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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Bientina - Via, Strada del Tiglio

 

(Bientina)

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    BIENTINA (Blentina). Castello antico, ora Terra assai popolata nella Val di Nievole, capoluogo di Comunità, e di piviere, (ERRATA: residenza di un Potestà, nel) nella Giurisdizione e Vicariato e miglia toscane 2 e 1/2 a greco di Vico Pisano, Diocesi e Compartimento di Pisa.
    Risiede alle radici orientali del Monte Pisano presso il palustre lembo meridionale del più vasto lago della Toscana moderna, nel grado 28° 17’ di longitudine, 43° 43’ di latitudine 13 miglia toscane a levante di Pisa, 14 a scirocco di Lucca, e 18 a ostro-libeccio di Pescia.
    Situata in luogo contenzioso, sul confine di due Repubbliche e di due Diocesi, in un suolo incerto, ora libero e ora sotto il dominio delle acque, figurò Bientina nella sua prima giovinezza qual bella donna del Lago, corteggiata e a vicenda posseduta dagl’imperatori o dai papi, dai vescovi o dagli abbati, dai marchesi o dai nobili di varie razze. I quali gerarchi, toparchi e valvassori ebbero in più tempi la loro corte presso Bientina, dall’epoca cioè de’Longobardi sino a che non comparvero nelle Repubbliche di Pisa e di Lucca pretendenti più arditi che tanti vecchi conquistatori d’attorno a Bientina dissiparono.
    A tenere dietro alla intricata istoria di questa contrada, sembra a prima vista di vedere il castello di Bientina parteggiato e dominato da molti nel tempo istesso. Ma ogni equivoco resta tolto, allorché si pone mentre al significato della parola
    corte, cotanto usata nelle scritture del medio evo. Imperocché i popoli del Nord, recando in Italia una parte de’germanici costumi a noi descritti da Tacito, tennero pur quello di fabbricare i loro resedi o palazzi, tanto in campagna che in città, isolatamente dalle abitazioni altrui, contornandoli sempre da uno spazio di terreno, cui davasi il nome di Corte. La quale premessa giovare potrebbe, se
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    io non m’inganno, a togliere di mezzo la confusione di tante possessioni e corti situate in un distretto o contrada, da cui solevano prendere il vocabolo distintivo.
    La prima volta che siasi inteso nominare il paese di Bientina, è in una carta dell’archivio arcivescovile lucchese dell’anno 793, cui tengono dietro due altre del secolo susseguente (857 e 878); dalle quali apparisce, che nei contorni di Bientina possedevano beni sino da quell’età i vescovi di Lucca, mentre dall’altra parte quelli di Pisa accordavano ai marchesi Estensi e Malaspina con titolo di enfiteusi le possessioni di Bientina, dipendenti, all’anno 975, dal plebanato di Calcinaja. In grazia della quale enfiteusi un discendente dei nominati feudatari dispose della corte di Bientina, per la sua porzione a libero arbitrio, allorché l’assegnava in dote (10 giugno 1033) al monastero fondato in Castiglione presso S. Donnino. (MURAT.
    Ant. Estensi).
    Non si sa poi per qual via acquistasse giurisdizione fino costà la Corte di Roma nei secoli intorno al mille, poiché nei registri Vaticani di Cencio Camerario è segnata la corte di Bientina, che in altra occasione si specifica col nomignolo di
    Corte Valentina.
    Mentre i pontefici, i vescovi, i marchesi dispensavano o ricevevano possessi nel distretto di Bientina, una donna (Albizia vedova di Ugo) nel 1030 vendeva la quarta parte della corte medesima col poggio di Fontana, pervenutale dal marito a titolo di dono nuziale. (MEMOR. LUCCH. T. IV).
    Finora però non si è parlato altro che di dominio di suolo, non mai di giurisdizione politica o ecclesiastica, né di castelli, o di popoli che ivi abitassero, e rendessero a quei tanti signori alcuna servitù di vassallaggio.
