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Capoliveri, Capoliberi - Miniere della Toscana - Isolotto de'Gemini - Cala de' Gemini - Monte e Capo Calamita - Cala della Grotta

 

(Capoliveri - Isole Gemini (a S) - Monte Calamita (a SE))

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    CALA DE’GEMINI. Nell’Isola dell’Elba dal lato meridionale presso due scoglietti omonimi sotto il Monte Calamita.

    CALA DELLA GROTTA. Al Capo Calamita nell’Isola dell’Elba.

    CALAMITA (MONTE e CAPO) nell’Isola dell’Elba. Monte e Capo che costituisce il promontorio meridionale dell’Isola fra Porto Longone e il Golfo della Stella, sul quale risiede il paese di
    Capoliveri.
    Ebbe nome di Calamita dalla natura del minerale (ferro ossidulato) in gran parte magnetico, subalterno alle rocce calcaree verrucane; il quale predomina segnatamente fra le rupi scoscese della costa detta
    Puntanera del Monte Calamita. Fu scoperto il ferro magnetico dell’Elba, nel 1655, visitato poco dopo e descritto dal naturalista Mercati nella sua Metalloteca Vaticana.
    Vi fu chi credette che la bussola dei bastimenti, mentre passavano davanti al Capo Calamita, cangiasse direzione; ma quest’opinione è contrariata dai fatti, mentre l’ago magnetico non subisce deviamento né irregolarità, tampoco costeggiando da vicino il monte Calamita.

    GEMINI (ISOLOTTO DE’). – Due scogli che emergono fuori dell’onde alla base del monte Calamita dal lato di libeccio dell’Isola d’Elba, dai quali prende il nome la vicina Cala de’Gemini presso il Porto di Longone. –
    Vedere CALA DE’GEMINI.

    CAPOLIVERI e CAPOLIBERI (
    Caput liberum) nell’Isola dell’Elba. Castello con Pieve (SS. Annunziata) nella Comunità, Giurisdizione e 3 miglia toscane a libeccio di Longone, Governo di Portoferrajo, Diocesi di Massa Marittima, Compartimento di Pisa.
    Risiede sul crine dei poggi che formano continuazione col Monte Calamita, il quale può dirsi un grande promontorio di quell’isola, non più che un miglio distante dal mare, dalla parte di libeccio, e 2 miglia toscane dal Golfo di Longone che domina dall’opposto lato.
    O che si debba la sua origine a un tempio del dio
    Libero (Bacco) esistito nel luogo di questo semidiruto castello, ovvero che derivasse il nome di Libero dalla difficoltà di approdare intorno alla scoscesa rupe
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    di quel Capo, che costituisce il corno occidentale del grandioso porto di Longone, innanzi che si appellasse Monte Calamita, fatto è che l’origine di Capoliveri resta tuttora ignota. Essendo che è una gratuita asserzione la sentenza di colui che fece di Capoliveri un paese di privilegj e di libertà, un asilo di debitori e di falliti sotto il governo di Roma e anche sotto quello più moderno della Repubblica di Pisa.
    Uno dei più antichi documenti che io conosca relativo a Capoliveri è un’istrumento inedito, rogato il 25 novembre 1235, nella casa della chiesa di S. Michele di Capoliveri nell’Elba, dove l’abate del monastero di S. Felice di Vada diede a enfiteusi al rettore della pieve di Capoliveri, e ai suoi successori la chiesa e beni di
    S. Felice della Croce, nell’Isola dell’Elba, con l’onere di pagare l’annuo tributo di lire 8 pisane. (ARCH. DIPL. FIOR. Carte di S. Paolo all’Orto di Pisa).
    Capoliveri fu nel numero dei paesi assaliti e devastati dai barbareschi sbarcati all’Isola dell’Elba sotto
    Barbarossa nel 1543, e sotto Dragutt nel 1555. – Vedere LONGONE.
    La parrocchia di Capoliveri conta 1266 abitanti.

    MINIERE DELLA TOSCANA. – Varie qualità di filoni e di vene metalliche s’incontrano rinchiuse fra le rocce dei monti di Toscana; ma nessuna, né tutte insieme equivalgono la più antica e inesauribile al pari di quella di ferro nell’Isola d’Elba.
