, quando alla fine di giugno del 1830 io percorreva cotesta porzione del Mont'Amiata; stimo bene di qui ripetere una parte di quanto consegnai in una relazione pubblicata nel 1830 nell'Antologia di Firenze. (Vol. 40
    Fasc. del Novembre.)
    Già all'Articolo MONTE AMIATA Amiata della presente opera ho detto che poche montagne della Toscana sorprendono il geologo al pari di quella dell'Alpe Apuana e
  •    pag. 18 di 27
    del Monte Amiata, due gruppi che sorgono, uno a levante l'altro a ponente, in due estremità opposte del Granducato, mentre un terzo gruppo singolarissimo (l'Isola dell'Elba) emerge dal lato di ostro in mezzo alle onde del mare toscano.
    Avvegnachè il territorio comunitativo di Pian Castagnajo, il quale abbraccia una superficie di circa miglia 24 e 1/2 toscane appartenente quasi tutta al fianco orientale del Mont'Amiata, consiste in due formazioni geologiche affatto diverse. La parte nettuniana, a partire dal letto del fiume Paglia sino verso le mura di Piano, che arriva a cirea 1300 braccia sopra il livello del mare, consiste in macigno e in calcare stratiforme compatto di tinta e color vario attraversato da filoni di spato candidissimo. Ma nel lembo del pianoro sul quale e fabbricata la Terra di Pian Castagnajo vedesi mascherata l'ossatura fondamentale del monte mediante una congerie immensa di massi erratici di
    peperino, ossia di rocce vulcaniche, rotolati fin qua dalla montagna superiore. La quale fino alla sua più elevata cima, che arriva a 2550 br. sopra il livello del mare é formata esclusivamente di terreno cristallino pirogenio. Ma coteste rocce vulcaniche sul territorio specialmente di Piano hanno un'aspetto proteiforme, che gli abianti della contrada distinguono in tre varietà di trachiti. Danno alla prima il nome di peperino, come quella che è di fondo grigio scuro a macchie di più colori; di pasta granitoide, di durezza uniforme e capace di esser lavorata per gli usi archittonici. Chiamano la seconda pietra salina; che è una varietà della prima ma più tenera di durezza esternamente ineguale, come quella che all'azione degli agenti meteorici si altera; si disgrega nei suoi elementi, si sfacela e finalmente si riduce in una specie di arena feldspatica per lo più grigiastra, talvolta color d’oro, untuosa al tatto, contenente
  •    pag. 19 di 27
    piccoli cristalli di mica, di quarzo e più che altro di feldspato grigio verdastro, pingue ed opaco, talvolta di aspetto bianco, vetroso e traslucido; le quali caratteristiche orittognostiche ravvicinano cotesta qualità di trachite all'argillofire del Brongniart e talvolta ad una nacrite di aspetto ora argentino, ora di color d'oro. La pietra salina caduta in sfacelo e polverulenta si usa a Pian-Castagnajo per le gualchiere e fa le veci di terra di purgo, come pure si adopra ad imbiancare i muri delle case; mentre in altri casi quella varietà di pietra salina fatiscente si riduce in una fittissima arena feldspatica e cristallina ottima come cemento da calcina. Della pietra salina abbondante di mica, e di cui s'incontrano grandi ammassi in sfacelo sulla strada fra l’Abbadia e Pian Castagnajo in luogo chiamato la vena d'argento, si può far uso come renino per impolverare le scritture. A questa stessa varietà di pietra salina può riportarsi quella che incontrasi presso il ponte dell'indovina fra l'Abbadia e Pian Castagnajo, i di cui cristalli feldspatici presentano tinte diverse, a luoghi di color carnicino, e altrove di un rosso piú o meno acceso misti a cristalli di quarzo bianco-opachi.
    Cotesta qualità di
    peperino contiene molti cristalletti di mica brillante in lamine esaedre con altri più minuti cristalli di pirosseno. La roccia mostrasi porosa e di frattura concoide, il suo peso specifico stà come 2000 a 1000; è appena attraibile dalla calamità non alterabile dagli acidi, ed esposta ad un fuoco violento di riverbero perde una piccola porzione del suo peso specifico.
