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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Castiglion Fatalbecco

 

(Villa Buitoni)

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    MONTE D’OGLIO, MONTEDOGLIO, già MONTE D’ORO (Mons Auri) nella Val Tiberina. – Castello con chiesa parrocchiale (S. Martino) filiale della pieve di Micciano, nella Comunità Giurisdizione e circa 4 miglia toscane a ponente-maestrale di Sansepolcro, testé d'Anghiari, Diocesi e Compartimento di Arezzo.
    La rocca situata sul poggio di Montedoglio, fu denominata
    Castiglione di Fatalbecco; ne fia improbabile che, dall’aspetto metallico color di bronzo del gabbro diallagico, esistente in questo poggio sulla sinistra del Tevere, fosse dato al medesimo il nome di Monte d’Oro.
    È certo peraltro che per molti secoli Montedoglio fu capoluogo di contea, toccato da primo a un ramo dei nobili di Caprese, d'Anghiari, di Galbino e Montauto, più tardi occupato dai Tarlati, poi pervenuto negli Schianteschi di Sanscpoterò, finché all'estinzione di questi ultimi il Castello di Montedoglio con il suo distretto fu riunito al Granducato.
    Uno dei più antichi dinasti di Montedoglio fu quel Ranieri di
    Galbino di Montedoglio del sec XI indicato agli Articolo ANGHIARI, CAPRESE E MICCIANO di Val Tiberina.
    Era figlio di detto Ranieri un Bernardo chiamato
    Sidonia, il quale nel marzo del 1082, e nel novembre del 1083, acquistò dal suo fratello Alberto, o Alberico la porzione dei beni e diritti che gli si pervenivano, fra i quali quelli situati nel Castello d’Anghiari.
    Già si vide all’
    Articolo MICCIANO di Val Tiberina come gli eremiti di Camaldoli sino dal principio del secolo XII acquistassero giurisdizione in Montedoglio, prima per donazione fatta loro nel settembre del 1104 da Bernardino figlio di Sidonia e da Imilda sua consorte, nel tempo che i due coniugi stavano nel loro castello di Montedoglio; quindi fu nel 1105, che Ildebrandino di Orlando e altri nobili di Galbino rinunziarono al S. Eremo il dominio feudale di Montedoglio; in guisa i
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    che nell’ottobre del 1106 (e non già come scrisse l’Ughelli nel 1095) Gregorio Vesc. di Arezzo confermò ai Camaldolensi le due donazioni accennate. Donde più tardi ne conseguì che, nel gennajo 1173, per atto rogato in Valialla, i consoli di Anghiari, di Montedoglio, di Pianettole e Valialla, nel tempo che giuravano ubbidienza a Quintavalle figlio d'Ugo di Galbino obbligaronsi di far guerra contro chiunque, meno il caso di dover opporsi al maggiore di Camaldoli, all’abate del monastero di S. Bartolommeo d'Anghiari e suoi monaci.
    Il paese però di Montedoglio non doveva essere in quel tempo molto tranquillo, siccome lo diede a divedere un placito pubblicato nel 1174 dall’arcicancelliere del regno d’Italia per Federigo I, allorché l’Arciv. Cristiano comandò al marchese Ranieri del Monte S. Maria di astenersi dal signoreggiare nei paesi e sugli uomini di Anghiari e di Montedoglio contro il diritto dei Camaldolensi.
    Anche i discendenti dei già rammentati signori di Montedoglio e di Galbino talvolta si riconobbero feudatari del maggiore di Camaldoli per il loro castello di Montedoglio nel modo che lo dimostra un lodo a tal’uopo nel 1199 pronunziato da Ranieri vescovo di Fiesole. Arroge a ciò il giuramento di fedeltà prestato nel 1266 dagli uomini di Montedoglio al superiore del S. Eremo nel tempo stesso in cui i signori di Galbino si protestavano feudatarii del superiore di Camaldoli per la metà del castello di
    Castiglion Fatalbecco (la rocca di Montedoglio). Tali furono nel 1266 Alberto e Matteo figli di Guglielmino da Montauto, e nel 1285 Isolano ed Alberto con tre figli pupilli di Teobaldo, signori pur essi di Montauto. – Vedere MONTAGUTO in Val Tiberina.