    Dopo la miniera che si estrae dal suolo a cava aperta nelle pendici orientali del monte di Santa Caterina di Rio all’Isola qui sopra rammentata, tutte le altre che si sono interrottamente tentate, poi abbandonate e ritentate, esistono nel continente della Toscana; ma niuno di cotesti filoni metalliferi emerge, né si è trovato, ch’io sappia, nascosto fra terreno secondarj o terziarj o fra rocce di deposito, che
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    possano appellarsi decisamente stratificate. – Ho detto decisamente stratificate, avvegnachè il più delle volte dai filoni metalliferi sembra che sia stata prodotta una tal quale alterazione della struttura dei terreni nettuniani, tostochè questi, dove incontransi dei filoni preindicati, hanno cambiato di aspetto in guisa tale da vederli cangiati in rocce cristalline o quasi cristalline massive, tali insomma da conservare appena una qualche traccia di stratificazione. Cotesti filoni metalliferi qualche fiata trovansi diramati in sottili vene penetrate fra i terreni stratificati, quando però questi ultimi avvicinano le rocce massicce, o plutonizzate.
    Dondechè nelle rocce di macigno, o arenaria, nel calcare alberese, nello schisto marnoso, e in simili altri membri costituenti la catena centrale, o i contrafforti della destra e della sinistra costa dell’Appennino, è cosa straordinaria e rarissima di riscontrarvi
    filoni metalliferi; e ogni qualvolta tali filoni o vene ivi s’incontrino, avviene sempre di trovarli a contatto delle rocce cristalline state plutonizzate, o almeno di vederli frappostì a rocce semi-cristalline.
    Cotesti fatti, che si mostrano costanti non solamente nel suolo d’Italia, ma in quello doltremonti e d’oltre mare, hanno fornito ragione da far credere ai geologi, che i sollevamenti dei terreni stratificati, la loro modificazione in terreni massicci e cristallini sia stata una conseguenza delle catene e dei filoni metalliferi, allorché questi in stato di fusione s’insinuarono in modo di frammezzo alle rocce stratificate, in modo tale che quasi ne fusero i loro elementi nel tempo stesso che le sollevarono.
    Parlando dei terreni principali della Toscana, delle loro variate montuosità, e differenza di livello delle valli relativamente al mare, che le avvicina, il Professor pisano Paolo Savi, dopo avere con scrupolosa accuratezza e criterio scientifico esaminato una gran parte della catena montuosa metallifera toscana, mostrasi convinto delle cause, per le quali le
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    notabili altezze, cui ora trovansi i banchi de’terreni terziarj e dei terreni pluto-nettuniani nelle valli subappennine della Toscana, come quelle che sono da attribuirsi all’innalzamento del suolo, sul quale riposano; quantunque lo stesso geologo pisano creda che alcune montagne o porzioni di montagne della Toscana debbano lo stato attuale, e le loro fratture, allo sprofondamento d’una porzione delle masse stratiformi, che le costituiscono e donde cotali terreni plutonizzati resultarono.
    All’Articolo APPENNINO TOSCANO, discorrendo della sua fisica struttura (VOL. I pag. 96) io diceva che, se la giogana costituente la spina del nostro Appennino è da dirsi quasi uniforme rapporto alla qualità delle rocce che la costituiscono, appartenenti per la massima parte ad un terreno di sedimento inferiore, o medio (
    calcareo stratiforme compatto, schisto marnoso, macigno e grès di più varietà), altrettanto da coteste rocce diversificano quelle di quei monti che quasi indipendenti dalla catena superiore sorgono interrottamente in Toscana fra mezzo alle rocce di sedimento inferire marino. Tali sono i gruppi dell’Alpe Apuana, del Monte Pisano, di quelli di Val di Sterza, della Gherardesca, di Campiglia, di Massa Marittima, di Montieri, di Rocca Strada e del Promontorio Argentario. – A questo sistema si riattaccano, a levante i terreni dei vulcani spenti lungo il fiume Fiora, le trachiti del Montamiata e le lave di Radicofani, mentre a ostro e a libeccio si affacciano in mezzo al mare le masse granitiche, serpentinose e quelle marmoree delle Isole di Giannutri, del Giglio, di Montecristo, dell’Elba, di Capraja, e della Palmaria davanti al Golfo della Spezia.