    Finalmento la terza varietà di
    peperino è designata dagli abitanti col vocabolo di sassomorto, perchè incapace di essere scomposta o disgregata, non solo dall'azione degli agenti atmosferici, ma neppure dal calorico, la
  •    pag. 20 di 27
    quale roccia dai caratteri che affaccia io appellai trachite euritica.
    Là dove il terreno presenta qualche rovina naturale o taglio artificiale si veggono i massi trachitici incassati tramezzo allo sfacelo delle
    pietre saline, mentre i massi stessi racchiudono nel loro seno altre pietre più solide, più oscure e quasi sferiche, alquanto bernoccolute, di varia mole e quasi tutte aventi i caratteri orittognostici della trachite. Dirò quasi tutte, parlando di questi corpi solidi racchiusi in altri solidi, aventi i caratteri medesimi dei peperini, poiché non di rado coteste pietre botritiche, che gli abitanti appellano anime di sasso, invece di consistere in globi tubercolosi di trachite più pesanti del peperino comune nel quale si veggono incorporati, sono invece formati di piccoli pezzi compressi di carburo di ferro, ossia di piombaggine.
    Le osservazioni da me instituite sul peso specifico di 22 pezzi di diverse varietà di trachiti del Mont'Amiata, mi diedero per resultato medio, che la trachite fatiscente, ossia la
    pietra salina, stà all'acqua come 2000 a 1000; che la trachite granitoide, o peperino vista come 2400 a 1000; che la trachite euritica, o sasso morto vi sià come 2460 e 2600 a 1000, e che la trachite geodica, ossia l'anima di sasso vi si comporta come 2840, e anche come 3000 a 1000.
    Fra la
    trachite granitoide e quella euritica, cioé, fra il peperino e il sasso morto del Mont'Amiata, sarebbe assai difficile di tirare una linea di demarcazione precisa, mentre entrambe coteste varietà, sebbene non egualmente resistenti nè dure o sonore, pure l'una al pari dell'altra si presta ai lavori di scarpello specialmente per soglie, cornicioni e gradini.
    Rispetto alla trachite euritica, ossia al
    sasso morto del Mont'Amiata, una
  •    pag. 21 di 27
    qualità superiormente bella s'incontra nel territorio di Pian Castagnajo circa miglia 2 e 1/2 a libeccio del suo capoluogo. Essa fu descritta nella mia relazione pubblicata nell’Antologia del novembre 1830, all'occasione d'indicare la costituzione fisica di quella porzione del Mont'Amiata, quando, cioè, nel 23 giugno dell'anno 1830 io rimontava verso le sorgenti del torrente Senna morta situate circa tre miglia toscane a ponente-libeccio di Pian Castagnajo, e a 5 miglia toscane dall'Abbadia S. Salvadore, la dove comparisce sopra inclinata piaggia una roccia calcarea compatta fissile di tinta ora grigia, altre volte rossigna, attraversata da grosse vene di spato romboidale, cui più in alto subentravano banchi sconvolti di arenaria o macigno ceruleo e grigio (pietra serena di Fiesole) ripieni di mica color di rame, la qual roccia mi accompagnò fin presso all'oratorio del Crocifisso, quasi due miglia toscane e mezzo a libeccio di Pian Castagnajo. A questo punto si para innanzi una ripida elavatissima scogliera di roccia poretroide, situata, rispetto al territorio di Pian Castagnajo, nell'orlo del pianoro della montagna voltato a scirocco. È là dove una rupe del così detto peperino presenta alla contemplazione del naturalista il suo fianco nudo e squarciato sino all'altezza di circa 300 piedi; ed è in cotesta parete verticale, denominata le scogliere del Crocifisso, dove apparisce alla superficie sua una sottile ma apparente divisione della roccia in strati molto aderenti gli uni agli altri e di una potenza che varia dai tre pollici sino ai quattro piedi. La frattura di questa roccia è concoide in un senso, scagliosa in un altro, ed è suscettibile ai lavori di architettura quasi come la pietra di Fiesole. Arroge a ciò che tutti i massi che staccansi naturalmente da quella parete mediante le divisioni sopra indicate, tutti presentano una figura parallelepipeda
  •    pag. 22 di 27
    con superficie piana assai levigata, specialmente nei lati interni che aderiscono maggiormente alla rupe. La roccia è di color grigio verdastro, tempestata di piccoli cristalli di feldspato giallastro e di mira nera; è sonora al martello, traslucida negli spigoli, non é magnetica, non porosa, non racchiude vene ne nodi, non corpi botritici, ossiano anime di sasso, ed ha un peso specifico che corrisponde come 2440 a 1000.