    Sebbene la storia della prima consorteria de’signori di Montedoglio nel secolo XIV cominci a rendersi alquanto buja, pure da quel poco lume
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    che ne resta mi parve di riconoscere che Anghiari, Montedoglio e altri paesi della Val Tiberina dagli antichi dinasti di Montauto e di Galbino, a cagione di matrimonii o per diritto di conquista, passassero nella casa Tarlati di Pietramala. La qual famiglia per il valore del vescovo Guido, e per la sagacità e prudenza di Pier Saccone suo fratello, si era non solo impadronita di Arezzo e del suo contado, ma pervenne eziandio a dominare in Città di Castello, in Montedoglio, nel Borgo S. Sepolcro, nel distretto di Massa Verona e in molti castelli della Massa Trabaria. Infatti governava (ERRATA: nel 1355) nel 1335 in Borgo S. Sepolcro a nome dei Tarlati uno dei di loro cognati Rainaldo da Montedoglio; lo che prova senza fallo la cognazione sino da quel tempo contratta fra le due casate.
    Inoltre quel Rainaldo da Montedoglio fu compreso nel trattato di pace concluso 3 giugno 1345 tra i comuni di Firenze, di Perugia e di Arezzo da una parte, e su molti nobili del contado aretino dall’altra parte, tra i quali ultimi erano i Tarlati di Pietramala, i Pazzi del Val d’Arno, i Barbolani da Montauto, gli Ubertini da Valenzano, e Rainaldo da Montedoglio.
    (RIFORMAG. DI FIR.)
    La parentela fra i Tarlati e i conti di Montedoglio fu rinfrescata sul principio del secolo susseguente col matrimonio di Bartolommeo Tarlati signor di Monterchi con Aufrosina da Montedoglio, molto innanzi che questa donna venisse espulsa da Monterchi e da altri suoi castelli (nel luglio del 1440) per ribellione contro la Rep. Fior. –
    Vedere MONTERCHI.
    Dopoché nel 1384 la Rep. Fior. riebbe il dominio di Arezzo e del suo territorio, anco Manfredi, Piero e Giovacchino signori di Montedoglio furono ricevuti in accomandigia perpetua dalla Signoria di Firenze per
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    atto del 31 agosto 1385 con patto fra gli altri, che i castelli e villate di Baldignano, Bulciano e Bulcianello, Civitella, Collelungo Fratelle, Sintigliano e Sillano, Schiantacappa, Val Savignone ecc. dovessero d’allora in poi dipendere di pieno diritto e dominio dalla Rep. Fior. (RIFORM. DI FIR. – AMMR. Stor. Fior. Lib. XV).
    Infatti la protezione della Signoria di Firenze un anno dopo (1306) fruttò a Giovacchino conte di Montedoglio la restituzione del castello e fortezza di
    Ripa nella Massa Trabaria, ostilmente tolto dal conte Antonio da Montefeltro; e lo stesso governo nel 1399 interpose col conte Galeotto Belfiore Malatesta, affinchè lasciasse di molestare il C. Giovacchino da Montedoglio. – (AMMIR. op. cit Lib. XV e XVI).
    Gli ultimi signori della prima stirpe dei dinasti di Montedoglio sembra che fossero i conti Pier Noferi figlio di Giovanni del C. Giovacchino, e Prinzivalle nato dal C. Guido; il primo de’quali nel 1423, per testamento del conte Giovacchino di lui avo, fu lasciato erede della contea di Montedoglio insieme con l’intero pregnante di Lisabetta restata vedova del G. Giovanni figliuolo del testatore, con che i nominati eredi fossero stati sotto la tutela della Rep. fior.
    (AMMIR. loc. cit. Lib. XVI).
    Infatti trovo in Firenze nel 20 novembre del 1427 il pupillo Pier Noferi figlio del fu conte Giovanni di Montedoglio, che nella qualità di erede dell’avo C. Giovacchino fu dichiarato debitore della dote di donna Lisabetta di lui madre. Per la qual cosa gli ufiziali della diminuzione del Monte comune, alla cura dei quali la Rep. Fior. aveva consegnato il pupillo Pier Noferi, per soddisfare al credito di donna Lisabetta, fecero alienare alcuni pezzi
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    di terra situati nel Cortonese, che Lazzero di Francesco Fierli di Cortona acquistò per fiorini 190 di suggello. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte della Comun. di Cartona).