    Donde consegue, che molte valli della Toscana veggonsi fiancheggiate da due linnee di monti di origine diversa; dai sproni, cioè, che si appoggiano e
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    formano parte immediata della giogana centrale e stratiforme dell’Appennino, mentre l’altra linea appartiene ai terreni cristallini e in massa dei gruppi montuosi sopradescritti. Havvi fra le due linee testé indicate un terzo sistema spettante al terreno superiore marino, dal quale restano ricoperti i poggi e le colline di molte valli subappennine.
    Anche all’Articolo ALPE APUANA fu detto (Vol. I. pag. 70) che qualora si contempli sotto l’aspetto geologico cotesta immensa mole marmorea, non vi ha forse montagna nel continente toscano che richiami dai naturalisti una maggiore attenzione per il singolare fenomeno di veder in mezzo al bacino del Serchio e della Magra sviluppato un grandioso elevatissimo scoglio, consistente in gran parte in
    calcareo saccaroide. Alla qual formazione in molti luoghi si associano de’schisti quarzo-talcosi con filoni metalliferi ricchi di ferro, di piombo-argentifero e di altri metalli; mentre nei punti più lontani dal centro della montagna alle rocce prenominta sovrappone, dal lato del mare, un calcareo cavernoso, e nel rovescio della montagna, un macigno convertito in gabbro. – Mi gode l’animo di potere qui aggiungere un’autorità della mia assai più valevole, quella cioè del prelodato professore Paolo Savi; il quale in due dotte memorie geologiche inserite nel Nuovo Giornale Pisano dell’anno 1837, là dove discorre della catena metallifera toscana, causa del sollevamento di alcune porzioni del nostro suolo, egli faceva osservare, qualmente lungo tutta la costa occidentale d’Italia sorge una più o meno interrotta serie di montagne, le quali hanno per base e per nucleo il verrucano e le sue alterazioni in steaschisto e gneis; e che queste rocce per la maggior parte resultano delle grandi masse calcaree di quella specie di alberese che egli appella
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    Lias appenninico, oppure dalla porzione inferiore del macigno; l’una e l’altra sovente cangiate in calcareo salino, in dolomite, o in calcareo cavernoso, cui non di rado, ma sempre scarsamente, si trova vicina anche l’arenaria, o macigno. Cotesto aggruppamento di rocce della Toscana a partire da libeccio comincia a mostrarsi alle due estremità del Golfo della Spezia, e specialmente al Capo Corvo.; ne è formato tutto il maestoso gruppo delle Alpi Apuane, il Monte Pisano, varj di quelli del Campigliese, quelli fra Monte Pescali e l’Ombrone nella provincia grossetana, i monti fra la foce dello stesso Ombrone e l’Albegna, il promontorio Argentaro e quasi tutta l’Isola dell’Elba.
    Benché nella serie di cotesti monti (che per distinguerla dalla catena Appenninica il Savi nelle sue memorie geologiche qualificò col titolo di Catena metallifera toscana), benché, dissi, i fianchi dei monti predetti siano sovente intieramente o quasi per intiero privi di terra, e che in tal guisa spogliati si veggano fino al livello del mare, non comparisce però in alcun punto ombra di terreno terziario marino, né alcun indizio che possa dar sospetto essersi depositato costà sopra alcuna produzione del mare, dopo l’epoca in cui quelle montuosità cristalline si formarono. Ciò ammesso, parve cosa evidente all’autore delle memorie sopra indicate, che i monti della Catena metallifera siano emersi nel periodo successivo alla deposizione e sollevamento dei terreni formati di depositi terziarii marini, di quelli cioè che costituiscono la maggior parte dei poggi e colline delle valli secondarie interposte fra la giogana centrale dell’Appennino che Italia parte, e la Catena metallifera che corre saltuariamente
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    lungo il littorale della Toscana.
    Dopo queste e non poche altre osservazioni che qui tralascio, il professore pisano trova ragione di desumere le conseguenze generali seguenti, e prima di tutto che lo stato attuale dei monti da cui la Catena metallifera massiccia è composta, vale a dire le anguste gole, la rottura delle sue masse calcaree ec. ec., non solo è dovuto a un sollevamento della parte intermedia, ma ancora allo sprofondamento d’una porzione della sua periferia.