    Tali ed altre caratteristiche di cotesta roccia pirogenia m'indussero a dubitare che cotesta varietà di trachite della scogliera del Crocifisso potesse assomigliarsi alla
    fonolite dell'Alvernia descritta dal Daubuisson, e a quella di simil natura incontrata da Bendant in mezzo al terreno trachitico della Valle di Konigsbergh in Ungheria.
    E siccome dopo sormontato il fianco orientale della scogliera del Crocifisso vidi servire di tetto alla rupe medesima la roccia calcarea compatta e quindi una pietra di macigno racchiudente de'frammenti di schisto argilloso color grigio fumo, consimile ai macigni da me incontrati dietro ai monti del Mugello nella Comunità di Fiorenzuola, nell'Appennino di Fivizzano, del Lucchese, del Pesciatino, e in altre località della catena centrale Appenninica, perciò mi diedi a credere che la scogliera trachitica fra le sorgenti della
    Senna morta sopra il Crocifisso fosse uno di quei gran massi erratici caduti dalla parte superiore del Montamiata.
    Oltrepassato il torrente della Senna morta, innanzi di arrivare a quello di
    Siele per la selva dell'abetina detta del Pigelleto si trova costantemente il suolo coperto di pietra calcarea fissile, ma più che altro di pietra serena o macigno simile a quelle due rocce compatte che servono di letto e di tetto alla gran scogliera del Crocifisso. Di sopra alle quali rocce compatte tornano a comparire le masse cristalline di trachite fatiscente (pietra salina) risolventesi in luccicante arena
  •    pag. 23 di 27
    grigia, la quale continua per gran tratto di strada massimamente in quella piaggia del Monte Amiata che si stende fra il vallone del torrente Codone tributario del fiume Fiora e la vallecola dell'Indovina e del Menastone fluenti nel fiume Paglia.
    Rispetto alla parte agraria dirò che il margine del pianoro del Mont'Amiata serve non tanto di linea di demarcazione fra la gran cupola trachitica della montagna superiore e quella delle rocce stratiformi appenniniche della montagna inferiore, ma che pure qua dove incominciano le piagge dei poderi e le vigne che seguitano fino verso la Paglia, ed è costà dove cessano le imponenti selve di castagni che rivestono la zona centrale della montagna, e che formano il parco più magnifico da potersi mai immaginare l'eguale. Tre miglia toscane a scirocco del Piano fra il torrente
    Senna e quello di Siele incomincia una foresta di cerri, di carpini, di aceri, faggi e abeti, i quali ultimi chiamati costassù Pigelli danno alla macchia il nome di Pigelleto. Questa un di apparteneva ai feudatari di Pian Castagnajo, riservando ai Pianesi il diritto del pascolo. – Esistono in mezzo alla macchia le rovine di due edifizi, la roccaccia e il roccone che sonogli avanzi di due fortilizj situati sopra due alti ciglioni di quei poggi. Dai feudatari del Piano l'abetina del Pigelleto passò alla repubblica di Siena, e quindi alla Corona granducale, dalla quale verso la metà del secolo passato fu alienata a diversi particolari.