    Comecché dai molti spogli d’istrumenti prodotti dal P. Ildefonso nel T. XV delle
    Delizie degli Eruditi toscani, compariscano anche dopo la morte del C. Giovacchino diversi individui della consorteria dei conti di Montedoglio, mi sembra però essere eglino affini di cognazione, piuttosto che di agnazione, per modo che ad altre prosapie diverse dai primi dinasti di Galbino e Montedoglio debbano i medesimi appartenere.
    Che poi il figlio postumo del conte Giovanni nato da donna Lisabetta non fosse un maschio, lo da a conoscere, non tanto l’istrumento del 20 novembre 1437 testé citato, ma ancora un lodo pronunzialo dagli arbitri li 17 settembre 1487 ad oggetto di appianare dopo la morte del conte Pier Noferi
    seniore le vertenze insorte fra donna Guglielmina figlia del fu conte Prinzivalle di Guido da Montedoglio, maritata al Cav. Luigi Angelo della Stufa di Firenze, e fra donna Paola di lei sorella moglie di un C. Gonzaga da Novellara da una parte, e dall’altra parte tra i fratelli Jacopo, Pier Francesco e Sebastiano figli del fu conte Andrea da Montedoglio, come eredi del fu conte Pier Noferi di Giovanni, che ivi viene qualificato essere loro zio (probabilmente materno).
    In questo mezzo tempo però gli uomini di Montedoglio e della Badia Tedalda, essendosi forse estinta in Pier Noferi e nel C. Prinzivalle di Guido la linea mascolina de'CC. di Montedoglio nel 1484 fecero istanza alla Signoria di Firenze, affinchè volesse sottoporre al dominio della repubblica il Castello col distretto di Montedoglio. La qual cosa ebbe effetto qualche anno dopo, quando cioè il senato fiorentino approvò la provvisione del 12 giugno 1489,
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    con la quale fu determinato, che il Cast. di Montedoglio con le sue pertinenze e fortezze, e tutti gli altri luoghi già posseduti dai defunti conti Pier Noferi e Prinzivalle, fossero incorporati al territorio della repubblica fiorentina, e frattanto gli otto di Pratica furono deputati al governo dei luoghi medesimi per due mesi.
    Nell'anno 1490, ai 10 luglio gli Otto di Pratica concederono ai figli del suddetto C. Andrea da Montedoglio tutti i beni allodiali, appartenuti al C. Pier Noferi tanto nella comunità di Montedoglio, come in altri luoghi del dominio fiorentino, e nei castelli situati di là dall'Appennino, eccetto che il palazzo con la rocca di Montedoglio, e quella della Badia Tedalda, riservando però ogni giurisdizione ed impero alla Repubblica Fiorentina.
    Con atto del 1 febbrajo 1511, dato nella parrocchia di S. Donato, donna Guglielmina figlia del fu C. Prinzivalle da Montedoglio, e moglie di Luigi d'Agnolo della Stufa cittadino fiorentino, alienò, e nel di 30 di aprile seguente il marito ratificò la vendita fatta a Guagno d'Andrea de'Guagni del Borgo S. Sepolcro di un podere posto nella curia di Montedoglio.
    (ARCH. DIPL. FIOR. Carte del Bigallo).
    Per contratto de’26 settembre 1520 la stessa donna Guglielmina del fu C. Prinzivalle e la di lei sorella donna Paola Gonzaga cederono al Com. di Firenze tutte le ragioni che loro potessero appartenere sopra il Cast. di Montedoglio e sue attinenze, mediante il prezzo di 3100 fiorini di oro, siccome era stato giudicato con lodo fino dal 17 settembre 1487.
