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Dizionario Geografico Fisico
e Storico della Toscana

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Camaldoli

 

(Camaldoli)

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    CAMALDOLI (Campus Maldoli) nel Val d’Arno casentinese. Monte, Eremo e Monastero sull’Appennino, detto per antonomasia la Giogana, fra la Falterona e il Bastione, di cui Camaldoli è l’anello, che insieme con loro chiude il Casentino dalla parte di settentrione, che separa le acque dell’Arno da quelle del Savio e del Bidente, la Toscana dall’Umbria e dalla Romagna.
    Uno dei punti più eminenti di questa
    Giogana è il poggio a Scali, dal cui vertice si discerne una gran parte dell’Italia centrale. Esso è quello istesso Appennino segnalato dall’Ariosto, perché

    ….
    scuopre il mar Schiavo e il Tosco
    Dal giogo onde a Camaldoli si viene.

    Dal poggio a Scali si dirama verso ponente-libeccio il contrafforte denominato lo Sprone di Camaldoli o la Faggiola. Dalla sua pendice occidentale scende per varj rivi il torrente Staggia, mentre nel fianco orientale scaturiscono piccoli ruscelletti per raccogliersi insieme nel torrente Archiano che sovra l’Ermo nasce in Appennino.
    Dal lato che guarda settentrione, il poggio
    Scali si attacca alla catena maggiore mediante il giogo chiamato il Prato al Soglio, punto estremo fra la Toscana e l’antico Esarcato.
    Verso oriente havvi l’Alpe di Prataglia segnalata nelle prime carte di quella Badia col nome di
    Monte Acuto, sulla di cui schiena scaturisce il Bidente di Strabatenza.
    Per tre strade mulattiere si sale a Camaldoli, due sul fianco occidentale della
    Faggiola. Una di esse da Stia per Ama sale sino allo Sprone, di dove riscende nell’opposta parete sino all’Eremo che trova un miglio sottostante al giogo. L’altra via è quella che staccasi da Pratovecchio, e per Casalino o per Moggiona va a ricongiungersi a quella di stia presso al giogo. La terza è
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    tracciata sul fianco orientale del contrafforte che da Camaldoli lungo l’Archiano passa sotto Seravalle e di là per Partina guida a Bibbiena o a Poppi.
    La distanza da Stia e da Pratovecchio all’Eremo di Camaldoli è di circa 7 miglia, 9 da Poppi e altrettante da Bibbiena. Vi s’impiegano comunemente 3 in 4 ore per andare, e poco meno per ritornare ai paesi sopraindicati.
    Per un pittore (diceva l’abate Fontani) non vi ha forse luogo in Toscana così acconcio ed opportuno quanto Camaldoli a ritrar la natura nel suo vero e nel suo bello, in mezzo a quell’orrore che maestosamente ne riveste i contorni.
    Questa giogana dell’Appennino conserva l’antica sua chioma ornata di una estesissima faggeta, alla quale subentrano con regolare simmetria per ordine di età coordinate selve di abeto, che i suoi fianchi adornano di perenne verzura. Il color verde fosco delle foglie di abeto, la forma perpendicolare dei loro fusti, a confronto del verde chiaro e della tortuosa ramificazione dei faggi che crescono a contatto, talora intersecano, e spesso fanno corona alle abetine, costituiscono il più bel colpo d’occhio di questa montagna. La quale col taglio del suo legname somministra le maggiori entrate agli eremiti di Camaldoli, che da otto secoli ne sono i proprietarj.
    Quantunque le due qualità di piante già rammentate siano gli alberi indigeni e primitivi delle nostre montagne, contuttociò pochi gioghi dell’Appennino toscano conservano la loro criniera adorna cotanto come lo è quella di che si discorre. Nella quale, già dissi altrove, esiste la sede più costante e meglio regimentata di estese e grandiose abetine, lo spettacolo della vegetazione più rigogliosa e più imponente che offrir possano i monti toscani. –
    Vedere APPENNINO.
    Queste selve però sono interrotte e rese più vaghe all’aspetto da vasti campi coperti di suffrutici e di delicata pastura.
    Tale essere doveva quel
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    Campo di Maldulo in mezzo a 7 fonti, donato a S. Romualdo per edificarvi l’Eremo che poi di Camaldoli ebbe il nome.
    Questo luogo scelse S. Romualdo per costruirvi cinque celle isolate, presso alle quali fondò una cappella (
    Basilica) sotto l’invocazione del Salvadore, consacrata da Teodaldo vescovo di Arezzo poco innanzi che egli donasse al primo Eremita Pietro Dagnino, (nell’agosto del 1037) altre selve intonse presso la sommità di quell’Alpe che divideva la Toscana dalla Romagna, e la giurisdizione aretina dalla fiorentina e dalla diocesi di Fiesole.
    Giace il sacro Eremo, asilo di quiete e di vita contemplativa, in mezzo a una folta selva di gigantesche piante di abeto, cinto all’intorno da un largo giro di mura, entro alle quali trovasi un vago e assai decoroso tempio, con atrio, coro e cappelle all’uso monastico.
    Nel fabbricato annesso esistono officine per gli usi economici, separate dalle celle degli Eremiti. Sono queste ultime le une dalle altre isolate lungo regolari viali, eguali di forma, di grandezza e simmetricamente situate equidistanti fra loro con respettivo orticello. – Dirimpetto al tempio havvi il locale dove fu una scelta libreria, ricca di preziosi codici greci e latini, con un archivio di numerosi rotoli talmente corredato, che da esso i maggiori documenti estrassero gli Annalisti di quella Congregazione. Una collezione di pitture eseguite sul muro, sulla tela e sulle pergamene da uomini distinti nell’arte del disegno fu essa pure dissipata insieme colle stampe e coi manoscritti all’occasione dell’universale soppressione degli Ordini religiosi in Toscana, e poche di esse alla loro restaurazione ritornarono nel Sacro Eremo di S. Romualdo.
    Gli storici Camaldolensi non vanno di accordo sull’epoca precisa della fondazione di quel devoto ritiro. Poiché gli autori di quegli Annali la segnano all’anno 1012, Mabillon all’incontro la porta all’anno 1018,
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    e il padre Grandi sotto gli anni 1023 e 1027.
    Comunque sia, tanto il S. Eremo, quanto il sottostante monastero, già ospizio di S. Donato e S. Ilarino a
    Fontebona, furono di qualche anno posteriori alla fondazione della Badia di S. Maria a Prataglia, situata 4 miglia toscane a levante di Camaldoli. – Vedere ABAZIA DI PRATAGLIA.
    Il nuovo e placido regime monastico, la fama e le virtù del santo Istitutore, avendo richiamato a quell’Eremo molti uomini disgustati del mondo e dei suoi tiranni, contribuirono ad arricchire di buon’ora quei cenobiti per le molte offerte degli ascritti accolti. E cotanta fu l’affluenza, che si diede opera a un più vasto edifizio, il quale, essendo restato, nel 1203, quasi totalmente preda delle fiamme, si riedificò nel medesimo luogo con maggiore solidità e bellezza; sicchè chiesa e monastero nel 1220 restarono compiuti.
    Aumentata posteriormente la clausura, si ebbe in mira di conservare un accordo di simmetria a tutto l’edifizio, al quale fu recato non piccolo guasto nel 1498, quando l’esercito Veneziano sotto la condotta del duca di Urbino pose in stato di assedio il monastero di Camaldoli, come quello che insieme con i suoi possessi, sino dal 1382, era stato dichiarato sotto la protezione e tutela della Repubblica fiorentina. Fu probabilmente in conseguenza di quei disastri, che si dovè riedificare nel 1523 la vecchia chiesa, condotta con buon disegno a pietre lavorate, e nel suo interno fregiata di pitture fatte dal Vasari nella sua giovinezza. Nel 1772 la chiesa di Camaldoli fu ampliata, ricostruita quasi dai fondamenti; e consacrata nel 24 giugno 1776 da Giuseppe Pecci vescovo di Montalcino.
    Accosto alla sagrestia vi è la stanza dove fu la stamperia eretta da Pietro Delfino Maggiore di Camaldoli, successore dell’eruditissimo Ambrogio Traversari, che fu il maggior lustro di quella Congregazione religiosa cotanto benemerita
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    della Toscana, e precipuamente del Casentino.
    Convien dire che i Camaldolensi non solo si distinsero per la loro astinenza, esemplare carità e beneficenza verso i bisognosi delle vicine contrade, ma sì ancora per la cura e l’impegno con cui animarono l’agricoltura e il commercio. Avvegnachè essi furono a tutti gli altri maestri nell’arte di custodire e trarre il maggior profitto possibile dalle foreste; e per essi loro fu dimostrato assai chiaro che l’arte bene spesso sa opportunamente correggere la natura e ritrovare vantaggio anco là appunto dove parea meno propizia, più inerte, od affatto indegna degli umani sforzi e delle cure di un proprietario industre e non bisognoso.
    Eglino singolarmente si segnalarono fino a quest’ultima età, conciliandosi la stima degli agronomi, del governo e dell’universale, per non essersi lasciati trascinare da un mal calcolato interesse nel quasi assoluto diboscamento della selva forte, di cui furono vittima varie parti della Toscana. I tagli sistematici che ad ogni centennio si eseguivano per ordine di età nelle vaste abetine di Camaldoli, il metodo costante di rimpiazzare le abbattute piante con un eguale e forse maggiore spazio di piantonaje nuove, hanno fatto sì che quel bosco variasse di aspetto e di località, ma non perisse mai. Alcuni capricciosi tagli smoderatamente eseguiti dopo il 1810 nel bosco di Camaldoli e in quello detto dell’
    Opera apportarono non lievi alterazioni alla bellezza, regolarità e profitto successivo di quelle selve, cui è da desiderare che l’attivo e intelligente Camaldolense possa ripristinare nel suo antico decoroso aspetto. – Vedere MOGGIONA.