    Delle annose abetine del
    Pigelleto fece menzione nei suoi Commentari il Pont. Pio II, quando disse: che il Mont'Amiata trovasi vestito sino al suo vertice di bosco, che la parte più elevata, spesse volte immersa fra le nubi, e coperta di faggi, cui succedono i castagni,
  •    pag. 24 di 27
    e dopo questi la querce e il sughero; che stanno nella parte inferiore le vigne, gli alberi da frutto, i campi e i prati; e che in una riposta valle del monte sorge una selva di giganteschi abeti, i quali forniscono materia nobile ora ai senesi ora ai romani edifizj; dei quali abeti lo stesso Pio II fece levare le travi e condurle ai suoi edifizj di Pienza. Inoltre egli aggiunse, come la parte della montagna posta tra la regione de'castagni e quella degli abeti sia rimasta nuda di piante di alto fusto, molto erbosa peraltro ed utile alla pecuaria.
    Ma non è dalla selva del
    Pigelleto donde i Pianesi traggono il legname maggiore per i loro lavori, e bensi dalla porzione più elevata dalla montagna, è dalla folta foresta di faggi che rivestono la gran cupola trachitica del Mont'Amiata, dove gli abitanti di Piano levano la materia per costruire quei tanti bigonci, barili, madie ed arnesi agresti, dei quali fanno smercio nei paesi vicini e lontani
    Una delle industrie manifatturiere, nella quale una volta si distinguevano i Pianesi era quella delle lance e picche che in gran copia si fabbricavano a Pian Castagnajo di che incontrasi memoria negli annali sanesi del medio evo. Quindi che il governo di Siena, allorchè nel 1416 confermò ai Pianesi i loro statuti parziali,volle fissare il prezzo delle lance a sei soldi l'una. Ma di simile sorta d'armi di un lavoro più affinato sono da vedersi le picche tuttora esistenti nel palazzo de'March. del Monte a Pian Castagnajo.
    Chi visitò il Montamiata non può non applaudire allo scrittore dei Commentari Pio II, quando rammentava le maravigliose piante di castagni dell'Abbadia S. Salvadore, comecchè non meno belle nè meno grandiose, e colossali siano quelle dei contorni di Pian Castagnajo.
    Nella regione de'castagni del Montamiata non compariscono sodaglie
  •    pag. 25 di 27
    per magrezza di terreno nè sterilità di vegetazione, essendo chè cotesta zona teatrale intorno a cui é raccolta la massima popolazione delle cinque comunità di sopra indicate, resta per ogni lato vestita di alberi di alto fusto, di arbusti sempre verdi, di erbe pratensi e officinali, piante tutte irrigate da rivi perenni che scorrono da ogni lato sul confine del gran pianoro.
    Costà, io diceva, all’articolo
    MONTAMIATA, costà non si teme l'insofferente stagione estiva per troppo calore o arsura, dondechè può dirsi questo un pezzo di Svizzera nel centro della bella penisola.
    Della bontà ed elasticità dell'aere che vi si respira, della salubrità del suo clima parlano abbastanza la robustezza e longevità degli abitanti e la numerosa popolazione che vi si trova, la quale in proporzione di territorio supera quella della maggior parte delle Comunità de'Compartimenti di Siena e di Grosseto.
    Che se nei pascoli naturali sparsi fra le selve del Montamiata trovano alimento nell’estate molte migliaja di pecore, e d’inverno non pochi capi di animali neri, se nelle piazzate delle foreste superiori la classe povera e usa a bruciare le felte per seminirvi e raccogliervi la segale innanzi che sopraggiungano le nevi; per altro le produzioni maggiori sono fornite dai castagnj sia per il frutto che senza gran fatica somministrano copioso e nutritivo, sia per il legname che insieme con quello de'faggi fornisce materiale di industria ai laboriosi Pianesi per fabbricare botti, seggiolami ordinarj, ed altro.
    Una lodevole pratica agreste è quella de'Pianesi e di altri abitanti delle Comunità del Mont'Amiata, consistente nel mettere a profitto le acque che perenni fluiscono tramezzo ai massi trachitici per inviarle artatamente intorno ai pedali dei castagni, onde rinfrescare le loro barbe e così ottenere una costante e più copiosa raccolta.
    Le acque poi dei torrenti che scendono pel territorio di Pian Castagnajo danno il moto
  •    pag. 26 di 27
    a vari edifizj, come macini da mulini, pistoni da gualchiere e da polveriere; delle quali ultime se ne contano diverse in questo territorio comunitativo.