    Nel 1522 i conti di Montedoglio, discendenti dai Lotteringhi della Stufa e dai Gonzaga, venderono al Comune del Borgo S. Sepolcro il loro castello di
    Schiantacappa. Alla medesima prosapia degli Stufa appartenevano due distinti personaggi favoreggiatori de’Medici. Uno appellossi il C. Pier Noferi giuniore, capitano distinto di milizie che
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    figurò tra il 1526 e il 1529 nella qualità di colonnello della Rep. Fior., prima con una compagnia di fanti alla guardia del palazzo de’Signori, e poco dopo comandante di 300 cavalieri che accomiatarono sino a Pisa il cardinal Silvio Passerini con i due giovanelli Ippolito e Alessandro de’Medici, cacciati dalla città di Firenze nel maggio del 1527. L’altro personaggio fu quel Prinzivalle figlio di Luigi della Stufa e di Guglielmina de’conti di Montedoglio che mostrossi nell’epoca predetta fra i più caldi favoreggiatori dei Medici in Firenze.
    Finalmente con provvisione de'15 dicembre 1524 la Signoria approvò una sentenza della ruota fiorentina a causa delle differenze che erano insorte tra i monaci della Badia Tedalda rappresentati da quelli della Badia di Firenze, e i conti Schianteschi di Montedoglio, unitamente ai popoli di quelle comunità rapporto ai pascoli della
    Badia Tedalda e di Gorga Scura.
    Nell’anno 1554 si rammenta un conte di Montedoglio inviato da Cosimo I duca di Firenze al Borgo S. Sepolcro e ad Anghiari unitamente ad un tal Brizio della Pieve S. Stefano, affinchè operassero in modo da prevenire una rivolta in Val Tiberina dai fuorusciti meditata.
    (AMMMIR. Oper. cit. Lib. XXXIV).
    Sotto il governo de'Medici gli abitanti di Montedoglio rappresentarono al sovrano, qualmente le nobili famiglie di Cristofano Gonzaga, del conte Pier Francesco Schianteschi, e degli eredi di mess. Pandolfo della Stufa possedevano una terza parte dei beni del distretto di Montedoglio, dei quali beni per antiche convenzioni quelle famiglie non pagavano dazio alcuno; e che esse pretendevano dovesse trasfondersi un egual privilegio nei compratori dei medesimi effetti; la qual cosa dai comunisti di Montedoglio dimostravasi non esser conforme alla retta ragione e come tale fu giudicata.
    La terza dinastia de’conti di Montedoglio spetta alla famiglia de’Cantagallina del Borgo S. Sepolcro; un individuo
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    della quale verso il 1600 si maritò all’ultima femmina de’Schianteschi, di cui prese il casato, ed anche il titolo di conte di Montedoglio e di Gorga Scura.
    Sotto il governo del Granduca Leopoldo I fu rescritta agli ordini una supplica del 27 dicembre 1769, con la quale i conti Francesco e Antonio Schianteschi-Cantagalli de’conti di Montedoglio e di Gorga Scura domandavano di essere esentati dall’imposizione della strada pistojese e di altre strade regie.
    Finalmente nel 1797, essendosi estinta anche questa famiglia nel conte Francesco Schianteschi, il Granduca Ferdinando III con motuproprio de’27 febbrajo 1798 ordinò, che d’allora in poi la rocca di
    Gorga Scura con le sue attinenze, cui allora era residuata tutta la contea de’Schianteschi Cantagallina di San Sepolcro dovesso riunirsi per l’economico alla comunità, pel civile alla podesteria della Badia Tedalda, e per il criminale, com’è attualmente anche pel civile, al vicariato di Sestino. – Vedere GORGA SCURA (ROCCA DI).
    La parrocchia di S. Martino a Montedoglio nel 1551 aveva 519 abitanti; nel 1745 era discesa a 83 persone; e nel 1833 contava 96 abitanti.
Localizzazione
ID: 5282
N. scheda: 33141
Volume: 3
Pagina: 274, 379
Riferimenti: 32100, 33140
Toponimo IGM: Villa Buitoni
Comune: ANGHIARI
Provincia: AR
Quadrante IGM: 115-4
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1744598, 4829580
WGS 1984: 12.0303, 43.5806
UTM (32N): 744662, 4829755
Denominazione: Castiglion Fatalbecco
Popolo:
Piviere:
Comunità: Anghiari
Giurisdizione: Anghiari
Diocesi: Arezzo
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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