    Trattasi bensì di ciò in un istrumento della Primaziale di Pisa, dato in
    Metato presso il Serchio li 11 settembre dell’anno 1117. Fu il marchese di Toscana Rabodone, successore
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    della contessa Matilde, colui, che per grazia sovrana da Arrigo IV ottenne di poter vendere al vescovo Pietro e all’opera della Cattedrale di Pisa il Castello e distretto di Bientina con tutte le sue pertinenze, tanto in poggio quanto in piano o nel padule, insieme con il diritto della pesca, corsi d’acque, mulini ec. mediante il prezzo da pagarsi di 2000 soldi d’argento lucchesi. (MURAT. Ant. M. Aevi)
    Frattanto l’arcivescovo Azzone nel 1120 si accordava con gli Opezzinghi, eredi de’Cadolingi, già signori di quella contrada, per le vertenze fra loro insorte rapporto ai confini e giurisdizioni di Bientina. Avvegnachè questi ultimi nel distretto di Bientina continuarono a possedere una vasta estensione di territorio anche nel secolo XIII, siccome lo dà a conoscere un trattato fra gli Opezzinghi e il governo pisano nell’anno 1284 stipulato. (TRONCI,
    Ann. Pis.)
    Dopo la cessione della signoria giurisdizionale sul castello e corte di Bientina, convalidata, nel 1138, dall’imperatore Corrado II all’arcivescovo Balduino, chi si aspetterebbe di vedere comparire in Toscana un altro marchese (Ulderico) per assegnare a Ottone vescovo di Lucca (anno 1144) la corte di Bientina con quel poggio di
    Fontana poco sopra rammentato? – E chi sa, se a questa corte medesima appartenne pure l’isola del lago di Bientina, oggi ridotta a piccolo spazio; o se una tale retroversione di dominio fu la causa di un assalto che nel 1147 i Pisani diedero al castello del Padule dai Lucchesi difeso e popolato? (TARGIONI, Viaggi).
    Che il distretto di Bientina dal confine pisano s’innoltrasse nel territorio di Lucca, e che una parte di abitanti appartenesse a quest’ultima città, lo danno a sospettare le cronache e gli annali dell’una e l’altra Repubblica; ma più specialmente lo dimostra una convenzione, fatta il 25 febbrajo 1178,
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    fra i consoli della Comunità di Bientina e Ubaldo arcivescovo di Pisa. Fu allora che i Bientinesi si obbligarono dentro il giro dello stesso anno di recarsi ad abitare nelle terre dell’Arcivescovo, situate nei confini di Bientina dalla parte di oriente, al di là del ponte detto di Bientina, e non altrove, con prestare ubbidienza e sudditanza al Primate di Pisa: mentre questi dal canto suo prometteva dare a ciascuna famiglia una quantità sufficiente di terreno a titolo di enfiteusi. L’atto medesimo è accompagnato dalla norma del giuramento prestato dai consolidi Bientina e da tutti i Bientinesi, che in numero di circa 120 individui distintamente sono ivi registrati.
    A me sembra di vedere in convenzione sì fatta l’onorifica origine e il primo statuto municipale della Terra e Comunità di Bientina.
    Non corse però molto tempo dacché questo paese fu incorporato al dominio della Repubblica di Pisa, che lo destinò sede di un giusdicente col titolo di capitano, aggregandovi anco i popoli di Montecchio, di S. Prospero, e di Cintoja presso Buti.
    Nel 1275 Bientina fu devastata dalle armi della lega Guelfa di Toscana; ma essa era tornata, nel 1285, in potere dei Lucchesi, quando, per cagione della pesca nel lago, seguirono (anno 1296) risse municipali fra il Comune di Bientina e quello di S. Maria in Monte.
    Altre simili dissensioni, fra le Comunità di Bientina e di Castelfranco, insorsero molto tempo dopo (1332 e 1470) per vertenze di confini distrettuali. (TARGIONI,
    Viaggi - LAMI, Hoedep).