    In secondo luogo egli conclude, che i filoni ed ammassi metallici e metalliferi di
    ferro, piombo argentifero, blenda, piriti cuprifere ecc. con matrice ordinariamente quarzosa, e qualche volta baritica, le iniezioni granitiche ec. ec., siccome le crede pur esse state rotte e divise nelle aperture delle gole e valli sopraccennate, i movimenti che originarono tali rotture dovettero però essere posteriori alla comparsa delle sostanze metalliche nelle sue viscere penetrate, come anche susseguitarono l’alterazione chimica e plutonizzazione delle rocce nettuniane che costituiscono l’ossatura di quelle montagne.
    In terzo luogo infine, che la catastrofe la quale ridusse nello stato in cui sono attualmente i monti della
    Catena metallifera, fu, come si disse, posteriore alla deposizione dei nostri terreni terziarj, ossia delle colline subappennine marnose.
    Premesse queste poche osservazioni generali sulla struttura dei monti che coprono la Toscana, dirò, che sebbene cotesto paese riesca povero anzi che nò di filoni ed ammassi metallici e metalliferi, pure è accaduto nei secoli trascorsi che si rivolgessero, siccome ora di nuovo si rivolgono, verso cotesta branchia d’industria metallurgica, istruiti e capaci speculatori. Alla qual cosa hanno dato un potente incitamento le recenti cognizioni geologiche, i metodi economici nuovamente istituiti, i molti ajuti dalla fisica, dalla chimica e dalla meccanica somministrati, le relazioni dei viaggi scientifici aumentate, le comunicazioni per tutte le
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    parti del globo terraqueo facilitate, e finalmente lo spirito di associazione che va ogni giorno più acquistando forza per intraprendere utili e grandiose operazioni.
    Fra i metalli, o fra i filoni metalliferi che trovansi più o meno copiosamente sparsi nei terreni della Toscana, dopo la copiosissima e singolare miniera di
    ferro oligisto all’Isola d’Elba, sono state scavate, ch’io sappia, le seguenti sette qualità di filoni minerali. 1.° Il Rame solfurato e carbonato nelle rocce ofiolitiche, ossia nel gabbro; 2.°Il Ferro oligisto, e ossidulato nelle rocce quarzose; 3.° Il Piombo argentifero solfurato (Galena) nelle rocce ofiolitiche, e nei schisti quarzosi; 4.° Il Mercurio vivo e solfurato (Cinabro) nelle rocce schistose o fra le glebe argillacee; 5.° Il Solfuro d’antimonio (Antimonio crudo) nelle rocce aluminifere, e nell’arenaria; 6.° Il Solfuro di piombo nelle rocce calcaree; 7.° Lo Zinco ossidato (Blenda) nei terreni calcareo- teaschistosi.
    Le miniere della prima specie, cioè del
    Rame solfurato e carbonato, state designate presso noi sotto il vocabolo di Ramerie, furono aperte nei tempi trascorsi con vario successo in diverse parti della Toscana e specialmente a Montieri, donde quel paese prese nome (Mons aeris), a Massa Marittima, a Batignano e a Montorsajo nei monti del grossetano, a Campiglia Marittima, a Monte Catini in Val di Cecina; a Monte Castelli, alla Rocca Tederighi, a Monteuto di Val Tiberina, a Monte Vaso ecc. ecc.
    La seconda specie cioè le miniere di ferro, oltre quelle dell’Isola d’Elba, si è trovata nei monti del Pietrasantino, in quelli di Massa Ducale, a Forno Volasco sul rovescio dell’Alpe Apuana, a Campiglia suddetta, ecc.
    Della terza specie dei filoni metallici di
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    Piombo argentifero solforato si trovano copiose tracce nei poggi di Montieri, di Batignano, in varii luoghi del Massetano, e nei monti del Pietrasantino.