    CAMALDOL1 (
    Campus Malduli) nel Val d'Arno casentinese. – Oltre quanto fu detto all' Articolo PRATOVECCHIO rispetto all'età e taglio degli abeti di Camaldoli, aggiungerò qui il periodo di una lettera del 7 ottobre scrittami dal defunto don Vincenzio Frilli Eremita di Camaldoli
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    e camarlingo di quel santuario. “Noi non abbiamo in questo una regola certa. Gli abeti per travi spediti a Roma per la Basilica di S. Paolo, e le antenne che attualmente si spediscono al Viceré di Egitto, si accostano sicuramente ai quattro secoli. Di cent'anni avrebbamo abeti, o abetelle da vela latina, ecc.”
    In quanto all'archivio di Camaldoli che fornì documenti preziosi agli autori degli
    Annali Camaldolensi esso esisteva nel monastero sottostante al S. Eremo di Camaldoli.
Localizzazione
ID: 757
N. scheda: 9352
Volume: 1; 6S
Pagina: 402 - 404; 39
Riferimenti:
Toponimo IGM: Camaldoli
Comune: POPPI
Provincia: AR
Quadrante IGM: 107-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1726842, 4853008
WGS 1984: 11.82051, 43.79691
UTM (32N): 726905, 4853183
Denominazione: Camaldoli
Popolo:
Piviere:
Comunità: Poppi
Giurisdizione: Poppi
Diocesi: Arezzo
Compartimento: Arezzo
Stato: Granducato di Toscana
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