    Non vi sono in Piano mercati settimanali, solamente una piccola fiera vi si pratica nel 26 maggio.
    La Comunità mantiene due maestri di scuola, un medico ed un chirurgo.
    Il potestà che risiedeva in Pian Castagnajo fu soppresso con la legge del 2 agosto 1838, quando la giurisdizione civile di Piano venne riunita alla criminale del vicario regio dell'Abbadia. – La sua cancelleria comunitativa e l'ingegnere di Circondario sono in Radicofani, dove si trova pure un doganiere di seconda classe, dal quale dipende il posto doganale sotto Pian Castagnajo presso il fiume Paglia.
    L’ufizio per l'esazione del registro é in Castel del Piano, la conservazione delle Ipoteche in Montalcino, e il tribunale di Prima istanza in Siena.

    CENSIMENTO della Popolazione della Comunità di PIAN CASTAGNAJO a quattro epoche diverse, divisa per famiglie.

    ANNO 1640: Impuberi maschi -; femmine -; adulti maschi -; femmine -; coniugati dei due sessi -; ecclesiastici dei due sessi -; numero delle famiglie 258; totalità della popolazione 1205.
    ANNO 1745: Impuberi maschi 171; femmine 163; adulti maschi 245; femmine 315; coniugati dei due sessi 202; ecclesiastici dei due sessi 29; numero delle famiglie 262; totalità della popolazione 1125.
    ANNO 1833: Impuberi maschi 491; femmine 470; adulti maschi 295; femmine 377; coniugati dei due sessi 948; ecclesiastici dei due sessi 42; numero delle famiglie 544; totalità della popolazione 2623.
    ANNO 1840: Impuberi maschi 504; femmine 499; adulti maschi 342, femmine 440; coniugati dei due sessi 1026; ecclesiastici dei due sessi 38; numero delle famiglie 553; totalità della popolazione 2849

    PIAN CASTAGNAJO nel Mont’Amiata in Val di Paglia. – Castello con chiesa. plebana arcipretura (
    S. Maria Assunta) capoluogo di Comunità nella Giurisdizione dell’Abbadia S. Salvadore, Diocesi di Soana, Compartimento
  •   pag. 27 di 27
    di Siena, a tutto l’anno 1845, e dopo nel Compartimento di Grosseto. – Si aggiunga. Dalla visita fatta l’11 aprile del 1558 a Pian Castagnajo dai deputati della Repubblica di Montalcino resulta, che allora in questa Terra risedeva un podestà (ossia vicario) cui la Comunità di Pian Castagnajo pagava di annuo salario lire mille, mentre al castellano dava lire 400 l’anno egualmente che al medico condotto, e lire 120 al maestro di scuola. Questa Comunità allora levava da Grosseto ordinariamente moggia dodici di sale per anno.
    Attualmente la sua Cancelleria comunitativa è stata trasportata da Radicofani Della vicina Terra dell’Abbadia S. Salvadore.
    La conservazione delle Ipoteche nel 1845 era in Montepulciano, sotto quel tribunale di Prima istanza.
    La popolazione della COMUNITÀ di PIAN CASTAGNAJO è limitata alla sola sua parrocchia, la quale nel 1833 contava 2613 persone, e nel 1845 era salita a 2883 individui.
Localizzazione
ID: 4680
N. scheda: 39490
Volume: 4; 6S
Pagina: 164 - 175; 181
Riferimenti: 440, 53410
Toponimo IGM: Piancastagnaio
Comune: PIANCASTAGNAIO
Provincia: SI
Quadrante IGM: 129-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1719927, 4747636
WGS 1984: 11.69244, 42.85123
UTM (32N): 719991, 4747811
Denominazione: Pian Castagnajo, Piano - Cave di Marmi
Popolo: S. Maria Assunta a Pian Castagnajo
Piviere: S. Maria Assunta a Pian Castagnajo
Comunità: Pian Castagnajo
Giurisdizione: Abbadia S. Salvatore
Diocesi: Sovana
Compartimento: Siena
Stato: Granducato di Toscana
  trova nel testo
 
  scarica scheda
  aggiungi note