    All’Articolo ARGENTIERA furono accennati alcuni sommarj istorici sull’escavazione di simili miniere a Batignano, a Montieri e a Pietrasanta; e rapporto a quest’ultima aggiunsi un
    Prospetto del prodotto di quel minerale negli anni di maggiore escavazione, sotto i primi tre Granduchi della Toscana. Dal quale prospetto resultava, che il frutto non compensava mai la spesa. Cionnonostante più di una società anonima ha nutrito speranza di provare che in grazia del progresso della scienza metallurgica debba tornar conto all’estrazione di quei filoni di piombo argentifero, comecchè i suoi resultamenti sieno stati fino ad ora favorevoli a giustificare l’abbandono fatto dalla ricca casa Medicea.
    Speriamo che altre esperienze favoriscano l’aspettativa degl’imprenditori moderni relativamente al riattivare le escavazioni del piombo argentifero nel territorio di Massa Marittima e in quello di Montieri da molti secoli abbandonate.
    La quarta specie di filoni esilissimi, e le vene di
    Mercurio vivo, o solfurato, che incontransi nel poggio di Selvena in mezzo a un terreno disgregabile argilloso, è stata per alcun tempo oggetto di meschino prodotto e di misero guadagno. – Né possono dirsi filoni ricchi di mercurio quelli iniettati nelle rocce steachistose sulla pendice meridionale dell’Alpe di Levigliani nel Pietrasantino, dove si lavorò debolmente nei secolo XVI e XVII, e dove si è tornato a lavorare oggidì più debolmente d’allora.
    La quinta specie, il
    Solfuro di antimonio, trovasi in piccoli filoncini all’Isola d’Elba, a Monterotondo, a Montioni, nei monti del Chianti, in quelli di Campiglia, a Pereta ecc., ma quasi sempre come minerale accessorio.
    La sesta specie, vale a dire il
    Solfuro di piombo scevro di argento, s’incontra in vari punti della Montagnola DI Siena, a
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    Massa Marittima e altrove.
    Finalmente la settima specie di miniere, cioè dello
    Zinco ossidato, è stata scoperta unicamente finora nei monti del Campigliese. – (Vedansi gli articoli delle rispettive Comunità, né di cui terreni si trovano i preindicati minerali).
    Esistono altresì in Toscana delle miniere non metalliche, come sarebbero, per esempio, quelle di
    Zolfo a Pereta, all’Ajola preso Vagliagli, a Libbiano, a Petriolo, ecc. – S’incontrano miniere di Allume a Montioni e a Monte Leo presso Monterotondo, all’Accesa ecc.; miniere di Lignite a Caniparola sotto Fosdinovo, a Mocajo in Val di Cecina e in Pian Franzese nel Val d’Arno superiore, alla Striscia in Val d’Era, a Monte Bamboli in Val di Cornia, a Monte Massi in Val di Bruna, ecc.
    Si cavò inoltre per molto tempo il
    Vetriolo verde (Solfato di ferro) a Castelnuovo in Val di Cecina, a Prata, all’Accesa, a Monterotondo ecc. – Le miniere di Salgemma alle Saline, o Moje di S. Lorenzo e S. Leopoldo a Volterra, a Monte Gemoli, a Querceto ecc. e finalmente è privilegiata la Toscana per copiose miniere di Acido borico, che la natura in gran copia tramanda dalle viscere della terra intorno ai Lagoni di Monte Cerboli e di Castelnuovo in Val di Cecina, a Travale e Castelletto in Val di Merse, a Monterotondo, Serrazzano, Leccia, Sasso, e Lustignano in Val di Cornia ecc. ecc.
Localizzazione
ID: 890
N. scheda: 10920
Volume: 1; 2; 3
Pagina: 383, 459; 429; 214 - 217
Riferimenti:
Toponimo IGM: Capoliveri - Isole Gemini (a S) - Monte Calamita (a SE)
Comune: CAPOLIVERI
Provincia: LI
Quadrante IGM: 126-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1612771, 4733504
WGS 1984: 10.37869, 42.74734
UTM (32N): 612834, 4733679
Denominazione: Capoliveri, Capoliberi - Miniere della Toscana - Isolotto de'Gemini - Cala de' Gemini - Monte e Capo Calamita - Cala della Grotta
Popolo: SS. Annunziata a Capoliveri
Piviere: SS. Annunziata a Capoliveri
Comunità: Porto Longone
Giurisdizione: Porto Longone
Diocesi: Massa Marittima
Compartimento: Pisa
Stato: Granducato di Toscana (Isola d'Elba)
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