    Nel 1402 Bientina fu consegnata da un Gambacorti ai Fiorentini, ai quali d’allora in poi, quasi costantemente restò fedele sino all’arrivo di Carlo VIII a Pisa (1494), di cui Bientina imitò l’esempio, sollevandosi contro il governo di Firenze. Partito però dall’Italia l’esercito francese, Bientina tornò all’obbedienza della Repubblica fiorentina, e
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    in seguito del governo Mediceo: a sostegno del quale i Bientinesi bravamente respinsero l’esercito di Piero Strozzi, mentre nel 1554 tentava di impadronirsi del loro castello. (AMMIR. Ist. Fior)
    Nei precedenti cenni storici si è rilevata l’epoca più probabile, alla quale rimonta l’origine della Terra di Bientina, allora quando quel nuovo popolo non aveva ancora parrocchia propria, e non sembra che la ottenesse prima del secolo XIV. Conciosiaché né il catalogo delle chiese della Diocesi lucchese, compilato nel 1260, né quello della Diocesi pisana del 1277, notano chiese sotto il nome di Bientina esenti, o dipendenti da qualche altra vicina pieve.
    Non può negarsi però che, sino dall’anno 793, esisteva
    in loco Blentina un piccolo monastero dedicato a S. Andrea (MURAT. Ant. M. Aevi); ma questo non doveva essere che un semplice oratorio o cappella privata, cui solevasi dare anticamente il titolo di monastero.
    Si trovano per altro nel secolo XIV in Bientina due chiese, una intitolata a S. Giusto, l’altra a S. Pietro, ed entrambe sottoposte al piviere di Calcinaja. Esse esistono tuttora, benché ridotti a semplici oratorj, uno dei quali (S. Pietro) è posto nel subborgo australe di Bientina sulla via di Montecalvoli.
    La pieve di S. Maria Assunta in Bientina non ha popoli succursali. Le fu accordato il fonte battesimale, e aveva il suo pievano sino dal secolo XV. La medesima risiede vicino alla piazza maggiore; fu ampliata nel 1640, coperta di una bella soffitta a cavalletti nel 1750, ornata di stucchi nel 1777, e nuovamente abbellita ne 1829
    Bientina gode il vantaggio salutare di una limpida e copiosa fonte di acqua eccellente, che per acquedotto viene dalla collina di S. Colomba; alla quale fonte ci richiama l’antico poggio della
    Fontana sopra nominato.
    Comunità di Bientina. – L’intero territorio di questa Comunità ammonta
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    a 8527 quadrati, dei quali 161 quadrati sono occupati da canali, fossi e pubbliche strade: vale a dire, quasi 6 miglia quadrate di continente, dove trovasi una popolazione di 2209 abitanti, a ragione di 370 persone per ogni miglio quadrato.
    Nell’accennata quantità di suolo però non sono compresi né il padule, né il lago, il quale esso solo occupa nel territorio Granducale una superficie di circa sette miglia quadrate, che nella stagione delle piogge abbraccia un eguale spazio nel padule.
    Spetta alla Comunità di Bientina tutta la porzione del lago che entra nel Granducato con il suolo palustre che lo contorna dai lati di oriente, ostro e libeccio. Dalla parte di settentrione confina con il Ducato di Lucca per terra e per acqua: per gli altri lati è circondato da 5 Comunità del Granducato.
    A cominciare da greco-settentrione del capoluogo, alla fossa navareccia, ossia al porto dell’Altopascio, Bientina ha a confine la Comunità di Santa Croce, con la quale si accompagna sino alla dogana detta del
    Grugno, situata sulla foce del laghetto di Staffoli. Quivi lascia la Comunità di Santa Croce, e trova nell’opposto lato quella di Santa Maria in Monte, girando con essa intorno alla gronda meridionale del lago sino allo sbocco del fosso di Vajano. Dal fosso medesimo si dirige al confluente de’Pantani sino alla strada Regia pistojese, lungo la quale percorre un breve tragitto. Al ponte detto alla scesa de’mulini entra nel rio di Vallemaggiore, e poco dopo in quello Nero. Costà subentra a confine il territorio comunitativo di Montecalvoli, con il quale piega da levante a ostro-scirocco verso la via della Fratta, dove trova la Comunità di Calcinaja. Qua volgendosi a ponente-libeccio s’incammina per la via della Conca in quella che
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    guida da Calcinaja a Bientina, dove incontra la Comunità di Vico Pisano, e con essa volge la fronte a maestro per entrare a Canale Imperiale, il cui alveo serve loro di confine sino alla cateratta della Tura sull’emissario del padule. Quivi seguita l’argine del Margutto che lascia alla strada lucchese, per la quale s’innoltra verso settentrione sino alla dogana del Tiglio, avendo a sinistra lo Stato di Lucca e il lembo occidentale del lago spettante al Granducato. – Una linea diagonale da ostro-libeccio a grecale-settentrionale percorrendo per acqua sino alla fossa dell’Altopascio, segna il confine mobile del lago di Bientina a contatto di quello spettante al dominio di Lucca, che l’antico nome di Lago di Sesto gli ha conservato.
    Varie strade, quasi tutte rotabili passano per Bientina, ove si riuniscono in quella provinciale di Lucca. Tali sono le vie che partono da S. Maria in Monte, da S. Colomba, da Calcinaja e da Vico Pisano. La strada Regia pistojese per breve tratto lambisce dal lato australe il territorio Bientinese.
    Non vi sono fiumi né torrenti di gran conseguenza: sivvero molti fossi e canali. Il maggiore e più importante di tutti per la statistica idraulica e per il commercio è il
    Canale Imperiale, ossia la Serezza Nuova. Esso costituisce l’emissario navigante del lago di Bientina, verso la cui pianura quel gran corpo di acque propende a scendere a rischio continuo di vederla ad ogni escrescenza innondata, se non lo impedissero tanti argini e sostegni.
    Il
    Canale Imperiale riceve le acque del lago alle cateratte della Tura, di dove si dirige a ponente di Bientina, e corre quasi parallelo all’altro emissario della Serezza vecchia sotto i monti di Vico Pisano, per sboccare in Arno sopra S. Giovanni
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    alla Vena.– Vedere LAGO di BIENTINA.
    Fra le colline di Buti e il
    Canale imperiale passa un altro fosso di scolo chiamato Serezza vecchia (l’antica Auserissola). Le praterie interposte fra questo e quello portano il nome di Risaje, come quelle servite alla cultura del riso, la cui sementa fu introdotta in Toscana dal Granduca Francesco I. Anche la Serezza ha d’uopo di un alto argine da mantenersi con la stessa vigilanza di quello del lago, e dei canali suddivisati.
    Il fosso della
    Serezza vecchia serve di scolo alla pianura di Buti; esso distaccasi al pari dell’altro dalle cateratte della Tura, dove fanno capo molti altri fossi tracciati nel padule.
    Costà fu inalzata sino dai tempi del Granduca Francesco II una magnifica fabbrica con cateratte dirette dal mattematico Ximenes.
    A riparare dagli spagliamenti acquitrinosi la pianura orientale di questa Comunità è destinato un terzo canale denominato
    Cilecchio. Esso raccoglie le acque che rigurgitano dalla parte meridionale del lago fra la Tura e la dogana di Vajano.
    Esiste alla sinistra del
    Canale imperiale lo scolo di Vico, come quello che serve a ricevere le acque provenienti nella maggior parte dalla Comunità di Vico Pisano.
    Avvi di più un altro fosso di scolo, detto il
    Giuntino, il quale, per quanto abbia origine nel piano di Bientina, entra presto nella Comunità di Calcinaja, e corre quasi parallelo a quello di Vico sino all’argine destro dell’Arno.
    Tanto le imboccature quanto li sbocchi di questi emissarj del padule e lago di Bientina sono muniti di cateratte per trattenere lo scolo durante le piene dell’Arno, stanteché allora il pelo delle acque del fiume potrebbe salire a un’ altezza maggiore di quella del lago
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    o dei suoi emissarj. Senza la quale provvidenza dell’Arno rigurgiterebbe nei canali medesimi con danno e inondazione delle adiacenti campagne.
    Ma la scienza idrometrica unita alle cure e al coraggio di facoltosi possidenti terrieri ha saputo da quell’epoca in poi trar partito da questo stesso fisico difetto mercé un ben regolato sistema di colmate. Per opera delle quali la pianura medesima, e specialmente quella spettante alla vasta tenuta del marchese Giuseppe Pucci di Firenze si è rialzata non meno di un braccio e mezzo dal principio del secolo XIX in poi. –
    Vedere POZZO (VILLA del) nel Val d’Arno inferiore.
    Quella parte del territorio di Bientina che è occupata dalle acque stagnanti, si divide, come si disse, in lago e in padule. Il primo è profondo, navigabile, sempre ripieno di acqua chiara, mantenuto dai rivi e torrenti provenienti da altre Comunità, o dallo Stato lucchese.
    Il lago, che sotto il nome di
    Chiaro suole volgarmente dal padule distinguersi, non presenta alla sua superficie piante acquatiche, mentre ne abbonda il padule che dal lago di Bientina più che altrove largheggia e si estende. – La porzione palustre costituisce i così detti pagliereti, i quali si dividono in terra ferma ed in pollini. Quest’ultimi sono formati da terriccio e da radici di piante acquatiche intralciate insieme in guisa che s’innalzano e galleggiano al pari delle isole natanti, cambiando di situazione a seconda dell’urto e direzione dei venti. Alcuni di loro per altro restano immobili e al crescere delle acque medesime si sommergono.
    Nel mezzo del lago, quasi sulla linea di confine fra il Granducato e lo Stato di Lucca, scuopresi un piccolo spazio di terraferma, che porta il nome d’Isola, avente sopra di sé una casetta per asilo de’pescatori. La quale isola essere doveva molto
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    più estesa, e conseguentemente il pelo delle acque del lago assai più basso, se deve a questo luogo riferirsi quel castello del Padule custodito da 300 armati Lucchesi, e con tanto apparato di barche piatte e di munizioni investito, nel 1147, dai Pisani, che sino d’allora il castello del Padule da capo a fondo atterrarono.
    Il rialzamento per tanto del lago sembra che accadesse in conseguenza del rialzato alveo dell’Arno a danno delle soggiacenti campagne. Che infatti sia avvenuto così, lo dimostrano incontrastabilmente tanti provvedimenti idraulici presi a tale scopo; fra i quali il più decisivo è quello di avere dovuto rialzare più volte le soglie delle cateratte dell’
    emissario al lago, affinché questo in tempo di piene non divenisse suo immissario.
    Torneremo su questo argomento di geografia economico-idraulica allorché al suo articolo avrà luogo la descrizione e vicende dell’intero lago di Bientina e di Sesto. Quì solo ne incombe dare un’idea dei rapporti fisici ed economici relativamente alla porzione del
    chiaro e del padule compresa nella Comunità in questione.
    Uno degli oggetti più importanti d’industria, quello che alimenta una gran parte della popolazione e che costituisce la maggiore entrata della Comunità di Bientina, è la pesca del suo lago. Una parte del medesimo è chiusa da un recinto, denominato dai pescatori i
    Proventi, come quello riservato alla Comunità, della quale viene concesso al maggiore offerente in affitto. Fuori del prescritto spazio a chiunque è permessa la pescagione in tutte le stagioni dell’anno.
    I pesci che ivi si alimentano consistono in
    Luccio, Perso, Scalbatra, Tinca, Muggine, Reina, Barbo, Lasca, Cheppia, Lattaja, Gavedano e varie qualtà di Anguille, fra le quali il Gavonchio, il Marchione, il Martinello, il Musino e la
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    Lampreda.Fu notato da alcuni che molte fra le surriferite specie di pesci fanno la loro cova dentro al lago, piuttosto che nella porzione palustre.
    Il
    Luccio e il pesce Perso si pescano in maggior copia nel marzo, che è il tempo della loro fregola.
    Le
    Scalbatre sogliono pescarsi in numero copiosissimo dentro il padule nei mesi di ottobre e novembre: nel qual tempo quel pesce và a refugiarsi in alcuni determinati luoghi, dalla qualità delle piante che ivi allignano, chiamati Papée.
    In minor quantità compariscono i
    Muggini, le Reine, i Barbi, le Lasche e altri di simil sorta, che dall’Arno per l’emissario s’introducono nel lago. Forse la stessa via tengono anche le anguille, alcune delle quali provenienti probabilmente da quelle piccole anguillette che alle mense dei Pisani s’imbandiscono, sotto il vocabolo di Cieche.
    Motivarono alcuni una simile congettura, dall’avere osservato le anguille del lago di Bientina in qualunque tempo sgravate. Questo pesce, che forma i più ricco prodotto del padule, abbonda più che altrove nel recinto dei Proventi. Si pesca in tutte le stagioni, ma con più successo nell’ottobre e nel novembre. Il modo di pescarlo è singolare; mentre suol praticarsi quasi generalmente di notte tempo, quando la luna è in decrescenza, o allorché le acque del lago, in conseguenza di abbondanti piogge, di venti o di tempo burrascoso, s’intorbidano, acquistano un movimento e una corrente maggiore.
    La pesca delle anguille si fa esclusivamente dentro il palude nei
    pagliereti o intorno ai pollini.
    Gl’istrumenti a tal’uopo impiegati, sono i
    tramagli, le lensi, altre reti di simil maniera, e la fiocina.
    Ma fra tutti gli arnesi pescatorj, il
    goro è quello, col quale si prende
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    nel lago il maggior numero di pesci, anche i più minuti, con sommo pregiudizio della loro moltiplicazione. La pesca de’gamberi suol praticarsi a preferenza nel canale della Serezza. Non dirò di quella delle ranocchie che è copiosissima per ogni dove nei bassi fondi e in tutta la pianura Bientinese.
    La rendita di questo padule, essendo come si disse, in libertà di chiunque il pescare senza render conto della sua preda, non può esattamente calcolarsi. È altresì vero che i
    Proventi, ossia la parte riservata alla Comunità, frutta un’entrata non minore di mille scudi per anno.
    Fa meraviglia però che i Bientinesi in tanta copia di pesci non usino di alcun metodo atto a conservarli, onde ricavarne un maggior profitto in tempi di minore raccolta.
    Ai prodotti animali del lago di Bientina sono da aggiungere gli uccelli acquatici, fra i quali le folaghe, che abbondano costà in modo prodigioso.
    Oltre le enunziate produzioni animali, il padule somministra al popolo di Bientina un altro mezzo d’industria nel trasporto dei generi di Val di Nievole o Val d’Arno dall’una all’altra sponda del lago. – Fra le piante palustri il giunco (
    Scirpus palustris Mich.) e il biodo (Thypha major Linn.) si usano dai Bientinesi per fare stoje e coprire capanne.
    I vegetabili del padule di Bientina furono nella massima parte descritti dal sommo botanico Micheli, allorché costà esercitava il suo tirocinio scientifico. Sono da notarsi nel numero di esse varie specie del genere
    Chara, le quali vegetano non solamente nel padule, ma eziandio il fondo del lago coi loro steli ricuoprono. Le esperienze istituite recentemente dal professor Paolo Savi e dal suo ajuto Ranieri Passerini di Pisa, ad oggetto di conoscere i principj immediati e i fenomeni che risultano dalla putrefazione di quelle piante palustri,
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    hanno fornito ragioni per credere, che il fetore particolare tramandato nella calda stagione dai paduli, come causa principale della cattiv’aria, debbasi ripetere dalla decomposizione delle piante suindicate. (GIORNAL. de’LETTER. di PISA, n° 59, anno 1381).
    Fra i prodotti di suolo, copiosissimo è quello del fieno di
    folasco, raccolto intorno alle gronde del padule sugli argini del lago e lungo i fossi di scolo.
    La sementa della canapa e del lino prospera dove esistevano le risaje.
    Il grano e il vino sono le raccolte che tengono il secondo posto; il primo per la quantità insufficiente alla popolazione, il secondo per la sua qualità: stante che le viti si maritano e rivestono sino alla cima altissimi pioppi lungo i fossi, per cui danno un vino di tale qualità che il Redi maledirebbe al pari quello di Lecore.
    I gelsi e gli ulivi scarseggiano; così pure gli alberi da frutto e da bosco, mentre questi ultimi lussureggiano nelle colline di S. Maria in Monte e di Buti.
    In Bientina non vi sono mercati settimanali; una fiera bensì di molto concorso di bestiame e di merci ha luogo nei primi tre giorni di settembre;
    La Comunità mantiene un medico, un chirurgo e un maestro di scuola. Ha la sua cancelleria e il giusdicente civile e criminale in Vico Pisano, l’ufizio di Esazione del Registro in Pontedera, la Conservazione delle Ipoteche e la Ruota in Pisa.

    QUADRO della Popolazione della Comunità di BIENTINA a tre epoche diverse

    - Popolazione dell’anno 1551
    BIENTINA, Pieve di S. Maria Assunta,
    abitanti n° 700

    -
    Popolazione dell’anno 1745
    BIENTINA, Pieve di S. Maria Assunta,
    abitanti n° 1548

    -
    Popolazione dell’anno 1833
    BIENTINA, Pieve di S. Maria Assunta,
    abitanti n° 2209

    BIENTINA – Dopo le parole: Nel 1402 Bientina fu consegnata da un Gambacorti ai Fiorentini,
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    si aggiunga: che insieme con Bientina fu consegnato Buti ed il loro territorio dichiarato del distretto fiorentino. Quindi non deve sorprendere i diplomatici se trovano alcuni istrumenti rogati nel 1402 in quei due paesi che si dicevano in quel tempo compresi nel distretto di Firenze.
    Nel 1833 la parrocchia dentro la Comunità di Bientina contava 2209 Abitanti e nel 1845 ne aveva 2477, oltre i quali mandava una frazione di 60 individui nella Comunità di Vico Pisano. – Totale Abitanti 2537.

    VIA, o STRADA DEL TIGLIO. – Staccasi dalla
    Via regia Traversa della Val di Nievole a non molta distanza dalla testata destra del nuovo Ponte sull’Arno presso la Bocca d’Usciana, e di là fino al confine Lucchese che trova dopo quasi sei miglia fiorentine poco lungi dalla dogana del Tiglio passando prima in mezzo alla Terra di Bientina.
Localizzazione
ID: 536
N. scheda: 6620
Volume: 1; 5; 6S
Pagina: 320 - 325; 735; 30
Riferimenti:
Toponimo IGM: Bientina
Comune: BIENTINA
Provincia: PI
Quadrante IGM: 105-3
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1630594, 4841073
WGS 1984: 10.62186, 43.71275
UTM (32N): 630657, 4841247
Denominazione: Bientina - Via, Strada del Tiglio
Popolo: S. Maria Assunta di Bientina
Piviere: S. Maria Assunta di Bientina
Comunità: Bientina
Giurisdizione: Vico Pisano
Diocesi: Pisa
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana
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